Scarica MANUALE COMPLETO PER LA PREPARAZIONE AL TFA SOSTEGNO e più Schemi e mappe concettuali in PDF di TFA Sostegno solo su Docsity! 1 MANUALE COMPLETO DI PREPARAZIONE AL TFA SOSTEGNO 2 INDICE CAPITOLO I LEGISLAZIONE SCOLASTICA E GOVERNANCE Pag. 7 CAPITOLO II COMPETENZE DIDATTICHE Pag. 72 CAPITOLO III DALLA SCUOLA DELL’INTEGRAZIONE ALLA SCUOLA DELL’INCLUSIONE Pag.126 CAPITOLO IV COMPETENZE PEDAGOGICHE Pag. 192 CAPITOLO V CREATIVITA’ E INTELLIGENZA EMOTIVA Pag. 217 APPENDICE ALTRI AUTORI DA RICORDARE Pag. 235 CAPITOLO VI LINEE GUIDA PER UN’EFFICACE PRESENTAZIONE IN POWER POINT Pag. 265 CAPITOLO VII Il CODING Pag. 284 GLOSSARIO Pag. 293 5 - Combattere l’analfabetismo; - Scuola pubblica e gratuita; - Obbligatorietà delle scuole elementari del grado inferiore; - Togliere l’esclusività dell’istruzione alla Chiesa cattolica. Struttura organizzativa: • Istruzione primaria e tecnica; • Istruzione secondaria classica; • Istruzione superiore – università. LA LEGGE COPPINO DEL 1877 La legge Coppino promulgata come legge n° 3961 del 15 luglio 1877 fu la prima riforma varata dal governo della sinistra storica, per sopperire all’ incapacità dei comuni di gestire le scuole come previsto dalla legge Casati. Tale legge: innalza di 3 anni l'obbligatorietà scolastica, che in base alla precedente riforma Casati era di soli 2 (dai 6 agli 8 anni), portando a 5 anni la durata complessiva dell’istruzione elementare; introduce la possibilità di ottemperare all’obbligo di istruzione con la frequenza di una scuola privata o con l’insegnamento; l’insegnamento religioso, sostituito dalle «prime nozioni dei doveri dell’uomo e del cittadino», diviene facoltativo. LA SCUOLA ITALIANA DELLA PRIMA METÀ DEL NOVECENTO E LA LEGGE ORLANDO DEL 1904 La legge proposta da Vittorio Emanuele Orlando ed emanata l’ 8 luglio del 1904: portava l’obbligo scolastico al dodicesimo anno di età, imponendo 4 anni di scuola elementare a chi proseguiva gli studi, 5 anni a chi concludeva l’esperienza scolastica con la scuola elementare; 10 istituiva un «corso popolare» formato dalla classe quinta e sesta, con frequenza di solo 3 ore al giorno per coloro che concludevano l’esperienza scolastica con la scuola elementare, anche per evitare che i ragazzi dovessero abbandonare le loro occupazioni per tutta la giornata. LA LEGGE DANEO-CREDARO DEL 1911 La legge Daneo-Credaro 1911 emanata il 4 giugno del 1911 n° 487 introdusse norme importanti per assicurare il diritto allo studio anche nelle aree più povere: le scuole elementari passano alla diretta gestione dello Stato tramite le provincie, con facoltà di mantenimento delle autonomie solo per i Comuni Capoluogo e i Comuni con numero di analfabeti inferiore al 25%; è fissata la retribuzione minima per i maestri e istituito il fondo pensione; diventano obbligatori i patronati scolastici per fornire assistenza alle famiglie in difficoltà; è istituito il liceo moderno, poi scientifico, in affiancamento al classico. LA RIFORMA GENTILE DEL 1923 Con la riforma Gentile si è dettato l’intero complesso di norme di sistema che riformarono la scuola italiana tra il 1923 e il 1928, quando fu emanato il Testo Unico delle leggi sulla Pubblica Istruzione R.D. 877 del 5 Febbraio 1928. L’istruzione scolastica è resa obbligatoria fino ai 14 anni di età; ultimata la scuola elementare della durata di 5 anni, l’alunno ha le seguenti alternative: - il ginnasio, per l’accesso al Liceo; - l’istituto Tecnico, articolato in un corso inferiore e uno superiore; - l’istituto Magistrale, articolato in un corso inferiore e uno superiore; - la scuola complementare ad avviamento professionale, tecnico, commerciale e agrario, della durata di 3 anni, per coloro che non proseguono gli studi. 11 Elementi essenziali della Riforma Gentile sono: - riordino dell’istruzione Classica che «ha per fine di preparare alle università ed agli istituti superiori»; - creazione dell’istituto magistrale che «ha per fine di preparare gli insegnanti delle scuole elementari»; - riordino del Liceo Scientifico che «ha per fine sviluppare ed approfondire l’istruzione dei giovani che aspirino agli studi universitari nelle facoltà di scienze e di medicina e chirurgia»; - istituzione del liceo femminile che «ha per fine di impartire un completamento di cultura generale alle giovinette che non aspirano né agli studi superiori né al conseguimento di un diploma»; - articolazione dell’istituto tecnico in un corso inferiore di 3 anni, seguito o dal liceo scientifico o da un corso di 4 anni superiore tecnico; - istituzione dell’esame di maturità per l’accesso all’università; - mantiene l’insegnamento obbligatorio della religione cattolica nelle scuole primarie; - pone il limite di 35 alunni per classe; - istituisce scuole speciali per ciechi e sordomuti. IL CONCORDATO DEL 1929 Il concordato firmato in Laterano l’11 Febbraio del 1929 prevedeva che: - la religione cattolica fosse insegnata in tutte le scuole non universitarie; - l’insegnamento della religione fosse esonerabile a richiesta; - gli insegnanti di religione fossero riconosciuti dalle autorità ecclesiastiche. Il concordato del 1929 fu poi rinnovato a seguito dell’accordo tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede del 18 Febbraio 1984 e ratificato con la legge del 25 marzo 1985 n° 121. 14 GLI ANNI SETTANTA E I DECRETI DELEGATI La legge delega n° 477 del 30 luglio 1973, recante «Delega al governo per l’emanazione di norme di stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica di Stato» dà il via alla successiva emanazione, da parte del Presidente della Repubblica il 31 maggio del 1974, dei Decreti Delegati: D.P.R 416/1974: istituisce gli organi collegiali della scuola; D.P.R 417/1974: ridefinisce lo stato giuridico degli insegnanti, del personale direttivo e ispettivo; D.P.R 420/1974: ridefinisce lo stato giuridico del personale non docente; D.P.R 419/1974: regolamenta l’avvio di sperimentazioni innovative rispetto agli ordinamenti in vigore, in particolare nella scuola superiore. LENTE DI INGRANDIMENTO - GLI ORGANI COLLEGIALI Gli organi collegiali sono organismi di governo e di gestione delle attività̀ scolastiche a livello territoriale e di singolo istituto. Sono composti da rappresentanti delle varie componenti interessate e si dividono in organi collegiali territoriali e organi collegiali scolastici. Gli organi collegiali (a esclusione del Collegio dei Docenti) che prevedono sempre la rappresentanza dei genitori sono tra gli strumenti che possono garantire sia il libero confronto fra tutte le componenti scolastiche sia il raccordo tra scuola e territorio, in un contatto significativo con le dinamiche sociali. La funzione degli organi collegiali è consultiva e propositiva (Consigli di classe) e deliberativa (Consigli d’istituto). Gli organi collegiali si dividono in organi collegiali territoriali e in organi collegiali scolastici. Gli organi collegiali territoriali sono disciplinati dagli artt. 16-25 del D.lgs. 297/94 ma non sono mai entrati in vigore per mancanza dei decreti attuativi. Gli organi collegiali scolastici sono: 15 Consiglio di classe: formato nella scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado da 4 genitori eletti in rappresentanza dei genitori degli alunni, da 2 genitori eletti e da 2 studenti, nelle scuole secondarie di secondo grado. Collegio dei Docenti: composto da tutti i docenti in servizio nell’Istituto. Vi partecipano anche i supplenti temporanei per il periodo della supplenza. Comitato per la valutazione del servizio: presieduto dal dirigente scolastico. Ne fanno parte 4 docenti come membri effettivi e 2 docenti come membri supplenti. Consiglio di Istituto: così suddiviso: Nelle scuole con popolazione scolastica fino a 500 alunni, è costituito da 14 membri: 6 rappresentanti del personale insegnante; 6 rappresentanti dei genitori degli alunni; 1 rappresentante del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (A.T.A.); il Dirigente Scolastico. Nelle scuole con popolazione scolastica superiore a 500 alunni, è costituito da 19 membri, coì suddivisi: 8 rappresentanti del personale insegnante; 8 rappresentanti dei genitori degli alunni; 2 rappresentanti del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (A.T.A.); il Dirigente Scolastico. Negli istituti di istruzione secondaria di 2° grado e artistica i rappresentanti dei genitori degli alunni sono ridotti a 3 negli istituti con popolazione scolastica fino a 500 alunni e a 4 negli istituti con popolazione scolastica superiore a 500 alunni; in tal caso sono chiamati a far parte del consiglio, rispettivamente, 3 e 4 rappresentanti, eletti dagli studenti. Giunta esecutiva: composta dal Dirigente scolastico che la presiede, DSGA, 1 docente, 1 A.T.A e 2 genitori. 16 Assemblea degli studenti: gli studenti hanno diritto di riunirsi nei locali della scuola, previa richiesta di autorizzazione al dirigente scolastico, per discutere di problemi che riguardino aspetti di carattere generale della scuola o delle classi da loro frequentate. Alle assemblee possono essere invitati a partecipare il dirigente scolastico e/o i docenti. Assemblea dei genitori: i genitori hanno diritto di riunirsi nei locali della scuola, previa richiesta di autorizzazione al dirigente scolastico, per discutere di problemi che riguardino aspetti di carattere generale della scuola o delle classi frequentate dai propri figli. Alle assemblee possono essere invitati a partecipare il dirigente scolastico e/o i docenti. LA LEGGE N° 517 DEL 4 AGOSTO 1977 - Limita “a casi eccezionali” la ripetenza nella scuola elementare; - Abolisce gli esami di riparazione nella scuola elementare e media; - Introduce i giudizi al posto dei voti nelle scuole elementari e medie; - Viene sostituita la pagella con la scheda di valutazione; - Integra gli studenti con disabilità nelle classi normali con limite a 20 alunni; - Introduce nell’equipe di classe l’insegnante di sostegno. LE RIFORME DEGLI ANNI NOVANTA Gli anni Novanta videro una serie di riforme settoriali, quali la riforma della scuola elementare, l’adozione del Testo Unico delle leggi sulla scuola, la nascita dell’istituto comprensivo, l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 10 anni. LEGGI RIFORMATRICI Legge n. 97/1994: 12.5 – nascita degli istituti comprensivi di scuola materna, elementare e secondaria di primo grado; - D.lgs. n. 297/1994: par. 19.2.2 - Adozione del Testo unico delle leggi sulla scuola; 19 Alle Regioni è attribuita potestà legislativa esclusiva nella materia dell'istruzione e della formazione professionale. Residua poi una serie di materie oggetto di potestà legislativa, cosiddetta concorrente. L’art. 1 della legge 53 del 2003 afferma la centralità nella scuola della «crescita e valorizzazione della persona umana» in relazione ai tre ambiti: Ritmi dell’età evolutiva; Differenze e identità di ciascuno; Scelte educative della famiglia: possibilità di anticipi e posticipi dell’iscrizione alla scuola dell’infanzia e alla scuola primaria; possibilità di scegliere tra un tempo scuola minimo obbligatorio e ampliamenti della frequenza sulla base delle adesioni ad attività facoltative e opzionali; Piani di Studio personalizzati; individuazione di un referente-tutor, all’interno della pluralità dei docenti della classe, per le relazioni scuola-famiglia. IL CACCIAVITE DEL MINISTRO FIORONI Le elezioni del 2006 vennero vinte dalla coalizione di centrosinistra che diede vita a un governo che non condivideva la riforma Moratti, ma non aveva la forza parlamentare per sostituirla. Il Ministro Giuseppe Fioroni apportò modifiche parziali: con il D.M. 31 luglio del 2007 inviò alle scuole Indicazioni per il curricolo, da affiancare a quelle vigenti sulla base del D.lgs. n. 59 del 2004. Strutturava così percorsi disciplinari unitari, dalla scuola primaria al termine della secondaria di primo grado, prestando così attenzione alla continuità educativa dai 3 ai 14 anni. Visto il crescente fenomeno del bullismo, modificò lo Statuto delle studentesse e degli studenti del 1998 con norme contenute nel D.P.R. 235 del 2007, prevedendo sanzioni disciplinari più gravi. IL MINISTRO GELMINI La riforma Moratti, troppo costosa in termini organici e poco redditizia in termini di consensi, fu archiviata e ne fu preservata solo l’impalcatura. Il sistema scuola rimane strutturato in: 20 Scuola dell’infanzia; Scuola del primo ciclo (primaria e secondaria di primo grado); Scuola del secondo ciclo, articolato su due canali paralleli: dell’istruzione (di competenza dello Stato) e dell’istruzione e formazione professionale (IeFP, di competenza delle Regioni). Le basi normative degli interventi sulla scuola sono state: Art. 64 del Decreto Legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito nella legge 6 agosto 2008, n. 133 - Piano programmatico di riordino e di sviluppo del sistema scolastico; Legge n. 169 del 30 ottobre 2008: reintroduzione del “maestro unico” nella scuola primaria; reintroduzione dei voti da 1 a 10 nelle scuole del primo ciclo per la valutazione dei risultati degli apprendimenti; l’attuazione della disposizione della legge n. 53 del 2003 sulla valutazione del comportamento oltre che dell’apprendimento, nonché la certificazione delle competenze. Sulla base delle leggi n. 133 e 169 del 2008, furono emanati: D.P.R. 20 marzo 2009, n. 81 Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola; D.P.R. 20 marzo 2009, n. 89 Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione; D.P.R. 22 GIUGNO 2009, n. 122 Regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni. La riforma della scuola secondaria di secondo grado è stata attuata con i seguenti strumenti normativi: D.P.R. n. 87 del 15 marzo 2010 Schema di regolamento recante norme concernenti il riordino degli ISTITUTI PROFESSIONALI; 21 D.P.R. n. 88 del 15 marzo 2010 Schema di regolamento recante norme concernenti il riordino degli istituti tecnici; D.P.R. n. 89 del 15 marzo 2010 Schema di regolamento recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei”; D.P.R. 20 marzo 2009 n. 81 - Revisione degli ordinamenti scolastici: - Intervento e razionalizzazione dei piani di studio; - Revisione delle Indicazioni nazionali relative alla scuola dell’Infanzia e alle scuole del primo ciclo. Si cerca di armonizzare le indicazioni della Moratti con quelle di Fioroni; - Revisione dei piani di studio relativi al sistema dei licei. Si cerca di riesaminarli con l’obiettivo di semplificazione in relazione, anche, alla riduzione dei carichi orari previsti dal piano di razionalizzazione. Revisione dei quadri orario dei diversi ordini di scuola Scuola dell’infanzia: - vengono confermate le due tipologie organizzative: 40 e 25 ore; - reintroduzione degli anticipi previsti dalla riforma Moratti con l’ingresso nella scuola dell’infanzia a partire dai 2 anni; - vengono confermate le sezioni primavera. Scuola primaria: - viene introdotto il maestro unico per un orario di 24 ore settimanali; - il tempo scuola, tenuto conto della domanda delle famiglie e della dotazione organica, potrà essere così articolato: 27 ore, con esclusione delle attività opzionali facoltative; 30 ore comprensiva dell’orario opzionale facoltativo e con l’introduzione del maestro prevalente; possibilità di estensione delle ore di lezione fino a un massimo di 10 ore settimanali comprensive della mensa. Relativamente all’insegnante di lingua inglese per la primaria, l’insegnamento sarà affidato a un insegnante di classe opportunamente formato 24 è prevista la revisione degli istituti giuridici che comportano comandi, collocamenti fuori ruolo, utilizzazioni; personale ATA: la riduzione del 17% della dotazione organica. Il taglio era previsto in proporzione alla riduzione del numero delle istituzioni scolastiche. IL MINISTRO PROFUMO Nell’estate del 2012, con le dimissioni del Governo Berlusconi e l’insediamento del governo tecnico di Mario Monti, a reggere il Miur viene chiamato Francesco Profumo. Si riattiva la macchina dei concorsi ordinari: con il decreto n. 82 del 24 settembre 2012 indice i concorsi a cattedra, per titoli ed esami, per il reclutamento di 11.542 docenti di ogni ordine e scuola. Da grande sostenitore dell’innovazione tecnologica nella Pubblica Amministrazione e nel rapporto fra essa e i cittadini, dispone la “de materializzazione” degli atti scolastici e in particolare che: a decorrere dall’anno scolastico 2012-2013, le pagelle fossero redatte in formato elettronico; i registri degli insegnanti fossero on-line; le comunicazioni agli alunni e alle famiglie, pagelle incluse, fossero inviate in formato elettronico. Provvede infine, al termine della sperimentazione triennale che aveva visto la coesistenza delle Indicazioni nazionali - D.lgs. n. 59/2004, attuativo della legge Moratti - con le Indicazioni per il curricolo - varate dal ministro Fioroni nel 2007 – ad emanare il definitivo Regolamento recante Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione - decreto del 16 novembre 2012, n. 254. LENTE DI INGRANDIMENTO: INDICAZIONI NAZIONALI 2018 E AGENDA 2030 Indicazioni Nazionali per il curricolo per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione. 25 Il 22 febbraio 2018 il Miur ha presentato le Indicazioni Nazionali e i nuovi scenari. Le indicazioni del 2018 sono una rilettura di quelle del 2012, non si tratta pertanto di nuove indicazioni, ma è l’invito a rileggere alcuni passaggi e reinterpretarli alla luce degli attuali cambiamenti. Cosa chiedono le indicazioni nazionali del 2018? Dare una maggiore importanza al tema della cittadinanza (disciplina trasversale a tutte le materie); dare un valore sempre più forte alle conoscenze delle lingue; puntare sullo sviluppo del pensiero matematico e computazionale in un’ottica di valorizzazione dell’uso delle tecnologie digitali; valorizzare l’importanza dell’arte. Il compito di realizzare gli obiettivi sopra elencati è affidato proprio a noi docenti che dobbiamo accompagnare i nostri alunni verso l’acquisizione di conoscenze e competenze adeguate alle esigenze della nostra società. Il docente che entra in classe, oggi deve saper padroneggiare forme e metodologie innovative necessarie ad adattarsi alla modernità, non trascurando però le competenze di base che sono le fondamenta per il raggiungimento del sapere e del suo “utilizzo”. Al docente di oggi si chiede però un ulteriore sforzo: il docente deve essere un ottimo comunicatore e deve utilizzare con maestria l’empatia che è una qualità che deve appartenere necessariamente alla sua categoria. Attraverso la lettura delle nuove indicazioni, sembra di entrare in un nuovo Umanesimo auspicato anche da Morin: la ricongiunzione delle discipline, la collaborazione tra scienze diverse e quindi tra materie diverse, perché il tutto è composto da parti. Importante in quest’ottica è ricordare anche i 17 obiettivi dell’Agenda 2030 per cambiare il Paese. L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione (sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU) per le persone, il pianeta e la prosperità̀, Nel programma troviamo elencati 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile che si coniugano in 169 traguardi che tutti i paesi dovranno raggiungere entro il 2030. Gli obiettivi sono: - eliminare la disparità di genere nell’istruzione e garantire un accesso equo delle categorie protette; 26 - aumentare il numero di persone con competenze specifiche professionali per l’occupazione; - aumentare i posti di lavoro; - garantire a tutti un’istruzione tecnica, professionale e terziaria, anche universitaria che sia vantaggiosa e di qualità; - garantire a tutti un’istruzione prescolastica. LENTE DI INGRANDIMENTO (DPR N.80 DEL 2013 ART.6) L’acronimo RAV, ovvero Rapporto di Autovalutazione, è previsto dalla prima fase del procedimento di valutazione, indicato dall’art.6 del DPR n.80 del 2013. È una procedura che consente alle scuole di ‹‹confrontare la propria situazione con quella di istituzioni scolastiche simili per un più efficace processo di autovalutazione in ciascuna delle aree in cui è articolato il RAV›› (Circ. n. 47, pag. 3). Lo scopo non secondario è anche quello di avviare una comparazione tra le diverse realtà scolastiche su particolari aree, per implementare azioni di miglioramento; tant’è che il suddetto RAV dovrà contenere obiettivi di miglioramento indicati dalle scuole. La circolare dice infatti che “ogni singola scuola, sulla base delle aree forti o deboli, individuerà, in una sezione ad hoc del RAV, le priorità strategiche con i relativi obiettivi di miglioramento. Fondamentali saranno i momenti da dedicare alla ricerca, al confronto e alla condivisione all’interno di ogni realtà scolastica. In questo modo l’autovalutazione diventerà lo strumento attraverso cui ogni scuola individua i dati significativi, li esplicita, li rappresenta, li argomenta e li collega alla sua organizzazione e al suo contesto”. Il RAV è quindi una grande occasione di interlocuzione tra i diversi attori che si muovono a vario titolo all’interno della comunità scolastica, a patto che l’intento partecipativo e condiviso, sotteso al RAV, non sia assoggettato a una logica di mero adempimento, per scelte interne all’istituzione scolastica o perché così deciso dall’organo dirigenziale. Trattandosi di una autovalutazione interna, si corre il rischio che l’autoanalisi di Istituto sia del tutto pilotata verso un’autocelebrazione degli 29 I compiti professionali - impegni assunti all’interno della propria organizzazione scolastica; - partecipazione ai dipartimenti, gruppi di progetto, nuclei di valutazione; - svolgimento di funzioni di staff, strumentali, di supporto; - responsabilità di unità operative. Il docente pertanto: - si prende cura della propria formazione; - gestisce una didattica efficace, partecipata, collaborativa; - verifica i risultati dei ragazzi e cura la didattica per migliorarli; - condivide con i colleghi la progettualità; - rendiconta il proprio lavoro ed è disponibile alla valutazione; - si assume la responsabilità dei risultati della propria scuola; - le assunzioni avvengono per concorso pubblico; - cambia la modalità di scelta e di assegnazione della sede. Il docente è assegnato all’istituto. - Il Dirigente può coprire i costi dell’organico dell’autonomia vacanti e disponibili; - i docenti possono essere utilizzati in classi di concorso diverse per le quali sono abilitati, purché posseggano titoli di studio validi per l’insegnamento della disciplina e percorsi formativi e competenze professionali coerenti con gli insegnamenti da impartire e purché non siano disponibili nell’ambito territoriale docenti abilitati in quelle classi di concorso; - il dirigente scolastico formula la proposta di incarico in coerenza con il piano dell’offerta formativa; - l’incarico ha durata triennale ed è rinnovato purché in coerenza con il piano dell’offerta formativa. La formazione dei docenti diviene un obbligo di servizio e si articola (art. 1, cc. 121, 122) Nella partecipazione a percorsi stabiliti nel Piano dell’Offerta Formativa, nel Rapporto di autovalutazione e nelle priorità indicate dal Ministero (art. 1, c. 30 124); nell’erogazione di un contributo individuale di 500,00 € destinato all’aggiornamento professionale (art. 1, cc. 121, 122). Bonus docenti Il bonus può essere speso dal docente per: • acquisto di libri, testi, pubblicazioni, riviste utili al suo aggiornamento; • acquisto di hardware e software; • iscrizioni a corsi di aggiornamento presso enti accreditati da Miur e università; • iscrizioni a corsi di laurea e post-laurea inerenti al proprio profilo professionale; • partecipazione a rappresentazioni teatrali e cinematografiche; • ingressi a musei, mostre, eventi culturali e spettacoli; • partecipazione a iniziative coerenti con il Piano dell’offerta formativa e il Piano nazionale di formazione; • l’obbligo di rendicontazione. LENTE DI INGRANDIMENTO: IL CCNL - LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NAZIONALE ll Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (stipulato tra l’ARAN e le Organizzazioni Sindacali) disciplina il rapporto di lavoro sia a livello normativo (orario, qualifiche e mansioni, stabilità del rapporto e così via) sia a livello economico (retribuzione, trattamenti di anzianità e altro). Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del comparto scuola si applica a tutto il personale indipendentemente dalla durata del contratto e si articola in due parti: parte comune (applicabili a tutti i dipendenti del comparto); specifiche sezioni (contenenti le disposizioni applicabili esclusivamente al personale in servizio presso le amministrazioni destinatarie della sezione stessa, che si dividono in: - Istituzioni scolastiche ed educative; - Istituzioni di Alta formazione artistica, 31 musicale e coreutica; - Università e Aziende ospedaliero-universitarie; - Istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione. Determina diritti e obblighi dei lavoratori e ha come scopo l’incremento dell’offerta formativa. Si svolge a livello nazionale tra la delegazione del Miur e i rappresentanti sindacali per stabilire: mobilità professionale e territoriale; criteri per assegnazioni provvisorie: ripartizione delle risorse per la formazione del personale; permessi sindacali; attribuzione risorse per la scuola; riparto del fondo per l’istituzione scolastica. Si svolge a livello regionale tra il dirigente titolare del potere di rappresentanza nell’ambito dell’ufficio e le organizzazioni sindacali per stabilire: criteri di salubrità dell’ambiente di lavoro; criteri di utilizzo delle risorse provenienti da regioni ed enti diversi dal Miur; criteri e durata delle assemblee territoriali; criteri per la fruizione dei diritti allo studio. Si svolge a livello di istituzione scolastica, tra il dirigente scolastico, la RSU e i rappresentanti sindacali per stabilire: attuazione della normativa in materia di sicurezza; criteri di ripartizione del fondo di istituto; criteri di attribuzione dei compensi accessori e dei compensi per la valorizzazione al personale; criteri e modalità di applicazione dei diritti sindacali; ripartizione delle risorse per la formazione del personale. A partire dall’anno scolastico 2018/2019, in base all’Art 30 e 88 del CCNL 2006/2009, integrato dall’Art. 40 CCNL 2016/2018, si istituisce il Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa. Le risorse presenti all’interno del fondo sono: il fondo per l’istituzione scolastica; risorse destinate al compenso per le ore eccedenti del personale insegnante di educazione fisica per l’avviamento della pratica sportiva; risorse destinate alle funzioni strumentali; risorse per incarichi specifici ATA; risorse per incentivare progetti; risorse destinate alle ore eccedenti; risorse per la valorizzazione del personale docente. LA VALUTAZIONE Sono soggetti a valutazione: 1. I docenti neoassunti (art. 1, cc. 115 – 120), al fine di ottenere la conferma del Contratto a tempo indeterminato. 34 - utilizzo delle risorse didattiche (tecnologie, libro di testo, LIM, altre risorse, ecc.). IL COMITATO PER LA VALUTAZIONE DEI DOCENTI E LA VALORIZZAZIONE DEL MERITO - Dirigente scolastico (presidente); - 3 docenti (2 scelti dal collegio docenti, 1 dal Consiglio di Istituto); - 2 genitori (nella scuola dell’infanzia e nel I ciclo); - 1 genitore e 1 studente (nella scuola secondaria di II grado) scelti dal Consiglio di Istituto; - 1 componente esterno individuato dall’U.S.R. (scelto tra docenti, dirigenti scolastici e tecnici). La quota assegnata alle scuole - € 200.000.000,00 annui; - € 23.500,00 annui circa a ciascun Istituto. Gli importi sono assegnati tenendo conto di: - numero di docenti; - fattori di complessità organizzativa e gestionale situate in aree a rischio. I CRITERI PER LA VALUTAZIONE DE MERITO Qualità dell’insegnamento e del contributo - al miglioramento dell’istituzione scolastica; - al successo formativo degli studenti. Risultati ottenuti dal docente o dal gruppo dei docenti in relazione a: - Potenziamento delle competenze degli alunni; - innovazione didattica e metodologica; - collaborazione alla ricerca didattica alla documentazione e alla diffusione delle buone pratiche didattiche; - responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico e nella formazione del personale. 35 IL MIUR EMANA LINEE GUIDA PER L’INDIVIDUAZIONE DEI CRITERI Valutazione del merito La primalità è orientata lungo i versanti sui quali si articola la professione docente: - la competenza disciplinare; - la competenza metodologico – didattica; - la capacità di collaborazione e di socializzazione delle buone pratiche e delle innovazioni sul piano metodologico–didattico; - l’assunzione di responsabilità organizzative. I criteri stabiliti dal Comitato di valutazione possono essere indirizzati verso: - singoli docenti; - gruppi di docenti. Le deleghe (art. 1., cc. 180) - I provvedimenti previsti dalla legge n. 107/2015 non esauriscono le tematiche connesse con la riforma del sistema di istruzione; - necessità di ulteriori provvedimenti legislativi per modificare norme non coerenti con la legge; - alcuni provvedimenti necessitano di decreti legislativi specifici coordinati con le disposizioni previste nella legge 107 da emanarsi entro 18 mesi. Le deleghe (art. 1, cc. 181) - Redazione di un testo unico delle disposizioni in materia di Istruzione; - riscrittura del D. L. vo 297/1994 e delle successive fonti normative; - riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria; - sistema unitario, regolarità dei concorsi, definizione dei requisiti per l’accesso e per la formazione iniziale, riordino delle classi di concorso. 36 Revisione dei percorsi di istruzione professionale Le deleghe (art. 1, cc. 181) - Promozione dell’inclusione degli studenti con disabilità; - ridefinizione del ruolo del personale docente di sostegno anche attraverso l’istituzione di appositi percorsi di formazione universitaria; - istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione da 0 fino a 6 anni; - definizione dei livelli essenziali delle prestazioni della scuola dell’infanzia e dei servizi educativi per l’infanzia. Autonomia scolastica e dirigenza - l’autonomia scolastica nella legge n. 59/1997; - il profilo del dirigente scolastico nel D.lgs. n. 165/2001 e seguenti; - il piano dell’offerta formativa; - l’organico dell’autonomia; - la contropartita dell’autonomia. IL MINISTRO FEDELI Per dare attuazione, prima delle loro scadenze, alle deleghe contenute nella legge n° 107/2015, vengono emanati 8 decreti legislativi tutti con data 13 aprile 2017: n° 59 - Riordini, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria; n° 60 - Norme sulla promozione della cultura umanistica, sulla valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno della creatività; n° 61 - Revisione dei percorsi dell’istruzione professionale nel rispetto dell’articolo 117 della Costituzione, nonché raccordo con i percorsi dell’istruzione e formazione professionale; 39 gli Enti Locali gestiscono in maniera diretta o indiretta i servizi per l’infanzia, autorizzano i privati verificandone gli standard strutturali ed educativi, realizzano attività di formazione del personale, monitorando il funzionamento dei servizi. AGEVOLAZIONI PER LE FAMIGLIE Si definisce per la prima volta la soglia massima di partecipazione delle famiglie alle spese di funzionamento dei servizi educativi per l’infanzia pubblici e privati, rimandandone la quantificazione a una determinazione successiva (in sede di Conferenza Unificata Stato – Regioni); - gli Enti Locali potranno prevedere agevolazioni tariffarie o gratuità per le famiglie con disagio economico; - le aziende pubbliche e private possono erogare un buono nido fino a un valore di 150€.
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41 DECRETO LEGISLATIVO N. 62 DEL 13 APRILE 2017 Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato. Innova rispetto alla legislazione vigente, abrogando articoli o commi di disposizioni precedenti, in particolare della legge 169/2008 e del DPR. 122 / 2009. Entra in vigore, per quanto riguarda le disposizioni sul I ciclo di istruzione, a partire dal 1.09.2018. I Collegi dei docenti ne devono prendere atto e rivedere/adattare, alla luce di quanto prevede il decreto, i protocolli di valutazione degli apprendimenti e del comportamento degli alunni. SCUOLA SECONDARIA DI I° GRADO La valutazione del comportamento introduce 3 innovazioni: - il criterio di valutazione viene riferito allo sviluppo delle competenze di cittadinanza - si ritorna al giudizio (come nella scuola primaria, sparisce quindi il voto in decimi); - con un giudizio negativo di comportamento non vi sono conseguenze rispetto all’ammissione alla classe successiva (art. 2, c. 5). Ammissione La non ammissione alla classe successiva o all’esame conclusivo del primo ciclo rimane possibile, su voto a maggioranza del consiglio di classe, nei casi di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline. Art. 6 – Ammissione alla classe successiva nella scuola di I grado e all’esame conclusivo del primo ciclo, nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline, il consiglio di classe può deliberare, con adeguata motivazione, la non ammissione. 44 progresso dell’alunno in rapporto alle sue potenzialità e ai livelli di apprendimento iniziali”. L’alunno con disabilità ha inoltre diritto all’assistente, all’autonomia e alla comunicazione durante lo svolgimento degli esami. La novità introdotta dal comma 8 dell’art. 11 del D.Lgs. n° 62/17 consiste nel fatto che gli alunni con disabilità che non si presentano agli esami, neppure alla sessione ammalati, non sono più considerati bocciati e quindi non possono ripetere l’ultimo anno della scuola secondaria di primo grado, ma ricevono un attestato dei crediti formativi, con il quale possono comunque iscriversi alla scuola secondaria di secondo grado ai soli fini di conseguire altro attestato, al termine degli studi del secondo ciclo di istruzione. Valutazione degli alunni con disabilità e con disturbi specifici di apprendimento, Art. 11 È riferita al comportamento, alle discipline e alle attività svolte sulla base dello sviluppo delle potenzialità dello studente con disabilità nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni del PEI e PdF (Profilo di funzionamento). Partecipano alle Prove standardizzate con: - misure compensative o dispensative; - con specifici adattamenti della prova; - con l’esonero della prova; - utilizzano attrezzature tecniche o/e sussidi didattici, come nel corso dell’anno scolastico; - la sottocommissione, sulla base del PEI, predispone, se necessario, prove differenziate che hanno valore equivalente ai fini del superamento dell’esame e del conseguimento del diploma finale; - alle alunne e agli alunni con disabilità che non si presentano agli esami, viene rilasciato un attestato di credito formativo, comunque valido per l’iscrizione e la frequenza della scuola secondaria di II grado, ovvero dei corsi di istruzione e formazione professionale. 45 Art. 11 - Comma 13 In casi di particolare gravità del disturbo di apprendimento, anche in comorbilità con altri disturbi o patologie, risultanti dal certificato diagnostico l’alunno è esonerato dall’insegnamento delle lingue straniere e segue un percorso didattico personalizzato. In sede di Esame di Stato sostiene prove differenziate, coerenti con il percorso svolto, con valore equivalente ai fini del superamento dell’esame e del conseguimento del diploma. La valutazione degli apprendimenti, l’ammissione e la partecipazione all’esame finale del I ciclo di istruzione, sono coerenti con il PDP predisposto dal Consiglio di classe: • per il DSA certificato, le istituzioni scolastiche adottano modalità che consentono all’alunno di dimostrare effettivamente il livello di apprendimento conseguito, mediante l’applicazione delle misure dispensative e degli strumenti compensativi; • per l’Esame di Stato, la Commissione può riservare tempi più lunghi e autorizzare strumenti informatici per le prove scritte (se già impiegati per le verifiche durante l’anno); • per l’alunna o l’alunno la cui certificazione di DSA prevede la dispensa dalla prova scritta di lingua straniera, in sede di esame di Stato, la sottocommissione stabilisce modalità e contenuti della prova orale sostitutiva della prova scritta di lingua straniera; • gli alunni con DSA dispensati dalla prova scritta di lingua straniera o esonerati dall’insegnamento della lingua straniera non sostengono la prova nazionale di lingua inglese; • comma 15: nel diploma finale rilasciato al termine degli esami del primo ciclo e nelle tabelle affisse all’albo di istituto, non viene fatta menzione delle modalità di svolgimento e della differenziazione delle prove. LA NUOVA VALUTAZIONE NELLA SCUOLA PRIMARIA - Ordinanza del 4 dicembre 2020 Dall’anno scolastico 2020-2021 è stata introdotta un’importante novità per i bambini delle Scuole primarie: i giudizi descrittivi hanno sostituito i voti 46 numerici nell’impianto della valutazione periodica e finale per ciascuna delle discipline previste dalle Indicazioni Nazionali per il curricolo, inclusa l’Educazione civica. L’obiettivo è costruire uno standard di riferimento che le scuole possano adottare. Le Linee Guida del Ministero dell’Istruzione forniscono un orientamento per gli insegnanti per la definizione degli obiettivi misurabili attraverso le attività di valutazione con giudizio descrittivo. Innanzitutto, gli obiettivi devono riferirsi a apprendimenti osservabili. Perciò devono essere descritti nell’ambito della progettazione annuale in modo che non creino ambiguità interpretative e siano coerenti con i traguardi di sviluppo delle competenze. In secondo luogo, gli obiettivi scelti come oggetto di valutazione, tenendo sempre a riferimento i nuclei tematici delle Indicazioni Nazionali, devono includere sia il processo cognitivo attraverso il quale avviene l’acquisizione degli apprendimenti, sia il contenuto disciplinare nelle sue diverse tipologie: contenuti di tipo fattuale – come terminologia, informazioni, dati e fatti; contenuti concettuali – come classificazioni e principi; contenuti procedurali – ad esempio, algoritmi e sequenze di azioni; contenuti metacognitivi – imparare a imparare, riflessione sul processo. Per l’elaborazione del giudizio descrittivo riportato nel documento di valutazione, sono stati individuati 4 differenti livelli di apprendimento e i relativi descrittori, in analogia con i livelli e descrittori adottati per la certificazione delle competenze e da correlare con gli esiti attesi per ogni disciplina dalle Indicazioni Nazionali del Ministero dell’Istruzione: Avanzato Intermedio Base In via di prima acquisizione Per quanto riguarda gli alunni con disabilità certificata, la valutazione espressa attraverso i giudizi descrittivi farà riferimento agli obiettivi individuati 49 - D.lgs. 6 marzo 1998, n. 59 “Disciplina della qualifica dirigenziale dei capi di istituto delle istituzioni scolastiche autonome”; - Decreto Ministeriale 1° febbraio 2001, n. 44 “Regolamento concernente le «Istruzioni generali amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche”. Il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche: - D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233 “Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per determinazione degli organi funzionali dei singoli istituti (…)” Il conferimento dell’autonomia scolastica alle scuole comportò la razionalizzazione della loro organizzazione sul territorio, finalizzata al raggiungimento di dimensioni idonee che giustificassero il conferimento della personalità giuridica alle istituzioni scolastiche e il ruolo dirigenziale ai capi d’istituto: - gli istituti di istruzione dovevano essere costituiti, di norma, con una popolazione compresa tra i 500 e i 900 alunni; - nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche contraddistinte da specificità etniche o linguistiche, il parametro fu ridotto a 300 alunni; - il superamento dei parametri normali fu adottato nelle aree ad alta densità demografica. Nel contesto della spending review, la legge 15 luglio 2011 n. 111 modificò, a decorrere dall’anno scolastico 2011/2012, i parametri precedenti: - obbligo di aggregazioni in istituti comprensivi della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado; - gli istituti comprensivi, per acquisire l’autonomia, dovevano essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche contraddistinte da specificità etniche o linguistiche. Poiché, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, la competenza di determinare la rete scolastica sul territorio spetta alle Regioni, la legge 128 del 50 2013, stabilì che gli accorpamenti scolastici fossero operati dalle Regioni, rispettando il contingente dei dirigenti scolastici - quindi del numero di scuole dotate di autonomia – assegnato al territorio. LA DIRIGENZA SCOLASTICA Il D.lgs. n. 59 del 1998 ha introdotto nel T.U. del pubblico impiego il profilo del dirigente scolastico; l’art. 25 del D.lgs. n. 165/2001, modella la precedente normativa. Il dirigente scolastico: - ha autonomi poteri di direzione, coordinamento e valutazione delle risorse umane; - svolge funzioni di garanzia per l’esercizio nella scuola dei diritti costituzionalmente tutelati: • libertà di insegnamento; • libertà di scelta educativa delle famiglie; • diritto all’apprendimento da parte degli alunni. - può individuare i docenti collaboratori nel limite del 10% dell’organico; - è coadiuvato dal direttore dei servizi generali e amministrativi - DSGA - nell’ambito delle direttive a lui impartite; - è titolare delle relazioni sindacali nella contrattazione integrativa d’ufficio; - ha la responsabilità del datore di lavoro relativamente alla sicurezza sul lavoro; - è titolare del trattamento dei dati personali - tutela della privacy. Il tutto si svolge nel rispetto delle competenze degli organi collegiali. La legge 107 del 2015 si è proposta la finalità di rilanciare l’autonomia scolastica anche tramite il rafforzamento della funzione dirigente. Nuove competenze assegnate al dirigente scolastiche: - definire gli indirizzi per le attività della scuola sulla base dei quali il collegio dei docenti elabora il PTOF - piano triennale dell’offerta formativa; 51 - individuare il personale cui attribuire incarichi triennali sull’organico dell’autonomia; - assegnare annualmente ai docenti meritevoli, in base ai criteri individuarti dal comitato per la valutazione, il riconoscimento - bonus - derivato dall’apposito fondo ministeriale. POF – PIANO OFFERTA FORMATIVA L’art. 3 D.P.R. 275 del 1999: «Il piano è il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia». La legge chiede alle scuole di definire la propria “identità culturale e progettuale” quale risposta al bisogno di interlocuzione di studenti e famiglie. «Il piano dell’offerta formativa è coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi determinati a livello nazionale e riflette le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della programmazione territoriale dell’offerta formativa» (art. 3, comma 2). Dal 1° settembre 2000 è prevista l’adozione del POF. La rivisitazione del POF nella legge 107/2015 La legge 107 del 2015 si è proposta di dare piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche, ponendo come finalità: - affermare il ruolo centrale della scuola nella società della conoscenza; - innalzare i livelli di istruzione e le competenze delle studentesse e degli studenti, rispettandone i tempi e gli stili di apprendimento; - contrastare le diseguaglianze socio-culturali e territoriali, prevenire e recuperare l’abbandono e la dispersione scolastica, in coerenza con il profilo educativo, culturale e professionale dei diversi gradi di istruzione; 54 L’autonomia organizzativa DPR 275 del 1999, art. 5: «l’autonomia organizzativa è espressione di libertà progettuale», purché sia coerente con gli obbiettivi generali e specifici di ciascun tipo e indirizzo di studio e indirizzata al miglioramento dell’offerta formativa. L’autonomia organizzativa si esprime: - nell’adattamento del calendario scolastico; - nell’organizzazione flessibile dell’orario del curricolo; - nella possibilità di diversificare nelle classi le modalità di impiego dei docenti. L’autonomia di ricerca sperimentazione e sviluppo DPR 275 del 1999, art. 6: L’autonomia di ricerca sperimentazione e sviluppo consente alle istituzioni scolastiche, «singolarmente o tra loro associate», di corrispondere meglio alle esigenze delle realtà locali. DPR 275 del 1999, art. 11: le istituzioni scolastiche, «singolarmente o tra loro associate», possono proporre al ministero “iniziative finalizzate alle innovazioni” per attuare “modifiche strutturali che vanno oltre la flessibilità curricolare”. Organico dell’autonomia L’organico dell’autonomia è costituito da: - posti comuni; - posti per il sostegno; - posti per il potenziamento dell’offerta formativa. Il ministero determina ogni tre anni, con un decreto, l’organico dell’autonomia su base regionale; il riparto tra le regioni è effettuato sulla base del: - numero delle classi per i posti comuni; - numero degli alunni per i posti del potenziamento; 55 - numero degli alunni con disabilità per il potenziamento dei posti di sostegno. Gestione dell’Organico La gestione dell’organico dell’autonomia è una gestione integrata: tutti i docenti assegnati alla scuola fanno parte di un’unica comunità professionale. Diversificazione delle regole di ingaggio: posti comuni assegnati in funzione delle attività di insegnamento curricolare; posti di sostegno classi con alunni con disabilità certificata; posti di Potenziamento pluralità di utilizzo. Art. 1, c .95 legge n. 107 del 2015: in caso di assenza di durata inferiore a 10 giorni, la sostituzione è possibile solo quando il docente è utilizzato su insegnamenti curricolari, che rientrano cioè nel diritto allo studio. Gli ambiti territoriali e gli incarichi triennali ai docenti Dall’anno scolastico 2016/2017 i ruoli dei docenti sono divenuti regionali, articolati in ambiti territoriali, suddivisi in sezioni separate per gradi di istruzione, classi di concorso e tipologie di posto. Gli U.S.R. definiscono gli ambiti territoriali. Il dirigente scolastico formula una proposta, rivolta ai docenti assegnati nell’ambito territoriale di riferimento, prioritariamente sui posti comuni e di sostegno, vacanti e disponibili, anche tenendo conto delle candidature presentate dai docenti medesimi e della precedente assegnazione alla sede. L’incarico si perfeziona con l’accettazione del docente. Le reti scuola Le istituzioni scolastiche autonome, in quanto dotate di personalità giuridica, possono essere soggette di accordi di rete tra scuole e/o con enti di varia natura come: università, associazioni, enti di formazione anche privata per 56 la migliore attuazione di progetti didattici di ricerca e sviluppo di formazione e aggiornamento. Le reti negli ambiti territoriali ex legge n. 107 sono finalizzate alla gestione dell’organico e rispondono alle necessità di: - assicurare l’assegnazione di sede territoriale ai docenti neo-immessi in ruolo e a quelli che, già di ruolo su organico sede, perdono il posto e o chiedono la mobilità; - costituire l’ambiente di incontro tra le proposte dei dirigenti scolastici del territorio e i docenti incardinati nell’ambito, al fine di attuare l’offerta formativa delle scuole tramite l’organico potenziato. Il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche, nel contesto della spending review, con la legge 15 luglio 2011 n. 111 modificò, a decorrere dall’anno scolastico 2011/2012, i parametri precedenti: - obbligo di aggregazioni in istituti comprensivi della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado; - gli istituti comprensivi, per acquisire l’autonomia, dovevano essere costituiti da almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche contraddistinte da specificità etniche o linguistiche. In merito al monitoraggio del sistema, a seguito della riforma costituzionale del 2001, sono riservate alla legislazione esclusiva dello Stato ex art 117 della Costituzione: - la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali – LEP – che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; - le norme generali sull’istruzione. Allo Stato compete la verifica sulla fruizione da parte di tutti i cittadini dei livelli essenziali di prestazioni. Alle Istituzioni scolastiche compete la responsabilità della realizzazione dei diritti degli studenti e il loro successo formativo, nell’ambito delle indicazioni ricevute e delle risorse assegnate, elaborando il PTOF e 59 1998, n. 249, concernente lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria (in GU 18 dicembre 2007, n. 293), disciplina i diritti e i doveri degli studenti. I diritti degli studenti a scuola a) Diritto a una formazione qualificata che rispetti l'identità di ognuno e le diverse idee. b) Continuità nell'apprendimento. c) Possibilità di avanzare richieste e realizzare iniziative autonome. d) Solidarietà tra i componenti della comunità scolastica (genitori, studenti, docenti, personale, genitori). e) Diritto alla riservatezza. f) Diritto a essere informato sulle norme e le decisioni della scuola. g) Diritto alla partecipazione. h) Dialogo sulle scelte della scuola, con possibilità di consultazione. i) Diritto a una valutazione trasparente e tempestiva, quindi, ad esempio, a conoscere i voti (e le motivazioni per cui vengono dati) delle interrogazioni in tempi brevi. j) Diritto alla libertà di apprendimento e scelta delle attività integrative e aggiuntive che devono essere organizzate tenendo conto di tempi ed esigenze degli studenti. k) Gli studenti stranieri hanno diritto al rispetto della vita culturale e religiosa di appartenenza. Devono essere promosse iniziative che favoriscano l'integrazione. l) Diritto di riunione e assemblea studentesca. m) Diritto per gli studenti ad associarsi. Per le associazioni studentesche la possibilità di svolgere iniziative a scuola. Promozione delle associazioni di ex studenti. I doveri degli studenti a scuola A. Frequentare i corsi e portare avanti assiduamente gli impegni di studio. B. Avere rispetto verso il preside, gli insegnati, il personale e gli altri studenti. 60 C. Tenere un comportamento coerente, anche nell'esercizio di diritti e doveri, con quanto previsto dallo Statuto a proposito della Comunità Scolastica. D. Rispettare l'organizzazione e le norme di sicurezza della scuola. E. Utilizzare in modo corretto strutture e materiali della scuola e comportarsi in modo tale da non danneggiarli. F. Condividere la responsabilità di rendere la scuola accogliente e avere cura dell'ambiente scolastico. Gli artt. 4 e 5 dello Statuto (sanzioni disciplinari e impugnazioni) sono stati radicalmente modificati dal DPR 235/2007. L’art. 4 del DPR 235/2007 chiarisce preliminarmente che le sanzioni disciplinari “hanno finalità educativa e tendono al rafforzamento del senso di responsabilità e al ripristino di rapporti corretti all'interno della comunità scolastica”. Pertanto, accanto alle tradizionali misure, si prevede anche la possibilità di “recuperare per lo studente, attraverso attività di natura sociale, culturale, e in generale a vantaggio della comunità scolastica.” Infatti “allo studente è sempre offerta la possibilità di convertirle in attività in favore della comunità scolastica”. Il Patto educativo di corresponsabilità Un articolo aggiunto dal DPR 235/2007 all’originario DPR 249/1989, è l’art. 5 bis che istituisce il Patto educativo di corresponsabilità di cui la scuola deve richiedere alla famiglia la sottoscrizione, all’atto dell’iscrizione e che è “finalizzato a definire in maniera dettagliata e condivisa diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie”. Si tratta di un patto che non prevede la contrattazione con le singole famiglie ma è proposto dalla scuola a tutti in maniera indifferenziata. Per garantire, però, l’equilibrio tra le parti contraenti (scuola/famiglia), il patto è elaborato dal Consiglio di Istituto (in cui sono presenti tutte le componenti della scuola) e inserito nel Regolamento di Istituto. Comunque, si tenga presente che il Patto non è stato concepito tanto sul piano dell’individuazione formale di responsabilità e di doveri, ma si tratta piuttosto di uno strumento per avvicinare la famiglia alla scuola, 61 responsabilizzarla, indurla a una collaborazione educativa in virtù dell’adesione della famiglia a un preciso progetto educativo (sintetizzato nel POF di ogni scuola). LA GOVERNANCE DELLA SCUOLA Consiglio d’Istituto, Organo politico, funzioni deliberative. Nelle scuole con popolazione scolastica fino a 500 alunni, è costituito da 14 componenti: dirigente scolastico, 6 rappresentanti dei docenti, 1 del personale ATA, 6 dei genitori (3 genitori e 3 alunni nel secondo ciclo). Nelle scuole con popolazione scolastica superiore a 500 alunni, è costituito da 19 componenti: dirigente scolastico, 8 rappresentanti dei docenti, 2 del personale ATA, 8 dei genitori (4 genitori e 4 alunni nel secondo ciclo). È presieduto da uno dei membri, eletto tra i rappresentanti dei genitori. Gli studenti che non abbiano raggiunto la maggiore età non hanno voto deliberativo sulle materie. I rappresentanti del personale docente sono eletti dal Collegio docenti nel proprio seno; quelli del personale amministrativo, tecnico e ausiliario dal corrispondente personale di ruolo o non di ruolo in servizio; quelli dei genitori degli alunni sono eletti dai genitori stessi o da chi ne fa legalmente le veci; quelli degli studenti, ove previsti, dagli studenti dell’Istituto. Ai sensi dell’ art. 10 del testo unico n. 297 del 1994 il Consiglio d’Istituto: - elabora e adotta gli indirizzi generali e determina le forme di autofinanziamento; - delibera il bilancio preventivo e il conto consuntivo; - delibera sull’adozione del regolamento interno dell’istituto; - delibera sull’acquisto, rinnovo e conservazione delle attrezzature tecnico scientifiche e dei sussidi didattici; - delibera l’adattamento del calendario scolastico alle specifiche esigenze ambientali; - delibera sui criteri generali per la programmazione educativa; - delibera sui criteri per la programmazione delle attività parascolastiche, interscolastiche ed extrascolastiche con particolare riguardo ai corsi di recupero e di sostegno, alle visite guidate, ai viaggi d’istruzione; 64 I Consigli di classe Hanno funzione consultiva e propositiva. I consigli di classe costituiscono il luogo ideale di incontro tra le diverse componenti scolastiche, al fine di concordare le finalità da perseguire (nell’ambito degli indirizzi nazionali e di istituto, ovviamente), monitorare “in tempo reale” l’andamento e i risultati dell’azione didattica, ed eventualmente proporre le opportune iniziative al Collegio dei Docenti. A ciò si aggiungono finalità di tipo “concomitante”, quali ad esempio la possibilità di proporre valutazioni in ordine alla scelta dei libri di testo e dei sussidi didattici, ovvero – sempre a titolo esemplificativo – alla pianificazione dei viaggi di istruzione. a) L’approvazione della programmazione educative e didattica della classe (del PEI e del PDP). b) La verifica dell’andamento didattico e disciplinare della classe. c) L’approvazione di progetti didattici extracurricolari. d) La programmazione delle visite guidate e dei viaggi d’istruzione. e) La realizzazione delle attività alternative all’insegnamento della religione cattolica. f) La programmazione delle attività di recupero, sostegno e potenziamento. g) Il parere relativo alle proposte di adozione dei libri di testo. h) La formulazione dei criteri per l’elaborazione del Documento del Consiglio di classe (cosiddetto Documento del 15 maggio). i) L’approvazione del Documento. j) L’approvazione della Relazione finale della classe. k) La valutazione intermedia e finale dell’alunno. l) Eventuali provvedimenti disciplinari a carico degli alunni previsti dal regolamento d’istituto. Consiglio di classe (scuola secondaria I grado): ne fanno parte tutti i docenti della classe e quattro rappresentanti dei genitori. È presieduto dal dirigente scolastico o da un docente da lui delegato, purchè facente parte del consiglio. Oltre ai provvedimenti disciplinari nei confronti degli studenti, il consiglio di classe formula proposte al collegio dei docenti, riguardo all’azione 65 educativa e didattica, e anche eventualmente in ordine a iniziative di sperimentazione. Consiglio di classe (scuola secondaria II grado): ne fanno parte tutti i docenti della classe, due rappresentanti dei genitori e due rappresentanti degli studenti. È presieduto dal dirigente scolastico o da un docente da lui delegato, purché facente parte del consiglio. Oltre che ai provvedimenti disciplinari nei confronti degli studenti, il consiglio di classe formula proposte al collegio dei docenti, riguardo all’azione educativa e didattica, e anche eventualmente in ordine ad iniziative di sperimentazione. I rappresentanti dei genitori: non prendono parte alle sedute di programmazione e valutazione. Vengono convocati periodicamente per essere informati sull'andamento disciplinare e didattico del gruppo classe e per essere consultati circa la realizzazione di progetti educativi. Devono estendere agli altri genitori le informazioni ricevute nelle sedute del Consisglio di casse e possono chiedere al Dirigente scolastico, per motivate esigenze, la convocazione straordinaria del Consiglio. Assemblea degli studenti di classe/di Istituto: gli studenti hanno diritto a riunirsi nei locali della scuola, previa richiesta di autorizzazione al Dirigente scolastico, per discutere di problemi che riguardino aspetti di carattere generale della scuola o delle classi da loro frequentate. Alle assemblee possono essere invitati a partecipare il Dirigente Scolastico e/o i docenti. Il Comitato per la valutazione dei docenti La L. 107/15 ha apportato sostanziali modifiche al Comitato di valutazione. Attualmente è presieduto dal Dirigente ed è composto da: tre docenti, di cui due scelti dal Collegio docenti e uno dal consiglio di Istituto; - due rappresentanti dei genitori, scelti dal Consiglio di Istituto (nella Scuola secondaria di secondo grado da un genitore e un rappresentante degli studenti); 66 - un componente esterno scelto dall’U.S.R. valuta il servizio dei docenti che effettuano l’anno di prova, previa relazione del Dirigente Scolastico. IL NUOVO PEI Con il decreto interministeriale 29 dicembre 2020, n. 182 sono definite le nuove modalità per l'assegnazione delle misure di sostegno, previste dal decreto legislativo 66/2017 e i modelli di piano educativo individualizzato (PEI), da adottare da parte delle istituzioni scolastiche. Il PEI sarà stilato su modello unico adottato su tutto il territorio nazionale, diverso solo per ordine e grado di istruzione. Il documento sarà redatto a partire dalla scuola dell’infanzia e aggiornato in presenza di nuove e sopraggiunte condizioni di funzionamento della persona. Il PEI sarà redatto dal Gruppo di Lavoro Operativo per l’inclusione (il GLO) coinvolgendo l’intero team dei docenti di classe, le famiglie, gli operatori sanitari. Il Piano terrà conto dell’accertamento della condizione di disabilità in età evolutiva ai fini dell’inclusione scolastica, di cui all’articolo 12, comma 5, della legge 104/1992 e del Profilo di Funzionamento, con particolare riguardo all’indicazione dei facilitatori e delle barriere, secondo la prospettiva bio-psico- sociale di cui alla classificazione ICF dell’OMS. Nel nuovo modello di PEI troviamo uno spazio dedicato alla sintesi del Profilo di funzionamento, che illustra la prospettiva essenzialmente dell’UVM (Unità Valutativa Multidisciplinare), ma anche una sezione destinata alla documentazione delle osservazioni del team docente/consiglio di classe. Perfezionano, infine, questo scenario iniziale il Quadro informativo redatto dalla famiglia e nel quale si valorizza la prospettiva dei familiari come attori del primo contesto di vita dell’alunno con disabilità e una sintesi del Progetto individuale, comprendente la progettazione dei servizi a cura del Comune per realizzare la piena integrazione del soggetto con disabilità. Il PEI, oltre a delineare il percorso educativo e di apprendimento per l’alunno con disabilità, diventa fondamentale per l’attivazione di contesti di apprendimento realmente inclusivi e, quindi, strumento cardine all’interno di un autentico processo d’inclusione scolastica. Si richiama, pertanto, la necessità di 69 Convenzione internazionale per i diritti delle persone con disabilità, potranno partecipare anche studentesse e studenti, nel caso della scuola secondaria di secondo grado. Così come previsto dalle norme vigenti, le famiglie godranno di pieno diritto di partecipazione e condivisione delle strategie inclusive da implementare. Il GLO è composto dal team dei docenti contitolari o dal consiglio di classe, ivi compreso l’insegnante specializzato per il sostegno didattico, e presieduto dal dirigente scolastico o da un suo delegato. I genitori dell’alunno con disabilità - o chi esercita la responsabilità genitoriale - partecipano ai lavori del GLO. Il decreto indica, inoltre, come partecipanti al GLO altre persone definite «figure professionali specifiche, interne ed esterne all’istituzione scolastica che interagiscono con la classe e con la bambina o il bambino, l’alunna o l’alunno, la studentessa o lo studente con disabilità». In base all'articolo 15 comma 10 della L. 104/92, come modificato dal D. Lgs 66/2017, l'unità di valutazione multidisciplinare (UVM) dell'Azienda Sanitaria Locale, ossia l'organo collegiale che ha redatto il Profilo di Funzionamento, ha il compito di fornire al GLO il “necessario supporto”. Il nuovo modello di PEI dovrà essere adottato nel prossimo anno scolastico e utilizzato già per il cosiddetto PEI provvisorio da predisporre, per i neo iscritti, entro il prossimo 30 giugno 2021. Il PEI di cui all'articolo 12, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dal presente decreto: è redatto in via provvisoria entro giugno e in via definitiva, di norma, non oltre il mese di ottobre, tenendo conto degli elementi previsti nel decreto ministeriale di cui al comma 2-ter; è redatto a partire dalla scuola dell'infanzia ed è aggiornato in presenza di nuove e sopravvenute condizioni di funzionamento della persona [...]; è soggetto a verifiche periodiche nel corso dell'anno scolastico al fine di accertare il raggiungimento degli obiettivi e apportare eventuali modifiche e integrazioni. Quattro gli assi attorno a cui è costruito il Piano, di cui saranno poi osservati gli esiti: Dimensione della Socializzazione e dell’Interazione; Dimensione della Comunicazione e del Linguaggio; Dimensione dell’Autonomia e dell’Orientamento; Dimensione Cognitiva, Neuropsicologica e dell’Apprendimento. A seguito dell’osservazione del contesto scolastico – che introduce la nuova prospettiva bio-psicosociale dell’ICF -, delle risorse professionali e strumentali 70 disponibili, delle eventuali barriere (anche architettoniche) esistenti, saranno indicati gli obiettivi didattici, gli strumenti e gli ausili necessari, le strategie e le modalità per realizzare un ambiente di apprendimento inclusivo. Riguardo alla valutazione: 1) è effettuata dai docenti; 2) sulla base del PEI (dove sono indicati punti di forza dell’alunno, ma anche punti di debolezza e, da ultimo, le condizioni di contesto che possono ostacolare o favorire lo sviluppo della persona e degli apprendimenti), sono indicate le discipline ove si adottano personalizzazioni e i rispettivi criteri; 3) il principio guida della valutazione è «il progresso dell'alunno in rapporto alle sue potenzialità e ai livelli di apprendimento iniziali»; 4) sono consentiti strumenti compensativi e prove equipollenti. Le modalità di valutazione restano nella facoltà dei docenti e, sulla base del PEI, si indicano le discipline per quali la valutazione è personalizzata, e si “esplicita” il perché e il come. Lente di ingrandimento Il percorso di riconoscimento e di tutela degli alunni BES può essere distinto in 3 FASI nella storia della scuola: SEPARAZIONE: La separazione sancisce il divieto della presenza dell’alunno con deficit di tipo fisico, psichico o sensoriale, e più in generale del diverso, nella scuola normale e la delega a istituzioni specifiche. L’istituzione scolastica pubblica viene investita dai problemi della disabilità e del disadattamento scolastico solo nei termini di regolare una separazione. L'obbligo scolastico è esteso solo ai ciechi e ai sordi con la Riforma Gentile del 1923. L'istruzione speciale prevede classi differenziali per gli alunni con lievi ritardi, ospitate nei normali plessi scolastici e scuole speciali per sordi, ciechi e anormali psichici, situati in plessi distinti. Per i casi più gravi sono previsti istituti speciali, con lunghi soggiorni in cui gli alunni vivevano separati anche dalle famiglie. Fino alla fine degli anni 60 la logica prevalente rimane quella della separazione, in cui l'alunno disabile viene percepito come un malato da affidare a un maestro-medico e come potenziale elemento di disturbo. 71 INTEGRAZIONE: è il processo tramite il quale diverse identità sono inserite, senza nessun tipo di discriminazione, all’interno di un contesto che conserva la sua unità funzionale e strutturale. Il «documento» Falcucci ha dato origine alle scelte normative che hanno consentito la diffusione dell'integrazione scolastica nel nostro paese. Le conclusioni del Documento Falcucci si tradussero nella LEGGE 4 agosto 1977, n. 517 recante «Norme sulla valutazione degli alunni e sull'abolizione degli esami di riparazione nonché altre norme di modifica dell'ordinamento scolastico» in cui le classi di aggiornamento e le classi differenziali previste dagli articoli 11 e 12 della legge 31 dicembre 1962, n. 1859, sono abolite. INCLUSIONE: i BES (SEN: Special educational needs) furono introdotti in Gran Bretagna dal Rapporto Warnock del 1978. L’International Classification of Functioning (ICF) definisce il BES coma «qualsiasi difficoltà evolutiva di funzionamento permanente o transitoria in ambito educativo o di apprendimento, dovuta all’interazione tra vari fattori di salute e che necessita di educazione speciale individualizzata». L’”inclusività” è frutto dell’attività di ricerca di Mel Ainscow, Mark Vaughan e Tony Booth e ha portato i due studiosi all’elaborazione dell’Index for inclusion (2000), di formazione per gli insegnanti. Nel 1981 l’Education Act ha riconosciuto la nozione di BES. 74 un reggimento che marcia al passo, è un’orchestra che prova la stessa sinfonia” (D. Pennac, 2008). Non esiste uno stile giusto o sbagliato, ma quello più giusto da utilizzare in un determinato compito. Ogni persona quindi apprende, in maniera diversa, elaborando una propria stategia adeguata alla sua personalità e ai suoi bisogni; è compito dell’insegnante aiutare l’alunno a scegliere e utilizzare quello più adatto in quella determinata sisituazione. La relazione educativa infatti, deve fondarsi sull’empatia, sull’accettazione, sulla creazione di un clima favorevole e non giudicante. La relazione educativa è produttrice di conoscenze; essa costituisce un incontro che arricchisce tutti i soggetti coinvolti e crea esperienze, cultura, valori e punti di vista che promuovono una continua trasformazione sia dell’alunno che del docente. Due sono i modelli per definire gli stili di apprendimento: Modello Vak, che si riferisce ai canali sensoriali uditivo, visivo, cinestetico; Modello Felder-Silverman, che utilizza cinque coppie dicotomiche: - sensoriale/uditivo; - visuale/verbale; - induttivo/deduttivo; - attivo/riflessivo; - sequenziale/globale. STILI COGNITIVI Modalità di elaborazione dell'informazione che la persona adotta in modo prevalente, che permane nel tempo e si generalizza in compiti diversi (Boscolo, 1981). Ciascuno utilizza in maniera varia tutti gli stili con preferenze specifiche. Gli stili indicano delle propensioni nell'uso delle personali abilità. “Gli stili cognitivi sono delle propensioni, delle preferenze nell’uso delle proprie abilità; essi non sono le abilità che possediamo ma il modo in cui ci piace e troviamo più comodo usarle. Perciò uno stile cognitivo non è peggiore o migliore di un altro, solo diverso” (R. Stenber, 2006). 75 “Noi impariamo… il 10% di ciò che leggiamo; il 20% di ciò che ascoltiamo; il 30% di ciò che vediamo; il 50% di ciò che vediamo e ascoltiamo; il 70% di ciò che discutiamo con altri; l'80% di ciò che viviamo di persona; il 95% di ciò che insegniamo a qualcun altro.” (William Glasser, 1986). Strategie didattiche In tutte le discipline non esiste una strategia valida per tutte le situazioni, ma è sempre necessario ricorrere a strategie diverse a seconda della materia, dell’argomento, della classe e dei singoli alunni. La scelta della metodologia da usare costituisce quindi parte integrante della programmazione scolastica e va effettuata dopo un’attenta analisi della situazione di partenza della classe. Molte sono le strategie che è possibile utilizzare nell’insegnamento per stimolare negli alunni un atteggiamento creativo. Innanzitutto è necessario agevolare i diversi stili di apprendimento degli alunni presentando gli argomenti non solo attraverso il canale verbale e lineare della parola, ma anche tramite il canale visivo, tramite mappe concettuali, digitali e/o filmati. In questo modo gli alunni che imparano e memorizzano più facilmente, attraverso la visualizzazione e l’immagine, saranno maggiormente incentivati ad apprendere e a mantenere costante l’attenzione. Lo stesso vale per l’esposizione degli argomenti didattici valorizzando il canale uditivo, presentando i contenuti associati a musiche e suoni che ne consolidano e ne arricchiscono il significato. Questa modalità aiuterà gli studenti che imparano più facilmente attraverso il canale uditivo, tramite l’ascolto. Un’altra strategia è quella di illustrare gli argomenti attraverso l’espressione fisico-spaziale del concetto, tramite una dimostrazione pratica, fisica, del significato di ciò che si sta insegnando, per esempio attraverso la realizzazione in 3D di una figura geometrica o una dimostrazione concreta di una formula chimica attraverso un esperimento. Anche la postura del corpo, l’espressione del viso e il tono di voce possono rivelarsi manifestazioni creative del lavoro d’insegnante, nel rinforzare o nell’enfatizzare un concetto, un’idea. 76 Altra strategia, che permette lo sviluppo della creatività degli alunni è l’utilizzo del metodo del cooperative learning in quanto, una volta stabilito l’obiettivo del progetto didattico, prevede una prima fase di brainstorming, in cui la creatività è in primo piano e tutti i ragazzi sono coinvolti, ognuno con il proprio stile e la propria personalità, nella costruzione del percorso da attuare attraverso le idee migliori da realizzare, gli strumenti, le modalità d’azione e di interazione. La didattica laboratoriale La didattica laboratoriale, il problem solving e il lavoro per progetti, vengono indicati nel DPR 88/2010 (riordino degli Istituti Tecnici), come metodologie che valorizzano il metodo scientifico, il pensiero operativo, la capacità di analizzare e risolvere problemi. La didattica laboratoriale si basa sull’apprendimento per scoperta, che incoraggia la curiosità degli alunni (learning by doing, acquisire il sapere con il fare). Consiste in un metodo, adottato nell’intero arco del curricolo e in momenti definiti, che chiede di passare dall’informazione alla formazione, incoraggiando un atteggiamento attivo degli alunni nei confronti della conoscenza, sulla base della curiosità e della sfida. Tale metodo richiede agli insegnanti di reperire nella realtà, in modo selettivo, il materiale su cui svolgere l’opera dell’educazione. Nella didattica laboratoriale troviamo i seguenti elementi: ruolo attivo dello studente; svolgimento di un’attività di una certa durata e finalizzata alla realizzazione di un prodotto; avere a disposizione una postazione di lavoro individuale o di gruppo, dotata di strumenti da utilizzare a seconda della fase di lavoro; autonomia nello svolgimento delle attività e assunzione di responsabilità per il risultato; esercizio integrato di abilità operative e cognitive; utilizzo contestualizzato di conoscenze teoriche per lo svolgimento di attività pratiche; collaborazione con altri compagni nelle diverse fasi del lavoro. 79 discussione e facilitando l’apprendimento attraverso l’introduzione di continui stimoli. Questa tecnica favorisce l’apprendimento individuale come risultato di un processo di gruppo e punta al miglioramento dei processi di apprendimento e di socializzazione attraverso la mediazione del gruppo. Il successo di uno sarà il successo di tutti. Perché il lavoro di gruppo si qualifichi come Coperative Learning devono essere presenti i seguenti elementi, evidenziati da F. Tessaro: - positiva interdipendenza. I membri del gruppo fanno affidamento gli uni sugli altri per raggiungere lo scopo. Se qualcuno nel gruppo non fa la propria parte, anche gli altri ne subiscono le conseguenze. Gli studenti si devono sentire responsabili del loro personale apprendimento e dell'apprendimento degli altri membri del gruppo; - responsabilità individuale. Tutti gli studenti di un gruppo devono rendere conto sia della propria parte di lavoro sia di quanto hanno appreso. Ogni studente, nelle verifiche, dovrà dimostrare personalmente quanto ha imparato; - interazione faccia a faccia. Benché parte del lavoro di gruppo possa essere spartita e svolta individualmente, è necessario che i componenti del gruppo lavorino in modo interattivo, verificando gli uni con gli altri la catena del ragionamento, le conclusioni, le difficoltà e fornendo un feedback. In questo modo si ottiene anche un altro vantaggio: gli studenti imparano a vicenda; - uso appropriato delle abilità nella collaborazione. Gli studenti nel gruppo vengono incoraggiati e aiutati a sviluppare la fiducia nelle proprie capacità, la leadership, la comunicazione, il prendere delle decisioni e il difenderle, la gestione dei conflitti nei rapporti interpersonali (Cfr. F. Tessaro, Metodologie e didattica dell’insegnamento secondario, Armando, Roma, 2002 e approfondimenti sui corsi e i materiali tenuti dal Prof. Tessaro su www.univirtual.it). 80 LENTE DI INGRANDIMENTO - IL JIGSAW Il jigsaw è una specifica tecnica di cooperative learning ideata negli anni 70 in America dal dott. Elliot Aronson. Questa tecnica presenta tutti i punti di forza della metodologia del cooperative learning rendendo però l’alunno ancora più responsabilizzale nel processo di apprendimento sia verso l'insegnante che verso il gruppo base. Questa tecnica si basa su un assunto: l’apprendimento non può andare a braccetto con la noia, pertanto lo studente diviene l’attore protagonista del suo processo di conoscenza. Jigsaw significa letteralmente puzzle e dobbiamo immaginarlo come un gioco a incastro: a ogni alunno viene assegnato un compito che è essenziale al gruppo, senza il quale il gruppo intero soffre e viene penalizzato, quindi ogni alunno si sente responsabilizzato a partecipare attivamente all'attività didattica. Il raggiungimento dell’obiettivo si avrà solo se tutti gli attori avranno messo al posto giusto il loro pezzo di puzzle. Nella tecnica Jigsaw gli studenti sono dapprima suddivisi in gruppi al fine di approfondire alcune parti del materiale complessivo d'apprendimento, o al fine di svolgere compiti di ricerca. Come si struttura il lavoro? La classe viene divisa in gruppi da 5/6 persone e a ogni gruppo l’insegnante distribuirà il materiale per la propria ricerca. Quando tutti i gruppi avranno svolto la propria ricerca, verranno ristrutturati e se ne creeranno dei nuovi, in modo che in ognuno vi sia un rappresentante di ciascuno dei vecchi gruppi. Nei nuovi gruppi si condivideranno i risultati della prima esperienza. A conclusione si potrà attivare una discussione di gruppo ed elaborare un prodotto. Vediamo come strutturare l’intervento: 1 la classe viene divisa in gruppi (eterogenei per competenze, genere, nazionalità...) di 4 o 5 alunni chiamati gruppi base. 2 A ogni alunno del gruppo base viene affidata una competenza specifica. 3 Tutti i ragazzi del gruppo base si incontreranno tra di loro, in un nuovo gruppo, per individuare procedure univoche e contenuti da considerare e che sono emerse dalla prima fase. Questo gruppo chiamato gruppo tecnico vedrà ogni alunno diventare competente di quello specifico ambito. 81 4 Si ritrovano i gruppi base, in cui adesso ciascun alunno è esperto di una fase del lavoro e di questa sua conoscenza e ha il compito di rendere partecipi i compagni delle ricerche svolte, delle conoscenze acquisite e delle competenze raggiunte. Come avete potuto vedere seguendo questo schema, proprio come in un puzzle, ogni pezzo, ogni parte svolta da uno studente, diventa essenziale per la piena comprensione e il completamento del prodotto finale PEER EDUCATION La peer education è “un intervento che mette in moto un processo di comunicazione globale, caratterizzato da un’esperienza profonda e intensa e da un forte atteggiamento di ricerca di autenticità e di sintonia tra i soggetti coinvolti. Questa pratica va oltre la consueta pratica educativa e diviene una vera e propria occasione per il singolo soggetto, il gruppo dei pari o la classe scolastica, per discutere liberamente e sviluppare momenti transferali intensi” (Panzavolta 2004). Letteralmente “educazione tra pari”, è un metodo in base al quale un piccolo gruppo di “pari”, che è parte dello stesso contesto, opera attivamente per informare e influenzare il resto del gruppo. Questo metodo fa leva sul processo grazie al quale degli alunni motivati e istruiti, intraprendono attività educative con i loro simili. Il legame di similarità percepito tra i soggetti coinvolti, favorisce la credibilità e l’efficacia della comunicazione educativa. Nella peer education infatti, attraverso la comunicazione tra pari, ossia il trasferimento spontaneo di esperienze e conoscenze tra soggetti appartenenti a uno stesso gruppo o contesto sociale, i membri di un gruppo diventano soggetti attivi del loro sviluppo e della loro formazione, non semplici recettori di contenuti, valori ed esperienze trasferiti da un professionista esperto, ovvero l’insegnante. 84 uno strumento didattico, che permette al docente di pubblicare e rendere accessibile agli studenti il materiale didattico delle lezioni), hanno colloqui faccia a faccia con il loro insegnante, e sono guidati anche dai loro coetanei. La didattica metacognitiva Metacognizione significa “oltre la cognizione”, cioè la capacità di riflettere sulle proprie capacità cognitive. Il termine metacognizione, introdotto nel 1976 da John H. Flavell, indica l’insieme dei processi sovraordinati dell’attività cognitiva e prevede due aspetti fondamentali: la conoscenza che il soggetto possiede circa i propri processi e contenuti di pensiero e i processi strategici e di controllo, ovvero le modalità attraverso cui esercita un controllo su questi. La metacognizione è sicuramente trasversale ai processi di apprendimento. La didattica metacognitiva costituisce un’area rilevante nei contesti di apprendimento ed educativi, andando a potenziare, nell’alunno, la conoscenza e l’utilizzo efficace di strategie per l’acquisizione di contenuti disciplinari e di abilità specifiche. Questo approccio rappresenta una modalità privilegiata per trasmettere contenuti e strategie, poichè mira alla costruzione di menti aperte e pone l’attenzione su come l’alunno apprende e non su cosa apprende. Attiva pertanto la propensione a riflettere su sé stessi e le proprie capacità, e l’individuo diviene protagonista attivo del proprio processo di apprendimento. Quali sono le principali strategie didattiche metacognitive? La strategia di selezione comporta la scelta delle informazioni ritenute rilevanti, sulle quali è importante soffermarsi. Le strategie organizzative «comportano la connessione fra i vari pezzi di informazione che stiamo apprendendo; organizziamo perciò l’informazione in ordine logico. La mappa concettuale è una strategia organizzativa importante per tutti i gesti metacognitivi conclusivi di un percorso di apprendimento». La strategia di elaborazione «comporta il legame della nuova informazione con quanto già si conosce». La strategia di ripetizione è basata sulla ripetizione nella propria mente (con parole, suoni o immagini) dell’informazione, sino a completa 85 padronanza. La memorizzazione è dunque l’evento conclusivo di ripetute evocazioni mentali dell’informazione o della percezione. Il bravo insegnante in classe concede spazi temporali adeguati, perché gli alunni possano memorizzare all’istante i concetti. Una volta che è stata identificata la strategia più utile per apprendere, si stabilisce come e quando applicarla. Questo è quello che chiamiamo atto meta cognitivo (Valitutti G., La scuola del successo e la metacognizione, in http://educa.univpm.it/strategie/scusumet.html). Il professor Dario Ianes nel saggio “Metacognizione e insegnamento” riassume gli elementi costitutivi della didattica metacognitiva: 1) le conoscenze sul funzionamento cognitivo in generale: stili di apprendimento, intelligenze, pensiero, ecc.; 2) l’autoconsapevolezza del proprio funzionamento cognitivo (cosa e come sto pensando, cosa e come sto ricordando, cosa mi facilita o cosa mi ostacola, quali sono i miei punti di forza e i deficit, cosa mi può aiutare a comprendere e a ricordare); 3) l’uso di strategie di autoregolazione cognitiva: auto-osservazione, auto-direzione e auto-valutazione (come ho fatto, come posso fare, come sono andato), le strategie di risoluzione di un problema (problem solving) e la pianificazione per apprendere; 4) le variabili psicologiche di mediazione, immagine di sé come persona in grado di imparare: stile di attribuzione (interno o esterno), convinzioni riguardo il proprio uso di strategie, il senso di autoefficacia, l’immagine di sé come studente (sono/non sono capace, in cosa penso di essere/ non essere bravo), la propria capacità di trovare risorse (ce la posso fare!). Con la didattica metacognitiva si punta a favorire, negli studenti, le competenze metacognitive, strategiche e autoregolative nonché ad aiutarli a migliorare le strategie di studio e di apprendimento, così come a gestire al meglio le emozioni che entrano in gioco nel loro percorso formativo. Promuove la capacità di “imparare a imparare”, che è una delle otto competenze chiave individuate nella Raccomandazione del Consiglio d’Europa 2018. 86 Mappa concettuale del Prof.re Baronti 89 in cui l’educatore guida gli studenti nel momento dell’applicazione dei concetti e della partecipazione creativa nella disciplina” (Flipped Learning Network, 2014). Imagine della Prof.ssa Giovanna GRECA IL ROLE PLAYING Il role playing è una tecnica ludico-drammatica. La messa in scena in classe di ciò che si deve apprendere risponde alla forma dell’apprendere facendo, centrata sullo studente, autentico protagonista del processo educativo. Si richiede all’alunno di simulare comportamenti e atteggiamenti della vita reale con l’obiettivo di far acquisire la capacità di impersonare un ruolo e di comprendere ciò che il ruolo richiede. La strategia di apprendimento derivante dal gioco di ruolo è utile per capire come esprimere un comportamento, per rendersi conto delle proprie abilità, per mettersi nei panni di un altro nell’ottica di valutare eventuali difficoltà create dal proprio comportamento e per comprendere anche le emozioni. Nel role playing non si segue una traccia determinata, poiché i soggetti devono inventarsi ciò che devono fare. Per questo può essere un’esperienza molto forte. 90 IL CIRCLE TIME È un gruppo di discussione su argomenti diversi con lo scopo principale di migliorare la comunicazione e far acquisire agli studenti le principali abilità comunicative. Tale metodologia, stimola gli alunni verso l’acquisizione della conoscenza e consapevolezza delle proprie emozioni e di quelle altrui e aiuta a gestire le relazioni sociali. Rappresenta per questo una tecnica di educazione psicoemotiva per il gruppo classe. L’insegnante è un facilitatore che nella metodologia specifica non ha funzione autoritaria ma ha come obiettivo quello di creare un clima collaborativo e amichevole tra i membri del gruppo classe. Utilizzare il circle time consente di: - sviluppare maggiore consapevolezza negli alunni; - favorire la conoscenza reciproca; - creare un clima sereno; - esperime i propri stati d’animo e percepire quelli altrui; - risolvere i conflitti; - promuovere atteggiamenti di cittadinanza in quanto è necessario rispettare le regole della comunicazione. Il circle time prevede la disposizione degli alunni e dell’insegnante in cerchio e deve essere utilizzata con regolarità. Il tema della comunicazione è libero: i bambini possono liberamente parlare di sé, delle proprie esperienze, dei propri sentimenti, dei propri stati d’animo. La competenza trasversale oggetto della valutazione da parte del docente in un circle time è la competenza a dialogare che prevede 5 dimensioni (come mostrato in figura 1). Fig.1 ripresa dalla rivista Progettare 91 IL BRAINSTORMING Il termine brainstorming nasce negli anni trenta come tecnica pubblicitaria, grazie a Osborne che la propone come un gioco creativo basato sull’associazione di idee: la finalità è fare emergere diverse possibili alternative, in vista della soluzione di un problema o di una scelta da compiere. L’insegnante pone un quesito-problema e lascia liberi gli studenti di fornire le risposte-soluzioni liberamente, senza criticarne nessuna. Il nucleo centrale della tecnica, nella prima fase, è quello di produrre il maggior numero di idee (lista di controllo), che secondo l’autore è più importante della qualità delle stesse, soprattutto perché maggiore sarà il numero delle idee, maggiori saranno le probabilità di trovarne alcune utili. Tali idee servono poi da spunto alla soluzione di problemi e possono essere, successivamente, valutate e ulteriormente elaborate. Come sottolinea G. C. Cocco, la discussione di gruppo citata, che può durare anche per più giorni, è suddivisibile sinteticamente nelle seguenti fasi: 1. fase preliminare di analisi e preparazione effettuata all’esterno della situazione di gruppo; 2. fase della scoperta dei dati che caratterizzano il problema posto e ridefinizione dello stesso; 3. fase della scoperta delle idee per mezzo della produzione di un numero elevato di idee. Tali idee sono poi utilizzabili per risolvere il problema; 4. fase di spoglio e selezione di tutte le idee emerse per registrare quelle migliori; 5. fase conclusiva, con la partecipazione di chi ha posto il problema, per scegliere la soluzione. Il processo del brainstorming può essere sintetizzato in quattro punti: idee libere; quantità prima della qualità; nessun diritto d’autore; la critica è proibita (Sintesi del processo di brainstorming - Fonte: G. C. Cocco, op. cit., 1992). 94 Grazie all’uso di questa metodologia si sviluppano: - immaginazione e creatività; - empatia; - capacità di comunicare utilizzando registri complessi, quale quello corporeo; - capacità di trovare soluzioni semplici a situazioni complicate. LA COMUNICAZIONE AUMENTATIVA E ALTERNATIVA (CAA) Con il termine CAA si intende ogni forma di comunicazione che sostituisce, integra, aumenta il linguaggio verbale e orale (gesti, foto, disegni, immagini). Si dice aumentativa in quanto incrementa le possibilità e le capacità comunicative naturali della persona e alternativa perché è un metodo di comunicazione diverso dal linguaggio verbale. La CAA si pone come una metodologia di grande impatto, laddove si lavora in classi con alunni con disabilità non verbali (è una metodologia che potrebbe essere utilizzata a prescindere dalla presenza di disabilità in classe in quanto è altamente stimolante). I punti di forza della metodologia CAA sono: - migliora l’immagine e la stima di sé; - fornisce motivazione; - riduce le frustrazioni e i problemi di comportamento; - aumenta la partecipazione nella vita di ogni giorno; - facilita l’apprendimento rendendolo un processo interattivo invece che passivo; - cambia le aspettative dell’ambiente nei confronti del bambino; IL PIANO NAZIONALE SCUOLA DIGITALE Il PNSD prevede la realizzazione di attività volte allo sviluppo delle competenze digitali degli studenti, il potenziamento degli strumenti didattici e laboratoriali necessari a migliorare la formazione e i processi di innovazione delle istituzioni scolastiche. 95 L’obiettivo è quello di introdurre le nuove tecnologie nelle scuole, diffondere l’idea di apprendimento permanente (life-long learning) ed estendere il concetto di scuola da luogo fisico a spazio di apprendimento virtuale, utilizzando le risorse economiche previste dalla legge della buona scuola e dai Fondi Strutturali Europei (Pon Istruzione 2014-2020). Il documento è articolato in 35 punti. Con il PNSD vengono incentivate le nuove tecnologie: - le tecnologie entrano in classe con il compito di supportare la didattica; - studenti e i docenti interagiscono con modalità̀ didattiche costruttive e cooperative informatizzate che diventano catalizzatori dell’apprendimento; - le app diventano ambienti o strumenti di apprendimento; - la didattica assume una valenza altamente operativa; - la didattica assume una valenza altamente operativa. Le metodologie didattiche incentivate dal PNSD sono: - problem solving, ovvero metodologia che stimola la capacità degli alunni di risolvere problemi, utilizzando le competenze e le conoscenze acquisite attraverso un processo creativo; - project work, ovvero uno strumento progettuale che si collega alla metodologia; - learning by doing, ovvero un apprendimento attivo basato sul fare. Tra gli scopi del PNSD troviamo lo sviluppo del pensiero computazionale, necessario per affrontare le esigenze della società contemporanea e futura. Leggiamo infatti sul PNSD “(...) ed è in questo contesto che va collocata l’introduzione al pensiero logico e computazionale e la familiarizzazione con gli aspetti operativi delle tecnologie informatiche. In questo paradigma, gli studenti devono essere utenti consapevoli di ambienti e strumenti digitali, ma anche produttori, creatori, progettisti.” ll modo più̀ semplice e divertente di sviluppare il pensiero computazionale è attraverso la programmazione (coding) in un contesto di gioco. Il coding è una pratica (non una metodologia) che consente agli studenti di imparare a programmare partendo dal gioco e in quest’ottica si propone come uno strumento di apprendimento. 96 Il coding mette la programmazione al centro di un percorso, dove l’apprendimento percorre strade nuove ed è al centro di un progetto che ha come fine ultimo facilitare lo sviluppo del problem solving. Con il coding gli alunni programmano per apprendere. Come fare coding a scuola? Possiamo utilizzare Scratch o Scratch Jr. o ancora i giochi del sito code.org. I bambini giocano e attraverso il gioco devono vincere delle sfide: vincere le sfide significa aver risolto in modo adeguato il problema. In questo gioco il bambino inconsapevolmente avrà scritto le righe di un codice informatico: parliamo in questo caso di programmazione a blocchi o programmazione visuale. Dopo aver realizzato un ciclo di apprendimenti, il docente chiede agli alunni di realizzare un progetto relativo a obiettivi prefissati e a contesti reali. - Flipped classroom (classe capovolta) in questa metodologia il docente fornisce agli studenti materiali didattici appositamente selezionati e da qui parte lo studio autonomo degli studenti. - Coding è una metodologia che consente agli studenti di imparare a programmare partendo dal gioco. Grazie a questa metodologia lo studente impara a usare la logica, a risolvere problemi e a sviluppare il pensiero computazionale (capacità di scomporre un problema complesso in diverse parti, per affrontarlo più̀ semplicemente un pezzetto alla volta, così da risolvere il problema generale). - Role playing (gioco dei ruoli): questa tecnica ha l’obiettivo di far acquisire la capacità d’impersonare un ruolo e di comprendere in profondità̀ ciò̀ che il ruolo richiede. - Cooperative learning è un metodo didattico-educativo di apprendimento costituito dalla cooperazione fra studenti. Apprendere in gruppo si rivela molto efficace non solo sul piano cognitivo, ma anche per lo sviluppo dei processi socio-relazionali. Attraverso l’uso delle tecnologie e delle metodologie didattiche citate, il docente che assume un ruolo di mediatore e di facilitatore, incoraggia l’apprendimento collaborativo favorendo l’esplorazione, la scoperta e il gusto per la ricerca di nuove conoscenze e privilegiando il problem solving attraverso l’uso delle TIC. 99 ogni persona di possedere un corredo composito di abilità e competenze, da sviluppare sin dall’infanzia con continuità, progressione e in diversi contesti di apprendimento. È importante sviluppare le 8 competenze nella loro “combinazione dinamica” di conoscenze, abilità, atteggiamenti e, si potrebbe anche aggiungere, di emozioni correlate a una crescita progressiva personale e sociale che dovrebbe durare per tutta la vita. Il valore viene attribuito alle soft skills e agli atteggiamenti proattivi in virtù dei quali emerge l’esigenza di far convergere i percorsi di apprendimento, verso lo sviluppo delle capacità di relazionarsi al mondo reale e digitale, ai cambiamenti e agli imprevisti (capacità di porre e risolvere problemi, di lavorare in team, di leadership, di resilienza, di negoziazione, di creatività, ecc.). Le competenze trasversali sono quelle che attraversano tutte le esperienze della vita e tutte le aree della conoscenza (discipline – ricerca; discipline - scolastiche); il loro contesto di formazione, potenziamento ed esercizio, va dunque dalla vita alla scuola e dalla scuola alla vita (intendendo per “vita” il complesso delle esperienze esistenziali di ciascuno). Per questo motivo le competenze trasversali vengono denominate anche “competenze per la vita”. La normativa cui la scuola fa riferimento, a livello europeo ma anche a livello nazionale, opera una distinzione fra competenze disciplinari e trasversali, queste ultime sono individuate nelle competenze chiave per la cittadinanza. Le competenze trasversali, attraversano le varie discipline in due modi: in primo luogo, la padronanza disciplinare le fonda e le rafforza, in secondo luogo aiutano il conseguimento della padronanza personale (es: saper lavorare per obiettivi, saper lavorare in gruppo, saper pianificare il proprio tempo, essere concreti, essere capaci di imparare e migliorarsi, essere capaci di valorizzarsi, saper gestire le relazioni e comunicare efficacemente, sapersi attenere alle regole, saper gestire l’imprevisto, sentire di appartenere ed essere capaci di partecipare e condividere, ecc.). 100 LENTE DI INGRANDIMENTO - SCUOLA DELLE CONOSCENZE VS SCUOLA DELLE COMPETENZE Molto spesso leggiamo articoli e ci confrontiamo con due realtà dicotomiche presenti nello Statuto costituzionale della scuola italiana: da un lato abbiamo coloro che tifano per una scuola della conoscenza, dall’altro invece troviamo coloro che auspicano sempre più a una scuola che sviluppi competenze. Questa dicotomia si poggia su un corollario di base che, da una parte, riconosce nella scuola fondata sulle conoscenze il privilegio di una scuola colta, meglio dire di élite (identificabile nei percorsi liceali), che fornisce saperi di eccezione, e di contro, nella scuola basata sulle competenze, una scuola di serie B, che rinuncia alla cultura per qualcosa di prettamente pratico e immediatamente utilizzabile (identificabile nei percorsi professionali). Conoscenze e competenze Per capire dov’è la verità, bisogna partire con il leggere le Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 aprile 2008 – Quadro Europeo delle Qualifiche e dei Titoli - che spiegano in modo dettagliato il significato dei due termini: - conoscenze: indicano il risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento. Le conoscenze sono l’insieme di fatti, principi, teorie e pratiche, relative a un settore di studio o di lavoro; le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche; - competenze: indicano la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale; le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia. Finalità della scuola nel processo di educazione Partendo dall’analisi di queste due definizioni, mi sento di definire artefatta la diatriba tra coloro che simpatizzano per le conoscenze e coloro che invece lo fanno per le competenze perché non può esserci separazione tra i due 101 concetti; nello sviluppo di entrambi si raggiunge l’obiettivo finale della scuola: l’educazione dell’alunno. Le conoscenze vengono prima delle competenze, perché va da sé che non possono risolversi problemi concreti se non si hanno delle conoscenze sugli stessi. Viceversa, se conosco solo i contenuti di una qualsiasi disciplina, ma poi non so utilizzarli, la mia cultura resta fine a se stessa e sicuramente non mi consentirà di affrontare le sfide della realtà quotidiana. Da qui l’assunto è che può esserci conoscenza senza competenza, ma non può esserci competenza senza conoscenza, si potrà al massimo parlare di abilità. LA DIDATTICA PER COMPETENZE E LO COMPITO AUTENTICO La didattica per competenze nasce come risposta alle richieste delle sfide contemporanee come quelle nel mondo del lavoro, dove sono richieste sempre più persone competenti, che abbiano ottime capacità di risoluzione dei problemi (problem solving). L’espressione massima di una didattica per competenze è sicuramente il compito autentico: dopo aver acquisito tutte le conoscenze, gli alunni vengono posti di fronte a una situazione problematica reale che devono affrontare e che riusciranno a risolvere solo facendo perno sulle conoscenze acquisite. La didattica per competenze diviene pertanto una didattica che coinvolge direttamente lo studente, lo porta a misurarsi con le sue reali capacità e conoscenze, lo aiuta a identificare i propri limiti e lo spinge a superarli ed è sicuramente una didattica che pone le sue radici nella necessità di sviluppare anche intelligenze multiple. Caratteristiche della didattica per competenze La didattica per competenze si basa su alcuni aspetti fondamentali: - la valorizzazione dell’esperienza attiva dell’alunno (lavoriamo su esperienze vissute); - l’apprendimento induttivo (si parte dal problema per arrivare a conoscere le diverse strategie di risoluzione); - la valorizzazione dell’apprendimento tra pari e con modalità cooperative;