Scarica Lucio Anneo Seneca: vita e opere e più Appunti in PDF di Latino solo su Docsity! Lucio Anneo Seneca (Cordova, 5 a.C. - Roma, 65 d.C.) Il maggior esponente romano della prosa filosofica; eclettico e rappresentante dello stoicismo. Talvolta anche dell‟epicureismo, da cui assume principi e concetti quando gli vengono più comodi. Non inaugura un sistema filosofico personale. È l‟unico poetica tragico latino di cui si sono osservate le opere: tragedie. Essendo i codici stati trascritti più volte, spesso son variati e con errori giunti a noi oggi. Nelle opere fa comprendere all‟uomo come scienza, ragione e filosofia riescano a dare delle spiegazioni razionali a ciò che succede e ciò che non si comprende. Da infatti una risposta razionale a grandi tematiche (morte) e a grandi trasformazioni (scienza, maremoti). È un grande pensatore moderno, ne sono esempio le Epistole morali a Lucilio: la 47° tratta il tema della schiavitù ma non come sistema non giusto, bensì ritiene che ogni uomo sia schiavo di tutto ciò che lo circonda, quando non riesce a raggiungere la libertà interiore. Ritiene che tutti gli uomini sono uguali e che la schiavitù o la libertà siano condizioni dipendenti dall'animo del singolo e non dalla posizione sociale che ci viene assegnata dal fato. Siamo tutti schiavi di qualcosa (moda), per uscirne: libertà individuale (autosufficienza). 5a.C. Nasce a Cordova in Spagna da una agiata famiglia provinciale, a contatto con le idee filorepubblicane ed antiimperiali (Cordova con Pompeo nella guerra civile). Giunto presto a Roma, riceve un'ottima istruzione retorica e filosofica, maestri: Papirio Fabiano dei Sestii, stoico Attalo, neopitagorico Sozione, da cui apprende abitudini sobrie ed austere. Si apre quindi ad un mondo eterogeneo di diversi filosofie. Entra a far parte della setta dei Sestii: predica una morale intransigente ed ascetica, ma la persecuzione di Tiberio nei confronti di essa lo costringe a fuggire in Egitto. 31-32 d.C. Torna a Roma e diviene senatore. Sotto Caligola (37-41) rischia la condanna a morte, a causa delle sue incredibili dotti oratorie. 41 d.C. L'imperatore Claudio lo esilia in Corsica, accusandolo di adulterio con Giulia Livilla, sorella di Caligola e nipote di Claudio; dopo 8 anni torna a Roma (49) grazie all‟intercessione di Agrippina (Minore), che lo vuole precettore del figlio Nerone. L‟ascesa di Nerone corrisponde al periodo di massima fama per Seneca, fortemente legato al suo principato (dal 54-62), forgiandolo coi dettami del buon princeps. 54 d.C. Forse coinvolto nell‟avvelenamento di Claudio, tenta di riscattarsi scrivendo l‟elogio che Nerone pronuncia in Senato in onore dell'imperatore. Seneca gestisce il potere, con Agrippina e dal prefetto del pretorio Burro (54-58 d. C. = "quinquennio felice"), in quanto collaborano eccellentemente e Nerone incarna l‟ideale storico del principe saggio, fino all‟ordine di uccisione della madre Agrippina. 59 d.C. Agrippina muore per mano dei sicari di Nerone. Seneca scrive un discorso di accusa nei confronti della defunta e lo pronuncia in Senato: reazione indignata di Trasea Peto, leader dell‟opposizione stoica al principato, che lascia la seduta. 62 d.C. Muore Burro, sostituito dal famigerato Tigellino. Nerone scavalca il suo precettore e prende in mano le redini dell'impero, sobillato da Poppea, sua amante. Seneca rimase con lui ancora 3 anni, seppur consapevole della politica sanguinaria in atto (molti lo incolpano di aver usufruito della sua fama e l‟accusano di incoerenza verso ciò che egli stesso aveva professato); perciò, si ritira a vita privata e si sposa con Paolina. Nel 64 Nerone brucia Roma per la persecuzione dei cristiani. 65 d.C. Accusato nella congiura dei Pisoni, ormai inviso a Nerone e al nuovo prefetto, riceve da Nerone l'ordine di uccidersi; sceglie la morte del saggio stoico, facendosi aprire le vene (descrizione è riportata da Tacito in Annales XV). La morte della moglie viene impedito dai soldati di Nerone. Filosofiche (prosa) Dialogi (10) In 12 libri: stoicismo aveva attecchito a Roma dal IIsec. a.C. e in età imperiale il saggio stoico diviene una sorta di maestro e consigliere personale, come testimoniano gli scritti di Seneca. Non hanno forma dialogica (tranne tranquillitate animi), ma seguono la diatriba cinico stoica (autore parla in 1° persona ed ha come interlocutore il dedicatorio dell‟opera o personaggio fittizio, con ruolo secondario); il titolo costituisce solo un richiamo alle opere di Platone, considerate come testi esemplari della scrittura filosofica. Nei trattati si avverte l‟influsso della diatriba, nei temi (etica quotidiani) e nell‟impostazione (vivacità, abbondanza di esempi..). De ira (3 libri): origine, descrizione e rimedi contro le passione, in particolar modo l‟ira, la quale offusca la ragione (dottrina stoica) e può generare follia nelle sue manifestazioni violente-inconsulte. Indica poi i mezzi per prevenirla-placarla e tra gli esempi spicca Caligola, descritto come una belva assettata di sangue (ovviamente dopo la sua morte). De brevitate vitae (Paolino): sulla fugacità e buon uso del tempo “la vita, se sai farne buon uso, è lunga”. Dimostra che non è la vita a essere breve, ma sono gli occupati (opposti al saggio) a renderla tale, dissipandola in futili occupazioni, quando dovrebbero cercare la virtù e la saggezza; così da assicurarsi l‟autàrkeia (autosufficienza). “Non sta nella quantità del tempo, ma nella qualità del tempo che dedichiamo a noi stessi e agli altri.” De vita beata: divisa in 2 parti, nella teoretica espone la dottrina morale stoica: la felicità è identificata con la vita secondo virtù; polemizza gli epicurei che identificavano il sommo bene col piacere (volutas). Nella polemica respinge le accuse di incoerenza mosse ai filosofi (implicazioni personali) e sostiene che il filosofo, pur non cercando le ricchezze, preferisce tuttavia possederle perché sono occasione per esercitare la virtù (deve però restare uno strumento volto a). De tranquillitate animi (Anneo Sereno): la tranquillità dell‟animo (euthymia) si ottiene con l‟impegno nella vita attiva per bene comune, con l‟accettazione delle avversità e della morte, coltivando l‟amicizia con i buoni, parsimonia. De otio (Anneo Sereno): Seneca sostiene la superiorità dell‟otium rispetto al negotium (vita pubblica attiva), ritenendo impossibile per un filosofo dedicarsi completamente alla filosofia nella vita pubblica. Deve quindi ritirarsi da essa; la posizione stoica (impegno politico se non per date circostante) viene a coincidere con quella epicurea (saggio non deve impegnarsi politicamente se non per date circostante). De providentia (Paolino): risponde a Lucilio sull‟esistenza della Provvidenza affermata dagli stoici. Egli ritiene che essa non è smentita dai mali che capitano ai buoni, poiché tali sventure sono strumenti di crescita morale predisposti dagli dei. De constantia sapientis (Anneo Sereno): tratta l‟imperturbabilità del saggio, reso invulnerabile dalla forza morale della virtù. Le consolationes si rivolgono ad altrettanti destinatari per consolarli della perdita di una persona cara, sviluppando temi topici come la fugacità del tempo, la precarietà della vita, l‟ineluttabilità della morte. o Consolatio ad Marciam (37): la più antica, indirizzata a Marcia, figlia dello storico Cremuzio Cordo, per consolarla della morte del figlio Metilio. Prende come modello la Consolatio di Cicerone. Riprende il tema tipico del lutto, trattando la morte sia come fine di tutto sia come passaggio a una vita migliore. Si conclude con l‟elogio di Metilio e la sua apoteosi (il nonno lo accolga in cielo). o Consolatio ad Helviam matrem: indirizzata alla madre, per farle accettare l‟idea della relegatio in Corsica, mostrando l‟esilio non come un male, ma semplicemente come un cambiamento si luogo, che non può toglierli la virtù. Viene quindi esortata a seguire l‟esempio di donne nobili e coraggiose, pensando che il figlio sia sereno, dedito a filosofia, ricerca e contemplazione. o Consolatio ad Polybium: indirizzata a un potente liberto di Claudio per la morte di un suo fratello. Trattandosi di una consolatio mortis ritorna a trattare dell‟ineluttabilità del destono e la dimostrazione razionale che la morte non è un male se non è più vita. Seneca tenta in realtà di adulare l‟imperatore per ottenere la remissione della pena (esalta anche le imprese militari di Claudio). Epistulae morales ad Lucilium Le 124, scritte poco dopo il ritiro di Seneca dalla vita pubblica tra 62-65 e divise in 20 libri, costituiscono l‟opera filosofica più importante di Seneca, poiché manifesto della sua vita e della sua concezione stoica. Si rifà alle epistole filosofiche di Epicuro. Il destinatario è Lucilio Iuniore, giovane cavaliere dalla promettente carriera, sensibile alla letteratura e alla filosofia, a cui egli già aveva dedicato Naturales q. e De Providentia. Sono una riflessione su problemi di filosofia naturale: si presenta come un uomo giunto alla vecchiaia e ritiratosi a vita privata si dedica alle virtù; assumendo verso l‟amico l‟atteggiamento di consigliere e maestro. Sono espressamente indirizzate anche ai posteri. “Questo è lo scopo per cui mi sono ritirato e per cui ho chiuso le porte di casa: per poter essere utile a un maggior numero di persone” (Ep. 8, 1). Sono epistole letterarie, scritte con lo scopo di essere pubblicate: 1° epistolario letterario in latino (Cicerone non prevedeva pubblic.). Tra i tratti caratterizzanti: riferimento personale a fatti, circostanze e occasione della vita quotidiana trasformandoli in spunti di riflessione morale: attenta riflessione meditazione da cui ricavare insegnamenti. Altro tratto tipico è il modo di procedere libero, disinvolto e colloquiale; assimila il suo discorso al sermo (conversazione informale) da cui riprende l‟assenza di sistematicità nella trattazione della materia, non sembra infatti un progetto chiaro e definito. Vi sono riferimento a Epicuro, eretico agli occhi degli stoici. L‟unico filo conduttore sono i processi di Lucilio, passando per metodi di insegnamento sempre più impegnativi. Per Seneca è fondamentale il perfezionamento morale, che coincide con l‟otium, che gradualmente realizzerà. Le lettere a Lucilio sono percorse da temi ricorrenti: › Ricerca del vero bene, la virtù: invita a L di liberarsi dei falsi giudizi del volgo e astenersi da ogni occupazione frivola e moralmente inutile; limitandosi alla compagnia di pochi scelti amici e dedicarsi al dialogo coi grandi filosofi del passato. › Libertà del saggio dai condizionamenti esterni, realizzata attraverso il secessus, l‟allontanamento dalla vita pubblica; › Pratica della ricerca filosofica e morale nell‟otium; › Filosofia come via per la sapientia, strumento di lotta contro desideri e impulsi, affrancamento dalla bramosia di ricchezze e potere; › Solidarietà e il rispetto per tutti gli uomini, schiavi compresi, dotati di ragione, riflesso del logos universale; › Fugacità del tempo e la necessità, attraverso la meditatio mortis, di “esercitarsi a morire”. Temi chiave: otium, secessus, tempo e morte. Trattati (prosa) Hanno un impostazione simile ai Dialogi: 1° persona si rivolge a un dedicatario, un impianto argomentativo e dialettico energico e impegnato, con procedimenti diatribici. Politici: legati all‟impegno politico di Seneca e alla sua esperienza di consigliere del principe; temi morali di interesse politico. De clementia: primo grande trattato politico in 3 libri, in cui esalta la monarchia illuminata, convinto che filosofia sia capace di fondare un sovrano. Dedicato al giovane Nerone, il quale, pur possedendo un potere limitato (era una monarchia), viene elogiato perché dotato della virtù più grande per un sovrano: la Clementia, ossia indulgenza, moderazione, equità in tutto. Elemento che distingue il re saggio dal tiranno, garantendo la stabilità dell‟impero e un rapporto quasi paterno coi sudditi. È chiaro che già qui egli sia consapevole che non si tratti più di un principato ma di una monarchia già stanziata e assoluta, in quanto non vi è più equilibrio tra i poteri: non importa la giustizia ma la clementia, ciò implica uno al di sopra di tutti. Avrebbe altrimenti parlato di Iustizia tra pari (senatori e princeps, ossia primo tra i pari). Nerone è infatti idealizzato come un ottimo Princeps, ma è solo un modello ideale proiettato da Seneca alla guida di una monarchia illuminata. È evidente il carattere utopico del suo programma politico cui realizzazione appare impossibile. De beneficiis: un trattato in 7 libri su come elargire e ricevere i benefici, fondamento della convivenza civile; tratta infatti l‟origine e modalità degli atti di beneficenza, il legame tra benefattore e beneficato (anche monarca e sudditi), la gratitudine. Si parla quindi di filantropia: fare del bene agli altri, ideale senecanio e stoico che si contrappone all‟egoismo.