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Manuale di letteratura e cultura inglese. Crisafulli, Elam, Sintesi del corso di Letteratura Inglese

riassunti dei capitoli: medioevo, cinquecento e seicento

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019
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Scarica Manuale di letteratura e cultura inglese. Crisafulli, Elam e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! IL MEDIOEVO Introduzione Nel medioevo, nell’isola britannica, ci furono una serie di invasioni e di scontri e incontri di etnie diverse, con diverse lingue, che contribuirono tutte a creare la lingua nazionale di oggi. Nel 410 le ultime guarnigioni romane abbandonarono l’isola e i celti, che risiedevano nella parte centrale dell’isola, si dovettero scontrare con nuove invasioni provenienti dalla Scozia settentrionale. Nel 450 Sassoni, gli Angli e Iuti presero possesso dell’isola. Gli anglo-sassoni parlavano una lingua germanica che si evolse indipendentemente dal celtico o dal latino, che diede origine all’Old-English, ovvero l’anglo-sassone. L’old-english era la lingua utilizzata nelle prime opere della letteratura inglese. Successivamente, con la conquista normanna, che si conclusa nel 1066 con la morte dell’ultimo re sassone Harold II a opera di Guglielmo il conquistatore, ci furono dei cambiamenti linguistici, ma anche sociopolitici nell’isola. I normanni parlavano una varietà di francese, cioè il franco-normanno. Dalla Francia importarono la gestione feudale con aristocratici e sudditi e la lingua e la cultura. Dunque, il linguaggio ufficiale della politica e della corte era il franco-normanni, quello della chiesa e della cultura alta il latino e la lingua dei sudditi l’anglo-sassone. Piano piano, l’old-english subì gli effetti della vicinanza con il francese fino a mescolarsi e diventare una lingua sola con radici germaniche e influssi neolatini, che è il Middle-English. La letteratura di lingua inglese divenne ibrida, con l’oscillazione tra mondo germanico e neolatino, che le diede un tratto distintivo. Questo si risolse con la rielaborazione di prestiti ricevuti per adattarli alle esigenze del pubblico locale e utilizzati secondo per messaggi specifici. Anche la letteratura ebbe caratteristiche autonome e originali rispetto alle altre continentali, grazie all’influenza della politica, anch’essa originale, che fece acquisire importanza economica e peso sociale alla classe media. Infatti, lo scrittore più importante del ‘300, Geoffrey Chaucer, nelle sue novelle sceglieva dei protagonisti che erano dei pellegrini provenienti dalla fascia media e per ognuno di loro sceglieva una storia verosimile e un linguaggio appropriato. La letteratura inglese medievale è un fenomeno complesso e polifonico. Per poterla studiare è indispensabile considerare le influenze esterne di altre letterature per rilevare il processo di appropriazione e rielaborazione delle fonti. Le opere si collocano a metà tra la produzione orale e scritta. I testi che ci sono pervenuti sono prevalentemente anonimi e sono influenzati anche dal dialetto degli scribi e ciò ne rende difficile la collocazione geografica e cronologica. Dunque, la storia della letteratura medievale inglese è stata ricostruita sulle basi di fonti frammentate e casuali. I medievalisti romantici si posero il compito di ricostruire la letteratura medievale inglese, recuperarono molti materiali della cultura popolare, ma le hanno rivisitate in base alla propria percezione del medioevo e hanno ricostruito le lacune presenti nel testo tramite l’intuito e la fantasia, senza una documentazione certa. La letteratura in Old English Il centro culturale anglo-sassone si trovava al nord dell’isola, in particolare a York, finche le invasioni danesi la soffocarono. Successivamente re Alfred (849-899) spostò il centro nel Wessex. Quasi tutti i poemi che ci sono giunti, ci sono arrivati in 4 manoscritti del X sec: ■ Cotton vitellius A 15 ■ Exeter Book ■ Vercelli Book ■ Junius XI Questi 4 manoscritti non rappresentano l’intera poesia prodotta nell’VIII e IX sec, ma ce ne danno un’idea. Le caratteristiche formai distintive della poesia in Old English sono due: il metro allitterativo e l’uso di un linguaggio formulaico. Questi aspetti si trovano nel poema di 3182 versi Beowulf, unico poema che ci è giunto della produzione eroica del tempo. Venne composto presumibilmente nel VIII sec da un poeta della Northumbria o della Mercia, ma a noi è giunta una redazione più tarda dell’anno 1000 nel dialetto del Wessex. Sappiamo che la redazione è tarda perché, sebbene Beowulf parli di un eroe scandinavo e pagano tipico della saga nordica troviamo anche molti influssi cristiani. (storia Beowulf libro pag.7) -> Beowulf è un guerriero dei Geati e giunge in soccorso al re danese Hrothgar contro Grendel, un essere mostruoso e cannibale. Beowulf, dopo aver rispettato un codice di comportamento eroico dato dal re, uccide il mostro ma poi dovrà fare i conti con la madre di questi, che vuole vendicarlo. Lui la insegue fino a una caverna sottomarina e ne esce vincitore. Nella seconda parte del poema Beowulf è ormai anziano e è re dei Gaeti, viene chiamato a combattere un dargo, ne esce vincitore ma il combattimento lo porta alla morte. Il protagonista è tratto dal folklore germanico, però lo spirito è aristocratico e il poeta insiste sulla storicità del contesto. inoltre, quando si celebra il funerale del protagonista, si sente molto lo spirito cristiano. Accanto alla poesia, abbiamo la letteratura anglo-sassone, che ci ha lasciato una produzione tra il VII-VIII sec, che comprende 6 opere: ■ Widsith ■ Deor ■ The wanderer ■ The seafarer ■ The ruin ■ The wife’s lament Le 6 opere trattano di temi come il viaggio, la perdita e l’esilio, che sono temi che ritorneranno nella storia della letteratura inglese. Le più antiche sono Widsith e Deor, con argomento pagano. Deor è un’autobiografia di un scop (cantore) che ha perso la predilezione del proprio signore e all’interno troviamo nomi e allusioni a cicli che ci consentono di ricostruire il patrimonio letterario germanico. The wife’s lament è la prima opera inglese che dà voce a un personaggio femminile che parla in prima persona e piange la lontananza col marito. I poeti Caedmon e Cynewulf sono molto importanti dal punto di vista documentario e letterario. Caedmon viene citato nella Historia Ecclesiastica del Venerabile Beda, che ci racconta come questi venne ispirato in sogno a cantare la Creazione. Cynewulf viveva nella Northumbria presumibilmente tra la fine del VIII e gli inizi del IX sec. Gli si attribuiscono molte opere di ispirazione cristiana. Re Alfred credette fortemente alla necessità di risollevare le sorti le sorti della cultura anglo-sassone che era stata minacciata dalle varie invasioni. Per fare questo, decise che si dovevano tradurre tutte le opere dal latino al volgare, anche quelli sacri. Fu lui che incentivò la Anglo-saxon Chronicle (IX-XII sec) narrazione tra lo storico e il letterario che rappresenta il più antico resoconto della propria storia da parte di un popolo germanico. Dopo la Anglo-saxon Chronicle ci fu anche la Peterborough Cronicle. Anche il Romance viene rivisitato da Chaucer. Infatti, il cavaliere protagonista di Wife of bath non presenta le caratteristiche cortesi del romance francese, ma anzi diventa l’opposto a causa del suo stupro. Chaucer mescola all’interno delle sue opere stili diversi, assimilati durante i suoi viaggi. Il Fabliau è un genere di origine francese, utilizzato perlopiù all’interno delle università. È un genere popolare e parodico che si prende gioco di ogni tipo di autorità e dei problemi della vita quotidiana. Oppone alla visione religiosa della realtà un visione più scherzosa e laica. Il teatro medievale Le prime rappresentazioni teatrali nel medioevo, si svolgevano nelle chiese e i personaggi erano 3 diaconi, le tre Marie, che si recavano presso un altare che fungeva da sepolcro. Un altro diacono, l’angelo, porgeva la domanda di rito. Questa orassi delle rappresentazioni durante la liturgia acquisì subito popolarità e si iniziò a utilizzarla anche per altre occasioni, come la Natività. Questi tropi, che erano solo per dare un’esposizione alla liturgia, avevano in sé gli elementi fondamentali della drammaturgia (il travestimento, la personificazione in un personaggio, il dialogo, l’indicazione del tempo e dello spazio dell’azione). Senza un motivo apparente, da queste prime rappresentazioni così “primitive”, nel ‘300 si passa a una fioritura vera e propria dei drammi ispirati alla Bibbia, che si svolgevano in spazi aperti, usavano il volgare, accostavano gli eventi biblici a episodi secolari e contemporanei e venivano finalizzati dalle guild (corporazioni di arti e mestieri). Grazie all’utilizzo delle strade delle città per queste rappresentazioni sacre, queste si umanizzarono, dunque utilizzarono una doppia interpretazione: furono rappresentazioni esplicative di episodi biblici ma allo stesso tempo quadri di vita quotidiana. La testimonianza più completa ci è pervenuta in 4 cicli di rappresentazioni bibliche: • Ciclo di Chester • Ciclo di York • Ciclo di Wakefield • Ludus Coventriae. I drammi ciclici erano spettacoli che si svolgevano per le strade delle città ed erano eventi aperti a tutte le classi sociali, dai contadini ai nobili. Erano anche un modo per fare gli scambi commerciali. La storia della Bibbia sembra riscritta in un grande affresco comico. Il dramma più celebre è Second sherpherds’ play del ciclo di Wakefield. Questo dramma contiene in sé il riferimento alla Natività, con l’elemento della culla, ma anche la contrapposizione tra la demonicità della nascita fittizia e la sacralità della nascita di Gesù. (trama pag. 17) Le rappresentazioni dei drammi biblici si potevano svolgere in due modi. • Rappresentazione su carri. Gli spazi avevano una triplice simbologia. Il livello del carro rappresentava il mondo terreno, una struttura sopraelevata il mondo celeste, e i personaggi infernali precipitavano agli inferi che venivano rappresentati dal suolo. • Allestimento in uno spazio circolare. Questa organizzazione in uno spazio circolare offriva maggiore mobilità agli attori e consentiva di inscenare più azioni contemporaneamente in spazi diversi. Inoltre, il pubblico poteva interagire con gli attori. The book of Margery Kempe e le Paston Letters In Inghilterra sono due le opere che tesitmoniano l’organizzazione sociale, la condizione femminile e la literacy all’interno delle varie fasce sociali nel XV sec: • “Il diario di Margery Kempe” (1373-1438). Da alcuni critici viene classificato come la prima autobiografia inglese. La biografia parla di una donna del Norfolk che è una donna devota e era un’imprenditrice nell’impresa familiare e ha un passato mondano. Il diario è composto da due parti asimmetriche. La prima ha come tema la conversione di Margery e la narrazione dei numerosi pellegrinaggi, la seconda parla della conversione del figlio e dell’ultimo viaggio fatto con la nuora dopo che il figlio muore. Esistono due parti perché la donna era un’analfabeta e si serviva di uno scriba. La prima parte è ricca di dettagli delle visioni della donna e delle sue crisi mistiche, mentre la seconda viene scritta da un altro scrivano, perché il primo è morto, ed ha un ritmo più veloce e si conclude con l’elenco delle preghiere che la donna era solita recitare. • “L’epistolario della famiglia Paston”. Famiglia originaria del Norfolk, le loro epistole sono un esempio significativo di come era la vita nel tardo medioevo. La collezione Paston comprende più di mille testimonianze tra lettere e documenti giuridici. Le lettere parlano della vita privata, dei matrimoni gravidanze e lutti, della vita pubblica, con gli affari, la prassi giuridica e i fatti storici del tempo. Thomas Malory L’unica immensa opera di Thomas Malory è Le morte Darthur, composta nella seconda metà del 13 sec. È una raccolta di diversi episodi incentrati su re Artù e sui cavalieri della Tavola Rotonda. Le vicende seguono un filo cronologico preciso: iniziano con l’ascesa al trono di Artù, proseguono con la fase di massima gloria del suo regno e finiscono con i tradimenti e le rivalità interne e lo sfaldamento della società. Accanto alle vicende di re Artù e dei suoi cavalieri, troviamo anche le vicende di Tristano e Isotta, che si trovano a corte durante la massima potenza del regno. Biografia si Malory: nacque verso la fine della guerra dei Cento anni (1337-1453) e visse durante la guerra delle Due Rose (1455-1485). Combatté nella guerra delle Due Rose, ma a causa di un cambio improvviso di fazione finì in prigione dove trascorse il resto della sua vita. Fu proprio in prigione che scrisse La morte Darthur. È possibile che avesse voluto scrivere questa immensa opera perché avesse esigenza di narrare le vicende di un eroico passato, contrapponendolo alla crisi a lui contemporanea. Come venne diffusa l’opera? L’opera ara stata scritta per essere letta in pubblico e non per una lettura individuale, però nel 1485, nella tipografia di William Caxton, vennero fatte varie ristampe e da quel momento l’opera ebbe un grande successo. Tuttavia, Caxton apportò molte modifiche al testo, rendendo l’originale e la stampa due copie molto diverse tra loro. Nella ristampa Caxton mise una prefazione nella quale diceva che l’opera era prima di fondamenta storiche ma era comunque di piacevole lettura, inoltre, modificò lo stile di Malory e lo adeguò alla fruizione individuale eliminando qualsiasi struttura paratattica e modificando la sintassi, la grammatica e la punteggiatura. Tagliò anche molte descrizioni di duelli e decise di affiancare a vocaboli inglesi, vocaboli francesi. Quale fu l’approccio di Malory alla scrittura dell’opera? Da un lato abbiamo l’esigenza dell’autore di utilizzare come riferimento una fonte francese, che lui traduce, così da aver una auctoritas di stampo medievale, all’altro invece, vediamo come Malory abbia anche utilizzato non solo fonti francesi, ma anche diverse fonti inglesi per le vicende legate a re Artù. Dunque, piuttosto che attenersi ad un’unica versione, preferì utilizzarne diverse anche se erano in contrapposizione tra loro. Sono i cambiamenti da lui apportati che ci danno un’ottica di come lui vedesse la vicenda arturiana e fanno sì che la vicenda non suoni come una ripresa nostalgica del periodo eroico del passato, ma come uno specchio della realtà dell’epoca. Malory non era interessato a descrivere le vicende eroiche dei cavalieri della Tavola Rotonda, ma a confrontare passato e presente per sottolineare le somiglianze e le differenze con la transizione verso nuove istituzioni sociali e politiche. Con questa opera abbiamo anche una rielaborazione del Romance: i cavalieri sono personaggi concreti e meno articolati che prendono in mano la loro vita e non si lasciano abbandonare al destino. Questa rivisitazione del genere ci fa capire che Malory era consapevole della divergenza tra storia e finzione e attribuiva alla letteratura un ruolo importante per rappresentare un mondo in cui aspetti contraddittori potevano coesistere e in cui ogni singola persona era impegnata nella ricerca di una propria identità e ruolo. IL CINQUECENTO Introduzione Nel ‘500 la corte di Inghilterra aveva come ospite Erasmo da Rotterdam e questo sta a testimoniare che da un lato l’Inghilterra aveva una cultura umanistica elevata e dall’altro preannunciava una serie di riforme in campo religioso, scolastico e sociale. Questo è stato alla base della grande cultura e letteratura dell’Inghilterra dei Tudor. La cultura elevata era già presente nel ‘400, grazie a Enrico VII, che era appassionato alle scienze umane e alle arti. La sua corte ospitò grandi letterati come Thomas More e John Skelton. Il Rinascimento arrivò tardi in Inghilterra per quanto riguarda le arti visive, la musica e il teatro laico; invece per altri campi, come quello letterario e delle traduzioni, arrivò prima. Nel 1470 venne istituita la prima pressa tipografica da William Caxton, che nel 1476 stampò il primo libro letterario, The Canterbury Tales di Chaucer. La stampa ebbe anche una grande importanza, non solo dal punto di vista letterario, ma anche religioso (Great English Bible, Book of Common Prayers), politico e filosofico (Utopia, di Thomas More), morale e pedagogico (The Schoolmaster, di Roger Asham) e la traduzione del Cortegiano di Thomas Hoby. Il ‘500 inglese vide 5 regni, ma non tutti i sovrani Tudor mostrarono la stessa dedizione alla cultura che ebbe Enrico VII. Suo figlio, Enrico VIII, spese le sue energie e le ricchezze dello stato per le guerre religiose in Europa, anche se continuò a incentivare gli studi umanistici, infatti accolse nella sua corte poeti aristocratici come Thomas Wyatt e Henry Howard, a cui si attesta l’introduzione del sonetto in lingua inglese. Sotto il suo regno, Enrico fece alcune riforme come l’Act of Supremacy nel quale il re si diede la sovranità sulla chiesa e sui suoi bene. Perciò, anche le scuole vennero riformate, infatti le scuole ecclesiastiche diventarono laiche (grammar school) che erano aperte a tutti, anche ai figli delle famiglie non aristocratiche. La maggior parte delle grammar schools venne istituita sotto il regno di Edoardo VI, sotto il nome di King Edward VI School. Il libero accesso a queste scuole consentì anche agli scrittori elisabettiani, come Shakespeare, la possibilità di formarsi malgrado le origini umili. Il periodo associato al Rinascimento inglese è quello elisabettiano. Sotto il regno di Elisabetta I nacquero i più grandi esperimenti della letteratura inglese, come il poema epico The faerie Queene di Spencer. Non solo ci fu una fioritura letteraria, ma anche la moltiplicazione di generi letterari come la poesia epica, quella pastorale, il canzoniere, la saggistica e la prima narrativa in prosa. Il teatro, il fenomeno culturale che più viene associato al periodo elisabettiano, nacque ufficialmente nel 1576 quando venne costruito il primo teatro pubblico The Theatre. Però il periodo di grande espansione della drammaturgia avvenne nel 1580, nello stesso periodo in cui l’Inghilterra sconfisse la Invencible Armada spagnola, grazie anche all’entrata in scena degli “University Witts”, ovvero la prima generazione di drammaturghi professionisti. Il regno di Elisabetta I fu anche quello più florido per le traduzioni, soprattutto dall’italiano, che influenzarono la letteratura e il teatro. (opere tradotte pag. 21) infatti fu proprio l’apertura verso la cultura letteraria estera che permise a quella inglese di arricchirsi rapidamente. Vennero offerti contributi anche al di fuori dell’Inghilterra, soprattutto da parte della Scozia. Infine, per quanto riguarda la questione terminologica: secondo alcuni critici, il termine Renaissance con riferimento all’Italia, soprattutto per le arti visive, è improprio al contesto inglese del ‘500. Ha poco a che fare con il Rinascimento italiano di Michelangelo e Leonardo. Viene preferita la dicitura Early Modern I PREDECESSORI DI SHAKESPEARE: MORALITY PLAYS E INTERLUDI Gorboduc fa parte di un gruppo di drammi di derivazione classica che venivano composti e messi in scena in scuole e università. • COMMEDIE: drammi plautini – Ralph Roister Doister (Nicholas Udall), Gammer Gurton’s Needle, The supposes (George Gascoigne) • TRAGEDIE: Jocasta (George Gascoigne), in blank verse Gli interludi scritti negli anni ’60-’80 vengono chiamati Money plays. Si chiamano così perché trattano tematiche di natura economico-sociale. The cruel debtor e Enough is as good as feast di William Wager, The trial of treasure, The tide tarrieth no man di George Wapull, All for money di Thomas Lupton, The three ladies of London e The three lords and the three ladies of London di Robert Wilson. La critica è verso l’avidità e il materialismo che dominano la società contemporanea e che generano corruzione anche nella giustizia e nella chiesa. L’impianto dei drammi di Robert Wilson è allegorico e i personaggi sono astrazioni. I suoi drammi ci fanno capire come le moralità e gli interludi si pongano in un rapporto di continuità con i drammi del periodo elisabettiano. I CONTEMPORANEI DI SHAKESPEARE Un teatro plurale Tra il 1586-1587 ci fu la Spanish Tragedy di Thomas Kyd nel quale ci fu la congiunzione di elementi che solitamente erano divisi tra loro: l’interazione poetica con l’esuberanza retorica, i richiami biblici con quelli classici, la storia privata con il tema privato dell’onore. Questa pluralità era il tratto che risaltava di più nel teatro elisabettiano, con la moltitudine di storie, di temi e di stili. Lo scrittore elisabettiano interagisce con una rete il cui protocollo di accesso è il modello di autore come poeta. È costituita da un repertorio sconfinato di fonti stilistiche e tematiche. L’interazione avviene in una nuova sede teatrale, aperta al pubblico, che non è più il pubblico ristretto degli spettacoli di corte cinquecenteschi. Il modello poetico e le fonti L’autore elisabettiano deve prima di tutto decidere se presentarsi come figura nuova di scrittore o come modello di poeta moderno. L’opzione più scelta è la seconda e gli autori di teatro ricorrono alla tradizione poetica per legittimare il loro lavoro. L’opera teatrale è costretta a fare appello all’immaginazione del pubblico e alla sua capacità di raffigurarsi la scena creata dagli accorgimenti poetici dallo stile elevato e dal richiamo alle varie fonti. Il repertorio da cui vengono riprese le fonti è immenso. Il criterio per rendere pertinenti le fonti è l’allusione. • Il passato rimanda la presente. La storia antica, la Bibbia, la storia rinascimentale, il passato… alludono al presente • L’elemento straniero si ritrova in quello domestico. La storia e la letteratura europea diventano come il modello per la nascente potenza inglese. • Il privato esemplifica il pubblico. Le storie individuali e dei personaggi riflettono le preoccupazioni tipiche dell’epoca moderna. L’allusione permette all’autore di parlare di storia e di politica e di religione senza problemi. Vengono imitati non solo i temi ma anche modelli formali e espressivi. I modelli che vengono seguiti vengono ripresi proprio dai paesi con cui l’Inghilterra è in guerra, come la Spagna, la Francia (ciclo cavalleresco), Italia (commedia, modello pastorale). Ci sono due tradizioni propriamente inglesi che contrastano il grande repertorio di fonti: la didattica e la retorica. - Didattica: riferimenti alla Bibbia. A questo filone si affiancavano le moralities e i mysteries, le massime dei filosofi e i detti popolari. - Retorica: repertorio di tropi e figure, classifica dei generi oratorii e stili alti medi e bassi che si collegano allo status dei personaggi teatrali. Gli autori del ‘500 si appropriano di queste tradizioni dapprima con una fase di imitazione delle fonti e poi con la loro traduzione poetica e tipologica. Il primo teatro pubblico, The theatre, venne costruito nel 1576 da James Burbage a nord di Londra. I principali teatri pubblici però vennero costruiti nella sponda meridionale del Tamigi, nelle liberties, luogo di divertimenti con spettacoli di animali ecc. Sorsero il Rose, lo Swan, il Globe, il Fortune e il Red Bull. STRUTTURA DEL TEATRO. Il teatro aveva una struttura circolare a tre ordini di gallerie che davano su un palco di forma squadrata messo in un cortile. Sopra la pedana si trovavano due colonne che si collegavano al tetto. Ai lati del palco c’erano due entrate per l’ingresso e l’uscita degli attori, sopra si trovava un balcone. Il teatro elisabettiano è più simile a quelli degli interludi e allo spazio aperto usato per gli spettacoli con gli animali. Le rappresentazioni avvengono alla luce del giorno (non è possibile ricreare l’oscurità). La scenografia viene indicata con dei cartelli o delle immagini simboliche. Le parti femminili sono rappresentate da ragazzi. L’autore-attore deve far parte di una compagnia patrocinata da un nobile. Ciò che scrive viene letto e corretto da tutta la compagnia e spesso negli scritti non appare il suo nome ma il nome della compagnia. Il testo scritto è solo una guida per la rappresentazione, non viene seguito fedelmente. Il repertorio cerca di catturare ogni genere di spettatori, dai nobili al popolo, e vengono rappresentate più volte solo gli spettacoli che hanno avuto successo. L’opera deve superare lo scalino della censura regia, fatta dai Master of the Revels. The Globe L’imitazione: Lodge, Greene, Kyd Gli autori del teatro elisabettiano sono quasi tutti eruditi, provengono da università pregiate come Oxford e Cambridge ecc. il teatro elisabettiano, quindi, esordisce con scrittori che vantano studi di retorica, conoscenza delle lingue antiche e di quelle continentali. L’esplosione generativa del teatro elisabettiano si concentra tra il 1586-1587 (rappresentazione della Spanish Tragedy) e il 1594 (morte di Kyd). In questo periodo di tempo si concentrano varie pubblicazioni: • 1592 viene pubblicato Groatsworth of wit di Henry Chettle, dove troviamo l’invettiva contro il nuovo autore che si fa bello con le penne degli altri (Shakespeare). Questa opera stava a testimoniare come la polemica adesso si rivolgeva oltre che ai nemici del teatro, anche ai nuovi autori. • George Peele è il precursore di alcune mode teatrali elisabettiane, come la cronaca europea, l’attualizzazione della storia biblica e l’History play. • Thomas Nashe scrive satira in prosa, come Summer’s last will and testament. Insieme a Peele scrive The old wive’s tale, che è la versione satirica della moda cavalleresca. Gli autori elisabettiani scrivono anche teatro, ma si concentrano per lo più sulla prosa e poesia. IL TEATRO DI SHAKESPEARE. DALLA SCENA AL TESTO Quale Shakespeare? Esistono più Shakespeare, c’è lo Shakespeare autore di opere teatrali elisabettiane e giacomine, l’autore di testi che ancora oggi vanno in scena in tutto il mondo, lo “sceneggiatore” di film, il poeta autore di poemetti e sonetti, l’oggetto di testi critici e speculativi biografici, lo Shakespeare tout court. Tutti questi Shakespeare formano un universo semantico e culturale complesso. - Lo Shakespeare messo in scena in epoca elisabettiana non è propriamente lo stesso che viene messo in scena oggi per una serie di fattori. (i modi scenici e la ricezione presso il pubblico sono diversi) - C’è difficoltà a stabilire un nesso tra lo Shakespeare autore e quello della sua realtà biografica. Le varie critiche si sono soffermate su alcuni di questi aspetti. Shakespeare scrittore per la scena: tra occhio e orecchio Leggere le opere di Shakespeare con riferimento alla scena per la quale furono concepite significa fare uno sforzo di immaginazione storico e mediale, ovvero di situare l’opera in un determinato contesto artistico. Shakespeare era innanzitutto uomo di teatro, non solo come autore di opere teatrali (dal 1592), ma come attore della compagnia dei Lord Chamberlain’s Men (1580s), quindi i suoi drammi sono frutto della sua esperienza professionale nella scena. Inoltre, era anche uno dei proprietari del Globe Theatre e azionista del Blackfriars Theatre, quindi aveva molto a cuore il successo delle sue opere. Il suo lavore gli permise di arricchirsi talmente tanto che arrivò a comprarsi una delle case più prestigiose a Stradford per la sua vecchiaia. I suoi drammi comunque non sono pensati come una fonte di guadagno per l’autore; Shakespeare riesce a sposare le ragioni della scena, l’essere accessibile a tutti con la ricchezza intellettuale e retorica del testo. Il pubblico elisabettiano era abituato a seguire lunghi e complessi discorsi orali, perché ad esempio li seguivano settimanalmente nel corso delle funzioni religiose. Inoltre, anche le grammar schools erano incentrate sulla retorica. Così le opere di Shakespeare, ricche di tropi, schemi e giochi di parole, davano un’attrattiva in più alle opere. Una delle cose importanti era il connubio occhio orecchio e si deve riflettere su come poesia e azione scenica interagiscano tra di loro. Le opere di Shakespeare nascono dal presupposto di una compagnia di attori di cui lui si fidava, i personaggi delle opere venivano concepiti per essere eseguiti da attori specifici dei Chamberlaine’s Men. Tutte le opere vennero concepite per un particolare spazio fisico (il teatro pubblico all’aperto). La forma del teatro pubblico elisabettiano influisce sia sugli aspetti meccanici e esteriori dell’opera, ma che sulle ragioni più profonde della sua drammaturgia. Il teatro elisabettiano era il dominio dell’attore, i cui movimenti, gesti, parole… costituivano a volte lo spettacolo. Shakespeare creava personaggi in grado di dominare la scena e di creare attorno a sé il mondo della fiction teatrale. L’attore-personaggio dei drammi dà vita al proprio ambiente geografico, al proprio status sociale… Il personaggio, a sua volta, viene costruito come soggetto proprio di quell’ambiente di quello status e di quelle azioni. Nel teatro di Shakespeare ogni battuta contribuisce alla costruzione della soggettività dell’individuo e del suo mondo. Il personaggio era un portatore di segni, infatti spettava all’attore tramite le battute, il modo in cui era vestito, i suoi gesti raffigurare il luogo il tempo e il contesto sociale. La centralità dell’attore nel creare il contesto con pochissimi oggetti e pochissima scenografia provocò sdegno nella critica del tempo. Il pubblico doveva avere una fervida immaginazione. Il teatro elisabettiano si basava sul patto convenzionale tra attori e pubblico, d’accordo di interpretare i segni teatrali come sineddoche di una realtà molto più vasta. Le proprietà del teatro shakespeariano: la scena aperta (APERTURA) L’attore-personaggio shakespeariano emergeva soprattutto per tre caratteristiche culturali e spaziali del teatro elisabettiano: l’apertura, la multidimensionalità e la fluidità. L’apertura è della peculiare forma del palcoscenico e del rapporto che si istaura tra scena e arena. Il palcoscenico era aperto e relativamente privo di oggetti che ostacolavano la vista (era un palco aggettante, thrust stage). Gli unici aspetti fissi della scena erano il fondo della scena (frons scaenae), ornato di pitture dalle quali si aprivano due (a volte tre) entrate per l’accesso e l’uscita degli attori, e due pilastri in legno (colorati per sembrare colonne classiche) che sostenevano il tetto. Erano molti i vantaggi che tale struttura dava all’attore: 1. Faceva sì che l’attore fosse veramente al centro della scena e dell’attenzione del pubblico e questo permetteva al teatro elisabettiano di essere un teatro d’azione scenica e di parola 2. Consentiva agli spettatori di sentire e vedere senza problemi 3. Permetteva alla scena di svolgersi in breve tempo e in modo dinamico Gli spettacoli duravano circa due ore. Questa brevità era resa possibile dai tagli riportati ai testi, dalla velocità della recitazione e dal veloce avvicendarsi delle scene senza cambiamenti di scenografia. L’articolazione spaziale: dimensione orizzontale e verticale (MULTIDIMENSIONALITÀ) La multidimensionalità riguardava tutta la struttura del palco. Le dimensioni del palco del Globe erano 13 metri in larghezza e 8 metri in profondità. L’ampiezza del palco era strettamente funzionale alla drammaturgia e pienamente sfruttata da essa. Simboleggiava la grandezza del mondo rappresentato e permetteva a tutti gli attori della compagnia (tra il 14 e i 18) di stare sul palco contemporaneamente. Inoltre, permetteva di moltiplicare l’azione orizzontalmente creando effetti di simultaneità e contrapposizione. Le due porte svolgono un ruolo fondamentale nell’utilizzo della dimensione orizzontale. Avevano la doppia funzione di nascondere il tiring house (spogliatoio) e di permettere l’entrata e l’uscita degli attori. Sulle entrate e uscite si basava l’economia temporale del play. I play elisabettiani non venivano divisi in atti e scene, ma quello che segnava la fine di una scena e l’inizio di un’altra era l’avvicendarsi degli attori sul palco. Convenzionalmente i due gruppi di attori che entravano e uscivano dovevano essere invisibili gli uni agli altri, anche se la compresenza era motivo di comicità e sorpresa. Le due porte giocavano anche un ruolo simbolico perché si potevano rappresentare due realtà spaziotemporali distanti tra loro: es. gli attori per poter andare in un altro luogo escono da una porta e rientrano dall’altra. (Hamlet) La possibilità di dividere in due la scena sul piano orizzontale permetteva alla compagnia di Shakespeare di creare effetti di contrapposizione tra due fazioni o gruppi opposti. (vedi pag 45 Othello) Anche la dimensione verticale era molto significativa nei plays. C’erano tre aree di recitazione: sotto il palco, sopra il palco e il palco stesso. Il sottopalco era elevato di 1,5 metri da terra per permettere maggiore visibilità da parte del pubblico. Il sottopalco derivava dal retaggio dei morality palys e mistery plays tardomedievali, dove il sottopalco era zona off limits perché era abitata da diavoli e spiriti maligni. Sebbene il teatro elisabettiano fosse privo di ogni valenza religiosa gli attori continuavano a chiamare il sottopalco hell. Allo stesso modo, il soffitto nel quale erano dipinte le costellazioni, veniva rinominato heavens. Il teatro di Shakespeare nutriva ambizioni antropologiche come luogo deputato alla rappresentazione dell’uomo, i cui affari terreni erano posti a una distanza equa tra il cielo e l’inferno. Inoltre, il teatro si chiamava The Globe, che allude alla nozione del theatrum mundi, ovvero un teatro capace di navigare liberamente nello spazio e nel tempo, in grado di rappresentare tutte le azioni i motivi e le tipologie del genere umano. Il mondo si presta alla rappresentazione teatrale perché i suoi abitanti sono già degli attori che recitano una parte. La collocazione in alto, negli heavens, assume in Shakespeare un significato simbolico e ideologico per quanto riguarda la contesa del trono. Infatti, i drammi storici di Shakespeare fanno spesso riferimento alla sacralità della corona richiamando la dottrina medievale del diritto divino dei sovrani. Ma sono gli stessi drammi storici che mettono in dubbio questa concezione in quanto dimostrano che la corona è tutt’altro che incontestata, per via dell’ascesa e caduta dei regnanti. L’upper stage serviva sia per l’occasionale azione scenica sia per i musici e gli spettatori più prestigiosi. In alcune opere l’antitesi tra upper stage e stage era di carattere religioso o politico (in alto stavano quelli più potenti, come nella gerarchia sociale), altre volte invece era di carattere sociale. (pag. 48 riferimenti) Fluidità, distanza variabile e rappresentazione dell’io (FLUIDITÀ) La fluidità è la terza caratteristica più significativa del teatro elisabettiano e riguarda il rapporto tra scena e platea, attore e spettatore. Il palco aveva una profondità di 8 metri, questo permetteva all’attore di stabilire rapporti di notevole vicinanza con il pubblico, in modo da essere a 9,5 metri di distanza dal pubblico più lontano, ma estremamente vicino agli altri. Questa caratteristica ha giocato un ruolo molto importante sulla drammaturgia shakespeariana. Il miracolo del teatro elisabettiano è quello di aver creato una drammaturgia privata, del personaggio che interroga se stesso davanti a un vasto pubblico. In Richard III, diversamente dai drammi della tetralogia precedente (Henry VI parti I-II-III), Shakespeare dà ampio spazio al soliloquio. Il protagonista Riccardo non rappresenta un insieme (casata York), ma prende esplicitamente le distanze dai suoi alleati mettendosi in scena come un “io” egocentrico. Il monologo iniziale sostituisce tutti i pronomi personali plurali con “I”. inoltre, la fluidità del palcoscenico aiuta il personaggio ad entrare in stretto contatto con il pubblico, con il quale avrà un rapporto di intimità e complicità. La cosa che sconvolse di più il pubblico fu il “now” che compare all’inizio del monologo –> rappresentazione dell’hic et nunc, del tempo scenico e reale. Il “now” fonde insieme tre dimensioni temporali e conoscitive: Il momento storico della vita del protagonista Il momento storico della messa in scena Il momento in cui l’attore-protagonista si rivolge al suo pubblico. Il dramma Richard III permette a Shakespeare di inventare per la prima volta la messa in scena dell’io nel contesto della storia inglese. Riccardo, inoltre, è il primo personaggio shakespeariano ad accennare una dimensione psicanalitica. Anche Iago tradisce una dimensione psichica che va al di là delle motivazioni che dà per le sue azioni malvage. La soggettività messa in mostra da Amleto è diversa da quella di questi due personaggi. Amleto offre una gamma di soliloqui retoricamente e drammaturgicamente diversi tra loro, anche se sono legati a una comunicazione intima con il pubblico. Il monologo confidenziale è un genere di discorso che portava l’attore sull’avanscena. Questo è uno degli aspetti della fluidità del teatro elisabettiano. L’altro aspetto è che si trattava di una scena pluriprospettica che utilizzava tutti i punti del palco e chiedeva agli attori grande agilità negli spostamenti e nei posizionamenti di scena. L’attore doveva essere in grado di catturare su di sé l’attenzione e di indirizzarsi a tutto il pubblico, in qualsiasi punto del palco si trovasse. La fluidità pluriprospettica funzionava anche nel senso opposto, ovvero sfruttando la profondità del palco per dare lontananza attore-spettatore. Shakespeare sfrutta molto questa caratteristica per dare vita a scene pubbliche e formali. Donne sull’avanscena Questi pamphlets satirici avevano un linguaggio vigoroso, spesso scurrile e colloquiale, con uno stile popolare e spaventarono talmente tanto i vescovi che iniziarono a pagare autori come Thomas Nashe, per sferrare un contrattacco scrivendo pamphlets che utilizzassero il medesimo stile e linguaggio. La Bibbia Tudor. Con la riforma divenne importante che i fedeli protestanti potessero leggere la Bibbia nella loro lingua. Le traduzioni dovevano essere condotte sugli originali greci e latini e non sulla Vulgata latina. William Tyndale a partire dal 1523 tradusse prima il Nuovo Testamento e poi vari libri del Vecchio, ma nel 1535 venne arrestato e giustiziato come eretico. Tuttavia, gran parte della sua traduzione, aggiunta alla traduzione di Miles Coverdale del 1535, venne messa nella “Great Bible”, la prima traduzione che nel 1539 ricevette il riconoscimento ufficiale. La “Geneva Bible”, del 1560, fu opera di rifugiati protestanti che lasciarono l’Inghilterra durante il regno di Maria Tudor. Questa fu la prima Bibbia a dividere i capitoli in versetti e ad utilizzare i caratteri romani piuttosto che quelli gotici. In questa versione i commenti a margine erano di spirito protestante, dunque nel 1568 la chiesa elisabettiana produsse una versione più moderata, la “Bishops’ Bible” che divenne la versione ufficiale usata nelle chiese. Un altro gruppo di scritti in prosa in cui abbiamo l’intento didattico raccoglie i lavori di storici e antiquari. Al centro della riforma inglese c’era l’idea dell’indipendenza e dell’autonomia nazionale, che si ritrovavano in una letteratura che mirava a unificare l’intera nazione intorno ad un comune credo religioso. La riforma però aveva significato anche una rinuncia a una parte di patrimonio culturale che veniva associato ad un passato cattolico. (soppressione di monasteri che ha portato alla distruzione delle biblioteche e alle immagini sacre) A questa furia si contrappose l’opera di alcuni antiquari come John Leland, che era l’antiquario reale, che percorse tra il 1536-1542 l’Inghilterra e il Galles nel tentativo di salvare documenti e informazioni che sarebbero andati persi con la furia. Leland non portò a termine il progetto e la scrittura di History and antiquities of this nation, ma grazie ai suoi appunti i suoi discepoli elisabettiani poterono trarre spunti. Tra loro: John Stow che nel 1598 scrisse A survey of London , e William Camden che nel 1587 scrisse Britannia che venne scritta pima in latino e poi tradotta in inglese nel 1610. Lo stesso intento didattico lo ritroviamo nelle cronache di lingua inglese che agli inizi del 16° sec mirarono ad alimentare il senso di identità nazionale in un paese che stava emergendo dalle varie guerre civili. Molto spesso questi lavori sono solo delle liste cronologiche di regnanti. • This is the cronycle of all kynges names that have ben in England. 1518, anonimo. • The union of the two noble and illustre families of Lancaster and York. 1548, Edward Hall. Racconta gli avvenimenti della storia inglese da Enrico IV a Enrico VIII. Hall incorpora anche History of Richard III, composta in latino da Thomas More (nel 1513-14) e pubblicata in inglese nel 1557. • Chronicles. 1577, Raphael Holinshed. Qui viene incorporata l’opera sopracitata. Questa fu l’opera che Shakespeare usò come fonte per i suoi drammi storici. Gli stessi intenti si ritrovano anche nelle varie imprese di viaggio fatte dagli esploratori elisabettiani che servivano per espandere la potenza inglese sui mari. I racconti vennero pubblicati da Richard Hakluyt nella raccolta The principall navigations, voiages, traffiques and discoveries of the English nation, 1589 e ampliata in tre volumi 1598-1600. Il narratore più sofisticato tra tutti fu Walter Raleigh che scrisse The discoverie of the large, rich and beautiful empire of Guiana. Il diletto Durante il regno di Elisabetta I, le opere in prosa pur mantenendo l’intento didattico mirarono anche all’intrattenimento di un pubblico che grazie alla crescita della metropoli si stava andando sempre di più diversificando e allargando. Gli anni 1560-70 videro un interesse per la novella. • The palace of pleasure. 1566, raccolta di William Painter. Riscosse molto successo tra il pubblico inglese. L’opera venne seguita da una seconda parte (1567), che ebbe molti imitatori. Le fonti di Painter sono continentali (Boccaccio, Bandello e Marguerite de Navarre) e classiche (Livio e Erodoto). L’intento è didattico, infatti nella prefazione della prima parte dice che vuole fornire buoni esempi che devono essere seguiti e cattivi esempi che devono essere evitati. Nella seconda parte, inoltre, specifica la morale che il lettore deve trarre da ogni storia. Gli anni 1570s videro lo svilupparsi della narrativa cortese. • The adventures of master F.J. 1573, di George Gascoigne. La prima volta uscì in un volume anonimo che raccoglieva I drammi e le poesie dell’autore, poi nel 1575 ne uscì una versione rivista dal titolo The poesie of George Gascoigne. La novella narra le storie amorose tra il protagonista e una dama sposata presso il castello dove si trova ospita F.J. Ciò che rende intrigante l’opera è il gioco tra i molteplici punti di vista. La storia è presentata attraverso i dialoghi e da un narratore non sempre affidabile, ma anche attraverso le poesie e le lettere del protagonista alla dama. I diversi punti di vista rendono la vicenda comica e sebbene F.J. voglia sembrare il vero amante cortese, non può nascondere la cruda realtà della relazione. (pag. 65) • Euphues: the anatomy of wits. Di John Lyly. Mostra l’influsso delle questioni di amore presenti nelle corti elisabettiane e narra di un triangolo amoroso al cui centro troviamo una dama molto volubile. Ciò che rende interessante l’opera, questa volta, è lo stile in cui viene narrata. È uno stile fortemente allitterativo, con una sintassi costruita su antitesi bilanciate in cui gioca un ruolo fondamentale l’accumulo di analogie illustrative riprese dalla saggezza popolare, dalla mitologia classica e dalle fenomenologie naturali. La vicenda ricalca le antitesi della parabola del figliol prodigo (uomo sottrae al miglior amico la donna che ama ma le varie esperienze negative lo rendono un modello di virtù). L’antitesi è la figura centrale nell’analisi psicologica ei personaggi che dibattono le diverse opzioni di comportamento e si autopropongono come esempi da cui trarre insegnamento. Nella lettera dedicatoria, l’autore sottolinea il desiderio degli inglesi di affinare la propria lingua. Il seguito, Euphues and his England ebbe un enorme successo. L’eufuismo è un fenomeno che nasce dopo il grande successo riscontrato nell’opera di Lyly. La parola deriva dal greco che significa “ben cresciuto, ben fatto, ben formato”, e viene usato per la prima volta in The schoolmaster di Ascham. Lo stile artificioso, invece, proviene dalla raccolta di George Pettie A petite pallace of Pettie and his pleasure (1576). Lo stile eufuistico mirava ad espandere le potenzialità della prosa inglese e a conferirle un rigore formale che potesse competere con la classicità latina. Prosa eufemistica –> segue un principio di simmetria ed è caratterizzata dal succedersi di frasi perfettamente bilanciate in un gioco di antitesi, similitudini, allitterazioni e assonanze. Autori che usarono lo stile eufuistico: • Robert Greene, Mamillia (1583), Gwydonius the carde of Fancie (1584) • Thomas Lodge, Rosalynde (1590) • Baranby Rich, The adventures of Don Simonsides (1581) Vari personaggi shakespeariani parlano in stile eufuistico, ma con un chiaro intento parodico da parte dell’autore. Alla fine del ‘500 lo stile eufuistico era diventato bersaglio di varie parodie (Lyly in Endimion e Greene in Menaphon). Lo stile eufuistico venne visto come uno stile barocco che trova dei corrispettivi nel marinismo italiano, nel preziosismo francese e gongorismo spagnolo. L’eufuismo fu anche un fenomeno sociale poiché i gentiluomini e le dame della corte elisabettiana si dilettavano a scrivere e a parlare in questo stile. Anche il romance in prosa di Philip Sidney dell’Arcadia esercitò molta influenza non solo sui suoi contemporanei ma anche sulle generazioni future. • Arcadia. Si combina il genere pastorale con il romance cavalleresco e le egloghe. Old Arcadia –> 1577-80. (trama pag. 67). L’opera venne scritta quando Sidney era stato allontanato dalla corte per essersi opposto al matrimonio tra la regina e il conte d’Anjou. È piena di allusioni politiche, spesso critiche nei confronti della regina e dei suoi consiglieri. New Arcadia –> 1593. È molto più complessa della old. Sidney aggiunge nuovi personaggi e temi e rende la vicends più eroica rafforzando l’elemento etico e didattico. La narrativa degli anni 1580s è dominata dalle opere di Greene. La produzione di Greene attraversò varie fasi. 1. FASE EUFUISTICA. Mamillia (1580-83), Gwydonius the carde of Fancie (1584) al quale associa anche una trama complessa che si fonde su repentini cambiamenti caratteriali dei personaggi che servono per stupire il lettore. È una “tragical comedie”, la prosa costruita su bilanciamenti sintattici e concettuali è accompagnata dal gioco degli opposti nell’animo stesso dei personaggi. 2. RACCOLTE DI NOVELLE (anni 1585-88). Nel 1588 viene pubblicato Pandosto. The triumph of time, un romance pastorale. Pandosto rappresenta un universo cupo in cui la gelosia porta solo dolore e infelicità e gli eventi umani sono dominati dai capricci della Fortuna. 3. REPETANCE PAMPHLETS. L’autore condanna le follie della sua vita sregolata e propone il pentimento come esempio per il lettore. CONY-CATCHING PAMPHLETS. Ambientati nei bassifondi londinesi. Nel 1591 venne pubblicato A notable discovery of coosnage che nel 1592 venne seguito da altre 5 opere: The second part of conny-catching, The third part of conny-catching, The defence of conny-catching, A disputation between a hee conny-catcher and a shee conny catcher, œThe black book messanger. Lo scopo di questi pamphlet è denunciare le astuzie dei “rogues”, i furfanti londinesi, per truffare i “conies”, le vittime. Vengono descritte le truffe e i rogues, che hanno una loro gerarchia e un loro gergo. I cony-catching pamphlets appartengono a una prosa realistica popolare. • The unfortunate traveller. 1594, di Thomas Nashe. Narrativa picaresca. Ambientato nel regno di Enrico VIII, segue le vicende del paggio Jack Wilton, narrate dal protagonista stesso, che cambia continuamente il tono della narrazione per adattarlo agli eventi raccontati. Risultano in uno stile variegato e in una struttura episodica che sembra rifuggire da qualsiasi classificazione. Nashe in questa opera riesce a mescolare vari generi e stili (scherzi, raccolta di facezie, sermoni e pamphlet moraleggianti, satira, narrativa storica, racconti di vendetta, tragedie e tragicommedie). Gran parte dell’opera è ambientata in Italia che viene presentata come terra di intrighi, corruzione, veleni e omicidi, conformemente al canone elisabettiano. • La produzione di Thomas Deloney è di natura popolare e realistica. Le sue opere sono ambientate tra gli artigiani e i mercanti del passato. Jack of Newbury, 1597. È ambientato all’epoca di Enrico VIII e si ritrovano molti personaggi storici, come Enrico VIII, Caterina d’Aragona, il cardinale Wolsey… The gentle craft, 1597-98. È suddiviso in due parti. La prima parte è ambientata nell’alto medioevo, mentre la seconda nel 1445. Thomas of Reading, 1600. È ambientato all’epoca di Enrico I. Lo stile delle opere di Deloney è altamente drammatico, ci sono molti dialoghi e tantissima azione. L’autore suddivide la narrazione in scene e usa i singoli capitoli come unità narrative distinte. Anche se il risultato finale appare frammentario, le scene sono sempre molto vivide. All’interno della narrazione troviamo molte canzoni e ballate. Infine, il dialogo è naturalistico e colloquiale, molto insolito nella narrazione del tempo.