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Manuale Psicologia Dinamica A De Coru F Ortu I modelli teorici a confronto, Schemi e mappe concettuali di Psicologia Dinamica

Documento schematico, per facilitare l'apprendimento di teorie,modelli e date, che riassume l'intero manuale di Psicologia Dinamica e le lezioni del prof. Iacolino, con approfondimenti circa Freud, Jung e le principali scuole di pensiero, necessarie per il superamento dell'esame. Autori: Freud, Abraham, Ferenczi, Jung, A Freud, M Klein, Bion, Blanco, Winnicott, Bowlby, Kohut, Sullivan, M Mahler, Jacobson e Kernberg, Fromm, Stern... Riassunto adatto anche a studenti DSA.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2022/2023

In vendita dal 21/02/2023

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Scarica Manuale Psicologia Dinamica A De Coru F Ortu I modelli teorici a confronto e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Psicologia Dinamica solo su Docsity! SIGMUND FREUD E LA SCOPERTA DELL’INCONSC IO ; E LA FONDAZIONE DELLA TEORIA PSICOANALITICA. Sigmund Freud nasce il 6 maggio 1856 a Freiberg (Moravia), da una famiglia ebraica. Dopo essersi rivelato un brillante studente con forti interessi nel campo della filosofia, biologia e letteratura, nel 1873 si iscrive alla facoltà di Medicina di Vienna, dove consegue la laurea. filosofia, della biologia e della letterarura, nel 1873 si iscrive alla facoltà di Medi- cina di Vienna, dove consegue la laurea. Dopo una serie di tirocini, svolti all’ospedale di Vienna, maturerà la decisione di lavorare come neurologo. Segue le lezioni di CHARCOT, sull’isteria e le malattie del sistema nervoso e ne rimane colpito. Dopo aver trascorso un breve periodo a Berlino, torna a Vienna, dove dirige per circa un anno (1886-87) il reparto di neurologia infantile della Clinica pediatrica universitaria. Nel settembre del 1886 si stabilisce definitivamente a Vienna. I difficili rapporti con la società di medicina lo inducono a rinunciare alla carriera accademica e a dedicarsi all’attività privata. Tra il 1886 e il 1891 si dedica alla neurologia clinica ricorrendo anche alla suggestione ipnotica nel trattamento dei suoi pazienti. Con BREUER nel 1892, pubblica un articolo sul Meccanismo psichico dei fenomeni isterici, che costituirà il primo capitolo degli Studi sull'isteria. Quest’opera viene pubblicata nel 1895, quando ormai i rapporti tra i due sono logorati. Ma è considerato il punto di partenza della PSICOANALISI. Dopo la rottura del suo rapporto con Breuer, Freud inizia ad applicare ai propri sogni la tecnica delle libere associazioni per risolvere alcuni preoccupati sintomi nevrotici insorti dopo la morte del padre, avvenuta nel 1896. (periodo di autoanalisi). Avrà un'importanza fondamentale nella costruzione della psicoanalisi e porterà Freud ad attribuire importanza crescente agli eventi del mondo interno. Dalla propria autoanalisi, oltre che dal lavoro clinico con i pazienti nevrotici, deriverà inoltre il materiale presentato nella Interpretazione dei sogni (1900), opera che Freud considererà sempre fondamentale. Negli anni successivi, Freud dimostrerà la possibilità di estendere alla psicologia normale le ipotesi psicopatologiche elaborate per spiegare la formazione dei sintomi nevrotici (Psicopatologia della vita quotidiana, 1901), e dimostrerà in diversi lavori clinici la validità del suo nuovo metodo terapeutico e l'utilità dell'interpretazione dei sogni. Nel 1905, nei TRE SAGGI SULLA SESSUALITA’, esplicita delle ipotesi che lo portano a individuare nella sessualità, l’elemento basilare della motivazione umana nella sessualità e a d identificare nella LIBIDO, l’energia che sottende il funzionamento dell’apparato psichico. Già nel 1902, aveva ottenuto la qualifica di Professore straordinario all’uni di Vienna e teneva dei seminari a cui partecipavano ALFRED ADLER (nel 1910 diventerà presidente della società psicoanalitica di vienna), Max Graf (padre del piccolo Hans), Otto Rank. A questo gruppo, in seguito si uniranno anche JUNG, FERENCZI , E KARL ABRAHAM. Costituendo il nucleo del movimento psicoanalitico. Da questo momento in poi le vicende della psicoanalisi si sovrappongono a quelle della vita personale di Freud, che impiega gran parte delle sue energie a governare le forti tensioni e i contrasti che accompagnano la nascita del movimento psicoanalitico e la diffusione della psicoanalisi. Nel 1910 a Norimberga, durante il secondo Congresso di psicoanalisi, si costituisce, su proposta di Sándor Ferenczi, la International Psychoanalytic Association (IPA) la cui presidenza viene affidata a Carl Gustav Jung. All'interno della società psicoanalitica iniziano a verificarsi i primi dissensi ele prime rotture. Nel 1911 Alfred Adler, che attribuiva sempre meno importanza all'inconscio e alla sessualità mettendo in primo piano la pulsione di superiorità o padronanza e i complessi di inferiorità che potrebbero derivarne, abbandona la società psicoanalitica di Vienna e dà vita a un gruppo dissidente: la psicologia individuale. Nel 1913 Jung - che muove una serie di critiche alla teoria pulsionale, rifiutando in particolare l'origine sessuale della libido - si dimette da presidente dell'IPA e da tutti i suoi incarichi e fonda la psicologia analitica. Freud, colpito anche a livello personale, reagisce a queste vicende istituzionali rafforzando la struttura organizzativa della Società psicoanalitica e dedicandosi alla stesura di diversi saggi in cui definisce e chiarisce le basi concettuali della psicoanalisi: - Centralità del concetto di Inconscio e Pulsione. - Importanza FONDAMENTALE delle vicende edipiche. - Enuncia i principi della teoria psicoanalitica che trova nel transfert il suo strumento principale. - LA COLLABORAZIONE CON BREUER: GLI AVVENIMENTI TRAUMATICI E LE EMOZIONI NEGATIVE. BREUER aveva usato nel trattamento di una giovane paziente, Anna O ( pseudonimo , nome reale Berta Pappenheim); una variante dell’IPNOSI. Sfruttava la tendenza della pz ad entrare in “stati di assenza, alterazione, confusione”, durante le quali mormorava tra sé e sé delle parole che davano l’impressione di provenire da pensieri che la tenevano occupata. Breuer la ipnotizzava, invitandola a riprodurre dinanzi a lui quelle creazioni psichiche che l’avevano dominata durante le assenze. Dopo aver ricordato gli avvenimenti e le fantasie che avevano preceduto la comparsa dei sintomi e aver espresso le emozioni che originariamente li avevano accompagnati, Anna si risvegliava lucida, tranquilla, serena; come riportata allo stato psichico normale, in uno stato di benessere che durava parecchie ore e che il giorno dopo la riconduceva ad una nuova assenza. Breuer attribuiva particolare importanza alle emozioni NEGATIVE, usava l’IPNOSI per riattivare le emozioni dolorose che avevano accompagnato in origine l’evento dimenticato e che per diversi motivi non erano state espresse. A volte con enormi sforzi, ma questo gli permetteva di effettuare una sorta di pulizia psichica, una vera e propria catarsi. Secondo BREUER questo metodo catartico permetteva di far scomparire i sintomi e ricomporre la scissione psichica. A suo avviso era l’unico strumento capace di porre in luce il meccanismo di formazione di sintomi e rintracciarne l’origine in un momento particolare della storia e dello sviluppo della malattia di cui il pz da sveglio “nulla sa”. LA FORMAZIONE DEI SINTOMI NELL’ISTERIA: IL TRAUMA PSICHICO. FREUD E BREUER si spostarono esplicitamente dal terreno della neuropatologia del sistema nervoso a quello della psicologia avanzando delle ipotesi esplicative sull’origine dei sintomi dell’isteria e sul meccanismo d’azione del metodo catartico, forma embrionale del nucleo della futura teoria freudiana. Il METODO CATARTICO, dava accesso al ricordo di un evento traumatico e permetteva anche di cogliere la connessione tra uno specifico evento/trauma psichico di cui il pz apparentemente non sa nulla e che appare dimenticato “rimosso” e le condotte di cui il pz è consapevole. L’obiettivo del tradizionale metodo ipnotico consisteva nella RISOLUZIONE DELLE AMNESIE. Il nuovo metodo invece, mirava a far riemergere questi contenuti con la stessa vividezza di un evento recente, e a stabilire il nesso con la coscienza. Agiva sul funzionamento della mente e non sui suoi contenuti. Secondo Breuer e Freud l’attenzione va posta non tanto sulle caratteristiche dell’evento ma sulla “sensibilità della persona colpita”. E’ sempre possibile individuare “una stringente connessione” tra i più svariati sintomi e un trauma motivante. Il pz viene visto nella sua totalità di persona, nella ricchezza delle sue motivazioni.. ed anche il modo di intendere il sintomo fa sempre meno riferimento al piano biologico ma riguarda sempre più il piano delle relazioni del pz e gli eventi che ne hanno caratterizzato la storia. Freud, trasforma l’isteria da disturbo ancorato ad una specifica base organica del funzionamento del sistema nervoso, a disturbo che trova origine nella storia di vita della persona. In quest’ottica diventa importante, la modalità con cui la persona aveva reagito “all’evento impressionante”, dato che l’intensità della reazione è considerata in relazione alla capacità di “scaricare” gli affetti negativi. La persistenza di questi affetti, di cui apparentemente il paziente non sapeva nulla, veniva attribuita alla “repressione” della reazione emotiva. La mancata liquidazione del trauma psichico, veniva attribuita, alla mancata ABREAZIONE (mancata reazione emotiva a uno specifico evento); ma anche ad una serie di condizioni capaci di interferire con “l’elaborazione associativa” dell’evento stesso, ostacolando il dimenticare. Rispetto alle condizioni che rendono impossibile questa elaborazione associativa, le posizioni di BREUER E FREUD, appaiono già divergenti. Freud pone l’accento sul contenuto dei ricordi e afferma che “il malato vuole dimenticare le esperienze penose e le esclude più che può”. Secondo BREUER, come nel caso di ANNA O. , la formazione dei sintomi è sottesa da una predisposizione a entrare in condizioni di “autoipnosi”. Gli attribuisce una base organica, designandola come ipnoide. La causa determinante dei sintomi isterici, può essere identificata in un – ricordo totalmente estraneo alla coscienza del pz- di un lontano trauma psichico. Quindi è possibile affermare che l’isterico, soffra a causa delle reminiscenze. Quindi, la sua sofferenza dipende da un lontano evento traumatico, il cui ricordo è apparentemente perduto per la coscienza; ma che continua tuttavia ad esercitare la propria azione, come nel caso di un evento attualmente presente. Ciò che è patogeno nell’isteria, non è la presenza di “rappresentazioni inconsce”, ma la caratteristica di tali rappresentazioni. Gran parte del funzionamento normale, comprese le variazioni dell’umore, è per BREUER, costantemente influenzato da idee non presenti alla coscienza. Nel funzionamento normale, la presenza delle rappresentazioni nella coscienza, è legata alla loro intensità. Le idee rimangono inconsce solo quando la loro intensità è esigua. Nel caso dell’Isteria, l’ingresso di una rappresentazione nella coscienza non è determinata dalla sua intensità, anzi sono proprio le “rappresentazioni intense” a rimanere escluse, e dunque inammissibili alla coscienza. La caratteristica distintiva dell’Isteria , non deve essere identificata nella scissione della coscienza ( come sostenuto dalla scuola francese) ; ma nella tendenza alla dissociazione causata da un eccesso di eccitamento; una quantità sovrabbondante di eccitamento nervoso che non venendo usato, rimane a disposizione per la formazione dei fenomeni patologici. L’obiettivo del trattamento è portare alla luce i ricordi patogeni esclusi dalla coscienza. Questo poteva essere raggiunto soltanto grazie al valore affettivo che riguarda il valore personale del medico. Questo deve coinvolgere il pz, fornendogli spiegazioni sullo strano mondo dei fatti psichici , facendone un collaboratore con gli stessi interessi del ricercatore, respingendo la resistenza che poggia su basi affettive. IL RAPPORTO TRA TERAPEUTA E PAZIENTE. Il terapeuta si limita a facilitare il graduale superamento della resistenza facendo emergere ricordi e pensieri inaccessibili alla coscienza. Ma per fare questo è necessaria la collaborazione del pz, sostenuta dal desiderio di liberarsi della sofferenza. Una tematica importante è quella del TRANSFERT, che rischia di portare all’interruzione del trattamento e vanificare gli sforzi terapeutici. Potrebbe essere un ostacolo insidioso, di cui il pz deve diventare consapevole e che può essere affrontato trattandolo come un nuovo sintomo. Inducendo il pz a parlare dei suoi rapporti personali con il medico. Tra il 1894 e il 1896, periodo di stesura degli “Studi sull’isteria”, Freud abbandona la tecnica della pressione e baserà il suo nuovo metodo di psicoanalisi sulla tecnica delle libere associazioni. Il pz doveva comunicare senza sottoporre a critica, tutto ciò che gli veniva in mente. Freud rinunciava ad esercitare un qualsiasi effetto suggestivo e lasciava all’arbitrio del pz, la scelta del punto di partenza. L’applicazione di questo metodo di trattamento, non solo alle isterie ma alle nevrosi in generale, permetterà a Freud di identificare in “eccitamenti di natura sessuale” la causa delle diverse manifestazioni nevrotiche e di considerare le nevrosi come “perturbazione della funzione sessuale”. Gli interessi diagnostici ed eziologici, lo porteranno ad estendere le ipotesi avanzate negli STUDI SULL’ISTERIA fino a farne la base di una teoria generale delle nevrosi (la cui causa viene identificata in un disturbo della sessualità); E DI DISTINGUERE le NEVROSI DI ANGOSCIA (O NEVROSI ATTUALI) dalle PSICONEVROSI. NEVROSI ATTUALI: costituite da attacchi d’angoscia, ricondotte a irregolarità e anomalie della vita sessuale attuale, che ostacolano il normale soddisfacimento dei bisogni sessuali, provocando un effetto tossico. PSICONEVROSI: (rientrano l’isteria e la nevrosi ossessiva), dipendono da traumi sessuali sperimentati nell’infanzia o nella prima adolescenza. Per un breve periodo Freud, vede nel trauma sessuale infantile, il fattore eziologico fondamentale e indispensabile delle psiconevrosi. L’impossibilità però di distinguere nelle associazioni dei pz i ricordi dalle fantasie, lo porteranno ad abbandonare la teoria del trauma sessuale infantile; ricollegando i sintomi nevrotici, non ad episodi realmente avvenuti ma a fantasie di desiderio. IL SOGNO E LA SCOPERTA DELL’INCONSCIO. Nell’INTERPRETAZIONE DEI SOGNI, Freud sostiene che il sogno ha un senso interpretabile e che la sua origine, al pari di quella dei sintomi, sfugge alla coscienza vigile. Applicava ai sogni la tecnica delle libere associazioni, che portano in luce una serie di pensieri di grande valore per la vita psichica del sognatore non direttamente ricavabili dal racconto del sogno, e che sorprendono per la loro estraneità e spiacevolezza. Il racconto del sogno, con le sue bizzarre incongruenze, si presenta come una facciata di un processo; quindi vi è il “contenuto manifesto del sogno”. Questo lavoro, compiuto ad un livello inaccessibile della coscienza, utilizza dei meccanismi specifici (onirici), per trasformare i pensieri da cui il sogno deriva, rendendoli irriconoscibili e permettendone in forma mascherata, l’accesso alla coscienza. La trasformazione del materiale del sogno, è costituito da stimoli somatici, resti diurni, pensieri del sogno… nel sogno manifesto sono presenti 4 meccanismi: condensazione, spostamento, trasformazione dei pensieri in immagini, ed elaborazione secondaria. La condensazione fa si che un’unica immagine rappresenti diverse catene associative. Lo spostamento fa si che gli elementi più importanti del contenuto latente vengano rappresentati da dettagli minimi costituiti da fatti recenti e può facilitare la traduzione in immagini dei pensieri del sogno. Freud, utilizza il suggerimento dei suoi allievi; ABRAHAM, REIK, RANK, l’importanza del simbolismo nei sogni. L’elaborazione secondaria, opera soprattutto quando il soggetto si avvicina alla veglia e quando racconta il sogno, interviene togliendo al sogno la sua apparenza di assurdità e di incoerenza, agendo sui prodotti già elaborati dagli altri meccanismi. Il sogno al pari del sintomo, si presenta come un compromesso tra esigenze o forze contrastanti. E’ un fenomeno perfettamente normale che esprimendosi sotto forma di immagini visive si impongono al sognatore con la stessa realtà delle immagini percettive, unita al particolare stato psichico del sognatore. Le informazioni che provengono da processi interni, producono l’esperienza allucinatoria del sogno. “PROCESSI INTERNI” perché abbiamo la disattivazione dell’esame di realtà e quindi si ha l’errata percezione che percezione= realtà. La loro fonte è individuabile in un desiderio insoddisfatto. Presentano in forma mascherata il soddisfacimento allucinatorio dei desideri che premono per emergere alla coscienza. Il sogno soddisfa anche il bisogno di sonno, ma soprattutto i desideri insoddisfatti che provengono da una fonte interna che rimanda ad una precedente esperienza di soddisfacimento. Grazie al lavoro di interpretazione, che riconduce il sogno ai pensieri da cui esso deriva, si può sostenere che questi pensieri si riferiscono a desideri che sono stati allontanati dalla coscienza per i loro legami con antichi desideri sessuali infantili; da essi deriva la forza propulsiva del sogno, che può essere considerato un soddisfacimento, in forma allucinatoria di desideri sessuali infantili. I fili associativi del pz riconducono a impressioni che risalgono alla prima infanzia e dall’altro porta a considerare il sogno come un ausilio indispensabile per ricostruire la prima età; che il trattamento analitico delle nevrosi mira a conseguire. Il meccanismo psichico di cui si serve la nevrosi non viene creato da un’alterazione patologica che colpisce la vita psichica, ma si trova già pronto nella struttura normale dell’apparato psichico. Il sogno dimostra che il materiale represso continua a sussistere anche nell’uomo normale. Freud individua nell’interpretazione dei sogni “la via regia che porta alla conoscenza dell’inconscio nella vita psichica”. LA SESSUALITA’ E LA TEORIA DELLA LIBIDO. Le ipotesi fondamentali della teoria della sessualità sono contenute nei “TRE SAGGI SULLA TEORIA SESSUALE 1905”. L’eziologia dei disturbi della sessualità e dunque della nevrosi, doveva essere ricercata nella storia evolutiva dell’individuo, cioè nei primi anni della sua vita. In quanto impulsi, fantasie e conflitti al di sotto dei sintomi nevrotici, non derivano da influenze esterne ma dalla mente del bambino stesso. Il concetto di pulsione e si basa sul presupposto che la spinta a soddisfare i bisogni dell’uomo provenga da una pulsione analoga a quella che spinge l’uomo ad assumere il cibo. La pulsione può essere soddisfatta da un ampia varietà di oggetti intercambiabili e costituisce una fonte di stimolo interna sempre attiva che crea un continuo squilibrio. Freud, concepisce le persone come complessi di energie, dove l’energia usata nel lavoro psicologico è rilasciata da dei processi biologici che sono chiamate PULSIONI. Esse sono rappresentate da 2 elementi; un bisogno BIOLOGICO e una rappresentazione PSICOLOGICA. Ci sono 2 diversi tipi di PULSIONI: di Vita o sessuale (eros), insieme di pulsioni che riguardano la sopravvivenza, la riproduzione e il piacere es impulsi erotici o evitamento della fame e del dolore. L’energia dell’istinto di vita è chiamata LIBIDO. Pulsione di Morte; considerando che la vita conduce naturalmente alla morte, Freud ritiene che le persone desiderino ritornare all’inesistenza. Ma la sua espressione è bloccata dall’istinto di vita, quindi l’energia non può essere rilasciata, la tensione permane e da qui deriva l’aggressività. LE FASI DELLO SVILUPPO PSICOSESSUALE. Queste tappe possono essere individuate sulla base della considerazione degli organi o funzioni del corpo la cui stimolazione produce piacere e la cui attività permette di alleviare la tensione, attraverso le ZONE EROGENE -> centro del energia sessuale. Sono 5 fasi e ogni stadio si costruisce sulla base di quello precedente e il bambino vive in maniera conflittuale tali stadi, se il conflitto non viene risolto troppa energia rimane investita in quello stadio e questo viene definito processo della FISSAZIONE. Questo indica che vi sarà meno energia per gestire i conflitti degli stadi successivi per 2 motivi: 1)Una persona, che investe troppo in uno stadio, può essere riluttante nel lasciarlo. 2)Una persona in cui i bisogni, sono troppo frustrati in uno stadio, non può passare oltre finchè non sono stati soddisfatti. 1. 1) FASE ORALE: 0- 2 anni; 2. 2) FASE ANALE: 2-3 anni; 3. 3) FASE FALLICA: fra i 3 e i 4 anni; 4. 4) PERIODO DI LATENZA: fra i 7 e ai 9 anni (relativa calma nello sviluppo psicosessuale); 5. 5) FASE GENITALE: pubertà e adolescenza, la sessualità ritorna e, nello sviluppo normale, tutti i precedenti stadi di FISSAZIONE LIBIDICA (ovvero energia libidica legata alla fase specifica) vengono integrati nella sessualità genitale adulta. FASE ORALE: interessa il primo e il secondo anno di vita del bambino, in cui il piacere deriva dalla suzione e dalla bocca, o dall’assunzione del cibo. FASE SADICO-ANALE: l’obiettivo principale è il controllo degli sfinteri. Zona erogena: Ano. Il piacere deriva dalla defecazione. Questa fase di antagonismo fra attività e passività, pervade secondo Freud tutta la vita sessuale. FRASI PRE GENITALI. In cui le zone genitali non hanno ancora assunto un ruolo determinante. FASE FALLICA; ha il suo esordio nel 3 anno di vita, del bambino. In questa fase il bambino attribuisce lo stesso genitale maschile a entrambi i sessi. Il bambino per risolvere “l’enigma della sfinge”, cioè l’enigma della nascita e dell’origine dei bambini, formula, guidato dalla necessità della sua costituzione psicosessuale, una serie di teorie sul concepimento e sulla nascita. Gli adulti, rispondendo in modo evasivo ed evitante, alle prime manifestazioni della curiosità sessuale dei bambini, e questo si ripercuote sull’intero corso dello sviluppo, portando a diffidare dei genitori e degli adulti in genere e a ricorrere alla SCISSIONE PSICHICA per nascondere la propria diffidenza, per conciliare le risposte evasive e fantasiose dell’adulto con le prove che il lavoro esplorativo gli ha fornito. Prende avvio il COMPLESSO EDIPICO, episodio centrale della FASE FALLICA; proprio perché il bambino ha a lungo bisogno dell’accudimento di altre persone e vive con i genitori, inizia ben presto a nutrire intensi desideri erotici nei confronti del genitore del sesso opposto e sentimenti ostili e ambivalenti nei confronti del genitore dello stesso stesso. Il bambino sviluppa un attaccamento erotico nei confronti della madre, e forte ambivalenza nei confronti del padre, verso cui continua a nutrire sentimenti di tenerezza, ma allo stesso tempo lo considera come un rivale di cui sbarazzarsi. La bambina, all’opposto sviluppa una predilezione erotica per il padre e ostilità per la madre. “La prima scelta oggettuale è dunque incestuosa”; il bambino è preda di “impulsi brutali ed estremi”, che ben si prestano ad essere descritti dal mito di Edipo e alle vicende che Sofocle mette in scena. Come nel caso del PICCOLO HANS, il bambino è indotto all’angoscia di evirazione, la madre in particolar modo tenta di dissuaderlo dall’attività masturbatoria quanto dalla scoperta della diversa conformazione anatomica della bambina e a rinunciare più o meno completamente alla madre. Il bambino, rafforza la sua identificazione con il padre, che già in precedenza aveva invidiato per la sua forza ed autorità, consolidando cosi la sua mascolinità e conservando in maniera affettuosa la relazione con la madre.La risoluzione del complesso edipico, le cui vicende saranno completamente rimosse, si estenderanno a tutte le relazioni del bambino con il padre e la madre e più tardi con l’uomo e la donna in genere. Nella bambina invece, il riconoscimento della “mancanza del pene”, ad avviare il complesso EDIPICO. La bambina che non riesce a perdonare la madre, per averla messa al mondo (senza il pene) , di cui invidia al maschio il possesso. Abbandona la madre come oggetto d’amore e la sostituisce con il padre. Inoltre la bambina, si identifica con la madre, vuole sostituirsi a lei presso il padre e odia la madre precedentemente amata, per 2 motivi: la gelosia, e l’umiliazione derivante dalla mancanza del pene. Ciascun individuo però, non si limita a modalità reattive di un solo sesso, ma lascia un certo spazio alle reazioni del sesso opposto. La sostanziale bisessualità dell’essere umano, è considerato un fattore decisivo rispetto alla comprensione delle PSICONEVROSI. Il bambino può scegliere come oggetto d’amore il padre e identificarsi con la madre e la bambina si identificherà con il padre scegliendo come oggetto d’amore la madre (complesso edipico negativo). Dopo il Complesso di Edipo, la vita sessuale attraversa un periodo silente (FASE DI LATENZA), per poi ripresentarsi in tutta la sua vivacità con il risveglio puberale. La sessualità conosce quindi un inizio in 2 tempi. La FASE GENITALE, è quella in cui si determina la strutturazione definitiva della vita sessuale, le zone erogene delle fasi precedenti, organizzate sotto il primato dei genitali, adesso concorrono con le loro capacità di fornire piacere, al pieno soddisfacimento sessuale. Le vicende che hanno caratterizzato lo svolgimento del complesso di Edipo, lasceranno la propria impronta sulle scelte amorose della sessualità adulta. La tenerezza che il bambino rivolgeva ai genitori , a cui si aggiunge “una potente corrente sensuale”, si dirige ora verso un nuovo oggetto d’amore, che in qualche caratteristica si avvicina al genitore amato nel periodo edipico. Vengono mantenuti alcuni investimenti libidici, altri ancora vengono rimossi o sublimati e posti al servizio di mete socialmente valorizzate. Possono inoltre verificarsi delle fissazioni che bloccano o impediscono il raggiungimento della meta sessuale normale dando luogo alle perversioni. LA PULSIONE DI MORTE E LA RIDEFINIZIONE DEL CONFLITTO PSICHICO. Nel 1920 Freud riconsidera le ipotesi che identificano nel principio di piacere il regolatore fondamentale della vita psichica. È difficile considerare soddisfacimenti di desiderio i sogni che compaiono nelle nevrosi traumatiche o nei giochi dove il bambino ripete una situazione sgradevole che è stato costretto a subire. Freud collocò la coazione a ripetere fra i sintomi della nevrosi: si ripete il sintomo nevrotico invece di ricordare. Freud riformula quindi sotto un aspetto dualistico la teoria delle pulsioni nota come la “Teoria del dualismo pulsionale”, identificando una contrapposizione fondamentale tra le pulsioni sessuali (Eros), che assicurando la vita stessa si presentano come le autentiche pulsioni di vita; e le pulsioni che per la loro funzione portano alla morte (Thanatos), riferendosi al bisogno intrinseco che morire che ha ogni essere vivente. Gli organismi, secondo quest'idea, tendono a tornare a uno stato preorganico, inanimato. Freud assegna all’aggressività la stessa posizione della sessualità come fonte dell’energia pulsionale che dirige i processi psichici. Ciò che viene rimosso nell’inconscio non sono soltanto gli inaccettabili desideri sessuali, ma una potente e selvaggia distruttività derivante dalla Pulsione di morte (Thanatos). La Salute Mentale non implica l’assenza di rimozione, ma la conservazione di una rimozione modulata in modo da permettere la gratificazione e impedire che le pulsioni sessuali e aggressive prendano il sopravvento. LA TEORIA STRUTTURALE. Appariva a Freud, sempre più difficile far risalire le nevrosi ad un conflitto fra la COSCIENZA e L’INCONSCIO. Le forze che attivano la rimozione e da cui deriva la resistenza, non potevano essere collocate né nel PRECONSCIO ( perché non accedono mai alla coscienza) ; né nell’INCONSCIO; perché il rimosso, esercita una continua spinta ascensionale verso la coscienza e le forze che invece ne impediscono l’accesso alla coscienza. Il MODELLO TOPICO, non sembrava inoltre spiegare in maniera adeguata né il modo in cui il mondo esterno è portato “dentro alla mente” (processi di internalizzazione e identificazione) ; né la formazione degli ideali, dei valori e della coscienza morale, né gli auto-rimproveri cosi frequenti nel lutto e nel disturbo depressivo. LE STRUTTURE PSICHICHE. Nel 1922, nel saggio L’IO e L’ES, Freud disegna il funzionamento della mente nei termini dei complessi rapporti fra 3 strutture: l’ES, L’IO e il SUPER IO. L’ES: è la struttura psichica originaria presente fin dalla nascita, ed è caratterizzata dalla totale estraneità alla consapevolezza cosciente, può infatti essere descritta come la parte oscura e inaccessibile della nostra personalità. E’ il serbatoio delle pulsioni sessuali e aggressive da cui deriva l’energia per il proprio funzionamento, inoltre ci sono anche i contenuti rimossi. E’ una struttura priva di organizzazione e il suo funzionamento è guidato dalle leggi del PROCESSO PRIMARIO, volto quindi a ottenere il soddisfacimento dei bisogni pulsionali nell’osservanza del PRINCIPIO DI PIACERE. Al suo interno non valgono le leggi della logica formale, ma impulsi contradditori che coesistono senza annullarsi; manca l’idea di tempo… e i suoi contenuti, compresi quelli rimossi sono “ virtualmente immortali”. L’es non conosce né giudizi di valore, né il bene né il male, né la moralità. E’ una struttura totalmente inconscia e i suoi contenuti esercitano una spinta costante per ottenere il suo soddisfacimento. L’IO, costituisce il tramite tra l’ES e il mondo esterno, dunque è un’evoluzione della parte superficiale dell’ES. L’IO permette il soddisfacimento pulsionale tenendo conto delle caratteristiche del mondo esterno e grazie all’ ESAME DI REALTA’, di distinguere gli eccitamenti che provengono da fonti interne. E’ una struttura capace di tener conto del rapporto col tempo e di riassumere e unificare i processi psichici. E’ il PALADINO DELLA RAGIONE, ma è “dinamicamente debole”, perché deriva la propria energia dall’ES a cui può sottrarre importi energetici, identificandosi con oggetti presenti o abbandonati da tempo. Il SUPER-IO: deriva a sua volta da una modificazione dell’IO e può essere considerato il depositario di valori, degli ideali e delle esigenze della moralità. Il SUPER IO,ingloba 3 diverse funzioni: 1)AUTO OSSERVAZIONE 2)COSCIENZA MORALE 3)FUNZIONE DI IDEALE E’ l’esponente non solo dei valori morali, quindi i divieti dei genitori, ma anche il sedimento dell’antica immagine dei genitori, l’espressione dell’ammirazione del bambino che li considerava creature perfette, e accoglie in sé nel corso dello sviluppo anche gli influssi delle persone significative che hanno sostituito i genitori. Costruita sul modello del SUPER IO dei genitori, può essere considerata il veicolo delle tradizioni di tutti i valori che sono stati trasmessi di generazione in generazione. Gran parte di questa struttura è inconscia, e questo spiega il carattere perentorio e inflessibile delle sue richieste. RELAZIONI TRA LE 3 STRUTTURE: Queste 3 strutture sono legate dinamicamente da un complesso sistema di relazioni: 1) l’IO ed il Super-io sono dinamicamente dipendenti dall’ES, traggono da esso l’energia per il proprio funzionamento. 2)L’ES ed il Super-IO premono sull’IO, che a sua volta deve tener conto delle richieste del mondo esterno, per ottenere il soddisfacimento dei bisogni dell’ES e delle esigenze del Super-Io. 3) L’IO si trova a dover soddisfare le molteplici richieste del mondo esterno, dell’Es e del Super- Io. È spesso esposto al fallimento, si sente minacciato e reagisce con angoscia.  La nevrosi al conflitto tra l’IO e l’ES a sua volta distinte in: Nevrosi di traslazione dovute al conflitto tra l’IO e l’ES (ovvero la forza che seguendo essenzialmente i comandi del Super-io attiva la rimozione contro l’ES); Nevrosi narcisistica dovute al conflitto tra l’IO ed il Super-io. FREUD RICONDUCEVA:  La psicosi al disordine fra l’IO ed il mondo esterno: Freud rifacendosi al “caso clinico del presidente Schreber” identificava la causa della psicosi, considerata un tentativo dell’IO di sottrarsi al mondo esterno e di sostituirlo con uno nuovo, in un insopportabile frustrazione di desiderio ad opera della realtà. Il delirio è una sorta di difesa tra la lacerazione dell’Io con il mondo esterno. LE FUNZIONI DELL’IO E LA NUOVA TEORIA DELL’ANGOSCIA. Nel saggio, “INIBIZIONE, SINTOMO E ANGOSCIA 1925”; ribalta le posizioni sostenute inizialmente. L’angoscia non è più considerata conseguenza di una rimozione non perfettamente riuscita, ma l’anticipazione di un pericolo interno, una minaccia proveniente dall’ES o dal SUPER- IO. Un segnale di allarme a cui l’IO risponde attivandosi e ricorrendo alla rimozione o ad un'altra delle difese di cui dispone, per bloccare o evitare il desiderio che ha prodotto l’angoscia o per soddisfare gli impulsi dell’ES sottraendosi al tempo stesso alle ritorsioni del SUPER IO. I sintomi della Melanconia indicano che la libido ha subito una trasformazione fino alla prima fase orale o cannibalica ed il depresso malinconico nell’inconscio volge verso il proprio oggetto sessuale il desiderio di incorporazione. Per Abraham tutte le manifestazioni della melanconia evidenziano un fondamentale disturbo del rapporto libidico con l’oggetto, esprimendo un conflitto di AMBIVALENZA, a cui l’Io non si può sottrarre se non prendendo su di sé l’ostilità che spetta all’oggetto. Quindi il sentimento depressivo di essere odiato non è altro che la proiezione del profondo odio inconscio per l’oggetto. Abraham evidenzia il valore traumatico delle ferite narcisistiche sperimentate nell’infanzia, con particolare attenzione alla perdita dell’oggetto d’amore. Ipotizza un rapporto diretto tra la frustrazione orale nella prima infanzia e la schizofrenia, vede la depressione infantile come anticipatrice di un disturbo melanconico che si manifesterà in seguito. FORMAZIONE DEL CARATTERE. Gli studi psicoanalitici riconducono la formazione del carattere come derivato delle sottofasi dello sviluppo libidico,e mettono in evidenza le conseguenze disastrose dovute alle eccessive frustrazioni sperimentate nel primo periodo di vita. Prendono via gli studi sulla relazione primaria madre-bambino e vengono evidenziate le conseguenze psicopatologiche di questa relazione. Abraham sottolinea l’importanza della bocca e dell’attività di suzione come zona erogena illustrandone l’importanza per la formazione del carattere, stabilendo inoltre un collegamento tra:  - Fame nevrotica  - Dipendenza da morfina ed alcool  - Libido rimossa. Pone un forte accento sul carattere disturbante dell’invidia che riprenderà la Klein. SANDOR FERENCZI (1873-1933) ; I contributi principali riguardano gli studi sull’approfondimento delle: o □ Concettualizzazione delle fasi evolutive imperniate sullo sviluppo del senso di realtà o □ La riconsiderazione delle esperienze traumatiche nel corso dello sviluppo o □ Diario clinico – visione del processo psicoanalitico alla stregua di un processo dialogico tra paziente ed analista o □ Rivalutazione del transfert negativo e del controtransfert come una potenziale fonte di insight. Fasi EVOLUTIVE DEL SENSO DI REALTA’: lo sviluppo del senso di realtà, viene descritto secondo 4 diverse tappe, in termini di percorso evolutivo. 1)Periodo dell’onnipotenza incondizionata. 2)Periodo dell’onnipotenza magico-allucinatoria. 3) Periodo dell’onnipotenza mediante gesti magici. 4) Periodo dei pensieri e delle parole magiche. Ferenczi, considera l’immagine che i bambini hanno della propria onnipotenza, una sorta di delirio ingiustificato. Ferenczi come Freud, attribuisce alla nevrosi una regressione alle fasi precoci dello sviluppo infantile, e vede nella credenza dell’onnipotenza del pensiero – molto frequenti nella nevrosi ossessiva – l’espressione di un desiderio narcisistico orientato ad eliminare il disturbante principio di realtà trasformandolo e rendendolo inoffensivo. IL TRAUMA INFANTILE: Ferenczi aveva già evidenziato che per uno sano sviluppo infantile era molto importante:  un adeguato contatto corporeo con la madre, evitando un’eccessiva stimolazione del bambino da parte degli adulti.  Egli sottolinea l’importanza delle relazioni precoci nello sviluppo della personalità. Spostando l’attenzione dalla fantasia alla realtà esterna – quindi discostandosi da Freud – riporta la dissociazione, la scissione o la frammentazione di personalità – che caratterizzavano i pazienti con gravi disturbi di personalità, psicotici - a traumi esterni sperimentati nel corso dell’infanzia. Egli individua la componente maggiormente traumatica nelle situazioni di abuso – non solo sessuale ma anche del maltrattamento e trascuratezza anche se inferiore al primo – nel silenzio, nelle menzogne ed ipocrisie con cui l’adulto cerca di coprire la propria violenza. Il bambino – vittima innocente dell’abuso – spinto dal proprio bisogno di amore e di approvazione, nonché dalla paura delle punizioni, si conforma al silenzio ed alle falsificazioni del genitore e si identifica con i suoi atteggiamenti e sentimenti contradditori. Il risultato di questa complessa situazione relazionale sarà una forma di scissione e di frammentazione del Se ́con una distorsione del senso di realtà. Il bambino – per il quale è di vitale importanza mantenere la credenza della bontà del genitore – che si presenta nella duplice veste di benefattore e di pericoloso aggressore – lo idealizza trasformandolo in un protettore onnipotente, proiettando gli aspetti negativi, che attraverso la scissione lo ha privato, su un altro oggetto. Con questo processo il bambino può:  Incorporare il protettore onnipotente  Identificandosi con l’aggressore, con i suoi sentimenti di colpa, vergogna timore di essere scoperto e per autosopravvivenza, sopprime opposizione e rabbia e compiacendo il suo aggressore vi si sottomette completamente pagando cosi ̀una distorsione del senso di realtà. Tra persecutore e vittima si crea una perversa relazione conflittuale che incrina il senso di realtà della bambino costituendo la base da cui in età adulta si svilupperà la psicopatologia grave. Il bambino di cui si è abusato, diventa un essere che obbedisce in modo meccanico. Lo sviluppo della sua vita sessuale è bloccato e assume forme perverse, da cui possono derivare sia psicosi che nevrosi. Vivrà in un costante stato di dubbio e confusione, una permanente disregolazione affettiva, oscillazione tra stati di ottudimento ed eccitazione e nasconderà la propria disperazione sotto una pseudo maturità sviluppando una precoce capacità di accudimento, nei confronti del genitore abusante. Nel disperato tentativo di ripetersi del trauma. Il bambino abusato potrà a sua volta diventare un genitore crudele oppure sviluppare un marcato masochismo come difesa nei confronti della rabbia contro l’aggressore, anticipando la problematica della trasmissione intergenerazionale del maltrattamento. 1895: Jung studia medicina presso l’Università di Basilea, ma continua a coltivare i suoi molteplici interessi, tra cui quella per i fenomeni di occultismo. In seguito Jung infatti si uni ad un gruppo che partecipava ad esperimenti spiritici, su cui basò anche la sua tesi di laurea, pubblicata nel 1902 con il titolo “Psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti”. 1900: prosegui la sua formazione psichiatrica presso l’ospedale di Zurigo, che perseguiva un approccio dinamico alla cura dei pz psicotici rifiutando l’impostazione di KRAEPELIN: che aveva introdotto l’uso di test psicologici per studiare i processi mentali dei pz ricoverati e affidò a JUNG la conduzione di esperimenti con il reattivo delle associazioni verbali, i cui risultati costituiscono le basi empiriche di alcuni concetti centrali nella psicologia analitica. 1907: JUNG fa 2 incontri. Si reca a Parigi a studiare con JANET e andò a VIENNA a parlare con FREUD, con la quale aveva già iniziato uno scambio epistolare l’anno prima. Tornato a Vienna, fondò a ZURIGO il circolo psicoanalitico, diventando un appasionato difensore della psicoanalisi, nei congressi e attraverso i suoi scritti. JUNG, trovava in FREUD un maestro, che aveva sviluppato un articolata teoria del funzionamento mentale, e l’ipotesi che la psicopatologia non fosse il frutto di una degenerazione cerebrale ereditaria, ma il risultato di complessi processi mentali, connessi con la memoria infantile e decodificabili nella psicoterapia. 1905: libera docenza all’università di ZURIGO, dove svolse per molti anni corsi di psicopatologia e di psicoterapia, e probabilmente fu proprio la sua posizione accademica, il suo essere appartenente alla religione cristiana… che convinse FREUD ad affidare a lui la presidenza dell’ASSOZIAZIONE PSICOANALITICA INTERNAZIONALE, fondata a NORIMBERGA nel 1910, quando ci fu il 2 congresso di psicoanalisi. 26 DIC. 1906: Jung scrive una lettera a FEUD in cui menzionava 5 punti che lo differenziavano dal maestro viennese. 1) Il diverso materiale clinico osservato (malati di mente di norma incolti), in contrasto con i pz nevrotici dell’èlite viennese. 2) L’ambiente della propria formazione. 3) La minore esperienza rispetto allo stimatissimo professore. 4) La quantità e la qualità di talento psicoanalitico che Jung attribuisce a Freud. 5) La lacuna di una formazione psicoanalitica a diretto contatto con il maestro. Freud dunque assunse diffidenza nei confronti di un allievo che mescolava le ipotesi della psicoanalisi con citazioni tratte dalla simbologia nazionalista tedesca, e che metteva in discussione la validità delle sue ipotesi circa le cause sessuali della psicopatologia. Nel 1913 diede infatti le dimissioni dall’ASSOCIAZIONE PSICOANALITICA, dopo aver più volte lamentato che FREUD non si confrontasse abbastanza con opinioni diverse. Freud desiderava che i suoi allievi accettassero la sua dottrina, senza riserve. Dal 1913 al 1919, attraversa un periodo di profonda solitudine, a causa di una “malattia creativa”, che gli permise di approfondire attraverso l’introspezione, le sue conoscenze sull’attività mentale inconscia. Freud aveva applicato il metodo delle libere associazioni alla comprensione dei propri sogni nella sua autoanalisi. Cosi Jung sperimentò su se stesso, la tecnica dell’”immaginazione attiva”, tesa a evocare immagini e sogni a occhi aperti che permettessero di indagare la realtà psichica più profonda e di supportare le sue tesi sulla stratificazione dell’inconscio. Uscito da questo suo periodo di introversione, compii diversi viaggi. A 68 anni fu incaricato come docente presso l’università di Basilea, per l’insegnamento della psicoterapia che però lasciò per motivi di salute. Dopo la fine della 2° guerra mondiale, Jung ricevette pesanti accuse di filonazismo e aver mantenuto incarichi culturali prestigiosi anche in Germania in pieno regime nazista. Gli amici lo difesero argomentando che anche i lavori di Jung erano stati messi all’indice dalle autorità naziste. Nel 1948 un gruppo internazionale di allievi, fondò a ZURIGO il CARL GUSTAV JUNG INSTITUT, con l’obiettivo di diffondere il pensiero junghiano attraverso un regolare training analitico in lingua tedesca e inglese e attraverso la promozione di pubblicazioni teoriche e cliniche nell’area della psicologia analitica. Morii il 6 giugno 1961, a 86 anni, vedovo e nella casa di Küsnacht. LA RICERCA CON IL METODO ASSOCIATIVO E LA TEORIA DEI COMPLESSI. JUNG con l’osservazione dei pz psichiatrici, formulò una teoria DEL FUNZIONAMENTO PSICHICO, come articolato in COMPLESSI, o nuclei di significato differente, che includono pensieri, affetti e postulò la natura dissociabile della psiche; non vede la soggettività come un entità unica e coesa ma divisa in aspetti non sempre integrati fra loro. L’IO, è descritto come un complesso di rappresentazioni fra gli altri complessi e le cui attività integrative possono essere facilmente disturbate dall’attivazione di complessi secondari inconsci. Il “VALORE AFFETTIVO”, rende i complessi autonomi, fino ad arrivare in certi casi ad infrangere il sentimento di sé dell’individuo. Tutte le NEVROSI sono caratterizzate dall’azione disturbante dei complessi autonomi; nella schizofrenia infatti possiamo vedere l’autonomia dei complessi. I complessi sono degli “attratori” di energia psichica; Jung modifica la TEORIA PULSIONALE di Freud, definendo la libido come una quantitas della psiche individuale. L’energia psichica è una spinta motivazionale che può distribuirsi tra conscio e inconscio, su oggetti reali o rappresentazioni. E’ una forza motivante che spinge verso la crescita psicologica, intesa come espressione delle proprie risorse e trasformazioni di un adulto sano e creativo. La libido è anche un’energia creativa, in quanto produce rappresentazioni simboliche dello stato mentale inconscio del soggetto e le propone alla coscienza, che se ne interpreta correttamente il significato evolutivo, procede verso forme di adattamento. PRODUZIONI ONIRICHE FREUD VS JUNG. Per Freud esse derivavano dalle vicende infantili della sessualità. Mentre per Jung, bisognava aggiungere a ciò che aveva postulato Freud, una “comprensione costruttiva”, vedendo queste manifestazioni come una conoscenza di tutto ciò che verrà, essendo che l’anima crea il futuro. La psicopatologia inibisce lo sviluppo naturale e provoca una regressione. Nelle NEVROSI vi è una falsificazione della realtà, mentre nella SCHIZOFRENIA vi è una perdita della realtà. Secondo la TEORIA DEI COMPLESSI DI JUNG, la condizione dei contenuti inconsci è diversa da quella dei contenuti consci; in quanto i complessi a tonalità affettiva (inconsci) se dissociati, non possono modificarsi sulla base dell’esperienza, come invece accade per i contenuti consci, ma assumono un carattere coattivo di automatismo da cui possono essere sottratti solo rendendoli coscienti attraverso l’analisi. FUNZIONI IRRAZIONALI. Il tipo sensazione a) Estroverso: tenderà a dare valore esclusivo all’intensità delle percezioni sensoriali, rivolte a oggetti concreti, se predomina l’estroversione come in un uomo gaudente o in un esteta; b) Introverso: tenderà a dare valore all’esperienza sensoriale soggettiva, come può accadere a un artista; Il tipo intuizione a) Estroverso: cercherà di guardare dentro le cose, per costruire relazioni che altrimenti non potrebbero essere ottenute; può diventare un promotore di opere di civiltà, o se è una donna capace di allacciare relazioni in società. b) Introverso: indirizzerà la sua intuizione verso oggetti interni come l’inconscio; ad es. i profeti In questo studio, in cui classifica i tipi di personalità, JUNG introduce la sua TEORIA DEL FUNZIONAMENTO MENTALE in cui vi è una complementarità fra ATTEGGIAMENTO COSCIENTE e ORIENTAMENTO INCONSCIO; -Se la funzione dominante è il PENSIERO, la personalità sarà caratterizzata da un atteggiamento conscio, in cui prevale la razionalità estrema nell’attività inconscia. -Al contrario se la coscienza è dominata dal SENTIMENTO, la razionalità viene veicolata dalla mente inconscia. - Se invece nella coscienza domina la FUNZIONE SENSORIALE, sarà l’intuizione ad essere relegata nell’inconscio - Viceversa nel tipo INTUITIVO, la sensazione tenderà ad assumere la prevalenza nella vita psichica. Jung introduce una nuova ipotesi psicodinamica: i contenuti inconsci della mente non provengono solo dalla rimozione di quanto per la coscienza è inaccetabile, MA possono essere dei nuovi aspetti, potenzialità di adattamento e creatività poco esplorate, che se vengono integrate nella prospettiva della coscienza, possono rappresentare un ampliamento della conoscenza di se stessi, ma anche della realtà esterna. La psicopatologia è quindi il mancato sviluppo delle potenzialità individuali. L’analisi dunque è uno strumento potente per attivare quei contenuti e quelle funzioni inconsce che la coscienza ha bisogno di integrare per riprendere uno sviluppo della personalità. INDIVIDUAZIONE= cogliere il senso della propria vita, secondo JUNG. Dal punto di vista intrapsichico, il processo di individuazione implica un continuo confronto tra l’IO e L’INCONSCIO, allo scopo di arricchire il funzionamento dell’IO attraverso l’integrazione dei contenuti complessuali e delle funzioni psichiche secondarie. Dal punto di vista INTERPERSONALE, il compito dell’individuazione è quello di differenziarsi dall’ambiente sociale e dalle pressioni che la dimensione collettiva (appartenenza in primis alla famiglia, e in secundis alla società, tradizioni della propria cultura), costruendo un senso di Sé come appartenente a una comunità e allo stesso tempo differenziandosene. GLI ARCHETIPI E L’INCONSCIO COLLETTIVO. Un altro concetto fondamentale della teoria junghiana, l’archetipo, viene definito come immagine e come categoria mentale (Tali categorie derivano da una sorta di memoria filogenetica che ha le sue radici nelle tradizioni culturali stratificate nel corso dei secoli), Secondo l’autore, si tratta di contenuti mentali disponibili nella “struttura cerebrale ereditaria” e che quindi sono “collettivamente inconsci”. L’ARCHETIPO è la struttura biologica che alimenta l’immaginazione ONIRICA, DELIRI, CREATIVITA’ ARTISTICA E LETTERARIA. Per Jung l’architettura della mente è articolata secondo tre modalità:  - la coscienza: regolata dal complesso dell’Io,  - l’inconscio personale: suddiviso in persona e ombra  - l’inconscio collettivo: attiva le immagini archetipiche Il funzionamento dell’inconscio personale è il risultato delle forze opposte: PERSONA E OMBRA. E’ una coppia intermedia che conduce all’inconscio COLLETTIVO. La PERSONA, è una maschera che l’individuo porta per rispondere alle convenzioni sociali. E’ il compito e la funzione che gli viene associata ad essa, che spesso nasconde la vera natura dell’individuo. L’OMBRA, è la parte inferiore della personalità, si comporta in maniera complementare rispetto alla coscienza e dunque può avere effetti positivi e negativi; perché riguarda sia aspetti indesiderati relativi alla personalità, famiglia e collettività; sia qualità positive… istinti, percezioni, impulsi… che a causa della loro inconciliabilità con la forma di vita, scelta coscientemente, non vengono vissute e si uniscono all’inconscio. L’INCONSCIO COLLETTIVO, agisce sulla coscienza individuale attivando immagini archetipiche, che compaiono spontaneamente nei sogni e che nella vita diurna sono proiettate su persone e/o oggetti esterni. - la coscienza dell’uomo tende a rappresentarsi l’inconscio al femminile, l’Anima, solitamente proiettata sulla madre e sulla donna amata; - la coscienza della donna tende a rappresentarsi l’inconscio al maschile, l’Animus, proiettato sul padre e sull’uomo amato. La proiezione dei contenuti ARCHETIPICI della psiche sull’analista, costituiscono un primo passo verso l’integrazione di tali contenuti nella coscienza. Però, essi non vengono del tutto risolti, perché la crescita psicologica è intesa come la produzione continua di nuovi simboli, creando dei nuovi processi mentali “costruttivi”. Dunque, il pensiero simbolico, per JUNG, implica che il presente modelli il passato e viceversa, riattivando delle capacità sopite. IL TRANSFERT: il secondo costrutto cardine della tecnica psicoanalitica è il transfert; in una rivisitazione più ampia del ruolo fondamentale della relazione terapeutica, vista come un processo di scambio profondo tra paziente e analista che provoca modificazioni in entrambi i partecipanti. Fu il primo a segnalare a Freud, l’importanza del controtransfert. Infatti l’ha definito come l’alfa e l’omega della psicoanalisi. Per illustrare l’influenza, quasi chimica del paziente sull’analista. Jung usa la metafora, della produzione dell’oro, dove il metallo purissimo degli alchimisti, simboleggia l’esperienza della conquista di una dimensione spirituale, di un uomo originario o totale, o come Cristo. Il processo comunicativo che ha luogo in analisi produce fenomeni transferali e controtransferali; l’unione degli affetti e dei pensieri, permette grazie alle proiezione reciproche, l’unione degli opposti (stati mentali inconsci e consci) in un contesto protetto come quello del setting. In questo modo, attraverso il dialogo tra paziente ed analista, si crea una sorta di palestra, dove il paziente, conquista una nuova prospettiva su se stesso e il mondo, grazie alla conoscenza acquisita e dall’unificazione dei due elementi ( inconscio e conscio). Questo processo non è esente da rischio, e cioè che a causa dell’esperienza del transfert e controtransfert, vi può essere una pericolosa identificazione dell’analista nello sciamano onnipotente. Jung, ricorre alla metafora del “guaritore ferito”, secondo la quale, se l’analista non è consapevole della propria vulnerabilità e non è in grado di accettare le proiezioni della ferita del pz sulla propria persona, non potrà svolgere il suo compito di terapeuta. LE TEORIE DIVERGENTI DI ANNA E MELANIE. La Società britannica di psicoanalisi nasce il 20 Febbraio del 1919 con Ernst Jones, un medico che lavorava nel campo della neurologia, colpito dagli scritti di Freud e che nel 1907 incontrò personalmente Jung ad Amsterdam. Grazie alle continue pressioni che Jones fece all’associazione dei medici britannici, nel 1929 la psicoanalisi fu riconosciuta come una branca della medicina. Si rese quindi necessaria la formazione dei nuovi analisti e, nel 1926, viene istituito il primo comitato di training. Nello stesso anno Jones invitò la Klein a tenere un ciclo di conferenze a Londra. Le idee della Klein furono inizialmente accolte ottimamente a Londra, dato che le aree di interesse della Klein corrispondevano agli interessi degli analisti inglesi. - Componenti innate della psiche - Il loro ruolo nello sviluppo del senso di realtà,del ruolo dell’odio e dell’aggressività in relazione al senso di colpa - Sviluppo della sessualità femminile). Con l’avvento del nazismo, dal 1933 la Società inglese iniziò ad accogliere molti analisti provenienti dal continente. Nel 1934 Jones fu eletto presidente dell’Associazione internazionale di psicoanalisi (IPA) e dovette prender atto di una profonda differenziazione tra la scuola inglese e quella viennese dove, soprattutto a Berlino, le idee della Klein avevano suscitato perplessità e dove predominavano i lavoro di Anna Freud. I punti di divergenza più importanti tra le due scuole riguardavano: 1) lo sviluppo precoce della sessualità, in particolare quella femminile 2) la genesi del Super-io e la sua relazione col complesso di Edipo; 3) la nozione di pulsione di morte e la tecnica dell’analisi infantile. Si stabiliva quindi la differenza tra PSICOANALISI E PSEUDOANALISI; distinguendo la psicoanalisi stessa da altre forme di psicoterapia. L’analisi rientrava nelle pratiche mediche, sorgeva il problema dei trattamenti effettuati da analisti di formazione non medica. Venne trovato un compromesso che permetteva agli analisti “laici” di poter esercitare la professione, ma dal punto di vista legale la responsabilità della diagnosi era di appannaggio medico, che davano anche indicazioni sui vari trattamenti. All’interno della Società di psicoanalisi britannica si creò un gruppo di opposizione delle idee Kleiniane, stretto intorno ad Anna Freud e agli analisti viennesi. Vi era un folto gruppo di analisti britannici che non voleva appartenere all’una o all’altra corrente. Venne lasciata la libertà di non schierarsi, ma entrambi i corsi di formazione prevedevano la prima supervisione con un analista didatta dell’orientamento del corso, mentre la seconda supervisione doveva necessariamente essere svolta con un analista non appartenente a nessuno dei 2 gruppi. Cosi,̀ la Società britannica si trovò divisa in tre correnti: 1) i kleiniani 2) gli annafreudiani (Hartmann, Mahler, Spitz, Jacobson, Sandler, Erikson) 3) il gruppo di mezzo, o indipendenti. Del gruppo di mezzo fecero parte tra gli altri: Winnicot, Bowlby, Fairbain… La loro forza fu quella di coniugare liberamente, al di fuori delle rigide regole di appartenenza, le implicazioni e le suggestioni teoriche e cliniche provenienti dalle teorizzazioni kleiniane e della psicologia dell’ Io. Il rapporto con l’ambiente e lo sviluppo delle relazioni oggettuali diventeranno i punti di maggiore interesse teorico per questo gruppo di analisti, al punto che alcuni di loro diventeranno dei capiscuola, come Winnicot e Bowlby. Venne ufficialmente stabilito che nella Società britannica sarebbero esistiti due percorsi di formazione: uno afferente alle teorie della Klein e l’altro afferente agli studenti di Anna Freud. Mentre in Europa si combatteva la 2° guerra mondiale, all’interno della Società britannica si sviluppava un conflitto tra due fronti. Infatti vennero organizzati degli incontri mensili in cui le due parti avrebbero presentato delle relazioni volte a discutere gli aspetti più controversi delle 2 visioni teoriche. Nacquero cosi le “DISCUSSIONI CONTROVERSE”. Avevano l’obiettivo di chiarire la posizione della Klein rispetto alla metapsicologia di Freud, cercando di dimostrare che non vi fosse un allontanamento dai principi fondamentali della psicoanalisi, MA una naturale evoluzione della psicoanalisi stessa. I MECCANISMI DI DIFESA COME FUNZIONI DI ADATTAMENTO. Freud nel 1894 aveva introdotto il concetto di DIFESA, successivamente ampliato dalla figlia, attraverso lo studio di ulteriori meccanismi di difesa; FREUD, Aveva attribuito alla struttura dell’IO la funzione (inconscia) di regolare l’angoscia con i meccanismi di difesa. “Il processo di difesa è analogo alla fuga mediante la quale l’IO si sottrae a un pericolo che incombe minaccioso dall’esterno. Nel suo saggio fondamentale “ L’IO E I MECCANISMI DI DIFESA” ; A. Freud definisce le difese, come attività dell’Io che entrano in funzione per contrastare le incursioni dell’ES (difesa contro le pulsioni), o per trasformare gli affetti correlati ai moti pulsionali come amore, gelosia, dolore e lutto… che accompagnano i desideri sessuali e odio, collera, rabbia che accompagnano i desideri aggressivi (difesa contro gli affetti). Considera inoltre, quei fenomeni difensivi permanenti, che sono le tracce dei processi difensivi, molto attivi in passato e staccate dalle loro situazioni originarie, che sono diventati tratti del carattere. Si esprimono attraverso atteggiamenti abituali, come la rigidità posturale o l’arroganza… I meccanismi di difesa, sono strumenti dell’IO nella lotta contro 3 grandi forme di angoscia a cui l’IO è esposto: 1)L’ANGOSCIA REALE. 2)ANGOSCIA DI FRONTE ALLE PULSIONI. 3) ANGOSCIA MORALE. Introduce la DIMENSIONE EVOLUTIVA, come criterio CENTRALE, per valutare l’ADEGUATEZZA e la PATOGENICITA’ dei meccanismi di difesa. Sviluppa una classificazione seguendo alcuni accenni del padre per distinguere 1)Meccanismi utilizzati prima della differenziazione dell’IO dall’ES ( per contenere l’ANGOSCIA REALE, come la separazione dalla madre) ; 2)e quelli successivi a tale differenziazione ( rivolti a contenere l’angoscia generata da un desiderio pulsionale, come i propri impulsi aggressivi); 3)e quelli che precedono e seguono la formazione del SUPER IO ( rivolti a contenere l’angoscia, generata dai rimproveri morali del super io). I contenuti dell’ Es non possono essere conosciuti direttamente ma soltanto attraverso i derivati dell’Io: Se Es ed Io sono in armonia à il processo di liberazione della tensione non richiede la partecipazione dell’Io e può essere osservato; Se Es ed io non sono in armonia à il passaggio di impulsi dà luogo a conflitti, l’osservazione viene interrotta, l’Es viene considerato un intruso dall’Io, l’Io mette in atto meccanismi di difesa per proteggere i propri confini. Quello che attraverso l’Io si rivela è una pulsione dell’Es non più genuina ma modificata dalle misure difensive dell’Io, dall’azione della terza istanza, il Super-io. Questa classificazione, permette di distinguere le strategie difensive del bambino che teme come reali e le punizioni del mondo esterno, da quelle dell’adulto che teme, sia di essere distrutto dalle critiche del SUPER IO, sia di essere sopraffatto o annientato dalle pulsioni ( questo può verificarsi fisiologicamente in alcune fasi dello sviluppo come la pubertà). Quest’approccio evolutivo, alla formazione delle difese permette alla Freud di proporre alcune osservazioni originali ad esempio rispetto ai processi di distorsione della realtà, che possono essere normali nella prima infanzia ( come il diniego della realtà attraverso la fantasia) o rispetto alcune strategie difensive tipiche dell’adolescenza, come: L’identificazione con l’aggressore. CONSISTE NELL’ASSUMERE IL RUOLO DELL’AGGRESSORE O IMITARE LA SUA AGGRESSIONE; L’IO, QUINDI, SI TRASFORMA DA MINACCIATO IN MINACCIANTE. Il passaggio da ruolo passivo a quello attivo può avere il significato di un’assimilazione di un’esperienza infantile spiacevole o traumatica, sostituita da un attacco diretto al mondo esterno. Tale misura di difesa si può considerare normale finché l’Io la impiega nel suo conflitto con l’autorità, cioè nei suoi sforzi di dominare gli oggetti ansiogeni. Diventa patologico allorché viene coinvolto nella vita amorosa. La rinuncia altruistica CONSISTE NELL’INTERESSARSI AMICHEVOLMENTE ALLA SODDISFAZIONE DEGLI ISTINTI DEGLI ALTRI GRATIFICANDO INDIRETTAMENTE I PROPRI. La rinuncia altruistica nasce quando il meccanismo della proiezione è nella forma normale e meno evidente e permette, cosi,̀ di stabilire dei legami positivi, validi e consolida i nostri rapporti umani. L’ascetismo CONSISTE NELLA PREOCCUPAZIONE, NON TANTO DELLA GRATIFICAZIONE O DELLA FRUSTRAZIONE DI DETERMINATI DESIDERI ISTINTUALI, QUANTO DELLA GRATIFICAZIONE O DELLA FRUSTRAZIONE ISTINTUALE DI PER SE STESSA. E’ un meccanismo di difesa tipico degli adolescenti, i quali temono, non tanto la quantità, quanto piuttosto la qualità dei loro istinti. Diffidano del godimento in genere e pensano che la linea di condotta più sicura sia opporre ai desideri più urgenti delle proibizioni altrettanto rigorose. Questa sfiducia dell’adolescente nei confronti dell’istinto costituisce una tendenza pericolosa per il futuro; può partire dai desideri istintuali veri e propri ed estendersi poi ai bisogni fisici più comuni. L’intellettualizzazione CONSISTE NELL’ ALIMENTARE I SOGNI AD OCCHI APERTI DELL’ADOLESCENTE. LA SOLA MEDITAZIONE, SPECULAZIONE O DISCUSSIONE GLI PROCURANO DI PER SE STESSE SODDISFAZIONE. L’adolescente trasforma la fuga ascetica dall’istinto in un trasporto verso di esso, ma questo avviene solamente nel pensiero, ed è un processo intellettuale. In sintesi, i meccanismi di difesa, consentono all’IO di limitare lo sviluppo di angoscia e dispiacere e di assicurare all’individuo anche in circostanze difficili, un godimento pulsionale, instaurando un’armonia tra ES, SUPER IO e forze del mondo esterno. A. Freud esplicita i criteri rilevanti per la valutazione della funzionalità dei meccanismi di difesa, particolarmente in età evolutiva: 1. a) Livello di intensità e di generalizzazione delle difese rispetto all’attività ed al piacere 2. b) Adeguatezza delle difese rispetto all’età del soggetto 3. c) Ampiezza e flessibilità delle risorse difensive 4. d) Efficacia delle difese nel controllo dell’angoscia e nel mantenere uno stato di equilibrio nel funzionamento strutturale 5. e) Grado di indipendenza dell’attività difensiva dal mondo esterno ( grado con cui le difese sono integrate nel SUPER IO) 6. Grado di interferenza dell’attività difensiva con le acquisizioni dell’io ( quale prezzo paga l’individuo per mantenere la sua organizzazione). Sempre nel suo saggio sulle difese (“ L’IO E I MECCANISMI DI DIFESA”) , individua delle strategie adattive usate dal pz e questo gli consente di prevedere le possibili forme del TRANSFERT, inteso come forma di compromesso tra i desideri inconsci e le difese del pz. Infatti, il compito dell’analisi è acquisire una conoscenza più completa di tutte e 3 le istanze della quale si pensa si componga l’istanza psichica ( es, io, e super io) e dunque la conoscenza dei rapporti tra loro e il mondo esterno. A. Freud afferma che non bisogna avere una posizione UNILATERALE, cioè considerare solo i contenuti delle libere associazioni, o i sogni oppure l’interpretazione del transfert; ma per garantire la completezza dell’analisi, bisogna partire da un punto che è equidistante dall’ES, Io, e Super Io. Anna Freud ha espresso chiaramente un atteggiamento cauto e conservativo riguardo l’uso della tecnica psicoanalitica: esprime ad esempio dubbi circa la possibilità di allargare la tecnica psicoanalitica alle patologie psicotiche e borderline. Quindi, in sintesi le difese a volte tendono ad altrare la realtà, ma in altri casi riescono a modificare lo stato emotivo interno in forma relativamente stabile. L’autrice rivisita la TEORIA PATERNA DELLO SVILUPPO INFANTILE, attraverso un nuovo focus, sulle caratteristiche del bambino “normale”, cercando di rendere più chiari i costrutti psicoanalitici, attraverso le osservazioni della vita quotidiana dei bambini e dei loro genitori. Conferisce ai genitori, il ruolo di FACILITATORI DELLO SVILUPPO, nella psiche infantile di un equilibrio, tra le pulsioni dell’ES e lo sviluppo dell’IO e del SUPER IO, necessarie alla trasformazione del piccolo uomo in un adulto sano e soddisfatto. La pedagogia psicoanalitica sosteneva che l’atteggiamento genitoriale dovesse ridurre al minimo le restrizioni per timore di indurre nei figli conflitti e inibizioni nevrotiche. Invece A.Freud sosteneva che; i genitori devono si comprendere e riconoscere i bisogni sessuali aggressivi del funzionamento mentale naturale del bambino, non condannandoli moralmente, ma devono anche limitare l’irrequietezza con con cui l’ES comunica nella prima infanzia. I bisogni che il bambino deve imparare a contenere sono legati alle fasi orale, anale e fallica, impulsi che servono ad adattarsi alla vita sociale, se gradualmente trasformati e adeguati. In questa visione del funzionamento mentale, basate sulle PULSIONI INNATE, che devono essere addomesticate per consentire un normale inserimento del bambino; ai genitori è affidato il compito di svolgere le funzioni dell’IO ( oltre a quelle del SUPER IO che trasmette i valori condivisi dalla società di appartenenza), fino a quando il bambino, non avrà interiorizzato tali funzioni attraverso le indentificazioni. I compiti dell’Io, nella regolazione della vita psichica sono 2 funzioni principali. I genitori, devono elevare i processi di pensiero, rendendo i processi cognitivi non rispondendo soltanto ai bisogni pulsionali ( secondo il processo primario) , ma valutando la realtà esterna attraverso il pensiero logico, razionale e cosciente, dunque diventando un PROCESSO SECONDARIO. Il fine è che il bambino si comporti attraverso realtà, buon senso e sicurezza. I genitori e le altre persone che compongono la famiglia allargata, rivestono un ruolo di fondamentale importanza nello sviluppo dell’IO del bambino nei primi anni di vita; più saranno solidi i suoi rapporti affettivi, più sarà solido l’IO. “l’analista infantile che interpreta solo in termini di realtà interna rischia di trascurare resoconti sulle circostanze ambientali non meno importanti” MA ciò non indica che la sola alterazione della realtà esterna possa produrre un effetto curativo “i fattori esterni dannosi acquistano significato patologico attraverso l’interazione con le predisposizioni innate e gli atteggiamenti interiorizzati acquisiti”. Approccio evolutivo alla normalità e patologia nel bambino, adolescente ed adulto. Modello: Elabora il concetto di Armonia e Disarmonia interna. ́ Il processo evolutivo si basa su 3 componenti: 1. Dotazione naturale, patrimonio congenito; 2. Ambiente (apporti parentali, scolastici, educativi); 3. Grado di strutturazione e maturazione raggiunto all’interno della personalità. L’accertamento diagnostico nel bambino. Limiti: valutazione di una situazione interna di un individuo in evoluzione (bambino). Sintomi, Inibizioni, Ansie non hanno lo stesso significato che assumeranno in seguito nell’adulto. Possono indicare: Stress evolutivi che non lasciano traccia una volta superata la fase dell’infanzia o che lasciano il posto ad altri segni di disturbi che permarranno/ o ad un’area di maggiore vulnerabilità; Limiti: per l’adulto criterio di normalità è: saper gestire compiti vitali (lavoro, vita sessuale-affettiva) e nel bambino il successo o fallimento nella gestione di compiti appropriati all’età non ha lo stesso significato di criterio discriminante di normalità come nell’adulto.  La diagnosi nel bambino Non può essere effettuata sulla base di criteri sintomatologici (inibizioni e ansie), né d’adattamento nei compiti vitali. Anna Freud propone la valutazione delle capacità di progredire lungo le sequenze evolutive e il danno relativo a tali capacità di evolvere. Il compito del valutatore è accertare: - dove il bambino si colloca lungo la scala evolutiva; -se la sua posizione è adeguata all’età, precoce o ritardata; -in che modo e misura circostanze interne ed esterne osservabili e i sintomi esistenti, interferiscono con la possibilità di crescita futura Inoltre A. Freud, rivolge l’attenzione alle fasi successive del complesso edipico, quindi preadolescenza e adolescenza. Viene messa in luce la crisi che investe i rapporti tra genitori e figli con l’avvento della pubertà, in cui i preadolescenti mettono in discussione le figure dei genitori che erano state idealizzate nell’infanzia. Con la pubertà, rovesciano i ruoli e ciò diventa intollerabile per i genitori, difendendo la propria crescita e maturazione cognitiva ed affetiva. L’adolescenza nei casi migliori, prevede un abbandono graduale della ribellione contro i genitori, ma potrebbe diventare un periodo di forte turbolenza psicologica, a causa di carenze ambientali o conflitti irrisolti dell’infanzia. L’autrice sottolinea più volte le manifestazioni ambivalenti del funzionamento dell’adolescenza normale: l’adolescente può innamorarsi perdutamente, identificandosi con la persona amata fino a perdere quasi il senso della separatezza del sé, ma allo stesso tempo usando l’intellettualizzazione è capace di astrazioni totalizzanti. PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO E ANALISI INFANTILE. Esempi di linee evolutive sono:  - Dalla dipendenza all’autonomia emotiva e alle relazioni oggettuali adulte  - Dall’allattamento all’alimentazione autonoma  - Dall’irresponsabilità alla responsabilità nel disporre del proprio corpo  - Dall’egocentrismo alla socievolezza L’accertamento diagnostico del bambino, si avvale di due strumenti: -LINEE EVOLUTIVE. - PROFILO METAPSICOLOGICO. Anna Freud diviene sempre più consapevole della inadeguatezza delle fasi dello sviluppo libidico come quadro di riferimento nel considerare tutti gli aspetti dello sviluppo e della patologia infantile. Le linee evolutive si propongono di individuare le interazioni fondamentali tra Es, Io e Super-io, i vari livelli di evoluzione, la loro reazione alle influenze ambientali e le loro sequenze legate all’età. Esse non fanno riferimento a una specifica struttura dell’apparato psichico, ma alle interrelazioni tra le varie strutture. Prototipo di linea evolutiva è la sequenza che conduce dalle cure materne fino al conseguimento dell’autonomia adulta. Il Profilo Metapsicologico: Si prefigge una diagnosi psicoanalitica del bambino, che consiste appunto nel comprenderlo all’interno del quadro psicoanalitico di riferimento. Il profilo metapsicologico ideato inizialmente per i quadri nevrotici sarà esteso ad altre categorie a diverse età: nosografiche “baby profile”. E’ un Ipotesi sull’ organizzazione mentale e sull’intervento appropriato da adottare. MELANIE KLEIN- GLI SVILUPPI DELLA PSICOANALISI NELLA SCUOLA INGLESE. M. KLEIN nasce a Vienna il 30 Marzo 1882- Londra 22 Settembre 1960. Apparteneva ad una famiglia ebraica di stretta osservanza. Il padre aveva divorziato dalla prima moglie che gli era stata imposta dalla famiglia, e si sposò con Libussa Deutsch, da cui nacquero 3 figli. Il padre aveva una netta preferenza per la figlia maggiore e di questo Melanie, ne soffriva parecchio. Allo stesso tempo però ammirava le qualità intellettuali del padre. Il dottor Reizes era un autodidatta che aveva imparato 10 lingue europee.. era sempre disponibile a rispondere alle curiosità intellettuali della figlia, che con il crescere dell’età diventavano sempre più frequenti. La madre di Melanie, apri un negozio di piante e animali esotici e questo fa supporre che il dottor Reizes non avesse avuto molta fortuna nella professione medica. A Vienna in quegli anni il fatto che la moglie di un medico lavorasse, era indice di disagio economico che di emancipazione sociale. Anche Freud in alcune delle sue lettere sottolineava spesso le difficoltà per un medico ebreo a costruirsi una solida clientela. L’infanzia della Klein, fu funestata da lutti importanti: la sorella minore Sidonie e il fratello Emmanuel. Le biografie si soffermano molto sull’influenza che ebbero questi lutti direttamente sulla Klein. Sidonie era morta a 9 anni, e Melanie ne aveva 5. Aveva una malattia che la costrinse a letto per più di un anno e che influi sullo stato emotivo di Libussa , il che probabilmente influenzò i suoi futuri rapporti con la figlia più piccola. Melanie si legò molto a Sidonie nel suo ultimo anno di vita e le mostrò profonda dedizione. Sidonie stessa aveva insegnato a Melanie a leggere, scrivere e trasmetterle diverse conoscenze. Da più grande un rapporto simile, lo strinse anche con il fratello, che la preparò all’ammissione al ginnasio, scuola necessaria per potersi iscrivere in medicina. Frequenta sempre più il fratello, condividendone gusti letterari, interessi, curiosità e il gruppo dei pari. Si fidanza con Arthur Klein, amico di Emmanuel. Anche il fratello che soffriva di disturbi cardiaci come Sidonie, nel 1902 a 25 anni, scomparve. Rapporto profondo con la madre, al punto che quest’ultima si trasferi dalla figlia negli ultimi 5 anni della propria vita e la confortò e sostenne, in un periodo per Melanie molto difficile. La Klein in vecchiaia, amava parlarne spesso ricordando quanto si fosse profondamente commossa per la serenità e il coraggio dimostrato dalla madre all’approssimarsi della morte. Melanie, fidanzata da 3 anni con Arthur, decide di sposarsi con il marito, ingegnere chimico e segue il marito in varie città d’Europa, abbandonando l’idea di studiare medicina all’università. Da questo matrimonio nasceranno 3 figli; ma nel 1934 muore il suo secondo figlio. Qualche anno prima della grande guerra, Arthur viene trasferito a Budapest e qui per la prima volta nel 1918 legge e sente parlare Freud al congresso di Budapest. Intraprende nel frattempo un’analisi con Ferenczi che la incoraggia ad avviare il lavoro clinico con i bambini. Nel 1919 presenta il suo primo lavoro alla SOCIETA’ UNGHERESE DI PSICOANALISI. Lascia Budapest nel 1919 a causa della situazione politica successiva alla disfatta delle potenze centrali, si rifiuta di seguire il marito in Svezia, segnando di fatto la separazione tra i due. Da questo momento in poi la sua produzione scientifica e il lavoro di ricerca psicoanalitica subiranno ben poche interruzioni e diventeranno il fulcro della sua vita. 1921: decide di trasferirsi a Berlino, attratta dalla figura carismatica di Abraham. Sotto la sua protezione, la Klein presenta molte relazioni alla società berlinese e pubblica i suoi primi articoli. Chiese ad Abraham di fare analisi con lui e nonostante egli fosse contrario ad analizzare i colleghi che lavorassero a Berlino, fece un eccezione. Analisi che si interruppe con la morte di Abraham. La società berlinese guardava con sospetto al suo lavoro e seguiva, ritenendola più ortodossa, Anna Freud, che aveva iniziato a lavorare con i bambini più o meno nello stesso periodo. 1925: Al congresso di Salisburgo ha presentato una relazione intitolata “CONTRIBUTO ALLA TECNICA DELL’ANALISI INFANTILE”. ERNST JONES e altri psicoanalisti inglesi ne rimasero molto impressionati e la invitarono a tenere una serie di conferenze a LONDRA. 1926: tiene a LONDRA, 6 conferenze che costituiranno la parte iniziale del libro “LA PSICOANALISI DEI BAMBINI” , trovando nei colleghi inglesi interesse e sostegno al suo lavoro che la spingeranno a trasferirsi definitivamente a Londra nel giro di qualche mese. Anni 40 del 900: la situazione politica in Europa, costrinse molti psicoanalisti viennesi e tedeschi ad emigrare a Londra, dove furono poi raggiunti da Freud e la figlia, Anna F. Il clima di supporto e sostegno iniziò a mutare. Molti colleghi si schierarono dalla parte di Anna F., con la quale la Klein era ormai in netto contrasto. Tutto questo portò nel giro di pochi anni ad uno scontro interno alla Società Britannica, che sfociò in discussioni controverse. Ma la Klein è ormai un capo scuola e passerà gli ultimi 20 anni della sua vita ad elaborare sempre più il suo modello, ad analizzare e formare allievi che svilupperanno nuove teorie. L’ANALISI DEI BAMBINI E LA TECNICA DEL GIOCO. I primi scritti della Klein, riguardano soprattutto lo sviluppo intellettivo del bambino. Mostra un particolare interesse per l’applicazione della psicoanalisi volta a facilitare uno sviluppo sano del bambino (intende primariamente lo sviluppo dell’intelligenza). Il primo caso di bambino, che le varrà poi l’entrata nel mondo scientifico, era l’osservazione psicoanalitica effettuata dalla Klein sul figlio più piccolo. In quegli anni, la psicoanalisi, per quanto concerneva l’infanzia, si era concentrata, su un intervento di tipo pedagogico; rispetto che di cura. Anche la Klein si avvicina alla sua prima esperienza, con quest’ottica. L’idea che sostiene nel suo primo lavoro è semplice: Il bambino nasce ricco di curiosità, prevalentemente rivolte a fatti di natura sessuale e la rimozione di queste curiosità porterà gradualmente a un impoverimento delle capacità intellettive del bambino stesso.Il compito dell’educazione analitica consiste nel soddisfare le curiosità del bambino evitando gli aspetti repressivi presenti nell’educazione. Riceve il sostegno di FERENCZI e ABRAHAM. Che la spingono a lavorare con i bambini modificando la prospettiva di partenza; non più in un ottica pedagogica ma di cura vera e propria. Nel corso del suo lavoro, la Klein si imbatte in una serie di osservazioni cliniche che la porteranno a proporre inizialmente piccoli cambiamenti alla teoria freudiana, fino alla formulazione, alla fine della sua carriera, di una teorizzazione molto differente da quella di Freud. Il problema principale da risolvere, per poter analizzare l’infanzia è quello di capire come accedere ai contenuti inconsci. Freud aveva elaborato la tecnica delle libere associazioni per accedere all’inconscio; ma questo metodo era inappropriato con i bambini. M. Klein intuisce che l’economia psichica nell’infanzia, risiede nel GIOCO. Anna O. aveva suggerito a BREUER la tecnica delle libere associazioni; Rita una bimba di quasi 3 anni, e altri bimbi, le imporranno questa nuova modalità di comunicazione. L’uso del gioco non era estraneo al mondo analitico, ma veniva usato con l’obiettivo di coinvolgere il bambino nel trattamento analitico ed entrare in confidenza con l’analista; non una tecnica di lavoro a se stante. Non intraprese analisi con bambini al di sotto di 6 anni, nonostante usasse i disegni e il gioco come materiale, non sviluppò mai quest’impostazione. La KLEIN considera il GIOCO come l’equivalente delle libere associazioni dell’adulto; attraverso cui i bambini esplorano la realtà esterna e mettono in scena i propri conflitti inconsci. La posizione depressiva è stata teorizzata per prima rispetto a quella schizoparanoide. 1920: la klein abbraccia completamente la teoria pulsionale freudiana, e il suo sistema psichico è mosso dalla PULSIONE DI VITA E DA QUELLA DI MORTE. L’attivazione della pulsione di morte, crea nella psiche del lattante la paura dell’annientamento, che spinge il bambino ad una proiezione difensiva. L’angoscia più profonda attiva in questa fase, è quella della paura dell’annientamento, della disintegrazione. L’IO è ancora primitivo e si sente minacciato da questi impulsi. Ed è proprio l’IO rudimentale del bambino (presente fin dalla nascita), che proietta all’esterno la pulsione di morte. La vita psichica si presenta fin dall’inizio come una lotta tra le pulsioni di vita e quelle di morte ed entrambe vengono proiettate ed introiettate, creando rispettivamente oggetti buoni e cattivi. Propone una linea evolutiva, radicalmente differente dalla visione freudiana. Per Freud il bambino attraversava, nel normale sviluppo psicosessuale, una fase di autoerotismo prima e di narcisismo poi. La Klein invece sostiene che, il bambino nasce con un IO primitivo da subito attrezzato per avere relazioni con l’esterno (dove per esterno si intende il corpo della madre che viene vissuto non come oggetto intero ma come parziale). Il bambino entra quindi in relazione con il seno della madre che assume connotazioni buone o cattive a seconda della pulsione attiva al momento della relazione. Oltre alla pulsione attiva in quel momento, un ruolo importante è rivestito dalle esperienze reali esterne, soprattutto quelle positive, ma con l’idea che queste abbiano il compito di modulare e regolare le espressioni dei moti pulsionali più aggressivi e distruttivi del bambino. “ L’atteggiamento materno può ridurre o accrescere le angosce persecutorie e depressive, sin dal primissimo stadio dello sviluppo. La misura in cui nell’inconscio del bambino prevarranno figure persecutorie o protettrici è fortemente influenzata dalle sue esperienze reali, inizialmente con la madre e presto anche con il padre e altre figure della famiglia.” Chiarendo il ruolo dell’esterno e dell’interno: Le manifestazioni pulsionali si esprimono nei bambini piccoli con particolare intensità e violenza. Il bambino deve difendere dai propri impulsi distruttivi, l’oggetto buono, attraverso l’uso di meccanismi di difesa arcaici. Uno fra questi è la SCISSIONE. Fondamentale in questa fase poiché tiene separati gli oggetti buoni da quelli cattivi, in maniera tale che la pulsione di morte non abbia la meglio su quella di vita, e dunque l’odio non vinca sull’amore. E’ quello maggiormente usato. Ma ve ne sono anche altri: idealizzazione, diniego della realtà psichica, onnipotenza ed identificazione proiettiva. All’inizio della vita psichica e per i primi 6 mesi di vita; l’uso prevalente di questi meccanismi, rientra non solo nella normalità ma è addirittura necessario, in quanto l’IO è ancora immaturo e non ha i mezzi per contrastare la forza distruttrice dell’impulso di morte. La Klein è stata criticata per aver descritto il mondo interno e il funzionamento psichico del lattante in termini psicopatologici e in modo analogo al funzionamento psicotico della mente. La Klein al contrario, considera queste modalità di funzionamento come NORMALE; nella maggior parte dei casi viene superata e anche quando si ripresenterà saltuariamente nel corso dello sviluppo, riguarderà aspetti peculiari di specifiche relazioni tra il mondo interno e quello esterno del bambino. Quando e se questo funzionamento prevarrà, ci troviamo di fronte a delle patologie più gravi delle nevrosi di cui si era occupato Freud. La Klein afferma che non è possibile ipotizzare una SCISSIONE che coinvolga soltanto l’oggetto, perché quest’ultimo attraverso le PROIEZIONI ha assunto significati affettivi strettamente connessi alle esperienze dell’IO. Quando l’IO mette in atto una scissione, si scinde anche una parte dell’IO. Prende corpo, L’IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA. Il bambino quando si sente mosso da impulsi distruttivi, non solo li proietta sull’oggetto, ma proietta su questo anche parti di Sé. Ritrovandosi quindi con un oggetto con cui è parzialmente identificato e da cui si sente al tempo stesso perseguitato. Da qui la necessità di controllare l’oggetto. La Klein considera l’ID.PROIETTIVA, il meccanismo principe nelle relazioni narcisistiche. Questa è la prima fase dello sviluppo del bambino, posizione SCHIZOPARANOIDE;alla quale seguirà poi quella depressiva. Usa il termine POSIZIONE, differenziandosi dalla teoria evolutiva classica che parlava di FASI/STADI. Parlare di Posizione implica un approccio decisamente più RELAZIONALE. Lo sviluppo del bambino non è più concepito come una graduale maturazione della libido, ma come un’evoluzione di diversi modi di mettersi in relazione d’amore e di odio con altri. Nella seconda metà del primo anno di vita, a seguito dei processi maturativi, si entra in quella che la KLEIN chiama POSIZIONE DEPRESSIVA. Il bambino si rende conto che l’oggetto buono e l’oggetto cattivo ( seno buono e seno cattivo), sono lo stesso oggetto e deve fare i conti con il senso di colpa per aver attaccato e distrutto il proprio oggetto d’amore. La madre non è più cosi scissa in oggetti parziali buoni e cattivi, ma viene vissuta come OGGETTO TOTALE e quindi come unica fonte di gratificazione e frustrazione. Nel corso della posizione depressiva, si mettono in atto meccanismi di difesa presenti nella posizione precedente. Se la fonte di sofferenza insita in questa posizione è connessa con la paura della propria ambivalenza e con il terrore della perdita dell’oggetto TOTALE e la dipendenza da esso; una delle strategie messe in atto per controllare queste paure è fare ricorso al DINIEGO DELLA REALTA’ ESTERNA. L’oggetto è controllato in maniera onnipotente tramite il DINIEGO DELLA DIPENDENZA E DELL’AMBIVALENZA, che si combina al desiderio di trionfare su di esso e di umiliarlo per far si che non se ne senta, in caso di perdita, la sofferenza dell’abbandono e il senso di colpa. Allo stesso tempo il senso di colpa per aver attaccato l’oggetto, mette in moto desideri di riparazione e restaurazione. L’angoscia dominante adesso, è quella DEPRESSIVA. Si differenzia nettamente da quella precedente; l’angoscia paranoide implica la paura della distruzione del Sé ad opera di oggetti esterni. Mentre l’angoscia DEPRESSIVA, riguarda le paure concernenti il destino di altri, esterni e interni, messi in pericolo dalle fantasie di distruzione e di possesso create dal bambino stesso. Per la Klein, il passaggio alla POSIZIONE DEPRESSIVA è CENTRALE per lo sviluppo del senso di realtà, e l’attenzione per l’oggetto ne favorisce lo sviluppo. Per la Klein, al contrario, il corpo assume un ruolo molto meno passivo, da sorgente e origine delle pulsioni diventa il veicolo della loro espressione. M. Klein descrive le fantasie primitive di questo mondo interno, sottolineando che è l’unica via d’accesso alle relazioni dell’individuo con la realtà esterna. Nel modello kleiniano sia la libido sia l'aggressività non rappresentano blocchi di energia senza direzione e senza oggetto che necessitano della scarica, ma sono «fondamentalmente fenomeni psicologici orientati, che costituiscono emozioni complesse» La pulsione si appoggia alle parti o alle funzioni del corpo per potersi esprimere e il significato affettivo non dipende dalle zone coinvolte, ma dalla pulsione attiva in quel momento. Le medesime funzioni corporee possono veicolare significati affettivi radicalmente differenti; ad es le feci offerte dal bambino alla madre possono essere interpretate come un attacco sadico nel caso sia attiva la pulsione di morte, al contrario quando prevale la componente libidica, possono essere considerate dei doni meravigliosi da offrire alla madre. L'oggetto, che diventerà la nozione centrale delle teorie psicoanalitiche di stampo britannico, è invece per Freud la dimensione più accessoria e meno specifica. La libido per sua natura non è legata a nessun oggetto a priori: la scelta dell'oggetto è casuale e deve soddisfare sostanzialmente il criterio della scarica energetica, cioè l'oggetto assume importanza in quanto permette il raggiungimento della meta. (per FREUD). Per la KLEIN, invece l'oggetto è intrinsecamente legato alla pulsione: nel suo sistema teorico non è pensabile una pulsione senza oggetto, ma al contrario gli oggetti sono parte integrante delle pulsioni, sono filogeneticamente collegati ad essa. L'oggetto rappresenta le informazioni contenute dalla pulsione sulla realtà esterna, il bersaglio su cui indirizzare la ricerca di gratificazione. WILFRED R. BION Wilfred Bion, psicoanalista inglese nato in India nel 1897 e morto in Inghilterra nel 1979, divenne a partire dalla fine degli anni Trenta uno dei maggiori studiosi della teoria kleiniana. Le innovazioni portate da Bion presentano più punti di discontinuità che di continuità rispetto alla teoria originaria, tanto da fare a pieno titolo un caposcuola a se stante. Ciò nonostante, molti dei concetti teorici proposti si pongono come una naturale evoluzione del pensiero kleiniano e sono ancora attuali nel modello kleiniano della clinica. Dobbiamo a Bion (1957) la distinzione tra la forma normale e quella patologica di identificazione proiettiva. La forma patologica sostanzialmente coincide con la visione della Klein, nella quale il processo è attuato sotto l'egida dell'odio e della distruttività. Mentre nella forma normale l'identificazione proiettiva perde quella connotazione di controllo e diventa più un tentativo di comunicazione. Le parti del Sé che vengono proiettate e identificate nell'altro hanno la funzione, se pur primitiva, di comunicare uno stato emotivo facendolo vivere all'altro. Questa forma di comunicazione è alla base del rapporto madre- bambino o, come dice Bion, del rapporto contenuto-contenitore. L'idea è abbastanza semplice: il bambino in preda a stati affettivi (contenuto) che non è in grado di gestire, vista la propria immaturità, li proietta nella madre (contenitore), che li digerisce al posto del bambino e glieli restituisce più elaborati. BION elabora una teoria su come la mente apprende e costruisce gradualmente significati a partire da un'esperienza puramente sensoriale. L'esperienza si genera dai dati sensoriali grezzi( sensazioni e dalle emozioni provate dal bambino) che non hanno ancora un significato mentale (Bion li definisce elementi beta); questi vengono proiettati nel contenitore (madre) che, attraverso la funzione alfa, li elabora e li restituisce al bambino sotto forma di elementi alfa. la caratteristica essenziale della funzione alfa è quella di elaborare significati a partire dalle sensazioni e dalle emozioni, e gli elementi alfa non sono altro che dei contenuti mentali dotati di un significato, cioè gli elementi costitutivi del pensiero. Bion ipotizza che proprio a partire dall'accumulo di questi elementi alfa si sviluppi un apparato per pensare: nascerebbero, cioè, prima i pensieri e poi l'apparato per pensarli. Al contrario, il fallimento della funzione alfa provocherebbe un accumulo di elementi beta, che induce il bambino(o più tardi l'adulto psicotico) a liberarsi dei contenuti mentali indesiderabili proiettandoli negli altri e trattandoli come oggetti concreti. Questa funzione di elaborazione mentale svolta dalla madre viene definita da Bion nel 1962 rêverie, intendendo con questo termine lo stato mentale materno di cui il bambino ha bisogno, ossia la capacità della madre di svolgere la funzione di contenitore delle proiezioni anche violente del bambino e di trasformarle in elementi pensabili. Le vicissitudini del rapporto contenitore- contenuto, del livello di funzionamento della réverie materna, deficitaria o eccessiva, determinano varie forme di psicopatologia. BION ritiene che il lavoro analitico con un gruppo di persone debba svolgersi pensando al gruppo come a un'unità: è così possibile analizzare il transfert gruppale verso il terapeuta, che si manifesta attraverso modi particolari del gruppo di costituire la propria «cultura», che a sua volta riflette le credenze inconsce condivise dai singoli membri in quello specifico momento del processo analitico. Bion è inoltre noto per il contributo fondamentale che dette alla nascita dell'analisi dei gruppi. Secondo Bion, la partecipazione di un individuo a un gruppo comporta una certa quota di perdita di parti di sé, che devono essere cedute al gruppo per poterci entrare in contatto; questo fenomeno attiva l'angoscia paranoica e persecutoria propria della posizione schizoparanoide. Il gruppo sente inconsciamente come pericoloso ogni tipo di cambiamento e si organizza per cercare di contrastarlo a tutti i costi. Per difendersi dal cambiamento, il gruppo attiva dinamiche universali, descritte da Bion come «assunti di base». Fairbairn, contestando l'idea di un narcisismo primario e sostenendo la centralità della funzione dell'Io nella ricerca di relazioni con oggetti esterni, modifica radicalmente l'idea freudiana della sequenza maturativa della libido come cardine dello sviluppo psicosessuale. La crescita completa nell'individuo riguarda sostanzialmente una sequenza di stadi di maturazione di relazioni con altri Tutto lo sviluppo e la formazione della personalità ruotano attorno alle vicissitudini delle relazioni con oggetti reali esterni e la madre reale assume un'importanza fino a quel momento completamente ignorata dalla teoria psicoanalitica. Fairbairn, sostiene che l'esperienza della relazione con la madre reale è organizzata su due dimensioni: 1)gratificante 2)non gratificante. L'esperienza non gratificante può essere ulteriormente suddivisa in due componenti: 1) può tare riferimento a un'esperienza non solo di rifiuto, ma di 2) un rifiuto preceduto da un senso di speranza o di promessa. Secondo Fairbairn, il bambino vive nella sua relazione con la madre tre possibili esperienze: 1)madre gratificante 2)madre deprivante 3)madre allettante. Queste tre esperienze si riflettono nella formazione di tre tipi di oggetti interni: 1) Oggetto ideale 2) oggetto rifiutante 3) oggetto eccitante. 1) OGGETTO IDEALE corrisponde all'esperienza di gratificazione della relazione e agli aspetti gratificanti della madre 2) OGGETTO RIFIUTANTE Legato alle dimensioni di deprivazione e di negazione della madre 3) OGGETTO ECCITANTE agli aspetti allettanti e promettenti della madre. Queste caratteristiche materne vengono cosi interiorizzate e l'Io, in un primo tempo completamente integrato, entra in relazione con esse. Parti dell'Io vengono scisse e legate con questi oggetti interni. Le parti dell'Io legare con l'oggetto rifiutante vanno a formare quello che Fairbairn chiama IO ANTI LIBIDICO ; in quanto le parti dell'Io si identificano con le caratteristiche rifiutanti dell'oggetto assumendo quelle caratteristiche di ostilità e di rifiuto per la ricerca di contatto e di relazione con l'esterno. Le parti dell'Io che si legano all'oggetto eccitante, definito da Fairbairn IO LIBIDICO , si identificano con gli aspetti legati alla ricerca e alla speranza di una relazione. Mentre l'Io collegato e identificato con l'oggetto ideale rappresenta l'Io centrale, e cioè la parte dell'Io identificata con gli aspetti gratificanti della relazione. Delle tre organizzazioni dell'Io solamente L’IO CENTRALE può essere utilizzato per ricercare relazioni e contatti con l'esterno, mentre l'IO LIBIDICO e l'IO ANTILIBIDICO, (definiti anche come Io sussidiari), sono inutilizzabili per la ricerca e la costruzione di relazioni con l'esterno in quanto rimangono legati agli oggetti interni Anche se Fairbairn parla di oggetti interni, va precisato che la sua visione differisce in maniera sostanziale da quella di altri autori e in particolare dall'interpretazione kleiniana. Il bambino costruisce e stabilisce oggetti interni solo a seguito di una frustrazione reale nella relazione con la madre. Se la relazione con l'esterno fosse sempre gratificante non ci sarebbero oggetti interni. Gli oggetti cattivi non sono quindi il prodotto delle proiezioni e introiezioni dell'aggressività del bambino, ma il risultato di esperienze reali esterne di non gratificazione. Al contrario della visione kleiniana, per Fairbairn l’aggressività non è espressione della distruttività innata del bambino, ma è subordinata alla libido, è un prodotto secondario, promosso dagli atteggiamenti rifiutanti dei genitori reali, che frustrano l’innato bisogno di contatto e di relazioni del bambino. Per esempio, la suzione non nutritiva del bambino per Freud è l’espressione del bisogno di ripetere il soddisfacimento sessuale al di fuori delle necessità di nutrimento; per Fairbairn: il bambino vi è indotto dal bisogno di fornirsi un oggetto. Le zone erogene sono, secondo Fairbairn, i canali attraverso i quali si conseguono i fini primari di ricerca dell’oggetto da parte dell’Io; egli interpreta l’individuo come un tutto unico funzionante come tale dalle origini. Gli oggetti interni di Fairbairn sono sostanzialmente delle strutture psicopatologiche che sottraggono energia alla capacità di relazione con l'esterno, e la psicopatologia è definita come lo «studio delle relazioni dell'Io con i suoi oggetti interiorizzati». Se nella teoria freudiana il conflitto si verificava tra le tre istanze lo, Es e Super-io, per Fairbairn il conflitto riguarda le tre componenti dell'Io (l'Io centrale e i due lo sussidiari). Appoggiandosi alla teoria matematica degli insiemi, Matte Blanco propone due principi ai quali si conforma il funzionamento del sistema inconscio. Le caratteristiche del sistema inconscio descritte da Freud sono l'espressione di due principi logici: PRINCIPIO DI GENERALIZZAZIONE. PRINCIPIO DI SIMMETRIA. «Il sistema inconscio tratta una cosa individuale (persona, oggetto, concetto) come se fosse un membro/elemento di un insieme/classe che contiene altri membri. Quindi vi è una classe generale e una sottoclasse, di un insieme ancora più grande che le contiene entrambi e cosi via. «Il sistema inconscio tratta la relazione inversa come se fosse identica alla relazione. In altre parole, tratta le relazioni asimmetriche come se fossero simmetriche» In base a questi due principi si può comprendere le modalità specifiche di funzionamento del pensiero che si manifestano nella sua dimensione inconscia, come nei sogni, nei sintomi psichici e nelle manifestazioni emozionali. Inoltre, secondo Matte Blanco questo tipo di funzionamento è sempre presente nell'individuo e costituisce uno dei modi di essere della mente. In particolare, il modo di essere simmetrico si riferisce al funzionamento inconscio, il modo di essere asimmetrico all'aspetto razionale. Matte Blanco non considera i due modi di essere della mente come alternantisi, ma come perennemente compresenti: in altri termini, non esiste un'alternanza tra coscienza e inconscio, o c'è l'una o c'è l'altro, ma piuttosto una presenza costante di entrambi i modi di essere. Si parla infatti di bi-logica: la mente è organizzata sul funzionamento parallelo dei due modi di essere, simmetrico e asimmetrico, e l'esperienza viene continuamente processata secondo queste due modalità. L'inconscio non è più, come per Freud, il luogo del rimosso, nel quale sono relegare le idee incompatibili con la coscienza, ma ogni atto psichico ha una sua componente simmetrica e una asimmetrica. I contenuti mentali non sono più soggetti a un passaggio dal conscio all'inconscio e viceversa, in quanto sono strutturalmente, composti da entrambi i modi di essere. La metafora della psicoanalisi come archeologia che aveva il compito di scavare nel profondo dell'inconscio per renderlo poi accessibile alla coscienza non ha più senso nella lettura di Matte Blanco. L'obiettivo della cura analitica viene sostanzialmente ridefinito come il ristabilimento di un equilibrio tra i due modi di essere, in quanto la patologia è rappresentata da un eccesso di modo di essere simmetrico della mente. Inoltre, se la mente è organizzata sul funzionamento parallelo e contemporaneo dei due modi di essere, non può esistere una differenza tra cognizione ed emozione. Anche il pensiero più razionale, come una formula matematica, contiene una parte emotiva, così come non avrebbe senso parlare di disturbi dell'apprendimento come se riguardassero solo l'aspetto cognitivo senza tenere presente la dimensione simmetrica della mente, e cioè la parte emozionale. La teoria di Matte Blanco, se da una parte si presenta come un modello teorico molto potente nella spiegazione e nell'interpretazione di alcuni fenomeni psichici come il funzionamento del pensiero schizofrenico, presenta al tempo stesso dei limiti. Non prevede, ad esempio, una teoria sullo sviluppo normale o patologico della personalità. Se consente una lettura accurata del funzionamento mentale attuale del paziente, non fornisce chiavi di interpretazione del perché ci sia quel funzionamento e non un altro, del ruolo svolto dall'ambiente nello sviluppo o del peso delle esperienze precedenti nell'organizzazione psichica. D'altra parte, dobbiamo sempre ricordare che l'obiettivo dell'autore era quello di ridefinire un singolo concerto, se pure uno dei più importanti, della teoria freudiana, cioè la nozione di inconscio; ad altri spetterà probabilmente integrare le parti mancanti. Le principali divergenze tra Winnicott e Melanie Klein: - Disaccordo sull'esistenza di una pulsione di morte innata e sul ruolo svolto nello sviluppo del bambino dalla madre «reale». I primi scritti dell'autore sono prevalentemente centrati su argomenti pertinenti alla sua pratica pediatrica, che non abbandonò mai, convinto che le cure fisiche e mentali costituiscano due aspetti interdipendenti dello sviluppo del neonato, strutturandosi la psiche sulle tracce delle funzioni corporee e sulle prime fantasie ad esse connesse. Dopo la 2° guerra mondiale, Winnicott sviluppò le sue idee in maniera più originale e sistematica. Nel 1945 pubblicò “Sviluppo emozionale primario” , e nel concludersi delle DISCUSSIONI CONTROVERSE, prese le distanze da entrambi i gruppi di A. Freud e M.Klein. L'indipendenza del pensiero e le resistenze a riconoscersi in schemi rigidi emergono anche dallo stile narrativo, che si caratterizza per una mancanza di sistematicità, espressione del desiderio di presentare le proprie idee in una forma aperta, in divenire. Sottolinea come la complessità della natura umana non possa essere racchiusa in un gergo tecnico con definizioni chiuse, ma debba essere narrata con uno stile in grado di ricreare in maniera suggestiva nel lettore esperienze corrispondenti a quelle descritte. L'approccio utilizzato e lo stile narrativo riflettono come l'attenzione dell'autore non fosse tanto basata sulla logica della spiegazione scientifica in termini metapsicologici, quanto rivolta alla comprensione di come emerga e si declini lungo lo sviluppo l'esperienza emozionale soggettiva. Il 22 gennaio 1971, all'età di quasi 75 anni, Winnicott mori nella sua casa di Londra, assistito dalla moglie Clare. Le idee che l'autore andò sviluppando negli anni, caratterizzate dalla costante attenzione all'interazione tra i bisogni di sviluppo del bambino e i rifornimenti materni, hanno delineato una visione delle relazioni molto diversa rispetto alla prospettiva classica. Winnicott ha sempre presentato il proprio lavoro come una continuazione e uno sviluppo della prospettiva psicoanalitica freudiana, forzando alle volte tale legame, altre volte distorcendo alcuni concetti classici attraverso una rilettura «libera» più vicina alle sue idee. Di fatto, le formulazioni proposte costituiscono una teoria generale dello sviluppo e della psicopatologia radicalmente diversa da quelle dei suoi predecessori in generale, in particolare da Freud e dalla Klein. Lo sviluppo emozionale primario e le funzioni dell'ambiente. Winnicott parla di un Sé «centrale» già presente alla nascita che, grazie alle cure materne, può svilupparsi verso un Sé individuale e intero, in grado di di- scriminare tra un Me e un non-Me. Il Sé è costituito da diversi aspetti della personalità e riguarda l'esperienza soggettiva di essere: presente in nuce nell'unità madre-bambino, conduce alla consapevolezza di se stessi. Il Sé ha dunque il significato di esperienza soggettiva, è il modo della persona di percepirsi introspettivamente; tale termine è usato cioè nell'accezione fenomenologica di vissuto e non per indicare una struttura psichica, con cui talvolta viene confuso. Per Winnicott esiste fin dalla nascita un Io, anche se non ancora sviluppato, responsabile della raccolta delle esperienze, interne ed esterne, e della loro organizzazione. L'IO ha la funzione di organizzare l'elaborazione mentale delle esperienze, inizialmente fondate su sensazioni e percezioni di origine corporea, permettendo l'emergere della realtà psichica personale. L'Io viene pertanto letto non tanto in termini di istanza psichica volta a gestire le pulsioni quanto come funzione organizzante che permette l'emergere dell'esperienza soggettiva. Per svolgere tali funzioni l'Io, estremamente debole nei primissimi stadi di sviluppo, ha bisogno di una dipendenza quasi assoluta dall'IO supportivo della madre. All’inizio la FORZA DELL’IO DEL BAMBINO, è espressione delle capacità e dell’adeguatezza della figura di riferimento, nel rispondere ai bisogni emotivi e fisiologici primari del bambino. Questo gli consente di emergere dalla matrice della relazione con la madre. Delle buone cure materne consentono al bambino un’esperienza di continuità dell’essere, fondamento della forza dell’IO. Solo questo tipo di esperienza consente al bambino di vivere anche le richieste dell'Es come qualcosa che gli appartiene e la cui soddisfazione rinforza a sua volta l'Io. Le pulsioni dell'Es, infatti, non sono percepite inizialmente dal bambino come provenienti da fonti interne o esterne e, in mancanza di adeguata forza dell'Io, possono divenire con la loro perentorietà anche dirompenti per lo sviluppo dei meccanismi mentali primitivi. Per Winnicott le pulsioni dell'Es sono utilizzabili solo quando è presente un'organizzazione psichica, se pur rudimentale, che renda un evento dell'Es un'esperienza personale. Egli pone infatti l'accento sulla funzione primaria dell'ambiente di soddisfare non tanto le esigenze di origine pulsionale, quanto i bisogni del bambino che vive l'esperienza: sui bisogni dell'Io più che sulle pretese dell'Es. LA DIPENDENZA ASSOLUTA. WINNICOTT afferma; «il bambino è qualcosa che non esiste come un'entità a sé»; e ancora: «se si vede un bambino di sicuro si vede anche qualcuno che si prende cura di lui». Il pensiero winnicottiano si basa sullo sviluppo emozionale, centrato sul rapporto MADRE-BAMBINO. Nello stato di dipendenza assoluta il bambino non ha nessuna nozione che esista qualcosa oltre a se stesso e, quindi, non ha neanche consapevolezza delle cure materne. Sono gli aspetti qualitativi ed esperienziali della precoce interazione madre-bambino che permetteranno il passaggio da uno stato di identificazione con l'ambiente a uno di separazione, raggiungendo la capacità di stabilire relazioni con oggetti esterni vissuti come separati dal Sé. È fondamentale che l'ambiente, e in particolare la madre, inizialmente si sintonizzi con il potenziale innato del figlio a divenire ciò che è in nuce e si adatti al suo ritmo personale, offrendogli ciò di cui ha bisogno. Il neonato è per la maggior parte del tempo non integrato e non è mai completamente integrato; lungo la crescita può conservare la capacità di sperimentare e fluttuare in stati di non integrazione, come nel sonno o in momenti di quiete, a condizione che permanga un ambiente di cure attendibili. Winnicott contrappone nettamente il normale stato di non integrazione agli stati di disintegrazione, che consistono in una «produzione attiva di caos» come difesa eretta contro angosce arcaiche e impensabili, «minacce di. annichilimento», conseguenti alla mancanza di sostegno materno. LA PERSONALIZZAZIONE. La linea della vita comincia con l'inizio del funzionamento corporeo e ne è inseparabile; ma la collocazione della psiche nel soma è una conquista che avviene nel corso dello sviluppo ed è legata all'acquisizione di uno schema corporeo. Con «personalizzazione» Winnicott fa riferimento non solo all'insediamento della psiche nel soma, ma anche al processo che porta il Sé a dimorare nel corpo. Allo sviluppo, della capacità di sentire che il proprio corpo è se stessi e che il senso di sé è centrato nel corpo. Il raggiungimento della personalizzazione è strettamente legato alla funzione di contenimento della madre sufficientemente buona di «manipolare» il bambino e il suo corpo; la manipolazione «attiva e adattiva» da parte di una madre che ha in mente il figlio e il suo corpo come formanti un'unità. Un'adeguata manipolazione permette, dunque, al bambino di riconoscere il corpo come parte e sede del Sé, i cui confini costituiscono la membrana delimitante fra il ME e il NON-ME. Questa collusione psicosomatica, è importante per lo sviluppo emotivo del bambino, che raggiunge la capacità di vivere con coinvolgimento e intensità le esperienze istintuali. WINNICOTT, pone attenzione al corpo, non tanto come fonte delle pulsioni ma come VEICOLO dell’esperienza emotiva e degli affetti, che se correttamente integrati con la psiche, permette di vivere le esperienze con profondità emotiva. Risposte materne non adeguate ai segnali del figlio non gli permettono di sviluppare la capacità di simbolizzare gli stati emozionali, conducendo a volte a un'iperattività del funzionamento mentale che assume su se stesso le funzioni di cura che spetterebbero all'ambiente. Si può così sviluppare un'opposizione tra la mente e lo psiche-soma, una dissociazione che può esprimersi con malattie psico- somatiche, in cui vi sono vissuti di «depersonalizzazione», con conseguente perdita di contatto con il proprio corpo e con il suo funzionamento. IL PASSAGGIO ALLA DIPENDENZA RELATIVA: Il passaggio alla Dipendenza relativa, richiede che il bambino sia in grado di stabilire un rapporto con la madre in quanto separata da sé o “non ME”. L’avere delle relazioni oggettuali, richiede il passaggio da una relazione con un oggetto percepito soggettivamente in cui l’altro non è distinto da se stessi; ad un oggetto percepito oggettivamente. Tale maturazione dipende soprattutto dall'ambiente, che deve permettere al bambino di vivere un'iniziale «esperienza di onnipotenza»: l'illusione di creare l'oggetto. Potrebbe sembrare paradossale, MA Il bambino deve sentire di aver creato lui stesso l'oggetto, e non di averlo scoperto, anche se ovviamente l'oggetto deve essere scoperto per poter essere creato. E’ la madre che permette al figlio l'illusione di creare l'oggetto fornendogli ciò di cui necessita nel momento in cui egli prova spontaneamente un bisogno, impulso o sensazione di qualcosa che non è ancora in grado di identificare. Ad Es: un neonato che ha fame, ma che ancora non ha mai poppato, sente una tensione ed è pronto «a farsi un 'idea di qualcosa»: se la madre si inserisce proprio in questo momento offrendogli il seno, allora il figlio può creare «proprio quello che c'è li da trovare» Tale funzione materna di «offerta dell'oggetto» ; riguarda la capacità di presentare al figlio il mondo in maniera costante e attendibile e deve rispondere a un bisogno che origina dal figlio nel momento in cui egli è pronto a crearlo; Diversamente, un anticipare o all'opposto un non rispondere ai suoi bisogni costituiscono situazioni in cui il bambino si trova a dover reagire perdendo il senso di continuità dell'esistenza, fondamento della forza dell'Io: a vivere reagendo a ritmi provenienti dall'esterno e non dall'interno. È quindi la madre che mette il bambino in condizione di «costruirsi nell'immaginazione» esattamente ciò che ella può offrirgli. Nel bambino l'esperienza ripetuta di soddisfazione dei propri bisogni si trasforma nell'illusione di avere egli stesso creato l'oggetto, che viene così percepito sotto il suo «controllo magico»: egli vive un breve periodo di onnipotenza, basato sull'esperienza di essere il «creatore del mondo». Quindi, è l'ambiente stesso, attraverso cure adeguate, a illudere il bambino di aver creato ciò che del reale va conoscendo. Winnicott propone una concezione dell'onnipotenza come «esperienza concreta» in cui coincidono fantasia e realtà e non come un sentimento che deriva da un vissuto opposto di impotenza, come nella tradizione psicoanalitica classica. La fantasia in Winnicott costituisce una modalità di accesso al mondo esterno, non essendo considerata come contrapposta alla realtà. La «fantasia» riguarda l'incontro dell'immaginario con il reale, che si arricchisce con la scoperta del mondo tramite l'esperienza dell'illusione. Diversamente, il «fantasticare» costituisce una fuga dalle frustrazioni della realtà, esito di un fallimento dell'ambiente nel sostenere l'onnipotenza del bambino, in cui le fantasie hanno caratteristiche di fissità e sono espressione di una dissociazione che mantiene separata un'area di onnipotenza che funge da rifugio dalla realtà circostante. LA DIPENDENZA RELATIVA. Intorno al primo semestre di vita il bambino cresciuto in un ambiente sufficientemente buono diviene più consapevole delle cure materne e dei suoi bisogni: si fa strada una relazione tra il figlio e la madre come persone intere. Emerge la capacità di distinguere il non-Me dal Me. Il mondo esterno viene distinto da una realtà psichica interna, di cui affiora una coscienza; il bambino raggiunge la capacità di relazionarsi con oggetti percepiti oggettivamente; si va costituendo il Sé come un'unità integrata psicologicamente e fisicamente contenuta nella pelle del corpo. Il passaggio allo stato di dipendenza relativa, che permane all'incirca fino ai due anni di età, avviene quando la madre riemerge dallo stato di preoccupazione materna primaria e il bambino comincia ad avere meno necessità di un adattamento totale dell'altro ai propri bisogni. Solitamente nell'arco del primo anno di vita compare nel bambino un particolare attaccamento a un oggetto (oggetto transizionale), quale un orsacchiotto, una bambola o un pezzo di stoffa. Il rapporto con tale oggetto, un «altro da Me” che gradualmente viene intrecciato nello schema personale del bambino, ha qualità speciali: è «amato con eccitamento e mutilato», deve «sopravvivere all'amore e all'odio», è percepito come avente una «propria vitalità o realtà» I genitori di solito comprendono l'importanza dell'oggetto, portato dietro negli spostamenti, non lavato per non rompere la continuità dell'esperienza del bambino, e mantengono con il bambino il patto implicito di accettare l'oggetto transizionale senza porsi degli interrogativi sulla sua natura. I fenomeni transizionali contemporaneamente separano e uniscono: si creano grazie alla fiducia nell'esistenza del mondo esterno ed esprimono la continuazione dell'unione sperimentata in fantasia, ma indicano anche l'inizio dell'autonomia. L’oggetto transizionale diviene spesso particolarmente importante nel momento dell'addormentamento, del passaggio cioè dalla veglia nella realtà percepita al sonno nel mondo autocreano . Il bambino, nel momento in cui utilizza un oggetto transizionale, allo stesso tempo sta «ammettendo» e «colmando» lo spazio tra sé e la madre, così come crescendo la separazione viene evitata colmando lo spazio potenziale con il gioco. Il destino dell'oggetto transizionale è di essere gradualmente non dimenticato ma «abbandonato nel limbo» perdendo nel tempo valore. I fenomeni transizionali costituiscono la radice del simbolismo. Il processo alla base della «capacità di accettare la differenza e la similarità», e si prolungano in aree quali il gioco, la creatività e il gusto artistico, così come nel sogno e nel sentimento religioso. La capacità di giocare con assorta concentrazione appartiene allo spazio potenziale ubicato tra la madre e il bambino. È la fiducia del bambino nell'attendibilità della madre che permette dapprima l'illusoria esperienza di controllo magico, che successivamente dà origine alla capacità di «stare soli in presenza di qualcuno». Ciò consente di approdare alla capacità di giocare con l'altro all'interno di un rapporto e di goderne. La capacità del bambino di giocare con immaginazione e divertimento diviene sinonimo di benessere; all'estremo opposto, il gioco compulsivo ed eccitato diviene espressione di negazione del mondo interno. Lo sviluppo della capacità di preoccuparsi e l'uso dell'oggetto: verso l'indipendenza. La capacità di considerare le persone e le cose come separate da se stessi e come permanenti nel tempo e nello spazio è strettamente legata anche al destino dell'aggressività. per percepire il mondo in modo oggettivo il bambino deve aver farro esperienza di oggetti che sopravvivono alla sua distruttività, permettendogli di sviluppare una preoccupazione responsabile per il loro destino. Winnicott nel 1960 postula che per il bambino inizialmente esistano due madri: la madre-oggetto e la madre-ambiente. MADRE OGGETTO: riguarda la madre come proprietaria di oggetti parziali che possono soddisfare i bisogni del bambino: oggetto appunto dell'esperienza eccitata quale una fame «cannibalesca». la MADRE AMBIENTE fa riferimento al genitore come parte dell'ambiente totale, presente. Gli stati di quiete del bambino, capace di proteggere dagli urti imprevedibili del mondo esterno, che si prende cura del bambino condividendone gli affetti. Verso la fine del secondo anno di vita, la graduale riunificazione nella mente del bambino della madre-oggetto e della madre-ambiente è all'origine della sua capacità di preoccuparsi, intesa come l'emergere del nesso tra gli aspetti distruttivi e le altre componenti affettive delle relazioni. Nel lavoro “L’uso di un oggetto e l’entrare in rapporto attraverso identificazioni”. Winnicott distingue due modalità del bambino di porsi in relazione con l'altro: dall'iniziale «entrare in rapporto con l'oggetto» al successivo «fare uso di un oggetto». Il primo tipo di relazione è un fenomeno soggettivo, riguardando scambi con oggetti ancora non percepiti come separati. Il fare uso dell'oggetto richiede che il bambino abbia raggiunto la capacità di stabilire rapporti con altri reali vissuti come indipendenti da sé e possa così instaurare con loro relazioni proficue di scambio. Per compiere tale passaggio è necessario che il bambino collochi gli oggetti al di fuori del suo controllo onnipotente e per fare questo egli deve anche aver potuto distruggere l'oggetto. IL FALSO SE’. Winnicott propone una concezione della psicopatologia, evidenziando il ruolo delle carenze ambientali come fattori di rischio evolutivo nella formazione di diversi quadri clinici, in relazione ai diversi momenti dello sviluppo. Nel lavoro “ La distorsione dell'lo in rapporto al Vero e Falso Sé” , Winnicott afferma che Cure materne inadeguate possono interferire con un armonico sviluppo del vero Sé, fallendo nel sostenere la creatività del figlio e la conseguente illusione di onnipotenza, ma anche intromettendosi nei momenti di quiete del bambino e non permettendo transitori stati di «essere senza forma». Questi interventi, se ripetuti ed eccessivi, divengono minacce annichilenti per il vero Sé del bambino in quanto ne impediscono l'esperienza continua e strutturante di essere un individuo che crea e scopre l'ambiente circostante in base ai propri ritmi. Le pressioni ambientali indotte nel bambino, che cresce cosi reagendo ai bisogni e ai ritmi dell'altro e non seguendo la propria continuità dell'essere, porta alla creazione di un falso sé. Scopo principale del falso Sé è l'organizzazione di uno stato di «invulnerabilità che attraverso una corazza protettiva permette al bambino di proteggere il vero nucleo di Sé, che altrimenti sarebbe annientato, e di adattarsi alle richieste dell'ambiente circostante. L'eziologia della patologia «falso Sé è quindi da ricercare nel punto di incontro tra l'individuo e l'ambiente: il vero e falso se riguardano differenti forme di relazione tra sé e le altre persone. Per quanto riguarda la classificazione dei disturbi psícopatologici, essa è difficilmente sistematizzabile, avendola Winnicott più volte ridefinita alla luce degli sviluppi della sua teoria. Negli anni l'autore ha posto sempre più l'attenzione sull'organizzazione del falso Sé considerandola come uno spettro diagnostico dimensionale; che va da stati psicotici a stati più prossimi alla salute. La gravità del disturbo dipende dalla precocità delle esperienze di fallimento ambientale. L'eziologia della malattia psicotica, riguarda il mancato adattamento dell'ambiente al bambino nello stadio della dipendenza assoluta; in tal senso, patologie come l'autismo o la personalità schizoide devono essere considerate come distorsioni dell'organizzazione dell'Io finalizzate a difendere il Sé contro il trauma dell'originaria angoscia mortale per fronteggiare le carenze ambientali. L'autore classifica lungo un continuum le organizzazioni del falso Sé: (5 livelli principali) 1) nella patologia, il falso Sé compiacente si costituisce come reale e può essere scambiato per la persona intera mentre ne rappresenta una parte, mostrando però la sua vulnerabilità nelle relazioni affettive per l’incapacità di rapportarsi con gli altri come persona intera. In questo estremo il vero Sé risulta nascosto. 2) Lungo il continuum si incontrano livelli in cui l’organizzazione difensiva atta a proteggere l’esistenza del vero-Sé dall’annientamento ne permette una crescente esistenza e visibilità; il vero- Sé può quindi essere presente come potenziale e avere una vita segreta, che può ad es. trovare espressione nei sintomi di alcuni disturbi; 3) Al livello successivo, esso può essere percepito dal falso-Sé come estremamente fragile di fronte al rischio di sfruttamento, fino al punto che, qualora non sia possibile creare condizioni che permettano a questi aspetti di emergere, può portare fino al suicidio, come soluzione di fronte all’impossibilità di far emergere il vero-Sé. 4) Procedendo lungo il continuum verso la salute, si trovano organizzazioni dove il falso Sé si è formato sulla base di identificazioni, ma è deficitaria la capacità di costruire una identità individuale non imitativa e la persona vive la sensazione di non esistere e ricerca affannosamente mezzi per vivere in maniera più autentica. 5) Nello stato di salute il falso Sé riguarda solo il comune aspetto di compiacenza sociale, espressione della capacità adattativa di stabilire rapporti formali, mantenendo la capacità e flessibilità di far subentrare il vero Sé qualora la situazione lo permetta. Winnicott rivolge la sua attenzione ai vissuti di estraniazione, inconsistenza, inesistenza, mancanza di organizzazione derivanti da una madre-ambiente inadeguata. La causa patogena di base è costituita dal ripetersi di micro-traumi di cui si manterrà la traccia mnestica anche da adulto. IMPLICAZIONI CLINICHE. Winnicott è interessato principalmente al trattamento di pazienti con disturbi del falso Sé e, in particolare, di quei pazienti con una forma di patologia che definisce “pre-Sé”. Quei pazienti con una forma patologica che definisce pre-Sé, i quali, non avendo ancora raggiunto una unità spazio-temporale stabile a causa di carenze ambientali precoci, richiedono una forma modificata di analisi per essere curati. Invece i pazienti dell’area nevrotica con disturbi post-Sé, i quali sono dotati di un’integrazione spazio-temporale, sono adatti al trattamento psicoanalitico classico.