Scarica MANUALE DI ARCHIVISTICA - Carucci Paola, Guercio Maria e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! MANUALE DI ARCHIVISTICA Carucci Paola, Guercio Maria PREMESSA Gli archivi possono essere considerati da due prospettive: 1. Sotto il profilo del rapporto tra storiografia e uso delle fonti archivistiche; 2. Sotto il profilo della produzione dei documenti e della conservazione e gestione delle fonti. Sottesa all’attenzione per la salvaguardia dei documenti, è la consapevolezza del loro valore fondamentale per la conservazione della memoria e per fini di ricerca. La ricerca, fondata su un uso critico dei documenti, è anche una forma di garanzia verso un uso distorto della memoria. L’archivista, nel suo operare, deve approfondire le conoscenze storiche e istituzionali collegate alle fonti di cui si occupa mentre il suo settore disciplina l’esigenza di impadronirsi degli strumenti concettuali e operativi per trattare correttamente le fonti e seguire l’evoluzione di una normativa sempre più articolata e complessa: ü l’automazione rappresenta il nodo cruciale delle profonde trasformazioni che investono il lavoro degli archivisti: rivoluziona le modalità di redazione e di comunicazione degli strumenti di ricerca necessari per la consultazione degli archivi pergamenacei, cartacei, fotografici, audiovisivi, e modifica le modalità per accedervi introducendo la possibilità di riesaminare e ridefinire anche i criteri di organizzazione delle sale di studio. 1 PARTE PRIMA L’AMMINISTRAZIONE ARCHIVISTICA E LA NORMATIVA DI TUTELA · Viene inoltre istituito l’Ispettorato centrale per gli archivi, retto da un Prefetto con il compito di dichiarare la riservatezza dei documenti (se da loro comunicazione si potevano creare danni per Stato e per persone) mediante l’inserimento di un funzionario del ministero dell’Interno in tutte le Commissioni di sorveglianza. All’Ispettorato devono anche essere inviati tutti gli inventari degli archivi non statali ed il ministero dell’Interno ha la funzione di autorizzare la consultazione anticipata dei documenti riservati. · Viene soppresso così il Consiglio superiore degli archivi ed istituito un Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali in cui vennero costituiti comitati di settore per i diversi beni culturali che avevano compiti di consulenza. · Nel nuovo ministero le direzioni generali tecniche assumono la denominazione di uffici centrali e la Direzione generale degli Archivi diventa Ufficio centrale per i beni archivistici mentre la Direzione generale rimane per gli affari generali e del personale. DAL 1998 AL 2008: MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI Il decreto legislativo del 1998 ribadisce la centralità dello Stato sulla tutela e salvaguardia degli archivi anche se vi si delineano possibilità di cooperazione con le Regioni e gli enti locali. Il ministero, in un decreto dello stesso anno, diventa ministero per i Beni e le attività culturali e nel 2000 viene approvato il regolamento di organizzazione del ministero; nel 2001 si procede al regolamento per l’organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del ministro. · Ai settori delle belle arti, delle biblioteche e degli archivi si aggiungono funzioni in materia di spettacolo, sport e impiantistica sportiva. · Il nuovo dicastero provvede alla tutela, gestione e valorizzazione dei beni culturali e ambientali e alla promozione delle attività culturali. 3 · Al Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali subentra il Consiglio per i beni culturali e ambientali. · Viene istituito il Segretariato generale che opera alle dirette dipendenze del ministro e coordina l’attività delle direzioni generali. · Presso il ministero è creato un Istituto centrale per gli archivi, con compiti di definizione degli standard per l’inventariazione e la formazione degli archivi, di ricerca e studio, di applicazione delle nuove tecnologie. · Il regolamento del 2000 organizza il nuovo ministero in 8 direzioni generali inquadrate nell’ambito del Segretariato generale. L’Ufficio centrale per i beni archivistici riassume la denominazione di Direzione generale per gli archivi. Le articolazioni interne delle direzioni generali sono chiamate servizi invece che divisioni. · Gli Archivi di Stato svolgono funzioni di: - Tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio archivistico dello Stato - Sorveglianza su archivi correnti e di deposito degli organi centrali e periferici dello Stato - Compiti relativi al trattamento e comunicazione dei documenti riservati - Attività di promozione, conservazione, ordinamento e inventariazione dei documenti, studio e ricerca, di didattica e di valorizzazione anche con convenzioni con enti pubblici e istituti di studio e di ricerca Il ministero per i Beni e le attività culturali viene riorganizzato nel 2004 con la soppressione del Segretariato generale e l’istituzione di quattro dipartimenti: 1. dei beni culturali e paesaggistici; 2. dei beni archivistici e librari; 3. di ricerca, innovazione e organizzazione; 4. di spettacolo e sport. Inoltre, il Consiglio per i beni culturali e ambientali diventa Consiglio superiore dei beni culturali e paesaggistici; dal 1953 il soprintendente all’Archivio centrale dello Stato ha il grado di direttore generale ma dal 2004 viene declassato a dirigente di livello non generale; nel 2007 vengono soppressi i dipartimenti e si ricostituisce il Segretariato generale che coordina l’attività delle direzioni generali centrali e delle direzioni generali a livello regionale. La frequenza con cui nell'ultimo decennio si è provveduto a riorganizzare il ministero non giova alle funzionalità dei molteplici compiti che gli sono stati devoluti nel corso degli anni. Tale organizzazione aggrava la spesa pubblica senza alcun vantaggio per la tutela e rende più complessi i processi decisionali. 2. LE FUNZIONI DELL’AMMINISTRAZIONE ARCHIVISTICA La legge archivistica del 1963 stabilì esplicitamente che l'amministrazione degli archivi di Stato ha compiti di: a) Conservazione dei documenti degli Stati pre-unitari e dello Stato italiano b) Vigilanza sugli archivi degli enti pubblici territoriali e non territoriali e sugli archivi privati Nel 1999 fu riformulata la normativa di tutela organica per tutti i beni culturali con l’approvazione del Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali ed ambientali, il quale si ripropone di dare una normativa di tutela organica per tutti i beni culturali. Il successivo Codice dei Beni Culturali del paesaggio approvato nel 2004 abrogò testo unico del 1999 ed è in vigore tutt’ora. 4 3. ORGANI PERIFERICI DELLO STATO PREPOSTI ALLA CONSERVAZIONE E ALLA VIGILANZA L’ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO E GLI ARCHIVI DI STATO Lo Stato esercita tutt’ora, in materia di fonti archivistiche, funzioni di conservazione e di vigilanza. L'Archivio centrale dello Stato e gli Archivi di Stato sono gli istituti preposti alla conservazione dei documenti prodotti dagli uffici statali centrali e periferici. · L'Archivio centrale dello Stato conserva gli archivi degli organi centrali dello Stato; · Gli Archivi di Stato conservano la documentazione degli stati pre-unitari e quella degli uffici periferici dello Stato italiano. Conservano altresì tutti gli archivi e i singoli documenti che lo Stato abbia in proprietà o in deposito per disposizione di legge o per altro titolo. Rientrano nelle loro funzioni i compiti attinenti alla sorveglianza sugli archivi correnti degli organi centrali e periferici dello Stato, esercitati attraverso l'attività delle apposite Commissioni di sorveglianza. LE SOPRINTENDENZE ARCHIVISTICHE Lo Stato esercita funzioni di vigilanza sugli archivi non statali – quelli cioè delle Regioni, degli enti pubblici territoriali e non territoriali e gli archivi privati dichiarati di notevole interesse storico – attraverso le soprintendenze archivistiche, istituite una in ogni regione. 4. I RAPPORTI INTERNAZIONALI Le prime significative relazioni internazionali si sviluppano dal XIX secolo. Con la creazione della Commissione permanente dei congressi internazionali degli archivisti e dei bibliotecari con sede a Bruxelles si comincia a costruire una rete di cooperazione in 2. ISTITUTI DI CONSERVAZIONE Sebbene il Codice non dedichi un titolo specifico alla conservazione e successiva gestione delle fonti archivistiche, non si può non parlare di cosa siano gli archivi e di dove sono conservati. La parola “archivio” si usa per indicare: · Ciascun complesso documentario prodotto o acquisito da un ente (soggetto produttore o titolare dell’archivio) nell’esercizio delle sue funzioni e, in questa sua accezione, si divide a seconda delle fasi di gestione in: 6 1) archivio corrente 2) archivio di deposito 3) archivio storico; · L’ufficio specifico che presso ogni ente conserva l’archivio corrente e gestisce la movimentazione dei fascicoli per lo svolgimento di attività dell’ente, ed i locali di deposito dove sono collocate pratiche suscettibili di trattazione per finalità amministrative; · L’istituto culturale (soggetto conservatore) che conserva e gestisce gli archivi storici (fondi archivistici), cioè i complessi documentari relativi ad affari esauriti che vengono destinati alla conservazione permanente per finalità di studio e di ricerca. Gli istituti culturali (istituti di conservazione o di concentrazione) destinati alla conservazione delle fonti archivistiche prodotte dalle pubbliche amministrazioni sono definiti dal Codice se la documentazione è prodotta dagli uffici centrali e periferici statali e si chiamano Archivio centrale dello Stato e Archivio di Stato. Negli altri casi manca una definizione specifica. La presenza dei fondi archivistici nei diversi istituti di conservazione o presso il soggetto produttore dipende dall’ordinamento giuridico-istituzionale di ogni Stato. La conservazione delle fonti archivistiche prodotte dalle pubbliche amministrazioni risponde alla duplice esigenza della certezza del diritto e salvaguardia della memoria storica. Ogni Stato, pertanto, ha un archivio a livello nazionale per la conservazione della documentazione prodotta dagli organi dell’amministrazione centrale e gli archivi territoriale variamente organizzati a seconda del proprio ordinamento. Le vicende storiche e politiche di ogni Stato possono influire sulla situazione delle fonti. ES: - Alla fine della Prima guerra mondiale prevalse il criterio della “provenienza”, ovvero di salvaguardare l’integrità delle fonti documentarie lasciandole nei luoghi in cui sono state prodotte. - Con il principio della “territorialità” si procede allo smembramento di fondi archivistici per distribuirne tra località. - In uno Stato che ha subito dominazioni straniere e occupazioni militari, la documentazione relativa a certi territori si trova nello Stato dominante. ARCHIVI DELLO STATO a) L’ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO E GLI ARCHIVI DI STATO Lo Stato conserva direttamente la documentazione prodotta dagli organi centrali e periferici statali attraverso una propria rete di istituti di conservazione costituita dall’Archivio centrale dello Stato e dagli Archivi di Stato istituiti in ogni capoluogo di provincia, con le eventuali sezioni di Archivio di Stato. Tutti questi istituti sono uffici dello Stato. · L’Archivio centrale dello Stato, con sede a Roma, conserva i documenti prodotti dagli organi centrali dello Stato post-unitario (dal 1861). · Gli Archivi di Stato conservano gli archivi degli organi centrali e degli uffici locali e periferici degli Stati preunitari e gli archivi degli uffici periferici italiani, documentazione che può risalire all’età comunale. Molti Archivi di Stato conservano documenti pergamenacei. Il documento più antico è conservato nell’Archivio di Stato di Milano e risale all’anno 721. Ricevono dagli archivi notarili distrettuali, dipendenti dal ministero della Giustizia, gli archivi notarili dopo 100 anni dalla morte dei notai o dalla cessazione della loro attività. Anche archivi dagli archivi notarili comunali. 7 · Le sezioni di Archivio di Stato conservano documenti statali preunitari o, eventualmente, postunitari. I tre tipi di archivio ricevono per legge gli archivi degli enti pubblici cessati e possono accogliere in deposito quelli di enti pubblici attivi; conservano anche archivi di enti pubblici territoriali comunali e possono anche acquisire archivi famigliari e personali ed eventuali istituzioni private. b) GLI ALTRI ARCHIVI STORICI DELLO STATO Hanno un archivio separato il ministero degli Affari esteri e gli uffici storici degli stati maggiori dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica, gli uffici storici dello stato maggiore della Difesa e del Comando generale dell’Arma dei carabinieri. c) GLI ARCHIVI NOTARILI DISTRETTUALI Dipendono dal ministero della Giustizia e conservano archivi dei notai morti o che hanno cessato l’attività. Dopo 100 anni dalla morte o dalla cessazione, gli archivi dei notai sono versati agli Archivi di Stato competenti. GLI ARCHIVI STORICI REGIONALI Il base alla normativa vigente nell’art. 30 del Codice lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni e gli enti pubblici non territoriali hanno l’obbligo di garantire la conservazione e la sicurezza dei beni di loro appartenenza e, per gli archivi, di ordinare i rispettivi documenti anteriori all’ultimo 40ennio istituiti in sezioni separate, e “fissano” i beni culturali di loro appartenenza. Attualmente non esistono Archivi storici regionali – anche se alcune Regioni ne hanno deliberato l’istituzione – neanche nelle Regioni a statuto speciale (tranne ad Aosta, dove non c’è mai stato un Archivio di Stato). C’è una forte indeterminatezza delle norme, alla quale si cerca di sopperire con la prassi, anche su sollecitazione delle soprintendenze e per iniziative concordate con le Regioni. Alcune Regioni, infatti, si sono preoccupate di organizzare archivi di deposito a livello di capoluogo regionale o più diffusi sul territorio e in qualche caso è stato pubblicato qualche inventario. Appositi gruppi di studio, che vedono la collaborazione del ministero per i Beni culturali, delle Regioni e dell’ANAI (Associazione nazionale archivistica italiana), hanno affrontato lo studio di temi particolari come ad esempio la dematerializzazione degli archivi, i quadri di classificazione per gli archivi correnti e lo scarto. Sta di fatto, però, che l’assenza di Archivi storici, ovvero di istituti culturali attrezzati per consentire la ricerca storica, non permette ai ricercatori un normale accesso alle fonti archivistiche regionali. GLI ARCHIVI STORICI DEGLI ENTI PUBBLICI a) ENTI PUBBLICI TERRITORIALI Gli enti pubblici hanno l’obbligo di conservare e ordinare i loro archivi e di fissarne il luogo di destinazione. Tutte le Province e tutti i Comuni conservano nei loro depositi fonti archivistiche anteriori al quarantennio, che dovrebbero essere perciò destinate alla ricerca storica. Solo in un limitato numero di casi risulta istituito l’Archivio storico provinciale o l’Archivio storico comunale per la gestione scientifica del rispettivo archivio storico. b) ENTI PUBBLICI NON TERRITORIALI Nel nostro ordinamento hanno operato un numero enorme di enti pubblici non territoriali nei settori più vari dell’amministrazione; alcuni sono nazionali, altri locali. Una legge del 1976 ha proceduto alla soppressione di molti enti considerati inutili e si è poi determinata una tendenza alla privatizzazione che ha portato a modificarne lo stato giuridico: il Codice prevede misure di salvaguardia per gli archivi di enti che, diventando privati, non hanno più l’obbligo di conservare le proprie carte a meno che non intervenga ISTITUTI E ARCHIVI PER FONTI FOTOGRAFICHE, AUDIOVISIVE E CINEMATOGRAFICHE La presenza di fotografie all’interno di fondi archivistici, fin dai primi decenni del XX, è un dato ricorrente direttamente collegato alle funzioni svolte dal soggetto produttore, nel caso in cui si tratti di un’istituzione pubblica, o di un soggetto privato. Più rara è la presenza di documenti cinematografici, mentre parte di massima dall’ultimo 30ennio del secolo scorso la presenza di documenti audiovisivi che si possono trovare presso alcuni Istituti e Archivi specializzati conservati in quanto fonti autonome anche se può sussistere la presenza di documenti scritti. - L’Istituto Luce S.p.A, sorto come società privata nel 1924, nel periodo fascista, per documentare visivamente a fini educativi e propagandistici le attività di regime; - L’Archivio nazionale cinematografico della Resistenza nasce a Torino nel 1965 al termine di una rassegna di pellicole cinematografiche girate durante la Resistenza sulla guerra partigiana, sui regimi fascista e nazista, sull’antifascismo e la deportazione; - L’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico (AAMOD) costituito alla fine degli anni 70 sotto la presidenza di Cesare Zavattini, eredita il patrimonio filmico del Partito comunista e della Unitelefilm e raccoglie e conserva documenti multimediali di diversa provenienza per favorire la salvaguardia di una memoria collettiva dei movimenti sociali e dei loro protagonisti; - Radio radicale possiede un cospicuo archivio audiovisivo che include la registrazione di attività istituzionali affidate alla forma orale; - Nasce come attività di produzione il settore Teche RAI che include la documentazione televisiva e audiovisiva prodotta dalla RAI; - L’Archivio Alinari è tra i più noti archivi privati fotografici; - La Cineteca nazionale, istituita nel 1949, riceve per legge il “deposito obbligatorio” della produzione cinematografica nazionale; - La Discoteca di Stato, del 1928, raccoglie i documenti sonori, garantisce la conservazione e fruizione del patrimonio sonoro edito ed inedito. Si collegano alle fonti sonore e audiovisive anche, ai fini della conservazione, le fonti orali che sono costituite da comunicazione verbale della persona cui è richiesto di fornire testimonianza in relazione a un determinato evento o tema particolare o di raccontare la propria storia nell’ambito dello specifico progetto di ricerca. Il ricercatore registra l’incontro e ne conserva memoria su un supporto sonoro o audiovisivo. Le fonti orali, di massima 10 conservate presso il ricercatore o centro che ha promosso la ricerca, possono poi essere concentrate presso istituti di conservazione. 3. VALORIZZAZIONE Il Titolo II del Codice dei beni culturali è dedicato alla fruizione e valorizzazione dei beni culturali. La valorizzazione è diretta a promuovere la conoscenza dei beni e a garantirne la migliore fruibilità. Le Regioni svolgono in questo ambito un ruolo rilevante, ma il Codice favorisce e sostiene anche la partecipazione di soggetti privati, singoli o associati, alla valorizzazione dei beni. Tra i principi generali si stabilisce: 1. l’obbligo per lo Stato, le Regioni e gli altri enti pubblici di assicurare la fruizione dei beni; 2. la fruizione deve essere garantita anche per i beni privati dichiarati di interesse culturale; 3. l’accesso ai documenti per motivi di studio è gratuito. Sono considerate attività di valorizzazione (art. 111) quelle che consistono nella “costituzione ed organizzazione stabile di risorse, strutture o reti, ovvero della messa a disposizione di competenze tecniche o risorse finanziarie o strumentali”, finalizzate alla conoscenza dei beni e alla loro fruizione. L’art. 115 definisce le forme di gestione delle attività di valorizzazione, che possono essere: · Dirette = se attuate con strutture organizzative interne dotate di adeguata autonomia scientifica, di mezzi organizzativi, finanziari e contabili e di personale tecnico; · Indirette = se attuate tramite a) affidamento diretto a soggetti privati, costituiti o partecipati dall’amministrazione pubblica a cui appartengono i beni; b) concessione a terzi. Sono incluse tra le attività di valorizzazione anche la promozione di studi e ricerche, affidata al Ministero, alle Regioni e agli altri enti pubblici territoriali, con il concorso delle università e anche la disciplina della consultabilità dei documenti che costituisce uno degli obiettivi fondamentali della conservazione delle fonti. Capitolo 3 LA SALVAGUARDIA FISICA DEI DOCUMENTI 1. MISURE DI TUTELA PREVISTE DAL “CODICE DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO” Il Titolo I del “Codice dei Beni Culturali” è dedicato alla tutela e include misure di conservazione fisica dei documenti. Al I° comma si definiscono beni culturali come “le cose immobili e mobili […] che presentano interesse artistico, storico, archeologico ed etnoantropologico”. Per quanto riguarda le fonti documentarie, secondo il II° comma sono beni culturali “gli archivi ed i singoli documenti dello Stato, delle Regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico”. Il III° comma definisce che sono beni culturali anche gli archivi e singoli documenti appartenenti a privati che rivestono interesse storico particolarmente importante. Nel IV° comma si considera beni culturali, previa dichiarazione di interesse culturale, anche: 1. Manoscritti, autografi, carteggi, incunaboli, nonché libri, stampe ed incisioni 11 2. Carte geografiche e spartiti musicali 3. Fotografie, negativi e matrici, pellicole cinematografiche e supporti audiovisivi - La tutela indicata al IV° comma è subordinata inspiegabilmente al carattere di rarità e di pregio, mentre quelli del III° comma non sono soggetti a tutela se siano opera di autori viventi o se eseguiti entro gli ultimi cinquant’anni. Ai fini della conservazione il Ministero definisce linee di indirizzo, norme tecniche, criteri e modelli di intervento. 2. LA CONSERVAZIONE PREVENTIVA La conservazione dei documenti prevede interventi specifici che riguardano l'edilizia archivistica ed i relativi impianti, i depositi, le scaffalature, i contenitori nell'ottica del concetto di “preservation/préservation”. Una corretta gestione delle fonti archivistiche mira a prevenire il danneggiamento dei documenti ed operare interventi che ne garantiscano una lunga conservazione evitando o riducendo interventi di restauro. È comunque necessario ed obbligatorio ricorrere al restauro per documenti in condizioni fisiche precarie; tale azione, in quanto molto costosa, 13 PARTE SECONDA ARCHIVISTICA GENERALE Capitolo 5 L’ARCHIVISTICA TRA DIPLOMATICA E INFORMATICA 1. LE ORIGINI DELL’ARCHIVISTICA - Cinquecento: creazione di istituti archivistici per concentrare fondi archivistici di varia provenienza; la finalità rimane amministrativa, non storica. - Seicento: sono scritte le prime opere dedicate specificatamente agli archivi per fini giuridici, da parte di: 1. Baldassarre Bonifacio 2. Nicolò Giussani 3. Albertino Barisone Le riflessioni teoriche sull’ordinamento sono inscindibilmente legate alle finalità pratiche di gestione quotidiana della documentazione più che al dibattito teorico. - Ottocento: nasce l’archivistica come disciplina autonoma per identificare e organizzare le fonti che pervengono ai grandi Archivi di concentrazione, appena istituiti. La complessità delle istituzioni preunitarie porta a studiare non solo la sedimentazione della memoria scritta, ma anche le diverse forme di governo e magistrature che l’hanno prodotta. Con l’unità d’Italia si apre un dibattito circa l’organizzazione la destinazione degli archivi e nel 1870 la commissione Cibrario assegna la totale gestione degli Archivi al Ministero dell’Interno. 2. LA DIPLOMATICA E IL DIBATTITO DEGLI ANNI SESSANTA Diplomatica: disciplina antica che si configura come scienza nel ‘700 grazie agli studi di Maffei. Nell’800: - archivistica = riordino dei fondi dell’ancien régime - diplomatica = analisi scientifica dei documenti come fonti del diritto Nel 1842 è istituita la “Scuola di paleografia, archivistica e diplomatica” presso l’Archivio di Milano e istituti simili nascono presto in altre città. Questi danno apporti importanti all’archivistica dal momento che affinano l’analisi filologica dei documenti e formulano il concetto di “metodo scientifico di riordinamento”, ma la disciplina entra in crisi negli anni ‘60 del ‘900 in quanto considerata scienza legata ai documenti del Medioevo e legata ad altre discipline. 3. GLI SVILUPPI DELL’ARCHIVISTICA NEGLI ANNI SESSANTA La riflessione diplomatica degli anni ‘60 del ‘900 ha avuto un ruolo importante per l’evoluzione teorica dell’archivistica in Italia: lo studio della storia dell’ente produttore e delle istituzioni del suo tempo non è più solo componente erudita, ma anche strumento necessario per capire l’origine dei documenti. Si ribadisce: 1. inutilità della distinzione tra archivi amministrativi e archivi storici (unità del concetto di archivio) 2. concetto di indivisibilità dell’archivio 14 3. carattere dell’archivio come fonte storica e mezzo probatorio 4. concetto di vincolo archivistico La realizzazione della “Guida generale agli Archivi di Stato italiani”, progettata da Pavone e D’Angiolini, ha fatto sorgere una riflessione su: - rapporto tra ogni ente e il suo archivio - identificazione di più soggetti produttori rispetto ad unico complesso documentario - aggregazione di più versamenti in unico ente - struttura del fondo archivistico - uniformità della descrizione 4. INTERAZIONE DELLA DIPLIMATICA E DELL’ARCHIVISTICA NELL’ORDINAMENTO DEI FONDI 6. ILDOCUMENTO ELETTRONICO E L’ESIGENZA DI NUOVE PROSPETTIVE PER UNA RIFLESSIONE TEORICA L’automazione ha portato: 1. trattamento informatico di archivi tradizionali Un ente può: · informatizzare il protocollo o alcune serie del suo archivio tradizionale e creare banche dati a uso gestionale con informazioni tratte da fascicoli cartacei · informatizzare gli strumenti di ricerca storica già esistenti o crearne di nuovi in formato esclusivamente elettronico e realizzare riproduzioni digitali di documenti Ci si rifà a criteri archivistici consolidati e continua ad esistere l’originale, ma il mezzo informatico non è neutro perché: - modifica l’approccio ai documenti - crea possibilità di accesso diretto che riducono la produzione di documenti interlocutori - rende necessari ulteriori informazioni di contesto e ulteriori interventi di normalizzazione nelle descrizioni 16 La rivoluzione informatica impone una ridefinizione dei concetti di documento e di archivio e la riorganizzazione (e semplificazione) del lavoro burocratico per produrre certe tipologie di atti amministrativi. La normativa italiana ha previsto l’obbligo del registro di protocollo informatico a cui corrisponde l’archivio o il settore d’archivio tradizionale, ma sembra implicitamente prefigurare una generale sostituzione dei documenti cartacei con quelli elettronici. 2. archivi nati direttamente in modo digitale L’esigenza della selezione dei documenti si pone già al momento dell’arrivo del documento e ciò comporta la previsione dei tempi di conservazione dei documenti già al momento della costruzione del software. La conservazione attuale dei dati è affidata alla migrazione dei dati, che può anche comportare qualche limitata perdita o modifica. Capitolo 6 L’ORDINAMENTO 1. COMPLESSI DOCUMENTARI E FINALITA’ DELL’ORDINAMENTO Compito prioritario dell’archivista è quello di rendere accessibili i documenti alla ricerca storica, anche mediante semplici elenchi o verifica degli elenchi di versamento, e di programmare interventi più specifici di ordinamento e redazione di inventari per ricostruire un quadro organico dei fondi conservati, identificati con la denominazione dei rispettivi soggetti produttori; gli interventi di ordinamento vanno programmati secondo una scala di priorità che tenga conto della rilevanza della documentazione, del personale a disposizione e delle richieste dei ricercatori. L’espressione “complesso documentario” è generica e indica semplicemente una aggregazione di carte. Esso può corrispondere a: - uno o più archivi di specifici soggetti produttori - un fondo archivistico o parte di esso - una o più serie appartenenti ad archivi od a fondi diversi, intere o parziali - un versamento trasferito in un archivio storico a una certa data Quindi: · Il fondo è un complesso organico di documenti che si identifica con un determinato soggetto produttore, e in tal caso coincide con il concetto di archivio in senso proprio, o che ha un carattere di unitarietà. · Si chiama “archivio” l’intera documentazione riferibile ad un ente. · La serie è l’articolazione interna di un archivio o di un fondo archivistico. · Il versamento è la parte di documentazione che un ufficio dell’amministrazione attiva ha trasferito all’Archivio di Stato in un determinato momento. L’analisi della documentazione implica, ai fini del riordinamento, non soltanto aspetti connessi alle modalità di sedimentazione dei documenti, ma anche la valutazione diplomatistica, che serve ad individuare: 1) il rapporto diretto tra un ente e la sua documentazione 2) le connessioni dell’ente con l’ordinamento politico-istituzionale a cui appartiene Sia l’analisi dei processi di sedimentazione delle carte presenti in un complesso archivistico sia quella del rapporto tra un ente e il suo archivio possono essere rilevanti ai fini della storia dell’amministrazione. 17 2. IL METODO STORICO E IL VINCOLO ARCHIVISTICO Il problema del riordinamento dei complessi documentari si è presentato spesso nel corso dei secoli: - per motivi amministrativi → rimaneggiamenti dei fondi - per motivi culturali → estrazione di documenti per costituire delle raccolte Queste operazioni hanno fatto perdere la configurazione originaria dell’archivio e, in reazione ad esse, nell’800 si è delineato il concetto di “rispetto dei fondi”, in Italia sviluppato come “metodo storico” incentrato sull’analisi del rapporto tra un ente e la documentazione prodotta nell’ambito di ogni contesto storico-politico individuato in relazione alla complessa storia politica della penisola. Negli ultimi anni il dibattito teorico si è concentrato soprattutto sugli standard di descrizione e ciò ha determinato uno sforzo di: 1) definizione dei concetti 2) identificazione delle operazioni e delle modalità di redazione degli inventari 3) presentazione delle informazioni ciò ha contribuito a far riflettere gli archivisti sul senso preciso degli interventi necessari ai fini della descrizione delle carte. Tuttavia, è rimasto in ombra il tema del riordinamento delle carte: il metodo storico, basato essenzialmente sulla ricostituzione del fondo secondo i criteri originari di ordinamento, si è sviluppato per l’esigenza di dare un dare un ordine ai complessi documentari presso gli Archivi di concentrazione che facesse emergere l’evoluzione della storia istituzionale piuttosto che per un’esplicita impostazione teorica. Un solido fondamento teorico si deve soprattutto a Giorgio Cencetti e alla sua definizione di “vincolo archivistico”, ovvero il nesso logico che collega tutti i documenti prodotti da un ente, in molti casi evidenziato da puntuali segnature archivistiche, come elemento centrale per la ricostruzione dell’archivio nel quale si rispecchia l’ente che l’ha prodotto. Le sue considerazioni sono tuttavia state criticate da Valenti il quale ha messo in evidenza come spesso si siano venuti a costituire fondi nei quali l’intreccio di documentazione proveniente da enti diversi o riutilizzata a fini amministrativi non consente di ricostruire il vero e proprio archivio di un ente né il suo ordine originario. Di qui le riflessioni sul concetto di “fondo” come complesso documentario avente carattere di unitarietà. Una corretta interpretazione del metodo storico deve tener conto delle riflessioni di entrambi: VERSAMENTO Versamento = nucleo di documenti relativi ad affari conclusi che un ente versa, in un determinato momento, all’Archivio di Stato competente al proprio Archivio storico; si chiama “elenco di versamento” l’elenco elaborato dall’ufficio versante che descrive in maniera sommaria o analitica la documentazione versata per attestare il passaggio di responsabilità dall’ufficio versante all’Archivio di Stato. Il versamento è sempre parte di uno o più fondi archivistici e non si configura come nucleo di documentazione autonomo in quanto l’estrapolazione dei fascicoli dalla serie originarie destinate all’Archivio di Deposito e poi all’Archivio di Stato risponde a volte a criteri rigorosamente cronologici o è determinato da esigenze di spazio che non tengono conto di alcun criterio. Un versamento può riflettere: · mutamento istituzionale dell’ente → viene versata la documentazione precedente · l’intera documentazione di un unico ente → coincide con un fondo 4. ANALISI STRUTTURALE DEI FONDI. FONDO COMPLESSO Fondo complesso → fondo composto da una pluralità di fondi, l’inventario ha più livelli di descrizione (può essere articolato in gruppi di serie, serie e sottoserie). Ogni livello ha una propria denominazione a cui corrisponde il singolo fondo; il fondo assunto come livello base per la descrizione è quello a cui fa capo in concreto la produzione documentaria. Può trattarsi di: 1) fondo costituito da una pluralità di fondi gerarchicamente organizzati nell’ambito di una struttura istituzionale propria del soggetto produttore; 2) fondo costituito da una pluralità di fondi gerarchicamente organizzati nell’ambito di una organizzazione delle carte derivante dal processo di sedimentazione o di riordinamento delle carte; 3) fondo costituito da una pluralità di fondi che, presentando un reciproco legame istituzionale, confluiscono nell’archivio di un determinato ente (soggetto collettore). Non vi è collegamento gerarchico tra l’archivio del soggetto collettore e gli archivi in esso confluiti che hanno una configurazione autonoma e distinta 5. SOGGETTO PRODUTTORE E SOGGETTO COLLETTORE SOGGETTO PRODUTTORE L’analisi dei fondi, semplici o complessi, si collega all’analisi dei soggetti produttori. Il riordinamento secondo il metodo storico dovrebbe consentire di identificare il soggetto produttore del fondo riordinato e di ricomporne l’ordinamento originario. Di massima la denominazione coincide con quella del soggetto produttore o quella dell’ente più recente o dell’ente più rappresentato nelle carte o che sembri comunque più appropriato. Quando l’archivio di un ente sia confluito in fondi diversi, la sua ricostruzione è inevitabilmente virtuale. Se si tratta di versamenti si procede alla ricomposizione fisica dell’archivio di un ente, in quanto i versamenti devono essere analizzati e trattati in modo da ricomporre un fondo unitario. La conoscenza della storia istituzionale di ciascun ente facilita l’attribuzione della documentazione presente nei vari versamenti ai fondi cui appartiene anche se quando si effettuerà il riordinamento potranno rendersi necessarie precisazioni e correzioni. Lo studioso infatti trae grande utilità dallo studio delle carte effettivamente riordinate, sia perché ha chiara e immediata percezione delle lacune, sia perché il confronto contestuale delle diverse funzioni svolte dall’ente ne facilita la comprensione. 20 In campo archivistico va lasciata traccia dei percorsi seguiti dalle carte attraverso la conservazione degli elenchi di versamento o dei vecchi inventari e nella nota archivistica che precede l’inventario. SOGGETTO COLLETTORE È un ente che, per ragioni burocratiche o istituzionali, acquisisce archivi di altri enti, i quali sono ciascuno autonomo e indipendente da quello dell’ente collettore, cui si collegano soltanto per la ragione che ne determina l’acquisizione. È possibile descrivere la documentazione in vari modi: 1) mantenimento del collegamento tra l’archivio dell’ente collettore e quelli degli archivi acquisiti = fondo complesso 2) descrizione singola dei fondi confluiti e accorpamento nell’ambito di un raggruppamento tipologico che include altri fondi analoghi di diversa provenienza 6. SERIE E CATEGORIE Un archivio è solitamente ripartito in: 1) raggruppamento di serie → articolazione del fondo, utile in sede di inventariazione, per presentare in maniera organica le serie per affinità istituzionali, per località o per aree geografiche, per articolazioni cronologica, per materia 2) serie → raggruppamento di unità archivistiche con caratteristiche omogenee in relazione alla natura giuridica o alla forma dei documenti come risultato di una specifica attività, alla funzione, alla categoria o alle categorie di un quadro di classificazione, all’oggetto, alla materia 3) sottoserie → partizione di una serie Solitamente, l’articolazione in categorie si combina con parametri temporali (le categorie sono spesso annuali). All’introduzione dei quadri di classificazione si collega la creazione sistematica dei fascicoli, ognuno dei quali contraddistinto da: - categoria (ed eventuali sub-partizioni) - anno di riferimento - titolo dell’affare - numero di posizione del fascicolo nell’ambito della propria categoria (ed eventuali sub-partizioni) Vi è anche un sistema di articolazione dei fascicoli senza un quadro di classificazione: si crea un nuovo fascicolo quando inizia un affare e lo si contrassegna con un numero progressivo e con il titolo dell’affare (di massima periodizzazione biennale o triennale). 7. UNITA’ ARCHIVISTICA E UNITA’ DI CONSERVAZIONE Ciascun fondo si compone di unità archivistiche che possono presentarsi in forma di fogli sciolti o in forma di registro. Per “unità archivistica” si intende il registro, singolo documento o insieme di documenti raggruppati originariamente in maniera empirica su base tendenzialmente cronologica e, successivamente, raggruppati secondo un nesso di collegamento organico, che costituisce un’unità indivisibile. dall’amministrazione attiva all’Archivio di Stato o Archivio storico - Redatti presso l’Archivio di Stato o altro Archivio storico: guide, inventari, elenchi… L’informazione fondamentale e prioritaria per gli utenti è senza dubbio quella relativa alle fonti effettivamente esistenti e alla sede nella quale sono conservate. 2. ESIGENZA DI NORMALIZZAZIONE Per semplificare l’uso degli strumenti di ricerca si delinea una prima e fondamentale esigenza di normalizzazione per quanto riguarda la loro forma fisica. Un’utile iniziativa degli anni 60 imponeva l’adozione di fogli con fincature prestampate per la redazione di inventari ed elenchi e per l’eventuale copia di strumenti di ricerca antichi. I fogli prevedevano uno spazio per la nuova segnatura, uno per la vecchia segnatura, uno per il titolo dell’unità descritta, uno per le date estreme e uno per eventuali osservazioni. Nello spazio dedicato alla descrizione delle unità archivistiche si riportavano, scritte in evidenza, le denominazioni delle serie e delle eventuali sottoserie. La nuova segnatura era un numero di corda che identificava le filze e i registri collegando in un’unica sequenza numerica tutte le unità archivistiche del fondo. Segnatura: a) Segnatura archivistica: codice alfabetico, numerico o alfanumerico che identifica l’unità archivistica presso l’archivio corrente. Nel caso di archivio organizzato sulla base di un quadro di classificazione, essa è composta dai codici di riferimento delle categorie, con le eventuali sottopartizioni, e dal numero di posizione del fascicolo b) Vecchia segnatura: indica sia precedenti segnature archivistiche, nel caso di riuso amministrativo dei documenti, sia le numerazioni o altri codici di riferimento delle unità archivistiche adottati in precedenti strumenti di ricerca c) Numero di corda: numero progressivo delle filze e dei registri o delle buste e, in maniera distinta, numero progressivo dei fascicoli fornito dall’archivista nella redazione dell’inventario. Quando si rende necessario un raffronto con la vecchia segnatura, viene indicato nella tavola di raffronto degli inventari come nuova segnatura d) Nuova segnatura: indica le nuove numerazioni date alle unità archivistiche e alle unità di conservazione dopo il riordinamento del fondo. Include eventuali codici di riferimento per i diversi livelli strutturali del fondo e) Collocazione: il termine, proprio della biblioteconomia, si usa raramente in archivistica per indicare il numero di corda o la segnatura nei casi in cui l’ordine di descrizione delle unità archivistiche non corrisponda all’ordine fisico delle carte. 3. QUESTIONI PRELIMINARI ALLA REDAZIONE DEGLI STRUMENTI DI RICERCA È utile chiarire quali rapporti intercorrano tra: 23 - Gli standard di descrizione → forniscono criteri per la descrizione che possono essere seguiti sia operando in maniera tradizionale, sia utilizzando un programma precostruito di redazione informatica degli inventari, sia costruendo un proprio specifico programma - I programmi per la redazione informatica degli inventari → sono costruiti di massima tenendo conto degli standard di descrizione e adottano specifiche soluzioni che dovrebbero soddisfare le esigenze di coerenza e di uniformità della descrizione con la necessaria flessibilità richiesta dalle situazioni concrete. Il ricorso a uno standard di descrizione viene recepito da molti acriticamente come unica regola di descrizione possibile e non come modello per configurare entro parametri di riferimento condivisi le proprie scelte. L’applicazione acritica delle regole di un determinato standard non dà necessariamente risultati apprezzabili ai fini della ricerca, anche se si sia seguito il tracciato proposto. In fase di redazione dello strumento di ricerca, la descrizione delle unità archivistiche è l’obiettivo prioritario inquadrato in uno specifico prospetto scientifico e è necessario aver chiari gli scopi dell’esplicitazione del contenuto e le modalità più opportune per renderne conto. L’esigenza di tenere distinti gli obiettivi dell’ordinamento rispetto a quelli dell’elaborazione degli strumenti di ricerca si accentua quando in sede di ordinamento di un complesso documentario che include archivi diversi non si sia optato per la separazione fisica della documentazione e si è deciso di affidare a un unico strumento di ricerca la descrizione degli archivi identificati. 4. ELENCHI, ELENCHI DI VERSAMENTO, SCHEDARI E REPERTORI, REPERTORI ANTICHI - Elenco → lista che descrive in maniera più o meno dettagliata le unità di conservazione o archivistiche di un complesso documentario secondo l’ordine in cui di fatto si trovano le singole unità; è uno strumento di ricerca provvisorio (si riferisce a complessi documentari che devono essere sottoposti a riordinamento), utile comunque per rendere consultabili i documenti in tempi rapidi e propedeutico al riordinamento se riporta indici di classificazione e altri opportuni elementi strutturali. L’elenco può descrivere ogni unità archivistica o fornire una descrizione per gruppi omogenei di unità archivistiche o per serie, specie se costituite di poche unità. Gli elementi essenziali per la compilazione di un elenco sono: · numero di corda → numero progressivo per ciascuna unità di conservazione e, se possi bile, numero progressivo per ciascuna unità archivistica · titolo della serie o del raggruppamento di unità o titolo di ciascuna unità archivistica · estremi cronologici dell’unità o del gruppo di unità descritte · segnature e numerazioni originali · allegati eventuali · tipo dell’unità archivistica, quando risultino intercalati registri e buste. - Elenco di consistenza → lista che indica la quantità, busta per busta, delle unità archivistiche appartenenti alle serie di un fondo o parte di esso, eventualmente articolate per anno, per fascicolo, per categoria, per numero di pratica, per tipo di registro o per tipo di documento. Se le unità archivistiche risultano numerate progressivamente in origine o in sede di compilazione dell’elenco, la consistenza è indicata in sequenza progressiva. - Elenco di versamento → lista, analitica o sommaria o di consistenza, dei documenti che, dopo le operazioni di scarto, vengono trasferiti dall’ufficio versante all’Archivio di Stato. È compilato dall’ufficio versante e sottoscritto dai componenti della Commissione 24 di sorveglianza, attesta il passaggio di responsabilità ai fini della conservazione e risulta allegato al verbale della Commissione di sorveglianza. - Elenco di deposito → lista analitica o sommaria dei documenti che un ente pubblico o un privato allega all’atto di deposito presso un Archivio di Stato o altro Archivio storico. Il depositante mantiene la proprietà della documentazione depositata. - Elenco dei documenti → lista puntuale dei documenti allegata all’atto con cui un privato cede in proprietà o in uso un fondo archivistico a un Archivio di Stato o altro Archivio storico. - Schedari e rubriche → strumenti di ricerca redatti presso l’archivio corrente - Repertori → registri su cui vengono annotati con un numero progressivo i fascicoli, secondo l’articolazione del quadro di classificazione o titolario, redatti presso l’archivio corrente. - Repertori antichi → elenchi, analitici o sommari, di documenti redatti per fini di conservazione e di ricerca sia amministrativa che storica, talora coevi alla produzione dei documenti, più spesso redatti a seguito di riordinamenti eseguiti successivamente - La descrizione esterna dell’unità archivistica può limitarsi al numero delle carte, con eventuale specifica degli allegati. Il numero delle carte è importante per dare allo studioso un’idea dell’effettiva consistenza dell’unità archivistica; non si contano le carte non scritte. La cartolazione, cioè l’apposizione del numero sui documenti è utile per mantenere l’ordine di documenti e consente una più rapida ricerca; va fatta per unità archivistica, fascicolo filza registro. INDICI E APPENDICI Essenziale è la compilazione degli indici: tradizionalmente si compilano indici per: - nomi di persona - nomi di enti - nomi di località Questi sono indicizzati se presenti nel titolo dell’unità archivistica o nel regesto. Può essere utile premettere delle appendici con altre informazioni. 26 MODALITÀ DI DESCRIZIONE DELL’OGGETTO E CRITERI REDAZIONALI La descrizione deve essere quanto più possibile oggettiva; in questa si affrontano anche questioni apparentemente estrinseche come: - uso delle maiuscole - descrizione dell’oggetto secondo una sequenza costante di dati - rispetto dell’ordine anno-mese-giorno nell’indicazione della data - disposizione in ordine cronologico dell’unità nell’ambito di una serie - distinzione tra segnature originali e numerazione di corda dei fascicoli - uso costante delle abbreviazioni e della punteggiatura, delle virgolette e delle parentesi Il titolo dell’inventario di un fondo riordinato di solito coincide con il soggetto produttore del fondo, se si descrive un fondo complesso allora si dà un titolo generale. 6. STRUMENTI DI RICERCA IN UN SISTEMA INFORMATIVO LOCALE Nel caso in cui un Archivio di Stato o altro Archivio storico proceda alla creazione di un proprio sistema informativo si pone la questione se, nel collegare la descrizione generale dei fondi conservati, cioè la guida dei propri fondi in forma di banca dati, ai rispettivi strumenti di ricerca, sia preferibile: - la redazione di nuovi inventari dei singoli fondi - la copia in forma digitale di precedenti strumenti di ricerca ovvero la riproduzione analogica degli strumenti di ricerca esistenti In entrambi i casi lo strumento di base da cui si deve partire è la guida, che fornisce la descrizione sintetica ma organica di tutti i fondi conservati, costituendo un quadro generale di riferimento rispetto alle informazioni più specifiche ricavabili dagli strumenti di ricerca. La redazione degli strumenti di ricerca, soprattutto se si procede con l’automazione, va considerata in relazione alla possibilità di indagine che permette agli utenti La redazione di strumenti di ricerca informatizzati, pertanto, implica che ogni unità archivistica risulti correttamente collocata nella posizione logica che le compete all’interno di un istituto, di un fondo e di una serie, ma sia anche completamente autonoma e riconoscibile. 7. STRUMENTI DI RICERCA E INFORMATICA. RIPENSARE I CRITERI DI DESCRIZIONE Ricorrere all’informatica esclusivamente per produrre strumenti di ricerca tradizionali appare riduttivo, anche se ha favorito la compilazione di indici, operazione non meramente automatica poiché richiede sempre interventi di normalizzazione, di verifica degli omonimi, di controllo delle denominazioni di enti e luoghi nel corso del tempo. Parallelamente, l’amministrazione archivistica ha varato, dagli anni 70, progetti di automazione i cui risultati non si sono rilevati adeguati alle aspettative. Nel corso degli anni 90 si è delineata la creazione di sistemi informativi su scala nazionale: dalla Guida generale degli Archivi di Stato italiani, che ha costituito un sistema informativo strettamente collegato a un lavoro ultratrentennale prodotto a stampa e, successivamente, sono stati varati due progetti, SIUSA per gli archivi non statali e SIAS per gli Archivi di Stato: i tre progetti rappresentano tre sistemi nazionali della Direzione generale degli archivi. Strumenti di ricerca elettronici relativi ad archivi tradizionali: quali aspetti del lavoro non vengono toccati dall’automazione? Quali, invece, richiedono un ripensamento? - Non cambia il procedimento logico e intellettuale con cui si affronta il riordinamento di un fondo - Cambia invece, e in maniera sostanziale, il sistema di comunicazione delle informazioni archivistiche, determinando per il ricercatore diverse modalità di approccio alle fonti 27 documentarie. Rientra nella tradizione archivistica pubblicare gli strumenti di ricerca per consentire all’utente di venirne a conoscenza e programmare a distanza la propria ricerca; pubblicare edizioni di fonti e regesti per studiare documenti conservati altrove e riprodurre in microfilm o in fotocopia serie documentarie conservate in sedi diverse, anche in paesi stranieri. É tuttavia evidente che l’informatica, la riproduzione digitale e la ricerca in Internet hanno sviluppato enormemente queste potenzialità. Ogni istituto di conservazione che informatizza l’accesso ai propri documenti deve fornire sempre il quadro generale delle fonti conservate e l’indicazione chiara e puntuale di ogni fondo, della sua consistenza, delle date estreme, della presenza o meno di strumenti di ricerca parziali o generali, analitici o sintetici. L’informatica, inoltre, può consentire di ricostruire virtualmente la descrizione organica dell’archivio di un ente la cui documentazione risulti disarticolata in fondi diversi o in sedi diverse. Nel caso in cui si sia proceduto all’inventariazione di un complesso documentario in cui siano confluiti archivi di enti diversi e non si siano separate fisicamente le carte è possibile fornire attraverso prospetti una corretta descrizione che permetta anche in un inventario cartaceo la ricostruzione degli archivi originari; un trattamento di information retrieval degli elementi descrittivi di ogni unità archivistica può consentire di aggregarle virtualmente secondo l’ordine organico e sistematico di ciascun archivio. 8. RIPRODUZIONE DIGITALE DEI DOCUMENTI Può essere utile la riproduzione digitale per: 1) conservare delle unità archivistiche in stato precario di conservazione 2) consultazione di serie particolarmente richieste 3) consultazione di documenti afferenti a un solo soggetto produttore ma conservati in sedi differenti 4) favorire la ricerca interna a un documento particolarmente difficile da decifrare attraverso la fornitura del regesto o del contenuto del documento Se obiettivo della ricerca online è favorire una maggiore utilizzazione dei documenti ci si deve porre il problema di facilitarne l’uso anche per utenti non specializzati. La possibilità di arrivare al documento deve indurre a ricercare criteri di descrizione per aspetti più sintetici e altri più analitici: se i documenti sono trascritti e 26 consentono ricerche sul testo pieno, possono risultare superflue descrizioni molto analitiche nello strumento di ricerca. 1) il SIUSA (Sistema informativo unificato per le soprintendenze archivistiche) si qualifica come il fondamentale accesso per la ricerca sul patrimonio archivistico non statale, pubblico e privato, conservato fuori agli Archivi di Stato 2) il Sistema Guida Generale che si configura come la naturale evoluzione del progetto di informatizzazione della Guida generale degli Archivi di Stato italiani L’esperienza si proponeva di collaudare le possibili modalità di interazione di quello che aspira a essere un sistema collaborativo di analisi e descrizione ontologica di una base concettuale archivistica condivisa a livello nazionale; il secondo obiettivo è stato ricondotto alla creazione, a partire dalle rappresentazioni ontologiche, di un ambiente informatizzato aperto che rendesse possibile a utenti appartenenti al dominio archivistico, oltre che di visualizzare e scorrere la struttura di elementi e concetti di cui si compongono le ontologie, inserire in maniera collaborativa e incrementale annotazioni, commenti o proposte di modifica per ciascuna delle risorse concettuali definite formalmente. Capitolo 8 IL RUOLO DELLA GUIDA GENERALE DEGLI ARCHIVI DI STATO ITALIANI NELL’EVOLUZIONE DELL’ARCHIVISTICA 1. IL PROGETTO La Guida generale degli Archivi di Stato italiani è stata progettata negli anni ‘60 del ‘900 da Claudio Pavone e Piero d’Angiolini e costituisce il primo esempio mai realizzato di descrizione generale e organica di tutti i fondi archivistici conservati negli Archivi di Stato italiani. I due studiosi non posero esplicitamente l’accento sulle riflessioni teoriche, ma piuttosto sull’esigenza di fornire uno strumento di ricerca che in maniera organica e sistematica presentasse i fondi archivistici conservati dall’amministrazione archivistica e di proporre un quadro oggettivo della situazione che desse conto anche dell’inadeguato stato di ordinamento di molta documentazione per una più razionale pianificazione di futuri lavori di ordinamento. La finalità è quella di consentire agli studiosi di organizzare la propria ricerca senza dipendere dalla disponibilità degli archivisti, oltre a quella di poter pianificare una ricerca a distanza. Per la sua realizzazione ci sono voluti 24 anni per un totale di quattro volumi a cui hanno lavorato più di 300 archivisti. I temi trattati sono: - individuazione di un livello omogeneo di descrizione - periodizzazioni storiche e raggruppamenti tipologici - normalizzazione delle denominazioni dei fondi individuati con il nome dei rispettivi soggetti produttori - redazione di notizie sulla costituzione di ogni Archivio di Stato, di note storico- istituzionali, di note archivistiche relative ai singoli fondi e di note bibliografiche - organizzazione logico-istituzionale nella presentazione dei fondi - repertori delle magistrature uniformi - elaborazione degli indici e toponomastica - organizzazione del lavoro 30 2. UNA PRIMA RILEVAZIONE DEI DATI PER COMPLESSI DOCUMENTARI La prima operazione richiesta agli archivisti è stata quella di rilevare su schedoni trasmessi dalla redazione centrale i dati relativi a ciascun complesso documentario. Lo schedone prevedeva: - come intestazione la denominazione del rispettivo ente produttore; - la consistenza; - la presenza o meno di uno strumento di ricerca; - la collocazione nei depositi; uno spazio per le eventuali osservazioni; - l’articolazione in serie con i dati relativi. Per molti istituti questa rilevazione ha costituito il primo censimento generale della documentazione conservata. Venne messo in evidenza come negli Archivi di Stato prevalesse una maggiore attenzione per la documentazione antica a fronte di un generale disinteresse per quella più recente. 3. PERIODIZZAZIONI STORICHE E RAGGRUPPAMENTI TIPOLOGICI. RAPPORTO VIRTUALE TRA SOGGETTO PRODUTTORE E FONDO Ai fini della gestione interna della documentazione era evidentemente necessario aver identificato e codificato ogni nucleo di carte con il rispettivo strumento di ricerca e la collocazione nei depositi, altrimenti si sarebbe persa la possibilità di un effettivo controllo su tutta la documentazione conservata, ma ai fini di una descrizione che potesse permettere una valutazione comparativa dei documenti era evidente l’esigenza di un trattamento logico delle carte che consentisse di descrivere, nei limiti del possibile, i fondi secondo criteri omogenei. Ne conseguiva, come problema prioritario, quello di individuare un criterio per la denominazione dei fondi e un livello omogeneo di descrizione che consentissero l’analisi comparata dai dati. La lunga indagine che aveva preceduto l’elaborazione dei criteri per la redazione della Guida generale aveva messo in evidenza che l’elemento di comparazione più funzionale è rappresentato dal ricondurre al soggetto produttore, nei diversi periodi storici, la denominazione del fondo individuato come liv base per la descrizione. Nell’Introduzione alla Guida generale i due autori dicono esplicitamente di ritenere essenziale evidenziare alcune partizioni storiche fondamentali, in quanto non si ritiene che la storia degli archivi possa prevalere sui momenti cruciali della storia politica e istituzionale del paese; nell’ambito di contesti politici e istituzionali diversi, infatti, operano istituzioni diverse. Le periodizzazioni adottate nella Guida generale costituiscono in sostanza una griglia storico-istituzionale per la descrizione dei fondi. Fondamentale è la periodizzazione che distingue la documentazione degli Stati preunitari rispetto a quella dello Stato italiano. La Parte III della Guida generale è dedicata agli archivi di istituzioni statali non periodizzabili: i catasti, gli archivi notarili, le istituzioni pubbliche non statali e quelle ecclesiastiche o religiose e private, le famiglie e le persone. I raggruppamenti rientrano in una duplice tipologia, istituzionale e documentaria, a seconda che si tratti di archivi riconducibili a enti o archivi che si connotano per la natura dei documenti. 4. ORDINE NELLA PRESENTAZIONE DEI FONDI E INDICI Nell’ambito di ogni periodizzazione si è posta la questione dell’ordine nella presentazione dei fondi. Si è deciso di presentare i fondi secondo un ordine logico, non rigido ma commisurato al fatto che l’incidenza di certe funzioni, ad esempio quelle militari, non è la stessa in tutti gli Stati ecc. 31 Capitolo 9 GLI STANDARD INTERNAZIONALI PER LA DESCRIZIONE ARCHIVISTICA: ISAD E ISAAR, EAD E EAC 1. ISAD E ISAAR L’elaborazione degli standard internazionali per la descrizione archivistica, noti come International Standard Archival Description e International Standard Archival Authority Record, costituisce il risultato di un impegnativo lavoro, nell’ambito del Consiglio internazionale degli archivi che ha preso le mosse da un incontro nel 1988 con l’Archivio nazionale del Canada. Attraverso varie fasi sono stati coinvolti archivisti di molti paesi e anche in Italia si è costituito un gruppo nazionale di lavoro con alcuni soci di varie sezioni regionali dell’ANAI. Gli aspetti più rilevanti sono rappresentati dalla definizione di due standard distinti, uno per la descrizione del fondo e l’altro per la descrizione del soggetto produttore, e dall’adozione della descrizione in più livelli dal generale al particolare, con un collegamento tra i vari livelli di descrizione e la non ripetizione delle informazioni. Recente è la pubblicazione di un 3° standard per la descrizione dell’istituto che conserva i documenti. Elemento rilevante è la distinzione dell’insieme dei dati e delle informazioni relativo ai soggetti produttori da quello relativo ai fondi. ISAD Lo standard ISAD si basa su un modello che prevede diversi livelli di descrizione in numero variabile a seconda delle esigenze. Individua 26 elementi di descrizione organizzati in 7 aree, riproponibili a ciascuno dei livelli di descrizione adottati. Fornisce regole per la rilevazione dei dati e per la compilazione delle specifiche descrizioni. Gli elementi descrittivi delle ISAD riguardano: 1) L’istituto di conservazione e lo Stato di appartenenza; 2) La denominazione del fondo, le date estreme e la consistenza; 3) L’indicazione del soggetto produttore, con una nota storica o biografica e una nota archivistica per la descrizione delle carte; 33 4) L’articolazione in serie del fondo; 5) La presenza di strumenti di ricerca; 6) Note e indicazione del sistema di descrizione adottato. Essenziali per garantire lo scambio di informazioni a livello internazionale sono 6 dati: - Segnatura o codice identificativo; - Denominazione o titolo; - Soggetto produttore; - Date; - Consistenza dell’unità di descrizione; - Livello di descrizione → le cui aree sono: · Area dell’identificazione; · Area delle informazioni sul contesto; · Area delle informazioni relative al contenuto e alla struttura; · Area delle informazioni relative alle condizioni di accesso e utilizzazione; · Area delle informazioni relative a documentazione collegata; · Area delle note; · Area di controllo della descrizione. ISAAR Lo standard ISAAR, strutturato come quello ISAD in livelli diversi, prevede un insieme di elementi descrittivi rapportabili a ciascuno dei livelli adottati e regole per la rilevazione dei dati e per la compilazione delle descrizioni. Si propone di fornire una guida per la descrizione di enti, famiglie e persone coinvolti nella produzione di archivi. Gli elementi di descrizione di un record di autorità, ovvero di un soggetto produttore sono distribuiti in 4 aree: · Area dell’identificazione; · Area della descrizione; - Storia (in forma narrativa o cronologica) - Funzioni e attività del soggetto produttore → nucleo centrale della descrizione - Struttura amministrativa dell’ente / genealogia della famiglia · Area delle relazioni; · Area del controllo. Gli unici elementi indispensabili sono: 1) La tipologia del soggetto produttore 2) La forma autorizzata del nome 3) Le date di esistenza 4) Il codice identificativo del record d’autorità. Lo standard è concepito per un uso collegato a ISAD, ma può essere utilizzato in correlazione ad altri standard o convenzioni nazionali. Il soggetto produttore implica un collegamento con l’istituto di conservazione e con il contesto storico-istituzionale di riferimento e l’uso di una forma corretta di denominazione. L’applicazione di uno standard richiede una chiara consapevolezza da parte dell’archivista che deve piegare le regole ai suoi obiettivi, riconducendo ad essi l’efficacia del carattere prescrittivo. 34 2. EAD E EAC DATA CONTENT STANDARDS E DATA STRUCTURE STANDARDS Nell’ambito della sua attività istituzionalmente finalizzata alla definizione del ruolo e della natura degli standard descrittivi, lo US Working Group on Standards for Archival Description (WGSAD) della Society of American Archivist (SAA) ne individuò, sul finire degli anni 80, due tipologie: 1) data structure standards → identificano gli elementi che compongono una descrizione archivistica; i secondi forniscono regole che stabiliscono come inserire le info all’interno degli elementi definiti dalla struttura dati; 2) data content standards → i primi non sono autosufficienti senza un corrispondente standard di contenuto che guidi la compilazione degli elementi di cui sono composti Capitolo 10 CONSULTABILITÀ DEI DOCUMENTI E TUTELA DEI DATI PERSONALI. TUTELA DEL DIRITTO D’AUTORE E D’IMMAGINE 1. LA NORMATIVA IN VIGORE La consultabilità dei documenti è regolata dagli artt. 122-127 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, approvato nel 2004 (subentra al Testo unico per i beni culturali), e dal Codice 36 di deontologia e di buona condotta per la ricerca storica, approvato nel 2001, ora allegato al Codice in materia di protezione dei dati personali del 2003. Il principio generale della libera consultabilità dei documenti conservati negli Archivi di Stato è venuto meno a seguito di un emendamento al Codice dei beni culturali introdotto nel 2006, in base al quale: 1) I documenti che non hanno carattere riservato → consultabili 40 anni dopo la conclusione degli affari 2) I documenti riservati per motivi di politica interna o esterna → consultabili 50 anni dopo la loro data 3) I dati sensibili e giudiziari → consultabili 40 anni dopo la loro data; 70 anni per i dati che riguardano la salute, vita sessuale e situazioni personali riservate. La legge prevede una specifica procedura per la consultazione anticipata dei documenti riservati ma non esiste alcuna procedura per la consultazione anticipata dei documenti non riservati. Il ministero dell’Interno, tramite l’Ispettorato generale per i servizi archivistici, concede le autorizzazioni. 2. IL CODICE DI DEONTOLOGIA E DI BUONA CONDOTTA PER LA RICERCA STORICA PRINCIPI GENERALI Il Codice di deontologia e di buona condotta per la ricerca storica è allegato al Codice in materia di protezione dei dati personali: costituisce un organico punto di riferimento per la tutela dei dati personali sia quando si tratti di attività delle pubbliche amministrazioni o di soggetti privati, sia per quanto riguarda il trattamento dei dati personali presenti nelle fonti documentarie conservate presso gli Archivi di Stato e Archivi storici degli enti pubblici o negli archivi privati. Il Codice in materia di protezione dei dati personali è articolato in 3 parti: 1) regole generali applicabili al trattamento dei dati personali 2) disposizioni relative a specifici settori dell’amministrazione pubblica e privata 3) forme di tutela amministrativa e giurisdizionale degli interessati, sanzioni per le violazioni amministrative e gli illeciti penali Il Codice di deontologia e di buona condotta è il provvedimento fondamentale per orientarsi nella complessa disciplina della riservatezza dei documenti, in quanto include la disciplina generale dell’accesso ai documenti e le procedure per ottenere l’autorizzazione alla consultazione anticipata dei documenti riservati, i principi per la tutela dell’interessato e le norme di condotta per gli archivisti e per i ricercatori, per contemperare il diritto alla ricerca e alla libera espressione del pensiero con il diritto alla riservatezza, riconosciuto tra i diritti e le libertà fondamentali della persona. Il rispetto di questo non è solo parte integrante della condotta etica di archivisti e ricercatori, ma è requisito essenziale per la liceità del trattamento dei dati. I principi fondamentali su cui si fonda il Codice di deontologia sono: 1) rispetto per la dignità delle persone 2) distinzione tra la responsabilità dell’archivista e la responsabilità dei ricercatori 3) condizione che i dati trattati e diffusi dal ricercatore siano «indispensabili e pertinenti» alla sua ricerca DIRITTI DEGLI INTERESSATI L’interessato è la persona a cui si riferisce il trattamento dei dati, il quale può chiedere: 1) aggiornamento, rettifica e integrazione dei dati che li riguardano 2) blocco dei dati che non siano di rilevante interesse pubblico 37 3) protezione dei dati che erano stati resi noti in passato (diritto all’oblio) I dati personali raccolti per scopi storici non possono essere utilizzati per adottare atti o provvedimenti amministrativi sfavorevoli all’interessato. COMUNICAZIONE E DIFFUSIONE DEI DATI Il Codice di deontologia prevede la fondamentale distinzione tra: - comunicazione dei dati → rendere accessibili i dati personali a una o più persona determinate - diffusione dei dati → portare i dati personali, in qualsiasi forma, alla conoscenza di persone o entità identificate Prima della normativa solo gli archivisti erano responsabili della riservatezza, mentre i ricercatori erano autorizzati a farne l’uso che volevano, fatta salva la responsabilità penale nel caso di falso o calunnia. Oggi, invece, chiunque causi un danno per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell’art. 2050 del Codice civile. I ricercatori ammessi alla consultazione di documenti riservati possono farne uso e diffondere i dati solo se “essenziali e pertinenti” alla loro ricerca. Ciò consente agli archivisti di dare una consultazione una più ampia quantità di documenti che contengono dati sensibili e sensibilissimi, in quanto sanno che i ricercatori possono diffondere solo i dati essenziali e pertinenti alla loro ricerca e sono responsabili della dignità delle persone. REGOLE DI CONDOTTA PER GLI ARCHIVISTI Il Codice di deontologia prevede regole di condotta per gli archivisti basate su principi di correttezza e non discriminazione nei confronti dei ricercatori. Gli archivisti: 1) sono responsabili di recupero, acquisizione e tutela dei documenti 2) salvaguardano l’integrità delle fonti e garantiscono la loro conservazione fisica 3) assicurano che le riproduzioni siano conformi agli originali 4) prevengono ogni attività diretta a manipolare, dissimulare o deformare i fatti 5) assicurano il rispetto delle norme di sicurezza 6) assicurano il più ampio accesso alle fonti archivistiche per facilitare la ricerca e il reperimento delle fonti 7) informano se dei documenti sono stati temporaneamente rimossi da un fascicolo perché esclusi dalla consultazione 8) si impegnano a mantenere riservate le notizie e le informazioni riguardo dati personali FONTI ORALI Il Codice di deontologia prevede che gli intervistati abbiano espresso esplicitamente il loro consenso. L’intervistatore deve avere una dichiarazione scritta che attesti che gli intervistati sono stati informati degli scopi dell’indagine e hanno fornito il loro consenso. REGOLE DI CONDOTTA PER I RICERCATORI Il ricercatore: 1) valuta il principio di pertinenza con riguardo ai singoli dati personali al momento della diffusione 2) può diffondere i dati personali se pertinenti e indispensabili alla ricerca e se gli stessi non ledono la dignità e la riservatezza delle persone 3) deve astenersi dal riportare informazioni riguardanti la salute e le abitudini sessuali Il Codice dei beni culturali stabilisce che debbano avere un Archivio storico separato: 1) Presidenza della Repubblica 2) Camere del Parlamento 3) Corte costituzionale 4) Corte Costituzionale 5) ministero degli Affari esteri 6) Uffici storici degli stati maggiori dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica 7) Uffici storici del Comando generale dell’Arma dei carabinieri e dello stato maggiore della Difesa 5. LA TUTELA DEL SEGRETO La normativa in materia di trasparenza del procedimento amministrativo e di diritto di accesso esclude il diritto di accesso per i documenti coperti da segreto di Stato. Sono disciplinate forme specifiche di segreto come: - segreto di Stato - segreto d’ufficio - segreto epistolare - segreto bancario - segreto istruttorio - segreto statistico - segreto anagrafico La normativa disciplina il segreto, ma non prevede termini per la sua durata. Si può supporre che ai fini della consultabilità per la ricerca storica, che il segreto non possa protrarsi oltre ai limiti di 40, 50 e 70 anni. 6. L’ACCESSO AI DOCUMENTI DEI SERVIZI DI SICUREZZA E LA TUTELA DEL SEGRETO DI STATO Il segreto di Stato consiste nella facoltà del potere politico di opporre il segreto al magistrato che indaga su determinati eventi, impedendo di conseguenza anche l’accesso ai relativi documenti. Nell’agosto 2007 è stata approvata la nuova legge sul Segreto di Stato e sul Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, la quale introduce un termine per la durata del Segreto di Stato: decorsi 15 anni dell’apposizione, chiunque vi abbia interesse può richiedere al presidente del Consiglio di avere accesso alle informazioni e ai documenti coperti dal segreto. Entro 30 giorni il presidente può concedere l’accesso o prorogare, una o più volte, il segreto: la durata complessiva del segreto non può essere superiore a 30 anni. Cessato il segreto, può accedere chi ha interesse: 40 - giuridicamente rilevante - diretto - concreto - attuale 7. STRUMENTI DI RICERCA CONSULTABILI IN INTERNET Gli strumenti di ricerca descrivono i fondi conservati negli archivi pubblici e possono rivelare l’esistenza di documenti riservati, per i quali i ricercatori interessati presenteranno richiesta volta a ottenere la necessaria autorizzazione. Vi possono essere rischi per la riservatezza delle persone e la tutela della dignità se i dati sensibili emergono da strumenti di ricerca resi consultabili in Internet: ciò trasforma la comunicazione dei dati in diffusione e crea una nuova responsabilità per gli archivisti. Una soluzione consiste nell’oscurare i nomi di persona o fornire una descrizione sintetica. 8. LA TUTELA DEL DIRITTO D’AUTORE NORMATIVA SUL DIRITTO D’AUTORE In base alla legge del 1941, in parte modificata, sono protette le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono a: - letteratura - musica - arti figurative - architettura - teatro - cinematografia - opere fotografiche - corrispondenze epistolari È autore il soggetto che crea l’opera; nel caso di opera collettiva, è autore chi organizza e dirige la creazione dell’opera stessa. Presso gli Archivi di Stato e gli altri archivi storici è possibile trovare documentazione protetta dal diritto d’autore → non è sempre facile individuare con esattezza il titolare del diritto d’autore e ciò può rendere ancora più problematica l’utilizzazione di fonti protette. DIRITTI RELATIVI ALLA CORRISPONDENZA EPISTOLARE E AL RITRATTO Le corrispondenze epistolari, le memorie familiari e personali che abbiano carattere confidenziale non possono essere portati alla conoscenza del pubblico senza il consenso dell’autore e, nel caso della corrispondenza, anche del destinatario. Dopo la morte dell’autore e del destinatario occorre il consenso del coniuge o dei figli o, in loro mancanza, dei genitori o dei fratelli/sorelle o degli ascendenti/discendenti. Analoga forma di tutela è prevista per quanto attiene al ritratto di una persona. DIRITTI RELATIVI ALLE FOTOGRAFIE Per le fotografie, spetta al fotografo il diritto esclusivo di riproduzione, diffusione e spaccio della fotografia salvo quanto previsto a tutela del ritratto. Il diritto esclusivo delle fotografie dura 20 anni dalla produzione delle stesse. all’indagine 3) aiuto nell’espletamento nella pratica per la richiesta di consultazione anticipata di documenti riservati 4) presa dei pezzi richiesti su prenotazione in giornata 5) strumenti di ricerca adeguati o sufficienti a orientare lo studioso nella ricerca dei documenti In sala studio devono trovarsi a disposizione: 1) una guida sintetica dei fondi conservati presso l’istituto, con l’indicazione del codice di riferimento degli strumenti di ricerca e la collocazione nei depositi 2) una guida analitica dell’istituto, con informazioni storico-istituzionali e archivistiche 3) la Guida generale degli Archivi di Stato italiani 4) altri sistemi informativi generali dell’amministrazione archivistica o particolari di singoli Archivi di Stato 5) repertori utili alla ricerca 6) postazioni computer per l’accesso a un sistema informativo locale o a banche dati relative a documenti conservati presso lo stesso istituto e per l’accesso a Internet, così da poter consultare vari siti utili alla ricerca 3. LO SCHEDARIO DEGLI STUDIOSI E LA GESTIONE INFORMATIZZATA DEL SERVIZIO IN SALA DI STUDIO L’Ufficio studi e pubblicazioni impiantò negli anni 60 lo schedario degli studiosi, articolato in 3 schede (bianche, rosa e verdi) per rilevare il nome dello studioso, il titolo della ricerca e i fondi consultati; questo presuppone due questioni rilevanti: - elaborazione di un complesso di termini normalizzati per l’indicazione di oggetti di ricerca - ordinata organizzazione del servizio di movimentazione dei pezzi, con l’indicazione precisa del fondo, della serie e delle unità richieste, per poterle ricondurre a fine anno sia alla specifica ricerca sia ai singoli fondi Esso consente di seguire l’orientamento della ricerca storica e di verificare quali fondi sono più consultati e di elaborare in tempi ragionevoli la bibliografia delle opere che hanno utilizzato i fondi conservati presso un istituto. Si può informatizzare questo servizio a livelli differenziati: 1) gestione delle domande di studio → formulazione immediata dello schedario per ricercatore e per titolo di ricerca 2) gestione delle domande di studio collegata alle richieste dei pezzi → formulazione contestuale dello schedario dei pezzi richiesti articolati per fondo e per serie 3) gestione collegata anche alle varie fasi della movimentazione dei pezzi 43 Un tema delicato rispetto allo schedario informatizzato degli studiosi concerne la protezione del ricercatore che per primo ha individuato un percorso di ricerca. Lo schedario tradizionale veniva gestito dal personale della sala di studio, mentre uno schedario informatizzato può e anzi, dopo qualche tempo, risultare facilmente accessibile a chiunque. È evidente che se uno studioso ha in programma un’indagine analoga a quella sulla quale un altro ricercatore sta lavorando da tempo, non è corretto mettere a disposizione di quest’ultimo i dati faticosamente individuati dal primo e non ancora tradotti in un prodotto della ricerca. 4. VERSAMENTI E NUOVE ACQUISIZIONI DI FONTI. GESTIONE DEI DEPOSITI Gli istituti archivistici acquisiscono periodicamente nuove fonti o versamenti che vanno a integrare fondi già conservati e che necessitano di un doppio trattamento: 1) vanno registrati nel Registro delle nuove acquisizioni in ordine cronologico 2) vanno sottoposti ad un’analisi a campione della documentazione e allo studio delle notizie storico-istituzionali A questo punto ogni nuova acquisizione può essere messa a disposizione dei ricercatori. La “Rassegna degli Archivi di Stato” segnala annualmente e previa analisi comparata dei dati l’acquisizione di fonti archivistiche, distinte per Archivio di Stato. I nuovi versamenti implicano anche un’attenta gestione dei locali di deposito, dove le unità archivistiche sono collocate secondo criteri logici che possono rispondere a diversi obiettivi. Va valutato: - se si tratti di fondi afferenti al passato e non suscettibili di incremento - se si tratti di fondi relativi a uffici esistenti - se i locali di deposito sono tra loro differenti → si può spostare il materiale più frequentemente utilizzato in ambienti più vicine alla sala di studio Qualunque sia la soluzione adottata per la dislocazione dei fondi nei depositi, è fondamentale l’elaborazione della guida topografica che, grazie all’uso dell’automazione, può facilmente fornire la sequenza di fondi e versamenti nell’ordine in cui si trovano nei depositi, scaffale per scaffale, colonna per colonna, palchetto per palchetto, ma fornisce anche la collocazione puntuale partendo dalla guida di sala di studio, che presenta i fondi secondo ordine storico-istituzionale, o dall’ordine alfabetico dei fondi. 5. LA RICERCA PER CORRISPONDENZA O PER POSTA ELETTRONICA La ricerca storica che si effettua sia in sala di studio sia per corrispondenza è gratuita, salvo le spese per la riproduzione dei documenti. All’Archivio storico pervengono spesso richieste per corrispondenza connesse a indagini storiche: solo quando la richiesta è puntuale e reca corrette segnature si può decidere di trasmettere copia del documento. Nel caso di ricerca amatoriale, che non ha il fine di pubblicare i risultati del proprio lavoro, vi è il diritto di consultare liberamente i documenti, salvo il rispetto delle norme sulla riservatezza e sulla tutela dei dati personali. 6. RICERCA SU INTERNET E RICERCA ON LINE. INDICI E THESAURI È indubbia la necessità di rendere disponibili in rete i tradizionali strumenti di ricerca per la fruizione del patrimonio archivistico. Un sistema informativo disponibile online richiede la preesistenza di criteri di individuazione esplicita delle informazioni ma, nonostante l’evoluzione delle modalità di indagine online, è comunque molto alta la quantità delle informazioni non raggiungibili dai motori disponibili. L’attività di indicizzazione condotta 44 in relazione al lavoro di descrizione archivistica in un ambiente digitale presenta notevoli difficoltà e richiede una specifica competenza su: - contenuti delle informazioni - specifica natura dell’archivio - mezzi di ricerca disponibili Capitolo 12 FORMAZIONE E GESTIONE DELL’ARCHIVIO CORRENTE E DELL’ARCHIVIO DI DEPOSITO 1. LA FORMAZIONE DELL’ARCHIVIO E LA CERTEZZA DEL DIRITTO L’archivio, in quanto complesso dei documenti prodotti e acquisiti nell’espletamento delle funzioni di un ente, è il risultato di una sedimentazione dei documenti necessaria all’esercizio delle attività in corso di trattazione. È quindi indispensabile che l’ente organizzi i documenti in modo razionale e coerente con i propri bisogni pratici di lavoro e di conservazione della memoria al fine di ritrovarli quando occorre. La definizione dei parametri di riferimento per l’organizzazione dell’archivio richiede sempre una scelta e implica un’attenta valutazione dei rischi, a partire dall’alternativa tra esigenza di semplificazione e di stabilità e durata delle memorie documentarie. Anche la digitalizzazione dei sistemi documentari sembra aver innescato un processo contraddittorio di trasformazione dei modi di formazione e gestione dei documenti e del ruolo degli archivi: la spinta verso la razionalizzazione dei sistemi amministrativi e dell’organizzazione del lavoro e le nuove modalità di comunicazione pubblica introducono incertezze e vantaggi, consentendo una più efficace organizzazione della produzione documentaria e il controllo della proliferazione di copie, ma anche producendo nuovi rischi di manipolazione e perdite difficilmente verificabili a distanza di tempo, rendendo più complesse la progettazione e la gestione degli archivi. In questa fase la complessità si sposta all’interno delle singole istituzioni, nella fase di progettazione e tenuta del rispettivo sistema documentario, e richiede continuità e rigore nella manutenzione delle regole e degli strumenti di gestione molto più che nel passato. 2. L’ORGANIZZAZIONE DELL’ARCHIVIO CORRENTE E LA GESTIONE DEI DOCUMENTI La funzione documentaria e i principi e gli strumenti necessari a un’idonea organizzazione degli archivi nascono in qualunque contesto storico-istituzionale dall’esigenza di conferire certezza all’attività giuridico-amministrativa e di conservarne stabilmente memoria. I documenti prodotti, testimonianza delle attività pratiche di un soggetto, richiedono l’elaborazione di criteri formali di redazione. Gli strumenti per una corretta e funzionale gestione dell’archivio corrente sono: 46 1) registro di protocollo → è finalizzato all’identificazione certa dei documenti ricevuti e spediti mediante la registrazione di determinati elementi che caratterizzano ogni singolo documento 2) quadro di classificazione/titolario → è necessario alla definizione dei criteri di ordinamento dei documenti e delle relazioni documentarie che si stabiliscono nel concreto svolgimento delle attività al fine di garantire un’ordinata sedimentazione dei documenti in serie organiche 3) repertorio dei fascicoli → si utilizza con l’obiettivo di raggruppare ordinatamente i documenti afferenti a ogni singolo affare; presuppone una corretta fascicolazione con l’indicazione dell’indice di classificazione e con la puntuale definizione dell’oggetto 4) repertori → rubriche, schedari, repertori e indici necessari per il recupero dei documenti, correlati ai registri di protocollo e al quadro di classificazione 5) piano di conservazione o massimario di scarto → correlato al quadro di classificazione, stabilisce in relazione a esigenze giuridiche e tecnico-amministrative e in considerazione della futura ricerca storica e scientifica i tempi di conservazione dei documenti in corrispondenza delle singole categorie o eventuali sottopartizioni 3. REGISTRAZIONE DI PROTOCOLLO La registrazione dei documenti, finalizzata alla loro identificazione univoca all’interno del sistema archivistico, trae origine dalla prassi di registrare integralmente il contenuto dei documenti. Per la crescita della produzione documentaria e la specializzazione delle attività burocratiche il sistema si è nel tempo specializzato, dando vita a: 1) serie organiche di documenti in ordine cronologico numerico 2) “registrazione di protocollo”, ovvero la trascrizione su appositi registri degli elementi identificativi del documento. Essa prevede: - numero progressivo, in genere su base annuale - data di registrazione/data archivistica - mittente o destinatario - oggetto/regesto - indice di classificazione - per documenti in entrata → data, numero di protocollo dell’ufficio di provenienza, ufficio di assegnazione si può inoltre distinguere: · Protocollo sintetico o per affare = tutti i documenti che fanno riferimento a una stessa pratica e confluiscono in un medesimo fascicolo sono registrati con lo stesso numero di protocollo, quello del primo documento che apre il fascicolo; · Protocollo analitico o per documento singolo = un numero progressivo è attribuito a ciascun documento da registrare secondo una sequenza unica su base annuale e ogni documento ha un collegamento con il precedente e il successivo relativi allo stesso affare. Quest’ultima tipologia ha prevalso sulla prima. 4. CLASSIFICAZIONE E FASCICOLAZIONE DEI DOCUMENTI IL QUADRO DI CLASSIFICAZIONE Classificazione = organizzazione di tutti i documenti formati da un soggetto produttore in raggruppamenti di natura logica, secondo una struttura di voci gerarchicamente organizzata 47 che rappresentano in modo sistematico le funzioni e le materie attribuite al soggetto produttore - nel caso di una persona giuridica - da provvedimenti istitutivi e regolamentari. Tutti i documenti d’archivio sono oggetto di classificazione, la quale stabilisce in quale ordine reciproco essi si devono trovare. Non esiste un modello predeterminato di classificazione: il soggetto produttore di documenti deve stabilire i criteri in base ai quali formare e strutturare il proprio archivio. Si può sviluppare l’attività di classificazione, anche in funzione di ulteriori finalità: - identificare responsabilità per la gestione dei documenti - rendere possibile la gestione integrata di documenti cartacei e informatici - creare collegamenti funzionali tra la formazione dei fascicoli e la gestione dei provvedimenti - facilitare le operazioni di selezione e di scarto dei documenti attraverso il collegamento con il piano di conservazione 2) rubriche → redatte con il fine di favorire la ricerca mediante la creazione di un sistema di voci di indice ordinate alfabeticamente 3) scadenzario → strumento che registra le scadenze temporali da rispettare nell’espletamento di uno specifico affare 6. IL MANUALE DI GESTIONE Il manuale di gestione, previsto esplicitamente dalla recente normativa che detta regole sulla gestione informatica dei documenti per le pubbliche amministrazioni, può essere considerato uno degli strumenti essenziali per l’adeguata formazione di un archivio corrente non solo in ambito pubblico. È costituito dall’insieme delle norme, direttive e procedure interne che: - stabiliscono le modalità operative di formazione, utilizzo e conservazione dei documenti - definiscono le responsabilità per la gestione dei documenti nell’ambito dell’ente considerato e forniscono le informazioni necessarie a un efficiente trattamento dei documenti Il manuale include: 1) procedure di formazione e tenuta dell’archivio 49 2) identificazione della responsabilità per la gestione dei documenti 3) regole relative alla consultazione e alla riproduzione dei documenti nel rispetto della normativa sull’accesso, sulla tutela dei dati personali e sul diritto d’autore Esso favorisce: - normalizzazione delle procedure - maggiore coerenza e uniformità dei prodotti documentari - maggiore adesione del personale alle politiche di gestione dei documenti 7. LA GESTIONE DEI DOCUMENTI NELL’ARCHIVIO DI DEPOSITO REQUISITI ARCHIVISTICI E OBBLIGHI DI LEGGE Nell’archivio di deposito confluisce la documentazione relativa ad affari esauriti la cui tenuta da parte del soggetto produttore sia ancora utile per fini giuridico-amministrativi e per le operazioni che devono essere compiute in previsione della conservazione permanente prima dello scadere dei termini per il versamento negli Archivi di Stato o negli Archivi storici di enti non statali, pubblici o privati. Tra le attività fondamentali per la corretta gestione dell’archivio di deposito meritano particolare attenzione: 1) l’obbligo della periodicità dei trasferimenti di documenti dall’archivio corrente 2) la conservazione ordinata delle unità archivistiche 3) la disponibilità dei mezzi di corredo per assicurare funzioni di controllo e ricerca del materiale Obiettivi fondamentali dell’organizzazione dei documenti nell’archivio di deposito sono: - controllo sui documenti in termini di responsabilità sia dell’ufficio che trasferisce i documenti sia di chi gestisce il deposito - conservazione ordinata del materiale - accesso rapido alla documentazione conservata - definizione certa della durata dei documenti secondo un piano di conservazione - agevole valutazione ai fini delle operazioni di selezione e scarto GESTIONE DEI TRASFERIMENTI L’attività fondamentale nella gestione dell’archivio di deposito riguarda la gestione dei trasferimenti delle unità archivistiche. Il trasferimento comprende almeno due fasi: 1) preparazione → richiede un elenco di consistenza intestato all’ufficio stesso e contenente l’indicazione e la descrizione delle serie e le modalità di conservazione 2) acquisizione e gestione dei documenti → include la registrazione di ciascun trasferimento con il nome dell’ufficio che trasferisce i documenti, il controllo dei diversi trasferimenti già effettuati dal medesimo ufficio e dei relativi elenchi al fine di stabilire gli opportuni collegamenti, la conservazione dei mezzi di corredo originari STRUMENTI DI GESTIONE La gestione dell’archivio di deposito richiede inoltre: - modalità distinte e specifiche per la conservazione di distinte e particolari tipologie documentarie - predisposizione e continuo aggiornamento dell’inventario topografico - sistemi di recupero - regole di accesso e di gestione della movimentazione - predisposizione di statistiche per la futura ottimizzazione dei depositi - regole per l’applicazione del piano di conservazione 50 - regole che definiscono le responsabilità in caso di prolungamento dei termini - monitoraggio continuo della situazione logistica e degli strumenti di corredo 8. ARCHIVI DI DEPOSITO E ARCHIVI INTERMEDI: MODELLI A CONFRONTO Sotto il profilo teorico risulta troppo lungo il termine di 40 anni dall’esaurimento degli affari per la documentazione cartacea; una tenuta così prolungata dell’archivio di deposito costituisce un elemento di sicura criticità, soprattutto per quei materiali che hanno una limitata aspettativa di vita (documenti su supporti magnetici e ottici). Numerosi sono i modelli in uso in altri paesi che possono essere ricondotti a due strutture fondamentali, la cui natura dipende dal peso di responsabilità riconosciuto alle istituzioni archivistiche nazionali: 1) I soggetti produttori conservano i documenti nella fase di archivio corrente e di archivio di deposito (es. Italia) 2) prevede una fase di archivio intermedio o “pre-archivio” affidata direttamente all’amministrazione archivistica anche quando i documenti hanno ancora interesse amministrativo per il soggetto produttore (es. Francia) Capitolo 13 LO SCART O 1. LE RAGIONI DELLO SCARTO 52 4. STRUMENTI PER LO SCARTO È prevista la collaborazione tra il ministero per i Beni e le attività culturali e le singole amministrazioni per la redazione dei piani di conservazione o massimari di scarto elaborati in connessione ai quadri di classificazione. Ogni ente, o ufficio interno, elabora in collaborazione con la rispettiva Commissione di sorveglianza un piano di conservazione con l’indicazione per ciascuna categoria di documenti del relativo tempo di conservazione, stabilendo quali categorie devono essere conservate permanentemente. Accanto a ciascuna voce vanno fornite sintetiche note sulla tipologia e contenuto dei documenti per giustificare i tempi di conservazione e spiegare le motivazioni dello scarto. Criteri metodologici dell’elaborazione dei piani di conservazione o massimari di scarto: - Analisi del quadro di classificazione in relazione all’analisi delle funzioni dell’ente - Analisi della tipologia dei documenti e delle modalità di formazione dei fascicoli - Analisi delle relazioni tra le serie - Rispetto dei termini di prescrizione e delle esigenze di funzionalità dell’ente - Verifica dello stato delle statistiche annuali sull’attività dell’ente - Verifica dell’esistenza di registri matricolati, di elaborazioni riassuntive sull’esercizio di funzioni, di registri contabili in relazione a documentazione di appoggio e a mandati di pagamento… La finalità del massimario di scarto è quella di elencare tipologie di serie e documenti che possono essere eliminati con una certa automaticità, per rendere agile il flusso della documentazione dell’archivio corrente a quello di deposito e più governabile la gestione della documentazione. È utile per effettuare lo scarto periodico. 5. LA VALUTAZIONE PER LO SCARTO La valutazione per lo scarto propedeutico al versamento della documentazione all’Archivio di Stato deve basarsi su due criteri: 1) Verifica dello stato della documentazione circa l’effettiva corrispondenza al quadro di classificazione e al massimario di scarto 2) Valutazione della rilevanza storica dei documenti 6. RIPRODUZIONE SOSTITUTIVA E ARCHIVI ELETTRONICI Il tema della riproduzione sostitutiva, ovvero della distruzione di intere serie documentarie previa riproduzione su formati individuati via via secondo gli sviluppi della tecnologia, è stato introdotto con L. 4/01/1968 e successivo D.P.C.M 11/09/1974. La legge del 1968 disciplina la riproduzione sostitutiva dei documenti su microfilm e i criteri per la validazione dei documenti riprodotti sotto profilo giuridico, mentre il decreto del 1974 elenca le serie di tipologie documentarie per le quali non è possibile procedere a riproduzione sostitutiva e detta disposizioni che impongono un lavoro preparatorio che non è mai stato possibile applicare. Le procedure che sono state indicate dal Testo unico in materia di documentazione amministrativa e dal Codice dell’amministrazione digitale, sembrano più orientate alle caratteristiche tecniche per la memorizzazione su nuovi supporti che agli aspetti giuridici della conformità agli originali, affidati alla firma digitale di un pubblico ufficiale, che ha durata limitata nel tempo. La riproduzione su supporto informatico impone che dopo qualche tempo si provveda a un’ulteriore duplicazione, riproponendo il problema dello scarto nel tempo, al momento cioè in cui si debba decidere se riprodurre o meno le serie riprodotte. 53 Capitolo 14 FORMAZIONE E GESTIONE DI UN SISTEMA DOCUMENTARIO DIGITALE 1. I SISTEMI DI GESTIONE INFORMATICA DEI DOCUMENTI L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA NEI SISTEMI DOCUMENTARI: IL QUADRO DI RIFERIMENTO GENERALE L’introduzione diffusa di tecnologie della comunicazione e dell’informazione (ICT) costituisce una sfida impegnativa per gli investimenti che richiede e per i cambiamenti organizzativi che impone. Un ambito sempre più diffuso e rilevante dell’uso diffuso di tali tecnologie è quello legato alla formazione e gestione di sistemi documentari: - al servizio di una più efficiente azione della pubblica amministrazione fondata sull’utilizzo massiccio di ICT (il cosiddetto e-governement) - in relazione alle attività di impresa Per quanto riguarda l’ambito specifico della produzione documentaria, merita analizzare le ragioni di questa nuova centralità dopo decenni di disinteresse da parte dei governi di tutto il mondo. La produzione di documenti può considerarsi fonte informativa privilegiata perché affidabile, accurata e duratura. Per assicurare tali finalità, deve tuttavia rispondere ad alcune condizioni: la qualità dei contenuti, l’efficienza e rapidità nella comunicazione e nel recupero dei documenti. - Sistema informativo documentario: - Sistema documentario: L’insieme dei documenti che un soggetto produce o acquisisce nell’esercizio delle sue funzioni e il complesso delle regole per la loro gestione e conservazione. - Sistema di gestione dei documenti: l’insieme delle procedure e degli strumenti finalizzati ad assicurare un controllo generale e sistematico esercitato da qualsiasi ente sulla propria documentazione - Sistema di gestione informatica dei documenti: l’insieme delle risorse di calcolo, degli apparati, delle reti di comunicazione e delle procedure informatiche per la gestione dei documenti. Tuttavia, se sicuramente lo sviluppo di sistemi telematici ha mutato i modi di scambiare i documenti e le informazioni relative (posta elettronica, condivisione di documenti di lavoro, sviluppo di Intranet aziendali, produzione di database condivisi ecc.), l’instabilità dei nuovi ambienti ha accresciuto la difficoltà di sviluppare modelli organizzativi e gestionali sicuri e consolidati. Nonostante le criticità, il futuro delle memorie documentarie è comunque destinato ad acquisire una diffusa e insostituibile dimensione digitale; condizioni necessarie: - Condizioni archivistiche → si devono adottare procedure innovative e strumenti tecnologicamente avanzati e di qualità; se, in sostanza, si investe per garantire robustezza e coerenza a tutto il sistema documentario dell’ente - Condizioni organizzative e tecnologiche → tali da promuovere significativi miglioramenti dei sistemi di gestione dei documenti, con il duplice obiettivo di risolvere le difficoltà specifiche dell’ambiente digitale e fornire soluzioni innovative che sostituiscano la ripetitività e la ridondanza dell’intervento umano. Si ipotizza quindi lo sviluppo di applicazioni informatiche che: 1) consentano il recupero automatico dei dati per le attività più impegnative della di sostenere processi conservativi di medio e lungo periodo, sia in ragione dell’obsolescenza tecnologica sia perché i certificati che consentono di collegare la firma all’autore si conservano per un numero di limitato di anni (al massimo dieci). 3. GESTIONE DEI FLUSSI DOCUMENTARI: CONTROLLO DEI PROCESSI E LIVELLI DI SVILUPPO DELLA GESTIONE DEI DOCUMENTI Sulla base dei problemi ora descritti, molteplici sono i piani di sviluppo possibile negli interventi di informatizzazione dei sistemi documentari. In ogni caso, il problema va affrontato sempre tenendo conto di un duplice profilo, quello di natura gestionale e quello più generale di tipo strategico. Nel primo caso le attività includono obiettivi di identificazione e organizzazione dei documenti a supporto del processo decisionale; nel secondo si devono prendere in considerazione esigenze ulteriori orientate a ridefinire i livelli di servizio dell’ente e le modalità di comunicazione con gli utenti. In particolare, possiamo individuare almeno tre tipologie di intervento realizzativo: 1) La gestione informatica dei documenti: si basa sull’identificazione dei documenti e sulla gestione informatica delle relazioni che si creano tra i documenti così individuati nello svolgimento delle attività dell’ente; è talvolta definita come la fase che gestisce i cosiddetti profili informatici dei documenti, ovvero quell’insieme di informazioni (o metadati) che identificano il singolo documento e le sue relazioni di contesto archivistico, amministrativo e tecnologico, senza determinare la trasformazione del documento stesso, che continua sostanzialmente ad avere forma analogica (prevalentemente cartacea) e non digitale 2) La gestione di sistemi documentari informatici: le operazioni individuate al punto precedente sono in questo caso accompagnate da un ulteriore duplice processo di digitalizzazione dei documenti nella forma di riproduzione digitale sostitutiva di documenti cartacei e di produzione di documenti informatici originali 3) L’integrazione tra sistemi documentari informatici e controllo dell’iter delle pratiche: si basa sulla gestione informatizzata dei flussi documentari relativi ai processi 56 di lavoro per l’espletamento delle pratiche e per il controllo delle responsabilità per le singole fasi dei processi medesimi. Capitolo 15 NORMATIVA DI BASE PER LA GESTIONE DEI DOCUMENTI NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 1. LA NORMATIVA SULLA GESTIONE DEI DOCUMENTI NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE. CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE Il Codice dell’amministrazione digitale, modificato nel 2006, costituisce l’ultimo (per ora) tassello normativo di un percorso il cui obiettivo – una pubblica amministrazione rinnovata grazie a processi efficienti ed efficaci di lavoro e un sistema di comunicazione rapido tra amministrazioni e con i cittadini – è stato perseguito con continuità. Pur tuttavia, l’interesse e l’intervento in questo ambito hanno acquisito una dimensione significativa solo negli ultimi decenni con il progredire dell’innovazione tecnologica. I diversi provvedimenti si sono susseguiti nel corso di un lungo periodo, che prende l’avvio dalla L. 241/1990 sulla trasparenza del procedimento amministrativo e sull’accesso ai documenti amministrativi. - Principali disposizioni per la gestione informatica dei documenti: - L. 7 agosto 1990, n.241: Norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi - 28 dicembre 2000, n.445: Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa - Deliberazione CNIPA II/2004: Regole tecniche per la conservazione dei documenti - 4 aprile 2006, n.159: Codice dell’amministrazione digitale La gestione informatica dei flussi documentali delineata per le pubbliche amministrazioni dalle norme nazionali (ma anche dagli standard internazionali e dalle raccomandazioni europee) è considerata uno strumento cruciale per assicurare finalità generali di miglioramento dell’attività politico-amministrativa per la qualità dei servizi, la trasparenza dell’azione pubblica, ecc. Perché questi obiettivi siano raggiungi, il legislatore ha riconosciuto la necessità di definire principi, strumenti, regole (in alcuni casi molto dettagliate) di organizzazione coerente del sistema documentario, puntando sull’utilizzo massiccio di tecnologie dell’informazione e della comunicazione per superare i ritardi accumulati. Questi ritardi avevano determinato la proliferazione incontrollata di documenti, la duplicazione inutile ed eccessiva dei materiali, ecc. A partire dal 1990 la normativa approvata dal legislatore nazionale ha avuto come obiettivo la creazione di un sistema coerente e qualificato di principi comuni e di regole operative per la creazione e gestione dei sistemi documentari della pubblica amministrazione. 2. I PRINCIPI GENERALI DEL QUADRO NORMATIVO Punto di partenza delle disposizioni che negli ultimi anni hanno trasformato la gestione del sistema documentario sia in ambito pubblico che privato è stata la svolta introdotta dalla L. 241/1990, che stabiliva “nuove norme in materia di procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti” con l’obiettivo di consentire ai cittadini l’accesso ai documenti anche nella fase attiva e assicurare il controllo dei procedimenti amministrativi in termini di responsabilità e di durata. 57 In continuità con quanto delineato nel 1990, l’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione (AIPA), trasformata nel 2003 in Centro nazionale per l’informatica per la pubblica amministrazione (CNIPA) ha definito una serie di disposizioni destinate a trasformare il sistema documentario in un sistema informativo specializzato, che include: 1) l’automazione della registrazione e dell’organizzazione di tutti i documenti mediante la protocollazione informatica, la classificazione e la fascicolazione digitale 2) lo scambio telematico dei dati di registrazione e l’accesso in rete ai sistemi di protocollo 3) la produzione, trasmissione e conservazione di documenti informatici mediante firma digitale o elettronica 4) la digitalizzazione dei documenti cartacei 5) l’integrazione del flusso di lavoro amministrativo e documentario mediante controllo dei procedimenti amministrativi e gestione di fascicoli informatici trasversali Alla fine di questo lungo e complesso processo normativo, il testo normativo finale di riferimento può essere considerato il Codice dell’amministrazione digitale, approvato con D Lgs. 82/2005 e modificato dal D. Lgs. 159/2006, mentre per le attività di gestione (anche informatica) dei documenti e l’organizzazione degli archivi le disposizioni di riferimento sono contenute nel Capo IV del Testo unico in materia di documentazione amministrativa approvato con D.P.R. 445/2000. In sostanza il legislatore, a conclusione di una pluriennale attività di regolamentazione della materia, ha dato vita a un corpo di disposizioni basato su alcuni principi fondamentali: - la gestione dei documenti dev’essere informatica - i documenti rilevanti ai fini dell’attività corrente devono essere prodotti in forma digitale o – se nati cartacei – digitalizzati TESTO UNICO E NEL CODICE DELL’AMMINISTRAZIONE DIGITALE La normativa recente dedica particolare attenzione alla gestione dei flussi documentali. Nello specifico il testo unico stabilisce che la gestione dei procedimenti debba essere collegata al sistema di gestione informatica dei documenti e che tale correlazione sia assicurata dal rispetto di funzionalità e di requisiti specifici del sistema. Elemento critico dell’intero processo di trasformazione del sistema documentario resta ancora oggi da un lato il nodo della quantità e della qualità dei documenti prodotti e comunicati in rete, dall’altro la durata dei processi amministrativi. Per entrambi questi aspetti i risultati finora raggiunti sono limitati e il costo degli investimenti non sembra ancora adeguato rispetto alle aspettative originarie, anche perché la mancata risoluzione del 59 nodo della conservazione digitale determina spesso la duplicazione dei sistemi di gestione e della produzione documentaria. È quindi sulla capacità di trasformare l’intero sistema documentario, non solo la sua gestione, in un sistema prevalentemente informatico che si è concentrato nel tempo lo sforzo del legislatore, sia pure con disposizioni che non hanno ancora potuto o saputo tradursi in concreta operatività. 5. IL DOCUMENTO INFORMATICO NELLA NORMATIVA NAZIONALE Come si è già ricordato in precedenza, snodo centrale nella normativa sugli archivi digitali sono i concetti di documento amministrativo (ogni rappresentazione, comunque formata, del contenuto di atti, anche interni, delle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati aio fini dell’attività amministrativa) e di documento informatico (la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti). La non omogeneità delle due definizioni dipende dall’esigenza di includere nella seconda non solo i documenti delle pubbliche amministrazioni, ma anche i documenti prodotti dai privati e riconoscerne la validità e rilevanza a tutti gli effetti di legge se conformi alle specifiche disposizioni. In particolare, il legislatore riconosce la piena ammissibilità del documento informatico nei casi in cui sia sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale: - Firma elettronica: l’insieme dei dati in forma elettronica utilizzati come metodo di autenticazione informatica - Firma elettronica qualificata: firma elettronica ottenuta attraverso una procedura informatica che garantisce la connessione univoca al firmatario e la sua univoca autenticazione informatica, creata con mezzi sui quali il firmatario può conservare un controllo esclusivo e collegata ai dati ai quali si riferisce in modo da consentire di rilevare se i dati stessi siano stati successivamente modificati. - Firma digitale: particolare tipo di firma elettronica qualificata basata su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici. Il problema della validità generale di un documento informatico è peraltro un problema complesso che rinvia al nodo della provenienza o origine certa del documento. La sottoscrizione autografa di un documento è in grado di svolgere efficacemente entrambe le funzioni, quella indicativa (identificazione dell’autore del documento), e quella dichiarativa (attribuzione di responsabilità dei contenuti all’autore). Sia la firma elettronica qualificata che la firma digitale permettono di attribuire un documento al suo autore, di assicurare l’integrità del suo contenuto e di verificare entrambe le condizioni nel breve e medio periodo, a differenza della semplice firma elettronica. In ogni caso i meccanismi di firma digitale e qualificata non assicurano di per sé la possibilità di verifica nel lungo periodo: i certificati si conservano per un arco temporale limitato, che il legislatore italiano ha stabilito in un decennio, e l’obsolescenza tecnologica condiziona negativamente e rende impossibile mantenere il flusso di bit originario per i tempi lunghissimi che la conservazione documentaria talvolta richiede. Meritano di essere esaminati quei nodi giuridici e teorici che il CAD affronta ma non risolve. Una prima considerazione riguarda il fatto che l’utilizzo della firma elettronica semplice è stato considerato dal legislatore un meccanismo in grado di dar luogo a un documento amministrativo, sia pure con valore probatorio limitato. Per molti studiosi, in realtà, la firma elettronica così intesa non si può configurare come firma perché non rispetta il principio generale della immodificabilità del contenuto del documento. 60 Numerose sono le occasioni in cui il dettato normativo si presta a valutazioni ambigue. Si legga p.es. il comma 1° dell’art. 20 (Documento informatico) e lo si confronti con i successivi commi 1°-bis e 2°. Mentre nella parte iniziale dell’articolo (comma 1°) il legislatore metta sullo stesso piano il documento informatico, la registrazione su supporto informatico e la trasmissione con strumenti telematici mediante un sistema di validazione/identificazione, nel successivo comma 1°-bis è costretto a inserire un correttivo stabilendo che “l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta è liberamente valutabile in giudizio (…)”. Il riferimento, esplicitato nel successivo art. 21 comma 1°, riguarda il documento informatico sottoscritto con firma elettronica: “Il documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale (…) si presume riconducibile al titolare (titolare = la persona fisica cui è attribuita la firma elettronica e che ha accesso ai dispositivi per la creazione della firma elettronica) del dispositivo di firma (…) e soddisfa comunque il requisito della forma scritta” (art. 20, comma 2°). In sostanza, il Codice riconosce – sia pure implicitamente e contraddicendo quanto previsto in altro articolo – che il documento privo di firma digitale non può circolare liberamente nella società: ha valore solo e fintanto che viene custodito da un soggetto garante della sua custodia, che esercita la tutela mediante la firma del funzionario delegato e assicurando che la copia sia predisposta utilizzando un supporto rispondente a standard nazionali e debitamente conservato. 6. LA RIPRODUZIONE SOSTITUTIVA E LA CONSERVAZIONE DEI DOCUMENTI INFORMATICI NEL CODICE DELL’AMMINISTRAZIONE DIGITALE La legislazione specifica in questo ambito presenta senz’altro il più alto grado di criticità. Innanzitutto, è necessario sottolineare una certa confusione nell’uso dei termini, che solo recentemente sembra aver trovato un maggio grado di coerenza. Con un’unica espressione (“riproduzione e conservazione”) si sono infatti trattati a lungo ed erroneamente aspetti diversi della gestione documentaria, che si riferiscono: 1) alla riproduzione sostitutiva, cioè all’attività di memorizzazione dei documenti su supporti di diversa natura rispetto a quelli originali 2) alla tenuta nel medio periodo dei documenti, inclusi quelli informatici, negli archivi correnti e di deposito 3) alla conservazione a lungo termine degli archivi storici digitali Il problema della conservazione dei documenti digitali, in sostanza, è ancora privo di soluzioni solide, considerato il fatto che non è certamente la firma digitale lo strumento idoneo a garantire la persistenza nel tempo delle memorie informatiche, sia perché la firma e il certificato hanno una scadenza temporale che, nel caso del certificato, non supera i dieci anni, sia per i problemi di obsolescenza tecnologica già ricordati. La soluzione, per questo come per altri aspetti della gestione documentale, non è quindi tecnologica ma organizzativa. La recente regolamentazione stabilisce che la conservazione di documenti digitali e di documenti digitalizzati avviene mediante memorizzazione su supporti ottici e termina con l’apposizione sull’insieme dei documenti del riferimento temporale e della firma digitale da parte del responsabile della conservazione, che attesta il corretto svolgimento del processo. 7. IL CASO DEI DOCUMENTI FISCALI La normativa rispetta naturalmente le scelte e i vincoli del legislatore nazionale, che stabilisce che i documenti informatici rilevanti ai fini tributari devono essere “statici non 61 1) informativa → l’interessato dev’essere informato del trattamento dei dati che lo riguardano 2) consenso → salvo il caso di esercenti le professioni sanitarie e gli organismi sanitari pubblici, i soggetti pubblici non devono chiedere il consenso dell’interessato per il trattamento dei dati. Se invece il trattamento è operato da privati o enti pubblici economici, l’interessato deve non solo essere informato, ma deve anche dare il suo consenso al trattamento dei dati 3) notifica del Garante (autorità preposta alla tutela dei dati introdotta nel 1996) → sono indicati espressamente i casi in cui, per il rischio di pregiudizio ai diritti e alle libertà dell’interessato, il titolare del trattamento deve notificarli al Garante L’interessato può opporsi, in tutto o in parte, per motivi legittimi, al trattamento dei dati che lo riguardano. Il Codice elenca i casi in cui tali diritti non possono essere esercitati perché il trattamento è richiesto per ragioni di prevalente interesse della collettività. LA TUTELA DELLA RISERVATEZZA IN AMBIENTE ELETTRONICO Le disposizioni sul protocollo informatico sono ora rifuse nel Testo unico in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. 445/2000). Le disposizioni relative all’informatica si basano prevalentemente su regole tecniche, confidando nei sistemi elettronici di controllo su diversificati livelli di accesso: l’informatica viene considerata prevalentemente nella prospettiva della trasparenza e dell’efficienza amministrativa, senza tener conto che in molti casi l’efficacia dell’azione amministrativa richiede la garanzia di una temporanea riservatezza (differimento del diritto di accesso). 63 Capitolo 16 LA CONSERVAZIONE DEI DOCUMENTI DIGITALI 1. LA CONSERVAZIONE E LE CRITICITÀ CONCETTUALI E ORGANIZZATIVE Si è ritenuto opportuno affrontare l’analisi delle trasformazioni che i nuovi ambienti tecnologici determinano sulla natura delle memorie digitali, sulle attività tecniche e sui requisiti organizzativi che costituiscono le principali misure conservative adottate nelle più rilevanti esperienze di livello internazionale per gli aspetti di maggiore criticità (standard per l’uso di metadati descrittivi e gestionali, sviluppo di depositi digitali affidabili, ecc.). Qualunque riflessione in questo settore deve in primo luogo riconoscere che, mentre i documenti prodotti in ambiente tradizionale sono considerati oggetti fisici durevoli, il cui naturale processo di degradazione è comunque compatibile con la possibilità della loro conservazione in forma originale, sostanzialmente inalterata, per un arco temporale di lungo periodo, le risorse digitali sono al contrario soggette – per motivi di obsolescenza oltre che per la fragilità dei supporti – a un continuo (più o meno frequente, ma comunque inevitabile) processo di trasformazione che ne consente l’accesso nel tempo, ma implica rischi gravi di perdite e manipolazioni. Solo la gestione preventiva dei requisiti di conservazione nel tempo sin dalla fase di formazione dei documenti assicura condizioni di trattamento coerenti con la presunzione di autenticità della fonte e la sua accessibilità e tenuta nel tempo a costi ragionevoli. La digitalizzazione delle fonti documentarie prodotte e mantenute esclusivamente in forma elettronica costituisce allo stesso tempo il vantaggio e il limite delle nuove memorie. È senza dubbio di grande importanza disporre di documenti facilmente e rapidamente migrabili su altri supporti, ma è inevitabile e rilevante il limite intrinseco di materiali che comunque richiedono una molteplicità di mediazioni, strumenti e risorse per poter essere utilizzati (letti e compresi). In sostanza, il sistema conservativo digitale non è compatibile con la trascuratezza che ha caratterizzato finora la conservazione tradizionale dei documenti e soprattutto non è efficace se è considerata e gestita separatamente, in quanto responsabilità esclusiva delle istituzioni di custodia. Le ragioni per cui siamo ancora lontani da soluzioni soddisfacenti dipendono da numerosi fattori, tra cui: 1) l’obsolescenza 2) gli standard internazionali, le norme nazionali e le raccomandazioni sono insufficienti a sostenere l’obiettivo della stabilizzazione dei documenti informatici 3) i modelli organizzativi e la catena delle responsabilità – soggetto produttore, istituto di conservazione – non riconoscono ancora con sufficiente consapevolezza la necessità di definire e adottare precocemente requisiti idonei a sostenere i processi conservativi 4) mancano soprattutto procedure e strumenti di facile utilizzo in grado di assicurare autenticità e accessibilità di lungo periodo dei sistemi documentari digitali mediante il ricorso a soluzioni tecnologiche e organizzative. Il paradosso della conservazione digitale riguarda la duplicità contradditoria delle esigenze da rispettare: il mantenimento della forma originaria, dell’integrità e dell’affidabilità da un lato, ma anche, dall’altro, la garanzia di un accesso dinamico e interattivo che inevitabilmente introduce cambiamenti nei documenti. 64 2. CHE COSA SI CONSERVA: LE GARANZIE PER L’INTEGRITÀ, I METODI E I METADATI DI CONSERVAZIONE AUTENTICITÀ E INTEGRITÀ Rispetto ai contenuti della conservazione, due sono i requisiti critici che devono essere rispettati, ma che, in ambiente digitale, presentano un’inevitabile contraddizione: 1) l’integrità e l’identificazione univoca e certa dei documenti e delle loro relazioni di contesto 2) l’accessibilità Poiché i documenti digitali sono conservati e conservabili nella misura in cui sono sottoposti a continui interventi che ne modificano alcune caratteristiche e alcuni elementi, ma che assicurano al contempo la leggibilità rispetto ai rischi dell’obsolescenza, il primo nodo da sciogliere è quello di stabilire il grado di trasformazione che i documenti possono subire senza compromettere la possibilità della loro validazione futura. Questa contraddizione deve trovare un punto di equilibrio.