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Linguistica generale Unicatt prof.ssa Gatti, Appunti di Linguistica Generale

Appunti 1° semestre delle lezioni di linguistica generale della professoressa Gatti integrati al libro "La comunicazione verbale"-Rigotti e Cigada

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 10/10/2020

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4.3

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Scarica Linguistica generale Unicatt prof.ssa Gatti e più Appunti in PDF di Linguistica Generale solo su Docsity! LINGUISTICA GENERALE TRASCRIVERE APPUNTI SCRITTI A MANO SUSL QUADERNO VERDE La dimensione della fides e della pistis dell’agire umano sono presenti nell’ambito delle conoscenze enciclopediche, si fondano dunque sul credito dato ad una fonte pertinente che ci permette di conoscere una certa realtà attraverso un’esperienza diretta. Prendiamo in esame le dinamiche manipolatorie in quanto la retorica classica, proprio come modello della comunicazione persuasiva, ha messo a tema le dinamiche che il parlante può utilizzare quando esercita il potere della parola. La duplice modalità dell’esercizio della parola si basa su due fondamenti:  Può essere fondato sull’ auctoritas, sul pilastro del desiderio, sulla la dinamica fondata sull’intento di far crescere l’interlocutore.  Può essere invece esercitato in base alla vis, partendo dalla vista, la violenza fisica a volte un po’ più sottile cioè la violenza dell’inganno. Le strategie manipolatorie sono date dall’uso della comunicazione in cui si esercita il potere della parola in modo perverso per manipolare il proprio interlocutore. Nel testo di Aristotele “La retorica” dice che il potere della parola non è di per sé negativo, dipende tutto dal soggetto analogia per cui come il medico con gli stessi ingredienti può produrre farmaci e veleni, analogamente chi esercita il potere della parola può esercitarlo per far crescere il suo interlocutore oppure per manipolarlo. [INTEGRARE COL SAGGIO “TOWARDS A TYPOLOGY OF MANUPULATIVE PROCESSES” - E. RIGOTTI] Vediamo alcuni esempi di strategie manipolatorie studiate in progetti di ricerca in cui si è lavorato in particolare sulle strategie utilizzate nell’ambito dei regimi totalitari. Abbiamo visto quanto la vita umana sia intessuta di comunicazione e quanto la comunicazione nel secolo scorso sia stata potenziata dagli sviluppi per esempio tecnologici che l’hanno resa un fenomeno molto esteso e pervasivo. Usciamo dal Novecento con un’esperienza fallimentare di comunicazione per l’uso viziato e distorto adottato nei regimi manipolatori. La letteratura ha messo a tema questo esercizio perverso del potere della parola attraverso i romanzi distopici: lo vediamo ad esempio in “1984” di George Orwell, il quale descrive gli aspetti negativi della realtà sociale in un mondo futuro, mettendo a tema l’operazione del regime totalitario per poter mantenere l’ideologia del Big Brother al potere. In questo romanzo Orwell descrive un investimento in comunicazione con la creazione del new speak che ha l’intento di ridurre lo spettro delle parole per portare ad una riduzione dell’orizzonte del linguaggio e dunque del pensiero. Quando si lavora sui processi manipolatori dei regimi totalitari in genere, come dato empirico, si scelgono dei dati che possono appartenere a tre tipologie testuali che accompagnano le varie fasi di costruzione del regime totalitario: 1. Testi fondativi  il regime totalitario stila dei testi programmatici in cui si definisce l’ideologia su cui si fonda questo regime. 2. Testi dei mass media  corrisponde a una fase successiva. Una volta definita l’ideologia al potere, i mass media hanno il compito di diffondere l’ideologia tra i vari strati della popolazione. Si studia la comunicazione massmediatica che prende il nome di propaganda. 3. Testi scolastici  che il regime elabora per permettere la successione di questa ideologia al potere attraverso le generazioni. È necessario che l’ideologia sia perpetuata di generazione in generazione. Può anche essere utile analizzare il testo dizionariale perché spesso si interviene sul dizionario in due modi che possono essere il logocidio (spesso, osservando i dizionari che sono stati stilati in questi periodi, si nota che sono stati uccisi dei lemmi) o il semanticidio (sempre nel caso di termini sensibili viene cambiata la LINGUISTICA GENERALE definizione nel lemma del dizionario). La definizione nel dizionario di una parola dice come una certa comunità lege quell’aspetto della realtà, ha una forte dimensione argomentativa poiché dice la presa di posizione di una comunità rispetto a quell’aspetto individuato dal lemma dalla comunità. Nell’analisi di testi del regime nazista e sovietico si sono ad esempio riscontrati numerosi semanticidi, cioè cambiamenti delle definizioni. Gli studiosi moderni hanno cercato di definire la manipolazione e sono state proposte varie definizioni, la più significativa è quella emersa da Van Dick, linguista tedesco, che ha definito la manipolazione in questi termini: possiamo dire che un messaggio è manipolatorio quando piega e distorce ( twists ) la visione della realtà nel destinatario. La manipolazione distorce in noi la visione della realtà e in questo modo impedisce all’interlocutore un atteggiamento sano nei confronti dei suoi processi decisionali. Tutti noi quotidianamente dobbiamo prendere decisioni, siamo coinvolti in processi di decision making. Nei processi decisionali se siamo manipolati noi pensiamo di decidere nei nostri interessi mentre, proprio perché la manipolazione ha distorto la nostra visione della realtà, invece di decidere nei nostri interessi decidiamo negli interessi di colui che ci manipola. La manipolazione è occulta, interviene su quei momenti impliciti del discorso. Su questi momenti noi esercitiamo un controllo logico minore quindi la manipolazione è occulta proprio perché va a lavorare su quegli aspetti non espliciti della comunicazione. Un’educazione all’uso argomentativo e persuasivo della lingua è il migliore antidoto per salvarsi dalla manipolazione. Riassunto sui processi manipolatori È importante saper riconoscere i processi manipolatori per diventare consapevoli dei punti occulti in cui la manipolazione opera. La manipolazione non deve cioè essere manifesta perché se è evidente non cadiamo nella trappola della manipolazione. Essa lavora pertanto su quegli aspetti nei confronti dei quali noi esercitiamo un controllo minore, critico e immune della ragione. Un messaggio è manipolatorio quando distorce e piega (twists) la visione della realtà, per cui il destinatario del messaggio pensa di poter avere un atteggiamento sano nei suoi processi decisionali (siamo quotidianamente coinvolti in processi di decision making). Quando siamo manipolati pensiamo di decidere nel nostro interesse e per il nostro bene mentre in realtà prendiamo posizione nel processo decisionale in favore di chi ci manipola. Le strategie manipolatorie, quando vengono studiate a livello di dato empirico, vengono riprese da tipologie di testi che si classificano generalmente in base alle diverse fasi di vita di un regime totalitario. Si possono per cui prendere in esame i tesi fondativi (testi programmatici in cui il regime espone l’ideologia che poi sarà al potere), i testi massmediatici (utilizzati nella fase successiva per diffondere l’ideologia al potere tra la popolazione e per svolgere quindi la propaganda ideologica politica), i testi scolastici e i dizionari (documentano tutto un lavoro del regime totalitario per tramandare l’ideologia di generazione in generazione). Le tipologie manipolatorie  Strategie che intervengono sulla violazione delle presupposizioni. Il concetto di presupposizione si ritrova nella formulazione di un qualsiasi enunciato, ad esempio: “Luigi è partito per New York.” che ha un contenuto esplicito. Accanto al contenuto manifesto, il messaggio veicola un presupposed content a cui noi aderiamo con la dinamica della presuppositional accomodation. “Luigi” è un elemento appartenente al common ground del mittente e dell’interlocutore, ed è inoltre un’entità umana che esiste. Apparirebbe strano esplicitare dei presupposti che devono essere dati per scontato. “Luigi” fa scattare un presupposto di esistenza, il significato che Luigi esiste è un significato taciuto che sta a monte del testo  presupposizione esistenziale. Tutti i nomi, anche LINGUISTICA GENERALE il testo si apre alla disgiunzione degli elementi alternativi. Quando il paradigma non è multiplo (la luce è accesa o spenta), allora è un paradigma a struttura polarizzata, sono contrari immediati. Non hanno valori intermedi (“contraria immediata”), è un paradigma binario poiché formato da due soli elementi. In questo caso se neghiamo affermiamo l’altro elemento, se neghiamo un elemento del testo si apre necessariamente all’affermazione dell’altro. Per questo abbiamo l’idea che quando si nega l’estremo di un’opposizione polare si afferma per forza l’altro. I valori scalari sono contrari mediati in cui vi sono tanti gradi intermedi (“contraria mediata”). Non esiste una lessicalizzazione dei valori intermedi, per questo pensiamo che negando un estremo scalare sia necessariamente l’opposto, trattiamo tutti gli elementi come se fossero binari. Sapir, linguista inglese, precisa che quando neghiamo un estremo a valore scalare la negazione non comporta necessariamente l’affermazione dell’altro estremo (neither…nor). Un altro esempio è la propaganda sovietica che attribuì le azioni positive al mondo de noi: “we transform deserts into a blooming region” e negative al mondo del loro: “they transform cities and villages into a desert”, “Two worlds two plans. We spread life, they sew death”. Orwell con “1984” descrive l’investimento del Big Brother nella comunicazione invece che in armi. Nella parte finale Orwell descrive le procedure per creare la neolingua: operazione di “vocabulary reduction” (to reduce the horizon of thought) che consiste nella decisione di eliminare e sostituire le parole  esempio sostituisce bad con ungood, è manipolatorio perché se noi neghiamo good non affermiamo necessariamente bad. Verso un modello della comunicazione verbale [E. RIGOTTI E CIGADA CAPITOLO 2 PARAGRAFO 2.3] 1) Modello comunicativo della retorica classica = costruzione del discorso persuasivo e le sue fasi:  inventio  dispositio  elocutio  memoria  actio Nel Novecento si diffuse la teoria dell’informazione con la svolta pragmatica in cui si segnala che la costruzione dei messaggi corrisponde alla formulazione di atti. 2) Modello di Shannon = è di natura informatica, è stato un riferimento importante da cui molti linguisti hanno preso ispirazione tra cui Jakobson. Shannon descrive il processo di trasmissione dell’informazione codificata per cui un flusso d’informazioni viene inviato da una source ad un receiver. È una correlazione in cui possono essere presenti dei fenomeni di disturbo che derivano dal canale attraverso cui passa il flusso informativo. Shannon propone un teorema per risolvere il problema del disturbo del canale: indicando la portata del canale, ovvero la capacità di trasmettere una certa quantità d’informazioni, la quantità dovrà essere inferiore alla portata del canale. È un tipo di comunicazione in cui non interviene una lingua storico-naturale ma un linguaggio codificato. 3) Modello di Saussure = cronologicamente è il primo modello della comunicazione verbale. È il maggior esponente della teoria della semiosi che è incentrata sull’atto con cui creiamo i segni. Il circuito del discorso (“cercuit de la parole”), in cui abbiamo due interagenti che si LINGUISTICA GENERALE scambiano segni, è possibile perché entrambi sono in grado di mandare segni e di interpretarli. La capacità di produrre segni e messaggi è detta processo di codifica: avviene il passaggio dal concetto alla sua espressione attraverso un segno. Al contrario, nel destinatario ha luogo il processo di decodifica. Saussure dimostra dunque un grande interesse per la descrizione della produzione dei segni: ognuno ha un ambito di repertorio dei segni che è la langue. Si tratta di un modello meccanico perché i parlanti sono soggetti che vanno a prendere segni e regole precostituite, quindi non fanno altro che attualizzare un qualcosa che è già presente nelle langue. 4) Modello di Bloomfield = nel contesto americano incontriamo Bloomfield che fu esponente dello strutturalismo: parte dal nucleo della teoria saussuriana con l’aggiunta dell’osservazione delle attività umane (come ad esempio la lingua) appartenenti al comportamentismo. Consiste dunque nell’osservazione delle dinamiche umane in base alle quali uno stimolo produce una reazione fisica o non fisica. Bloomfield segnala che i comportamenti possono richiedere quantità diverse d’energia, ad esempio ritiene che il linguaggio del comportamento umano richieda un basso livello energetico. Il significato del messaggio è dato da uno stimolo iniziale fisico e dalla risposta fisica dell’interlocutore. 5) Modello della scuola funzionalista = mette a tema la funzione della lingua in rapporto alla comunicazione. Tra i sostenitori della scuola funzionalista troviamo Karl Bühler, che con la Sprachthoerie, nel 1934, riprende la nozione di segno linguistico collocandolo in un triplice fascio di relazione. Il segno è in rapporto con il mittente, il ricevente e la realtà. In questa funzione di espressione il segno è chiamato Symptom e il destinatario è chiamato ricevente, in quanto siamo in un’ottica funzionalista rispetto alla realtà e dunque il segno ha una sua peculiarità. 6) Modello di Roman Jakobson (1896-1982) = viene considerato come il fondatore della scuola di Praga. Il processo comunicativo è costituito da fattori ed elementi a cui corrisponde una funzione: il mittente invia un messaggio, attraverso un canale, al destinatario che si riferisce alla realtà come contesto. I testi a cui lavorano i parlanti sono messaggi in cui sono compresenti varie funzioni di cui una risulta essere dominante:  funzione conativa quando il messaggio è fortemente orientato alla presa del destinatario come ad esempio le pubblicità  funzione emotiva quando il messaggio è in rapporto al mittente  funzione referenziale se è una descrizione della realtà, corrisponde al contesto  funzione poetica quando domina la funzione del messaggio stesso per esempio nei testi poetici  funzione fatica se il messaggio è orientato al canale, ad esempio quando rispondiamo “pronto” al telefono  funzione metalinguistica quando i messaggi sono orientati al codice, alla lingua RIASSUNTO Stiamo prendendo in considerazione i modelli della comunicazione verbale che sono stati elaborati nel corso dei decenni che ci precedono. Dopo il primo modello, che è la retorica classica, sono stati elaborati dei modelli che gradualmente giungono alla consapevolezza che la lingua è uno strumento finalizzato alla comunicazione. Abbiamo innanzitutto preso in considerazione il modello di Shannon che è stato elaborato al di fuori della natura linguistica nell’ambito informatico. In questo modello il flusso informativo parte da LINGUISTICA GENERALE una source a un receiver, che sono dei device tecnologici. Il problema qui è dato dal disturbo del canale, Shannon fornisce la quantità d’informazione che passa attraverso il canale perché i disturbi vengano superati. Non ci sono dunque interagenti umani e non interviene una lingua storico-naturale. Il modello di Saussure con il “Circuit de la parole” dove mette a tema che un mittente e un ricevente possono scambiarsi messaggi perché sono capaci di codificare e decodificare i segni. Le scuole funzionaliste hanno un approccio funzionalista, in Saussure non c’è ancora la messa in evidenza che la lingua è uno strumento con una destinazione e una funzione comunicativa. Questo è messo in evidenza innanzitutto da Bühler che colloca il segno in un triplice rapporto con il mittente, la realtà e il destinatario individuando le funzioni comunicative che svolge rispetto a questi tre fattori del processo comunicativo. Siamo poi arrivati a Jakobson che ha individuato in modo completo i fattori costitutivi della comunicazione verbale. Abbiamo un mittente che invia il messaggio ad un destinatario, è un messaggio che viene veicolato e che passa attraverso un contatto o canale. È un messaggio che viene formulato in un codice condiviso da entrambi gli interlocutori (altrimenti non potrebbero comunicare) e che si riferisce a un contesto e a una realtà. Abbiamo visto che Jakobson, funzionalista, mette in corrispondenza a ciascun fattore della comunicazione verbale una funzione. Ogni messaggio è prevalentemente orientato a uno dei fattori costituitivi che intervengono nel processo comunicativo. [INTEGRARE CON IL SAGGIO “LINGUISTICA E POETICA” – JAKOBSON da pagina 38 a 48] Jakobson Ogni messaggio vede intervenire una molteplicità di funzioni, se prendiamo un testo poetico parlerà di una certa realtà e avrà una funzione referenziale. Non è però il fattore a cui è prevalentemente orientato il testo poetico: esso è particolarmente attento alla modalità con cui si costruisce il messaggio stesso, domina per cui in lui la funzione poetica. La funzione poetica è una delle funzioni che può svolgere il messaggio. Jakobson è riuscito a spiegare la poetica in una concezione linguistica unitaria: risolve la questione della poetica dicendo che è il messaggio poetico è un tipo particolare di messaggio che è prevalentemente orientato al messaggio stesso. Jakobson mette a tema questo processo della comunicazione verbale in cui individua i fattori costitutivi e le funzioni approfondendo poi il testo poetico nel saggio “Linguistic and poetics” che è stato pubblicato nel 1958. Jakobson segnala che il messaggio poetico è un testo in cui domina la funzione poetica ma evidenzia anche che il messaggio poetico ha una caratteristica: organizza in modo particolare l’asse della combinazione e l’asse della selezione. In rapporto ad un testo non poetico gli assi intervengono sempre quando formuliamo qualsiasi nostro discorso, anche in un enunciato molto semplice come “Paolo fuma”: noi parlanti, anche se noi non ce ne rendiamo conto, quando costruiamo un enunciato così semplice combiniamo elementi diversi sull’asse della combinazione e creiamo un sintagma, una combinazione di parole. Ciascuna delle parole che compare sull’asse della combinazione deriva da una selezione. Noi abbiamo selezionato Paolo da un insieme di elementi equivalenti che potrebbero svolgere una funzione analoga, il parlante ha selezionato Paolo nell’ambito di un insieme di elementi equivalenti che potrebbero occupare questo primo posto nella catena  interviene un asse di selezione per cui c’è un rapporto di equivalenza tra l’elemento presente nell’enunciato e tutti gli altri elementi assenti che potrebbero occupare un posto nella catena sintagmatica. Nell’enunciato di per sé si colloca l’intersezione di un asse della LINGUISTICA GENERALE - be relevant: è massima di relation per cui dev’essere pertinente e si riferisce alla relazione tra i due interlocutori - maxim of manner: avoid obscurity of expression, avoid ambiguity, be brief, avoid unnecessary prolixity, be orderly DISATTESA DELLE MASSIME Davanti alla violazione delle massime a volte avviene un recupero dei rapporti del senso grazie a procedimenti inferenziali, a partire dai contenuti espliciti attuiamo inferenzialmente l’intenzione del mittente, esempi: “Dov’è Carlo?”, “C’è una VW gialla davanti alla casa di Anna”  Il processo comunicativo è cooperativo  Di per sé il contenuto della risposta non è pertinente, è una violazione della relation maxim ma inferenzialmente restituiamo senso a questa risposta, quindi non viene distrutto l’atto comunicativo. Scattano nella conversazione delle implicature conversazionali che permettono di realizzare un processo linguistico cooperativo. Dan Sperber (1942- vivo) e Deirdre Wilson (1941-vivo) RELEVANCE THEORY: Scrivono “Relevance” nel 1986 ampliando il concetto e modello di Grice. Viene sottolineata l’importanza del contesto per l’interpretazione del messaggio, del contesto fanno parte anche i parlanti. Trattano gli effetti contestuali prodotti dal messaggio nei parlanti. Il primo cambiamento è nella relazione tra i due interlocutori, è un cambiamento di intersoggettività. Sottolineano la rilevanza dei processi inferenziali nell’evento comunicativo. Portano il destinatario a inferire l’unico senso inteso dal mittente con un dispendio minimo di sforzo interpretativo. Segnalano che la pertinenza di un testo dipende dal rapporto tra effetti contestuali e sforzi cognitivi necessari per interpretarlo. EFFETTI COMUNICATIVI  Gli eventi che si producono per comunicare per trasmettere un messaggio. Cosa vuol dire che l’atto comunicativo è un evento? Semantismo di evento: confrontiamo la semantica latino-romanza e germanica. Evento deriva dal latino eventum da evenio che indica un’azione vista nel suo momento inziale, è qualcosa che sopravviene e accade improvvisamente e s’impossessa di noi. In tedesco corrisponde a Ereignis dalla radice eigen presente anche nel verbo sich aneignen (=impossessarsi). Se li mettiamo insieme capiamo che è qualcosa che accade d’improvviso e s’impossessa di noi producendo un cambiamento nell’intersoggettività. [INTEGRARE CON PARGRAFO 4 A 6 DEL CAIPTOLO 2] LINGUISTICA GENERALE Il senso come HABIT CHANGE Punto centrale rispetto alla comunicazione: i messaggi sono eventi comunicativi che producono un cambiamento. La nozione di habit change (habit dal latino habitus) è messa in luce da Peirce, il quale intende l’atteggiamento (Verhältnis) che ha l’essere umano nei confronti della realtà. Un evento ha un senso che produce un cambiamento, cioè uno spostamento. un messaggio sposta in noi interlocutori e può essere di due tipi di cambiamento che messaggio produce: livello superficiale messaggio tocca dimensione emozionale suscitata dalla realtà, livello più profondo cambia percezione emozionale ma anche atteggiamento stabile risetto alla realtà. Nozione del cambiamento ci chiede riflettere sul senso del messaggio che è il cambiamento che il messaggio può realizzare. Il messaggio arriva a noi come sollecitazione a lasciarsi coinvolgere, il cambiamento è un momento del senso dell’atto comunicativo e ne fa un evento comunicativo. Il senso è una parola altamente polisemica, ha molteplici significati, ad esempio: - “L’uomo ha cinque sensi. L’udito è un senso” (accezione del termine come organo percettore, Wahrnehmung = prendiamo rapporto con ciò che è vero) - “Questa strada è a senso unico” (direzione) - “Ha buon senso” (sa valutare in modo ragionevole) - “La parola uomo in italiano ha due sensi: in un primo senso significa essere umano (Mensch, homo) in un altro significa essere umano di sesso maschile (Mann, vir)”  accezione di significato - “Questa espressione non ha senso: mia moglie è un’ottima cuoca (detto da scapolo)”  insensatezza Definizione del senso a partire dal non-senso Insensatezza: comportamenti insensati, per esempio se siamo imprenditori di un’azienda che produce freezer, avrebbe senso aprire una filiale al Polo Nord? Sarebbe un comportamento insensato  illogico, ovvero non segue l’uso della ragione. Un comportamento è insensato quando ha ragioni che vanno contro lo scopo. Il senso ha dunque a che fare con la ragionevolezza. Esiste il non-senso nella dimensione comunicativa?  Non sensi artificiali creati su misura dal linguista a scopo metalinguistico (non sono testi reali).  Non senso come tipologia testuale che si realizza nel teatro dell’assurdo (S. Beckett, Waiting for Godot)  apparente insensatezza costringe il lettore a porsi a un livello d’interpretazione più profondo. Perdita dei punti di riferimento e disorientamento dell’uomo, col profondo disagio l’autore vuole esprimere questo disorientamento.  Non-senso dei testi prodotti da soggetti psicotici Può un non-senso essere l’ultimo livello di un testo? L’ipotesi è no, i testi vanno probabilmente analizzati in modo più profondo. Il non senso nella dimensione ultima comunicativa non esiste, si dà solo come esito metalinguistico. LINGUISTICA GENERALE Dall’azione all’interazione: l’interazione umana avviene attraverso la mediazione linguistica della comunicazione verbale. Comunicare è agire ontologia dell’azione, dall’azione all’interazione, interazione vs cooperazione. ANTOLOGIA DELLA STRUTTURA DELL’AZIONE: le nostre azioni partono da un soggetto agente. Perché si agisce? L’agente ha conoscenza del mondo ma a far scattare l’azione è il desiderio che in lui insorge e a partire da questo immagina una situazione (stato di cose) che soddisfi il suo desiderio  attiva una catena di realizzazione per cui è necessaria la conoscenza. Essa è un’unione di singoli atti che permettono di portare avanti lo scopo perseguito. [CAPITOLO 2.8, INTEGRARE CON GLI SCHEMI DEL MANUALE DI RIGOTTI E CIGADA] “Comunicare è agire” Fattori essenziali della comunicazione:  ontologia dell’azione  dall’azione all’interazione  interazione vs. cooperazione La comunicazione verbale è ciò che ci permette d’intrecciare le azioni  joint actions INTERAZIONE = ci sono azioni il cui scopo non può essere raggiunto dal singolo soggetto agente A, esso deve interagire con un agente B. Lo scopo, per essere raggiunto, deve intrecciare la catena di realizzazione dell’agente A con quella di B. L’azione soddisfa un desiderio di partenza: desiderio tabù è l’alessitimia della cultura alessitimica (alfa privativo come prefisso negativo, lexis, thymos = animo). Il termine nasce in ambito medico per indicare la patologia che affligge coloro che non riescono ad esprimere i moti dell’animo. La cultura temporanea è alessitimica poiché scoraggia la manifestazione del desiderio. La ragione intercetta degli oggetti che sono un bene per sé, il soggetto umano ha una mancanza per cui la ragione si attacca alla realtà individuando dei beni in essa. COOPERAZIONE = è un tipo di joint action in cui due co-agenti cooperano, hanno desiderio comune e immaginano uno stato di cose che realizzi il loro desiderio e questo stato è lo scopo. I messaggi che si scambiano sono orientati all’organizzazione del lavoro comune. Ontologia della cooperazione. COMPETIZIONE = è un intreccio competitivo in cui due agenti competono. Entrambi condividono un desiderio ma l’oggetto che soddisfa il desiderio è solo uno e quindi entrano in competizione. Il termine deriva dalla radice cum e petere (= chiedere). La competizione nasce quando i due agenti puntano a uno stesso bene. La comunicazione qui è più libera, ha una dimensione argomentativa flessibile perché i due agenti devono giustificare che la propria necessità è più impellente rispetto a quella dell’altro. INTERPRETAZIONE DEL MESSAGGIO Il messaggio si interpreta, non si decodifica: - inferenza - il messaggio si costituisce in rapporto alla ragione del mittente e alla ragione del destinatario I fattori della comunicazione verbale interagiscono continuamente:  semiosi LINGUISTICA GENERALE - A: “Quando arriviamo in cima?” B: “Dammi lo zaino”  B inferisce la richiesta di A grazie al loro condiviso Le inferenze sono incisive nei testi argomentativi, per esempio nell’entimema “Luigi è pazzo. Va a 100 km in centro città” Inferenze volute, esempio: A. “Stasera vieni in piscina” B. “Sono raffreddata” Inferenze non volute: “Meridionale, però gran lavoratore!” inferenzialmente capiamo che l’interlocutore ha dei preconcetti. L’inferenza opera nel destinatario, ma anche nel mittente. Principio di cooperazione di Grice per cui lo scambio comunicativo per essere adeguato deve essere cooperativo. Corrispondente svizzero-francese principe de charité di Moeschler. La comprensione è un procedimento euristico, cioè di scoperta, d’interpretazione e non di decodifica come diceva Saussure. L’interpretazione è dunque un procedimento ad alto rischio, è un concetto che è emerso dall’esperimento della doppia traduzione: un romanzo inglese (L1) viene tradotto in italiano (L2) per poi essere ritradotto in inglese (L3): nonostante la lingua sia la stessa si ottiene un romanzo diverso da quello di partenza poiché il traduttore non decodifica ma interpreta. L1 L2 L3 Attuazione di inferenze più audaci: ci sono dei contesti in cui un enunciato del tipo “Che bello! Ho fatto un incidente” può avere un significato. Andiamo alla ricerca di situazioni verosimili, di giustificazioni che restituiscono senso a questa sequenza: si può ipotizzare l’utilizzo d’ironia, oppure che a parlare sia un masochista. -Analisi dei testi della scheda- G. Leopardi, “L’Infinito” Uso frequente di deittici per inaugurare lo stile discorsivo, immagina in presentia il lettore presupponendo una condivisione di spazio comunicativo. È una riflessione sulla caducità della vita. Leopardi inserisce numerose marche che si riferiscono alla prima persona singolare, descrive il contesto geografico, utilizza quindi deittici spaziali. Per analizzare i deittici all’interno del testo bisogna procedere per categoria lessicale: Deittici personali= 1° verso mi, 7° verso io e mi, 9° verso io, 11° verso io, 14° verso mio, 16° verso mi Deittici spaziali che vengono descritti come se il lettore fosse presente= 1° verso questo, 2° verso questa, 5° verso quella e là, 9° verso queste e quello, 10° verso questa, 13° verso questa, 16° verso questo Deittici testuali (possono avere funzione anaforica o cataforica) = 14° verso lei (funzione anaforica, cioè riprende il denotato instaurato precedentemente), 13° verso così (in base all’interpretazione può essere sia anaforico che cataforico). LINGUISTICA GENERALE E. Hemingway, “The Old Man and the Sea” Incipit di un romanzo in cui viene descritto il contesto, per tanto dominano i deittici personali. Siamo in ambito narrativo-descrittivo, il titolo è la prima mossa comunicativa. Deittici temporali: 3° riga now Deittici testuali cataforici: 1° riga he Inferenze comunicative: quando ciò che dice il mittente deve essere ricostruito dal destinatario. Es: “Enrico aveva invitato Andrea al suo matrimonio”  Riempendo delle lacune inferiamo che c’è un rapporto di conoscenza. Inferenze comunicate: quando l’inferenza è esplicitata nel testo. Es: “Enrico aveva inviato Andrea al suo matrimonio. Perciò lo conosceva” La decisività dell’inferenza nella dimensione comunicativa è un aspetto cruciale, è un processo che si attuta anche nella semiosi non verbale (per esempio nella semiosi iconica delle arti figurative, nelle inferenze visive o uditive). La comunicazione può avvenire anche attraverso l’ostensione (dal latino ostendere= mettere davanti, far vedere), ovvero tutti quei momenti comunicativi in cui la comunicazione è muta, cioè non è caratterizzata da aspetti che non si traducono in semiosi verbale. La situazione extralinguistica interviene nella comunicazione nel suo semplice farsi vedere. Es: Uomo tremante e piangente  non parla ma capiamo la sua situazione Ostensione e deissi a confronto: nella deissi si vanno a prendere dei segmenti di realtà attraverso la semantica istruzionale, invece nell’ostensione è solo la realtà a comunicare con il suo semplice esistere. Nell’interazione dei fattori della comunicazione verbale c’è una problematicità di confini, un esempio ne è il sorriso (semiosi gestuale o ostensione?). Profilo storico: esplicitare la ratio: perché occuparsi della riflessione linguistica che ci precede? Rivisitazione del passato, confronto con la tradizione “Was du von deinen Vätern erebt hast, erwirb es, um es zu besitzen” (Goethe, Faust I) Nascita della linguistica: linguistica prescientifica prima della linguistica scientifica che nacque con la pubblicazione nel 1816 con opera di Franz Bopp, nasce come disciplina autonoma separata da filosofia e psicologia. Nasce come disciplina storico-comparativa, ricostruzione di una protolingua (l’indoeuropeo), nell’Ottocento si privilegia la prospettiva diacronica (dia e chronos). Precursori dello strutturalismo come Baudouin de Courtenay (1845-1929) e Kruszewski formulano nozioni di natura strutturale, desiderio di osservare la struttura della lingua, nuovo orientamento rispetto a quello storico, idea di andare oltre la diacronia. Ferdinand de Saussure (1857-1913) “Cours de linguistique generale”, Paris, 1916 Dicotomie saussuriane: LINGUISTICA GENERALE  Diacronia (osservare l’evoluzione storica) vs sincronia (momento attuale della lingua e indagarla) Saussure sceglie la sincronia  Lingua esterna vs interna  il contesto geografico e quello politico sono concomitanti alla lingua se esterna, ma per analizzare sceglie interna  Langue vs parole: duplice definizione. Ciascuna lingua prevede langue, è un sistema di segni che viene usato dal parlante nella parole, che è l’atto del discorso. Sistema di segni non un insieme, sistema insieme di elementi solidali ciascun elemento è se stesso in quanto vive nella solidarietà del sistema e si oppone a tutti gli altri elementi, il segno ha natura oppositiva (es. bois è un’area semantica più estesa rispetto all’insieme legno, bosco, legname). Dà una definizione sociopsicologica: associa la langue al momento sociale e la parole al momento individuale. Aporia: ricade nei criteri della linguistica esterna, contraddizione rispetto alle dichiarazioni precedenti.  Il segno linguistico è sistema a due facce il concetto (signifiè) e l’immagine acustica (signifiant)  Unione inscindibile di significato e di significante, unisce un concetto a un’immagine acustica, anche il significante è di natura psichica, confronto con il segno semeion per gli Stoici  Il segno saussuriano vive interamente in sede psichica.