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Manuale di educazione al genere e alla sessualità, Sbobinature di Antropologia

Riassunto capitoli 1-2-3-5-7 del libro “Manuale di educazione al genere e alla sessualità” di Corbisiero e altri

Tipologia: Sbobinature

2023/2024

In vendita dal 07/06/2024

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Scarica Manuale di educazione al genere e alla sessualità e più Sbobinature in PDF di Antropologia solo su Docsity! Riassunto “Manuale di educazione al genere e alla sessualità” (F. Corbisiero, M. Nocenzi) CAPITOLO UNO – COME SI DEFINISCE IL GENERE 1. Le teorie classiche Il concetto di genere è stato definito dalle scienze sociali solo nel corso del XX secolo. A seguito di radicali trasformazioni della società si è affermata una disciplina come la sociologia, che proponeva uno studio scientifico dei sistemi sociali. Temi > diversità sociale nei nuovi spazi urbani, nuova struttura sociale per classi sono stati oggetto delle prime indagini sociologiche. Le più evidenti erano quelle che distinguono fra loro gli uomini e le donne e una fra le loro principali funzioni sociali, ossia quella riproduttiva. Teoria della differenza naturale —> comportamenti, ruoli e aspettative di ogni individuo sono direttamente correlati alle proprie caratteristiche biologiche e fisiche che li candidano a svolgere determinate azioni. Nel corso del XX secolo questa accezione sarebbe stata ripresa in modo specifico dalla corrente della sociobiologia, che intese contrapporsi alle tre prevalenti prospettive di analisi. La prima può essere definita una prospettiva conflittualista, alle origini di un pensiero scientifico sul processo di costruzione sociale dell’identità di genere. Emile Barrault, durante la Rivoluzione, aveva sottolineato la naturale inclinazione delle donne alla mediazione e al pacifismo. Si affermava una visione della società moderna secondo la quale ruoli e funzioni erano determinati da una cultura orientata da squilibri nell’accesso alle risorse economiche. Alla pensatrice americana Martineau si deve un’attenta riflessione sull’inadeguatezza del sistema democratico, perché non garantiva l’uguaglianza fra i membri di una società e un pari accesso ai diritti di formazione, famiglia e salute. Non solo le pensatrici alimentarono il dibattito e richiamarono l’attenzione pubblica sulla questione. Il pensiero dell’economista e filosofo inglese John Stuart Mill impresse una forte accelerazione alla denuncia di un’imposizione <<maschiocentrica>> sia della politica sia della cultura. Nella sua osservazione sulla società inglese del tempo emerge la separazione fra una parte pubblica e una privata della vita di ogni cittadino. La condizione femminile risultava di assoggettamento perché il riconoscimento sociale era impari nei due emisferi della vita sociale. Anche nell’ambito economico ciò era evidente, sia rispetto alla funzione produttiva della donna sia alla sua funzione di autonoma gestione di risorse economiche. La seconda prospettiva è quella riconducibile alla corrente funzionalista, che guarda alle differenze biologiche e culturali fra uomini e donne come a loro attributi costitutivi e identitari. Identità e ruoli assunti fin dall’infanzia attraverso le agenzie di socializzazione della famiglia si riproducono lungo tutto il corso di vita. Il margine di cambiamento sociale è limitato a quanto necessario per assicurare il perfetto funzionamento del sistema sociale. Le implicazioni negative per la condizione femminile sono giustificate dal funzionamento in nome dell’equilibrio del sistema e perdono ogni valenza rivendicativa da parte delle donne. La terza prospettiva di analisi è quella proposta dalla fenomenologia e dall’etnometodologia, secondo le quali a determinare le differenze di genere sono le pratiche e i comportamenti che uomini e donne mettono in atto interagendo e utilizzando le risorse a disposizione. Il livello di conformità e di rifiuto individuale dei modelli forniti dalle agenzie di socializzazione rende proprio gli individui i promotori delle identità entro un ordine di genere che definisce ciò che è maschile e ciò che è femminile con il fluire delle relazioni sociali. Ogni individuo, però, è libero di non aderire alle norme consolidate dalle pratiche, generando nuove forme di mascolinità e femminilità che inducono il cambiamento sociale. 2. Le letture femministe Le differenze socialmente costruite fra uomini e donne sono state oggetto di analisi da parte di chi ha tradotto in teorie e pratiche la rivendicazione della parità di diritti economici, civili e politici fra i sessi. Considerando quella femminile come la condizione tradizionalmente più avvantaggiata rispetto al genere maschile, è stata riconosciuta con il nome di femminismo. Il movimento femminista si è diffuso in molti Paesi europei e poi negli Stati Uniti e nel resto del mondo, assumendo posizioni teoriche, pratiche di affermazione e dinamiche di mobilitazione differente, orientate alla cultura locale. Per questo motivo, si sono distinti quattro modelli di femminismo: - Primo femminismo, sviluppatosi in Europa e negli Stati Uniti con finalità rivendicative della parità di diritti politici, economici e civili fra uomini e donne. In queste riflessioni proto-femministe si rivendica l’eguaglianza completa delle donne con gli uomini nell’accesso all’istruzione, con diritto di voto e di eleggibilità. La cura della casa e l’allenamento dei figli devono essere a carico di personale stipendiato. Arrivarono i primi risultati in una progressiva sensibilizzazione rispetto ai temi proposti dal movimento femminista, e anche in Finlandia e in Norvegia riconobbero il diritto di voto alle donne. Esse esercita solo le prime azioni in funzione della cultura maschile dominante, vivendo nella dimensione originale della coppia. Solo quando le azioni delle donne saranno per sé opposte ai valori maschili dominanti, esse potranno emanciparsi da ogni inferiorità e riconoscersi reciprocamente come soggetti uguali e liberi; - Secondo femminismo, l’affermazione delle differenze fra uomini e donne diventa l’oggetto dell’osservazione e delle rivendicazioni di pensatrici e attiviste. Le donne americane denunciavano implicitamente un problema senza nome e mai rappresentato negli studi o dai media. La cultura femminile proposta da Irigaray deve fondarsi sulle peculiarità delle donne, a partire da quelle sessuali alla riproduzione. Per la prima volta si adoperarono per la legalizzazione dell’aborto e per la tutela delle donne vittime di violenza; diverse analisi storico-sociali gli uomini sono tradizionalmente descritti come capo-famiglia e sostenitori del nucleo familiare. L’idea della crisi della mascolinità si sposa pienamente con l’analisi del danno che il patriarcato ha perpetrato, non solo nei confronti delle donne in termini di esclusione socio- politica, ma anche verso gli uomini stessi quando realizzano sistemi sociali rigidi. La mascolinità sistemica non solo causa conflitti e situazioni di crisi con il genere femminile, ma anche tra gli uomini stessi. Ricerche più recenti sostengono che la mascolinità non è una singola entità unificata, ma una pluralità mutevole che deve tener conto di prospettive intersezionali. Almeno in Italia, l’impegno nelle attività di cura aumenta con il crescere del titolo di studio del padre e riguarda una parte ancora limitata di uomini. Il numero crescente di famiglie con un solo genitore, miste, ecc. sta convogliando l’interesse delle riflessioni scientifiche verso una figura di padre-marito di cui si sottolineano gli aspetti di contemporaneità rispetto a un passato genericamente rappresentato dalla famiglia eterosessuale e patriarcale. Il concetto di omofobia è profondamente legato a quello di discriminazione sessuale e di razzismo. Anche il rifiuto al femminile costituisce un’altra dimensione critica in questo senso. Gli uomini sono oggi chiamati a confrontarsi con molte mascolinità differenti: le mutate condizioni degli stili di vita richiedono un diverso atteggiamento nei confronti del proprio corpo, che necessita di una sempre maggiore quantità di cure. 5. Studi LGBT+ A partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso la sociologia ha progressivamente ampliato il proprio focus, concentrandosi sulle diverse componenti dell’identità sessuale. Ciò ha portato alla nascita di quelli che sono stati definiti gay and lesbian studies, la cui evoluzione è rappresentata dai più recenti studi LGBT+ e studi queer. L’idea alla base di tale filone di ricerca era che l’omosessualità fosse una pratica diffusa, capace di incentivare e produrre cambiamento sociale. Anche le minoranze sessuali hanno iniziato a rivendicare la propria autodeterminazione, rendendosi visibili attraverso una serie di movimenti sociali. Attribuendo grande importanza ai fattori sociali e culturali, le identità omosessuali sono state studiate e analizzate dalle scienze sociali entro i principali ambiti in cui si realizza l’interazione sociale: dalla famiglia di origine al gruppo dei pari, passando per le organizzazioni di appartenenza e gli ambienti di lavoro. Alcuni studi sostenevano che l’omosessualità femminile nel corso dei secoli era rimasta quasi invisibile, relegata entro la sfera privata. D’altro canto, le ricerche condotte su di essa hanno posto in luce che le donne lesbiche vivevano una condizione critica. Le asimmetrie di genere e il postulato dominio del maschile sul femminile hanno iniziato a essere messe in discussione. Come esito di queste profonde trasformazioni, a partire dagli anni Novanta si sono fatti spazio sulla scena i cosiddetti queer studies. L’assunzione di una prospettiva queer si è posta come possibile strumento utile a compiere un’operazione di decostruzione delle tradizionali categorie sociologiche di sesso, genere e identità sessuale, senza mai pervenire a una sintesi. L’obiettivo principale di tale movimento è stato quello di consentire alle minoranze sessuali e di genere di potersi auto determinare per essere riconosciute pienamente a livello sociale. CAPITOLO DUE – SESSUALITÀ 1. Pensare la sessualità sociologicamente La sessualità può mettere in gioco uno o più elementi che richiamano l’appartenenza del soggetto alla società al suo legame più profondo con elementi della cultura di riferimento, quali norme e valori. La dimensione sessuale permette di rispondere alla condizione necessitante di entrare in relazione con l’altro. Per l’antropologia, il controllo della sessualità assume un ruolo centrale nella spiegazione delle genealogie e delle politiche della parentela. Il tabù dell’incesto esprime la funzione latente e necessitante di costruire quei legami esterni al proprio nucleo familiare. L’ antropologia ha inoltre consentito di evidenziare come il controllo delle pulsioni sessuali da parte dell’essere umano sia collegato al processo di istituzionalizzazione della società. La sessualità va canalizzata nella misura in cui, in assenza di queste, c’è il pericolo che l’eccesso pulsioni le conduca a un’aggressività reciproca. Anche la psicologia ha trattato a lungo la sessualità. Freud ha messo in rilievo la centralità assunta del controllo delle pulsioni sessuali come elemento che contribuisce al processo di civilizzazione. La sessuologia ha definito i criteri per distinguere una sessualità considerata come normale da una sessualità giudicata come deviante; la prima coincide con il modello eterosessuale e dunque con la complementarità dei ruoli sessuali come relazione necessitante per le finalità riproduttive; la seconda invece con l’omosessualità, che solo nel secolo scorso è stata demedicalizzata. Dal punto di vista della sociologia, studiare la sessualità significa considerarla al pari di qualsiasi altro fatto sociale. Analizza l’affrancamento della sessualità dalla riproduzione e secolarizzazione dei valori, la progressiva tolleranza rispetto alle scelte nell’orientamento sessuale. Per i sociologi di tradizione positivista, la sessualità costituiva un aspetto che poteva potenzialmente minare le basi della solidarietà sociale. In questa prima fare del ragionamento sociologico sulla sessualità poca attenzione è posta alla condizione della donna, la cui sessualità è stata costantemente repressa, associata solo a un fatto procreativo. L’approccio sociologico funzionalista tenderà a non problematizzare la sessualità, dando per scontato che uomini e donne debbano corrispondere a quei ruoli sociali che naturalmente essi sono chiamati a interpretare sulla base della loro differenza sessuale. La Scuola di Chicago getta le basi per una nuova ontologia della sessualità e una sua visione che porrà particolare enfasi sulle influenze poste dal contesto culturale. Al centro di questi studi, si pone la questione della formazione di un sé sessuale che non è solo risultato di processi legati alla natura, ma prodotto di una negoziazione fra il sé soggettivo e le relazioni di mondo vitale all’interno del quale la sessualità acquisisce specifiche connotazioni. La teoria dei sexual scripts propone una visione dei comportamenti sociali e sessuali come copioni costruiti, consolidati, alimentati e riconosciuti socialmente. Vi sono tre livelli distinti di cui tali costruzioni si orientano e si manifestano: a) un livello culturale che rappresenta la cornice culturale e sociale entro la quale i copioni sessuali sono attuati e orientati; b) un livello interpersonale che rappresenta gli schemi comportamentali e i copioni sessuali esercitati in relazione agli altri individui; c) un livello intrapsichico che rappresenta l’insieme dei sentimenti, delle emozioni e dei vissuti che concorrono per l’accettazione e l’ assimilazione dei copioni sessuali da parte dell’individuo. Successivamente Gagnon postula la teoria dei sexual markets, secondo la quale ogni attività sessuale prevede delle transazioni sociali all’interno di relazioni che costituiscono le regole delle condotte sessuali. Individuano cinque fattori che determinano la costruzione dei mercati sessuali: a) i social network: costituiti dalle reti di relazioni interpersonali all’interno delle quali il soggetto può avviare processi di interazione sociale e sessuale; b) lo spazio fisico: rappresenta i confini geografici entro i quali si può esprimere un processo di partnering; c) la sexual culture: la costruzione culturale del sessuale può essere interna ed esterna; d) i sexual scripts; e) gli ambiti istituzionali: ovvero quegli ambiti che concorrono alla costruzione delle regole e delle norme che stabiliscono la linea ideale tra quello che è riconosciuto come normativo da aberrante. La teoria dei sexual markets consente di prendere in esame gli aspetti relativi alla stratificazione sociale dell’esperienza sessuale. Negli anni più recenti la sociologia della sessualità si è interrogata sull’impatto che le nuove tecnologie hanno avuto sulle sfere dell’affettività e dell’intimità della persona. Le conclusioni alle quali perviene rimandano a una determinata visione della soggettività e delle relazioni che sono quelle tipiche della Web society: da un lato il Web consente di corrispondere alle esigenze plurime che i soggetti oggi esprimono anche in virtù di una liberalizzazione sessuale che la rete stessa ha contribuito a solidificare, dall’altro si assiste allo sviluppo di una visione solipsistica della sessualità, di una sovrabbondanza di strumenti che il Web fornisce per l’ appagamento del piacere individuale. L’utilizzo del Web, sembra sia particolarmente finalizzato alla soddisfazione del piacere sessuale fine a sé stesso, più che lungo entro il quale si cerca di entrare in connessione profonda con l’altro e con la sua specificità fisica, psicologica e culturale. 2. La costruzione sociale dell’identità sessuale Le più recenti teorie interpretative hanno superato l’idea che l’identità in generale e quella sessuale in particolare siano qualcosa di dato e immutabile. Durante la propria vita, gli attori sociali sono protagonisti di un processo volto alla scoperta e alla consapevolezza di sé che è in continuo divenire. Questo percorso si nutre delle sollecitazioni provenienti dai contesti sociali e culturali. L’identità sessuale non può essere considerata solo un dato anagrafico, ma anzi è un concetto multidimensionale che integra fattori biologico, psicologici, sociologici e culturali. Sia dalla più tenera età, bimbi e bimbe sono spesso spinti l’appropriatezza del modo di interpretare il proprio ruolo di genere, di allontanare da sé il sospetto di una presunta omosessualità. Per quanto concerne la socializzazione alla sessualità delle ragazze, sembra ancora prevalere il peso di una doppia morale incarnata nella cultura giudaico- cristiana, che limita la sessualità delle donne, lasciando una più ampia libertà ai ragazzi di poter esplorare e sperimentare la propria sessualità. Le amicizie dello stesso sesso in età adolescenziale costituiscono il principale riferimento entro il quale le giovani ragazze si confrontano, sciolgono dubbi relativamente alle esperienze sessuali. Le confidenze scambiate sembrano focalizzarti più sugli aspetti emotivo-sentimentali. Anche i passaggi fondamentali che rimandano alla trasformazione del corpo in epoca puberale costituiscono aspetti regolati socialmente all’interno delle agenzie di socializzazione. Nei maschi, la prima eiaculazione costituisce un aspetto importante, un segno inequivocabile della maturità sessuale. Il menarca femminile invece è per la ragazza un aspetto intimo, non di rado vissuto con vergogna e fastidio soprattutto quando questo diventa oggetto di attenzione da parte dei familiari. Un ultimo aspetto deve essere dedicato al tema della socializzazione alla sessualità delle persone non eterosessuali LGBT+, nell’ambito di istituzioni prevalentemente eteronormative. Le amicizie fra persone LGBT+ si rivelano un capitale sociale essenziale. La ricerca mette in evidenza anche il mutato clima sociale e culturale che ha determinato un processo di normalizzazione delle condotte omofobiche a livello societario e pone l’accento sul valore che assumono le amicizie con persone eterosessuali per le persone omosessuali. 5. L’invenzione dei corpi La dimensione culturale interviene attribuendo un valore ai corpi e a parti di esso, organizzandone le differenze in una scala gerarchica, dettando funzioni e aspettative su cosa e come dovrebbe apparire, su quando considerarlo sano e quando no. Il corpo parla di noi a prescindere dalle nostre intenzioni, ma il lavoro che operiamo costantemente su di esso può in qualche modo confermare o tentare di de costruire tutta una serie di presunzioni che ci investono. Fino alla fine del Settecento il modello attraverso il quale si pensava e rappresentava il corpo era quello monosessuale: il corpo era quello maschile e quello femminile altro non era che una sua versione meno sviluppata. La differenza tra maschile e femminile si basava su differenze legate ai ruoli. Potere e carattere normativo si articolano all’interno delle femminilità e all’interno delle maschilità o richiedendo correzioni o aggiustamenti per tutti quei corpi che vengono percepiti come imprevisti. È questo il caso delle persone intersex, che presentano delle caratteristiche che non permettono la classificazione sessuale in un sistema binario maschile femminile. Tale è la pervasività del paradigma binario che la richiesta è quella di agire tempestivamente nei confronti di questa ambiguità attraverso interventi di chirurgia estetica genitale. Così, l’unica modalità di pensarsi sessuali diviene quella eterosessuale, perfettamente integrata nel modello binario che intreccia corpo, genere e sessualità. 6. Pornografie plurali La pornografia è più un concetto che una cosa e la sua definizione varia notevolmente nel tempo e nello spazio. Le donne, si pensava, semplicemente non potevano essere interessate a quel tipo di prodotto. Il fatto che non esistessero prodotti pensati da e per le donne non veniva preso in considerazione. Il dibattito attorno al tema della pornografia è stato nel corso del tempo particolarmente vivace e prolifico. Se la pornografia è uno degli scenari culturali s cui attingere e questa ha offerto rappresentazioni ricorrenti che vedevano nella visibilità dell’erezione e nell’eiaculazione misura, parametro e standard del desiderio, data la difficoltà a trovare. Un corrispettivo fisico del corpo femminile, la messa in scena del desiderio femminile doveva passare attraverso la visibilità azione dei processi sociali che quel desiderio lo sostenevano e rendevano possibile. Si sono fatte strada nuove forme di rappresentazione ma si è configurata una galassia di pornografie definibili come alternative, femministe e queer soprattutto, in cui si propone apertamente di andare a decostruire gli ordini di genere e sessuali. CAPITOLO TRE – SOCIALIZZAZIONE, EDUCAZIONE E LINGUAGGIO 1. Il processo di socializzazione al genere in famiglia e a scuola La socializzazione e il genere sono due aspetti che hanno forti legami con la costruzione dell’identità, che è esito stesso del processo di formazione dell’individuo. La socializzazione è un processo relazionale tra generazione differenti e ha come obiettivo la costruzione dell’identità. Il dato biologico dell’identità sessuale è un elemento dal quale non si può prescindere e sulla cui base si sviluppa poi la socializzazione al genere. Questo tipo di socializzazione è un processo attraverso cui un individuo apprendere e rielabora una propria identità di genere, confrontandosi con una cultura comune. Il processo di socializzazione è imprescindibilmente alla base della vita della società, in quanto è il modo attraverso il quale ogni individuo diventa un essere sociale a tutti gli effetti. Ogni società garantisce il proprio futuro e la sopravvivenza della sua cultura attraverso la capacità di incidere sulla formazione degli individui e delle nuove generazioni. La socializzazione diversificata in base al sesso è una forma più mirata di socializzazione: è il modo in cui le nuove generazioni sono socializzate nei loro ruoli di genere in ogni società. La formazione dell’identità di genere/sessuata è necessariamente un percorso relazionale, in cui la relazione consiste nel coinvolgimento responsabile di diversi attori e degli aspetti culturali. In primo luogo, il processo di socializzazione può essere visto nei termini di un riferimento verso l’alto, verso agenti preposti in maniera istituzionale e riconosciuta a una funzione socializzante. In secondo luogo, esso può essere considerato nel senso di un riferimento orizzontale, ovvero verso il gruppo dei pari, la classe sociale e l’appartenenza di genere e i media. Infine, si può pensare anche a un <<riferimento di tipo cronologico e longitudinale>>, che sposta l’attenzione sui momenti della socializzazione adulta o risocializzazione. Il cambiamento principale a cui si assiste nella società contemporanea è quello di una crescente importanza del gruppo dei pari e dei media nella socializzazione delle nuove generazioni. Sistema relazionale —> permette di recuperare il valore temporale delle esperienze, di inserirle in una rete complessa di relazioni arricchendo l’interpretazione del percorso autobiografico di ciascun individuo. La famiglia viene considerata come un piccolo gruppo, ma la sua specificità è quella di essere un gruppo con storia. La socializzazione al genere all’interno delle relazioni familiari evidenzia quindi anche la dimensione temporale della trasmissione di stili e aspettative tra genitori e figli. La famiglia, a differenza di altri gruppi, è caratterizzata da un modo specifico di vivere e di costruire le differenze di genere, attraverso un processo che è sicuramente biologico, ma anche relazionale e sociale. La famiglia è dunque una relazione di genere e tra i generi. Lo sviluppo dell’identità di genere avviene lungo la fase della crescita, in una continua interazione con i contesti di socializzazione caratterizzati dalla presenza di diverse generazioni, dove si acquisiscono i valori e i modelli di riferimento della propria appartenenza di genere. Un ulteriore contesto educativo e socializzativo fondamentale che si caratterizza per la dimensione di genere è la scuola o più in generale l’insieme delle istituzioni formative. La realtà scolastica è un contesto di attribuzione, costruzione o ricostruzione di significati e di strutturazione di motivazioni, atteggiamenti e comportamenti legati direttamente all’appartenenza di genere. L’aspetto negativo di questo tipo di opzione è stato la crescente tendenza a considerare l’ambiente scolastico come neutro e indifferenziato. Un secondo aspetto è costituito dal fatto che nell’assolvere la funzione socializzante, la scuola trasmette i valori propri della cultura in cui si trova immersa. Il modello proposto a bambin* e a giovani per molte generazioni, è quello di una netta dicotomia tra l’uomo proiettato all’esterno e la donna ripiegata solo sulla famiglia. Genitori e insegnanti possono modificare questi modelli oggi anacronistici, ponendo l’accento sì sulle differenze, ma non necessariamente sulle stereotipie. Due tendenze sono compresenti nei processi di socializzazione delle nuove generazioni: la prima sostiene la necessità di una maggiore omogeneizzazione dei comportamenti, la seconda pone l’accento sull’importanza della differenziazione e del mantenimento della/e diversità fra i generi. La realizzazione dell’identità di genere/sessuata è conseguentemente un percorso relazionale, in cui la relazione si stabilisce sul coinvolgimento responsabile di diversi attori appartenenti a generazioni diverse con diversi background culturali. È un processo che può idealmente essere suddiviso in fasi che accompagnano lo sviluppo fisico. La prima fase è caratterizzata dall’iniziale riconoscimento della propria appartenenza biologica a uno dei due sessi. In un secondo momento, si presenta la fase ‘della ricerca’, in cui il soggetto cerca di definire la propria identità di genere anche in base agli stimoli culturali ricevuti si manifesta sin dalla nascita, in quanto le probabilità di realizzazione dei propri desideri personali e futuri dei bambini e delle bambine si scontrano con la disuguaglianza di genere. È importante creare una società più equa tra donne e uomini, in grado di permettere a ciascuno di sviluppare le proprie capacità umane e professionali. L’educazione di genere si incontra con il processo della socializzazione di genere, tramite il quale gli uomini e le donne possono consolidare e negoziare sia l’appartenenza di genere, sia i ruoli e le aspettative corrispondenti. È nei processi educativi e formativi che i bambini e le bambine assorbono nel corso del loro sviluppo i modelli che creano la discriminazione fra sessi. Punti più critici —> 1) percorso formativo delle future insegnanti; 2) segregazione occupazionale; 3) retorica dell’amore materno su cui si fonda la vocazione professionale delle educatrici. Dentro le istituzioni primarie il processo è ancora più complesso, in quanto questi sono i luoghi depositari di una cultura ancora più radicata in modelli tradizionalisti in cui le discriminazioni sono più resistenti e le barriere più difficili da superare. È così necessario continuare a lavorare sul concetto di cittadinanza di genere. 4. L’espressione linguistica del genere Gli usi linguistici costituiscono anche un campo di tensione tra tendenze innovative, miranti a riflettere anche con le parole la parità tra le persone legate alla tradizione e che sostengono vecchi schemi che riflettono le disuguaglianze di genere. L’italiano presenta un sistema a due generi, maschile e femminile. Dal momento dell’ingresso delle donne nelle professioni e nei ruoli dirigenziali, questo uso atipico del maschile per le donne è stato una costante. Da qualche tempo però le cose stanno lentamente cambiando: questo singolare uso del maschile per le donne non è più un dato indiscusso e i mezzi di comunicazione oscillano continuamente tra il maschile e il femminile, anche in uno stesso testo. Col passare del tempo, la scelta di usare un genere grammaticale coerente col genere della persona a cui ci si riferisce è sempre più frequente. Nel caso delle donne e degli uomini transgender, il sesso biologico definito alla nascita non coincide con l’identità di genere assunta successivamente dalle persone. L’ovvia conseguenza logica di tutto questo è l’utilizzo del genere grammaticale corrispondente alla scelta biografica della persona, ovvero alla sua identità di genere acquisita e non al sesso biologico assegnato alla nascita. Nel caso invece di donne lesbiche e uomini gay, si tratta di persone che non hanno effettuato alcun cambiamento di genere. Le donne lesbiche e gli uomini gay hanno un orientamento sessuale rivolto a persone del loro stesso genere e sono quindi donne che sono attratte da donne e uomini che sono attratti da uomini. Quando, invece, una persona eterosessuale usa ostentatamente il maschile parlando di una donna lesbica o il femminile parlando di un uomo gay, sta adottando un atteggiamento omofobico e derisorio. La comunità arcobaleno si arricchisce di continuo di nuove lettere dell’alfabeto, o anche diventa LGBT+. Genere non binario —> tutte quelle persone che rifiutano di assumere un’identità orientata decisamente verso il maschile o verso il femminile, e si collocano in uno spazio altro, intermedio o esterno al binarismo. Dalla crescente diffusione di queste identità non binarie deriva anche la sempre più diffusa scelta di fornire a chi risponde, oltre alle classiche risposte F e M, anche una terza opzione. Le lingue sono strumenti adattivi che nel tempo acquisiscono dimensioni di uso e di forma corrispondenti alle innovazioni sociali e culturali. Nello stesso tempo il cambiamento linguistico può essere a sua volta in potente sostegno rispetto all’evoluzione socioculturale e può contribuire a consolidare e a stabilizzare le trasformazioni nei rapporti di potere. CAPITOLO CINQUE – ISTITUZIONI 1. Famiglia e famiglie Le molteplici forme familiari rispecchiano due processi di differenziazione. Storici, antropologi e etnologi mostrano come sia impossibile ricostruire una vicenda unitaria di trasformazioni, al’’interno della quale rintracciare il filo unitario della famiglia. L’esperienza di vita familiare differenzia le varie culture e i vari gruppi, ciascuno dei quali è anche toccato diversamente dai mutamenti sociali. Dato che le famiglie sono immerse in molteplici processi interattivi con la società, diverse trasformazioni familiari sono esterne alla famiglia stessa, esito del costante interscambio tra famiglia e società. Nella famiglia, il riconoscimento che l’umanità ha due sessi è stato s lungo un principio di organizzazione sociale. Per molti secoli, la coppia era considerata uno strumento indispensabile per la riproduzione delle famiglie da una generazione all’altra. I rapporti di coppia e le identità di genere sono oggi al centro di forti spinte verso il cambiamento, sono oggetto di rinegoziazioni e tensioni. Le generazioni rappresentano la seconda linea di differenziazione interna alla famiglia. Sono anche l’elemento per la differenziazione delle esperienze per una rottura o ridefinizione dei confini della famiglia. Sono i figli con la loro nascita a scompigliare continuamente la struttura della famiglia. Questi mutamenti coinvolgono non solo l’esperienza di essere figli e figlie, ma l’intera catena dei rapporti tra le generazioni e delle posizioni generazionali. Come figli è diventata sempre più diffusa l’esperienza di avere pochi fratelli ma tanti nonni in vita. Come adulti, diventano più comuni le intersezioni tra le sfere di vita, soprattutto tra famiglia e lavoro. Come genitori, si assiste a molteplici trasformazioni solo in parte interne alla famiglia. L’instabilità coniugale ha rotto l’ovvietà per cui figli e genitori appartengono alla stessa unità familiare e solo a quella. Una percentuale in continuo aumento di bambini vive in famiglie con genitori omosessuali. Ci sono famiglie coniugali semplici e famiglie coniugali ricomposte, che possono vedere al proprio interno figli di lei, di lui e comuni. Il modo di crescere e vivere nelle famiglie di oggi è cambiato anche a causa di mutamenti esterni alla famiglia stessa: - La crescente partecipazione delle donne al mercato del lavoro, fenomeno trasversale a tutte le società occidentali contemporanee. - Le nuove tecnologie riproduttive. Le tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno allargato la possibilità di fare un figlio, ampliando i modi di diventare genitore, anche a chi è infertile o a chi ha un diverso orientamento sessuale. - I mutamenti aperti dallo scenario della globalizzazione che mettono a confronto modalità diverse di fare e intendere la famiglia, che impregnano le esperienze più intime per quanto riguarda i rapporti di genere e di generazione. A fronte dei grandi mutamenti nei modi di fare la vita familiare, la famiglia comprende quella fondata sul matrimonio. 2. Rappresentanza e rappresentatività politica L’idea moderna di rappresentanza politica si secolarizza rispetto alla precedente visione religioso-monarchica, dove il sovrano fungeva da ponte fra la sfera teologica e la comunità materiale dei credenti. Nel corso del tempo, le rivendicazioni per il suffragio si sono venute a trasformare in richieste per una democrazia realmente paritaria, ma anche ugual rispetto in tutti gli spazi della vita consociata. L’accesso paritario alla sfera pubblica non può avvenire appieno senza la tutela dei diritti anche in ambito privato. La storia delle donne indica un sommovimento radicale rispetto alla grande dicotomia che distingue la sfera pubblica dal dominio privato, seppur entrambe siano fra di loro strettamente interconnesse da logiche di dominio. La vera svolta culturale e politica avviene quando le lotte per i diritti umani delle donne acquistano una valenza differente, ovvero di genere. Tuttavia, le battaglie delle donne non sono mai completamente vinte, poiché sono spesso seguite da contraccolpi e retrocessioni. 3. Diritto Nella Costituzione italiana vi è espresso riferimento solo al sesso. Con l’espressione di orientamento sessuale si intende fare riferimento alla scelta del genere del partner nell’ambito della sfera erotico-affettiva. L’identità sessuale ricomprende sia la componente dell’orientamento sessuale, sia quella dell’identità di genere. Anche il termine sessuale ha una duplice connotazione indicando, allo stesso tempo, un’attrazione o una condotta affettiva ed erotica così come il sesso o il genere delle persone interessate. Il contributo della Corte nella costruzione definitoria delle nozioni cui si è fatto riferimento è stato particolarmente significativo nelle ben note pronunce in materia di rappresentanza politica femminile e in materia di trasmissione del cognome anche materno ai figli. L’analisi condotta non manca di mostrare come uno strumento essenziale per una vera e propria attuazione della democrazia paritaria o di parità fra i generi, in tutti i settori dell’ordinamento, sia costituito da un corretto e consapevole uso del linguaggio. La stessa Corte costituzionale ha mostrato di dare rilievo proprio al mutamento del modo di intendere e di sentire da parte della società civile. sottorappresentazione delle donne nei settori della ricerca e dello sviluppo scientifico e tecnologico, focalizzando l’attenzione sulla scienza come istituzione sociale di genere. La struttura della scienza mertoniana è stata oggetto di numerose critiche, ma continua a essere estremamente efficace per comprendere i frame narrativi utilizzati dai ricercatori e dalle ricercatrici per far fronte ai potenziali conflitti tra diverse norme. Le ricerche mostrano come disuguaglianze sociali e processi complessi e sfaccettati agiscano influenzando la conoscenza scientifica e le carriere accademiche. La ricostruzione dei gendering processes, delle pratiche di genere nell’accademia, nella ricerca e nella costruzione del sapere tecno-scientifico consente di proporre una descrizione analitica delle strutture di genere nelle istituzioni scientifiche. Nel rivendicare l’accesso delle donne ai processi di costruzione di conoscenza scientifica, alcune studiose della scienza ed epistemologhe femministe hanno imputato la disuguaglianza di genere nella scienza a un rapporto di subordinazione con il potere e hanno evidenziato gli stereotipi di mascolinità materializzati nei dispositivi sociotecnici. L’epistemologia femminista ha criticato l’ideale del soggetto conoscente autonomi e ha sottolineato come l’evidenza sia parte di un sistema sociale di produzione della conoscenza portatore di visioni e interessi di un gruppo privilegiato. Secondo l’epistemologia femminista è la dimensione sociale e consensuale della scienza a minimizzare la soggettività introdotta dai propri posizionamenti sociali ed epistemici. Una volta svelati e condivisi con la comunità scientifica, insieme alla diversità essi rappresentano la forza epistemica della scienza. 7. Religioni La relazione tra genere e religioni è multiforme, non facile da ricostruire e riassumere. Donne e uomini possono manifestare differentemente la propria fede nel divino in quanto persone con identità, esperienze di socializzazione e corsi di vita differenti. La religione è un ambito privilegiato per poter cogliere il complesso intreccio tra tradizione e contemporaneità. L’approccio di genere negli studi sulla religione si è imposto solo di recente, a fronte di evidenti specificità femminili e maschili. Inoltre, la sua applicazione ha riguardato soprattutto i contesti occidentali. 1) Donne e uomini partecipano con differenti gradi di intensità alla vita e cultura religiose. Ciò che emerge da varie ricerche è la più consistente religiosità delle donne rispetto agli uomini, che pare altresì irrobustirsi con il crescere dell’età, un elemento sul quale molti studi si sono interrogati a partire dagli anni Ottanta del XX secolo. 2) Le donne sono più attive nella pratica religiosa in tutte le religioni e i processi di socializzazione religiosa dipendono grandemente dal loro lavoro. Il numero complessivo delle religiose continua a restare superiore a quello dei sacerdoti, diocesani e appartenenti a ordini religiosi. Sul piano ideologico, le religioni sovente legittimano relazioni di genere polarizzate tra predominio maschile e sottomissione femminile, espressione di una cultura androcentrica e sessista che celebra la superiorità maschile e la passività e subordinazione femminili. 3) Le nuove generazioni fanno fatica a comprendere il linguaggio religioso istituzionale; criticano la religione come semplice passaggio di norme, regole e precetti. L’attiviamo delle nuove generazioni è caratterizzato da solidarietà transnazionali, interculturali, interreligiose e da azioni orientate a ricomporre molte delle dicotomie politiche e teoriche che hanno sostenuto la società moderna. 8. Arte e artista La storia delle donne nelle arti è l’indicatore di un’identità sociale, cancellata dalla storiografia affermatasi nell’Europa dell’Ottocento. L’ agire sociale delle artiste fa sì che la vita privata non possa essere altro che il riconoscimento della vita sociale, un continuum del principio di non contraddizione tra opera e vita. Le artiste sono state spesso oggetto di censura, pregiudizi e stereotipi ghettizzanti e marginalizzanti, tanto da stigmatizzarle in una doppia devianza: da un lato quella di essere donne ribelli ai costumi della propria epoca e cultura, di esercitare un’attività creatrice ancora oggi considerata marginale rispetto al mondo economico dell’imprenditoria o del libero professionismo; dall’altro, quella di essere artiste e per tradizione individui devianti o stravaganti nel migliore dei casi. Le artiste, nella storia dell’umanità, hanno lottato per ottenere la libertà di studiare, di lavorare e di dare visibilità alle proprie creazioni. Attualmente, in Italia i censimenti dell’ISTAT non considerano il lavoro creativo, che non è nominato. Sembra una categoria inutile, relegata alle indagini sulla fruizione delle arti, al cosiddetto tempo libero, dimenticando di investigare la vita degli artisti e delle artiste, la trasformazione della loro identità. Nell’ambito della sociologia delle arti si sta cacciando una nuova generazione che tenta di superare posizioni normative, andando verso direzioni più vicine all’ antropologia e alla pragmatica. La giustizia sociale deve essere ridefinita, utilizzando nuove narrazioni, ricostruendo universi simbolici, nei quali le donne e la loro partecipazione alla storia universale continuano a permanere in un limbo dello spazio pubblico. È evidente l’importanza dello studio delle produzioni, delle storie di vita, della storia culturale delle artiste, perché la rappresentazione delle loro opere e la modalità della narrazione o della censura del loro ruolo attivo della società del proprio tempo è l’indicatore di una violenza simbolica normalizzata e data per scontata nel corso dei secoli. CAPITOLO SETTE – COMUNICAZIONE E MEDIA 1. Dai mass media alle piattaforme Per quanto riguarda il genere, l’evoluzione degli studi ha evidenziato la progressiva affermazione di un approccio costruttivista in contrapposizione alla prospettiva del determinismo biologico. Mascolinità e femminilità sono concepite come norme e convenzioni costruite culturalmente e socialmente con riferimento al comportamento e all’aspetto fisico di donne e di uomini e sono il risultato di processi di negoziazione e interazione che avvengono tra i soggetti presenti in una determinata società. Nell’ambito di questi processi di negoziazione e costruzione sociale, un ruolo sempre più rilevante è svolto dai mezzi di comunicazione o più comunemente media. Essi ci servono per comunicare con gli altri, ma anche per informarci e intrattenerci, ma soprattutto sono stati riconosciuti come agenzie di socializzazione. I media tradizionali sono i cosiddetti media di massa, che si sono diffusi a partire dai primi anni del Novecento e che si caratterizzano per un modello broadcast. A partire dagli anni Settanta, gli sviluppi nel campo dell’informatica e delle telecomunicazioni hanno determinato il passaggio ai cosiddetti nuovi media, che hanno inaugurato e accompagnato la transizione al digitale. Le piattaforme social hanno determinato un cambiamento di paradigma che offre agli utenti la possibilità di produrre contenuti comunicativi sempre più ricchi e variegati. Le principali aree di interesse e di analisi scientifica sono le seguenti: - Rappresentazione: ha a che vedere con le soggettività che ottengono visibilità all’interno dei media. Le rappresentazioni mediali hanno una rilevanza quantitativa e una rilevanza qualitativa; - Produzione: è legata all’industria dei media, che è stata in gran parte condizionata dai processi di convergenza e dall’impatto del digitale. Oggi la convergenza dei processi produttivi e dei contenuti impongono di ripensare in maniera radicale la struttura e il funzionamento dell’industria mediale; - Consumo: è quella che si occupa del modo in cui i pubblici ricevono e rielaborano le informazioni dei media. Attraverso l’analisi delle teorie degli effetti sociali dei media è possibile individuare un percorso che va da un ricevente passivo sino a teorie più avanzate come l’approccio usi e gratificazioni o come i cultural studies. Potremmo definire il post femminismo come una tendenza culturale o meglio una sensibilità che è rivolta all’analisi dei prodotti culturali e mediali della contemporaneità. La rappresentazione del genere nella televisione italiana è coincisa per lungo tempo con la rappresentazione della donna. La televisione degli esordi era una televisione definita pedagogica. In questa fase storica la donna in tv coincide quasi esclusivamente con la presentatrice televisiva, la cosiddetta signorina buonasera che dava l’annuncio dei programmi televisivi, o con la soubrette del varietà in onda il sabato sera. Negli anni Ottanta si afferma un fenomeno politico che è definito berlusconismo. Berlusconi inaugura un impero imprenditoriale sul possesso delle televisioni o meglio di un