Scarica Libro II dell'Eneide di Virgilio e più Sbobinature in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! VIRGILIO VITA SVETONIO-DONATIANA (VITA E METODO DI COMPOSIZIONE) Tra le “Vite” che ci permettono di comprendere più a fondo Virgilio vi è quella Svetonio-donatiana, il cui autore è Elio Donato, maestro di San Girolamo e possessore di una scuola a Roma. Egli lavora su una grande quantità di materiali svetoniani e produce una breve opera importantissima per capire al meglio, non solo dati specifici sulla vita di Virgilio, ma anche alcune fondamentali nozioni sul modo di composizione del poeta e sulle prime fasi di trasmissione dell’Eneide. Il poema rimane incompiuto, Virgilio in punto di morte a Brindisi vuole che venga bruciato: chiede quindi di farsi portare le casse contenenti l’Eneide per sbarazzarsene ma nessuno lo accontenta. Allora chiede che niente venga pubblicato se non le cose già pubblicate. Viene sepolto a Napoli e sulla sua tomba è apposto un distico che riassume la sua vita e le sue opere: “Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope; cecini pascua rura duces.” Tra gli eredi della sua fortuna sono annoverati il fratello e i due amici che hanno curato l’edizione dell’Eneide. Augusto interviene e affida la pubblicazione a Vario e Tucca (amici di Virgi e poeti, forse solo Vario), con il compito di rivedere l’opera e eliminare ciò che risultava “superfluo a Venere”. Tuttavia, tutt’ora non si è ancora riusciti a completare gli emistichi (definiti comunque perfetti tranne uno del II libro). La vita donatiana attesta che Virgilio fosse un ragazzo timido e un uomo mite che a Napoli chiamavano “il verginello”. A Napoli entra in contatto con la filosofia Epicurea. Nel giorno in cui diventa uomo muore Lucrezio, come se gli avesse lasciato il testimone della poesia. Aveva rapporti con uomini politici di rilievo come Asinio Pollione che è legato alla vicenda dolorosa della perdita della proprietà agricola di Virgilio a causa del cedimento delle terre ai veterani. La prima Egloga delle Bucoliche celebra i personaggi che in questa vicenda gli avevano garantito l’immunità mentre le Georgiche sono dedicate a Mecenate che lo aveva protetto contro un mercenario che voleva ammazzarlo. La presenza dell’elemento natura è sempre molto forte in Virgilio (Bucoliche, Georgiche). È bene ricordare la valenza celebrativa e propagandistica del poema, oltre che l’intento eziologico nei riguardi della genealogia di Roma e della sua grandezza (es: confitto con Cartagine, discendenza della stirpe di Iulo da cui proviene Ottaviano). La trasmissione dell’Eneide dal suo principio è in forma aperta: il poema circola prima della sua prima pubblicazione attraverso i circoli mecenatici (Mecenate = aristocratico scelto da Augusto per riunire intellettuali e artisti di spicco che celebrassero la grandezza del principato) in forma recitata, recitatio, anche al cospetto del princeps (a volte si alternavano nel leggere le opere, pare che Virgi avesse una bella voce). Virgilio accoglieva approvazione e critiche e capiva come modulare l’impostazione dell’opera. È noto anche che in queste “sedute” alcuni personaggi si approfittassero dell’occasione della recitatio per mettere in luce le proprie conoscenze in materia, spesso concludendo alcuni versi virgiliani incompiuti (soprattutto secondo libro). Sono citati anche gli obtrectatores: erano state scritte delle “antibucoliche” e un tale aveva anche insultato pubblicamente Virgilio mentre recitava le georgiche. Donato attesta alcune caratteristiche fondamentali del modo di comporre virgiliano tra cui: “Metodo dell’orsa” per comporre i versi, come se desse forma ad una palla di pelo; uso elegante della similitudine, lentezza nella parlata al punto che poteva sembrare ignorante e lentezza compositiva che prevedeva un grandissimo lavoro di labor limae. 1 Prima era stata fatta una bozza riassuntiva dell’opera, poi divisa in 12 libri e poi composta a blocchi, particulatim (ancora non si sa cosa abbia composto prima e dopo, cosa che sarebbe importante conoscere perché l’Eneide manca di summa manus dopo 11 anni di composizione). La vita accenna anche alle appendices virgiliane che oggi non sono attribuite al poeta mantovano ma Donato dice il contrario. Virgilio segue l’importanza gerarchica della classificazione degli stili, non a caso l’Eneide, poema epico, viene composta per ultima. La biografia ne sottolinea la solennità. Il testo ha riscosso grandissima fortuna nella tradizione sia diretta che indiretta (ricchissimo nelle citazioni perché sempre molto apprezzato dal pubblico), sono individuati sette manoscritti antiquiores tardo-antichi, oltre a tutta la tradizione carolingia. Viene trasmesso così largamente anche perché entra sin da subito nell’insegnamento scolastico, fin dal 26 d.c. Cecilio Pilota commenta Virgilio in classe. Inoltre, il testo si preserva anche attraverso il medioevo (diversamente dal De rerum natura di Lucrezio sottoposto alla “congiura del silenzio”). Nonostante questo, alcune parti della vita e delle opere di Virgilio sono state trascurate dall’età di mezzo in quanto non rispondenti ai giusti precetti morali come, ad esempio, l’omosessualità del poeta che Donato attesta. TRADIZIONE Il testo virgiliano è stato usato moltissimo soprattutto grazie al suo ingresso precoce nella scuola, poiché veniva tenuto come modello per esemplificare gli usi linguistici del latino. La tradizione è amplissima e molto fortunata perché si possiedono anche manoscritti di età tardo-antica, anche di committenza molto alta (fogli grandi, pochi versi, pergamena sottile, molto preziosi, accuratezza testo). Sappiamo anche che i soldati erano soliti portare oltre confine con sé delle tavolette con gli scritti di Virgilio ne caso in cui si sentissero nostalgici o volessero studiare la lingua (tavolette scozzesi). Il poeta era noto in tutto l’impero, si sono trovate testimonianze anche in Egitto (papiri) e in Oriente dove si parlava greco. Tutta questa massa di manoscritti dovrebbe discendere da Vario Rufo come archetipo ma nessuno ci crede realmente. Virgilio fa da modello e da ispirazione a molti dei poeti successivi: Stazio, Valerio Flacco, Silvio italico. (C’era anche chi gli si contrapponeva come Lucano. Tacito invece si ispirava ma non lo citava.) Rovescio della medaglia = molto copiato e quindi molti volumi buttati/smarriti/palinsesti. Questioni di filologia: - Niso = grammatico che ha mutato l’ordine dei libri. Attesta inoltre, come Donato, che i versi preproemio fossero virgiliani, ma espunti in fase precoce del testo - Vario = Secondo la testimonianza di Donato, che la prende da Niso e da Servio, toglie versi che sembrano apocrifi ma in realtà erano virgiliani: i primi quattro versi del proemio. Ille ego, qui quondam gracili modulastus auena Carmen et egressus siluis uicina coegi, ut quamuis auido parerent arua colono, gratum opus agricolis, at nunc horrentia Martis arma virumque cano. Tradizione indiretta: - Sesto Properzio, poeta del circolo di Mecenate, dice che gli altri dovevano farsi da parte perché stava nascendo qualcosa di più grande dell’Iliade. Ottaviano, infatti, sollecitava Virgilio a inviargli alcuni spezzoni dell’Eneide anche mentre era altrove. 2 - Donato da papa Giulio III a vari cardinali - 1557-1559 in Toscana. Giunto lì viene apposto nella biblioteca Laurenziana fiorentina dal granduca - Spostato in Francia - Di nuovo a Firenze nel 1815 Possiamo conoscere con così tanta precisione la fortuna della trasmissione del mediceo grazie a note di possesso su M stesso. Forse anche Bembo ne è stato un possessore e ne ha staccato un foglio, ora conservato nel Vaticano Lat. 3225 PALATINO È il secondo codice per importanza e viene solitamente contrapposto ad M. solo per alcune lezioni che vengono preferite da autori virgiliani come Ribbek, Sabbadini (che nel 1930 proprone una famosa edizione critica a Virgilio con edizione grafica molto datata). Vi è anche poi chi, come Fumaioli valuta M in modo più equilibrato rispetto alla maggioranza degli altri studiosi, nonostante ad oggi il prestigio di M si sia ridimensionato. Si è soliti utilizzare un altro manoscritto, il Guelfermitano, contaminato con P. per integrarlo nei punti lacunosi. È inoltre importante perché è il solo a testimoniare alcune lezioni e trova varie coincidenze con testimoni di trad.ind. Alcune delle sue varianti sono attribuite a Valerio Probo FISIONOMIA: - 305 x 235 mm, 23 versi per pagina, pochissime abbreviazioni, nasce per dare sfoggio di sé e del suo possessore nobile - Pergamena bella, tratti ornamentali - Capitale che Petrucci definisce “calligrafica e baroccheggiante”, 1a lettera più grande - Sono chiari i segni di usura che ci suggeriscono quanto fosse letto, copiato e corretto. Si pensa infatti che ci siano stati almeno 3 correttori (indicati con p1, p2, p3 nell’apparato critico) - Molti fogli dei primi libri sono lacunosi. 256 pagine, ne mancano 32 - Presenta tutti gli scritti virgiliani TRASMISSIONE: Conservato nella biblioteca vaticana nel fondo palatino e la sua datazione precisa resta dubbia, probabilmente è un po’ precedente a R. ROMANO È particolarmente importante perché è l’unico che contiene la fine della 3a egloga e i primi 51 versi di 4a egloga. FISIONOMIA: - grande lusso e dimensioni quadrate 325 x 325 mm, 18 versi per pagina - Pergamena molto fine, capitale monumentale e artificiosa definita “barocca” da Petrucci - Presenta belle miniature grandi e molto diverse quelle del da Vaticano F. che ricordano i mosaici orientaleggianti 5 TRASMISSIONE: Conservato nella biblioteca vaticana 3867 quasi per interno (4/5 del testo). Per quanto riguarda la datazione, è più tardo di M. e P. VERONESE FISIONOMIA: - Si tratta di un palinsesto già dal VIII sec - Unico degli antiquiores a non essere di gran lusso, bensì era uno strumento di lavoro per un grammatico. È inoltre l’unico a presentare degli scoli. TRASMISSIONE: - Conservato nella biblioteca capitolare di Verona, forse è di orgine medio padana. Alcuni però dicono che possa essere gallico o di produzione di uno scriba francese a Verona - Il fatto che si trovasse già a Verona dal IX sec lo ricaviamo da glosse di un testo che gli era stato scritto sopra (Moralia di Gregorio Magno) VATICANO LATINO 3225 (F) FISIONOMIA: - 50 miniature antiche, 75 fogli, 21versi per pagina, meno di 1500 versi, 218 x 197 mm, capitale molto elegante. - Mancano le bucoliche che sono andate perdute ed è anche molto lacunoso TRASMISSIONE: - Un tempo chiamato anche “Schede di Fulvio Orsini”, di lui non sappiamo niente fino al XVI sec. Quando poi nel 1600 muore Fulvio, i frammenti arrivano nella biblioteca papale - È forse di provenienza spagnola a detta di Sabbadini, o dall’Italia meridionale, Bianchi Bandinelli lo colloca nell’ area romana grazie ad alcune miniature SAN GALLESE FISIONOMIA: - Presenta alcune lezioni importanti, ma è molto lacunoso - 378 versi, 12 frammenti - Capitale artificiosa, pergamena finissima, pochissime abbreviazioni. TRASMISSIONE: - Conservato a S. Gallese, - Petrucci sostiene che sia stato commissionato da signori barbarici in onore di un programma di restaurazione culturale. Le intenzioni notevoli del manoscritto si notano già alla sua nascita dalla pregevolezza del manufatto. AUGUSTEO FISIONOMIA: - Scrittura simile a G, artificioso - Solo 7 fogli - Presenta solo le Georgiche, ma di sicuro c’era anche l’Eneide perché Mauvillone aveva trascritto dei versi da A. 6 TRASMISSIONE: Conservato per metà nella biblioteca vaticana e per metà a Berlino MONACENSE - Modeste dimensioni - Uso personale - 80 versi PARIGINO - Copiato in Germania - Il testo si interrompe improvvisamente - Alcune lezioni interessanti Horsfall ha nei confronti di Viriglio un approccio molto particolare, perché si è dedicato allo studio delle fonti prosastica della poesia virgiliana. Questa è una poesia estremamente dotta e raffinata, naturalmente ha dei modelli evidentissimi. L’Eneide ha come modelli l’Iliade e l’Odissea, ma anche Apollonio Rodio per il quarto libro, Esiodo e Lucrezio. Non si rifà solo all’epica, non troviamo solo modelli epici e tragici. Troviamo un incrocio di generi che non riguarda solo la superficie del testo, i richiami tragici greci o romani, ma anche il tessuto profondo della poesia virgiliana. Virgilio attinge molto a Lucrezio per la filosofia epicurea e frequentò la scuola epicurea di Sirone. Ci sono tracce di Lucrezio non solo nelle similitudini che è uno strumento del poeta epico, Virgilio le usa in modo raffinato ed essendo molte provenienti dalla natura si ispira spesso a Lucrezio. Questo è presente anche in altri punti cruciali della narrazione virgiliana. L’Eneide è un poema fortemente atteso dall’imperatore Augusto e celebra l’imperatore tramite un suo predecessore che era Enea, figlio di Venere. La gens Iulia si riteneva discendente da Venere. L’Eneide ha una storia editoriale particolare perché Virgilio recitò solo alcuni libri ad Augusto lasciando dei versi incompiuti. Una caratteristica del II libro è che è quello di avere molti versi che si arrestano a metà, il primo colon resta da solo ed è la prosecuzione del verso precedente. Molti cercarono di completarli dopo la sua morte, ma non ci riuscirono per la complessità. Viriglio dette ordine di bruciare il poema perché non era soddisfatto dello stato a cui era arrivato, ma Augusto si oppose a questa volontà, perché rendendosi conto della grandezza del poema e sapendo dell’aspetto laudatorio dell’opera impedì che fosse bruciata e affidò a Vario o a Vario e Tucca, due poeti amici di Viriglio, il compito di rivederla, di integrare ciò che mancava e di eliminare ciò che era superfluo. L’Eneide è un testo molto tradito, ha una ricca tradizione manoscritta e ha una straordinaria tradizione indiretta. Virgilio ci è arrivato grazie ai tanti manoscritti copiati, anche di epoca tardo-antica, ma anche grazie all’abbondanza della tradizione indiretta come citazioni, saggi, ricerche. Virgilio godette in maniera costante e continuativa dell’apprezzamento del pubblico, è entrato presto nell’insegnamento scolastico e da quella volta è stato costantemente letto, studiato, copiato, imitato. È un autore che, a differenza di Lucrezio, ha attraversato indette anche il Medioevo, pur essendo autore pagano e parla di dei. Virgilio inizia con le ‘’Bucoliche’’, con un poema di genere non elevatissimo come è invece l’epica, quindi va un po’ per gradi. L’Eneide rappresenta il vertice della produzione virgiliana, Omero è il modello più evidente e doveva contenere le origini di Roma e di Augusto. Doveva raccontare l’origine mitica di Roma, celebrare la stirpe di Augusto e celebrare Augusto stesso. Al mattino Virgilio meditava versi, poi gli elaborava e questa è una caratteristica della poesia virgiliana, cioè è una poesia che viene rielaborata attentamente, c’è un grande labor lime, un’attenzione alla raffinatezza. Molte di questi versi poi solo in pochi veniva fissati, quindi faceva una scelta. 7 cavità e il ventre di soldati armati. Al cospetto/di fronte si trova Tenedo, un’isola notissima di nome/per fama, ricca di mezzi/risorse finchè durava il regno di Priamo, ora soltanto un approdo e un ancoraggio mal sicuro per le navi; portatisi qui, si nascondono sul lido deserto. Noi pensammo che se ne fossero andati e che si fossero diretti verso Micene con il favore del vento. Quindi tutta la Teucria si liberò dal lungo dolore si libera dal lungo dolore; si aprono le porte, (ci) piace uscire e vedere gli accampamenti dorici, i luoghi deserti e la spiaggia abbandonata: qui (c’erano) le schiere dei Dolopi, qui si accampava il crudele Achille, qui c’era il posto per le flotte, qui erano soliti combattere con l’esercito schierato. Una parte guarda stupita il dono esiziale della vergine Minerva e osservano/guardano con stupore la mole del cavallo; e per primo Timete li esorta a condurre dentro le mura e a collocarlo sulla rocca, sia per inganno sia che ormai così volessero i destini di Troia. Ma Capi e quelli la cui mente aveva un miglior consiglio ordinano di getter giù nel mare l’agguato dei Danai e i doni sospetti e di bruciarli avendo posto sotto delle fiamme o di perforare e di esplorare i cavi nascondigli del ventre. La folla incerta si divide in opposti pensieri. In quel momento per primo (davanti a tutti, accompagnandolo una grande folla) Laocoonte ardente di ira corre giù dalla sommità della rocca e da lontano (grida): ‘’o miseri cittadini, quale così grande follia (è la vostra)? Credete che i nemici siano partiti? O pensate che alcuni doni dei Danai siano privi di inganni? Così vi è noto Ulisse? O gli Achei si nascondono racchiusi in questo legno o è stato costruito questo ordigno contro le nostre mura per spiare le case e per piombare dall’alto sulla città o si nasconde qualche inganno: o Troiani non fidatevi del cavallo. Qualunque cosa sia ciò, temo i Danai anche quando portano doni’’. Dopo aver detto così, lanciò con potenti forze una grande asta nel fianco e nel ventre curvo nelle giunture dell’animale. Quella tremando si fermò e essendo stato percosso il ventre le cave caverne risuonarono ed emisero un gemito. E se i fati degli dei non fossero stati sfavorevoli, se la (nostra) mente non fosse stata stolta, ci avrebbero spinto a squarciare con il ferro i nascondigli argolici e ora Troia starebbe in piedi e tu rocca di Priamo rimarresti alta. Ecco frattanto i pastori dardanidi trascinavano verso il re con grande clamore un giovane con le mani legate dietro la schiena, che si era offerto spontaneamente, sconosciuto a loro che passavano, per preparare proprio questo e per aprire Troia agli Achei, fiducioso nell’animo e pronto ad entrambe le cose: sia a compiere gli inganni, sia a soccombere a morte certa. La gioventù troiana accorre da ogni parte, essendo sparsa attorno, per il desiderio di vedere e gareggiano a schernire il prigioniero. Ora ascolta l’agguanto dei Danai e da un solo misfatto apprendi tutti. E infatti come al cospetto di tutti si fermò turbato, inerme e guardò attorno con gli occhi le schiere frigie disse: ‘’aimè, quale terra ora, quali mari possono accogliermi? O che cosa ormai resta più per me infelice per cui non c’è da nessuna parte un posto presso i Danai e per cui inoltre gli stessi Dardanidi ostili chiedono l’espiazione con il sangue?’’. A quel gemito, gli animi mutarono e ogni attacco fu bloccato. Lo esortiamo a dire da quale sangue sia nato o che cosa porti, si ricordi quale fiducia egli abbia nel darsi prigioniero. [quello alla fine dopo aver deposto la paura dice queste cose:] ‘’certamente o re, qualunque cosa sia stata, svelerò ogni cosa vera’’ disse ‘’e non negherò di discendere dalla gente argolica; questo per prima cosa, né se il destino ha reso Sinone infelice, lo renderà, per quanto malvagio, anche falso e bugiardo. Se per caso parlando è giunto alle tue orecchie un po’ della fama di Palamede, discendente di Belo, e l’illustre gloria per fama che sotto falsa accusa di tradimento i Pelasgi mandarono a morte benché innocente con un denuncia indicibile/orribile perché si opponeva alla guerra; ora lo piangono privo di vita: il padre povero mi mandò qui in guerra sin dai primi anni compagno a lui e unito a lui per parentela. Finché stava incolume nella sua autorità regia ed era in auge nelle assemblee dei re, anche io ho avuto un qualche fama e qualche onore. Dopo che per invida dell’ingannatore Ulisse (dico cose non sconosciute) se ne andò dalle regioni superne, io trascinavo la vita afflitto/affronto nelle tenebre e nel dolore e mi indignavo tra me e me per la morte dell’amico innocente. Né io tacqui fuori di me e se qualche occasione me l’avesse permesso, se mai fossi tornato vincitore alla patria Argo, promisi me come vendicatore e suscitai con le parole odi terribili. Da qui per me fu l’origine della sfortuna/male, da qui sempre Ulisse (cominciò a) spaventarmi con nuove accusa, da qui iniziò a 10 diffondere voci ambigue tra la gente e a cercare delle armi consapevole (della sua colpa). Né infatti si calmò finché con l’aiuto di Calcante … ma perché io ricordo invano queste vicende spiacevoli o perché indugio? Se considerate tutti gli Achei alla stessa stregua ed è sufficiente ascoltare ciò, senza indugio prendete vendetta: l’Itaco vorrebbe questo e gli Atridi lo pagherebbero a caro prezzo’’. Allora in verità ardiamo dal desiderio di porre domande e di chiedere le cause, ignari di scelleratezze così grandi e dell’astuzia greca. Prosegue tremante e dice con animo falso ‘’spesso i Danai desiderarono dopo aver abbandonato Troia intraprendere la fuga e andarsene stanchi per la lunga guerra. E magari l’avessero fatto! Spesso una violenta tempesta di mare li bloccò e l’Austro li spaventò quando stavano per partire. Soprattutto quando già questo cavallo composto di travi di acero sorgeva, per tutto il cielo risuonarono i nembi. Incerti mandiamo Euripilo a interrogare l’oracolo di Febo ed egli riporta dai luoghi segreti queste tristi parole: ‘’ placaste i venti con il sangue e con una vergine sacrificata, non appena o Danai veniste alle spiagge di Ilio con il sangue dovete chiedere il ritorno e dovete sacrificare una vita argolica’’. Come questa voce giunse alle orecchie del popolo, gli animi si stupirono e un gelido tremore corse nel fondo delle ossa: per chi i Fati preparino la morte, chi richieda Apollo. A questo punto l’Itaco conduce in mezzo (ai Greci) il vate Calcante con grande clamore, chiede con insistenza quali siano quelle volontà degli dei. E a me ormai molti precidevano il crudele misfatto dell’ingannatore e vedevano silenziosi quello che sarebbe accaduto. Quello sta in silenzio per 10 giorni e chiuso in sé rifiuta di indicare qualcuno con la sua voce o di mandarlo a morte. Alla fine per forza costretto dalle grandi grida dell’Itaco fece risuonare la sua voce secondo l’accordo e mi destina all’altare (=sacrificio). Tutti assentirono e ciò che ciascuno temeva per sé accettarono che si risolvesse nella morte di un solo sventurato. E ormai l’orribile giorno si avvicina; per me si preparavano i sacri riti e l’orzo/frumento salato e le bende intorno alle tempie. Mi strappai, lo ammetto, alla morte e spezzai le catene e durante la notte rimasi nascosto al buio in un lago fangoso e tra l’erba palustre fino a quando dessero le vele se per caso le avessero date. Né io ho alcuna speranza di vedere l’antica patria, né i dolci figli e il padre desiderato, ai quali forse essi chiederanno vendetta per le nostre fughe e espieranno questa colpa con la morte dei miseri. Perciò ti prego per i celesti e per le divinità conoscitrici del vero, per la fede inviolata, se c’è da qualche parte qualche fede che resisti ancora per i mortali, abbi pietà di travagli così grandi, abbi pietà di un animo che soffre cose non degne’’. Per queste lacrime gli concediamo la vita e persino lo commiseriamo. Lo stesso Priamo comanda per primo che siano tolte all’uomo le manette e le strette catene e così parla con parole amichevoli: ‘’chiunque tu sia ormai da questo momento dimentica i Greci perduti. sarai nostro e a me che chiedo questo rispondi la verità: perché innalzarono questa mole di un cavallo immane? Chi è l’inventore? Che cosa chiedono? Quale voto o quale ordigno di guerra?’’ aveva detto. Quello istruito dagli inganni e dall’astuzia dei Pelasgi, alzò al cielo le palme liberate dalle catene: ‘’chiamo a testimoni voi, fuochi eterni, e la vostra maestà/divinità inviolabile e voi altari e spade nefande che io rifuggii e voi bende degli dei che portai come vittima: mi è lecito sciogliere i sacri giuramenti dei Greci, mi è lecito odiare gli uomini e portare tutto alla luce se nascondono qualcosa, non sono vincolato da alcuna legge delle patria. Tu mantieni le promesse e tu o Troia salvata mantieni la parola data se dirò il vero, se ti ricompenserò grandemente. Ogni speranza dei Danai e la fiducia per la guerra intrapresa si basarono sempre sugli aiuti di Pallade. Ma certamente da quando l’empio Tidide e Ulisse inventore di misfatti si accinsero a strappare dal tempio consacrato il fatale Palladio avendo ucciso le sentinelle dell’altissima rocca, rubarono la sacra effige e osarono toccare con le mani insanguinate le bande virginee della dea: da allora vacillava e regrediva privata di sostegno la speranza dei Danai, le forze si spezzarono, la mente della dea si rivolge altrove. Né la Tritonia (Pallade) diede quei segnali con prodigi dubbiosi. Era stata appena posta la statua nell’accampamento: arsero fiammeggianti le fiamme negli occhi sbarrati e il salato sudore corse per le membra e per 3 volte da sola balzò dal suolo (sorprendente a dirsi) portando lo scudo e l’asta tremante/oscillante/vibrante. Subito Calcante annuncia che si deve tentare la via del mare con la fuga e che Pergamo non può essere distrutta dalle armi argoliche/greche se non chiedono di nuovo gli auspici ad Argo 11 e non riconducono il nume (la statua) che hanno portato via con sé sul mare e sulle curve navi. E ora poiché si sono diretti verso la patria Micene con il vento si procurano i mezzi e gli dei amici/come compagni e riattraversato il mare arriveranno all’improvviso; così Calcante interpreta i prodigi. Innalzarono consigliati (da Calcante) questa statua in sostituzione del Palladio per l’offesa alla divinità affinché espiasse l’infausto oltraggio. Tuttavia Calcante ordinò di innalzare questa immensa mole con legni intrecciati e di elevarla al cielo affinché non possa essere accolta attraverso le porte o essere condotta dentro le mura e affinché non possa proteggere il popolo con l’antico culto. Infatti se la vostra mano avesse violato i doni di Minerva allora il regno di Priamo e i Frigi avrebbero avuto una grande rovina (ma gli dei rivolgano prima questo augurio contro lui stesso); se invece fosse salito nelle vostra città con le vostre mani contro ogni aspettativa l’Asia sarebbe venuta con una grande guerra fino alle mura di Pelope e tali destini attendono i nostri nipoti’’. Per tali insidie e per l’astuzia dello spergiuro Sinone la cosa fu creduta e furono presi/vinti dagli inganni e dalle lacrime finte, che né il Tidide né il Laniseo Achille è 10 anni né 1000 navi riuscirono a vincere. A questo punto un altro evento più grave e molto più tremendo si presenta a noi infelici e sconvolge gli animi impreparati. Laocoonte, designato a sorte sacerdote a Nettuno, sacrificava un grande toro presso l’altare solenne. Ecco due serpenti da Tenedo, attraverso il mare tranquillo, rabbrividisco a raccontarlo, con le immense spire si levano sul mare e insieme si avviano verso la spiaggia; i loro petti sollevati tra i flutti e le creste sanguinee superano le onde, la rimanente parte dietro sfiora il mare e attorce in spire gli enormi dorsi. Si sente un rumore mentre il mare spumeggia, ormai toccavano la riva e iniettati di sangue e di fuoco negli occhi ardenti lambivano le bocche sibilanti con le lingue vibranti. Scappiamo alla vista pallidi. Quelli con mossa sicura si dirigono verso Laocoonte e prima entrambi i serpenti avendo avvinghiato i piccoli corpi dei due figli li stringono e straziano a morsi le misere membra; poi afferrano lui stesso mentre corre in aiuto e porta le armi e lo stringono con le ingenti spire e dopo averlo avvinto per due volte alla vita dopo avergli serrato due volte gli squamosi dorsi intorno al collo lo dominano con la testa e con i colli alti. Quello nello stesso tempo cerca di sciogliere con le mani i nodi, con le bende cosparse di bava e di nero veleno e nello stesso tempo innalza alle stelle urla orrende, quali sono i muggiti quando un turo ferito fugge dall’altare e scuote via dal collo la scure incerta. Ebbene i due serpenti strisciando se ne vanno verso i templi più alti e si dirigono verso la rocca della crudele Tritonia e si rifugiano ai piedi della dea e sotto il disco dello scudo. Allora veramente una nuova paura si insinua nei cuori tremanti a tutti e dicono che Laocoonte ha pagato meritatamente il delitto, lui che ha oltraggiato con la spada il sacro cavallo di legno e ha scagliato nel dorso l’asta scellerata. Gridano che il simulacro deve essere condotto nella sede e che si deve invocare la potenza della dea. Facciamo una breccia nelle mura e apriamo le mura della città. Tutti si aggiungono all’opera e pongono sotto i piedi scorrevoli ruote e tendono intorno al collo lunghe funi/legami di stoppa; la macchina fatale piena di armi varca le mura. Intorno i fanciulli e le fanciulle vergini intonano canti sacri e godono a toccare con la mano la fune; quella avanza e minacciosa scivola nel centro della città. O patria, o Ilio dimora degli dei e mura dei Dardanidi famose per la guerra. Per 4 volte si fermò proprio sul limitare della porta e per 4 volte nel ventre le armi emisero un suono, tuttavia noi persistiamo immemori e ciechi per la pazzia e sistemiamo il mostro funesto nella rocca consacrata. E allora anche Cassandra apre la bocca per fati futuri per volontà del dio mai creduta dai Teucri: noi infelici orniamo i templi degli dei per i quali quello era l’ultimo giorno di festose fronde per la città. Intanto il cielo si volge e la notte avanza dall’oceano, avvolgendo con una grande ombra la terra e il cielo e gli inganni dei Mirmidoni; i Troiani sparsi per le mura tacquero, il sonno abbraccia/avviluppa le membra stanche. E ormai l’armata greca se ne andava dopo aver allestito le navi da Tenedo, per l’amico silenzio della silenziosa Luna dirigendosi verso i noti lidi quando la poppa regia aveva innalzato fiamme e protetto dai Fati ostili degli dei Sinone libera furtivamente i Danai chiusi nel ventre e (apre) gli sportelli di pino. Il cavallo spalancato li restituisce all’aria e lieti si gettano fuori dal cavo legno i comandanti Tessandro e Stenelo, il fero Ulisse essendo scivolati dalla fune calata e 12 meritato per mano dei Greci. Ci stacchiamo di là, Ifito e Pelia sono con me (di loro Ifito è già abbastanza appesantito dall’età e Pelia è lento/debole per il colpo di Ulisse), chiamati subito verso la reggia di Priamo dal clamore. Qui in verità vediamo una grande battaglia, come se in nessun luogo avvenissero altre guerre e nessuno morisse in tutta la città, così (vediamo) Marte indomito e i Danai che corrono verso la reggia e l’ingresso assediato una volta fatta una testuggine. Le scale sono appoggiate alle pareti e tutti gli stessi portoni (i Danai) salgono sui gradini/pioli e oppongono gli scudi ai dardi proteggendosi con la sinistra, con le destre afferrano la sommità/i tetti. I dardanidi di contro demoliscono le torri e tutte le cime delle case (poiché vedono la fine in punto di morte si preparano a difendersi con questi dardi), e buttano giù le travi d’oro, gli alti ornamenti dei vecchi padri; altri impugnate le spade hanno bloccato la porta in basso; la proteggono in gruppo serrato. Si rafforza l’intenzione di soccorrere/venire in aiuto alla casa del re e di sostenere con il nostro aiuto di uomini e di aggiungere forza ai vinti. C’era un ingresso, una porta nascosta e un accessibile passaggio tra di loro delle case di Priamo e erano stati abbandonati degli ingressi nella parte posteriore, dove abbastanza spesso l’infelice Andromaca era solita recarsi non accompagnata, finchè il regno restava in piedi, dai suoceri e portava il piccolo Astianatte al nonno. Giungo sul punto più alto del tetto da dove gli infelici Troiani scagliavano con forza inutili dardi. Sradichiamo dalle alte basi e spingiamo la torre che stava a perpendicolo e innalzata dalla sommità del tetto alle stelle da dove si era soliti vedere tutta Troia, le navi dei Danai e l’accampamento acheo dopo averla attaccata attorno con il ferro, dove i piani superiori presentavano giunture vacillanti; quella essendo crollata all’improvviso produce una rovina con il fragore e cade per ampio tratto sulle schiere dei Danai. Ma altri subentrano e né pietre né alcun genere di proiettili intanto cessano. Davanti allo stesso vestibolo e sulla soglia Pirro esulta, splendente di armi e di luce bronzea; come quando un serpente che il freddo inverno proteggeva sazio sotto terra, essendosi cibato di erbe velenose, ora avendo deposto la vecchia pelle, nuovo e fresco di giovinezza, avvolge nella luce il dorso levigato, dopo aver sollevato il petto, dritto al sole e vibra con la lingua triforcuta. Insieme il grande Perifante e l’auriga dei cavalli di Achille, lo scudiero Automedonte, insieme tutta la gioventù di Sciro accorrono alla casa e gettano le fiamme ai tetti. Egli stesso tra i primi afferrata una bipenne spezza le dure soglie e strappa dal cardine gli stipiti di bronzo e ormai recisa una trave scavò il robusto legno e aprì un’ampia finestra con un grande squarcio. Appare la casa all’interno e si aprono i lunghi atri, appaiono le camere intime/penetrali degli antichi re e vedono gli armati, che stanno sul limitare della soglia. Ma la casa interna è sconvolta dai gemiti e dal misero tumulto e infondo le stanze segrete risuonano di lamenti femminili; il grido ferisce le stelle dorate. Allora le madri atterrite vagano per le vaste stanze e stringono dopo averle abbracciate le porte e imprimono baci. Pirro incombe con la violenza del padre né le sbarre né le stesse guardie riescono a resistere. La porta crolla per i colpi frequenti dell’ariete e gli stipiti cadono strappati dal cardine, si apre al via con la forza, i Danai spaccano gli ingressi e una volta entrati massacrano i primi e riempiono i luoghi di soldati per ampio tratto. Non così quando un fiume spumeggiante, rotti gli argini, è uscito e ha superato con il gorgo le opposte barriere, si getta furente nei campi con la massa (delle acque) e trascina per tutti i campi gli armenti insieme con le stalle. Io stesso vidi furente di strage Neottolemo e i due Atridi sulla soglia, vidi Ecuba e le cento nuore e Priamo che bagnava con il sangue fra gli altari i fuochi che lui stesso aveva consacrato. Quei 50 talami la così grande speranza di nipoti, gli stipiti superbi di oro barbarico e di spoglie crollarono; i Danai occupano dove il fuoco viene meno. Forse tu protesti chiedere anche quale sia stato il destino di Priamo. Come vide la rovina della città presa e divelte le porte della sua casa e il nemico in mezzo alle sue stanze il vecchio mette attorno alle spalle tremanti per l’età, invano, le armi a lungo disusate e si cinge l’inutile spada e si getta, destinato a morire, contro i nemici compatti. In mezzo al palazzo e sotto il nudo asse del cielo ci fu un grande altare e vicino un antichissimo alloro sovrastante l’altare e che abbracciava con l’ombra i penati. Qui Ecuba e le figlie intorno agli altari invano come colombe in volo precipitoso nella nera tempesta addossate e abbracciando i simulacri degli dei stavano sedute. Ma come vide lo stesso Priamo dopo che 15 aveva indossato le armi giovanili: ‘’quale così fiero proposito infelicissimo sposo ti ha indotto a cingerti con queste armi? O dove corri?’’ disse. ‘’Il momento non ha bisogno di tale aiuto né di questi difensori, seppure ora il mio stesso Ettore fosse qui. suvvia, vieni qui, questo altare proteggerà tutti o tu morirai insieme (a noi)’’. Dopo aver parlato così, attirò a sé e collocò l’anziano in quella sacra sede. Ecco, Polite, sfuggito alla strage di Pirro, uno di figli di Priamo, fugge tra i dardi in mezzo ai nemici nei lunghi portici e percorre i vuoti atri ferito. Pirro, ardente, con arma ostile lo insegue, ormai lo raggiunge con la mano e lo colpisce con l’asta. Quando alla fine uscì davanti agli occhi e ai volti dei genitori, cadde e versò la vita insieme a molto sangue. A questo punto Priamo, anche se ormai è tenuto in mezzo alla morte, non si trattenne né risparmiò la voce e l’ira: ‘’ma’’ esclama ‘’in cambio del delitto, in cambio di tali imprese, a te che mi hai fatto vedere in presenza la morte di mio figlio e hai contaminato con la morte gli occhi del padre se il cielo ha qualche sentimento di compassione, che curi tali cose, gli dei paghino degne ricompense e restituiscano i premi dovuti. Invece quell’Achille da cui tu menti di essere nato non fu tale verso il nemico Priamo, ma rispettò i diritti e la lealtà del supplici e restituì il corpo esangue di Ettore per la sepoltura e mi rimandò nel mio regno’’. Così il vecchio parlò e lanciò l’asta inerte senza forza che subito fu respinta dal roco bronzo e invano penzolò dalla sommità dell’umbone dello scudo. A lui Pirro: ‘’al mio genitore, figlio di Peleo, riferirai queste cose e andrai messaggero. Ricordati di raccontare a lui le mie malvagie azioni e il degenere Neottolemo. Adesso muori’’. Dicendo ciò, trascinò lui che tremava proprio verso gli altari e che scivolava sul molto sangue del figlio e afferrò la chioma con la mano sinistra e con la destra alzò la spada scintillante e gliela nascose nel fianco fino all’elsa. Questa fu la fine di Priamo, questa soluzione del destino lo portò via per volere della sorte mentre vedeva Troia incendiata e Pergamo crollata, un tempo re dell’Asia superbo per tanti popoli e terre. Sul lido giace il grande tronco, la testa staccata dalle spalle e il corpo senza nome. Ma allora per la prima volta un crudele orrore mi circondò. Rabbrividii; subentrò l’immagine del caro genitore come vidi il re suo (coetaneo) perdere la vita per un colpo crudele, subentrò l’immagine di Creusa abbandonata e della casa saccheggiata e della morte del piccolo Iulo. mi volto e controllo quale sia il numero (dei soldati) intorno a me. Mi hanno abbandonato tutti stanchi e con un salto hanno gettato a terra i corpi e li hanno dati alle fiamme sfiniti. Ormai ero l’unico superstite quando vedo la Tindaride che occupava le soglie di Vesta e che si nascondeva silenziosa in un posto segreto; luminosi incendi fanno luce a me che vagavo e che volgevo gli occhi qua e là dovunque. Quella temendo i Teucri a lei ostili per la rovina di Pergamo e le punizioni dei Danai e le ire dello sposo abbandonato comune Erinni di Troia e della patria, si era nascosta e sedeva odiosa agli altari. Arsero fuochi nell’animo, subentra l’ira di vendicare la patria che cade e di prendermi scellerate vendette. ‘’Certamente questa vedrà incolume Sparta e la patria Micene e vi andrà da regina una volta ottenuto il trionfo? Vedrà il matrimonio e la casa, i genitori e i figli, accompagnata da una moltitudine di troiane e da schiavi frigi? Pirro sarà morto di spada? Troia sarà stata arsa dal fuoco? Il lido dardanio si sarà bagnato di sangue tante volte? non così. E infatti anche se non c’è nessuna fama memorabile nella punizione di una donna, né la vittoria ottiene lode, tuttavia sarò lodato per aver ucciso un mostro e per aver preso vendette meritevoli e mi sarà di soddisfazione aver saziato il desiderio di una fiamma vendicatrice e aver placato le ceneri dei miei’’. Meditavo tali cose ed ero trascinato dalla mente infuriata quando mi si offerse da vedere prima non così chiara davanti agli occhi e splendette nella notte nella pura luce la madre genitrice di vita, manifestandosi come dea quale e quanto bella suole manifestarsi ai celesti e mi trattenne, preso con la destra, e inoltre aggiunse queste parole con la rosea bocca: ‘’o figlio, quale così grande dolore suscita ire indomite? Perché tu infuri? O dove è andata a finire la tua cura per noi? Non vedrai prima dove hai abbandonato il padre Anchise, stanco per l’età, se la moglie Creusa sopravvive e il piccolo Ascanio? Tutte le schiere greche vanno intorno a loro da ogni parte e se non fosse vigile la mia attenzione già le fiamme gli avrebbero avvolti e da spada nemica gli avrebbe uccisi. Non la bellezza della spartana figlia di Tindaro ti è odiosa o Paride incolpato, ma l’ostilità degli dei, degli dei, rovescia questa potenza e abbatte Troia sin dalla vetta. 16 Guarda (e infatti toglierò tutta la nube che ora calata offusca a te che guardi gli sguardi mortali e attorno si addensa umida; tu non temere alcun comando di tua madre e non rifiutarti di obbedire ai consigli): qui dove vedi edifici diroccati e sassi staccati da sassi e fumo che si solleva con polvere mista, Nettuno scuote le mura e le fondamenta rimosse con il grande tridente e distrugge tutta la città fin dalle basi. Qui la crudelissima Giunone occupa per prima le porte scee e furente chiama dalle navi la schiera alleata cinta di ferro. Già Pallade tritonia (volgiti a guardare) ha occupato la sommità della rocca splendendo dalla nuvola e dalla terribile Gorgone. Persino il padre infonde coraggio ai Danai e forze necessarie, egli stesso incita gli dei contro le armi dei Troiane. O figlio, fuggi/prendi la fuga e poni fine alla fatica. Da nessuna parte mancherò e ti collocherò sicuro sulla soglia paterna’’. Aveva detto e si nascose nelle fitte ombre della notte. Appaiono le terribili figure e le grandi potenze degli dei ostili a Troia. Allora, veramente, mi sembrò che tutta Ilio cadesse in fiamme e che la nettunia Troia fosse sconvolta dalle fondamenta come quando sulla cima dei monti i contadini a gara cercano di abbattere stroncato con il ferro e fitte bipenni/con fitti colpi di bipenni di ferro un antico orno; esso sempre minaccia e fatto tremare ondeggia la chioma essendo stata scossa la cima finché a poco a poco vinto dai colpi per l’ultima volta geme e strappato dal suolo precipita in rovina. Scendo e con la guida di un dio mi libero tra la fiamma e i nemici: le armi fanno posto e le fiamme si ritirano. E quando già si giunse alle soglie della casa paterna e gli antichi palazzi, il padre che per primo volevo portare sugli alti monti e verso il quale per primo mi dirigevo, rifiuta di prolungare la vita, essendo stata abbattuta Troia, e di patire l’esilio. ‘’o voi’’ dice ‘’che avete il sangue sano proprio dell’età e voi per cui le forze solide sono nella loro vitalità, voi organizzate la fuga’’. Se i celesti avessero voluto che io continuassi la vita, mi avrebbero conservato queste sedi. Abbastanza e fin troppo abbiamo visto una volta gli eccidi e siamo sopravvissuti alla città conquistata. Così, così dopo aver salutato il corpo composto, partite. Io stesso troverò al morte per mano (del nemico), il nemico avrà compassione e chiederà le mie spoglie. La perdita del sepolcro è di poco conto. Già da un pezzo sono odioso agli dei e inutile consumo gli anni da quando il padre degli dei e re degli uomini mi sfiorò con i venti del fulmine e mi toccò con il fuoco’’. Si ostinava ricordando tali cose e rimaneva fermo/fisso nel suo proposito. Noi da parte nostra ci sciogliemmo in lacrime e la sposa Creusa, Ascanio e tutta la casa affinchè il padre non volesse travolgere con sé tutto e aggravare il fatto imminente/che minacciava. Rifiuta e resta fermo nel proposito e nello stesso posto. Di nuovo sono spinto fra le armi e infelicissimo desidero la morte. infatti, quale decisione o quale sorte ormai veniva offerta? ‘’Hai sperato, padre, che io potessi porre un piede/muovere un passo avendoti abbandonato e dalla bocca di un padre uscì una così grande empietà? Se agli dei piace che nulla sia lasciato di una così grande città e questo è fermo nel (tuo) animo e piace aggiungere a Troia, destinata a perire, te e i tuoi e la porte è aperta per questa morte e (coperto) dal molto sangue di Priamo ormi comparirà Pirro, che uccide il figlio davanti agli occhi del padre, il padre presso gli altari. Questo è, o madre generatrice di vita, il motivo per cui mi salvi in mezzo alle armi, in mezzo ai fuochi perché io veda il nemico nel segreto delle mie stanze e Ascanio, mio padre e vicino Creusa uccisi l’uno nel sangue dell’altro? O uomini portate le armi, le armi, l’ultima luce/giorno chiama i vinti. Rendetemi ai Greci, lasciate che io riveda le battaglie rinnovate, oggi tutti non moriremo invendicati’’. Allora mi cingo di nuovo con il ferro e introducevo la sinistra nell’impugnatura dello scudo, preparandomi e mi slanciavo fuori casa. Ed ecco che la sposa, avendo avvinto i miei piedi, rimaneva ferma sulla spoglia e tendeva il piccolo Iulo al padre: ‘’se te ne vai a morire conduci anche noi con te incontro a tutto. Se invece, avendo fatto esperienza, riponi qualche speranza nel prendere le armi/nelle armi prese per prima cosa difendi questa casa. A chi viene lasciato il piccolo Iulo, a chi il padre e la sposa che una volta era detta tua?’’. Mentre pronunciava tali parole riempieva di pianto tutta la casa, quando improvviso e meraviglioso a dirsi appare un prodigio. E infatti tra le mani e sotto gli occhi dei mesti genitori, ecco sembrò che una leggera punta della fiamma effondesse luce dalla sommità del capo di Iulo e innocua a toccarsi la fiamma lambisse i morbidi capelli e si alimentasse intorno alle tempie. Noi atterriti trepidammo per la paura e scuotemmo i 17 Enea viene nominato al centro del verso. Il verso virgiliano è un verso di grande raffinatezza, eleganza e ricerca e le parole si collocano per schemi sempre ordinati. Enea è definito attraverso questo suo valore di ‘’pater’’, attraverso il rispetto che lo circonda e la responsabilità dei suoi uomini e della stirpe che porta sulle spalle. È rappresentato nella sua veste di guida. Nei primi 13 vv abbiamo l’esordio del libro: Enea si appresta a parlare. ‘’conticuere’’ (viene da conticesco, verbo incoativo che indica il farsi di un’azione) è una parola pomposa ed è un composto di cum che sottolinea l’intensità del silenzio che piomba all’improvviso sulla reggia, è un perfetto che esprime l’istantaneità con cui piomba il silenzio. Il verso virgiliano è articolato in due membri/cola: il secondo colon riprende e varia quello che viene detto nel primo. Viriglio riprende molto efficacemente quello che era il tratto conclusivo del racconto di Odisseo alla reggia dei Feaci. Rinvia al racconto fatto da Odisseo nel 13° libro dell’Odissea. Il modello quindi rimane sempre Omero. ‘’ora’’ è il plurale di os, oris e può significare ‘’bocca’’, quindi i convitati si attenevano dal parlare, oppure ‘’volti’’, quindi si indicherebbe la grande attenzione che si dipinge sui volti dei convitati. ‘’intenti’’ sottolinea la fissità degli sguardi su Enea. L’imperfetto ‘’tenebant’’ chiude il verso e si contrappone al perfetto ‘’conticuere’’. Si contrappone all’azione momentanea ed immediata del silenzio che cala sulla sala. Non c’è nessun riferimento a Cartagine, potrebbe essere una qualsiasi villa romana. L’aggetto ‘’alto’’ sottolinea la posiziona di Enea in alto, cioè di rispetto e verso di lui convergono gli sguardi attenti dei convitati. È forte il modello omerico perché nel settimo libro dell’Odissea si parla sempre di un dolore indicibile. ‘’infandum’’ si trova all’inizio del verso, quindi in una posizione importante, ed è un aggettivo che ha un valore forte. È legato al verbo for che vuol dire ‘’parlare’’, quindi è un dolore difficile da esprimere. ‘’renovare’’ indica un rivivere nel presente i dolori passati. Si sente tutta l’angoscia che Enea prova a ripercorre con il ricordo quegli avvenimenti. ‘’ut’’ introduce un’interrogativa indiretta in cui ‘’Danai’’ sono il soggetto ed è un modo per indicare i Greci. È uno dei modi con cui Virgilio indica i Greci e viene da Danao che era il fondatore di Argo. ‘’opes’’ rimanda alla ricchezza materiale, ma anche alla potenza politico-militare. I suoni sibilanti del v 9 ricordano il sussurrare della notte e ha un ritmo che al centro vede ‘’suadentque cadentia’’ che è quasi una ritma. È un verso musicale che dà l’idea dell’abbandonarsi al sonno con il calare della notte e la stelle che tramontano spingono al sonno. Il racconto della guerra di Troia e del cavallo di Troia erano conosciutissimi tanto che lo stesso Enea si era imbattuto a Cartagine in una rappresentazione di fatti della guerra di Troia effigiata sul tempio dedicato a Giunone, che è la divinità che protegge Cartagine e Didone. C’è un dialogo tra Giunone e Venere in cui entrambe cercano di far valere il proprio protetto e questo prelude a quelle che saranno le guerre puniche. Enea racconta questi fatti, quello che è successo a Troia l’ultima notte ed è per lui un dolore immenso farlo. Enea esprime il proprio dolore nel raccontare e ricordare queste vicende. Comincia narrando dell’apparizione del cavallo lasciato sulla spiaggia. 20 Con i primi 9 vv musicali Enea colloca anche il suo racconto in questo arrivo rapido della notte che cala dal cielo, mentre le stelle che tramontano persuadono al sogno. Enea supera l’angoscia e l’errore per accontentare la regina. Per quanto dettagliato è il suo discorso, lo deve concentrare in poco tempo. ‘’incipiam’’ forse non ha solo il significato di ‘’cominciare’’, ma anche di ‘’tentare, provare, provare a cominciare’’. La dea Pallade era la dea degli artifizi e delle rocche. Pallade è la dea che costruisce le rocche e Virgilio lo dice già nelle ‘’Bucoliche’’. I Greci costruiscono un cavallo con dimensioni di monte e ne tessono i fianchi con tavoli di abete. Allitterazione collega le parole che iniziano con lo stesso suono. È molto usata nella poesia arcaica, in Lucrezio e in Viriglio. Crea effetti di suono come onomatopee, effetti che mimano quanto si vuole descrivere, va spesso insieme o è in alternativa con l’assonanza, che invece riguarda il corpo delle parole. ‘’ductor’’ è molto più sonora di ‘’dux’’. Virgilio tende a utilizzare una lingua poetica che seleziona parole adatte a stare nel verso, perché rientrano nella metrica o perché hanno una sonorità particolare o perché sono evocative e rinviano ad altre opere, quindi si caricano di ulteriore significato. La formula ‘’ductores Danaum’’ rinvia a Lucrezio, è una formula allitterante lucreziana. Lucrezio la usa al verso 86 del primo libro del ‘’De rerum natura’’. Virgilio deve molto a Lucrezio anche dal punto di vista dell’espressione, nelle ‘’Bucoliche’’ e nelle ‘’Georgiche’’ troviamo molti riferimenti a questo autore per la rappresentazione della natura, per la tecnica esametrica e anche dal punto di vista filosofico. Virgilio ebbe contatti con la scuola epicurea di Sirone, in Campagna fiorirono queste scuole, me l’epicureismo non ebbe vita facile a Roma. Cicerone parla dei primi epicurei a Roma e li giudica anche severamente. L’epicureismo ha sempre sottolineato l’aspetto dell’epica, il vivere nascosti era contrario ai doveri del cives che doveva vivere ed agire, non ritirarsi nell’otium letterario. Questo aspetto dell’epicureismo emerge nelle ‘’Bucoliche’’, ‘’Georgiche’’ e nell’epica. Virgilio spesso attinge a Lucrezio o direttamente o passando dalle sue ‘’Georgiche’’ che erano imbevute di immagini e di espressioni lucreziane. I ‘’ductores’’ sono descritti con una distribuzione delle parole comune che è una disposizione sottolineata dall’allitterazione e dal chiasmo. ‘’fatis’’ si collega tramite l’allitterazione con ‘’fracti’’, il numero delle sillabe è bilanciato. ‘’ductores Danaum’’ presenta il genitivo plurale che è molto frequente in Virgilio ed è uno stilema epico, presenta la forma originaria del genitivo sopravvissuta grazie alla sua presenza nella lingua ufficiale. ‘’orum’’ è una forma che si afferma sulla base della prima declinazione per analogia, ma il genitivo originario della seconda sarebbe in ‘’um’’ ed è molto frequente in Virgilio. Crea un equilibrio tra la conservazione della lingua precedente e la sua persone innovazione. La forma in um è molto ben conservata grazie alla lingua ufficiale, ci sono espressione della lingua ufficiale come ‘‘deum’’ conservate dalla poesia alta. Soggetto e verbi sono separati da un altro verso. ‘’texere’’ usato da Ennio collegato alle navi nella sua tradizione teatrale. Aveva trasferito questo verbo dal linguaggio della tessitura a quello della carpenteria. Ennio ha una grande importanza per la poesia virgiliana. L’uso di termini che appartengono ad altri oggetti, questo straniamento dà l’idea della novità, della meraviglia di chi si trova davanti questi oggetti. Secondo la tradizione era stata Atena stessa a costruire il cavallo o a ispirare il suo autore. nell’Odissea (libro VIII) Omero afferma che il costruttore del cavallo Epeo ha fabbricato il cavallo insieme ad Atena. Viriglio non solo recupera la presenza di Atena che potrebbe essere un po’ mediata con ‘’divina arte Palladis’’, mentre in Omero è esplicitata la partecipazione della dea. Nell’espressione di Virgilio sembra riecheggiare Euripide, che viene spesso recuperato nel secondo libro. Euripide aveva scritto tragedie legate al ciclo troiano e dalle ‘’Troiane’’ v 10 viene il modello di questa espressione virgiliana. Altre fonti parlano della dedica alla divinità di questo cavallo che i Troiani si trovano sulla spiaggia. Properzio riferisce nell’Eligia IX nel 3 libro il cavallo a Pallade e parla anche lui di ‘’ars’’. 21 I Greci fanno credere che il cavallo sia una offerta votiva a Pallade per propiziarsi il ritorno, ma in realtà nascondono i soldati che poi entreranno in città. Simulano un voto per il ritorno e questa era la fame che si sparse. ‘’abiete’’ è una prosodia dell’esametro, doppia possibilità prosodica. È scandito come un trisillabo sfruttando la i come consonante o semivocale per rendere la divisone ab (lunga) -ie-te che va a inserirsi in quello che è il dattilo (lunga-breve-breve) che deve trovarsi nell’esametro in questa posizione. Virgilio lascia da parte una tradizione secondo cui il cavallo avrebbe recato un’iscrizione dedicatoria a Pallade. Danielino cita un frammento di Accio che afferma che l’iscrizione riportava che i Greci avevano dedicato il dono a Minerva potente. Virgilio non descrive questo particolare che abbiamo grazie alla tradizione dei mitografi. V 18: riecheggia l’Odissea. La perifrasi ‘’delecta corpora’’ usata da Viriglio fa riferimento alla forza fisica. Era una perifrasi già presente in Lucrezio e sottolinea i fisici, i corpi scelti, la forza fisica. Sottolinea l’oppressione di questi eroi stretti e stipati chiusi dentro al cavallo. Dà rilievo alla prestanza fisica in contrasto con lo spazio del cavallo che stanno occupando. Ennio nella ‘’Medea’’ nel frammento 250 usa l’aggettivo ‘’delectus’’ che Viriglio riferisce ai ‘’corpora’’ per mettere in evidenza le dimensioni degli eroi oltre che la forza. Lucrezio nel v in cui usava ‘’ductores danaum’’ usava il termine ‘’delecti’’ che quindi è quasi obbligato per Virgilio per iscriversi nella tradizione della lingua epico e tragica. Catullo usa la forma semplice ‘’lecti’’ nel carmen 64 (‘’Carmina docta’’), che è un epillio, è un carmen che si discosta dalla tradizione catulliana ed ha un linguaggio più elevato. Ennio e Catullo parlano degli Argonauti, mentre Lucrezio e Viriglio degli eroi dentro al cavallo di Troia. Vv 19-20: descrivono l’operazione di chiudere gli eroi estratti a sorte in una cavità oscura. La letteratura antica era formalizzata e quindi per scrivere si doveva adottare l’esametro. Virgilio è abile nel creare versi con caratteristiche particolari, non compone per verso, ma tende a prevaricare i confini del verbo con l’uso dell’enjambement. C’è sempre attenzione tra sintassi e metro per ottenere effetti particolari. Riesce a dialogare con le costruzioni a cui si deve sottoporre, è molto fecondo il suo uso dell’enjambement e effetti di senso particolari. Compone versi costituiti da 2 cola, ama questo tipo di composizione che viene indicata come ‘’dicolon abundans’’, è abbondante, ma non ridondante. Le ridondanze sono sempre motivate. Inizia quello che è chiamato ‘’topotesia’’ o ‘’ ekphraris topu’’, cioè una descrizione del luogo ed è un modulo tipico del racconto epico. Chi narra indugia su dettagli che allentano la tensione narrativa, si ferma il racconto di fatti e ci si concentra sulla descrizione di un luogo. L’ ekphraris è la digressione con descrizione di qualsiasi cosa, spesso è frequente la descrizione di opere di arte. Nel Carmen 64 di Catullo c’è un esempio di ekphraris dove si descrive la coperta nuziale di Arianna e Teseo per raccontare dell’abbandono di Arianna da parte di Teseo. Il narrante, cioè Enea, indugia su dettagli che in qualche modo allentando la tensione narrativa e sospendono la narrazione. Nel primo libro dell’Eneide troviamo un esempio di ekphraris topu al v 59. ‘’est in conspectu’’ non è un’espressione della lingua poetica. Il genere epico è uno dei generi più elevati, insieme alla tragedia. Virgilio pratica diversi generi nella sua carriera poetica, dalle ‘’Bucoliche’’, che è un genere più umile dell’epica, alle ‘’Georgiche’’, che è un genere didascalico, fino all’Eneide. Nell’antichità e anche dopo i generi erano fortemente gerarchizzati e ogni genere aveva un suo linguaggio, quindi distaccarsi dal suo linguaggio assumeva un significato particolare. Questa espressione è un po’ prosastica. ‘’cospectu’’ riprende ‘’huc’’ del v 18. ‘’Tenedos’’ è un’isola di fronte a Troia, sullo stesso dei Garganelli. Enea descrive l’isola com’era un tempo in contrapposizione a come era stata ridotta. 22 Il nome ‘’Laocoonte’’ si trova in prima sede dell’esametro e in questo modo viene messo in evidenza. Laocoonte era il sacerdote di Nettuno, ma l’episodio di Laocoonte e la figura stessa aveva nella tradizione greca caratteristiche varie e diverse. Si sapeva che Laocoonte era stato punito da un dio per un gesto di empietà. Secondo qualcuna delle fonti l’empietà di Laocoonte consisteva non nel gesto contro il cavallo, ma nell’aver contradetto l’ordine divino di non sposarsi. Secondo altri si sarebbe unito alla moglie proprio davanti al simulacro del dio e sarebbe stato punito per questo gesto. Virgilio in questa situazione di penuria di fonti sembrerebbe il primo ad aver ricondotto la legenda di Laocoonte e della sua punizione all’episodio del cavallo adottando la tradizione secondo cui Laocoonte sarebbe stato il sacerdote di Nettuno e non di Apollo come nelle altre fonti. I serpenti che uccideranno lui e i suoi figli per Virgilio sono inviati da Pallade, mentre nelle altre fonti erano inviati da Apollo. È un episodio in cui si vede bene la presenza del tragico, in particolare in questo libro. Si postula che Virgilio abbia attinto dal Laocoonte di Sofocle, una tragedia per noi perduta. Virgilio risente molto dei modi della tragedia greca, basta pensare all’episodio del mostro marino nell’ ‘’Ippolito’’ di Euripide o all’episodio dell’uccisione di Penteo nella ‘’Baccanti’’ sempre di Euripide. L’episodio di Laocoonte è trattato con grande maestria narrativa perché Virgilio fa irrompere violentemente sulla scena questo personaggio e poi viene inserito un altro episodio, l’attenzione del lettore si indirizza verso l’episodio di Sinone, l’ingannatore. La cattura del greco Sinone sospende la linea principale del racconto e aiuta l’inganno nei confronti dei Troiani. Grazie agli spergiuri di Sinone i Troiani cedono alle insidie, si consegnano in questo modo alla loro rovina. I Troiani non furono dominati dalla forza e dalle virtù dei greci, ma persero per le loro insidie. Gli dei sono i veri autori della rovina di Troia e con spietata crudeltà screditano gli ammonimenti di Laocoonte, fanno di tutto per depistare i Troiani per fare in modo che non lo ascoltino. Laocoonte appare colpevole di contrastare il dono del cavallo sacro a Minerva, quindi una divinità, colpendolo con la lancia. Gli dei lo screditano anche facendolo una vittima di un prodigio spaventoso dei serpenti dal mare e questo prodigio viene visto come una giusta punizione divina contro la sua empietà. È uno dei tanti punti in cui Virgilio presenta gli dei come intenzionati a utilizzare la devozione degli uomini per poterli ingannare e rovinare. Altre divinità nel corso dell’Eneide si danno da fare per creare difficoltà agli uomini o per portarli alla rovina. Gli dei manovrano per fare degli uomini le proprie vittime e sono molto antropomorfi. Laocoonte scende dalla rocca ed è seguito da una grande folla. I Troiani erano intenti a discutere sul da farsi: alcuni volevano portare il cavallo in città e altri volevano sbarazzarsene in modi diversi. ‘’ibi’’ avverbio con valore temporale Da v 42 ci sono 4 interrogative consecutive con ritmo incalzante. Desinenza ‘’is’’ invece di ‘’es’’ frequente nella poesia virgiliana Con ‘’aut’’ introduce una seconda domanda, un po’ come era nello stile colloquiale come per esempio di Plauto nell’Anfitrione. V 42 inizia e si conclude con un verso allo stesso tempo e alla stessa persona L’allitterazione della d al v 42 lega tre parole nel primo emistichio. Ulisse era famoso per la sua astuzia e Laocoonte ci tiene a sottolinearlo. Sembra avere quasi virtù profetiche anche senza sapere con certezza che era stato Ulisse a mettere in piedi lo stratagemma del cavallo, ma non era difficile immaginarlo conoscendo le sua capacità di ingannatore. ‘’timeo Danaos et dona ferentis’’ diventa un’espressione verbale. Indica la diffidenza nei confronti di qualcuno di cui non ci si fida minimamente. Troviamo un proverbio simile nell’Aiace di Sofocle in cui si dice che non sono doni quelli dei nemici e non giovano. 25 Secondo l’ipotesi sensata di Laocoonte il cavallo potrebbe servire per accogliere i nemici o sarebbe stato costruito per salirci su per spiare la città e i Troiani. Il cavallo non viene mai chiamato ‘’cavallo’’, ma solo macchina. Servio e Danielino osservano che con la sua autorevolezza di sacerdote Laooconte nega qualsiasi valore sacrale, nega sempre che sia un dono per la divinità e che avesse un valore religioso o sacrale. Non lo collega alla divinità in nessun modo, ma lo ritiene un pezzo di legno, una macchina. ‘’machina’’ sta per ‘’macchina da guerra’’ e qua porta anche il significato di dolo. Al v 237 corrisponde il v46: la descrizione del cavallo e la profezia di Laocoonte. L’allitterazione in ‘’m’’ è molto rumorosa e riprende Ennio, che è sempre presente nella versificazione virgiliana. In Ennio l’allitterazione era più ripetuta, più insistente. ‘’inspectura’’ e ‘’ventura’’ participi futuri che indicano le eventualità per le quali è stata costruita la macchina ‘’urbi’’ dativo di moto v 451 nel 5° libro con ‘’caelo’’ dativo celebre di Virgilio ‘’aliquis’’ conclude una serie di possibilità alternative, è un indefinito della realtà, sono possibilità della realtà, qualcuno che comunque esiste. Ne + imperativo esprime l’ordine negativo, il comando negativo. È una forma arcaica che rimane nel latino colloquiale. Ci sono casi di questo tipo in Plauto nell’Anfitrione o comunque nella commedia in generale. Si trova spesso con verbi che esprimono sentimenti o moti dell’anima. ‘’Teucri’’ vocatico alla fine del verso, molto evocativo. ‘’sic fatus’’ è una formula per chiudere un discorso diretto e ricorda delle espressioni di Omero. Al v 52 la pausa forte data dal punto dopo l’enjambement rende bene il momento di sospensione di chi segue il movimento del lancio e ne aspetta l’esito. L’arma si conficca nel ventre del cavallo tremando e lì rimase conficcata dritta. ‘’cavae-cavernae’’ figura etimologica avendo la resta radice oltre che essere legata dall’allitterazione della c. ‘’cavae’’, pur avendo un valore pleonastico dal punto di vista del significato, contribuisce molto per l’effetto musicale del verso, contribuisce con questa serie di suoni identici all’effetto descrittivo del verso. Il verso 54 rappresenta una riflessione di Enea. Il verso è molto controverso per quanto riguarda l’interpretazione: bisogna capire che se ‘’non laeva’’ si riferisca a ‘’mens’’ o a ‘’fata’’. Si tratta di due grossi attori di questa vicenda: la volontà degli dei e la decisione dei Troiani. Questo implica che ‘’laeva’’ venga inteso con due significati un po’ diversi: ‘’sfavorevole, sinistro’’ per fata deum e ‘’stolta, inetta’’ per mens, che è un uso molto comune. Si può intendere anche ‘’non laeva’’ legato a mens e l’espressione ‘’ si fata fuisset’’ vorrebbe dire ‘’se il fato avesse voluto, se ci fosse stato il fato o se fosse stato destino’’. Si può intendere ‘’non’’ come riferito a ‘’si fata fuisset’’ e vorrebbe dire ‘’se il destino non avesse voluto che Troia cadesse’’. ‘’impulerat’’ indicativo nell’apodosi del periodo ipotetico, quindi della realtà V 53 ricco di effetti onomatopeici, molto presente la vocale u, allitterazione della ‘’c’’ Il risuonare del ventre del cavallo è premonitore di quello che sta per accadere. Virgilio cerca di distogliere l’attenzione da questo momento di grande tensione ed emotività dell’arrivo di Laocoonte. Si passa all’episodio di Sinone che è un greco che i Troiani trovano elle vicinanze, lo fanno prigioniero e lo conducono davanti ai concittadini per interrogarlo. 26 ‘’ecce’’ espressione molto presente in commedia, dà una grande vivacità al racconto e sottolinea l’apparizione di un nuovo personaggio o scena. È un modulo di lingua colloquiale, segnale l’arrivo abbastanza imprevisto di Sinone. Sinone racconta di essere sfuggito ai Greci che volevano sacrificarlo agli dei come offerta agli dei per avere un viaggio prospero. I Troiani lo accolgono e Sinone, tessitore di inganni, racconta ingannandoli come il cavallo sia un’offerta votiva costruita per espiare il furto del Palladio. I Greci erano colpevoli di aver rubato il palladio della dea Pallade e per farsi perdonare avevano costruito il cavallo come offerta votiva per ingraziarsi la dea e per espiare il furto. Sinone fa di tutto per invogliare i Troiani a far entrare nelle mura il cavallo. Questo episodio lascia in sospeso la vicenda di Laocoonte con il suo carico di emotività e di ansia, il sacerdote a quel punto avrebbe potuto anche convincere i Troiani ad eliminare il cavallo e a non accoglierlo in città, ma entra in scena Sinone che è subdolo, un ingannatore. Del nome di Sinone non c’è traccia nei poemi omerici, quindi Virgilio introduce qualcosa di nuovo. Era invece presente Sinone nei poemi ciclici a cui Virgilio attinge, in particolare era ricordato da Arctino vissuto nel 7 sec e che era autore di una distruzione di Troia. Da quello che è rimasto sappiamo che Sinone entrava a Troia di nascosto e inviava ai Greci dall’interno della città un segnale di fuoco. Questo era presente anche in una tragedia di Sofocle che si intitolava ‘’Sinone’’. Sinone tiene un lungo discorso ai Troiani intessuto di inganni volto a dimostrare che i danneggiamenti al cavallo sarebbero dei sacrilegi. Mentre Laocoonte compie un sacrifico sull’altare di Nettuno, due serpenti, che vengono da Tenedo, assalgono lui e i figli. I Troiani decidono a questo punto di far entrare il cavallo. V 66 non completo, continua il verso 65 con un’appendice. L’episodio di Sinone sospende con una certa volontà artistica di Virgilio l’episodio di Laocoonte. Il giovane greco viene trascinato da pastori troiani e viene circondato dai giovani che gareggiano a schernire il prigioniero. Enea sta rispondendo alla regina, il suo racconto è strettamente legato alla domanda posta da Didone, che gli chiede degli inganni dei Greci. Nel corso del primo libro c’è l’ekphraris del tempio che Enea scopre sul quale sono effigiati alcuni momenti della guerra di Troia, quindi Didone e i Cartaginesi conoscevano le imprese dei Troiani che vengono sconfitti non dalla forza dei Greci, ma dalla loro insidie. Enea sta raccontando l’impressione che Sinone sta facendo sui Troiani con le sue parole. V 69 ricco di monosillabici che danno un ritmo infranto al verso e che viene ripreso anche al verso successivo, quasi un singulto patetico. ‘’heu’’ è un’esclamazione di dolore, di disperazione. ‘’aequora’’ indica il ‘’mare’’, in specifico indica le distese, anche di terra, quindi potrebbe indicare anche le terre, ma ‘’tellus’’ ci spinge a pensare che ‘’aequora’’ indichi il mare. Nell’opera ci sono modi diversi per indicare il mare. Sinone non sa dove andare, si sente respinto anche dai Greci. L’atteggiamento dei Troiani si adegua alla richiesta di commiserazione di Sinone e diventano favorevoli. Lo esortano a parlare e a raccontare le sue origini (modello omerico). Vogliono sapere con quale speranza si è fatto prendere prigioniero, che cosa spera di ottenere facendosi prendere prigioniero. ‘’cretus’’ presente solo in poesia, per la prima volta si trova in Lucrezio V 76 si trova tra parentesi quadre, segnala che il verso è sospetto, non compare in qualcuno dei manoscritti come nel Palatino e nel Mediceo-Laurenziano è aggiunto dalla seconda mano. Sembra un po’ composto. È perfettamente identico al v 612 del terzo libro, quindi si potrebbe pensare che nella trasmissione manoscritta sia finito fuori posto o che sia stato scritto due volte per una questione meccanica 27 Le glosse: ‘’glossa’’ è una parola che in greco vuol dire ‘’lingua’’ ed è una parola che passa poi a indicare le espressioni rare, dotte, ricercate e la loro eventuale spiegazione. Le locuzioni estranee all’uso comune: la poesia alta vivono di differenziazione del sermo comune, dalla lingua quotidiana. Se noi leggiamo il proemio del ‘’De rerum natura’’ di Lucrezio notiamo la presenza di arcaismi, di ennianismi, di parole composte e aggettivi composti. Tutto questo appartiene alla poesia esametrica elevata. La tradizione poetica, prima di Virgilio, aveva lavorato a selezionare e conservare i tratti linguistici distintivi della poesia esametrica elevata e ne aveva fatto quasi dei marchi di stile. La glossa epica è definibile per la sua specificità e la sua qualità di locuzione rara e preziosa, propria di una lingua specializzata e non comune, capace di significare con la sua presenza che il testo in cui figura è un testo di letteratura artefatta. ‘’glossa’’ diventa presto un termine che indica la locuzione che doveva essere spiegata e per facile trasposizione ‘’glosse’’ diventano le note che spiegavano i vocaboli rari e difficili. Si tratta di locuzioni che nell’uso poetico vengono preferite e termini propri dell’uso corrente, ma questo non comporta che i termini propri siano impossibili e necessariamente assenti, ma sono presenti in misura minoritaria per aspetti stilistici. Spesso la preferenza di una glossa è data da ragioni metriche. La lingua esametrica procede per selezione, elimina quelle parole che non possono entrare nell’esametro. ‘’innocens’’ non entra nell’esametro e la parola per indicare il concetto espresso da innocens è innocuus. La necessità di sequenze dattiliche rende impossibile altre sequenze come lunga-breve-lunga che rende inutilizzabile la parola all’interno dell’esametro e verrà sostituita da un'altra parola all’interno del lessico poetico. Si può dire che parole impossibili per certe sequenze metriche, come il dattilo, vengono di necessità abbandonate e altre metricamente adatte ne prendono il posto. Si può dire che le parole vengono divise in poetica e impoetica, cioè non adatte alla poesia. Non si deve cadere nell’errore di pensare alle parole nella loro singolarità astratta, ma si deve pensare ai sintagmi, ai nessi, all’unione di più parole visto che le parole non sono inerti e chiuse, ma sono inserite nel tessuto del verso e devono essere viste nella loro contestualizzazione. Resta comunque abbastanza vero che la glossa poetica si definisce proprio in contrapposizione alle espressione, alle locuzioni della lingua ordinaria, si distingue per straniamento, come parola estranea al linguaggio comune. Rispetto alla lingua ordinaria che nel caso di Viriglio è abbastanza difficile da determinare visto che quello che abbiamo sono testi letterari, la glossa segnala che il verso è progettato per la poesia alta ed è costruito con materiali linguistici estranei all’uso comune. È anche difficile spesso distinguere tra glosse epiche, arcaismi, composti poetici perché la tradizione letteraria si è formata per successivi apporti, per stratificazione e ha selezionati locuzioni e forme rare che possono essere considerate della parole antiche. Alcune sono frutto di figure retoriche come metafore, metonimie, sineddoche e che poi sono diventate elementi usuali della lingua poetica codificata, come ‘’carena’’ indica la nave e diventa parola poetica perché usata in poesia alta. Si deve anche vedere la lingua poetica nel suo farsi successivo, nella sua storia. C’è poi la forza del genere e dei modelli precedenti: Virgilio usa ennianismi, si vuole inserire nel genere epico ed Ennio aveva un posto importante in questa tradizione. Tutte le parole ereditate da autori precedenti finiscono per far parte di una lingua poetica ben codificata. Tra i tropoi presenti nell’epica troviamo: ‘’umbo’’ che indica l’umbone, una parte dello scudo e finisce per indicare tutto lo scudo nella lingua poetica. Tra le glosse epiche più ricorrenti si possono ricordare aggettivi sostantivati come ‘’mortales’’ che indica gli uomini, ‘’celestes’’ o ‘’celicole’’ per gli dei e sostantivi come‘’pontus’’ per il mare, ‘’genitor’’ per padre, ‘’parens’’ per indicare padre o madre, ‘’laetum’’ per la morte, ‘’natus’’ per il figlio, ‘’draco’’ per il serpente, ‘’lumina’’ per gli occhi, ‘’ensis’’ per la spada. ‘’almus’’ è un aggettivo lucreziano e poetico, è strettamente collegato al verbo ‘’aleo’’ che vuol dire ‘’nutrire’’. ‘’ater’’ vuol dire ‘’nero, oscuro’’, ma è un aggettivo pieno di connotati al di là della connotazione del colore, porta con sé la connotazione della morte e si trova spesso in poesia epica. Gli aggettivi in -eus sono una categoria di aggettivi molto produttiva in poesia. Ci sono poi anche verbi che sono più comuni in poesia epica come ‘’vescor’’ nel senso 30 di ‘’godere di’’, ‘’pando’’ che è un verbo lucreziano, ‘’gero’’, ‘’silo’’ nel senso di ‘’tacere’’, tutti i composti di ‘’fari’’, ‘’memorare’’. Un altro gruppo è quello delle glosse di ambito religioso e rituale: ‘’lucus’’ indica il bosco sacro, ‘’augurare’’, ‘’castus’’, le parole legate all’ambito del sacrificio come ‘’hostia’’ e ‘’immolare’’, parole che indicano divinità come ‘’penates’’ che hanno un ruolo importante nell’Eneide, ‘’omen’’, ‘’monstrum’’, ‘’vittae’’. Sono tutti termini tecnici del linguaggio religioso, sacrificale, augurale. Da un punto di vista formale della composizione delle parole non si deve dimenticare che l’Eneide eredita dalla tradizione epica parole composte, come gli aggettivi arcaici che usa Lucrezio. Virgilio attraverso Lucrezio, ma anche direttamente, attinge molto alla tradizione dei ‘’dipla onomata’’, cioè ‘’nomi doppi, composti’’. Alcune appartenevano già prima di Virgilio al lessico epico tradizionale e di molti fu invece proprio Virgilio l’inventore. Virgilio inventa e innova all’interno di una tradizione già avviata e codificata. Lavora sulle parole per riduzione, per eliminazione preferendo spesso il fare nuovi composti sul modello strutturale di quelli tradizionali piuttosto che usare termini che non erano più adatti al gusto moderno, termini magari pesanti. Rifugge le parole troppo lunghe, ma a volte le usa con una ricercatezza poetica particolare. Il gusto di Virgilio era più sofisticato di quello dei suoi predecessori. L’acuta sensibilità linguistica porta Virgilio alla parsimonia che a una compiaciuta indulgenza stilistica. Possiamo dire che molti dei composti che Virgilio usa hanno una funzione nel testo non tanto genericamente decorativa e ornamentale, non sono semplici contattori del genere epico, ma rispondono a specifiche esigenze espressive, funzionano come epiteti che sono capaci di cogliere con una sola doppia parola un tratto del personaggio o dell’elemento che viene descritto. A volte ci troviamo di fronte a parole composta corpose, anche se Virgilio rifugge da parole troppo invadenti all’interno del verso, e la loro abbondanza e corposità hanno un effetto espressivo, sono sfruttati dall’arte virgiliana al fine di comunicare qualcosa, per veicolare una comunicazione. Alcune parole creano un effetto di grandi eloquentia, aggettivi che formalmente sembrano risalire a Lucrezio ed Ennio. Sono parola composte che Virgilio sceglie, usa, addensa in certe sequenze del testo. Sono composti che avrebbero potuto essere nei testi di autori precedenti, anche se non possiamo averne la certezza visto che non possediamo i testi, ma solo frammenti, ma sappiamo che il loro modo di essere è perfettamente compatibile con la lingua enniana o di Lucrezio. Questi sono stati i due principali codificatori della tradizione esametrica latina. Il poema virgiliano si inserisce in una tradizione già iniziata e codificata da Ennio e Lucrezio. In questo modo queste parole finiscono con l’essere degli arcaismi stilistici. Virgilio si ispirava a questi modelli, alla loro autorità e si ritagliava la possibilità di creare per analogia altri composti omogenei e coniare anche forme nuove. Virgilio si ispira alla tradizione, ma anche perfettamente in grado di coniare nuovi esempi di stilemi poetici. Dietro le parole virgiliane a volte c’è il greco, una parola poetica greca. Ci sono grecismi lessicali e anche sintattici, spesso la sintassi virgiliana risente dell’uso sintattico greco. Ci sono casi di parole modellato sulla corrispondente parola greca, sono dei veri e propri calchi, ma non si sa se sono diretti o se avvengono attraverso la mediazione di Ennio che aveva modellato sul greco la parola. Certe volte l’aggettivo composto si continua con effettivi di suono come l’allitterazione e tramite questa combinazione tra aggettivo e allitterazione si creano degli effetti di grande valore espressivo. Ci sono anche sequenze di parole che imitano con la loro struttura fonica il senso di quello che rappresentano. L’arcaismo risponde a esigenze di espressività e il suo impiego va interpretato all’interno del contesto, valorizzando gli effetti che produce nel contesto. Di per sé l’arcaismo ha un suo valore stilistico, ma diventa particolarmente efficace perché si sottrae all’uniformità del verso, alla monotonia. Attira l’attenzione su di sé e impreziosisce tutta l’espressione e il verso. Combatte la monotonia di una locuzione semplice, piatta e poco comunicativa. Produce effetti espressivi, di variatio, di messa in rilievo. L’arcaismo ha una doppia carica espressiva: 1. È parola suggestiva, parola nobile e che richiama al lettore letture precedenti. Nella comunicazione letteraria è fondamentale la connessione tra chi legge e l’autore. Per attirare l’attenzione del lettore il poeta si avvale di certi mezzi per sollecitare la memoria letteraria. 31 2. Ha anche l’efficacia di parole non comune, non usata comunemente. Ha allo stesso tempo l’auctoritas dell’antichità, della tradizione a cui appartiene e l’efficacia preziosa della parola rara. Virgilio nell’uso dell’arcaismo e del suo opposto, il neologismo, è guidato da un principio stilistico, da esigenze espressive che sono complementari. La lingua virgiliana è ricca di neo-formazioni, anche audaci, di innovazioni semantiche e sintattiche. Ci sono verbi usati transitivamente quando noi li conoscevamo solo nel loro uso transitivo, verbi usati come deponenti, verbi costruiti in maniera diversa dall’uso comune. Virgilio ha una sintassi che in parte è dovuta alle ragioni delle poesia, tende ad alleggerire i nessi sintattici, preferisce al costrutto ut + congiuntivo l’uso dell’infinito, usa i casi in maniera abbastanza libera come l’ablativo senza preposizione. Innova servendosi dell’analogia, creando forme analogiche su altre pre-esistenti. Gli arcaismi sono selezionati con cura evitando le parole troppo pesanti, badando a che la loro lontananza abbia un potere evocativo, ma non l’effetto di stantio. Ci sono molti arcaismi che rifiuta e non usa mai, perché il suo modo di procedere è molto sobrio e raffinato. La percentuale di arcaismi nella lingua virgiliana è pari al 2,55%. Cicerone ne ha l’11%, Lucrezio il 12%. L’uso dell’arcaismo nell’Eneide subisce un processo di assimilazione stilistica, divenendo un fattore di classicità. Ci sono anche arcaismi morfologici, Viriglio ripristina parole usata o delle forme morfologiche usate come il genitivo plurale in -um invece che -orum. Ci sono degli arcaismi semantici, delle parole usate in un senso che già al tempo di Viriglio non si sentiva più con quel significato. Sono tutti strumenti di cui Virgilio si vale per attirare l’attenzione sulle parole, sulle sequenze verbali, sul verso. L’inganno di Sinone e la sua astuzia determinarono quello che i fortissimi eroi e una guerra imponente non avevano ottenuto. sibila Effetto di suono ottenuto con le sibilanti serpenti fanno vibrare le lingue Laocoon in prima sede per metterlo in evidenza. Era il sacerdote di Nettuno in Virgilio, mentre Panto è quello di Apollo. Mactabat verbo proprio del sacrificio Ecce come all’inizio dell’episodio di Sinone Alta acqua alta, profondità del mare La distanza tra aggettivo ‘’gemini’’ e sostantivo ‘’angues’’ fa crescere l’attesa. Pelago altro modo per dire ‘’mare’’ Fit sonitus ricco di effetti di suono L’episodio di Laocoonte aveva caratteristiche varie e diverse nella tradizione greca, spesso il mito è pieno di versioni diverse. Virgilio è molto attento alle diverse varianti del mito e ne segue spesso una principale, talvolta allude al altre varianti e sollecita la memoria letteraria del lettore. È un atteggiamento molto alessandrino. L’episodio di Laocoonte presenta versioni diversi: secondo alcune varianti era stato punito per empietà, non perché aveva scagliato una lancia verso il cavallo, ma perché aveva sposato una donna disobbedendo al comando divino senza sposarsi e secondo altri perché si era unito alla moglie davanti al simulacro del dio. Virgilio sembra il primo a collegare la legenda di Laocoonte all’episodio del cavallo adottando una versione secondo la quale è sacerdote di Nettuno e compie un sacrificio sul lido troiano. Virgilio tratta tutto l’episodio con modi drammatici attingendo forse al Laocoonte di Sofocle, ma ci sono tracce importanti anche di altre tragedie greche come l’Ippolito e le Baccanti di Euripide. L’episodio di Laocoonte inizia intorno al v 40 e poi si interrompe per l’ingresso di Sinone. Questo solletica la misericordia 32 At incipit del 4° libro. È una congiunzione che marca la fine della scena drammatica, si allude solo alla morte di Laocoonte, ma questo non viene visto morire. L’ultima immagina che abbiamo è quella del sacerdote aggredito dai serpenti e diventato quindi vittima del sacrificio. È una tecnica che Viriglio usa anche altrove come nelle ‘’Georgiche’’. Atena viene definita ‘’non equa’’ e rappresentava per i Troiani una divinità ostile. V 227 verso un ritmo particolare che rende il movimento lento e sinuoso dei serpenti e il loro nascondersi ai piedi della statua. È dato solo da dattili. Clipeique sub orbe posizione chiastica rispetto ‘’sub pedibusque deae’’, i due genitivi sono accostati e gli altri sostantivi incorniciano i due genitivi. A questo punto il cavallo viene portato sulla rocca, dentro le mura e avviene l’invasione della città. I Troiani terrorizzati sono conviti che Laocoonte abbia pagato il prezzo della sua impietà e decidono di portare il cavallo dentro alle mura accompagnato da una folla festante di ragazzi e ragazze, ma non mancano gli omina negativi visto che il cavallo inciampa 4 volte e questo era considerato un omen negativo. I versi illustrano il trasferimento del cavallo sulla rocca dentro la città di Troia. I Greci ottengono ciò che avevano escogitato per piegare la resistenza troiana. Sono le insidie dei Danai a piegare la città di Troia, non la loro forza. Pavor termine usato anche da Lucrezio per indicare il timore Laocoonte ha pagato, giustamente secondo loro, la sua colpa con la sua morte. Aveva violato con la punta della lancia il legno di quercia sacro. Quello che noi chiamiamo ‘’cavallo’’ viene sempre indicato con il materiale di cui è fatto, con perifrasi o con qualcosa che non lo definisce bene. Torqueo e i suoi composti come intorqueo sono verbi che si usano per le armi da lancio che vengono fatte roteare prima di essere scagliate. ‘’numen’’ potenza, cenno, volontà degli dei, in questo caso si fa riferimento a Pallade V 234 viene descritto quello che i Troiani fanno. Tono solenne e lapidario che sottolinea il momento fatale per i Troiani, è un’azione piena di conseguenze negative. ‘’pandimus’’ è un verbo molto usato anche da Lucrezio per indicare quanto ha fatto Epicuro svelando la verità ai mortali. È un verbo poetico C’è intorno al cavallo un clima festoso. C’è dall’altro lato però l’omen negativo del cavallo che esita, inciampa sulla soglia della città (cattivo augurio). Dal ventre del cavallo risuonano le armi dei Greci nascosti. Divum – domus espressione allitterante e isosillabica Qauter avverbio Cassandra aveva ricevuto da Apollo la capacità della profezia, ma anche la maledizione di non essere mai creduta. Delubra – deum allitterazione Miseri spesso riferito ai Troiani 35 ‘’velare’’ verbo tipico per ‘’abbellire con fiori e ghirlande’’ forte contrasto tra quello che sta per succedere con la presenza dei soldati armati e l’atmosfera festosa che accompagna il cavallo dentro alla città V 250 indicazioni di tempo tramite manifestazioni naturali (stessa cosa che fa Dante nella commedia?) ‘’fundor’’ indica anche lo stare distesi rilassati V 253 riprende l’inizio del libro Gli dei guardano a Troia con un atteggiamento iniquo. Auras parola usata spesso in clausola in Virgilio Il nome di Ulisse viene messo a fine verso in una posizione forte e viene definito ‘’spietato’’. Neottolemo (figlio di Achille) uccide uno dei figli di Priamo davanti agli occhi dei genitori e poi anche il re Priamo, che viene trucidato vicino all’altare di Giove. È un episodio in cui Neottolemo si dimostra quello che è, cioè un antieroe tracotante, mosso dalla hybris. Neottolemo (lett ‘’nuovo guerriero’’) è uno dei due nomi del figlio di Achille, viene chiamato anche Pirro che ricorda la parola greca ‘’fuoco’’. I Greci accolgono tutti i compagni dopo aver ucciso le sentinelle troiane per poi congiungere le schiere complici. I Troiani terrorizzati dopo la comparsa dei serpenti e l’uccisione di Laocoonte si convincono che Laocoonte abbia pagato con la morte le sue colpe, il suo scetticismo e il gesto empio del lancio contro il cavallo. Questo viene trasportato dentro a Troia accompagnato da una folla festante di giovani, ma non mancano i presagi negativi che dovrebbero mettere in guardia i Troiani come il fatto che il cavallo inciampa 4 volte, il 4 era un numero sfavorevole, si sente anche il tintinnio delle armi. Cassandra preannuncia la rovina di Troia senza che nessuno le dia ascolto. Poi arriva la notte e la flotta greca si avvicina. Quando la nave di Agamennone dà il segnale, Sinone fa uscire i guerrieri nascosti nel cavallo e i Greci uccidono le sentinelle per poi spalancare ai compagni le porte della città. Durante la notte Ettore appare in sogno ad Enea. è un momento forte del racconto. Enea viene a sapere attraverso un’apparizione quello che sta succedendo, il sogno è un modo usato già prima di Virgilio per collegare la realtà e il soprannaturale, per dare profezie e gettare lo sguardo sul futuro. Ettore ha una funzione fondamentale, era il più forte degli eroi troiani e spiega ad Enea che Troia era indifendibile. Questo è l’elemento fondamentale per spiegare e giustificare quello che Enea dovrà fare, cioè allontanarsi dalla sua città in fiamme, lasciarla in mano ai nemici. La spinta a lasciare la città sarà ripresa e corroborata anche da altre importanti apparizioni ed eventi soprannaturali: Intervento della madre Venere Fiamma sul capo di Iulo Intervento di Giove Enea viene avvertito del pericolo e lo invita a sfuggire portando con sé i penati, che sono una divinità importante a Roma e Virgilio, un po’ anacronisticamente, li proietta nel passato troiano. Enea deve portare con sé gli dei che avranno un ruolo importante nella religione romana. Sono divinità che hanno un aspetto familiare tanto che sono confusi con altre divinità che proteggono la famiglie e la casa come i lari, ma hanno anche un importante aspetto pubblico come garanti della città e della potenza romana. Nell’Eneide appaiono più volte, sono spesso associati alla grandezza, ai grandi dei fino a confondersi con queste divinità. Sembrano essere un segno di grandezza che Enea deve trasportare da Troia a Roma. 36 C’è un forte contrasto tra il sonno di Enea, che come gli altri Troiani si è abbandonato al riposto, e la descrizione che Ettore fa della battaglia che sta infuriando in città. È il quadro disperato di una città distrutta, conquistata, perduta. Il fatto che sia proprio il più forte degli eroi troiani, che rappresenta simbolicamente la città stessa, a invitare Enea a mettersi in fuga fa sì che la fuga non appaia come un atto di viltà, ma è piuttosto l’eroe scelto per realizzare una missione superiore, un sacro dovere. Più volte nel corso del suo racconto dell’ultima notte di Troia Enea si descriverà come attirato dalla pulchra mors, cioè la morte in battaglia, la morte compiendo il proprio dovere di difensore della patria ed era quello che si doveva prefiggere l’eroe, già quello omerico. Nel corso del II libro Enea entra nel personaggio, il personaggio si modifica da quello di eroe legato a questo dovere di difendere la propria città perché deve realizzare il valore del Fato. Smette di essere l’eroe guerriero per essere l’eroe del destino, l’emblema della pietas, che è un valore molto importante ed è tutto quell’insieme di doveri nei confronti della patria, degli dei, della famiglia. Virgilio deve giustificare Enea e lo fa tramite la missione che il Fato gli ha affidato. L’apparizione di Ettore è un passo di profonda tensione. Il sogno è uno degli strumenti del poeta epico fin dai tempi di Omero. Virgilio poteva avere in mente il sogno specifico del 23 libro dell’Iliade quando l’ombra di Patroclo appare ad Achille per chiedere il suo funerale. Ennio è anche questa volta uno dei modelli di Virgilio e negli Annales a lui appare l’ombra di Omero che lo investe del ruolo di poeta epico romano. C’è poi anche nell’Alexander una scena impressionante in cui Cassandra vede profeticamente l’immagine deturpata di Ettore. Sono tante le suggestioni pur avendo delle fonti frammentarie. Dentro all’Eneide i sogni hanno una loro funzione nella strategia compositiva del poema, consentono i passaggi tra presente, futuro e passato, sono utili e necessari per un poema che ha un impianto complesso e denso come il poema virgiliano. Questo sogno insieme a quello di Didone nel IV libro è un piccolo capolavoro virgiliano che dimostra la grande capacità di Virgilio di fare proprie e di approfondire anche suggestioni che riceve dalla letteratura precedente, rivitalizzando in maniera espressiva alcune tecniche dell’epica che aveva già delle sue regole. Il sogno virgiliano diventa qualcosa di più di un mezzo per inserire qualcosa che non si poteva razionalmente raccontare. Virgilio si mostra interessato all’approfondimento psicologico grazie a questo e ad altri sogni. Abbiamo un’apparizione che fa scattare avanti l’azione, che spinge quella che deve essere l’azione di Enea da quel momento in poi. Dopo aver visto salire il cavallo fin dentro le mura, Enea come gli altri Troiani si è abbandonato al sonno e assiste poi all’apparizione di Ettore. È un mezzo per coinvolgere Enea di quello che sta succedendo e lo invita a scappare portando con i sé i penati. Del sogno come strumento del poeta epico già prima di Viriglio, soprattutto Omero, ci sono testimonianze. In sogno a Enea compare l’ombra di Ettore che lo avverte del pericolo, è un mezzo per coinvolgere Enea in quello che sta succedendo e Ettore lo invita a fuggire portando con sé i penati. Questi sono divinità importanti, che hanno un aspetto famigliare, sono divinità romane che vengono proiettate a Troia e questo vuol dire che Virgilio vuole rafforzare il legame tra Troia e Roma. Sono divinità con un aspetto famigliare, vengono confuse con i lari, sono affiancati da vesta e hanno anche un aspetto pubblico nel caso dei penati della città. C’è un contrasto tra il sonno di Enea che si è lasciato andare alla rilassatezza di cui si trova libero dal pericolo e il quadro disperato che Ettore gli presenta di una città abbandonata all’incendio, alla distruzione. È importante che sia Ettore, non è scelto a caso, è il difensore di Troia, il guerriero più forte. Ettore ha la funzione di autorizzare quella che era qualcosa che non doveva apparire come una fuga vigliacca di Enea, ma era un evento che andava motivato e ricondotto al ruolo che Enea ha nei confronti della sua città e dei suoi concittadini e il suo ruolo nella futura storia di Troia con quella che poi sarà la fondazione di Roma. La presenza e l’esortazione di Ettore è un qualcosa che riscatta l’allontanamento di Enea da sospetto di viltà e lo configura come la realizzazione di una missione voluta dal Fato, qualcosa di superiore e un sacro dovere. Enea si racconta, tuttavia, attratto dalla pulchra mors, dal desiderio di combattere, ma si scolla da questo modello di eroe omerico per assumere il ruolo di uomo del destino, di pater Aeneas. La consapevolezza di 37 Già Omero aveva detto che la testa di Ettore era tanto bella prima, i suoi capelli erano stati celebrati e la sua chioma era stata sempre oggetti di artisti. Ultro spontaneamnete, senza essere sollecitato. Enea prende l’iniziativa di parlare, non è Ettore che parla per prima. È una scena in cui si rintracciano molti elementi di Ennio. ‘’videor’’ è un verbo che si trova spesso in Enni e in particolare negli Annales proprio nell’ambito di un sogno. Il verbo ‘’videor’’ dà l’idea di una visione onirica ed entra nel formulario della dizione virgiliana visto che viene usato più volte. Virgilio lo usa nel 3 e 8 libro. Virum dà forza alla figura di Ettore, sembra che si rivolga all’eroe. Enea gli rivolge delle domande e lo apostrofa come ‘’lux Dardaniae’’ che predispone l’esempio dell’Alexander di Ennio in cui Cassandra che vede e prevede il destino di Ettore lo invoca come ‘’lux Troiae’’. Abbiamo una serie di interrogative ed una esclamativa articolata su 4 membri: v 281 abbiamo il saluto suddiviso in due cola introdotti da ‘’o’’ anche se viene rinviato dopo ‘’spes’’ v 282 abbiamo 2 domande v 283-285 abbiamo un’esclamazione articolata su due elementi introdotti da ‘’post’’ v 285-286 abbiamo due brevi interrogative introdotte da ‘’qaue’’ e da ‘’aut’’ Le domande che rivolge Enea sembrano arrivare da un mondo remoto, Enea sembra nona vere nessuna consapevolezza del destino di Ettore, non essere informato della sua morte e lo descrive con immagini fortemente legate al supplizio che il suo corpo aveva subito. È la logica del sogno, governata dal sogna che solo parzialmente riproduce e tiene conto della realtà, seleziona solo alcuni elementi e ne dimentica altri. La tradizione letteraria antica contiene apparizioni di defunti che con il loro aspetto di defunto comunicano la morte a qualcuno che non ne era al corrente come nel caso di Protelisao o di Polidoro con la madre Ecuba. Quello che sembra presente ad enea è il senso di una prolungata assenza. Si insiste molto sul contrasto tra prima e dopo ed era già molto presente in Omero. Ettore sembra essere stata lontano per molto tempo quando c’era bisogno di lui, sembra ritornare ora che la guerra è finita e di sono stati molti morti che Ettore avrebbe potuto evitare. È come se Enea avesse censurato la morte di Ettore, che incarna la città di Troia. O lux – spes o chiasmo di effetto patetico realizzato con l’anastrofe della o Expectate ci sono casi sparsi in tutta l’Eneide C’è la gioia di rivedere Ettore e anche il ricordo della sua mancanza che ha afflitto Enea e i Troia, il rimpianto per la sua assenza che sembra ancora inspiegabile nel sogno. Cerno verba videnti, usato molto da Lucrezio per indicare un vedere, guardare con attenzione, nel dettaglio Que valore deittico per indicare qualcosa che sta sotto gli occhi ‘’ille nihil’’ si sottointende uno dei verba dicendi, uno dei verbi del dire. Ettore è nulla e non indugia. Enea presenta a Didone come vane le sue domande poste durante al sogno perché è consapevole del fatto che il destino di Ettore gli era noto ed era noto anche a Didone Ettore porta visibili i segni del trattamento che gli era stato riservato da Achille e Viriglio ampliando una suggestione omerica sottolinea la differenza tra l’aspetto precedente dell’eroe vigoroso e il cadavere che porta i segni deturpanti. Enea si rivolge a Ettore con accenti che richiamano il discorso di Cassandra nell’Alexander di Ennio, che fu autore di epica con gli Annales e di tragedie. Questo frammento di Ennio, 40 accostabile a Virgilio, ci è tramandato da Macrobio che immaginerà per i Saturnali una riunione in cui la poesia virgiliana ha largo spazio. C’è una sezione che riguarda i rapporti tra Virgilio e i suoi modelli, i testi che qualcuno immaginava che fossero stati copiati da Virgilio. Tra i tanti testi che ci conserva c’è proprio questo frammento dell’Alexander in cui Cassandra si rivolge a Ettore apostrofandolo con ‘’Lux Troaie’’. Virgilio si avvicina molto ai versi enniani e articola una serie di interrogative e esclamativa su 4 membri. Sono parole governate dalla logica del sonno, da una certa inconsapevolezza come se Enea non fosse a conoscenza della tragica morte di Ettore. Lui stesso al v 287 definisce questi suoi interrogativi, parlando a Didone, come ‘’vani’’. Ettore parla a fatica, trae a fatica dal profondo del petto delle parole lamentose. Non indugia sulle vane domande che Enea gli pone, ma con un gemito inizia a parlare. ‘’nate dea’’ natus equivale a ‘’filius’’, è una parola poetica. ‘’dea’’ ablativo di origine. È un appellativo che ricorre altre volte, è formulare nell’Eneide in contesti solenni e qui è motivato dal contesto perché contiene una delle ragioni per cui Enea è stato scelto per continuare la stirpe e ricostruire Troia, proprio perché di origine divina o semidivina. È stato ritenuto più degno di svolgere questo compito in quanto di origine divina. Fuge-eripe due imperativi, a inizio e fine verso Enea è all’oscuro di quanto sta succedendo. Ettore, dopo l’indicazione perentoria di fuggire e di allontanarsi dall’incendio. Enea lascia Troia in fiamme da solo secondo la tradizione, Virgilio forse seguendo una tradizione ellenistica innova. La presenza di ‘’his’’ che è un deittico ci fa pensare che in qualche modo enea possa guidato da Ettore scorgere l’incendio, che non sospettava fino alle parole di Ettore. Per prima cosa senza indugiare sulle vane domande, Ettore dà queste indicazioni perentorie di lasciare la città, di lasciarla in preda alle fiamme e poi contemporaneamente informa enea dell’incendio e implicitamente anche della presenza dei nemici, che hanno occupato Troia. Il nemico occupa le mura. Ruit verbo che verrò di nuovo riferito a Troia, che precipita dall’alto della rocca. Riprende Omero che nel 13° libro dell’Iliade diceva ‘’l’alta Ilio tutta rovinò dalle cime’’. Leopardi si occupò anche di tradurre l’Eneide nel ‘’Bruto minore’’ dice ‘’dalle somme vette Roma antica ruina’’, quindi sembra influenzato dall’emistichio virgiliano. ‘’sat datum’’ espressione prosastica, sembra risentire del linguaggio commerciale. Ettore con queste parole vuole dire che Enea ha fatto tutto quello che poteva, ha estinto tutti i suoi doveri nei confronti di Priamo e della città e il suo dovere adesso era quello di fuggire. Pergamo rocca di Troia, ma è usata spesso per indicare tutta la città. Ha un forte valore simbolico. È il allitterazione con ‘’patrie’’ e a ‘’Priamoque’’ ‘’etiam’’ si può intendere in due modi: ‘’anche’’ o ‘’finora’’ come ‘’ad huc’’. Fuissent rafforzamento rispetto a ‘’possent’’ Ettore parla in sogno, parla come se fosse ancora in vita e si riferisce al periodo della sua assenza, che corrisponde alla sua morte. Se non ha combattuto fino ad ora, vuol dire che Troia non poteva essere difesa. Sono parole quelle di Ettore che esortano Enea alla fuga, informano sulla situazione, sull’invasione e sull’incendio e garantiscono che non c’è altro da fare per la città. C’è un legame sottolineato dall’allitterazione tra patria e Priamo, è un elemento molto sentito e con la morte di Priamo Troia sarà finita. I penati viaggiano con Enea, Anchise e Iulo e appaiono anche in sogno ad Enea. sono divinità fortemente legate alla città di Roma, rappresentative di Roma e anche collegate da Virgilio alla grandezza. Quando si 41 parla dei penati si parla quasi sempre della grandezza di Roma. Sono collegati ai grandi dei, che però non si sa con precisione quali fossero. I penati sono divinità romane proiettate nel mondo troiano (fatto anacronistico). ‘’sacra’’ immagini sacre, oggetti di culto ‘’tibi’’ è una di quelle parole che aveva una scansione giambica breve-lunga e hanno subito in epoca antica la correptio giambica trasformandosi in una sequenza di due brevi. In questo caso riprende la scansione giambica, ma in altri casi di Virgilio corrisponde a una sequenza di due brevi Comendat verbo che indica un impegno solenne e ha un uso abbastanza presente nei testi ufficiali, legali, nei testamenti. Cape imperativo, invito molto sentito ‘’magna mura’’ penati associati alla grandezza ‘’his’’ e ‘’hos’’ anafora poliptotica (stessa parola in due casi). ‘’his’’ ha valore deittico (come in ‘’his flammis’’) e può essere inteso come un ablativo comitativo o come un ablativo di vantaggio (preferibile). Pererrato attraversare in lungo e in largo, in un grande spazio. Verbo con in sé l’idea di spostarsi in lungo e in largo Comites predicativo, ‘’come compagni’’ Enea non si deve solo limitare ad assicurare la continuità di Troia tramite i penati, con la continuità religiosa, ma dovrà ottenere una nuova Troia grande. Non deve accontentarsi di una replica in miniatura della città di Troia. Non deve essere il suo destino di sopravvissuto che vive di ricordi, ma deve pensare in grande e deve muoversi verso un destino di grandezza. I versi di Ettore riprendono quello che era il proemio dell’Eneide, si fa riferimento alle peregrinazioni per mare e alla fuga voluta dal fato. Le peregrinazioni di Enea, come a quelle di Ulisse, non saranno brevi. Ettore chiude le sue parole con uno sguardo sul futuro, con una vera e propria profezia. A questo punto gli affida anche le bende che fanno parte dei paramenti sacerdotali e di cui è dotata anche la vittima del sacrificio. ‘’Vesta’’ è una divinità romana che viene anticipata nel passato e attribuita a Troia. V 297 verso con struttura chiastica con il verbo al centro, la cornice esterna data dall’aggettivo ‘’aeternumque’’ e dal sostantivo ‘’ignem’’ e la cornice interna è data da ‘’adytis penetralibus’’. Per ‘’adyta’’ si intende la parte interna del tempio, la parte più nascosta e che non è accessibile ai profani, ma solo ai ministri del culto, ai sacerdoti. È il luogo da cui i sacerdoti danno i responsi degli dei e deriva dal greco ‘’adyton’’. ‘’penetralibus’’ ha valore di aggettivo, ma può essere usato come sostantivo con lo stesso valore di ‘’adytis’’ rafforzamento del concetto Ettore gli affida gli oggetti sacri affinché vengano trasportati là dove Enea andrà e affinché restino come testimonianza di Troia, che sarà ricostruita altrove. Si chiude l’apparizione del fantasma sanguinante di Ettore e questa visione spinge avanti l’ingranaggio del racconto in senso drammatico. Il sogno epico, il topos epico del sogno, che risale fino ad Omero, acquista un valore drammatico e serve a determinare gli avvenimenti futuri, le azioni dei personaggi. Per enea le parole di Ettore sono una vera e propria investitura, da questo momento con la consapevolezza che Troia è perduta e tutto è stato fatto a Enea è affidato il compito di salvare il futuro di Troia, il nome della città, la gente. Ettore passa il testimone ad Enea che diventa il nuovo campione della resistenza troiana, che viene 42 perché il pastore di Omero era un pastore abbastanza casuale, che per caso sentiva il rumore e assisteva a questi fenomeni. Nell’Eneide non è un pastore lontano e casuale, non è un dettaglio accessorio all’interno della scena, ma è colui che resta colpito da quello che succede, che è coinvolto dalla descrizione e ne soffre. ‘’veluti cum’’ è ciò che collega alla narrazione la similitudine e vuol dire ‘’come quando’’. Flamma è forse una scintilla portata dal vento (sineddoche, posso tradurre sia ‘’fiamma’’ che ‘’fuoco’’) Incido composti di ‘’cado’’ apofonizzano, cambiano la ‘’a’’ breve in ‘’i’’ breve. V 305 immagine lucreziana, anche dal punto di vista della costruzione, dell’aggettivazione (rapidus aggettivo molto usato da Lucrezio ed è collegato al verbo rapere, quindi trascinare via). V 306 anafora di ‘’sternit’’ con valore patetico, vuole sottolineare l’azione di devastazione. Nulla sembra poter fermare la devastazione. Si insiste molto sulla sibilante. Laetus aggettivo del nucleo antico della lingua legato all’agricoltura, al mondo dei campi e come ‘’felix’’ ha il suo senso iniziale proprio in questo ambito, vuol dire ‘’fecondo, fertile’’. Poi aggiunge e specializza il significato psicologico relativo alla felicità. La prima metà del verso 306 era già nella Georgiche. Spesso Virgilio attinge al mondo naturale per le sue similitudini e riprende immagini già usate nel suo poema dedicato alla natura, all’agricoltura, che è un poema molto legato al modello lucreziano. Spesso finisce per usare un lessico e delle immagini che risalgono a Lucrezio, che è uno dei suoi modelli. Nel primo libro delle Georgiche troviamo un temporale che si abbatte sul raccolto ormai maturo e Virgilio usa un’espressione che poi ritroviamo nel secondo emistichio del v 306. Viene dalle Georgiche la sensibilità per la natura, ma anche per la distruzione portata da agenti natura, per una natura che distrugge oltre che creare ed è un concetto già presente in Lucrezio. Nel primo delle Georgiche Virgilio sottolinea molto l’ostilità della natura che si rivolta contro l’uomo, contro il suo lavoro e vanifica la fatica dell’uomo. Le immagini sono tutte molto forte ed ampliate tramite l’uso dei suoni. I verbi indicano tutti devastazioni (incidit, sternit, trahit, torrens). ‘’stupet’’ verbo statico, contrasta con i verbi precedenti di movimenti. È come ‘’adsto’’ di Enea dopo essere salito in cima al tetto. Il pastore resta stupefatto, perplesso, sconcertato. Enea come il pastore non riesce a rendersi ben conto della situazione ancora. V 308 la disposizione della parole è sempre attenta e ricercata. Abbiamo prima l’aggettivo rispetto al sostantivo a cui si riferisce e che si trova alla fine del verso successivo (inscius-pastor e alto-vertice). Tum vero usato frequentemente nei passaggi, indica un progresso, uno scarto deciso dell’azione Fides indica la verità dei fatti. La si può intendere anche come ‘‘affidabilità’’ e allora ci dovrebbe essere anche un senso ironico, che però non è possibile. Insidiae ritorna questa parola e viene posta in evidenza a inizio verso e poi seguita da una pausa forte Volcano superante espressione in cui il nome del Dio che protegge il fuoco è usato per indicare il fuoco, l’incendio Iam ripetuto in modo calzante Ucalegonte un nobile troiano metonimia l’oggetto viene indicato con il nome di chi lo possiede Freta altro modo per indicare il mare Lata se viene inteso come predicativo può essere assimilato a un avverbio 45 Si passa dal rumore a ciò che Enea vede. Enea ha ricevuto da Ettore l’invito pressante a fuggire, ad allontanarsi dalla città e a sottrarsi all’incendio. Dopo aver avuto l’incontro con Ettore in sogno, incontra il sacerdote Panto, che sottolinea ancora una volta come non ci sia più niente da fare, Troia non si può più salvare, ma Enea è ancora legato alla volontà di combattere. V 314 ricco di r, di omoteleuti (parole che finiscono nello stesso modo), di parallelismi. Clamor e clangor hanno lo stesso numero di sillabe (isosillabiche), finiscono nello stesso modo, iniziano allo stesso modo (omeoarto). Sono due parole che si richiamano fortemente. Enea è un eroe, un guerriero e con il ritorno alla veglia sembra aver dimenticato il sogno in cui Ettore gli diceva di fuggire. In questi versi non c’è più traccia della parole di Ettore. Arma amens allitterazione di ‘’a’’. Espressione che torna più volte nell’Eneide. Con ‘’amens’’ si rende il furor di Enea, che lo spinge a prendere le armi e a fare ciò che Ettore gli aveva detto di non fare. Arma – armis poliptoto Bello dativo di fine Nelle armi non c’è abbastanza ratio, ma è l’animo che prova il desidero ardente di raccogliere un gruppo per combattere la guerra e correre insieme con i compagni verso la rocca. Furor e ira sono senz’altro dominanti. Affiora in questo momento la pulchra mors. Questo concetto che morire in battaglia è bello è ribadito più volte nella letteratura antica (Orazio). È un’idea martellante nell’animo di Enea e questo è reso dalla ripetizione del termine ‘’arma’’. Arriva anche a sostituire le parole di Ettore. ‘’in armis’’ al v 317 si prende in clausola ‘’in armis’’ al v 314. Enea si trova davanti il sacerdote Panto, quindi una figura legata alla religione, al sacro. Il patronimico con cui viene indicato il sacerdote è un modo per dare solennità al verso e rilievo. Dice anche che è sacerdote del santuario di Apollo che si trova sull’acropoli. Ecce autem si trova anche a v 203 per indicare l’arrivo improvviso dei serpenti da Tenedo. v 320 potrebbero essere i penati a cui faceva riferimento Ettore e che compiono molte volte nell’Eneide. Panto porta con sé i sacra, gli oggetti di culto, gli dei vinti, i penati e il nipote che è una figura che accresce molto la pateticità della scena. In qualche modo colpisce anche perché anticipa la figura stessa di Enea che lascia Troia con il figlio Iulo per mano. Amens presenta anche nei versi precedenti anche lui in preda al furor Panto si muove verso la porta e va verso Enea Panthu vocativo senza -s formato per analogia con il vocativo greco Res Servio la intende in senso politico come ‘’repubblica’’ Enea sembra chiedere notizia sullo stato attuale del combattimento. Enea si rivolge a Panto, pateticamente chiamato con il vocativo al centro del verso, con delle domande abbastanza incalzanti, vuole essere aggiornato rapidamente della situazione e viene espressa tutta l’ansia che Enea ha di sapere. vv 323-324 parole con cui Panto esprime la propria consapevolezza della fine completa di Troia ‘’victos deos’’ penati Ettore ne aveva già parlato ‘’amens’’ come si era autodefinito Enea al v 314 46 Prendimus sia presente che perfetto variazione della prima interrogativa se si intende ‘’res summa’’ in senso militare, anche se secondo Servio sarebbe da intendere in senso politico come ‘’repubblica’’. Sarebbe più da intendere come espressione del linguaggio militare, a indicare in che punto il combattimento è più accesso. In questo caso ‘’quo loco’’ va inteso come ‘’in quale punto’’. Panto risponde con un lamento, con difficoltà. La risposta entra subito in medias res, è un discorso che conferma con la consapevolezza della veglia, della realtà quello che si è già sentito nel discorso di Ettore nel sogno. Sono parole tristemente solenni. Nel mondo onirico Enea si era trovato di fonte il più forte degli eroi troiani defunto, che gli parlava dal regno dei morti, mentre nelle veglia gli parla un rappresentante del culto. Panto si esprime in maniera tristemente solenne e risente molto dei lamenti della tragedia sulla fine di Troia. Si apre il discorso di Panto con questa affermazione lapidaria, che risente dei lamenti già presenti nelle Troiane di Euripide nelle parole di Ecuba. Si esprime il sacerdote Panto con la gravitas lapidaria della tradizione romana, dei generi alti della tradizione romana. Summa dies ultimo giorno, il giorno supremo. Virgilio quando gli è metricamente conveniente usa il femminile per il nominativo. Nei casi obliqui più frequentemente invece troviamo il maschile. Le parole di Panto si collegano a Ettore non solo perché trasportano nella realtà e nella veglia lo stesso contenuto, ma anche perché realizzano a distanza la profezia di Ettore del 6° dell’Iliade. Ineluctabile aggettivo corposo che occupa gran parte della seconda parte dell’esametro, mentre la prima parte è occupata da parole brevi. Dardanie dativo di svantaggio seguita da pausa forte data dal punto che isola anche questo sostantivo Fuimus – fuit verbo al perfetto ripetuto, aspetto del perfetto è evidente visto che indica qualcosa di avvenuto, di compiuto. Sottolinea l’idea di un passato che è ormai inesorabilmente concluso. È un poliptoto Ingens – gloria aggettivo e sostantivi separati da enjambement Il nome di Giove, il padre degli dei, è associato all’aggettivo ‘’ferus’’ che sembra quasi una bestemmia ed è notevole perché è pronunciata da un sacerdote. Argos moto a luogo, sineddoche per indicare la Grecia in generale si interpreta questo luogo con il senso del trasferimento del potere da un luogo all’altro. Forse Virgilio pensava a Sofocle, ai portatori di immagini sacre. Sofocle rappresenta gli dei che tutti insieme abbandonano Troia nella notte della sua caduta. Non abbiamo i portatori di immagini sacre e sappiamo poche notizie da Eschilo. Può darsi che Virgilio voglia evocare un’immagine di questo tipo. Gli dei abbandonano Troia determinandone la fine. Danai - dominantur soggetto e verbo collegati dall’allitterazione della d Arduus - armatos allitterazione di a Il cavallo viene finalmente indicato come ‘‘equus’’. Troviamo affetti di suono che mettono i versi in rilievo con l’allitterazione della ‘’a’’ e della ‘’m’’. ‘’arduus’’ e ‘’armatos’’ ricordano l’Alexander di Ennio dove si trova la stessa immagine. Fundit verbo frequentemente usato da Virgilio, anche nelle Georgiche. È un verbo che rende bene la spontaneità veloce, la rapidità dell’azione e la moltitudine di soldati riversati dal cavallo. Insultans enjambement messo in evidenza dalla posizione e dalla pausa sintattica successiva Alii in correlazione con ‘alii’’ del v 332 Bipatentibus –> dativo retto da adsunt 47 l’ampliamento pessimistico del principio ideologico della bella morte in battaglia. È una formulazione molto lapidaria, incisa nella pietra e tutto ciò si ottiene grazie alla ripetizione poliptotica della parola ‘’salus’’ e poi anche con l’opposizione morto forte tra gli aggettivi ‘’una’’ e ‘’nullam’’. Moriamur – ruamus 2 congiuntivi esortativi legati da un notevole effetto di assonanza con il gioco tra ‘’r’’ e ‘’m’’. Non è un vero e proprio caso di prepostero in cui si invertono i termini logici e cronologici. Enea scende dal suo punto in cima al tetto, incontro Panto e a lui si sono uniti altri guerrieri dopo che Panto lo ha informato di quello che sta succedendo e ha ribadito quello che Ettore gli aveva descritto esortandolo odop a lasicare la città. Panto si esprime in modo molto drammatico, non lascia dubbi sul destino di Troia. Ingens aggettivo che indica una gloria smisurata, che non ha confini. Panto si sembra collocare in dialogo con quello che Ettore aveva detto nell’Iliade sulla fine di Troia e dei Troiani. Panto descrive poi quanto è successo, ha raccontato del cavallo dal quale sono usciti i soldati. Sinone viene definito ‘’insultans’’ e questo indica l’atteggiamento tracotante visto che è riuscito ad ingannare i Troiani. Ad Enea si uniscono altri eroi, di alcuni non viene detto nulla e di altri sappiamo poco. Quello di cui Enea parla di più è Corebo di cui si riporta il patronimico e perché si trovava a Troia. Cassandrae genitivo oggettivo in dipendenza da ‘’amore’’ Gener predicativo del soggetto Corebo aspirava a diventare genere e quindi porta aiuto a Priamo e ai Frigi Ubi avverbio di tempo Confertos per la prima volta in un testo poetico Quos nesso relativo, si riferisce ai compagni che seguono Enea Enea si rende conto di quanti lo stanno seguendo. Super avverbio, equivale a ‘’insuper’’ Fortissima - frusta nesso allitterante con aggettivo al grado superlativo in tensione con il sostantivo Affiora l’amarezza di Enea per l’inutilità del valore dei suoni che si sono uniti a lui. Sequi me infinito al posto del gerundio, è una costruzione molto comune in poesia e in Virgilio che alleggerisce la sintassi. Usa spesso l’infinito al posto di altre forme, evita vari ut con il congiuntivo. Il testo più soddisfacente è quello con ‘’audentem’’, non quello con ‘’audiendi’’. È un testo che si distacca dalla tradizione manoscritta con ‘’audiendi’’. Il testo più accettabile si trova tramite le testimonianze indirette e in particolare con il commento di Servio. Gli dei se ne vanno dalla città lasciando Troia sguarnita e dopo li si vede combattere contro la città. La presenza degli dei era già un modulo della preghiera arcaica. I lirici greci invocano le divinità perché siano presenti. La presenza del dio è garanzia dell’aiuto, favorisce l’aiuto. Gli dei nella città era sentito presenti e l’abbandono della città era qualcosa di gravissimo. Gli dei che hanno lasciato tutto. Grazie alla protezione dei quali ha garantito il dominio di Troia. Excessere ex + cedo 50 V 354 unica salvezza per i vinti è non sperare in nessuna salvezza. È una vera e propria sententia che verrà riecheggiata da Lucano. È costruito con il poliptoto di ‘’salus’’, l’opposizione una – nullam. Il primo emistichio ha prole brevi e martellanti. Prevalgono le sibilanti. Abbiamo poi una similitudine. Spesso le similitudini di Virgilio hanno elementi della natura come in questo caso gli animali. Furor parola che compare spesso. Concetto sfaccettato: può essere il coraggio, il furor guerriero, pio c’è il furor amoroso, dell’invasamento (Cassandra). È uno stato che sfugge alla razionalità. Enea si esprime proprio come il comandante esortava alla battaglia i suoi e lo sappiamo confrontando con altri discorsi proposti dagli storici. Enea sottolinea come le sue parole abbiano aggiunto il furor combattivo agli animi coraggiosi dei giovani. Ceu monosillabo alla fine del verso, abbastanza notevole perché è una parola strettamente poetica ed è parola enniana. Compare solo più tardi nella prosa a partire da Seneca. Questa similitudine deve qualcosa ad Omero, in cui diverse volte gli uomini sono assimilati e confrontati con i lupi. Anche dal punto do vista della forza dell’espressione qui Omero è presente. Il monosillabo alla fine del verso attira sempre l’attenzione. Deve ad Omero anche l’espressione ‘’lupi ceu’’ che è influenzata da due similitudini omeriche che assimilano uomini e lupi in cui alla fine si trova sempre ‘’come lupi’’ in greco. Virgilio sembra aver voluto fotograficamente riportare la lezione di Omero. Viriglio vuole esibire il proprio legame con i propri predecessori del genere epico. Nel 10° libro dell’Iliade Ulisse e Diomede sono paragonati a leoni. Raptores la radice è la stessa di ‘’rapio’’ che vuol dire ‘’trascinare via, portare via’’ Il suffisso -or è presente nei termini che indicano l’occupazione principale, abituale. Ater uno degli aggettivi che indicano il colore nero, ma è un aggettivo fortemente connotato in senso negativo, non è puramente denotativo, non descrive sol oil colore come ‘’niger’’, ma indica l’oscurità, qualcosa di pauroso, a volte legato al lutto. Rabies ventris perifrasi per indicare la fame Improba aggettivo che indica qualcosa che va al di là della regola, della norma e anche del giusto. Aggettivo che denota la mancanza di misura e qualifica un comportamento, una passione, un impulso esagerato. Caecos predicati dell’oggetto si muovono nell’oscurità e perché sono resi ciechi dalla fame. Questo aggettivo può valere un valore attivo o passivo o causativo. Catuli piccoli di qualsiasi specie animale La fame dei lupi è scatenata dalla necessità di provvedere ai cuccioli affamati. furor dei guerrieri di proteggere i cittadini inermi? Per anafora per asindeto (no congiunzione), si ritrova più avanti per la morte del figlio di Priamo per mano del figlio di Achille suggerisce la velocità, la rapidità frettolosa di Enea e dei compagni Hostis invece che hostes Prima si parla della nebbia oscura poi si incontra ‘’nox atra’’. Prima invece si parla della luna e della sua luce. Insistenza sulla notte oscura, mentre prima c’era la luce della luna. Ater insistenza sull’oscurità 51 vv 361-362 interrogativa espressa su due esametri completi. Domande patetica, Enea impone un pausa al racconto dei fatti. È una pausa pensosa e dolorosa. Funera – fando allitterazione Explicet – possit congiuntivi potenziali Lacrimis – labores allitterazione Deorum genitivo in -orum invece che in -um Urbs antiqua Troia v 363 verso molto semplice, costruito con elementi semplici e anche la sintassi è ordinata. Molto evocativo, intenso, pieno di orgoglio. Antiquus aggettivo che dal punto di vista denotativo è ‘’ciò che è stato prima’’, ma è spesso connotato emotivamente, è spesso malinconico in Virgilio Servio Danielino dice che questo verso (363) non è narrativo, non è di qualcuno che narra, ma di qualcuno che soffre. È un verso doloroso che non aggiunge notizie di fatti o azioni o avvenimenti. Non appartiene alla narrazione quanto alla sofferenza. C’è sempre il contrasto tra il passato di una città che per molti anni ha dominato e la sua fine. Perque ripetuto due volte e collegati dal ‘’que’’ enclitico. Danno l’idea della ripetizione Passim avverbio Limina soglie, a volte usato anche come sineddoche per indicare tutta la casa. Visto che è collegata a ‘’religiosa’’ può indicare i templi per sineddoche Inertia anticipazione della morte o può avere il valore generico di ‘’inerti’’, che non combattono, non hanno la forza e il desiderio di combattere. Poenas dant espresso in poesia, vuol dire pagare il prezzo del riscatto. Sanguine ablativo strumentale Ci sono tentativi di opporsi agli invasori, che però non vanno a buon fine. I Troiani sono vinti. Teucri- victis / victores – Danai chiasmo? Plurima mortis imago saraà imitata da Tacito, da Petronio e da autori cristiani. Legata dal suono ‘’m’’. Pavor paura che paralizzata Con v 369 si chiude la visione dello spettacolo di morte che si presenta ed Enea comincia a raccontare quello che succede mentre si muove con i compagni e comincia ad incontrare i Greci. Enea e i suoi compagni si imbattono in una schiera di Greci guidati da Androgeo, che non li riconosce e li scambia per Greci appena arrivati dalle navi e li rimprovera per la loro lentezza. Androgeos si trova nella stessa sede metrica di Laocoonte Virgilio spesso utilizza in maniera quasi paraformulari certe espressioni in certe sedi metriche Inscius ignaro, non sa Sera – segnities espressione ridonante, indugia sull’idea della lentezza, della pigrizia Celsis aggettivo esornativo spesso usato con navi 52 Torna l’inutilità di combattere Troia è invasa e incendiata dai Grecia. La reggia di Priamo è il cuore della città e qui si verifica la morte di Priamo da parte del figlio di Achille vicino all’ara di Zeus. Viene descritta la porta attraverso la quale Andromaca accompagnava il figlio Astianatte dai nonni, Priamo ed Ecuba. Enea si trova di nuovo davanti a una salita. Telorum interea cessat genus (v 468) verso incompiuto forse libro II più ricco di versi incompiuti Praecipiti prae + caput Achaica castra trovato quando i cittadini escono rendendosi conto che il nemico si è ritirato e si muovono liberalmente dove prima c’erano gli accampamenti dei Troiani. È una brutta espressione perché si ripete la sillaba ‘’ca’’. Labantis labantes Labantis iuncturas nesso interrotto da fine di verso Late avverbio forse già presente nella stessa sede metrica Danaum genitivo plurale in -um e non in -orum vv 464-465 abbondano le sibilanti e la r (canina littera) v 469 scena in cui vediamo un nuovo personaggio con una tecnica drammatica che deve molto al teatro e che Virgilio ha già usato. Il nome si trova in fondo al verso: Pirro. Tutto il verso, tranne l’ultima parola, è dedicato alla collocazione, al luogo in cui Pirro si trova Exsultat dopo enjambement, a inizio del verso e poi seguito da una pausa breve data dalla virgola. Parola messa in forte rilievo dato dalla posizione. Il verbo indica un movimento possente e baldanzoso, descrive sia il movimento che lo stato d’animo. Ricorda la presentazione di Turno nell’11° libro (vv 486 e seguenti). Esametro con molti spondei esametro lento Esametro con molti dattili esametro veloce L’attacco della nuova scena è sottolineato dalla descrizione del luogo. Primo valore predicativo Ci viene data la collocazione del personaggio che ci viene presentato in un vortice di luminosità (splende perché ricoperto di metallo). L’attacco della scena è segnato dall’indicazione del luogo teatro dell’azione ed è un verso riconducibile alla tecnica ‘’tema e variazione’’, tecnica con cui Virgilio costruisce dei versi costituiti da 2 membri dove il secondo riprende e specifica il primo. Il vestibolo era il corridoio coperto davanti alla porta di casa Primoque – Pyrrhus allitterazione v 470 Telis et luce coruscus aena endiadi che è un modo per esprimere un concetto con due termini. ‘’aena’’ è semanticamente molto teso. L’innovazione si ottiene con mezzi semplici in Virgilio. c’è un collegamento inedito di materiali verbali semplici, comuni. Omero diceva ‘’lampo bronzeo degli elmi scintillanti’’, la presentazione del guerriero come un lampo di luce risale già ad Omero, che fa sempre riferimento al bronzo, al metallo di cui è vestito il guerriero. 55 Ci viene presentato attraverso la similitudine di un serpente che si alza verso il sole. La similitudine si trova introdotta da ‘’qualis’’. Viene accostata l’immagine del guerriero baldanzoso sulla soglia della reggia a quella di un serpente pasciuto di erbe velenose (Georgiche, scienza ellenistica, naturalismo). Virgilio riprende immagini e versi che aveva già usato e che appartenevano alle Georgiche, quindi alla descrizione della natura. È uno dei tanti casi in cui le immagini naturalistiche del poema didascalico sono convertite in una similitudine nel poema epico. Il modello di partenza per la similitudine è un passo omerico in cui Ettore attende Achille per il duello finale e Achille viene presentato come un serpente pieno di furia e di veleno che attende un uomo da attaccare. C’è come riferimento anche l’esperienza ellenistica delle opere come quella di Nicandro che si era dedicato agli animali. L’elemento fondamentale della similitudine è la luce che si trova al centro del verso sia a v 470 che a v 471. L’uso di riprendere il termine cruciale è comune già dai poeti neoterici. Si parla di ‘’verba accomodata’’, parole ripetute tra comparandum e comparatum. Questo rende più icastica la similitudine, più visibile il rapporto di analogia tra i due termini di paragone. Mala gramina pastus riporta a un’idea diffusa nella sapienza popolare antica che la bestia nociva si nutrisse di cibi velenosi e attinge il suo veleno con il cibo. Omero nei versi che descrivono Achille che è assimilato al serpente riporta questa idea. Virgilio ricalca le parole omeriche e sono anche più o meno nella stesse sede metrica, nella seconda metà del verso. Pastus deponente con valore transitivo (acc), è un’innovazione che Virgilio riprende dalle Georgiche (abl) Quem relativo in acc, complemento oggetto di tegebat Bruma inverno. Parola latina che viene da ‘’breuissima’’ e poi si contrae in ‘’bruma’’, prima forse era ‘’breuissima dies’’ che indica il giorno più breve, quindi il solstizio dii inverno, e poi per metonimia diventa inverno. Il serpente è colto dopo la muta. Lubrica – terga aggettivo e sostantivo separati a inizio e fine verso Positis exuuiis ablativo assoluto con valore causale. Incornicia la parola centrale ‘’novus’’. L’immagine del serpente lucente, rinnovato, che ha mutato la pelle ed è uscito dall’oscurità della terra rispecchia, secondo gli antichi commentatori, la vicenda personale di Neottolemo/Pirro3 . Questo era rimasto chiuso nel cavallo e ora si presentava alla luce nel luogo cruciale della battaglia, cioè la reggia di Priamo. v 473 verso composto da dattili, quindi ha un ritmo veloce, dà l’idea del risvegliarsi dopo il torpore dell’inverno Iuventa parole di uso soprattutto poetico. Lo prima volta che lo vediamo usato lo troviamo in Cicerone poeta e poi da Catullo nella stessa epoca. Virgilio lo utilizza qua e altrove, in abl, dove le forme di ‘’iuventus’’ gli risultano metricamente scomodo e intrattabile necessità metrica Sublato pectore terga Viriglio riecheggia se stesso, cioè le Georgiche. Modello presente in Nicandro V 474 verso incorniciato tra aggettivo e sostantivo corrispondente che occupano l’inizio e la fine del verso. È uno schema molto frequente nell’esametro. In Virgilio abbiamo visto spesso esametri che iniziano e finiscono con due forme verbali, spesso anche dello stesso tempo e modo. In questo caso abbiamo invece aggettivo e sostantivo corrispondente ed è uno schema già utilizzato da Catullo. Inoltre non è l’unica coppia 3 ‘’Pyr’’ In greco vuol dire ‘’fuoco’’ e Viriglio lo usa forse per questo motivo al posto di Neottolemo 56 aggettivo-sostantivo usata nel verso. Il verbo invece è collocato nella prima metà del verso prima del verso ‘’sublato pectore’’. Terga plurale poetico Linguis ablativo strumentale retto dal verbo ‘’micat’’ Trisulcis riecheggia le Georgiche (3° libro). Servio cerca di spiegare dicendo che la lingua dei serpenti è biforcuta, ma il movimento è così veloce da sembrare triplice. Virgilio usa questo aggettivo (trifido) che veniva usato per il fulmine Solem ritorna l’elemento della luce Ci sono altri guerrieri insieme a Pirro ripetizione di ‘’una’’ in due versi successivi per l’enumerazione, sono correlativi e introducono membri di versi lunghezza. In questi versi si conciliano simmetria e varietà. Dopo aver presentato Pirro con la similitudine del serpente che esce alla luce, Virgilio ci dice che ci sono anche altri guerrieri: Perifante, Antomedonte e i giovani provenienti dalla Sciria. Introduce queste figure con una breve enumerazione e in maniera simmetrica e allo stesso tempo varia con la ripetizione di ‘’una’’. Primo e ultimo elemento della serie sono di diversa lunghezza: il primo è costituto da due elementi (Periphas e agitator equorum Achillis) legati da ‘’et’’ e il secondo è un solo soggetto. Il primo e l’ultimo elemento di questa serie occupano l’emistichio iniziale e l’altro l’elemento finale. L’elemento mediano ‘’equorum agitator Achillis armiger Automedon’’ è distribuito sui due versi tramite l’enjambement. Questi due versi hanno una costruzione molto ricercato e raffinata. Periphas qualificato in modo semplice da un aggettivo. Questo personaggio presentato grazie alle sue dimensioni fisiche era già in Omero che lo definiva enorme nell’Iliade. Virgilio riprende Omero con il nome proprio e l’epiteto. Automedon due apposizioni ‘’agitaror equorum Achillis’’ e ‘’armiger’’. ‘’equorum agitator‘’ è ripreso da Omero, ma Virgilio scioglie in due termini quello che era un unico aggettivo in greco, un aggettivo composto. ‘’agitator’’ è uno di quei nomina agentis, si tratta di sostantivi d’agente che hanno un finale in - tor e indicano in genere una attività consueta, professionale. Compare per la prima volta in poesia con Virgilio, come ‘’armiger’’ che è un termine poetico, uno di quei aggettivi composti il cui uso Viriglio eredita da Lucrezio e da Ennio. Scyria era Pirro che proveniva da Sciro, isola delle Cicladi dove aveva regnato il nonno Licomede Succedunt si va a indicare l’attacco, il movimento ostile. Tecto reggia Iactant frequentativo di iacio V 479 ci sono 4 spondei iniziali che riprendono quelli del verso precedente, i due versi hanno lo stesso ritmo Bipenni parola che si trova in poesia epica, è la lancia a doppio taglio Correpta composto di rapio versi lucreziani quelli che indicano il movimento Limen per metonimia indica la porta Postis invece che postes 57 Femmineus: femmineo è aggettivo di uso prevalentemente poetico. Aggettivi in –eus sono categoria ricca e molto utilizzata in poesia. Sono aggettivi modellati sul greco, hanno grande comodità metrica, consentono di farli entrare bene nell’esametro. Anche aureus ad esempio. Femmineus è termine poetico già con Cicerone. Ululant: verbo espressivo. Molto marcata è l’assonanza interna (ul, ul). È riferito alla casa: tipo di personificazione usata nello stile elevato. 88 ferita …: espressione iperbolica. Il clamore che ferisce la stelle, che sale fino al cielo. Espressione costruita secondo un modulo sintattico ritmico molto presente in Virgilio che costituisce una specie di appendice conclusiva. Una coda para formulare (forme tipiche dello stile virgiliano e modellate su Omero), chiude una sequenza di versi. È una struttura sintattico ritmica isolabile, cioè un mezzo verso che conclude la serie precedente. Sono code slegate dal resto perché non hanno un collegamento, sono legate solo paratatticamente al contesto con un cambio di soggetto costruite autonomamente. Ricorrere di nasale m (armato lignes primo …). C’è l’allitterazione in p e f -> un rincorrersi di suoni (Virgilio è attento all’aspetto fonico della sua poesia). 89 pavide è aggettivo con sostantivo matres Tectis è sostantivo con aggettivo ingentibus Le madri vengono viste timorose, smarrite Errant: indica il loro muoversi senza dover andare da qualche parte e dà l’idea dello spazio che improvvisamente appare loro enorme. Ingentibus tectis: ablativo di moto per luogo circoscritto Figere Significa conficcare bacio che vuole impadronirsi Oscula figunt: forse da oscula figit in Lucrezio dove si descrive l’innamorato chiuso fuori dalla porta. 491 vediamo Pirro scatenarsi rappresentato dall’incalzare di tricolon ascendenti. Pirro è preso dalla furia del padre Labat ariet crebo Espressione metonimica Ultimi ostacoli: trave che sbarrava la porta dall’interno e le guardie armate. 492 Dattilo. “Ariete” entra nell’esametro se si consonantizza la i e quindi si evita la successione di 4 brevi che allora non entrerebbero nell’esametro si sfrutta la possibilità della lingua latina di avere una i semiconsonante. Ariete qui non designa l’ariete come elemento bellico (sarebbe un anacronismo), indica piuttosto l’azione di sfondamento tipica dell’ariete 93 allitterazione della p con una collocazione rilevata al centro del verso del verbo procumbunt, 3 spondei pesanti. È il verso che chiude la sequenza dello sfondamento 94 la strada viene aperta con la forza -> espressioni martellanti, allitteranti, si trovano in Ennio, in Plauto. Verso scandito in un tricolon ascendente. Ritmo incalzante che contribuisce a questo inizio un po’ spezzettato. 60 Trucidant: verbo molto crudo, non si ritrova mai nell’epica successiva, indica una violenza cieca ed esasperata Late loca: arcaica Milite: singolare collettivo Spumeus: aggettivo in -eus Versi sonori con sibilanti, velari Non sic: introduce una similitudine. È un modo che innalza iperbolicamente il referente, dichiara la realtà paragonata, inadeguata. Si sta parlando di qualcosa di inarrivabile, inconfrontabile. Virgilio ha come modello una comparazione presente nel I libro di Lucrezio. Similitudine di 496, prima similitudine negativa che troviamo Non sic: modulo introduttivo che innalza iperbolicamente il termine di confronto rendendolo inarrivabile Qui Virgilio ha presente un passo lucreziano. Insistenza su sibilanti, velari. Molti suoni forti ripetuti incalzanti che descrivono bene il quadro del fiume spumeggiante che straripa. Vidi: ancora una volta il richiamo all’autopsia tipico di Enea. Anafora vidi 501: è molto insistito il richiamo all’autopsia. Echeggia un famoso cantico di una tragedia enniana “Andromaca prigioniera” (tragedia che non possediamo per intero, conservataci da Cicerone.). Il cantico in questione è “o padre, o patria, o casa di Priamo”. Anche in omero assistiamo a lamenti e descrizioni di questo tipo. Insistenza sui suoni. Ripetizione di vidi ripetizione v è un tratto enniano. In questo brano si nota anche l’ambivalenza del vidi, c’è la funzione testimoniale autoptica e quindi implicitamente autoritativa dell’autopsia, è molto forte però anche la funzione emotiva, enfatica, evocativo patetica del richiamo a quello che realmente ha visto. Priamo sarà trucidato accanto all’altare di Giove. 500 furentem: riprende un termine della comparazione, il furens di due versi prima98. Furentem qui è in un altro caso = accusativo. Nella similitudine è al nominativo. Agamennone e Menelao sono figli di Atreo Gemini è parola poetica che equivale a duo 501 cento nuore = mogli dei figli di Ecuba e Priamo. Vidi: verba videndi con participio presente: valore di proposizione completiva. Per esprimere la percezione diretta di un’azione nel corso del suo svolgimento. Il participio presente è funzionale a dare l’idea di immediatezza, di azione in fieri che viene colta e vista Foedante: corrisponde a turpari usato da Ennio Sacraverat: clausola allitterante con sanguine, rinvia esplicitamente all’azione sacrilega 61 Servio commenta che così si mostra che la religione non aveva potere di fronte all’empietà devastante di Pirro. Non ci sarà nessun rispetto né per l’anziano, né per il vecchio re imbelle. Non c’è neanche rispetto per il luogo in cui avverrà la morte. Siamo di fronte ad un rovesciamento di ogni regola umana e divina che caratterizza la fine di Troia e in cui gli altari e le cerimonie sacre si trovano quasi opposti, servono a nuocere ai loro sacerdoti, non garantiscono nessuna protezione a chi si rivolge a loro. Il motivo dell’empietà che contamina anche il mondo religioso è presente nella letteratura sulle guerre civili, es Tacito, Lucano. 503 troviamo un verso in cui è ben visibile lo scarto tra l’epica virgiliana del sentimento e l’epica omerica 505 specie di clausola autonoma finale 503 50 talami Illi: quei famosi, uso di ille che rinvia ad un dettaglio conosciuto da poeta e lettori, nel VI dell’Iliade Omero scrive che c’erano 50 camere da letto c’erano e aggiunge un dettaglio oggettivo = “di pietra levigata, pulita”. Virgilio esplicita il suo rapporto con Omero ma il verso è tutto diverso perché nella seconda parte ci dà qualcosa di profondamente emotivo, soggettivo, non un dettaglio oggettivo, ma legato al cuore degli animi in questione. Erano una tanto grande speranza di nipoti, di discendenza proiezione di Priamo ed Ecuba nel futuro. 04 i termini si succedono asindeticamente e costituiscono il soggetto della frase con questa distensione = in due esametri si crea un’attesa molto forte che viene risolta dal verbo all’inizio di 505 in enjambement Teneo, tenere: usato qui in senso assoluto = occupare Qua = per dove: moto per luogo. Per i troiani non c’è scampo perché o c’è l’incendio o il nemico. Ignis ripetuto 2 volte. Nominativo singolare, sopra all’accusativo plurale, is per es. La guerra, la morte è entrata fino al centro del reggia e lì c’è un cortile con un grande altare dove viene sgozzato Priamo da Pirro. 409 fino a 505: versi molto patetici Domanda di Didone, regina di Cartagine: c’è già nel primo libro alla fine del quale la regina rivolgeva molte domande su Priamo (si interessa della sorte del re di Troia) ed Ettore v 748. 506 forse vuoi conoscere anche il destino di Priamo? Riprende il racconto di Enea con atteggiamento più oggettivo, distaccato, veste i panni dell’araldo, del messaggero è il momento culminante della fine dei Troia. 506 vuole prevenire le domande e sembra così assorbire nel racconto epico il movimento dialogico della tragedia: battute distribuite tra i diversi personaggi. Questo rimanda anche al racconto di Odisseo alla reggia dei feaci dove veniva interrotto da domande a cui rispondeva. Qui Enea assorbe nel suo racconto le possibili domande conferisce al suo racconto un isolamento assoluto, è una specie di monologo. Captae-casum-convulsa: allitterazione c Tecta equivale alla reggia 62 Concedo è composto di cedo. Ecuba si rivolge al marito in modo affettuoso, fiduciosa nel potere della religione e degli dei Omnis = omnes 525 commento alle parole di Ecuba Sacra sese: allitterazione e assonanza in sibilante. Affettività Allitterazione l 26 ecce/ecce autem: impiegate frequentemente nei testi teatrali e comici per introdurre l’entrata in scena di un nuovo personaggio. Uno sviluppo inaspettato dell’azione. In perfetto accordo con andamento incalzante, mosso, grammatico della narrazione 26 Arriva Polites, uno degli dei di Priamo che Omero nominava nell’Iliade attribuendogli velocità nella corsa. Infatti qui irrompe sulla scena correndo sfuggito all’aggressione di Pirro (genitivo soggettivo) Allitterazione “per” che introduce per due volte un bisillabo, legati in modo asindetico = senza congiunzione, questo dà il ritmo della corsa veloce, dell’incalzare. 28 Ci sono aggettivi che accentuano il senso di angoscia e spaesamento all’interno di un luogo che a loro dovrebbe essere ben noto ma così svuotato sembra enorme. Polites è detto saucius (enjambement) = ferito. Questo aggettivo arriva con notevole ritardo (526) Lustrare: movimento dell’andare in giro. Ritardo che mette ancora più in evidenza la condizione di ferito Sono una serie di dattili che danno l’idea della corsa affannosa. 529 al centro un ritmo spondaico, più lento. Compare il nome dell’assassino. 29 30 si accumulano verbi, è un verso scandito in tre parti, si dà l’impressone che Pirro sia sul punto di colpire di nuovo Polite, minaccia di ferirlo con l’arma puntata: metonimia per arma Vulnus = ferita. Qui usato con valore metonimico Iam iamque: usato per indicare l’immediata imminenza di un’azione 530 ritmo particolare con et = monosillabo nel dattilo in V sede impedisce la consueta coincidenza di accento di parola e accento metrico Giunse, il soggetto è Polite Si sottolinea anche con l’allitterazione “oculos – ora” sui termini sinonimici = occhi e sguardo. Questo enfatizza. “Proprio davanti agli occhi dei genitori polite viene ucciso” Concidit: composto di cado Esalare la vita: indica la morte Fudit da fundo = far uscire rapidamente 33 Priamo adesso trova la forza di parlare, sebbene prigioniero nella stretta della morte Catullo nel carme 64, che fa parte dei carmina docta, fa un’ekphrasis della coperta nuziale per le nozze di Peleo e Teti e lì si vede la vicenda di Arianna abbandonata e l’arrivo di Dioniso. Abstinuti: composto di teneo. 65 Voci ireque: dat che dipendono da perderci, perfetto di parqueo. Pietas: valore caro, inviolabile, che dovrebbe regolare i rapporti tra gli uomini e la divinità, è una sorte di sacro rispetto per la divinità. Qui indica la giustizia divina calpestata da chi non rispetta i vincoli. Est cielo: se c’è nel cielo 37 persolvant e reddant: stesso tempo, stessa persona, espressioni sarcastiche di Priamo. 536 andamento spondaico che sottolinea la gravità di questa maledizione di Priamo che invoca la punizione per chi (Pirro) si macchia di certi peccati. Natus in poesia, nell’Eneide in generale, sostituisce spesso filius. Fecisti cernere: facio+infinito. Non si trova in prosa, in poesia sì perché tende ad alleggerire i nessi sintattici. Fecisti è indicativo, la prosa userebbe più volentieri il congiuntivo ma qui è forse dovuto più al tono famigliare. Cenere: Verba videndi. Molto usato anche da Lucrezio. Laetum nati: morte del figlio. Fedasti fecisti: assonanti, allitterazione in f richiamata da funere. Fedare significa sporcare in modo violento. 40 41 42 43 versi duri nei confronti di Pirro. Satum, accusativo di satus: participio perfetto di sero = seminare con ablativo di origine “quo” = dal quale. Parola elevata = figlio. In poche parole gli dice che non può essere figlio del grande eroe Achille. Pirro si dimostra così degenere che non può dire di essere figlio di Achille 41 Priamo parla di sé in 3° persona 42 ebbe riguardo, pudore ai diritti e alla fede del supplice = Priamo che gli chiede il corpo di Ettore. Rubesco indica l’arrossire Costruzione del verbo con complemento oggettivo = rara, ricercata, poetica Ectoreum: uso dell’aggettivo che sostituisce il genitivo. È frequente nella lingua poetica latina quello di fare l’aggettivo dal nome proprio e concordarlo con un nome, in questo caso il cadavere di Ettore. Redditi-remisit: incorniciano. Stesso tempo, stessa persona. 43 si insiste sula sillaba re. Allude all’episodio che racconta Omero: restituzione a Priamo del cadavere martoriato del figlio Ettore Sic fatus: forma consueta che troviamo spesso nell’Eneide Senior al comparativo Fatus sottintende est Sine ictu: che non colpisce Nequiquam 46, avverbio già trovato nel 510 e sottolineava l’inutilità della vestizione A queste parole dure Priamo fa seguire un’azione aggressiva = scaglia l’arma contro Pirro e l’arma resta appesa 66 “Imbelle” e “sine ictu”: sono quasi sinonimi 47 allitterazione r: sottolineano la sonorità cupa e sgradevole dell’azione La risposta di Pirro è molto violenta e decisa 550 “Ora muori” e lo uccide. Qui Virgilio ci descrive l’uccisione violenta di Priamo. Priamo confronta il comportamento di Pirro con quello di Achille durante l’uccisione di Ettore. Sono due comportamenti in contrasto, il primo un guerriero feroce e tracotante, il secondo un eroe. 546 la lancia è definita imbelle perché non ottiene con essa il risultato sperato. Corrispondenza con la scena penosa della vestizione del vecchio re. Si accumulano aggettivi che rinviano alla debolezza fisica, alla sforzo inutile di Priamo. Nequiquam: è una specie di ritornello, indica l’inutilità del gesto di Priamo 547 Risposta di Pirro: risponde con poche parole piene di scherno, derisione, in sarcastico contrappunto alla risposta di Priamo (soprattutto la battuta da 535). 548: a 540 Achille era chiamato per nome, ora con il patronimico usatissimo in epica da Omero in giù, dà solennità all’espressione. Qui vuole sottolineare la discendenza che Priamo sarcasticamente aveva negato e messa in discussione. Sottolinea una catena di padri e figli. 549 Neottolemo: si riferisce a se stesso con l’altro suo nome Il tono è solenne e reso tale in particolare a 549 da queste lunghe parole da cui è costituita la prima parte dell’esametro. Inoltre il nome di Pirro è collocato al centro del verso quindi sembra come se mettesse la firma, sembra un’ingiuria nei confronti del vecchio re. Nunc morer: isolato dall’inizio del verso, dalla pausa sintattica espressa con il punto. Riferimento a Mesenzi: re degli etruschi, protagonista di azioni molto violente, ha ucciso il giovane Pallante. 550 e seguenti segnano la fine, l’epilogo di questa vicenda così drammatica e sembrano ripercorrere i luoghi in cui si svolge questo terribile episodio. Si ricorda quindi la presenza degli altari. Trementem: è detto di Priamo. Ricorda il v 509 quando il re Priamo si vestiva circondando le spalle tremanti con armi che a lungo non aveva usato … Ribadisce ancora l’immagine di vecchiaia di Priamo. Natus: usato frequentemente da Virgilio nel senso di filius. 553: viene raccontato dettagliatamente Neottolemo che afferra i capelli della vittima attorcigliandoli attorno alla mano. Sono dettagli che richiamano certe atrocità raccontate dagli storici a proposito delle guerre civili. Priamo è tremante non tanto per il terrore ma per la debolezza e la vecchiaia. Laeva dexstraque sono vicine al centro del verso. Tenus: preposizione posposta al nome a cui si riferisce = fino a + ablativo. Qualche volta con il genitivo. Il gesto di Neottolemo è un gesto determinato che compie con calma feroce. 554 558 sono i versi che chiudono la narrazione della morte di Priamo. Rimandano implicitamente a 506 in cui Enea diceva “..” anticipando una possibile domanda di Didone ma in realtà riprendendo una domanda che lei gli aveva fatto precedentemente. 67 Quanta rimanda alle dimensioni notevoli, alla maestosità, alla statura. Gli dei venivano raffigurati come più alti e più grandi degli uomini Vv 591-592 ripresa omerica, è una traduzione dell’Iliade Il ‘’que’’ lega la preposizione a ‘’confessa deam’’ e ‘’et’’ collega ‘’qualis’’ e ‘’quanta’’. Nell’episodio di Elena Enea viene preso dall’impulso di ucciderla, di aggredirla e il gesto della madre sarebbe coerente con il testo dell’episodio, che però potrebbe anche non essere virgiliano. Può essere utilizzato per sottolineare la coerenza dell’episodio di Elena con il resto del testo o potrebbe essere un gesto per attirare l’attenzione di Enea. Insuper addidit ore espressione formulare che ricorre altre volte nell’Eneide in situazioni in cui le parole seguono l’azione, il discorso inizia quando finisce l’azione Roseo gli altri aggetti in -eus sono usati spesso in poesia. Questo aggettivo ha una sfumatura inerente alla bellezza, si usa sempre in contesti in cui si sottolinea la bellezza, la gioventù, ha una connotazione positiva. Nate vocativo con cui Venere si rivolge al figlio. Tantus tanto grande Iras al plurale rinvia ai gesti suscitati dall’ira, che non alla rabbia come moto dell’animo in senso astratto. Il plurale in latino rinvia spesso al concreto rispetto al singolare. Abbiamo due versi consecutivi chiusi dal punto di domanda. Quonam avverbio interrogativo Nostri genitivo oggettivo in dipendenza da ‘’cura’’ Venere include anche se stessa all’interno dei famigliari di Enea che gli rimprovera di trascurare. Dà maggiore forza alle sue domande che sono anche un’esortazione. Non equivale a ‘’nonne’’, spesso usato nelle interrogative con una sfumature di insofferenza, di impazienza o di sorpresa o dopo un'altra domanda. Lo troviamo spesso nelle ‘’Bucoliche’’ Aspicio verba videndi La visione del vecchio re Priamo e della sua morte avevano richiamato ad Enea in mente il padre. Superet al singole coniugato al primo soggetto, ma si riferisce ad entrambi Venere richiama ad Enea il pensiero della famiglia che poi enumera. Anchise era figlio di Capi e di una ninfa e unendosi con Venere divenne padre di Enea. Secondo il mito, dopo essersi congiunto a Venere, non ha mantenuto il segreto e per averlo raccontato fu punito da Giove che lo colpì con un fulmine alle gambe paralizzandoli secondo un mito o agli occhi, diventando cieco, secondo un’altra versione. Ne particella enclitica, serve unito a ‘’coniunx’’ ad attirare l’attenzione di Creusa su cui batte l’enfasi della domanda di Venere. Puer vale per ‘’filius’’ e il suo utilizzo è favorito dalla sua scansione metrica Quos relativo a inizio frase Omnis per omnes ed è retto da ‘’circum’’ (iperbato). Una parte della tradizione manoscritta legge ‘’omnes’’ e in quel caso può essere sia nominativo che accusativo e se è nominativo, va concordato con 70 ‘’acies’’. Se invece è ‘’omnis’’, quindi in accusativo, allora si riferisce ai membri della famiglia intorno ai quali si trovano le schiere greche Culpare trovato usato solo una volta da Virgilio, si trova raramente in poesia epica. È un valore di aggettivo, Servio lo rende come ‘’reus’’, quindi colpevole, accusato, reo. Opes si riferisce alla potenza di Troia, alla sua grandezza come città di solida potenza militare, floridezza economica. Non è colpa di Elena né di Paride. Il ratto di Elena e tutto quello che hanno fatto gli uomini non è responsabile della fine di Troia, ma è l’inclementia divum. Aspice usato in riferimento stretto al vedere e al guardare. Eripiam Venere dice che cosa si accinge a fare Qaue riferito a ‘’nubem’’ Mortalis accusativo per ‘’mortales’’ Venere dice che strapperà dagli occhi di Enea quella nube che è solita ottundere la vista dei mortali e impedisce loro di vedere la realtà vera. C’è qualcosa di simile nell’Iliade quando Pallade permette di vedere a Diomede la battaglia tra uomini e dei e viene messo in condizione di distinguere gli dei dagli uomini. Ne time – neu recusa due imperativi. L’imperativo preceduto dalla negazione ‘’ne’’ si trova in poesia, mentre in prosa è dato da ne + congiuntivo perfetto. ‘’ne’’ con imperativo è poetico e anche un po’ un grecismo, si adegua all’uso greco. Neu congiunzione che coordina le due proposizioni negative Venere lo esorta ad ubbidire. È un brano intessuto di rinvii a Lucrezio, nella parole di Venere c’è una forte presenza di termini e di toni didascalici, di insegnamento visto che gli dice esattamente cosa fare. Praeceptis – parere allitterazione di p Virgilio quando può elimina le costruzione che coinvolgono preposizioni e congiuntivi e alleggerisce la sintassi usando l’infinito. Viriglio fa descrivere a Venere la distruzione che gli dei stanno provocando a Troia. Vides richiamo alla vista brano ricco di richiami al vedere, si incentra tutto intorno alla possibilità di Enea di vedere di più rispetto agli uomini grazie all’intervento della madre Versi sonoro intessuti di suoni ricorrenti come la sibilante, la nasale e le dentali Saxis – saxa poliptoto, questo uso dello stesso sostantivo a fine e inizio verso successivo è lucreziano Mixto undantem pulvere fumum disposizione chiastica Neptunus messo in evidenza all’interno del verso. era il dio che aveva costruito le mura di Troia, quindi era notevole la sua azione e il suo accanirsi contro Troia e le mura erette da lui. Porta avanti la sua opera di distruzione con il suo emblema che è il tridente. Eruit messo in evidenza da enjambement e dalla posizione nel verso Hic riprende v 608 71 Giunone è definita ‘’saeva’’ e non è la prima volta che accade. Ha un ruolo di primo piano nella distruzione della città. Iuno Scaeas saevissima portas chiasmo L’apparizione di Venere ha un significato importante all’interno del libro perché è una divinità che autorizza la fuga di Enea da Troia. Già nel sogno in cui appariva Ettore Enea aveva ricevuto l’esortazione a lasciare Troia portando con sé i penati. Venere spinge Enea a lasciare Troia in fiamme e questo era un atto che poteva sembrare ai Romani un atto vergognoso perché si abbandonava la patria. Enea ha una missione da compiere, il Fato gli ha affidato il compito di ricostruire altrove la sua città e di dare origine a Roma e da cui discenderà la gens Iula. Enea è già stato autorizzato da Ettore che era il più forte guerriero di Troia, rappresentava la città e la dinastia reale. Per dare più forza alla sua esortazione Venere strappa dagli occhi di Enea la benda che offusca la vista dei mortali e non li permettere di vedere la realtà che in questo caso consiste nel fatto che sono gli dei che stanno causando la fine di Troia. Enea contro gli dei non può fare nulla. La prima figura divina che viene indicata ad Enea dalla madre è quella di Nettuno che era stato tra i fondatori di Troia, aveva costruito le mura che adesso sta distruggendo. Sono 3 i versi dedicati a Nettuno e alla sua azione distruttrice. Con il suo tridente, che è l’attributo di Nettuno, sta distruggendo le mura di Troia. Questo è il volere del Fato. I rapporti tra Nettuno e Troia erano stati irregolari, Laomedonte non aveva pagato gli dei che lo avevano aiutato a costruire Troia. Eruit verbo forte che dà l’idea della distruzione, in enjambement Que enclitico introduce proposizione coordinata con valore esplicativo di ciò che precede Non è una scena che gli altri mortali possono vedere Venere poi gli indica la figura di Giunone, che viene detta ‘’saevissima’’. Questo non ci deve stupire ed anche all’inizio viene usato questo aggettivo per sottolineare l’ostilità nei confronti di Troia. Giunone assume un ruolo primario nell’opera di distruzione. È descritta in preda al furor ed armata. Richiama dalle navi lo schieramento alleato, cioè i Greci. Divinità e Greci sono alleati in questa distruzione. Scaeas portas elemento identificativo della città di Troia Ferro accincta vocat verso incompleto, come il v 623 Ferro metonimia che indica le armi (materiale per oggetto) 610-612 versi dedicati a Nettuno 612-614 inizio descrizione di cosa fa Giunone 615-616 versi dedicati ad Atena Tritonia è un epiteto frequentemente collegato a Pallade, spigato in modo diverso dalle fonti. Spesso è ricollegata al fiume Trito o a un lago Tritonis che stava in Africa, esisteva una versione del mito che diceva che presso il lago Tritonis era nata la dea. In queste situazioni si deve tener conto che spesso molte cose sono spiegate a posteriori e si ricava da un epiteto la versione del mito che lo avrebbe generato. Quello che noi abbiamo sono testimonianze disperse che collegano Pallade al fiume della Beozia o al lago dell’Africa. V 616 verso che caratterizza l’azione di Pallade con il verbo ‘’insedit’’ Respice indica il movimento di voltarsi a vedere Summas valore predicativo per ‘’arces’’ 72 poema didascalico, che vuole insegnare. Venere fa vedere a Enea Nettuno che con il tridente distrugge la città, Giunone (‘’saevissima’’, già definita ‘’saeva’’ all’inizio del poema, era protettrice di Cartagine che era diretta avversario di Roma e quindi del lontano progenitore della gens Iula che è Enea) e Pallade. Infine, in climax ascendete, vede anche Giove che incita gli dei contro Troia e aiuta i Danai. Venere chiude con la promessa di stare vicino al figlio, usa la parola ‘’natus’’ più volte e dopo sparisce nelle tenebre dell’ultima notte troiana. Restano nella visione del lettore le orribili forme dei nemici che Enea vede. Enea dice che gli pare di vedere tutta Troia sprofondare tra le fiamme e gli pare che Troia venisse rovesciata. A questo punto si inserisce una similitudine. V 623 chiude la visione inquietante e terribile dopo le parole di conforto di Venere Tum vero svolta nel racconto V 625 la città si ricorda con i suoi due nomi a inizio e a fine verso. è un’immagine che si riprende da Iliade 22, era già presente in Omero l’immagine di Ilio consumata dal fuoco. Ilium modo con cui Virgilio indica la città, non usa la forma grecizzante nell’Eneide. È un arcaismo latino. Visum concorda con Ilium, ma è riferito anche a Troia Ignis -es per l’accusativo plurale Neptunia Nettuno è il primo dio che Venere indica a Enea. ‘’Neptunia Troia’’ è un’espressione di tragica ironia vv da 626 similitudine introdotta da ‘’ac veluti’’. È una similitudine tra la fine di Troia che sprofonda tra le fiamme e viene rovesciata e l’abbattimento di un albero centenario con cui viene paragonata la distruzione e la caduta di Troia. Certatim avverbio Si insiste suoi colpi che scuotono la pianta. Si sente l’influsso di Lucrezio. Nelle similitudini Virgilio conserva memoria di Omero e di Lucrezio. Si accumulano i dettagli che finiscono per avere una ricaduta patetica, insiste con i dettagli sulla sofferenza dell’albero ferito che trema e poi crolla. Virgilio richiama le espressioni e le immagini delle ‘’Georgiche’’ in cui sono presenti le similitudini in cui Virgilio attinge dalla natura. Comam accusativo di relazione/alla greca in dipendenza da tremefecta. È una metafora per indicare la chioma, il fogliame dell’albero Paulatim avverbio in -im categoria molto presente in poesia Supremum può avere valore avverbiale per indicare l’ultima volta oppure è un accusativo Traxit ruinam espressione che rende l’immagine della caduta come rovinosa, forse più adatta a Troia che all’albero, ma i due elementi della similitudine tendono a fondersi e a spingere l’uno sull’altro. Iugis Virgilio usa spesso l’ablativo senza preposizioni. Questo è un ablativo di stato in luogo senza ‘’in’’. Descendo – ducente – deo allitterazione di d La divinità che lo guida è la madre. Si usa il maschile per Venere, già Servio segna nel commento che già il poeta Calvo usava il maschile per Venere. ‘’deo’’ va intenso nel senso di ‘’divinità’’, in greco ‘’teos’’, che è grammaticalmente maschile, viene usato anche per le divinità femminili. Hostis -es 75 Expedior dà l’idea del muoversi in una situazione difficile, ma in questo caso con la guida di Venere che rende tutto più semplice e agevole Tela dardi, le armi da lancio ‘’dant’’ e ‘’recedunt’’ formano una specie di cornice esterna e ‘’tela’’ e ‘’flammae’’ creano una cornice interna intorno a ‘’locum’’. È una disposizione a chiasmo. Enea si muove verso la casa di Anchise. Excisa participio perfetto del composto di ‘’caedo’’ Enea è convinto di lasciare la città di Troia o di quello che ne resta, ma Anchise rifiuta drasticamente di continuare a vivere e di soffrire l’esilio, di allontanarsi da Troia e proseguire a vivere lontano. Vos agitate fugam verso incompleto Vos ripetuto in anafora Anchise rifiuta per sé la prospettiva di allontanarsi da Troia, non la nega al figlio e al resto della famiglia. Me in prima sede e in contrasto con il vos Caelicolae parola enniana, etimologicamente sono ‘’colore che abitano nel cielo’’ Servassent piuccheperfetto indica l’irrealtà Anchise ritiene sufficiente e anche troppo aver visto distruggere Troia ed essere sopravvissuto alla sua caduta e presa da parte dei nemici. Positum copurs come un cadavere deposto nel sepolcro Manu – mortem legate dall’allitterazione Ex quo espressione avverbiale di tempo Divum pater atque hominum rex espressione per indicare Giove presente in poesia Anchise ricorda la punizione per aver divulgato i suoi contatti con Venere. Secondo una variante del mito Giove l’avrebbero reso cieco e secondo un’altra era impedito nei movimenti. V 650 si riassume l’atteggiamento di Anchise, che è inamovibile nel suo proposito di rimanere a Troia Abnegat riprende verbo a v 637 Haeret ‘’rimane fisso’’ si usa soprattutto per gli oggetti concreti che restano conficcati, fissi Miserrimus superlativo di ‘’miser’’, aggettivo spesso presente Si nihil rimanda al ‘’si caelicolae’’ Alma parens Venere, ‘’alma’’ è un aggettivo lucreziano Enae è completamente persuado della necessità di lasciare Troia. L’intervento della madre è stato quello definitivo ed è andato a rafforzare quanto Ettore nel sogno aveva detto. Vuole portare con sé Anchise. Si reca a casa di Anchise guidato da Venere, che gli ha promesso aiuto. Davanti alla guida di Venere si ritirano i nemici, si esercita la sua protezione. Antiquus aggettivo che ha una sfumatura affettiva 76 Enea sottolinea il suo desiderio di occuparsi del genitore e di volerlo portare con sé, ma Anchise respinge questa prospettiva di continuare a vivere una volta distrutta Troia e di soffrire l’esilio, l’allontanamento dalla patria. Anchise si rivolge al figlio contrapponendo la sua situazione a quella di Enea. V 640 verso incompleto Me forte contrapposizione con il ‘’vos’’ in anafora ‘’si caelicole’’ si riprende il nesso del v 636, ma con il verbo simplex ‘’ducere’’ invece che ‘’conducere’’ Sedes prima ‘’sedis patriae’’ Anchise insiste sull’esagerazione di esperienze negative Urbi Troia Ricorda con amarezza di aver trascorso anni in cui è stato inviso agli dei. Divum genitivo al posto di ‘’divorum’’ Anchise conclude con il ricordo amaro della punizione ricevuta da Giove. V 650 riassunta la determinazione di Anchise Domus nel senso di famiglia Abnegat riprende v 637 Enea si ritrova in mezzo al combattimento Mortem – miserrimus allitterazione V 657 inizia la risposta di Enea fino a v 670. Vuole rassicurare il padre e sottolinea di non poter partire abbandonandolo Alma parens come era indicata Venere nella sua apparizione. Era un aggettivo che aveva già ricevuto da Lucrezio nel ‘’De rerum natura’’ Enea sembra a questo punto aver cambiato il suo proposito, sembra tornare sulla decisione della fuga. Vuole tornare a combattere. pulchra mors Non è un procedimento lineare quello della decisione di partire da parte di Enea. Ecce autem espressione trovate anche altre volte cambio di argomento Complexa complector Da 675 iniziano i 4 versi del discorso di Creusa. Monstrum prodigio, che è un evento soprannaturale tra le mani e gli sguardi dei genitori tristi dalla sommità del capo di Iulo apparve un tenue raggio che effondeva luce. La fiamma era innocua e lambiva la chioma del bambino. È una lingua di fuoco che si trova sulla testa di Iulo senza bruciarlo. Nos sottolinea il coinvolgimento emotivo Fons al singolare usato per indicare l’acqua Sanctos ignis perché deriva dagli dei 77 Numine volontà, decisione degli dei Cedo - recuso due forme verbali parallele, stesso tempo, modo e stessa persona verso a cornice Grande attenzione ai suoni, all’aspetto fonico del verso e al rumore dell’incendio che in quella notte viene sentito Enea riprende la parola e incoraggia il padre a salirgli sulle spalle. Subibo futuro di subire Siamo agli ultimi momenti che precedono l’uscita di Enea e dei suoi da Troia. Dopo che il prodigio di Iulo ha trovato conferma nel tuono, Anchise ha cambiato opinione, si è arreso ai segni del cielo e decise di abbandonare la città ormai presa. Enea riprende a essere il centro della narrazione e dell’azione. D’ora in poi l’eroe guerriero non si dedicherà al combattimento, alle armi della resistenza, lui che prima aveva imbracciato lo scudo e la spada, ma prende il padre sulle spade e per mano il figlio, si cala totalmente in questa dimensione non di eroe-guerriero, ma di pater Aeneas, di eroe destinato a perpetuare Troia altrove. Si vedono 3 generazioni vicine. La moglie resta un po’ indietro e questo prelude alla sua sparizione. Sono 3 figure vicine che rappresentano un simbolo di continuità e di rinascita. Enea è un eroe nuovo, da eroe guerriero più aderente a un eroismo omerico, guerriero si passa a un’idea di eroismo nuovo che ha le caratteristiche delle responsabilità. Enea prende il fardello delle responsabilità, rappresentate simbolicamente da Anchise, e conduce con sé quello che sarà il futuro con la nascita di Roma (Iulo). La sua virtù non sarà quella guerriera, ma è la pietas che è un concetto romano difficile da tradurre con una sola parola. ‘’pietà’’ rende solo marginalmente quello che Virgilio vuole dire con ‘’pietas’’. È un eroe fondatore investito di una missione fatale, voluta dal fato, che fonde il mito delle caduta di Troia nella storia di Roma, della sua nascita e della sua ascesa fino ai tempi di Ottaviano. Abbiamo di fronte una famiglia formata da padre, figlio e nipote e da una moglie e madre, è un nucleo famigliare molto stretto che rappresenta i resti di un popolo esule e della città di Troia. Abbiamo notato il ricordo della potenza di Troia. Siamo di fronte a una famiglia, ai resti di un popolo esule che ha dovuto tagliare i legami con Troia, conquistata dai Greci con il determinante intervento degli dei e con l’attiva partecipazione degli uomini. Ritornano i penati, quelle divinità che rappresentano una continuità tra la storia di Roma e il passato troiano, è una divinità molto romana e quindi siamo di fronte a un anacronismo voluto da Viriglio per sottolineare il forte legame. Siamo di fronte a un eroe di tipo nuovo, diverso da Achille, Ulisse ed Ettore, capace di assumere la responsabilità della fuga che è un gesto contro il quale Enea ha combattuto, non si è rassegnato immediatamente alla fuga, ma ci sono voluti diversi interventi per convincerlo. È un eroe connotato dalla pietas. È capace di assumersi la responsabilità della sua famiglia, del passato rappresentato da Anchise e dal futuro rappresentato da Iulo. Le perdita sarà gravissima e questo sarà ben rappresentato dalla sparizione di Creusa. In questo momento doloroso in cui Enea si allontana perderà anche la moglie Creusa. È un sacrificio molto personale che il fato impone all’eroe come gravissima prova. È il segno più evidente e vistoso del cambiamento che ha subito la vecchia vita di Enea che è conclusa come la vicenda di Troia. Il nuovo Enea è un esule, va in cerca di una terra ‘’promessa’’ e dovrà necessariamente trovarsi una nuova sposa per fare in modo che ci sia un nuovo inizio. Troverà la nuova sposa nel Lazio, in una terra straniera dove poi darà inizio a un nuovo popolo, a un nuovo regno e a una nuova città che sarà Roma. È un momento cruciale quello in cui Enea lascia la città di Troia in fiamme Con la sparizione di Creusa si ha un taglio netto di Enea con il suo passato. Si assiste alla sparizione e all’addio perché Creusa ricompare come qualcosa di soprannaturale. La funzione che svolge nell’economia del poema l’addio di Creusa e le sue parole con la profezia è quella di fornire un’indicazione sul futuro, per profetizzare a Enea quanto gli dei lo favoriranno durante il viaggio. 80 Anchise ha un ruolo importante nell’episodio del prodigio. Enea e Creusa sono spaventati e cercano di estinguere la fiamma che però non ha conseguenze sul bambino. Heinze afferma che in un momento decisivo Virgilio, come punto di svolta che conduce alla fondazione della nuova Troia, fa apparire un segno che corrisponde all’auspicium maximum. Quest’episodio del prodigio presenta dei versi che rimandano al linguaggio augurale e alla tradizione degli auspicia e degli augurium. Secondo Heinze si andrebbe a ritrovare in questo episodio l’origine dei riti augurali e di certe tradizioni religiose. Gli dei mandando un segno con la fiamma sul capo di Iulo, Enea e Creusa sono terrorizzati e cercano di spegnerla, mentre solo Anchise capisce il significato del presagio ed è comprensibile che egli supplichi gli dei per una risposta chiara. Precedentemente Anchise vede nella caduta di Troia un segno divino che gli intimava a non lasciare la città. Secondo Heinze non è tanto Giove, re degli dei e padre degli uomini, che Anchise invoca. Il rapporto particolare con Giove è personale. Non invoca solo il re degli dei, ma anche il dio che gli ha inflitto una pena terribile. Tuttavia gli auspici vengono da Giove, quindi è logico che la richiesta sia inviata a lui e che il dialogo sai con il re degli dei. La richiesta di un segnale di conferma corrisponde tecnicamente a ‘’impetrare auspicia’’. Gli auspicia impetrativa servivano a confermare l’auspicium oblativum. Questi versi risentono molto del modo con cui venivano classificati i fenomeni religiosi. Secondo Heinze è una scena importante per più ragioni. In questa occasione della scena in casa di Anchise si affaccia per la prima volta la pietas dell’eroe nei confronti del padre, cioè il tratto dominante di Enea nella leggenda popolare. Enea si scontra con il rifiuto del padre di farsi salvare e preferisce sacrificare la moglie, il figlio e la propria vita piuttosto che abbandonarlo solo nelle mani di un nemico. Oltre ad Anchise compaiono sulla scesa anche Creusa e Iulo. Era indispensabile la presenza di Creusa perché questa deve essere nota al lettore in modo che questo possa essere coinvolto quando si renderà conto della sua sparizione successiva. Questo è un momento particolarmente doloroso, segna una cesura nella vicenda di Enea e consente un’apertura verso il futuro con la ricomparsa di lei fantasma che profetizzerà il futuro a Enea. La sparizione della moglie troiana Creusa è funzionale al successivo matrimonio con Lavinia, figlia di Latino, che è una sposa straniera in una terra straniera. Da un punto di vista tecnico-artistico il rifiuto di Anchise funge da fattore ritardante e generativo di tensione. Heinze dà importanza ai ritardi e alla tensione che viene data da questa tecnica virgiliana. La partenza da Troia, quindi l’inizio della nuova vita, doveva verificarsi auspicata, quindi caratterizzata da un auspicio. L’opinione più diffusa faceva risalire l’intero patrimonio augurale, vero e proprio fondamento della teologia dello stato romano, o agli auspici che diedero a Romolo la supremazia rispetto a Remo (volo degli uccelli narrato da Ennio) o ad Ascanio, che è considerato il primo beneficiario dell’auspicium maximum nel corso nella guerra contro Massenzio, mentre altri ancora facevano il nome dello stesso Enea. Virgilio allontana nel tempo le origini dei riti religiosi, di certi aspetti della religione. Ascanio o Enea sarebbero alle origini di certi aspetti della religione romana come l’auspicium maximum. Questo è testimoniato anche da Plutarco. Nel corso del poema Virgilio allude ad entrambe le tradizioni, Virgilio ama richiamare doppie tradizioni, alludere una volta ad una e un’altra volta ad un’altra, in modo un po’ alessandrino. Anchise assume un ruolo centrale riconoscendo il linguaggio divino, il fausto significato del presagio. Supplica gli dei di dare una conferma chiara e fa quello che nella tecnica augurale è ‘’impetrare auspicia’’. L’auspicio impetrativum, cioè l’auspicio richiesto in qualche modo, conferma quello oblativum. L’auspiscio oblativo è il prodigio che si offre spontaneamente all’uomo. Sono due elementi che si bilanciano e si richiamano a vicenda. Secondo la leggenda più antica, Enea era accompagnato nel suo allontanamento da Troia dalla moglie Euridice. In Viriglio Enea smarrisce la moglie Creusa durante l’esodo, prima ancora di lasciare la città e in seguito viene a sapere dalla sua ombra che per volere di Giove non può accompagnarlo nel viaggio, ma non sarà costretta a partire schiava al seguito nei nemici, rimarrà in patria trattenuta dalla madre degli dei 81 Cibele. La raffigurazione della tabula iliaca, che era un oggetto su cui era effigiata la partenza di Enea da Troia, documenta con sufficiente sicurezza che questa versione virgiliana della leggenda nella sue linee essenziali esisteva già prima di Virgilio. Questo non innoverebbe se la tabula iliaca, che è precedente, documenta il racconto in questo modo. La ragione per cui Virgilio ha scelto questa è perché in caso contrario avrebbe avuto far morire Creusa durante le peregrinazioni e sarebbe stato un doppione della morte di Anchise. Heinze ritiene che artisticamente Virgilio abbia preferito far precedere la morte della moglie Creusa prima della partenza per evitare un doppione narrativo visto che durante il viaggio muore Anchise. Anche sulla morte di Anchise ci sono molte discussioni perché fonti storiche come Varrone riportano versioni diverse sulla sua morte. Nell’Eneide Anchise muore prima che Enea arrivi in Italia e la stessa cosa doveva fare Creusa visto che in Italia Enea incontra Lavinia, quindi Virgilio preferisce farla morire prima della partenza per non rendere monotono il racconto. Con la morte di Creusa prima della partenza Virgilio aveva anche l’occasione per una chiusura ad effetto del II libro. Viriglio ha lasciato deliberatamente nel vago le circostanze particolari della scomparsa di Creusa. Enea solo viene a sapere che la madre degli dei trattiene Creusa a Troia e questo consente di alludere al fatto che non sia morte, anche se i termini usati (simulacro, ombra) vengono utilizzati in caso di rappresentazioni di defunti. Creusa afferma che le è stata riservata una forma di esistenza più alta ed immortale che le consentirà di entrare a far parte del corte della madre degli dei. Viriglio descrive Creusa come più alta del solito. Creusa rassicura Enea dicendo che viene trattenuta a Troia dalla madre degli dei e di essere entrata a far parte del suo corteo. Lo rassicura dicendo che non andrà schiava come le altre donne troiane catturate. Heinze difende una certa ritrosia virgiliana di fronte a certi dettagli sulla nuova vita di Creusa. Secondo Heinze Viriglio vuole mettere in chiaro che già prima era stato deciso dal destino, deliberato dal volere di Giove, che Creusa non potesse accompagnare il marito nelle sue peregrinazioni. Il dolore deve lasciare il posto a un atteggiamento di docile sottomissione, esattamente quello che richiesto Venere mostrando ad Enea gli dei che distruggono Troia. Creusa esorterà il marito a sottomettersi alla volontà del Fato. Questo assolve anche Enea da ogni responsabilità che potesse essergli intimata. La sua fuga aveva causato lo smarrimento di Creusa, ma nella circostanza lui non era stato altro che una pedina nelle mani degli dei. La resa al loro volere è facilitata dal pensiero consolante che Creusa non dovrà patire la schiavitù in Grecia, ma può rimanere in patria. C’è il rovesciamento completo dell’atteggiamento di Anchise che si era dimostrato prima del prodigio e dell’intervento divino contrario ad accompagnare Enea, mentre adesso viene definito ‘’victus’’. È molto deciso in questa nuova prospettiva. Ergo age esortazione colloquiale. È un’espressione che si trova di frequente in commedia. Questa espressione viene inserita in versi essenziali e ricchi di affetto. vv 707-708 espressione colloquiale inserita in versi essenziali in cui Enea ordina al padre che cosa fare. Cervici il singolare ‘’cervix’’ è piuttosto comune in poesia, lo usa Ennio e anche Pacuvio, uno dei tragici arcaici. In commedia e in prosa è più comune trovare il plurale. Imponere imperativo di forma passiva con valore mediale Umeris -es accusativo Iste dimostrativo riferito alla seconda persona, quindi al pare a cui Enea si sta rivolgendo Sono versi in cui risalta la pietas di Enea, il rispetto verso il genitore e verso il suo preciso dovere. Quo - cumque tmesi, avverbio indefinito di moto a luogo 82 Opaca indica luoghi ombrosi Quem concordato come ‘’me’’ in accusativo Grai Greci, si trova spesso ‘’Danai’’ Glomerati anche a v 315, è un’espressione quasi tecnica del linguaggio militare. Examine forma arcaica di ‘’examen’’ (‘’sciame’’). Spesso si trova riferito al mondo animale (formiche, api) Nunc in opposizione a ‘’dudum’’ Suspensum – timentem ordine della parole virgiliano perché sono due forme analoghe. Sono predicativi dell’oggetto che si riferiscono a ‘’me’’. La frase con l’ordine dei termini sembra riflettere il senso di ansia e di sospensione dell’eroe. Que enclitico ripetuto coniugazione tipica dello stile epico Enea si sta dirigendo verso il tempio di Cerere che era il punto di incontro con gli altri compagni. Quando arriva si accorge che Creusa è sparita e torna in città per cercarla dopo aver affidato il figlio e il padre ai compagni. Adesse ad + sum La situazione è simile e ricalca il racconto del finale delle Georgiche dove sparisce Euridice. Il lettore che conosceva le Georgiche forse anche si aspettava la sparizione di Creusa. Ci sono anche delle coincidenze testuali. Mentre si avvicina alle porte, sente come un avvicinarsi di passi. Videbar sottintende il dativo ‘’mihi’’ e da ‘’videbar’’ dipende l’infinito perfetto ‘’evasisse’’, che viene usato intransivamente nel senso di ‘’finire, essere giunto al termine del cammino’’ Creber pedum sonitus rumore veloce di passi, fitto calpestio Visus sottintende ‘’mihi’’ Nate vocativo per ‘’natus’’, ripetuto enfaticamente Anchise lascia trasparire l’ansia Propinquant senza soggetto, l’indeterminatezza fa crescere l’ansia Ardentis -es accusativo, participio del verbo ‘’ardere’’, è una novità virgiliana suggerita e motivata dal fatto che il brillare degli scudi è dovuto alla luce dell’incendio. Anchise esorta Enea a muoversi velocemente, alla fuga perché si avvicinano i nemici. Sulle spalle dell’eroe vede gli scudi e le armi dei nemici che brillano. I nemici non si possono nascondere più di tanto perché la notte è illuminata dall’incendio e dalle superfici delle armi sulle quali si riflettono le fiamme. Hic valore temporale (in altri casi può avere anche valore locale) Male amicum modo per costruire al negativo un aggettivo con l’uso dell’avverbio ‘’male’’ (stesso costrutto quando si parla dell’isola di Tenedo) Confusam mentem espressione usata più volte da Virgilio. ‘’confusam’’ ha valore prolettico, come se dicesse che prima gli confonde la mente e poi gliela strappa. 85 Nescio ha la /o/ finale che sarebbe lunga, ma viene abbreviata per correptio iambica, che è un fenomeno che si estende anche per parole che sono bisillabi. Si passa da lunga-breve-lunga a lunga-breve-breve. È un fenomeno che nasce in ambito parlato e poi recepito e sfruttato in poesia. Viriglio usa l’aggettivo ‘’avia’’ come un neutro sostantivato. È il primo a farlo. Cursu ablativo di modo Nota regione viarum ipallage Comincia ad interrogarsi su cosa possa essere successo alla moglie Enea cerca di ricostruire a posteriori quello che può essere successo. L’andamento del discorso e l’ordine della parole rende lo sbigottimento di Enea nel rendersi conto di aver perso la moglie e l’accavallarsi delle ipotesi che gli vengono in mente. Ne sono le enclitiche interrogative con modo indicativo, non dipendono realmente da ‘’incertum’’ che è la risposta che Enea dà alle domande che si pone Enea non sa se la moglie si è fermata perché gli viene sottratta dal fato, se ha sbagliato strado o se si sia seduta sfinita. Fato erepta riguarda solo la prima possibilità, si riferisce solo a substitit. Questa espressione si trova in posizione rilevata e finisce per far sentire la sua influenza su tutte e 3 le possibilità. Incertum (est) conclusione finale giustapposta a quello che si è detto prima, non c’è un legame sintattico Post usato con valore avverbiale ‘’dopo’’ V 740 coincidenza con il IV libro delle Georgiche. Creusa è scomparsa, ma non si sa ancora per quali motivi Prius – quam sono in relazione Amissam respexi combina il significato di un verba videndi con quello traslato di ‘’rivolgere l’attenzione, accorgers’’ ed attribuisce ad ‘’amissam’ un valore prolettico (prima la perde e poi se ne accorge) V 741 variatione, tipico esametro virgiliano in cui il secondo emistichio riprende e arricchisce e varia il primo. È un caso di ridondanza espressiva virgiliana. È un’espressione condensata dal punto di vista sintattico e del senso. ‘’amissam respexi’’ viene ripreso e variato dal secondo emistichio. V 742 riprende il v 713 in cui aveva descritto il luogo. Viene variato l’aggettivo, ‘’antiquus’’ è spesso riferito alle divinità che si sono distinti da sempre per generosità nei confronti del genere umano. Sedem – sacratam allitterazione Hic demum avverbio di stato in luogo collegato a ‘’desum’’ Defuit – fefellit stesso tempo, stesso modo, stessa persona a inizio e a fine verso Natum – virum apposizioni di ‘’comites’’ oppure possono essere 3 elementi distinti (climax ascendente) Fefellit perfetto con raddoppiamento di ‘’fallo’’ Quem pronome interrogativo Hominum – deorum genitivo partitivo in dipendenza da quem 86 V 745 verso abbondante, ipermetro. La -e finale è in sinalefe con la vocale iniziale del verso successivo. Viriglio ha scelto questa modalità, visto che avrebbe potuto usare ‘’deumque’’ per evitare l’esametro ipermetro. Forse ha voluto evitare la monotonia fonica della particella -um del genitivo presente in ‘’natum’’, ‘’virum’’ e ‘’hominum’’. È un fenomeno quella della sinalefe dell’ultima vocale del verso che la poesia greca non utilizza se non in rarissimi casi. Seneca nelle ‘’Epistulae ad Lucilium’’ nella 22° dice che Viriglio usava versi abbondanti perché il popolo di Ennio potesse riconoscere nella nuova poesia qualcosa del mondo antico. Da questo emerge che Ennio usava esametri ipermetri. Questa licenza era percepita come un ennianismo, come un arcaismo stilistico. I versi ipermetri spesso utilizzano il -que enclitico che è un tratto di stile elevato e solenne, sono tutti tasselli che costruiscono un verso solenne, arcaicizzante, di stile alto. Tra tutte le sofferenze inflittagli dalla caduta di Troia la perdita di Creusa è stata la più dolorosa. La presa di una città offriva un ricco campionario di azioni dolorose ed empie, di esempi di lutto e crudeltà. La capta urbs diventa un topos nella poesia e nell’oratoria per indicare il massimo del dolore e dell’orrore. Enea con il richiamo alla caduta i Troia rivitalizza molto il topos perché è lui stesso profondamente coinvolto in questa vicenda drammatica. È coinvolto dalla caduta della città e dalla perdita delle moglie che gli causa un tremendo dolore. Richiama anche Catulla del carmen 62 (carmina docta) in cui chiede che cosa fanno i nemici di più crudele al momento della conquista della città. Vidi al centro del verso. Enea riferisce quello che vede e sottolinea la sua partecipazione e la sua centralità Ascanio - Anchise inizio verso e allitterazione Teucros aggettivo riferito a penatis Enea è estremamente protettivo, manifesta tutte le caratteristiche di un tipo di erosimo che è quello della responsabilità, del pater Aeneas Durante il tragitto Enea perde la sposa Creusa. Enea lascia Ascanio, Anchise e i penati con i compagni e torna indietro a cercare la sposa. Ipse in posizione forte, si crea un’opposizione forte con gli altri personaggi Cingor hysteron proteron indica le azioni invertite per dare l’idea di quanto le due azioni siano molto ravvicinate nel tempo Fulgentibus armis epiteto convenzionale per le armi, oltre al valore descrittivo, implica la virtù guerriera, la prodezza dell’eroe. Costituisce un valore aggiunti per le armi. È un aggettivo molto spesso associato con ‘’arma’’. ‘’arma’’ è un sostantivo che spesso Virgilio colloca alla fine del verso come ‘’aura’’ Enea dopo aver messo al sicuro padre e figlio torna in città rivestito dalle armi. Stat sottintende ‘’mihi’’, regge l’infinito ed è un costrutto che si trova anche nel libro 12. Omnis -es Enea ha fermamente deciso di affrontare di nuovo tutti gli eventi, di ripercorrere l’intera città di Troia. Renovare in questo c’è l’idea della ripetizione Rursus insiste sulla ripetizione Caput ha spesso significato di tutto l’essere umano o della sua vita Periclis forma contratta di ‘’periculum’’ 87 Ille aggettivo dimostrativo che forse rimanda a una formula rituale, della preghiera Profezia di Creusa: profetizza l’arrivo in Italia e il nuovo regno. Dà dei riferimenti geografici abbastanza precisi, gli dice che arriverà alla terra esperia (=occidentale, già Ennio indicava così l’Italia). Creusa fa sentire particolarmente lontana questa terra. Lydius – Thybris iperbato. ‘’Lydis’’ è anche la forma greca del Tevere. Si pensava che gli Etruschi provenissero dalla Lidia. Arva – opima anastrofe Virum genitivo di possesso o ‘’ricchi di uomini’’ Agmen termine militare che indica la schiera, viene usato in senso metaforico di ‘’corso del fiume’’. È una reminiscenza enniana. Illic era ‘’illice’’ e la ‘’e’’ sparisce V 783 quello che aspetta ad Enea in Italia Res – regnum – regia allitterazione Parta est coniugato al singolare, ma si riferisce a tutte le cose che attendono ad Enea Pelle imperativo Dilectae aggettivo che Viriglio per un profondo legame, affetto Non ego dà grande rilievo a quello che sta per dire Mirmidoni – Dolopi popolazioni greche Creusa rassicura il marito sulla sua sorte, non andrà schiava nelle case dei Greci, ma sarà al servizio di Cibele Superbas fa riferimento anche all’atteggiamento dei Greci Servitum supino con valore finale Dardanis aggettivo sostantivato nella forma femminile secondo la flessione greca. Apposizione di ‘’ego’’ insieme a ‘’nurus’’ Genetrix deum dea Cibele, patrona di Troia e di origine frigia. Viriglio adombra la possibilità che Creusa resti come sacerdotessa di questa divinità His oris ablativo di stato in luogo senza preposizione Communis amorem Iulo ultimo pensiero di Creusa va tutto al figlio che è destinato a seguire il padre in un’altra terra. Heac ubi dicta dedit formula che conclude il discorso diretto (allitterazione), che Virgilio eredita dall’epica precedente Enea cerca di abbracciare il fantasma di Creusa che si è completamente dissolto. Frusta avverbio Ter numero magico 90 vv 792-794 ricorrono identici nel libro 6, dopo che Enea incontra Anchise che cerca di abbracciare, ma il padre svanisce. Sono passi modellati su Omero, sulla discesa agli Inferi di Ulisse, sull’incontro di Ulisse con l’ombra della madre (Odissea 11) e sull’apparizione di Patroclo in sogno ad Achille. Già nei due poemi omerici si trova questa immagina. Questi versi virgiliani sono molto suggestivi saranno ricordati negli epici di età flavia e nel ‘’Purgatorio’’ di Dante, che cerca di abbracciare l’anima di Casella. Anche Tasso li riprende nella ‘’Gerusalemme liberata’’. Dare – circum eptasi del verbo, ripreso da Omero Somno reminiscenza omerica V 794 intessuto di suoni come la v e la s che evocano il fruscio dell’ombra che svanisce nel nulla Ventis – volucri allitterazione Sic sembra segnalare il profondo dolore compresso in questa particella Atque ‘’al che’’, introduce tutta una serie di fatti Matres indica generalmente le donne Exsilio dativo di fine, equivale a ‘’ in exsilium’’ Pubem generico, indica gente di età e sesso diverso Miserabile vulgus popolo degno di compassione Erano disposti a tutto, volevano seguire Enea. Deducere senso tecnico collegato alla fondazione di una colonia Lucifer stella Obsessa tenebat espressione perifrastica che ruota intorno al verbo ‘’teneo’’ Non c’era più speranza per la città di Troia Sublato genitore ablativo assoluto ? Si chiude con un verso con un lento ritmo spondaico. Enea si dirige verso i monti e da lì poi prenderà la via dell’esilio. 91