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Linguistica generale primo semestre, Appunti di Linguistica Generale

Appunti delle lezioni el primo semestre di linguistica generale, professoressa Gatti

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 16/01/2024

GiorgiaGomiero
GiorgiaGomiero 🇮🇹

4.8

(9)

19 documenti

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Scarica Linguistica generale primo semestre e più Appunti in PDF di Linguistica Generale solo su Docsity! POLIGLOTTIA dei parlanti (ognuno parla più lingue), caratteristica che accomuna tutti i parlanti, le lingue sono molte e sensibilmente diversificate tra di loro. Esempio: Andare (italiano) / to go (inglese) / gehen (andare a piedi, tedesco) e fahren (andare con un mezzo, tedesco). In tedesco c’è una differenziazione maggiore, come in russo. Le lingue hanno anche degli ASPETTI IN COMUNE per quanto riguarda l’oggetto della comunicazione. L’ OGGETTO è il LINGUAGGIO UMANO formato da EVENTI COMUNICATIVI, OGGETTI e MESSAGGI prodotti usando uno STRUMENTO STORICO-COMUNICATIVO. (cinesica: la scienza che studia i GESTI e la COMUNICAZIONE ATTRAVERSO I MOVIMENTI, questo tipo di comunicazione viene detto COMUNICAZIONE PARALINGUISTICA) La comunicazione tradizionale e quotidiana è data dalla fusione tra la comunicazione verbale e la comunicazione paralinguistica. La PERVASIVITA’ coinvolge più dimensioni e più scienze della comunicazione.  SCIENZA LINGUISTICO-SEMIOTICHE, ovvero la scienza che studia i segni sia verbali che iconici.  SCIENZE PSICOLOGICHE, SOCIO-CULTURALI ANTROPOLOGICHE (scienze umane).  SCIENZE TECNOLOGICHE, l’evoluzione tecnologica ha potenziato la comunicazione verbale attraverso dimensioni tecnologiche e le scienze informatiche. Le scienze elencate in precedenza collaborano tra di loro per creare la comunicazione. Il COMUNICATORE è colui che utilizza la lingua mentre il COMUNICAZIONISTA è un professionista della comunicazione e conosce le dinamiche nascoste di essa, interviene sulla BUONA SALUTE della comunicazione e in caso di necessità risolve la comunicazione in crisi. LINGUISTICA GENERALE OGGETTO LINGUISTICA GENERALE (manuale Rigotti/Cigada) COMUNICAZIONE: PERVASIVITA’ E COMPLESSITA’ LINGUISTICA TRA LE SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE COMUNICAZIONISTA E BUONA SALUTE DELLA COMUNICAZIONE Perché la comunicazione può andare in crisi? Ci sono ragioni di nature diverse:  RAGIONI TESTUALI ovvero differenze legate agli aspetti formali del testo, come per esempio la costruzione della frase e l’organizzazione delle parole. In italiano il soggetto può essere posto in due posizioni diverse, il SOGGETTO IN POSIZIONE REMATICA esprime un’informazione nuova mentre il SOGGETTO IN POSIZIONE TEMATICA, ovvero in prima posizione, esprime un’informazione già nota si usa per trattare di un ELEMENTO GIA’ CONDIVISO TRA MITTENTE E DESTINATARIO. L’ INFORMAZIONE è un dato che aggiorna un archivio, caratterizzato da pertinenza e che suscita interesse.  RAGIONI SEMANTICHE quando ci troviamo di fronte a un problema di SENSATEZZA della comunicazione, affinché ci sia una buona salute della comunicazione ci deve essere un RAPPORTO TRA SENSO E REALTA’, il senso deve avere un nesso con la realtà. Ci deve inoltre essere un rapporto di sensatezza con il destinatario o con l’interlocutore affinché la comunicazione possa suscitare interesse e possa essere pertinente. La comunicazione è un fenomeno che è stato molto studiato durante il corso del tempo. Possiamo distinguere due tipi di comunicazione:  COMUNICAZIONE PER TERMINI INDUTTIVI ovvero quando si parte dalla riflessione su un singolo elemento e successivamente si traggono delle formule generali.  COMUNICAZIONE PER TERMINI DEDUTTIVI ovvero quando si passa dal generale al singolo. Un esempio nell’ambito matematico è la classificazione dei numeri pari.  APPROCCIO INDUTTIVO: vengono elencati i singoli numeri pari poi si trae la conclusione che tutti i numeri pari sono quei numeri divisibili per 2. (dal particolare al generale)  APPROCCIO DEDUTTIVO: viene data una formula ovvero 2x=y, successivamente viene sostituita la x con un numero intero e trovo i numeri pari. (dal generale al singolo)  APPROCCIO INDUTTIVO: somma dei singoli eventi comunicativi  APPROCCIO DEDUTTIVO: approccio di un vero e proprio MECCANISMO, una “GRAMMATICA”, che consente di produrre eventi comunicativi. LO SCAMBIO COMUNICATIVO AMBITO MATEMATICO AMBITO LINGUISTICO sostegno della tesi in altri casi succede il contrario), ELOCUTIO la fase in cui venivano date indicazioni rispetto alle strategie linguistiche per la formulazione del proprio discorso, tra le strategie linguistiche compaiono le figure retoriche che permettono di rendere la comunicazione più efficace, MEMORIA ovvero l’oratore in pubblico doveva andare a memoria, imparare a memoria il discorso, rispetto alle tecniche di memorizzazione, ACTIO in cui vengono date indicazioni rispetto a come comportarsi nel momento in cui il cittadino deve formulare il discorso in pubblico, quali devono essere le posture del corpo, quali gestualità, il tono della voce… Questo modello nasce in fase di democrazia, perché la comunicazione persuasiva da uno strumento di cui vive la vita democratica, chi svolge le responsabilità pubbliche a nome del popolo, di quei tempi vi era continua interazione tra responsabili e cittadini. La democrazia si fonda sul CONSENSO, ovvero su dinamiche di comunicazione persuasiva sana, far aderire in modo sano alla comunicazione. Il compito della retorica consiste nel far emergere le dinamiche della comunicazione persuasiva che ha come scopo il bene del destinatario. Il POTERE, significa in primis essere in grado di fare grazie a una serie di capacità/competenze che permettono di fare determinate azioni, ma significa anche essere in grado di far fare a un altro, portarlo a raggiungere un determinato scopo. L’origine del termine è POTESTAS era una parola né positiva né negativa, poteva assumere significati diversi a seconda del fondamento sul quale veniva esercitato, per esempio, poteva essere esercitato fondandosi sulla violenza fisica o l’inganno (dolus), usata per vincere l’altro; ma può essere esercitato fondandosi sull’ AUCTORITAS ovvero l’autorevolezza. AUTOREVOLEZZA, deriva dal latino AUGEO ovvero far crescere, colui che fa crescere veniva chiamato dai latini AUCTOR, figura che esercita il potere per far crescere l’altro. Gli imperatori venivano chiamato AUGUSTUS, deriva da augeo, stava a indicare colui che faceva crescere la società civile. Anche quando usiamo le parole esercitiamo un potere fondandoci sull’ inganno o sull’ autorevolezza. IL POTERE DELLE PAROLE COME SALVARSI DALLA MANIPOLAZIONE La persuasione tende ad essere letta negativamente come seduzione, il bello che non seduce porta al compimento di sé stesso. “FIDARSI È BENE MA NON FIDARSI È MEGLIO” vista seduttiva IL MITO DI ULISSE E DELLE SIRENE, l’educazione veniva attuata attraverso i miti ovvero dei racconti che dicevano una verità ultima rispetto all’esperienza umana, in particolare questo mito affronta il GRANDE TEMA DELLA COMUNICAZIONE CHE TI SEDUCE e di conseguenza il tema di COSA SALVA DALLA MANIPOLAZIONE, questo mito ha una funzione metaforica. Ulisse si fa legare all’albero con una fune (desmos= fune, questo termine ha a che fare con deo=legare e deon=obbligo) mentre ai suoi compagi mette la cera nelle orecchie per evitare di essere manipolati dal canto delle sirene, la fune sta a indicare un legame familiare che lo salva dalla manipolazione del canto delle sirene. L’ OBBLIGO è qualcosa che ci irrigidisce, derivare da OB-LIGARE che a sua volta ha a che fare ad un legame, gli obblighi/doveri hanno a che fare con un legame. La RETORICA è definita anche come arte della persuasione, i latini la chiamavano ARS BENE DICENDI ovvero l’arte del parlare in pubblico, l’arte del dire, l’attività del dire in pubblico ed è guidata da una tecnologia. Per indicare il parlare ci sono due verbi DICERE e LOQUI, dicere è il dire che ha una rilevanza sociale, che crea nessi sociali con locqui intendevano il dire legato alle situazioni comunicative familiari, conversazione quotidiana. Per loro costruiva nessi solo il discorso in pubblico, non si occupavano della retorica delle dinamiche familiari mentre nella teoria della comunicazione noi ce ne occupiamo (dinamiche familiari, dinamiche delle amicizie…) qui si vede che non c’è una totale sovrapposizione tra l’oggetto della retorica classica e l’oggetto messo a tema in quelle moderne. PERSUASIONE/PERSUADERE ha una radice SUAVIS è una dinamica che intende a portare i nostri destinatari a intendere qualcosa di dolce, di corrispondente al cuore, propone un’adesione ragionevole su qualcosa di suavis (esigenze del cuore/esigenze della ragione). CONVINCERE, è un altro termine che in italiano usiamo come sinonimo di persuadere, ha come radice VINCO ovvero vincere, sopraffare l’altro. Nel mondo greco il cittadino doveva saper gestire le dinamiche della comunicazione persuasiva in tre dinamiche. POLITICO, quando venivano prese decisioni per il bene pubblico i cittadini venivano invitati nell’ agorà dove si dibattevano le decisioni per la crescita della vita consociata, dovevano essere in grado di gestire la comunicazione in ambito politico ma anche in ambito GIURIDICO, l’imputato doveva scriversi il discorso di difesa, mandarlo a memoria e proferirlo durante il dibattito processuale, i logografi scrivevano il discorso di difesa. Era necessario saper gestire le dinamiche in ambito EPIDITTICO, c’erano momenti in cui i cittadini venivano raccolti e si facevano discorsi nei quali si valutavano positivamente coloro che avevano compiuto gesta per il bene pubblico. SOSPETTI NEI CONFRONTI DELLA PERSUASIONE Si viene a creare una situazione di PARRESIA, si poteva parlare di tutto, un vero e proprio mercato della parola e la retorica aveva il compito di insegnare a costruire un discorso persuasivo attraverso l’argomentazione. Una comunicazione argomentativa CREA UN’ ADESIONE dove si danno le ragioni a sostegno delle nostre prese di posizione. Il termine ARGOMENTO deriva dal latino ARGOMENTUM dove la desinenza tum sta a indicare che è un derivato, è un’espressione che mostra ragionevolezza. La comunicazione persuasiva è un ARS BENEDICENDI, ovvero un’attività guidata che da delle indicazioni su come creare consenso. Nel mondo greco, con l’arrivo dei sofisti, vi è un apporto nei confronti della retorica, i sofisti erano dei veri e propri tecnologi della parola e aprirono delle botteghe in cui insegnavano a prendere un discorso e a farlo vincere ma anche a farlo perdere. I sofisti insegnavano a CONVINCERE, vincere l’altro con la parola, piegano il discorso e instaurano tecniche per sovrastare l’altro con la parola attraverso dei discorsi basati sulla vis, sulla violenza, mettendo così a rischio la sanità della parola e di conseguenza della comunicazione. I SOFISMI rappresentano un ragionamento scorretto usato per capire com’è strutturata una comunicazione manipolatoria, con i sofisti nasce anche il SOSPETTO DELLA RETORICA che mette a rischio la democrazia, nasce un grande dibattito su questo argomento. Qualche intellettuale affermava che se la retorica era pericolosa e metteva in pericolo la comunicazione andava bandita ricorrendo alla DECADENZA DELLA RETORICA, così Aristotele RISCATTA LA RETORICA. Attua una SVOLTA LOGICA, il problema stava, secondo Aristotele, nel chi usa la retorica e non nella retorica stessa, fa un’analogia con il medico e dice che un medico è in grado di somministrare sia medicine che veleni, sta a lui decidere; così come la retorica che può essere usata per scopi benefici e malefici allo stesso tempo. Inoltre, Aristotele ha distinto DUE MODI DI PERSUASIONE:  RICORRENDO AL DISCORSO ovvero come la persuasione avviene attraverso il discorso, indicato con il termine tedesco überrend, che significa PERSUADERE, dove rend sta a indicare il discorso.  MEDIANTE EXTRADISCORSIVA dove il mediante è un TESTIMONE è colui che ci propone/chi ha vissuto/ ricco di esperienze, è un soggetto che convince attraverso il suo esserci e darsi, termine che deriva da martys ovvero testimone, questo termine richiama al termine italiano martire ovvero testimone; in tedesco il testimone è der Zuegen e TESTIMONIARE überzeugen. La parola chiave della dinamica della persuasione è PìSTIS/FIDES, questo termine presenta una polisemia ovvero ha più significati, la comunicazione persuasiva è dominata da questo termine. PìSTIS/FEDIS MITTENTE LOGOS/MESSAGGIO DESTINATARIO Questa mappa nasce da Aristotele ma anche da attori della pragmatica ovvero dei linguisti che hanno messa a tema il linguaggio come azione, quando abbiamo un MITTENTE, quest’ultimo può essere, un VOCALIZER ovvero colui che pronuncia un discorso in pubblico come nel nostro caso, si potrebbe trattare anche di ANIMATOR ovvero colui che presta la sua voce al discorso. Bush è un VOCALIZER che compare insieme ai suoi colleghi come FORMULATOR ovvero come colui che ha contribuito a creare il discorso, un mittente può essere anche responsabile di atti comunicativi, si parla per agire, ovvero il PRINCIPAL, Bush formula atti linguistici in cui è responsabile di atti comunicativi diversi, in certi casi interviene come presidente in altri invece parla a nome dell’America, in altri parla a nome del CIVILIES WORLD ovvero a nome del mondo civile, è un responsabile a livelli diversi, in quanto responsabile apre dei COMPITI/KOMMITMENT. Le stratificazioni dalla parte del DESTINATARIO, lo possiamo vedere come uditore, che potrebbe essere legittimato o no, in questo caso il destinatario è tutto legittimato ed è tutto il mondo, quando l’uditore non è legittimato ma lo ascolta comunque si parla di ORIGLIATORE, possiamo individuare un’altra stratificazione, il destinatario è un CRITES, ovvero un giudice, non è solo uditore in quanto deve decidere, in questo caso assume il termine di STAKEHOLDER, gli interlocutori di Bush sono decisori a vari livelli, sono infatti a livello del popolo o a livello dei leader di questi popoli. Poiché il mittente apre dei compiti il destinatario dovrà rispondere a questi impegni del discorso per cui un ulteriore stratificazione è quella del RESPONDENT, in questo caso sono di natura diversa, il mittente apre dei compiti diversi per i suoi destinatari. MAPPA MITTENTE-DESTINATARIO BOZZA DI MEDIAZIONE DEL CONFLITTO ARABO-ISRAELIANO Good morning. During the course of one week, the situation in the Middle East has deteriorated dramatically. Last Wednesday, my special envoy, Anthony Zinni, reported to me that we were on the verge of a cease- fire agreement that would have spared Palestinian and Israeli lives. That hope fell away when a terrorist attacked a group of innocent people at a Netanya hotel, Killing many men and women in what isa mounting tollofteror. In the days since, the world has watched with growing concern the horror of bombings and burials and the stark picture of tanks in the street. Across the world, people are grieving for Israelis and Palestinians who have lost their lives. When an 18-year-old Palestinian girl is induced to blow herself up, and in the process kills a 17-year-old Israeli girl, the future itself is dying, the | future of the Palestinian people and the future of the Israeli people. We mourn the dead, and we mourn the damage done to the hope of peace, the hope of Israeli's and the Israelis' desire for a Jewish state at peace with its neighbors, the hope of the Palestinian people to build their own independence state. Terror must be stopped. No nation can negotiate with terrorists, for there is no way to make peace with those whose only This could be a hopeful moment in the Middle East. The proposal of Crown Prince Abdullah of Saudi Arabia, supported by the Arab League, has put a. number. of countries in the Arab world closer than ever to recognizing Israel's right to exist. The United States is on record supporting the legitimate aspirations of the Palestinian people for a Palestinian state. Israel has recognized the goal of a Palestinian state. The outlines of a just settlement are clear: two states, Israel and Palestine, living side by side in peace and security. This can be a time for hope, but it calls for leadership, not for terror. Since September 11 I've delivered this message: Everyone must choose. You're either with the civilized world or you're with the terrorists. All in the Middle East also must choose and must move decisively in word and deed against terrorist acts. Bush inizia il suo discorso con una presa di contatto “good Morning”, inizia con una narrazione di un attacco terroristico, “eravamo sul punto di un accordo di un cessate il fuoco quando un episodio ha distrutto questo momento propizio”, interviene la narratio della vicenda e descrive l’attacco dell’episodio drammatico, continua la narrazione, la narratio raggiunge un ACME dal secondo paragrafo, adesso passa a rivolgersi al tutto il mondo civile e fa da responsabile del mondo civile. “No Nation can negotiate with terrorist (TESI) for (CONNETTORE CHE CONTIENE LA TESI DELL’ARGOMENTAZIONE) there is no way to make peace with those whose only goal is death” utilizza un ENTIMEMA, la prima domanda che ci poniamo “Su quale adesione naturale fa leva Bush in questa sua argomentazione” fa leva su un principio condiviso, se la negoziazione è condivisa tra due entità e viene meno una delle due parti non si può negoziare, quindi è un principio ENCICLOPEDICO perché noi sappiamo che cos’è un processo negoziale dal punto di vista semantico del termine, questa premessa maggiore non è esplicitata però noi possiamo usare gli indizi, riconoscere il principio taciuto e ricostruire la premessa maggiore, questo principio crea l’aggancio e fa leva sull’adesione naturale che c’è già nei nostri destinatari, lo si porta ad aderire attraverso un processo deduttivo. La PREMESSA MINORE è “terrorist have has goal the death of the counterpart” e la CONCLUSIONE è “it’s not possible to negotiate with terrorists”. C’è una parte del mondo arabo favorevole alla legittimità dello stato israeliano, DA UNA SPERANZA, dopo pone la CONDIZIONE della speranza ponendo un’alternativa. ESEMPI DI ENTIMEMA IN AMBITO PUBBLICITARIO: per raccomandare l’acquisto di un prodotto, supponiamo che il prodotto sia un burro, “QUESTO BURRO E’ GENUINO” è la TESI, enunciato assertivo con componente valutativa, “E’ FATTO CON IL LATTE FRESCO DELLE ALPI” è l’ ARGOMENTO a sostegno della tesi, questo è un entimema, per suscitare l’adesione si rivolge alla cultura delle massaie facendo leva sul principio condiviso, ovvero quello di associare la genuinità al latte fresco delle Alpi, “qual è l’aggancio dell’argomento alla tesi?”, “quale aspetto della tesi mette a tema l’argomento?” , l’argomento chiama in causa (punto di aggancio, HOOKING POINT) la materia di cui il burro è fatto, la CAUSA MATERIALE, la qualità della CAUSA MATERIALE è determinante per la qualità del prodotto, questa struttura dell’entimema è una struttura che tace la premessa maggiore ovvero “il latte fresco delle Alpi è genuino”, l’ ENDOXON crea un aggancio tra il pubblicitario e gli acquistati del prodotto, mentre la premessa minore è che la causa materiale di questo burro è il latte fresco delle alpi infine la conclusione coincide con la tesi. Gli strumenti sono fondati sull’uso della ragione, all’opera quando vengono usati in ambito logico/illustrativo, per persuadere utilizziamo gli entimemi che riprendono la struttura del sillogismo logico ma sono di natura persuasiva, tacciono la premessa maggiore che contiene un processo condiviso dalla doxa su cui c’è un’adesione naturale, chi argomento fa leva su questi argomenti già condivisi, prevede una premessa minore e infine la conclusione. ESEMPI DI ENTIMEMA IN AMBITO PUBBLICITARIO: individuare una strategia argomentativa per pubblicizzare un orologio, “QUESTO OROLOGIO È DI ALTA QUALITA’?” TESI messa in discussione “E’ SVIZZERO” ARGOMENTO a sostegno della tesi, la prima domanda che ci poniamo è “Qual è l’hooking point?” , il punto di aggancio dell’argomento rispetto alla tesi, qualità positive della causa efficiente indicano qualità positive del prodotto, “Qual è l’ENDOXON?” gli orologiai svizzeri sono considerati produttori di alta qualità, adesione naturale a questo principio, common ground, premessa minore questo orologio ha come causa efficiente/produttori orologiai svizzeri, conclusione questo orologio è di alta qualità. DER WILLE DES VOLKES, FREGE parla di un abuso manipolatorio di questo termine(la volontà del popolo), lui dice che questa espressione è manipolatoria in quanto rimanda a un denotato, UBER SINN UND BEDEUTUNG, in questo saggio FREGE fa una distinzione tra senso e denotato soprattutto nelle espressioni nominali, sono espressioni denotative perché permettono di individuare oggetti nella realtà, significati diversi vanno a individuare nella realtà lo stesso denotato, rappresentano una volontà universale che in realtà non esiste, in realtà esistono le singole volontà, far passare cose non esistenti per cose esistenti (manipolazioni) FREGE, per spiegare bene la differenza tra senso e denotato fa questo parallelismo, tra MORGENSTERN (ovvero la prima stella che compare al mattino, lucifero in italiano) contrapposta al termine ABENDSTERN (ovvero la prima stella che compare alla sera, vespero in italiano), Pitagora scoprì che le due stelle coincidono con lo stesso astro Venere, i significati delle due parole sono diversi ma individuano lo stesso astro ovvero lo stesso denotato. Nei processi comunicativi avviene un PRESUPPOSITIONAL ACCOMODATION, il destinatario quando è raggiunto da un atto di discorso aderisce ai presupposti, esempio: “Il gatto beve il latte” ASSERTED CONTENT è ciò che viene esplicitato, questo enunciato veicola anche un contenuto presupposto ovvero il PRESUPPOSED CONTENT, significati impliciti, rientrano nel common ground che costituiscono un condiviso che fonda un essere partecipante di una comunità parlante (WENESS, si può passare dall’I e al WE). I parlanti hanno più controllo sul contenuto asserito, su ciò che è esplicitato, per questo si danno nomi a cose su cui l’esistenza è discutibile come la volontà universale. 1.b) Il secondo esempio, le manipolazioni fanno riferimenti a ISTINTI UMANI PER CUI NOI CI RIFERIAMO ALLA TOTALITA’, una parte per il tutto. Questa strategia è stata usata quando per andare contro la Germania di Hitler ci si univa dalla parte di Stalin, il nemico in comune era la Germania questa condivisione veniva rappresentata come la totalità di ragioni che si condividono tra amici, ovvero “il nemico deli mio nemico è un mio amico”, si vide che le cose non stavano proprio così nella CONFERENZA DI JALTA, quindi questa espressione è manipolatoria. La strategia manipolatoria della CAKE TEMPTATION, si usa quando si tratta di risorse, queste risorse si presentano come bene statico, come ad esempio la torta FIXED PIE, i beni dinamici vengono rappresentati in modo statico, le risorse sono sempre dinamiche, nei totalitarismi si attuava la strategia di dare le risorse al regime per poi ridistribuirle. Le operazioni di AGENDA SETTING, quando i giornali devono stabilire le notizie da mettere in agenda, i giornali ci presentano una selezione degli eventi e ce li presentano come fosse la totalità della giornata 1.c) Il terzo esempio, le manipolazioni fanno riferimento all’ ISTINTO DI APPARTENENZA, l’uomo appartiene a qualcosa, è un qualcosa di naturale. Nel 1956 INVASIONE UNGHERIA “se non la pensi così non sei dei nostri.”, si parte dall’istinto di appartenenza al gruppo minaccio di escluderti dal nostro gruppo, SENSO POSITIVO, “non sarai mica uno di quelli che credono ancora che…” minaccio di includerti in un gruppo negativo, SENSO NEGATIVO. SENSO VS DENOTATO 2.a) Tipo di strategia manipolatoria POLARITY TEMPTATION, strategia che si usa in ambito di descrizione e individuazione di gruppi sociali e politici, si formano il gruppo del noi e il gruppo del voi, si instaura una DICOTONIA, ovvero divido il tutto in due gruppi opposto, e una MANICHEA, ovvero tutto il bene sta da una parte e tutto il male sta dall’altra. Noi siamo buoni, loro sono NON buoni, ciò rimanda al fatto che loro sono i CATTIVI. I PARADIGMI, ovvero un insieme di elementi, per esempio il PARADIGMA SEMANTICO cromatico, insieme di elementi che contiene i singoli elementi, questi elementi hanno un RAPPORTO DI ALTERNATIVITA’, esempio: “questo vestito è rosso” PARADIGMA MULTIPLO, costituito da molti elementi. Se nego un elemento che appartiene al paradigma “questo vestito non è rosso” è come se affermassimo che può essere di uno degli altri colori, il testo si apre a tutte le altre possibilità. PARADIGMI COSTRUITI SU OPPOSIZIONI POLARI, PARADIGMA BINARIO, contiene due elementi, esempio: acceso-spento, ELEMENTI CONTRARI-IMMEDIATI, questi opposti costituiscono un insieme di elementi, negando uno di questi estremi polari affermiamo necessariamente l’altro. Prendo in esame bianco-nero, sono estremi opposti, se noi neghiamo uno non affermiamo l’altro perché fra bianco e nero esiste un’ampia gamma di sfumatura, tra il bianco e il nero c’è il grigio, questi contrari sono MEDIATI, bianco e nero sono due elementi di una scala di valori intermedi. Buono-cattivo sono due contrari mediati, c’è una gamma di valori intermedi però non abbiamo lessicalizzazioni che ci permettono di individuare i valori intermedi, in questo caso è un PARADIGMA SEMANTICO NON BINARIO, due opposti polari coincidono con valori scalari. I livelli intermedi sfuggono perché a livello lessicale non abbiamo termini per indicarli, non abbiamo termini unitari; quindi, quando neghiamo uno di questi elementi li trattiamo come opposti IMMEDIATI e BINARI. SAPIR afferma che questa zona intermedia viene chiamata ZONA INTERMEDIA DEL NEITHER. PARADIGMI Nel periodo della guerra fredda il mondo venne diviso in due parti, quella del noi ovvero i buoni e quella del loro ovvero i non-buoni, in questi poster si vede bene questa divisione: le affermazioni indicano che il gruppo del “noi” fa delle AZIONI BUONE mentre il gruppo del “loro”, ovvero gli Usa, compiono delle AZIONI NON BUONE. George Orwell utilizza la tecnica della polarity temptation nel suo romanzo “1984”, questo è un ROMANZO DISTOPICO ovvero che descrive un mondo distopico. Il termine DISTOPIA e UTOPIA nascono dallo stesso paradigma TOPOS ovvero LUOGO, la radice di UTOPIA lo porta a significare non luogo, ovvero sta a indicare un mondo non esistente ed estremamente positivo mentre DISTOPIA indica un luogo negativo. Questi mondi negativi descrivono delle azioni del presente che preoccupano e vengono estremizzate per allarmare la gente, in questo romanzo viene descritto un mondo dominato dal GRANDE FRATELLO, nell’appendice c’è una descrizione di come questo regime abbia creato una NEO-LINGUA ovvero una lingua apposita, questo è un esempio dell’INVESTIMENTO DEI REGIMI TOTALITARI NELLA COMUNICAZIONE, veniva attuata una riduzione del vocabolario e veniva attuato un lavoro sui dizionari per avere maggiore controllo sui cittadini. POSTER PROPAGANDA SOVIETICA GEORGE ORWELL- 1984 Modelli proposti a cavallo tra ‘800 e ‘900, la lingua è uno strumento finalizzato alla comunicazione per noi è dato per scontato ma a questa conclusione ci si è arrivati gradualmente, alcuni modelli sono stati elaborati in sede linguistica, alcuni in sede pragmatica, uno in ambito di teoria dell’informazione è importante anche se non vede intervenire la lingua e infine vedremo un modello fondato sul rapporto tra comunicazione verbale e azione umana, ovvero creare azioni mediante la lingua. MODELLO DI SHANNON, modello creato da Claude Shannon (1916-2001) un matematico, in questo modello Shannon si chiede come avvenga la trasmissione dell’informazione superando i disturbi sul canale, un modello di comunicazioni tra due macchine tra un information source e un receiver. Introduce anche un noise source, una sorgente di disturbo, il flusso informativo passa attraverso un canale fisico che può avere dei disturbi, questo modello garantisce una teoria priva di disturbi sul canale, è possibile stabilire una CAPACITA’ DEL CANALE ovvero la quantità di flusso informativo che può viaggiare sul canale, ed è definita come quantità massima di scambio informativo che può passare tra la sorgente e il ricevitore, una volta definita la capacità è risolvibile il problema dei disturbi affinché non ci siano disturbi sul canale bisogna trasmettere una quantità di informazione inferiore alla capacità del canale. MODELLO DELLA COMUNICAZIONE VERBALE (Paragrafi 2.2 a 2.6) MODELLO IN TEORIA DELL’INFORMAZIONE MODELLI ELABORATI IN SEDE LINGUISTICA Il primo modello strutturalista che individuava la struttura e il funzionamento della lingua è quello di Saussure, lui diceva che la lingua va osservata in un momento preciso della sua evoluzione andando a indagare la sua struttura. Il MODELLO DI SAUSSURE, modello creato da Saussure (1857- 1913) è un linguista francese scrisse il “corso di linguistica generale”, il modello si chiama CIRCUIT DE LA PAROLE, propone un modello del discorso in cui presenta due interlocutori, un mittente e un destinatario, ognuno dei due produce segni che vengono interpretati dall’ascoltatore in un processo di codifica e di decodifica. I due possono interagire perché hanno uno strumento condiviso LA LINGUA, ovvero la LANGUE, collocata in sede mentale, ciascuno dei due sceglie i segni e le regole per combinare i segni e poi attiva i segni e le loro regole che diventano messaggi, la comprensione avviene a causa della condivisione della lingua. La COMPRENSIONE viene intesa in termini di DECODIFICA, processo meccanico, avviene grazie al fatto che il destinatario conosce le corrispondenze tra segni e il loro significato. Lo strutturalismo americano, MODELLO DI BLOOMFIELD, modello creato da Leonard Bloomfield (1887-1949) opera in un contesto culturale diverso rispetto a Saussure, lui segnala che il linguaggio è uno dei tanti comportamenti dell’uomo ed è strutturato in termini di STIMOLO E RISPOSTA, in questo periodo dominava la corrente del COMPORTAMENTISMO, una teoria che studia le azioni umane in quanto comportamenti e li spiega in termini di stimolo e risposta. Nel suo testo LANGUAGE descrive l’approccio alla lingua, due ragazzi fanno una passeggiata, lei vede un albero di mele e le nasce il desiderio di mangiare una mela, lei chiede a lui di andare a prenderla, Bloomfield vede queste azioni con un approccio di stimoli e risposte dice che a lei viene uno stimolo fisico, le fa aumentare l’appetito, per lui la richiesta di lei è una risposta e va a prendere la mela. L’atto linguistico di lei viene interpretato come l’effetto di uno stimolo fisico/fisiologico e viene prodotto come atto linguistico. MODELLO DI BUHLER, in ambito strutturalista europeo, questi linguisti venivano chiamati linguisti funzionalisti, modello creato da Buhler (1879-1963), lui fu uno dei rappresentanti delle scuole funzionaliste e scrisse SPRACHTEORIE, ovvero teorie della lingua, per lui la lingua è uno strumento finalizzato alla comunicazione lui prende la nozione di segno linguistico ed inserisce il SEGNO come nodo centrale tra mittente, destinatario e realtà (state of affairs-TRIPLICE RELAZIONE), considera la funzione che il segno svolge rispetto alla realtà. Il segno svolge una funzione che ci porta oltre il segno stesso ma considera la funzione che esso svolge, il segno svolge una FUNZIONE DI ESPRESSIONE in rapporto con il mittente, il segno è SINTOMO, in rapporto al destinatario svolge una FUNZIONE DI APPELLO, il segno è SEGNALE, in rapporto alla realtà svolge una FUNZIONE RAPPRESENTATIVA della realtà, il segno è SIMBOLO. MITTENTE SINTOMO FUNZIONE ESPRESSIONE RICEVENTE SEGNALE FUNZIONE APPELLO REALTA’ SIMBOLO FUNZIONE RAPPRESENTAZIONE Il momento della comprensione introduce il concetto di SEMIOSI DEITTICA, paragoniamo i segni “casa” e “io”, il termine “casa” è usato da ciascuno di noi e non cambia mai il significato, ha il significato di abitazione, se pronunciamo “io” cambia a seconda di chi la usa, “io” dice sempre di chi parla ovvero il mittente ma prende come riferimento diversi parlanti, in termini linguistici si dice che queste parole devono essere osservate nel contesto linguistico affinché si precisi il significato sono parole DEITTICHE che significa INDICARE, andare a prendere chi è il parlante che ha usato “io” in un preciso contesto comunicativo. La semiosi è il processo con cui si costruiscono le parole se è caratterizzata da deissi si deve precisare il contesto dove vengono usate le parole, Buhler scopre che ci sono diversi tipi di semiosi. (dalla dispensa storica pag.38-41 e da pag. 42 inizia il saggio di Jakobson da pag. 42 a 48) MODELLO DI JAKOBSON (1896-1982) fa parte della scuola di Praga, è il linguista che ha individuato i fattori della comunicazione ed un processo comunicativo contiene 6 fattori, un MITTENTE invia un MESSAGGIO al DESTINATARIO, un messaggio si definisce a un CONTESTO, il mittente e il destinatario per poter comunicare devono condividere il CODICE ovvero la lingua e inoltre il messaggio viene trasmesso attraverso un CANALE o un CONTATTO per esempio l’aria, a ciascuno di questi fattori corrisponde una funzione precisa. Ogni fattore ha la propria FUNZIONE TESTUALE, il mittente ha la funzione emotiva, il destinatario ha la funzione conativa per esempio i messaggi pubblicitari, il messaggio ha la funzione poetica, il contesto ha la funzione referenziale ovvero quella rappresentare il contesto del messaggio, come nel caso delle cronache, il codice ha la funzione metalinguistica usata in testi come la grammatica/dizionari, il canale ha la funzione fatica, che stabilisce i messaggi che servono per gestire il canale e instaurare il contatto, per esempio “pronto!” quando rispondiamo al telefono. La FUNZIONE POETICA del messaggio viene precisata da Jakobson; c’è sempre, in un testo, una funzione che domina sulle altre perché è prevalentemente orientato a quella funzione, la funzione poetica è stata spiegata all’interno del saggio “Linguistics and Poetics”, all’interno di un modello unitario dove la funzione poetica è accanto ad altre funzioni. Segnala che il testo poetico organizza in modo particolare gli ASSI DELLA COMBINAZIONE E DELLA SELEZIONE, questo è stato il risultato della riflessione nell’ambito strutturalista, esempio: Paolo fuma, noi combiniamo elementi nel testo, questo enunciato presenta un ASSE DELLA COMBINAZIONE costituita dai due elementi, che a loro volta, sono stati selezionati da un insieme di elementi equivalenti che potrebbero stare al posto di Paolo e che il parlante ha in sede mentale, il parlante seleziona Paolo e fuma nell’ambito di un insieme equivalenti, tra una molteplicità di verbi. Quando noi creiamo un enunciato selezioniamo, ASSE DELLA SELEZIONE, elementi equivalenti in sede mentale in ABSENTIA e gli elementi selezionati vengono combinati e noi otteniamo un enunciato. In ambito del testo poetico il poeta costruisce il testo selezionando elementi della sede mentale ma proietta il principio della equivalenza dall’asse della selezione a quello della combinazione, le equivalenze sull’asse della combinazione sono ad esempio: “nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai in una selva oscura che la diritta via era smarrita…” ciascun elemento della terzina dantesca è costituito da 11 sillabe abbiamo un’equivalenza del numero di sillabe tra i differenti versi, vita-smarrita compare un equivalenza di finale, presenta strutture equivalenti sull’asse della combinazione. STUDI SULLA TRADUZIONE  MASSIMA DELLA QUALITA’ non si deve dire ciò che si ritiene falso e inoltre segnala che non dobbiamo dire ciò di cui non abbiamo un EVIDENZA ADEGUATA,  MASSIMA DELLA RELATION si riferisce alla relazione, questa massima dice di essere pertinente cioè deve interessare il destinatario,  MASSIMA DEL MANNER, la massima del modo che da indicazioni su un linguaggio adeguato che dobbiamo utilizzare: bisogna evitare oscurità, ambiguità del messaggio, deve essere breve in base allo scopo dell’atto comunicativo e si deve procedere con ordine. Se avviene una violazione delle massime, esempio: “dov’è Carlo?”, risposta: “C’è una VW davanti alla macchina di Anna”, la risposta non è pertinente quindi abbiamo una violazione della massima della relation. Anche se la massima è disattesa noi capiamo il senso della frase, noi attuiamo dei PROCEDIMENTI INFERENZIALI che ci permettono di recuperare un senso, è possibile attuare l’inferenza a partire dal condiviso tra mittente e destinatario. Sono considerati gli autori della RELEVANCE THEORY, ampliamo il modello di Grice per quanto riguarda la dimensione della revelance. Per tradurre in modo corretto si deve guardare il contesto, loro segnalano l’importanza del CONTESTO, fondamentale per interpretare un messaggio se i messaggi sono decontestualizzati non si riesce a interpretarli, NEL CONTESTO FANNO PARTE ANCHE IL MITTENTE E IL DESTINATARIO. I messaggi producono EFFETTI CONTESTUALI, già messi a tema da Austin, producono degli effetti nel contesto provocando delle modifiche, comportando quindi un CAMBIAMENTO. Loro segnalano il ruolo fondamentale delle INFERENZE, i processi che permettono di ricostruire i non detti, i significati non esplicitati, sono fondamentali perché permettono all’ascoltatore di ricostruire il senso inteso dal mittente, portano il destinatario a inferire l’unico SENSO INTESO dal mittente con un dispendio minimo di sforzo interpretativo, il destinatario acquisisce dal discorso del mittente una parte esplicitata e una inferita. La PERTINENZA di un testo dipende dal rapporto tra effetti contestuali, che produce nel contesto, e sforzi cognitivi necessari per interpretarlo, ovvero un testo è pertinente quando produce un effetto, ovvero un cambiamento nel contesto e il destinatario riesce a interpretare il messaggio con uno sforzo cognitivo minimo. DAN SPERBER E DEIRDRE WILSON EVENTI COMUNICATIVI (paragrafo 2.4-2.6) Possiamo formulare cosa sono gli oggetti/atti comunicativi, l’atto comunicativo è un EVENTO che accade nella realtà, eventi che si producono per trasmettere un messaggio. Per capire il significato del termine evento dobbiamo confrontare la parola latino-romanza con la parola germanica; in latino-romanza il termine evento viene detto EVENTUM ha a che fare con e-venio, ovvero un verbo INGRESSIVO che indica l’inizio di un’azione, vuol dire iniziare ad arrivare/sopraggiungere. Successivamente dobbiamo integrare il significato di eventum con il termine EREIGNIS, questo termine contiene la radice EIGEN che vuol dire proprio e appartiene al verbo SICH ANEIGNEN che vuol dire impossessarsi/impadronirsi da qui mettendo insieme i due termini, latino e tedesco, abbiamo il significato completo di evento, l’evento è qualcosa che inizia ad accadere e che si impossessa di noi. L’evento comunicativo veicola un senso, identificato da Peirce, lui ha introdotto la nozione di HABIT CHANGE, il senso produce un cambiamento di habit. HABIT è un prestito dal latino, deriva da HABITUS, era legato all’espressione “se habere ad”, avere un certo atteggiamento, in greco l’atteggiamento che vien cambiato attraverso il senso dei messaggi che ci sopraggiungono viene indicato con il termine HEXIS; invece, DIATHESIS indica un atteggiamento superficiale nel rapporto con la realtà (azioni, reazioni…). I messaggi sono scambi di segni che veicolano un senso e i segni ci sollecitano a lasciarci coinvolgere e il loro senso produce un cambiamento di habit, un habit change che fa parte del senso di un evento comunicativo. Il termine SENSO è un termine polisemico, con più significati, esempio: “l’uomo ha cinque sensi, l’udito è un senso”, questo esempio indica il termine senso attraverso gli organi di percezione che ci permettono di avere una percezione della realtà, il tedesco per percezione utilizza WAHRNEHMUNG dice che la percezione a cui ci portano gli organi percettori è un rapporto con la realtà. Esempio: “questa strada è a senso unico” questo esempio indica il termine senso con la direzione di una certa strada, esempio: “lui ha buon senso” indica una persona ragionevole, la parola UOMO in italiano ha due sensi: nel primo significa l’essere umano (mensch, homo) e in un altro senso significa essere umani di sesso maschile (mann, vir), il senso può essere sostituito con il termine accezione, “questa espressione non ha senso” il non senso è un’insensatezza. L’INSENSATEZZA, dei comportamenti vengono definiti insensati in quanto irragionevoli, ad esempio: una filiale di freezer apre una sede al polo nord, quando chiedo al barista qualcosa va via, comportamenti insensati in quanto irragionevoli, non hanno delle ragioni adeguate. L’insensatezza è una mancanza di ragioni adeguate, guardando il non-senso possiamo arrivare a capire cos’è il senso. Il SENSO ha a che fare con la RAGIONEVOLEZZA, un fatto ha senso quando ha un rapporto con la ragione. ESISTE IL NON-SENSO NELLA DIMENSIONE COMUNICATIVA? Aristotele affermava che: “l’essere umano è destinato ad avere senso, a cercare il senso.”, ma esiste il non-senso nella dimensione comunicativa?  Costruiamo dei NON-SENSI ARTIFICIALI creati su misura dal linguista a scopo METALINGUISTICO, ovvero quando si intende tutto il discorso che si fa per spiegare la lingua, non sono testi reali.  Il NON-SENSO come TIPOLOGIA TESTUALE si realizza nel teatro dell’assurdo, ovvero una tipologia di teatro, la testualità è distrutta nella sua sensatezza ma anche i punti oscuri di questi testi hanno un senso, ci costringono come lettori di collocarci a livello strategico molto alto e di andare a inferire il senso che ci vogliono comunicare ovvero il senso del disagio dell’essere umano moderno che ha perso punti di riferimento, ha perso il significato della realtà e il significato di sé stesso.  Il NON-SENSO dei testi prodotti da SOGGETTI PSICOTICI, sono testi sensati perché anche in questo caso bisogna interpretarli a livello strategico molto alto e ci veicolano il senso del disagio dei pazienti. Il non-senso non esiste nell’ultimo livello comunicativo, sappiamo che, secondo Grice, il mittente e il destinatario comunicano attraverso il principio di cooperazione che è insediato sia nel mittente che nel destinatario, è come se noi parlanti di fronte a un’espressione dobbiamo trovare il senso della frase, ANDIAMO ALLA RICERCA DEL SENSO DI CIO’ CHE È STATO ESPRESSO, il NON-SENSO è un esito metalinguistico, ovvero degli enunciati insensati che noi costruiamo appositamente, quando siamo in ambito metalinguistico, per far emergere le dinamiche del nostro discorso. “Il dire è un fare” disse Platone, gli atti linguistici permettono ai soggetti umani di intrecciare le azioni e avviene grazie alla mediazione linguistica; noi per intrecciare azioni usiamo i messaggi. Esempio: quando andiamo al bar lo scambio caffè-soldi avviene attraverso un atto linguistico, questo atto permette l’intreccio di azione tra il cliente e il barista. L’ONTOLOGIA DELL’AZIONE, il termine ontologia è polisemico, in ambito filosofico l’ontologia è un discorso sull’essenza della realtà, per ontologia di azioni si intende la messa in scena degli elementi essenziali dell’azione, in THEORY OF ACTION si indaga sui suoi elementi fondamentali, fare le ontologie vuol dire far emergere la struttura di un oggetto complesso. La STRUTTURA DELL’AZIONE è un intervento sulla realtà da parte di un soggetto agente dotato di intelligenza e volontà, qual è l’origine dell’azione? Le azioni scattano a partire da un DESIDERIO, esempio: supponiamo che un certo soggetto si trovi a casa sua e sorge in lui un desiderio di soddisfarsi il gusto di bere un caffè, lui conosce il mondo e il contesto in cui vive ma non è la conoscenza bensì il desiderio che fa scattare l’azione, immagina una tazzina di caffè, immagina lo stato di cose che possono soddisfare il desiderio e ciò diventa uno SCOPO, per raggiungere lo COMUNICARE COME AGIRE LA STRUTTURA DELL’AZIONE di cose diventa lo scopo da raggiungere, attivano la CATENA DI REALIZZAZIONE per raggiungere lo scopo, nella cooperazione la catena di realizzazione è una perché il desiderio è comune. Nella cooperazione gli atti linguistici assumono la FUNZIONE di COORDINARE le azioni rispettive degli agenti, in modo tale da raggiungere un obiettivo comune. Ci potrebbero essere dei momenti di COMPETIZIONE, il termine competizione deriva dal latino cum petere “puntare al medesimo bene”, è il momento in cui abbiamo due soggetti che desiderano il medesimo bene che per sua natura non può essere condiviso. In entrambi insorge il desiderio di raggiungere lo stesso bene, in questo caso la fetta di una torta, si fonda sul principio del mors tua vita mea, questo stato di cose diventa lo scopo da perseguire, gli atti linguistici utilizzati in questa situazione puntano da parte di ciascuno a giustificare la preminenza della propria azione su quella degli altri, la comunicazione verbale assume un’organizzazione meno prevedibile, di carattere decisamente ARGOMENTATIVO. Un ulteriore fattore che ci permette di costruire messaggi è l’inferenza, sono molti di più i significati impliciti del messaggio rispetto a quelli esplicitati, il termine deriva da infero ovvero porto dentro, è il processo che ci accompagna nella comunicazione per cui noi continuiamo a completare i messaggi che sono lacunosi portando dentro nel messaggio tutti i quei sensi che sono non detti, tutti i sensi che vanno inferiti, ciascuno di noi intenzionalmente non dice tutto il significato che vuole esplicitare. Questo è stato messo in rilievo da molti studiosi, la comunicazione verbale è fatta di SEMIOSI ma i messaggi non sono costituiti solo da questi elementi perché la semiotica collabora con l’INFERENZA. Esempio: due automobilisti, “guido sempre” “perché non fai guidare tuo figlio?” “mio figlio non guida perché ha cinque anni”, il messaggio è costituito da due mosse, abbiamo inferito un nesso INFERENZA logico di natura causale tra il primo enunciato e il secondo se avesse risposto “mio figlio non guida. È sposato” noi ci aspettiamo che dia una giustificazione pertinente, viola il nesso di causalità, si dice che i due elementi sono legati da un CONNETTIVO, ovvero il nesso di significato che c’è nel primo caso “mio figlio non guida. Ha 5 anni” in questo caso rappresentato dal punto, “mio figlio non guida perché ha 5 anni” il “perché” è un CONNETTORE, sono quegli elementi, strutture linguistiche che manifesta il connettivo. Nel secondo esempio sentiamo che la seconda parte non è congrua in confronto alla prima. L’inferenza è un procedimento per cui da un’informazione ne derivo un’altra, anche se questa non è detta, dato un contenuto esplicito da questo deriviamo altri significati anche se non sono stati detti. È infinitamente di più quello che un parlante lascia intendere rispetto a quello che si dice effettivamente. In “Anna Karenina” i due innamorati si scambiano un messaggio, il dialogo tra i due è costituito dall’utilizzo delle lettere iniziali delle parole del messaggio che si vogliono scambiare, tra i due questo è possibili perché c’è un ampio COMMO GROUND, e quando si verifica questo caso è quasi inutile ricorrere alla semiosi, alle parole. Questo è un esempio al limite di inferenza. Esempio: “Bruto è figlio di Cesare” noi possiamo inferire che: Cesare è padre di Bruto, Cesare è più anziano di Bruto. Esempio: “A: Quando arriviamo in cima? B: Dammi lo zaino!” Lei formula una domanda rispetto al momento in cui sarà raggiunta la cima, lui ha inferito che lei ha fatto un’inferenza di aiuto. L’inferenza è decisiva nei testi argomentativi attraverso l’uso degli ENTIMEMI, negli entimemi ricostruiamo la premessa maggiore attraverso l’uso di un’inferenza. Le inferenze possono essere di due tipi: VOLUTE e NON VOLUTE, esempio: “A: Stasera vieni in piscina? B: Sono raffreddata” capiamo che lei rifiuta l’invito attraverso un assertivo, lei vuole che lui inferisca il no, INFERENZA VOLUTA. Esempio: “Meridionale, però gran lavoratore!” noi attuiamo delle inferenze ovvero che lui abbia dei preconcetti rispetto ai meridionali, è un INFERENZA NON VOLUTA attraverso il “però” inferiamo uno stereotipo. Nella comunicazione viene utilizzato il principio di cooperazione o PRINCIPIO DI BUONA VOLONTA’, è un principio che opera in tutti e due gli interlocutori, sappiamo che il destinatario coopererà nel ricostruire il messaggio per capirlo mentre il mittente sa che questo principio è attivo nel destinatario, quindi, lascia inferire a lui i nostri non detti. Viene chiamato anche PRINCIPE DE CHARITE’ da MOESCHLER e indica che tra i due nasce quasi una carità reciproca di andare a cercare i sensi nascosti. Il processo di comprensione del messaggio è un procedimento EURISTICO, UN PROCEDIMENTO DI SCOPERTA, l’interpretazione è andare a scoprire mediante inferenze tutto il non detto, la comprensione è un procedimento di interpretazione, di fronte a un testo ci possono essere più inferenze. “Se noi prendiamo un testo di una lingua e lo traduciamo in una seconda lingua, poi facciamo il contrario, traduciamo il testo della seconda lingua nella lingua di partenza, noi dovremmo ottenere un testo identico a quello iniziale, non si darà mai questo caso perché ciascun traduttore attua inferenze per cui i due testi non coincidono” ESPERIMENTO DELLA DOPPIA TRADUZIONE. “Che bello! Ho fatto un incidente” questo messaggio è una sequenza enunciativa costituita da due mosse, il primo segmento è un’esclamazione di sorpresa positiva, dopo questo tipo di esclamazione il testo ci lascia inferire che seguirà una successiva mossa che deve giustificare la mossa precedente, il connettivo logico dice che le due parti sono unite. Noi destinatari andiamo alla ricerca di un senso attuando delle inferenze che restituiscono sensatezza, noi potremmo inferire IRONIA ovvero l’espressione retorica dove diciamo il contrario di ciò che intendiamo comunicare, potrebbe anche non essere un’ironia, secondo noi un’esclamazione del genere può essere fatta da una persona vuole farsi rifare la carrozzeria della macchina, un masochista … abbiamo attuato delle inferenze più audaci. Le inferenze possono essere di due tipi: INFERENZE COMUNICATIVE “Enrico aveva invitato Andrea al suo matrimonio” attuiamo l’inferenza che i due si conoscono, in questo caso è il testo che lascia inferire il messaggio al destinatario, “Enrico aveva invitato Andrea al suo matrimonio. Perciò lo conosceva” Il mittente esplicita l’inferenza del testo, in questo caso è un INFERENZA COMUNICATA. Tipo di struttura utilizzata nei dialoghi, “io non voto ancora” fa scattare un’inferenza comunicativa, il destinatario ha attuato l’inferenza e risponde esplicitando un’inferenza. Esempio: CHE COSA POSSIAMO INFERIRE? INFERENZA E PRINCIPIO DI BUONA VOLONTA’ Con il termine FONOSIMBOLISMO si indica la ricerca di scoprire il nesso tra le strategie di manifestazione e il suono, portano come esempio le ONOMATOPEE anche in questo caso che dovrebbero riprodurre letteralmente il suono se noi le guardiamo in diverse lingue cambiano, anche le onomatopee che rappresentano i suoni emessi sono diverse da lingua a lingua. La seconda caratteristica è il CONCETTO DI CONVENZIONALITA’, i nessi sono anche CONVENZIONALI ovvero sono creati e costituiti in una comunità, “dimensione comunitaria della semiosi” la semiosi ha una dimensione comunitaria, i nessi sono condivisi all’interno di una certa comunità linguistica, le correlazioni semiotiche si apprendono nel momento in cui si insegnano ai bambini di dare i nomi alle cose. Insegnare a dare i nomi alle cose lo possiamo capire attraverso due esempi, SALIMBENE DA PARMA racconta un esperimento fatto da Federico II di Svevia, lui voleva andare alla ricerca della “lingua originale” o “lingua di Adamo”: prese dei bambini appena nati e le affidò a delle nutrici che potevano solo nutrirli e non parlare, i bambini uno dopo l’altro morirono, così capiamo che attraverso quel processo in cui noi insegniamo i nomi alle cose passa la benevolenza dagli adulti ai piccoli. Un altro esempio è L’ ESPERIENZA DI VICTOR, questo bambino era cresciuto con i lupi, proprio perché nessuno gli aveva insegnato a dare i nomi alle cose non riusciva a fermare lo sguardo sulla realtà, da questo capiamo che quando insegniamo a dare i nomi alle cose si entra in possesso con la realtà. La CORNICE è una linea più o meno immaginaria che circoscrive un ambito di realtà al cui interno opera la semiosi, la realtà delimitata dalla cornice chiede uno sguardo particolare, è una realtà che va interpretata, apre un PROCESSO DI INTERPRETAZIONE. La cornice è una linea non immaginaria quando si tratta di quadri, nel caso della statua la cornice è il piedistallo, la cornice del teatro separa il palco dalla platea mentre nel caso dei segni linguistici è una linea immaginaria. La CORNICE TESTUALE, ad esempio nelle fiabe “c’era una volta…” è una sorta di cornice che introduce la storia, la CORNICE NARRATIVA ad esempio il Decamerone di Boccaccio che aggancia tutto l’insieme degli altri racconti. Grazie alla semiosi vengono create correlazioni semiotiche che rimandano alla realtà, si dice che il segno STAT PRO ALIO, ovvero che le parole non coincidono con la realtà, rimandano a denotati/oggetti nella realtà. Rischio del pansemioticismo è quella concezione per cui un segno crea un rimando infinito ad altri segni senza mai rimandare alla realtà. Cancellare la barra semiotica, c’è uno stacco tra l’oggetto semiotico e la realtà, è simbolo di follia, nel caso in cui viene cancellata la semiosi non si distingue più la realtà. FENOMENO DELLA CORNICE IL RAPPORTO TRA IL SEGNO E LA REALTA’ Ci sono parole che ricorrono a una semiosi diversa, noi abbiamo un oggetto semiotico di “casa” che rimanda a un concetto che è sempre quello, usata in atti linguistici che hanno un mittente diverso hanno lo stesso concetto. Prendiamo il caso della parola “io”: c’è una parte di significato che viene data dalla parola stessa, se la guardo nel vocabolario, mentre nell’atto comunicativo cambia a seconda di chi lo usa; stesso ragionamento per la parola “ora”, se cerco nel dizionario trovo il lemma, ma cambia di volta in volta il momento temporale in cui il parlante usa “ora”. Queste parole sono DEITTICHE, dal greco additare/ indicare, come i pronomi personali, altre espressioni come quelle temporali ma anche spaziali e deittici di maniera (accompagniamo il “così” con un gesto) come: IO, TU, ADESSO, ORA, QUI, COSI’, HANNO UNA SEMANTICA ISTRUZIONALE. “Io” è una parola ovvero una CATEGORIA, termine che deriva dal greco Kàta che significa a ridosso di e da Agorèuo che significa parlo, ovvero qualcosa che si butta a ridosso della realtà per parlarne; la SEMIOSI DEITTICA si ha in quelle parole che hanno un significato che si ottiene attraverso un processo: una parte di significato viene data dalla categoria/parola/lemma ma questo significato diventa il contenuto di un’istruzione/comando che dice, nel caso di “io”, significa “vai a indicare nell’atto comunicativo colui che l’ha utilizzata”. Nel caso di “questo” è un DEITTICO SPAZIALE, indica la collocazione spaziale vicino al mittente, questo significato categoriale diventa un comando “vai a prendere lo spazio vicino al parlante utilizzato in questo atto comunicativo”, queste parole hanno una parte di significato che viene dalla categoria ma gran parte del significato è costituita dall’aggancio di come viene collocato nella realtà, hanno un FORTE TASSO DI REALISMO, sono parole formate da SEMIOSI CATEGORIALE + SEMIOSI DEITTICA. Noi tutti abbiamo un principio di contraddizione, una certa entità non può essere nello stesso tempo sotto il medesimo aspetto una cosa o l’opposto, è un principio innato evidenziato da Aristotele. I due enunciati sono contraddittori? No, non sono contraddittori, parlano di due penne diverse perché ci sono due soggetti enunciatori, due situazioni comunicative che prendono l’oggetto che si trova nello spazio vicino al mittente. SEMIOSI DEITTICA-DEISSI DEISSI DIRETTA Esistono diversi tipi di deittici:  DEITTICI PERSONALI: io/noi, tu/voi, mio, tuo ecc. ovvero pronomi personali di prima persona singolare/plurale e gli aggettivi possessivi di prima persona singolare/plurale, “vai a prendere nell’atto comunicativo la persona o le persone (mittente/destinatario)”,  DEITTICI SPAZIALI: questo, quello, qui, là; attraverso avverbi e aggettivi si va a indicare la distanza che può essere minore o maggiore rispetto al mittente “andare a prendere lo spazio comunicativo vicino al mittente”;  DEITTICI TEMPORALI: adesso, ora, prima, oggi; “vai a prendere il tempo in cui è stato formulato l’atto comunicativo”;  DEITTICI DI MANIERA: così; deittico accompagnato nell’atto comunicativo da un gesto del parlante;  DEITTICI TESTUALI: egli, ella, esso, essi; pronomi di terza persona singolare/plurale. Esempio: “Ho visto Chiara e le ho detto che domani c’è il seminario.” “Le” è un pronome personale di terza persona singolare, usato come complemento di termine, svolge la funzione di agganciare il pronome a un entità che è stata menzionata precedentemente, ci permette di evitare una ripetizione, permettono di riprendere nel proseguire del discorso dei denotati detti precedentemente senza ripeterli, in questo caso il deittico svolge una FUNZIONE ANAFORICA ci chiedono di andare all’indietro nel testo che precede, possono svolgere anche una FUNZIONE CATAFORICA quando anticipano qualcosa che verrà detto in seguito “Ti telefono per dirti questo: è nato Luca” questo è un pronome dimostrativo, anticipa quello che verrà detto in seguito, gli antichi differenziavano i deittici tra demonstrativi e relativi. Inoltre, sono ELEMENTI FORICI ovvero che realizzano delle prese nel discorso. Ci sono delle parole che non hanno semiosi ma componenti deittiche:  COMPONENTE DEITTICA NEI TEMPI VERBALI, tutti i tempi verbali hanno una componente deittica esempio: “piove” dice che l’evento meteorologico sta accadendo nel momento in cui il parlante sta parlando, il tempo dell’evento coincide con il momento del discorso. Ogni volta in cui noi utilizziamo questo verbo indichiamo un evento, che se detto al presente, sta accadendo in contemporaneità con l’istante in cui avviene l’evento, il tempo verbale permette di collocare l’evento rispetto al momento temporale in cui si trova il parlante. Esempio: “Mentre andavo al cinema ho incontrato un amico.” Il momento in cui è accaduto l’evento è anteriore in confronto al momento in cui sta parlando, uso dell’imperfetto. “Questa notte ho dormito male/L’anno scorso feci un viaggio alle Maldive” utilizzo del passato prossimo e del passato remoto, uso l’anteriorità prossima quando il fatto ha delle ricadute nel presente, passato remoto è un atto avvenuto in un’anteriorità remota senza ricadute nel presente, infine quando il parlante usa il futuro parla di un evento posteriore rispetto all’istante in cui si parla. DEISSI INDIRETTA Verso 1- He, pronome di terza persona singolare, deittico testuale con funzione cataforica, anticipa il denotato nel testo seguente dal sintagma “old man”, oppure anaforica, se consideriamo il titolo come prima sequenza del testo ovvero riprende il denotato instaurato nel titolo, riprende “old man” nel titolo. Verso 2 - He, deittico testuale, ha funzione anaforica riprende “old man”. Verso 3 - Now, deittico temporale. Verso 5 - Him, deittico testuale con funzione anaforica, riprende “old man”. Verso 7 - Him, deittico testuale con funzione anaforica, si riferisce al ragazzo, al “boy”. Verso 8 - Now, deittico temporale. Verso 10 - Their, deittico testuale con funzione anaforica, va a riprendere “parents”. SECONDO SEGMENTO Verso 12 - It, deittico testuale con funzione cataforica, il fatto di rivedere il vecchio che rientra dalla pasce senza cibo, tutto ciò che è menzionato nel sintagma che segue è anticipato dal pronome di terza persona singolare. OSTENSIONE Dal latino ostendere ovvero mettere davanti, far vedere; l’ostensione indica quei momenti di comunicazione muta in cui comunica la realtà nel suo esserci, nell’ostensione avviene un momento di comunicazione di senso, c’è un significato che ci raggiunge ma non abbiamo una traduzione nel messaggio verbale. Esempio: Einstellung (in tedesco) Uomo tremante e piangente, non comunica nulla a parole ma ci comunica qualcosa attraverso il momento muto di comunicazione. Esempio: una mamma che apre la camera del figlio e dice: “Ma che bell’ordine” è IRONIA esprimiamo attraverso l’ironia il contrario di quello che viene detto, è preceduta da un momento di comunicazione per ostensione ovvero l’esserci della camera in disordine del bambino. Entrambi vedono intervenire la realtà nel processo comunicativo ma con delle differenze, nel caso dell’ostensione, l’ostensione comunica la realtà senza che intervenga semiosi verbale, nel caso della deissi c’è un intervento della realtà permettendo che si precisi il significato di una categoria linguistica, nella deissi interviene la semiosi verbale. L’interazione dei fattori della comunicazione verbale, ad esempio noi nei momenti di comprensione attuiamo dei processi inferenziali dei momenti lacunosi di senso, questo causa PROBLEMATICITA’ DEI CONFINI, se ci dovessimo chiedere, in un momento di comunicazione a quale categoria appartiene ci troviamo in difficoltà.  IL SORRISO: momento di ostensione? O di semiosi gestuale? Esempio: aneddoto dell’antropologo, un antropologo va a trovare l’amico antropologo cinese, gli apre la porta la figlia che gli comunica il decesso del padre e mentre glielo comunica sorride; nella cultura cinese ci sono convenzioni che accompagnano le emozioni, poi accompagna l’antropologo al cimitero e davanti alla tomba scoppia a piangere. Il sorriso è adesione a una CONVENZIONE, ATTEGGIAMENTO DI CONVENZIONALITA’, è un sorriso per semiosi gestuale, ma quando piange è un gesto di ostensione dove si fa vedere in un atteggiamento naturale.  IL SORRISO DELL’ATTORE: momento di ostensione? O di semiosi gestuale? Quando l’attore sorride sta seguendo un copione, l’attore sorride in quanto deve seguire una convenzione imposta dal copione, ATTEGGIAMENTO DI CONVENZIONALITA’, è un sorriso per semiosi gestuale. Siamo nell’ambito del ludus/ Spiel/ Play, nelle lingue moderne di parla di Theaterspiel, si usa il termine gioco: ciò che avviene sulla scena è una rappresentazione della realtà, non è la realtà stessa, analizziamo il termine ludus , significava gioco ed era presente accanto al termine iocus, ludus indicava l’attività di gioco, iocus un’attività scherzosa; in italiano gioco lo usiamo con accezione di ludus. Il GIOCO è quel momento in cui per tirare un attimo il respiro rispetto all’attività seria ci impegniamo in un’attività governata da regole, il gioco spesso imita/simula la realtà, per questo il termine ha sviluppato il significato di inganno. Il verbo illudere ne è un riscontro, “mi hai buttato nel ludus”, mi hai ingannato; deludere ovvero tirare fuori dall’inganno. OSTENSIONE E DEISSI A CONFRONTO PROFILO STORICO (dispensa storica, da pag. 1 a 28) Esplicitare la ratio, perché preoccuparsi della riflessione linguistica che ci precede? Il rapporto con la tradizione è un rapporto di verifica, ciò che ci viene dato dal passato va sfidato con le domande che si aprono nel momento contemporaneo che viviamo, cerchiamo di arricchire e sviluppiamo di più attraverso un passo ulteriore, RIVISITAZIONE DEL PASSATO COME RISPOSTA DEI NOSTRI PROBLEMI, la tradizione del passato continua attraverso un’evoluzione. La riflessione sulla lingua è antica, da quando l’uomo riflette su di sé riflette anche sulla lingua, in passato la riflessione sulla lingua era collegata alla riflessione sull’uomo, successivamente è nata la linguistica come scienza autonoma; la nascita della linguistica si identifica con il 1816, l’anno di pubblicazione dell’opera da Franz Bopp, “Il sistema di coniugazione della lingua sanscrita a confronto con il sistema di coniugazione della lingua greca, latina, persiana e tedesca”, CONFRONTO TRA LE LINGUE. Nasce come linguistica storico-comparativa ovvero su una riflessione dove si comparano le lingue per ricostruire la matrice di una lingua originaria, di una protolingua, ovvero l’indoeuropeo. Nell’ 800 quando nasce la linguistica come scienze autonoma, si privilegia la prospettiva diacronica dal termine greco indica lo sviluppo delle lingue attraverso il tempo. DALLA LINGUISTICA PRESCIENTIFICA ALLO STRUTTURALISMO NASCITA DELLA LINGUISTICA PRECURSORI DELLO STRUTTURALISMO (dispensa storica pag. 1-28) Definizione di segno linguistico: unione inscindibile di due facce, faccia del significante (signifiant) e della faccia del significato (signifiè), il significato è da lui indicato come CONCETTO, il significante è da lui indicato come IMMAGINE ACUSTICA, è la traccia che i suoni lasciano in sede psichica. Saussure riprende la nozione di segno dagli storici, riflessione sulla lingua/riflessione sulla filosofia, gli stoici definirono il concetto di segno (semeion); costituito da due facce e individuavano il semainomenon si identificava con l’intellegibile, il concetto, e il semainon ovvero il sensibile (natura fisica, costituita dai suoni).  ARBITRARIETA’ (vedi correlazione semiotica)  LINEARITA’: riguarda tutto il segno, sia il significante che il significato; che il significante sia lineare è evidente, successione lineare di suoni/grafemi, pronuncia di un suono uno dopo l’altro; dal punto di vista del significato si riferisce all’ordine delle parole, WORD ORDER, l’ordine delle parole può veicolare momenti di significato diverso. In inglese l’ordine delle parole veicola delle informazioni morfo-sintattiche, in italiano: tema (Giovanni, qualcosa che si conosce/elemento vecchio), rema: (romanzo, qualcosa che non si conosce/informazione nuova), spostando il soggetto cambia tema/rema, veicola un aspetto di nessi logici del significato/com’è organizzato il significato nel testo. Il tedesco è come l’italiano. In inglese il passivo non viene organizzato come in italiano, non basta cambiare l’ordine delle parole, oppure CLEFT-SENTENCE che permette di rematizzare il soggetto. L’ORDINE DELLE PAROLE, in quanto momento di manifestazione della linearità, veicola DIVERSI ASPETTI DEL SIGNIFICATO (morfo-sintattici, logici). Concetto di ENTITA’ : coincide con il segno inteso come unione inscindibile di signifiant e signifiè Concetto di UNITA’ : l’entità in quanto delimitata nella catena fonica, è di natura funzionale. Esempio: “il treno Milano-Firenze delle h 20.00”, abbiamo un’unità del sistema ferroviario che definiamo in termini funzionali ovvero il punto di partenza/punto di arrivo/orario di partenza/orario di arrivo. Esempio: “fuoco”, può essere pronunciata in modi diversi, a prescindere dalle diverse sue realizzazioni si tratta sempre della stessa unità perché ha natura funzionale. Analogia tra sistema linguistico e sistema economico (moneta-merce, parola-idea), come nel sistema economico scambiamo monete contro merce, nel sistema linguistico possiamo scambiare monete con idee. CARATTERISTICHE DEL SEGNO VALORE LINGUISTICO Definizione VALORE LINGUISTICO : analogia del gioco degli scacchi (se si rompe un cavallo basta sostituirlo con un oggetto di materiale diverso purché non si confonda con tutti gli altri elementi del gioco degli scacchi), nasce dal fatto che il segno vive nel sistema linguistico, il segno è un’unione inscindibile di significato e significante, si oppone a tutti gli altri segni, il valore linguistico assume tutte queste caratteristiche. In questa nozione possiamo individuare un’APORIA, criticità, la natura oppositiva del valore linguistico è accettabile sul versante del significante ma non del significato. Saussure dice che i significati sono diversi tra di loro per aver significanti diversi, circolo vizioso, esempio dei contrassegni e dei cappotti (dispensa storica). Saussure non ha tenuto conto dei fenomeni della SINONIMIA e dell’OMONIMIA. Esempio sinonimi: stella/astro, significanti diversi ma significato uguale. Esempio omonimi: “lama”, mammifero/lama del coltello, veicola significati diversi ma con significante uguale. Per Saussure c’è un presupposto teorica, una proiezione diretta fra pensiero e linguaggio. Esempio: Catena fonica Catena del pensiero Per Saussure segmentando un elemento in una catena, segmenti un elemento analogo nell’altra catena, PROIEZIONE DIRETTA, non esiste una proiezione diretta tra il pensiero e il linguaggio. ANISMORFISMO dei sistemi linguistici, ossia ciascuna lingua distribuisce i significati a suo modo, quindi non c’è una corrispondenza perfetta tra un sistema di un elemento al sistema di un altro elemento (bois-francese/bosco-italiano). Dimensione interlinguistica: nozione di SIGNIFICATION , Saussure distingue tra signifiè e signification attraverso degli esempi di lingue diverse: Mouton e mutton hanno la stessa signification ma hanno signifiè diverso (carne d’agnello), Mouton, in francese, domina incontrastato l’area che in inglese mutton, divide con sheep: , l’inglese distingue il segno sheep per indicare l’animale vivo e per indicare la carne macinata usa mutton. Nella langue del francese mouton copre l’area che inglese è dominata da mutton e sheep, indica sia l’animale vivo che la carne macinata dell’animale, quando noi passiamo dalla langue alla parole, mouton nella langue può veicolare due significati quando entra nell’atto di parole veicola solo uno dei due significati, il testo in cui entra scarta l’altra valenza. Con signification, Saussure, intende il significato ultimo che il segno veicola quando dalla langue passa nella parole. SAUSSURE E LA DIMENSIONE INTERLINGUISTICA (comunicazione verbale Rigotti-Cigada, paragrafo semiosi) Grande dibattito sulla nozione di signification da parte di grandi studiosi della lingua, De Mauro inizialmente pensava che intendesse il denotato con signification, mutton/mouton hanno lo stesso denotato, quando Saussure parla di signification parla di un concetto a livello linguistico. Si è arrivati a una conclusione attraverso l’analisi del professor. Rigotti che distingue tra la semantica quando si stratta della langue, ovvero bisogna distinguere signifiè a livello della langue (significato virtuale/ segno al di fuori delle sue testualizzazioni) e quando il segno viene messo in gioco nel testo ovvero il signification, passando dalla langue alla parole, coincide con il senso veicolato nel testo. Per indagare il rapporto che si instaura tra linguaggio e ragione ci lasciamo provocare dal termine greco logos, vistosa polisemia, in quanto polisemico veicola più significati, tre significati: DISCORSO-PAROLA-LINGUAGGIO/RAGIONE/CALCOLO. Cicerono nel “De officiis” usa i termini l’endiadi (quando per esprimere un unico concetto bisogna esprimerlo attraverso due termini, ratio-ragione e oratio-discorso), ratio e oratio per rendere in latino il termine greco logos, logos è un termine polisemico in quanto questi tre significati del termine sono collegati tra di loro. POLISEMIA e OMONIMIA, polisemia quando veicola significati collegati tra di loro, prendiamo il termine “carta”, carta di Fabriano (veicola il significato di supporto ottenuto per lo più con cellulosa) -carta dei diritti umano (veicola un significato di testo che veicola l’elenco dei diritti umani). In tedesco “der Nagel” chiodo/unghia, i due significati hanno un nesso in comune ovvero un significato che si riferisce alla durezza che caratterizza tutti e due significati, “capo” indica sia l’estremità del corpo umano e significato di elemento principale che governa lo stato/direttore. Omonimia, “lama” / “Lama” può indicare parte del coltello/animale/nome del capo della religione buddista, questi significati non presentano un nesso tra i loro significati. Il termine “fiera” indica l’animale selvatico/mercato. “louer” termine francese che può significare lodare/affittare. Il termine logos è polisemia o omonimia? Gli antichi greci indicavano questo termine come un termine polisemico ovvero percepivano un nesso tra l’accezione di ragione-calcolo ma anche un nesso tra l’accezione di ragione-discorso/parola/linguaggio. L’accezione tra il nesso di ragione- calcolo è percepita in modo immediato, il calcolo è un’applicazione sistematica della ragione, il termine latino ratio indicava il calcolo, rationibus indicava colui che si occupava dei calcoli dell’amministrazione della vita della città. Il termine italiano “ragione” non veicola più il significato di calcolo, ma lo si può ancora notare in determinate accezioni come “Palazzo della Ragione”, con questo termine si intende il municipio ovvero il luogo dove aveva sede l’amministrazione della città, dove si applicava il calcolo per l’amministrazione della città. Il nesso tra la ragione-discorso per noi italiani è meno immediato mentre non lo era per i greci. Paragone tra la ragione e gli organi percettori, la vista è uno dei cinque organi percettori che ci mette in rapporto con un ambito preciso di realtà, il mondo delle forme e del colore, l’udito ci mette in rapporto con un altro ambito specifico della realtà, il mondo dei suoni. Come la vista e l’udito ci mettono in rapporto con ambiti specifici della realtà così l’essere umano dispone della ragione che lo mette in rapporto con tutto ciò che esiste/che può esistere, totalità della LINGUAGGIO E RAGIONE: IL LOGOS (manuale Rigotti-Cigada, capitolo 4/ paragrafo 4.1-4.5 incluso)  MODI DI ESSERE- correre, dormire, intelligente, bianco- verbi che indicano modi di essere che coincidono con azioni, aggettivi che indicano dei modi di essere che corrispondono a delle qualità.  ENTITA’- Luigi, gatto, muro- che possono essere in quel modo, che possono essere coinvolti in tali modi di essere. Queste parole che svolgono due funzioni, a livello logico possono essere indicate come:  PREDICATI (modi di essere) termine che deriva dal latino praedicatum, i greci hanno fatto un calco sul termine, in greco kategoria (kata- prae/ agoreuo- dicere), parole-predicato.  ARGOMENTI (esseri, entità coinvolte in tali modi di essere), parole-argomento Il linguaggio presenta parole-predicato e parole-argomenti che riflettono i modi di essere e le entità, il linguaggio rispecchia la STRUTTURA DELLA REALTA’, le parole hanno funzioni diverse in quanto rispecchiano differenze che hanno luogo fra le cose. Si possono combinare parole fatte le une per le altre, ossia CONGRUE, NOZIONE DI CONGRUITA’, quando combiniamo due parole congrue abbiamo un NESSO PREDICATIVO-ARGOMENTALE, abbiamo creato un legame tra una parola-predicato e una parola-argomento, quando una combinazione di parole congrue attiva un nesso predicativo-argomentale si da luogo al logos, ossia il discorso. Alla base della combinazione significativa delle parole (alla base della composizionalità delle parole) sta il PRINCIPIO DI CONGRUITA’, scopriamo così che la composizionalità non è una somma di parole, ma alla base della combinazione tra le parole c’è un legame logico. La VIRTUALITA’ ha la sua sede nella lingua, se combiniamo due parole, la combinazione non è la semplice somma di due materiali semiotici, passiamo da due parole a una combinazione di parole che ci permette di rappresentare un frammento possibile di mondo, è la rappresentazione di una scena e la combinazione di parole permette di rappresentare la scena. Attraverso la composizionalità l’essere umano rappresenta frammenti di MONDO VIRTUALE. Confrontando la combinazione che abbiamo ottenuto con la realtà “Il bambino dorme”, troviamo un frammento di realtà, uno stato di cose (fatti), che può essere descritto in questo modo, la nostra espressione “il bambino dorme” non rimane soltanto una rappresentazione di un frammento di un mondo virtuale, in quanto esiste nella realtà; il fatto che può essere descritto nella realtà diventa una rappresentazione di mondo reale, attraverso la verifica nell’esperienza passiamo dalla virtualità all’ ATTUALITA’, dalla rappresentazione di frammenti di mondo virtuale a quella di frammenti di MONDO REALE. Se invece la combinazione di parole creata da noi non si riscontra attraverso la verifica nell’esperienza, non esiste, quando non si da questo frammento di esperienza e noi pronunciamo l’espressione abbiamo un atto linguistico falso, se diciamo “Il bambino dorme” e questa combinazione di parole non individua un frammento di realtà così descrivibile, in questo caso mentiamo, il linguaggio umano in questo caso apre alla possibilità della MENZOGNA, questa possibilità esiste solo nel linguaggio umano. Lo studioso Boris Uspenskjj ha segnalato che “Gli animali non sanno mentire”, solo l’uomo ha la possibilità di descrivere fatti reali oppure di formulare espressioni linguistiche che sono menzogne, la composizionalità è legata alla libertà dell’uomo, la composizionalità assicura la libertà dell’uomo rispetto alla realtà, fa la differenza tra LINGUAGGIO UMANO e LINGUAGGIO ANIMALE. Le parole si combinano se sono predisposte a stare insieme, se sono congrue, ciascun predicato seleziona i propri argomenti alla quale si può combinare. Se cerchiamo di unire parole non congrue otteniamo un’insensatezza, in tedesco Unsinn, non è da confondere con la CONTRADDIZIONE, in tedesco Widersinn; la contraddizione è una violazione del PRINCIPIO DI NON CONTRADDIZIONE. Il principio di non contraddizione è un principio che è alla base di qualsiasi atto del pensare/discorrere, fu evidenziato da Aristotele e afferma che una cosa non può essere e non essere nello stesso tempo sotto il medesimo aspetto. Esempio: una bicicletta non può essere rossa e non rossa se prendiamo come punto di riferimento lo stesso punto della bici, mentre se guardiamo due punti diversi come il punto della bici e il punto dove c’è il logo dell’azienda che l’ha prodotta potrà essere rossa e non rossa. Se viene violato il principio di non contraddizione otteniamo dei SENSI CONTRADDITTORI, un senso contradditorio è un senso dicibile, può essere contenuto di un testo, possiamo costruire testi contenenti sensi contradditori: Se viene violato il principio di congruità mette capo a UN’INSENSATEZZA che non è dicibile, non crea testo. PRINCIPIO DI CONGRUITA’