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Seneca: Una Vita di Filosofia e Politica, Sintesi del corso di Latino

La vita e la carriera di Lucio Anneo Seneca, filosofo stoico e politico romano. Dal suo esilio forzato sotto Claudio fino alla sua dedizione alla vita contemplativa sotto Nerone, Seneca è noto per i suoi scritti filosofici e la sua influenza sulla politica romana. una panoramica della vita di Seneca, dalla sua origine a Cordova fino alla sua morte, oltre a una discussione dei suoi scritti più importanti e della sua influenza sulla politica romana.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 19/01/2022

gianbattista17
gianbattista17 🇮🇹

4

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13 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Seneca: Una Vita di Filosofia e Politica e più Sintesi del corso in PDF di Latino solo su Docsity! L'ETA' GIULIO-CLAUDIA pag.4 Alla morte di Augusto nel 14 d.C. non vi era nessun criterio per la successione previsto. Augusto si astenne dal nominare il suo successore, tuttavia la sua ereditarietà sarebbe andata a lui. Essa comprendeva il patrimonio, la virtus(carriera politico-militare), il prestigio familiare ... Augusto non ebbe figli maschi ma sono una figlia femmina Giulia, nata dal matrimonio con Scribonia. Giulia ebbe due figli: Lucio e Gaio. Nel 39 a.C. Augusto divorziò dalla prima moglie e sposò Livia Drusilla, già madre di due figli, Tiberio e Druso, nati dal precedente matrimonio con Tiberio Claudio Nerone. Druso morì nel 9 a.C. e la stessa fine toccò ai figli di Giulia. Tiberio fu designato successore dal princeps e dal senato. Il princeps lo aveva adottato facendogli conferire la potestas tribunicia e l'imperium militare, lasciandogli in eredità gran parte dei beni. Con Tiberio, appartenente alla gens-Claudia e per adozione alla gens-lulia, nasce la dinastia Giulio-Claudia. I PRINCIPATI DI TIBERIO, CALIGOLA E CLAUDIO pag.5 Tiberio, princeps dal 14 al 37, rispettò la tradizione repubblicana, cioè un politica moderata, con l'appoggio dei senatori. Attuò una politica di risparmio. Benchè Tiberio avesse un figlio naturale, Druso minore, le simpatie dell'esercito andavano a Germanico, suo nipote (figlio del fratello Druso maggiore) e figlio adottivo. Germanico morì improvvisamente e molti attribuirono la colpa a Tiberio. Il timore delle congiure indusse il princeps a ritirarsi a Capri nel 27. Tiberio aveva un erede diretto, il nipote, figlio di Druso minore (quest'ultimo infatti era morto nel 23). Tuttavia il senato nutriva simpatie per Germanico e per questo aspettò per far salire al potere il figlio minore di Germanico, nonché Gaio Cesare, soprannominato “Caligola” per il tipo di calzature che portava. Quando nel 37 Tiberio mori, il Senato confermò la nomina di Caligola, acclamato nuovo imperatore. Egli si distaccò dalla politica augustea e instaurò una monarchia di tipo orientale. Caligola sperperò somme ingenti al popolo e ai pretoriani in opere di abbellimento edilizio. Fece uccidere parenti e amici confiscando i loro beni. Si diffuse una clima di terrore che alimentò le congiure contro l’imperatore. Dopo soli 4 anni l'imperatore Caligola fu assassinato dai pretoriani. || senato nominò imperatore Tiberio Claudio Nerone, fratello di Germanico. Claudio era rimasto fino ad allora fuori dagli intrighi di successione. Il suo principato durò dal 41 al 54 d.C. ed ebbe come obiettivo l'equilibrio tra le diverse forze sociali della tradizione. Si occupò dell'amministrazione economica. Il dominio romano fu ampliato con l'annessione della Mauritania, della Tracia, della Licia e della Britannia meridionale. Claudio si occupò del buon governo delle province, favorì la romanizzazione, concesse la cittadinanza ai provinciali, rese più snello il sistema burocratico. Questo alterò l'animo dell'aristocrazia e del ceto equestre. Tuttavia la morte di Claudio fu provocata dagli intrighi di corte: la quarta moglie, Agrippina, lo indusse ad adottare Nerone, nato dalle sue precedenti nozze con Enobarbo, e a dargli in moglie la figlia Ottavia, avuta da Messalina. Agrippina probabilmente lo avvelenò facendolo morire nel 54 accordandosi con Afranio Burro. LA LEX MAIESTATIS Tacito nei suoi scritti ci parla della lex maiestatis. La parola maiestas viene da magnus cioè “grandezza”. La legge prevedeva che fossero punite le azioni e non le parole, quindi i facta e non i dicta. Augusto ampliò il campo di applicazione del crimine per punire gli autori degli scritti diffamatori con la lex Iulia. Con la nascita del principato si cominciarono a sanzionare i dicta che ledevano la dignità. IL PRINCIPATO DI NERONE pag. 8 A soli 17 anni Nerone cominciò il suo principato ( 54-58 d.C.- detto ginquennio aureo). Nerone governò sotto la guida della madre Agrippina e del prefetto pretorio Afranio Burro e del filosofo stoico Seneca. Il suo governo andò somigliando sempre più a un assolutismo dispotico. Dopo aver fatto assassinare il fratellastro Britannico, il princeps eliminò la madre Agripppina, Burro la cui morte non è chiara e Seneca che fu allontanato dalla corte. In seguito Nerone si liberò della moglie Ottavia. Rimase aperto il contrasto tra senato e princeps, che volle govemare come re assoluto, mirando allo sfarzo e al culto della propria persona. Avvenne una riforma monetaria. In Occidente fu sedata una rivolta di Britanni, in Oriente si consolidò il fronte partico con la creazione di un regno vassallo in Armenia, e in Palestina fu repressa una ribellione di ebrei. Nel 64 scoppiò a Roma un violento incendio. Nerone ne fu sospettato colpevole, con il fine di costruire la sua Domus Aurea. Tuttavia, si doveva per forza trovare un colpevole: la colpa fu affidata ai cristiani che vennero perseguitati. Nello stesso anno l'opposizione si organizzò per destituire l’imperatore tiranno e mettere al suo posto Gaio Calpurnio Pisone. Il complotto fu sventato. Molti congiurati furono costretti alla morte. Anche i sospettati come Seneca dovettero pagare. C'era clima di terrore. La ribellione contro Nerone partì dalle province. Tanto che si vide solo e mentre fuggiva da Roma, per non essere ucciso dai nemici, si diede alla morte con l'aiuto di un suo fedele schiavo. ATTIVITA" CULTURALE NELL’ETA' GIULIO-CLAUDIA pag. 10 In seguito alla nascita del principato, la vita intellettuale viene sempre più condizionata e controllata dal potere politico. Mentre in età repubblicana molti uomini politici, oltre a essere scrittori, era promotori della cultura stessa, con la nascita del principato il potere dell'impero era tutto nelle mani dei principi, ed il loro era un potere assoluto. DA TIBERIO A CLAUDIO - Sotto Tiberio, tra intellettuali e potere vi erano diversi conflitti. Furono condannate al rogo le opere di due aristocratici: cremuzio Cordo e Emilio Scauro. Durante il regno di Caligola vi furono episodi analoghi (<— lex maiestatis). Non risulta, invece, che Claudio abbia perseguitato gli scrittori: l'esilio di Seneca fu provocato da fattori non letterari. Tiberio fu autore di orazioni, lettere e di un Commentarius de vita sua. Caligola fu oratore. Claudio fu appassionato di storiografia. Nonostante ciò la dinastia giulio- claudia fu incapace di attornarsi di intellettuali. L'’ETA' DI NERONE - Nerone fu indubbiamente il più interessato e appassionato alla cultura. Egli dimostrò passione per la poesia, la musica, gli spettacoli teatrali. Compose persino un La morte per ordine di Nerone. Nella primavera del 65 fu scoperta la congiura pisoniana, il filosofo fu considerato tra i complici e costretto a togliersi la vita. Egli affronta la morte con coraggio, serenità e nobiltà d'animo ispirandosi alla morte di Socrate. Le opere perdute Seneca scrisse molte opere, alcune conservate, molte altre perdute. A parte le orazioni (di cui non resta traccia), abbiamo alcuni frammenti di un trattato “Moralis philosophiae libri” e di altri testi di argomento filosofico. Il suicidio di Seneca Lo storico Tacito, negli Annales, racconta il suicidio di Seneca: il filosofo affronta le sue ultime ore con coraggio e serenità, affiancato dalla moglie Paolina, che tenta di morire con lui ma i precettori di Neroni glielo impediranno. LDIALOGI _E'un gruppo di 10 opere di argomento filosofico. 9 opere sono scritte ognuna in un libro, l'ultima, il De Ira, è scritto in 3 libri. Non sappiamo quando si sia formata l'opera, né se il titolo sia stato dato da Seneca. L'autore parla sempre in prima persona e ha come interlocutore il suo destinatario. L'impianto dei Dialogi di Seneca risente dell'influsso della tradizione cinico-stoica. Vi è un'impostazione discorsiva e la tendenza a rivolgersi al destinatario, talvolta non definito. La Consolatio ad Marciam_ L'opera più antica è la Consolatio ad Marciam, (“Discorso consolatorio rivolto a Marcia”). Fu scritta prima dell'esilio. Seneca si propone di consolare Marcia (figlia di Cremuzio Cordo), sofferente per la morte del figlio Metilio. Quest'opera riprende la Consolatio di Cicerone riferita alla morte di sua figlia. Si conclude con Il nonno Cremuzio che accoglie in cielo il nipote (questa scena è ripresa dal Somnium Scipionis di Cicerone. La Consolatio ad helviam matrem E' un'opera scritta per consolare la madre di Seneca addolorata dal suo esilio in Corsica. Seneca dice che l'esilio è solo un mutamento di luogo e che non può togliere all'uomo il suo unico bene: la virtù. La Consolatio ad Polybium E' un'opera scritta durante l'esilio. Il destinatario è un potente liberto dell’imperatore Claudio, in occasione della morte del fratello. Ricalca quanto detto ne la Consolatio ad Marciam: la morte non è un male e soffrire per chi è morto è insensato. L'occasione luttuosa diventa un pretesto per rivolgere all'imperatore una vera e propria supplica. Il filosofo elogia il liberto Polibio e il fratello morto, ma soprattutto Claudio di cui risalta le imprese militari e alla cui giustizia e clemenza si affida nella speranza di ricevere la grazia. Quest'opera è sincera, l'autore crede a quello che dice, ma soprattutto è la confessione di una sconfitta morale. | dialoghi-trattati Il De Ira_Fu scritto posteriormente alla morte di Caligola. E' formato da 3 libri in cui l'autore si propone di combattere l’ira. Essa non è mai accettabile perché prodotta da un impulso che offusca la ragione. Seneca ci indica i rimedi per prevenirla e placarla; ci dice che le sue manifestazioni sono simili a quelle della follia. Parlerà del suo odiato Caligola. Il De Brevitate Vitae Fu scritto nell'anno in cui Seneca torna dall'esilio. E' dedicato all'amico Paolino. Seneca dice che l'uomo non deve lamentarsi della brevità della vita perché in realtà, se si sfrutta il tempo bene, questa è lunga. Dice che vi sono gli occupati (indaffarati) che sprecano il loro tempo in cose futili, e poi i veri sapienti che sfruttano il loro tempo nel ricercare la verità al fine di raggiungere l'autoarkeia, cioè l'autosufficienza, la libertà da ogni condizionamento esteriore. ILDe Vita Beata Fu scritto negli anni in cui era al potere con Nerone. Quest'opera è divisa in 2 parti: - La prima parte espone la dottrina stoica e polemizza gli epicurei per identificare il sommo bene con il piacere e non con la virtù. - La seconda parte contiene Implicazioni personali: l'autore parla dei filosofi genericamente ma si riferisce anche a se stesso. Egli si difende dalle accuse di incoerenza: sostiene che il giusto stile di vita sia semplice e umile tuttavia conduce una vita lussuosa, possiede enormi ricchezze... Egli dice di non essere ancora riuscito ad arrivare agli obiettivi che si prepone. Il De Tranquillitate Animi Fu scritto durante il periodo di collaborazione con Nerone. E' dedicato all'amico Anneo Sereno, che viene immaginato dall'autore in difficoltà e sul momento di chiedere consigli. Il filosofo si rende conto che Anneo ha un animo inquieto e insoddisfatto e indica alcuni rimedi pratici per raggiungere la “tranquillità dell'animo”. : l'impegno nella vita attiva per il bene comune, l'amicizia dei buoni, la parsimonia, la frugalità... Il De Otio Fu scritto nel periodo immediatamente precedente o successivo al ritiro. Seneca si rivolge ad Anneo Sereno esponendo il problema dell’ impegno e del disimpegno, ossia della superiorità della vita attiva o di quella contemplativa, chiedendosi se il sapiente debba o no partecipare alla politica attiva. Il filosofo sostiene la validità della scelta dell’otium; alla fine il filosofo dirà che bisogna prendere parte alla vita politica a meno che le circostanza non lo impediscano che si sovrappone al pensiero epicureo secondo cui un filosofo non deve prendere parte in politica al meno che le circostanza glielo impediscano. Il filosofo difficilmente può essere coerente ai suoi principi. Il De providentia Non si sa quando fu scritto. Lucilio è il destinatario a cui Seneca risponde dopo aver ricevuto delle Epistulae in cui gli viene chiesto perché mai i buoni sono colpiti dai mali se è vero quanto afferma lo stoicismo, cioè che esiste una provvidenza divina. Il De Constantia Sapientis (“La costanza del sapiente”), Seneca si rivolge a Anneo Sereno e dimostra la tesi stoica secondo cui il sapiente non può essere colpito da alcun oltraggio e da alcuna offesa perché la sua forza e la sua superiorità morale lo rendono invulnerabile. | temi Nei Dialogi Seneca non intende proporre ai lettori una filosofia astratta , ma un'arte del Vivere che li metta al riparo dai falsi valori. Questi venivano dalle false valutazioni che scatenano gli ffectus (“affezioni dell'animo”, cioè paure, desideri, passioni). Esse impediscono il raggiungimento della felicità. La filosofia è dunque lo strumento terapeutico. Nei Dialogi vediamo che Seneca si rivolge a un malato e attraverso l'’admonio” (ammonizione, esortazione) fa liberare l'animo dagli errori. Seneca sa che il percorso verso la sapienza è arduo e difficile e sa che lui non è un saggio, bensì un proficienter cioè uno che è nel cammino verso il perfezionamento morale. Secondo Seneca la paura della morte è l’inconsapevolezza o la dimenticanza della condizione che ci è imposta fin dalla nascita: la morte non è una punizione ma una lex naturae. |l tempo è breve se ci concentriamo su inutili occupazioni, è abbastanza se lo dedichiamo alla ricerca della vera felicità. LTRATTATI | trattati De Clementia, De beneficiis e Naturales quaestiones hanno impianto e finalità simili ai Dialogi. In particolare, nel primo, dedicato a Nerone, Seneca indica nella monarchia assoluta improntata alla clemenza la migliore forma di governo; nell'ultimo sono indagati i fenomeni naturali con lo scopo di liberare l'uomo dai timori provocati dall'ignoranza. L'impostazione dialogica e argomentativa | trattati non differiscono molto dai Dialogi nell'impostazione formale. Anche in questi l'autore parla sempre in prima persona rivolgendosi a un dedicatario con cui immagina di dialogare. Quindi troviamo un impianto argomentativo, dialettico energico. Il De Clementia_. E' un trattato di filosofia politica in cui Seneca teorizza ed esalta la monarchia illuminata. Rivolgendosi a Nerone, Seneca lo elogia perché, egli dà prova di possedere la virtù più grande del sovrano: la clemenza, definita dal filosofo come moderazione e indulgenza che chi ha il potere adotta nell'infliggere le pene.Questa virtù contraddistingue il re giusto rispetto al tiranno. Il re buono e clemente, instaura infatti con i sudditi un rapporto paterno punendo malvolentieri, solo quando è indispensabile. La giustificazione teorica del principato. Seneca dunque considera la clemenza superiore alla giustizia (che invece Platone e Cicerone preferivano). La clemenza implica un rapporto di dipendenza, in quanto esercitata dal superiore nei riguardi degli inferiori (monarchia assoluta). Il punto di riferimento non sono più le leggi, ma la volontà del principe, libero da ogni vincolo. Il filosofo cerca di motivare la realtà positiva del principato grazie al supporto della dottrina politica stoica che indicava la monarchia come migliore forma di governo a condizione che il re fosse sapiente Quindi Seneca presenta Nerone come tale, attribuendogli ogni virtù, tra cui anche la clemenza, propria del sovrano perfetto. Un programma politico utopistico. L'opera si rivolge in un solenne elogio del princeps. Seneca proietta un modello ideale nella figura del giovane imperatore. | comportamenti che Seneca gli attribuisce corrispondono a un programma politico ben stabilito ma che allo stesso tempo è al quanto utopistico. così, stringatezza, tensione, vigore. A differenza di Cicerone, Seneca usa la concinnitas: antitesi, parallelismi, omoteleuto, anafora, poliptoto... Nel minimo di parole cerca di incentrare il massimo del significato. LE TRAGEDIE Le trame Ci è pervenuto un corpus di 10 tragedie attribuito a Seneca. Nove sono di argomento mitologico; una, l'Octavia, è una praetexa di argomento storico. Narra della morte della prima moglie di Nerone. Ti Traduzione Trama Agamemnon | "Agamènnone” | Agamannone, re di Argo, tornato vittorioso dall conquista di Troia, viene Ucciso per mano della moglie Clitennestra Hercules “Ercole furioso” | Ercole, in un accesso di follia, massacra i figli e la moglie; poi, rinsavito, furens vorrebbe uccidersi, ma è trattenuto dal padre Anfitrione e dall'amico Tèseo Oedipus “Edipo” Èdipo, re di Tebe, apprende con disperazione di avere, senza saperlo, ucciso il proprie padre, Lalo, e sposato la propria madre, Giocesta Phoenissae | “LeFanicie* | Iduefigli di Edipo, Etèocle = Polinice, ingaggiano una contesa fratricida | peril potere su Tebe; non si tratta ci una tragedia completa, ma di una | serie di scene staccate 7 Troddes | ‘Le Troiane" | Le donne troiane prigioniere dei Greci piangono la loro sorte infelice e I subiscono le tragiche conseguenze della sconfitta Fra le tragedie più riuscite, per la potente drammaticità di molte scene e per il rilievo vera- ‘mente tragico che vi assumono i protagonisti, vi sono Medea (+ Infanticida e maga: Medea, pp.90 s.), Fedra e Tieste, di cui diamo un riassunto meno sommario. “Medea” | La vicenda corrisponde a quella dell'omonima yagedia di Euripide: furiosa per essere stata abbandonata da Giasone, che sta per sposare la figlia di Creonte, re di Corinto, Medea (con l'aiuto della quele Giasone ha conquistato il vello d'ore), | servendosi delle sue arti magiche, provoca la morte di Creonte e della figlia; quindi | purlacerata tra l'odio per l'uomo che l'ha tradita el'amore materno, uccide | due | figlioletti avuti dal marito e vo'a via su un carro tratnato cia serpenti alati CALI Ì Phaedra | “Fedra” La trama è quella dell'Ippolito di Furipide, ma con differenze rilevanti, che fanno to e supporre una derivazione da un'altra tragedia dello stesso autore, per noi perduta, Fedra, maglie ci Tèseo, re di Atene, soccombe a una folle passione per figliastro Ippolito e gli dichiara il suo amore. Respinta, si vendica accusando Îl giovane di aver cercato ci userle violenza; ma quando, in seguiro alla me F | di Teseo, un mostro marino causa la morte di Ippolito, la donna, disperata, i confessa la sua colpa e si uccide 0) Traduzione | Trama Thyestes | “Tieste” Ittiranno Atreo, adirato contra il fratello Tieste che gli ha sedotto la moglie e insidiato il regno, finge una riconclliazione e fa tomare nella reggia Tieste e i suol figli per potersi vendicare: uccide | nipoti, ne cuoce la cami ele imband sce al fratello durante un banchetto, svelandogli subito dopo l'atroce verità. Mentre Tieste è inorridito di fronte a una così mostruosa empietà, Atreo assapora la gioia crudele del detta L'Apokolokyntosis occupa un posto a sè nella produzione senecana . Appartiene al genere della satira menippea, chiamata così dall’iniziatore del genere Menippo di Gadara. Era caratterizzata dalla mescolanza di versi e di prosa, vi è mescolanza di serio e scherzoso. L'operetta senecana, invece è caratterizzata da un caustico pamphlet senza alcuna implicazione filosofica, scritta in occasione della morte di Claudio: Seneca dà libero sfogo al suo odio e disprezzo a colui che l'aveva mandato in esilio. In latino il titolo dell'opera è Ludus de morte Claudii dive ludus indica “gioco “o “scherzo”. Il titolo greco Apokolokyntosis significa “trasformazione in zucca" in contrapposizione a apotheosis, cioè “trgasformazione in Dio”. Tuttavia, nell'opera Claudio non subisce trasformazioni, perciò probabilmente il titolo dell'opera va tradotto con “deificazione di una zucca" (“divinizzazione di quello zuccone di Claudio"), altri pensano si possa tradurre coem “infinocchiatura" (“fregatura”). L'autore promette di rimanere fedele agli avvenimenti futuri alla morte dell’imperatore. Comincis il racconto parlando delle parche che taglino il filo della vita di Claudio e Apollo intna un canto di gioia. Claudio sale al cielo e si presenta accanto a Giove, riconoscibie dal suo incomprensibile modo di parlare. La somma divinità si affida a Ercole e gli dà l'incarico di capire chi sia l'eroe celato in quel personaggio. Dopodichè, vedremo che ci sarà un concilio degli dei per decidere se divinizzare Claudio o meno. Nella discussione interviene Augusto che denuncia una violenta requisizione contro il nipote, accusandolo di aver assassinato la famiglia. Claudio verrà trascinato agli Inferi. Passando per la via sacra capirà di essere morto e Roma sarà in festa. Sarà etemamente condannato a giocare ai dadi con un bussolotto forato. Caligola compare dopo e reclama Claudio suo schiavo. testo pag. 71 - LA GALLERIA DEGLI OCCUPATI Il testo è tratto dal “De brevitate vitae”, Seneca definisce gli occupati, gli affaccendati, coloro che sprecano il tempo in inutili occupazioni. Questi affaccendati sono coloro che occupano tutta la loro vita al negotium (gli impegni lavorativi e della vita civile) senza concedersi un po' di tempo per la riflessione, ma anche coloro che fanno del loro tempo libero un uso insulso. Seneca definisce la vita di questi occupati come “desidiosa occupatio” (un ossimoro in pratica) ovvero “un ozioso affaccendarsi" nel far niente. Chi ha talmente tanto tempo da potersi permettere di ordinare vasi di Corinto, chi trascorre molte ore dal barbiere non ha tanto tempo tempo libero, spreca invece il tempo che dovrebbe utilizzare per una buona riflessione interiore. Fa ulteriormente l'esempio dell'uomo vanitoso che teme lo scompiglio della propria acconciatura più di quella dello Stato. Continua poi con la descrizione degli occupati parlando di chi è occupato in utili passeggiate ma vi arriva comunque sempre puntualmente, colui che ha bisogno di qualcuno che gli ricordi mangiare quasi non fosse in grado di sapere se abbia fame o meno. Definisce coloro rammolliti dai piaceri perché hanno disimparato le corrette abitudini della vita. Continua con il descrivere coloro che si dedicano a far rosolare il corpo al sole. Passa poi a descrivere i pedanti intellettuali greci che hanno dedicato gran parte della loro Vita a capire se Iliade e Odissea siano dello stesso autore e la paragona con l'abitudine del tempo che i Romani avevano nell'imparare cose inutili. Anche se questo tipo di conoscenza non porta giovamento allo Stato, è tale da interessarci con argomenti belli, anche se vuoti. testo pag. 75/76 - approfondimento Seneca nel De Brevitate vitae descrive una galleria di personaggi che non si accorgono di sprecare il loro tempo in futili attività o che sprecano il loro tempo dietro alla carriera. E' sicuramente possibile fare un parallelismo con i giorni nostri: perdiamo un sacco di tempo ipnotizzati dall tv, dai social, dai video-giochi incapaci di goderci il tempo libero. Ma anche il lavoro, ad oggi, ci ossessiona: sono state definite per questo la sindrome di Burnout e i lavoratori “alcolizzati” dal lavoro sono definiti workaholic. Le nuove tecnologie fanno sì che, essendo sempre disponibili in rete, noi possiamo portarci il lavoro a casa e non staccare mai. Il fatto che siamo sempre raggiungibili tramite telefono, VhatsApp, FaceBock, sta diventando una nuova forma di schiavitù psicologica. Federico Rampini parla di “lavoro sostenibile” recensendo il best seller di Tony Swartz “The way we're working isn't working”. testo pag. 78- RIAPPROPIARSI DI SE' E DEL PROPRIO TEMPO (traduzione e analisi) Questa lettera è il prologo dell'intera raccolta delle Epistolae Ad Lucilium e tratta del dominio su se stessi e la liberazione dal condizionamento degli altri e delle cose al fine di raggiungere la sapienza. Seneca riconosce che il cammino verso la sapienza è ostacolato da un uso scorretto del tempo e da una scarsa considerazione del suo valore. Questi argomenti, già trattati nel De brevitate vitae si ricollegano alla dottrina stoica del tempo che definiva il tempo come unico bene concesso all'uomo dalle divinità. Seneca argomenta tramite la sua esperienza personale, ricorrendo talvolta alle sententiae (frasi brevi ai cardini del suo pensiero) per porre in risalto i concetti più importanti. Il tono è colloquiale: Seneca non si sottrae dall'offrire se stesso e le proprie debolezze all'analisi di Lucilio, mostrandosi come maestro ma anche come compagno bisognoso di miglioramento. P.81 da aggiungere l'analisi testo pag. 87 - UNA PAZZIA DI BREVE DURATA Lucio Anneo Novato, fratello maggiore di Seneca, a cui è dedicato anche il De vita beata, esorta Seneca perché scriva come si possa porre rimedio all'ira intesa come pazzia di breve durata e passione violenta che induce a desiderare la rovina altrui anche a costo della propria. Seneca inizia quindi a descriverne le manifestazioni esteriore paragonandola poi a una follia di breve durata che cancella ogni remora morale rendendo ciechi dinanzi alla ragione. L'aspetto degli iracondi viene descritto con un sguardo minaccioso, movimenti bruschi, occhi fiammeggianti, respiro affannoso, corpo irrequieto. Il vizio di essere un irascibile può essere tanto brutto a vedersi quanto detestabile a sopportarsi. testo pag. 92 - L'ANGOSCIA ESISTENZIALE Nel De Tranquillitate Animi Seneca si rivolge all'amico Anneo Sereno come un maestro a un discepolo per discutere della tranquillitas (la quiete dell'animo). Prima il filosofo descrive tutti le circostanze che ci impediscono di giungere alla tranquillitas, successivamente considererà anche le azioni necessarie a questo sommo bene. Tra gli uomini insoddisfatti vengono enumerati coloro che sono insicuri delle proprie decisioni e facilmente se ne pentono, e coloro che si annoiano sempre. Questa instabilità li rende permanentemente infelici. L'incapacità di controllare i propri desideri espone a delusioni continue e quindi un senso di malinconia, angoscia e invidia per i successi altrui. Cercare distrazioni nei viaggi e nei divertimenti è vano, non rimediano all'incapacità di guardare dentro il proprio animo. Seneca è intransigente nei confronti di chi vive una vita rivolta alla ricerca di impossibili distrazioni. Seneca impera (comanda) loro di non sfuggire a se stessi e di lasciarsi alle spalle questi rimedi illusori. Fa quindi l'esempio del malato che, cercando sollievo per le proprie ferite, le sfrega e le tormenta, non facendo altro che aggravare la sua sofferenza. Seneca si mostra realista e crudo, sottolineando l'esito autodistruttivo dei piaceri illusori. La filosofia stoica pone come fine ultimo del sapiente il vivere secondo natura. L'uomo realizza pienamente se stesso solo seguendo il logos (il principio) che regge l'universo: il conseguimento della somma virtù lo libera dalle passioni e lo rende pari agli dei. Il tema del raggiungimento della felicità è affrontato nel De vita Beata. Il filosofo riconduce la felicità al vivere secondo ragione e virtù. Alcuni uomini percorrono la strada del perfezionamento poiché non hanno ancora raggiunto la virtù: tra queste persone vi è anche Seneca, consapevole della propria imperfezione. Le guerre civili del | secolo a.C. avevano preparato il terreno all'accettazione del principato come forma di governo capace di garantire la pace. Seneca tenta una sintesi tra principato e libertà auspicando a un “principato illuminato”, rispettoso della dignità dei cittadini, giusto e tollerante.Seneca propone, prima della crisi dei suoi rapporti con Nerone, un bilanciamento tra otium e negotium. Il trattato De clementia è dedicato al tema politico, è indirizzato a Nerone e composto nei primi anni del suo principato. Seneca esordisce fornendo a Nerone figuratamente uno specchio in cui possa osservarsi, traendo piacere dallo spettacolo della sua buona coscienza. La strategia di Seneca è quella di descrivere Nerone come un principe “Iluminato”, suscitando in lui il desiderio di adeguarsi a questo modello ideale. Nerone, attraverso un monologo, si presenta come un sovrano clemente nell'esercitare il suo IMmenso potere. Seneca ammette che il principato è un regime assoluto in cui i cittadini non dispongono di alcuna tutela ma grazie alla virtù del princeps, il potere sarà esercitato nell'interesse di tutti. La “necessità” della monarchia è giustificata con il fatto che la massa di sudditi sia incapace di autogovemarsi. Sempre nelle Epistulae ad Lucilium Seneca ha appreso con piacere da alcuni amici da Siracusa che l'amico Lucilio tratta i suoi schiavi con familiarità dal momento in cui abitano nella stessa casa, umili amici. | canoni dello stoicismo antico stabilivano che tutti gli uomini, essendo propri di ragioni, sono uguali, Anche gli schiavi quindi hanno piena dignità di uomini e, come tutti, sono soggetti alla sorte. Essi sono però considerati alla stregua di bestie da padroni crudeli e arroganti. AI momento del pasto sono obbligati ad assistere in piedi, immobili e in silenzio agli eccessi del padrone e degli ospiti. Gli schiavi vengono percossi quando bisbigliano tra di loro o quando addirittura tossiscono o starnutiscono; di conseguenza, costoro, che non possono parlare in presenza del padrone, ne parlano male. Quei servi che invece potevano parlare in presenza del padrone e col padrone stesso, erano pronti a offrire la testa per lui. Liberti e schiavi nascono dai medesimi semi: lo status sociale dipende solo dal caso. Nel rapporto con gli schiavi è perciò necessario comportarsi con le persone a noi sottoposte come vorremmo che i nostri superiori si comportassero con noi. Per Seneca, dunque, ogni relazione interpersonale, anche tra individui di classi differenti, si dovrebbe fondare sul rispetto reciproco e non sulla paura. La società romana non viene però criticata in questo testo essendo tuttavia basata sullo sfruttamento di manodopera servile.