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Meccanica dei fluidi - Elementi di idrostatica, Dispense di Idraulica

La dispensa inizia con un brevissimo accenno alle nozioni di base necessarie per la compresione dei contenuti. Seguono, corredati da esempi di calcolo esplicativi, la teoria del moto uniforme a superficie libera in condizioni laminari, una parte dedicata alle analisi dimensionali e alla modellazione, e un terzo capitolo sulla spinta idrostatica . Il documento si chiude con un'appendice matematica sul momento d'inerzia.

Tipologia: Dispense

2020/2021

In vendita dal 11/05/2021

nicola.genuin
nicola.genuin 🇮🇹

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ELEMENTI DI IDRAULICA e
COSTRUZIONI IDAULICHE
Meccanica dei fluidi
Nicola Genuin
Università degli Studi di Trento
Laurea Triennale in Ingegneria Edile Curriculum Professionalizzante
Corso di Elementi di Idraulica e Costruzioni Idrauliche
A.A. 2017/2018
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ELEMENTI DI IDRAULICA e

COSTRUZIONI IDAULICHE

Meccanica dei fluidi

Nicola Genuin

Università degli Studi di Trento

Laurea Triennale in Ingegneria Edile – Curriculum Professionalizzante

Corso di Elementi di Idraulica e Costruzioni Idrauliche

A.A. 2017/

SOMMARIO

IDROSTATICA

0 NOZIONI DI BASE

Ad un fluido si attribuiscono in genere due grandezze distintive:

  • Il peso specifico 𝛾, espresso in 𝑁/𝑚

3

  • La densità, o massa volumetrica, 𝜌, espressa in 𝑘𝑔/𝑚

3

Fra queste due grandezze sussiste la relazione: (1)

dove 𝑔 è l’accelerazione di gravità.

Lo sforzo, che indica una forza per unità di area, esprimibile in 𝑁/𝑚

2

, si può distinguere in:

𝐹

𝐴

sforzo

𝐹

𝐴

sforzo normale (di pressione)

𝐹

𝐴

sforzo tangenziale

da cui si ricava l’equazione differenziale: (11)

A questo punto, dal primo volume di controllo 𝑊 si può pensare di estrarre un ulteriore sottovolume 𝛥𝑤,

intuibile come una fetta di spessore 𝛥𝑧, larghezza 𝐵 e lunghezza 𝐿 la cui base risulti parallela a quella di 𝑊. La

forza peso su questo sottovolume si calcola dunque con: (1 2 )

𝑝

e analogamente a quanto detto per la (2), si avrà: (1 3 )

𝑥

= 𝜌𝐵𝐿Δ𝑧𝑔 sin 𝛼

Il sottovolume in questione risentirà, sulle superfici inferiore e superiore, di tensioni diverse in modulo ed

opposte, dovute alla diversa velocità del fluido alle varie profondità

4

. Dette 𝜏

2

e 𝜏

1

rispettivamente le tensioni

superiore e inferiore, ricalcando grossomodo la (3) e di conseguenza la (6), si ha: (1 4 )

2

𝐵𝐿 + 𝜌𝐵𝐿Δ𝑧𝑔 sin 𝛼 = 𝜏

1

da cui si ricava facilmente: (1 5 )

2

1

= −𝜌𝑔 sin 𝛼

che non è altro che l’incremento di 𝜏 al variare di 𝛥𝑧. Osservando il limite: (1 6 )

lim

Δ𝑧→ 0

2

1

si ottiene l’equazione differenziale: (1 7 )

= −𝜌𝑔 sin 𝛼

risultante dal bilancio delle forze in moto uniforme, che insieme alla ( 11 ) , con due condizioni al contorno,

sono le

Equazioni fondamentali del moto uniforme a superficie libera in condizioni laminari (1 9 )

= −𝜌𝑔 sin 𝛼 𝜏

Per quanto riguarda la tensione, integrando la (17) come segue:

∫ 𝑑𝜏 = −𝜌𝑔 sin 𝛼 ∫ 𝑑𝑧

si ottiene: ( 20 )

𝜏(𝑧) = −𝜌𝑔 sin 𝛼 𝑧 + 𝑐

1

4

Si pensi all’andamento del profilo di velocità

e ricordando la condizione al contorno espressa nella (19), dall’espressione: (21)

𝜏(𝐷) = −𝜌𝑔 sin 𝛼 𝐷 + 𝑐

1

si ricava: (22)

1

= 𝜌𝑔 sin 𝛼 𝐷

dunque il sistema contente la (20) e la (21) da come risultato la formula della

Tensione 𝜏 in funzione della profondità 𝑧 (23)

𝜏(𝑧) = 𝜌𝑔 sin 𝛼 (𝐷 − 𝑧)

e in particolare 𝜏 0

(si veda il grafico 1 ), cioè la tensione che si oppone alla componente parallela al piano di

scorrimento 𝐹 𝑥

della forza peso 𝐹

𝑝

, sarà: (24)

0

= 𝜏( 0 ) = 𝜌𝑔 sin 𝛼 𝐷

Per quanto riguarda invece la velocità, si sfrutta la (23) per riscrivere la (11) come: (25)

𝜌𝑔 sin 𝛼 (𝐷 − 𝑧)

𝑔 sin 𝛼

che integrata come:

𝑔 sin 𝛼

da: (26)

𝑔 sin 𝛼

[𝐷𝑧 −

2

] + 𝑐

2

e ricordando la condizione al contorno espressa nella (19), l’espressione: (27)

2

in sistema con la (26) da come risultato la formula della

Velocità 𝑢 in funzione della profondità 𝑧 (28)

𝑔 sin 𝛼

la quale altro non è che una funzione parabolica che si annulla per 𝑧 = 2 𝐷; in particolare, si noti (anche grazie

al grafico 2 ) che la derivata della velocità

𝑑𝑢

𝑑𝑧

si annulla nel punto 𝑧 = 𝐷, vale a dire quando 𝜏 = 0.

Volendo trovare una formula che definisca la velocità media 𝑉 sulla profondità, cioè determinare il valore della

velocità che genera sul grafico un’area rettangolare pari a quella sottesa dal grafico di 𝑢(𝑧), si può sfruttare il

concetto di media integrale, ottenendo: (29)

𝐷

0

che sostituendo 𝑢(𝑧) con la sua definizione data dalla (28) diventa:

2 ANALISI DIMENSIONALE E MODELLAZIONE

Nel Sistema Internazionale di Unità di Misura (SI)

5

sono definite 7 grandezze fondamentali: Ogni grandezza

fisica e la relativa unità di misura è combinazione di due o più grandezze fisiche e la relativa unità di misura di

base o il reciproco di una di esse. Tutte le unità sono definibili misurando fenomeni naturali, con l'eccezione

del chilogrammo. Inoltre il chilogrammo è l'unica unità di misura di base contenente un prefisso: il grammo è

un'unità di misura troppo "piccola" per la maggior parte delle applicazioni.

Grandezza fisica

Simbolo della

grandezza fisica

Nome dell'unità SI Simbolo dell'unità SI

Intensità di corrente elettrica 𝐼, 𝑖

ampere 𝐴

Intensità luminosa 𝐼

𝑣

candela 𝑐𝑑

Lunghezza 𝑙

metro 𝑚

Massa 𝑚 chilogrammo 𝑘𝑔

Quantità di sostanza 𝑛

mole 𝑚𝑜𝑙

Temperatura termodinamica 𝑇 kelvin 𝐾

Intervallo di tempo 𝑡

secondo 𝑠

Secondo un approccio coerente con il SI, come si può notare i simboli sono lettere minuscole o maiuscole, e

andrebbero mantenute tali, in quanto ad esempio una lunghezza indicata con la lettera maiuscola L

interferirebbe con la grandezza derivata induttanza; in ogni caso, dal momento che le grandezze derivate

verranno utilizzate in minima parte, per comodità di lettura si possono assumere simboli alfabetici maiuscoli

per le grandezze fondamentali succitate, ad eccezione al più della quantità di materia, e indicando il tempo

con la lettera greca 𝜃. Detto questo, per quanto ci riguarda, prendendo in considerazione le quattro grandezze

fondamentali più usate, vale a dire la lunghezza 𝐿, il tempo 𝑇, la massa 𝑀 e la temperatura 𝜃, si possono

distinguere, in base a quante grandezze entrano in gioco, quattro diversi

Tipi di problemi

lunghezza L geometrico

cinematico

dinamico

termodinamico

tempo T

massa M

temperatura θ

Per effettuare una misura in un problema puramente geometrico (𝐿), ad esempio esplicitare le dimensioni di

un tavolo, le procedure di misurazione consistono in poche parole nel confrontare una misura standard, ad

esempio il metro, con l’oggetto da misurare, cosicché le dimensioni del tavolo varranno un multiplo reale

positivo della misura standard.

5

https://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_internazionale_di_unit%C3%A0_di_misura

Esempio 2.1 Poniamoci ora in un problema cinematico reale, descritto da due grandezze fondamentali (𝐿, 𝑇).

Una pallina viene lanciata verso l’alto con velocità iniziale 𝑣

0

, e si vuole determinare quale sia l’altezza ℎ che

raggiunge, rispetto al punto di partenza, prima di iniziare a scendere sotto l’effetto della forza di gravità 𝑔.

Il problema può essere descritto come una funzione 𝑓(𝑣

0

, 𝑔, ℎ) = 0 definita su tre variabili, il che risulta

operativamente scomodo; l’obiettivo è dunque riscrivere questa funzione come 𝑓

(𝜋) = 0 , combinando cioè

le tre variabili in modo tale da ottenere un numero adimensionale 𝜋, parametro [-].

Sappiamo che:

0

∶ [𝐿𝑇

− 1

] 𝑔 ∶ [𝐿𝑇

− 2

] ℎ ∶ [𝐿]

quindi fissato h al numeratore in un ipotetico rapporto, si avrà:

0

𝛼

𝛽

[𝐿]

[𝐿𝑇

− 1

]

𝛼

∗ [𝐿𝑇

− 2

]

𝛽

[𝐿

1

]

[𝐿

𝛼

−𝛼

] ∗ [𝐿

𝛽

− 2 𝛽

]

da cui si deve risolvere un sistema che annulli gli esponenti nel rapporto:

da cui si ricava facilmente 𝛼 = 2 e 𝑏 = − 1 , giungendo quindi alla conclusione:

0

2

0

2

Quindi se nella 𝑓

(𝜋) = 0 sappiamo che 𝜋 = 𝑐𝑜𝑠𝑡, allora:

0

2

0

2

Dove 𝑐 è una costante numerica determinabile sperimentalmente, o analiticamente come segue, grazie

all’equilibrio fra l’energia cinetica 𝐸

𝑐

1

2

0

2

nel punto iniziale e l’energia potenziale 𝐸

𝑝

= 𝑚𝑔ℎ nel punto di

massima altezza:

0

2

0

2

Da questo esempio pratico si giunge al

Teorema di Buckingham

Data una funzione 𝑓 = (𝑥

1

2

3

𝑛

) = 0 definita su 𝑛 variabili, in un problema descritto da 𝑗 grandezze

fondamentali, si può riscrivere 𝑓 in termini di gruppi adimensionali come 𝑓

1

2

3

𝑛

considerando 𝑘 = 𝑛 − 𝑗.

È facile verificare che il teorema vale per l’esempio 2.1.

Esempio 2. 2 Si supponga ora di avere una condotta a sezione tonda, di diametro 𝐷, che presenti una superficie

interna irregolare, la cui rugosità è definita da 𝑒 ∶ [𝐿], nella quale scorra un fluido a velocità 𝑉. Si vuole

determinare la tensione tangenziale 𝜏 𝑤

lungo le pareti della condotta, esprimibile come:

𝑤

È noto sperimentalmente che, essendo 𝐶ℎ = 𝑓

(𝑅𝑒, 𝜀), per valori elevati del numero di Reynolds, in particolare

maggiori di 1000, il moto del fluido è turbolento pienamente sviluppato, e il coefficiente di Chezy risulta

dipendente dalla sola scabrezza relativa, cioè se 𝑅𝑒 ≫ 1 , 𝑅𝑒 > 10

3

allora 𝐶ℎ = 𝑓(𝜀). Viceversa, se il numero

di Reynolds risulta piccolo, il moto sarà laminare e 𝐶ℎ = 𝑓(𝑅𝑒).

Ora, tenendo conto del coefficiente di Chezy nella forma corrispondente a 𝜋

2

𝑤

2

2

la formula (35) del capitolo 1 si può riscrivere come: (2)

𝑤

2

2

e ricordando la formula del numero di Reynolds si avrà: (3)

2

dove tra l’altro si riconosce il

Parametro di Darcy-Weisbach

2

Qualora sia necessario analizzare il comportamento di una struttura di grandi dimensioni o in condizioni

difficilmente riproducibili in scala reale all’interno di laboratori, può risultare utile ricorrere alla creazione di

Modelli in scala

Affinché i risultati degli esperimenti condotti su un modello in scala ( 𝑚 ) rispecchino determinate

caratteristiche del prototipo reale (𝑝) è necessario adottare una similitudine in modo che i valori adimensionali

associati ai due casi rimangano costanti. Ad esempio si può utilizzare il numero di Reynolds, applicato ad un

fenomeno riprodotto in scala con gli stessi materiali e fluidi del prototipo, ricavando: (4)

(𝑝)

(𝑝)

(𝑝)

(𝑝)

(𝑚)

(𝑚)

( 𝑚

)

(𝑝)

( 𝑝

)

(𝑚)

Allo stesso modo si potrebbe considerare anche un’altra grandezza adimensionale, che governa il

comportamento di un moto a superficie libera, il

Numero di Froude

da cui si potrebbe analogamente ricavare la relazione: (5)

( 𝑚

)

( 𝑝

)

(𝑚)

(𝑝)

o ancora si potrebbe sfruttare il concetto di scabrezza relativa 𝜀, e così via.

Esempio 2. 3 Si consideri adesso un fiume (prototipo), largo da sponda a sponda 80 𝑚, e si pensi di doverlo

riprodurre in laboratorio in scala 1:100: il modello in scala ridotta sarà dunque largo 0. 8 𝑚, cioè 80 𝑐𝑚. Allo

stesso modo, se il fiume è profondo 1 𝑚, il modello dovrà essere profondo 1 𝑐𝑚. Considerando la scabrezza

relativa 𝜀, se i sedimenti sul letto del fiume hanno dimensioni ipotetiche di 3 𝑐𝑚, nel modello tale valore sarà

scalato a 0. 03 𝑐𝑚, cioè 300 𝜇𝑚. Si consideri che risulta difficile riprodurre sedimenti silicei (vale a dire della

stessa natura di quelli che si trovano sul letto del fiume) di dimensioni inferiori ai 100 𝜇𝑚. La velocità della

corrente pari a 1 𝑚/𝑠 nel prototipo, scalata attraverso il numero di Foude, varrà 0. 1 𝑚/𝑠 nel modello. A

questo punto di dovrebbe valutare la corretta similitudine fra i due sistemi attraverso il numero di Reynolds,

ma se si svolgono i calcoli, con 𝜌 = 10

3

3

e 𝜇 = 10

− 3

𝑘𝑔/𝑚𝑠, si osserverà che 𝑅𝑒

(𝑝)

6

, mentre

(𝑚)

3

; ciò significa che mentre il fluido nel prototipo si trova in una situazione di turbolenza piena,

quello nel modello in scala è soltanto nella zona transitoria fra moto laminare e moto turbolento. In questo

caso si ha dunque una similitudine incompleta , in quanto non è possibile rispettare tutti i parametri

adimensionali. Una soluzione sarebbe ad esempio cambiare fluido e cercare di ripristinare gli equilibri fra i

parametri.

Da questo esempio si evince che creare un modello in scala può risultare molto complicato in quanto

l’invarianza di un parametro potrebbe portare a significativi scarti fra i valori di prototipo e di modello di altri

parametri. L’unico modo per procedere con l’analisi di un modello in scala è considerare di modificare alcune

grandezze del sistema, ad esempio le dimensioni o il fluido…

Legge di Stevino (4)

o equazione indefinita o locale dell’idrostatica , il cui valore viene anche detto quota piezometrica. In questa

formula si distinguono la quota geotedica o altezza geometrica 𝑧, e l’ altezza piezometrica 𝑝/𝛾, cioè l’altezza

di una colonna di liquido di peso specifico 𝛾 che esercita alla propria base la pressione 𝑝. Ne consegue che se

𝑧 = 𝑐𝑜𝑠𝑡 si ha 𝑝 = 𝑐𝑜𝑠𝑡, cioè i piani orizzontali sono isobarici; dove 𝑧 cresce 𝑝 decresce e viceversa.

Nota la pressione in un punto, la legge di Stevino ci

consente di individuare con facilità la distribuzione

delle pressioni nell’intera massa liquida. E’ su tale

proprietà che si basano la maggior parte degli

strumenti per la misura della pressione. Il più semplice

è il piezometro. Esso è costituito da un tubo, verticale

o inclinato, aperto in sommità e collegato all’altra

estremità con il recipiente contenente il liquido.

All’interno del tubo, il liquido si innalzerà fino alla

quota del piano dei carichi idrostatici. Se le pressioni

del liquido sono elevate e quindi il piano dei carichi

idrostatici è molto alto, il dispositivo risulta di difficile attuazione

pratica e conviene adottare un manometro semplice. Questo è

costituito da un tubo ad U di cui una estremità è in collegamento con il

recipiente contenente il fluido, l’altra è in comunicazione con

l’atmosfera. Nella parte inferiore del tubo ad U si dispone un liquido

con peso specifico superiore a quello del fluido nel recipiente.

Solitamente si usa mercurio (m= 133.000 N/m 2 ). Per effetto della

pressione nel recipiente il liquido monometrico si porterà a quote

diverse nei due rami del manometro e si potrà leggere facilmente il dislivello . Applicando Stevino: (5)

𝑀

𝑀

𝑁

′ = 𝑝

𝑁

𝑚

e poiché 𝑝 𝑁

= 0 , si ha: (6)

𝑚

Essendo ℎ l’affondamento del menisco 𝑀 sotto il piano dei carichi idrostatici. Se le pressioni sono molto alte

anche i manometri semplici trovano difficoltà pratiche di attuazione e conviene utilizzare manometri metallici,

fra i quali il modello più comune è quello di Bourdon. Tali strumenti si basano sulle

deformazioni elastiche dei corpi solidi. Il manometro di Bourdon, è essenzialmente

costituito da un tubo metallico di sezione ellittica, piegato a forma di cerchio. Un

tale tubo ha la proprietà di espandersi quando all'interno di esso si esercita una

pressione (e ciò perché la sezione ellittica tende ad assumere Ia forma circolare, e il

tubo tende a raddrizzarsi). Il tubo 𝑇 ha l'estremo 𝐴 fisso, mentre l'estremo 𝐵 è

libero di muoversi: i suoi movimenti sono trasmessi mediante l'asta 𝐶 alla leva 𝐷,

alla quale è attaccato un indice scorrevole su di una scala. Questo strumento

richiede un’ apposita taratura. Di

norma si effettua in modo tale che la

pressione indicata dalla strumento

sia pari a quella della quota relativa al

baricentro dello strumento stesso.

Quando infine si voglia valutare il

dislivello tra i piani dei carichi

idrostatici di due masse liquide,

contenute in diversi recipienti, si

utilizza il cosiddetto manometro

differenziale, costituito da un tubo ad

U contenente un liquido con peso specifico maggiore di quello dei fluidi nei due recipienti. Nel caso di recipienti

contenenti lo stesso liquido, letto il dislivello tra i due menischi Δ, applicando Stevino: (7)

𝑁

𝑀

𝑁

𝑀

𝑚

da cui si ottiene: (8)

𝑚

𝑚

Il manometro differenziale non consente quindi di ricavare la quota dei piani dei carichi idrostatici ma solo il

loro dislivello 𝛿. Nel caso in cui i due recipienti contengano liquidi con diverso peso specifico con ragionamento

del tutto analogo, si ottiene: (9)

𝑚

2

2

2

1

1

Si vuole ora dare una definizione generica di spinta idrostatica. Si immagini di avere un fluido a superficie libera,

e di voler determinare la spinta 𝑆 su un’area 𝐴 immersa, inclinata di un certo angolo 𝛼 rispetto alla superficie

del fluido. La retta parallela ad 𝐴 e giacente su di essa sarà assunta come asse 𝑦 di un sistema di riferimento

arbitrario, e intersecherà la superficie del fluido formando con esso l’angolo 𝛼 già definito. Individuato il

baricentro 𝐺 dell’area 𝐴 e nota la sua coordinata 𝑦 𝐺

, la sua profondità ℎ

𝐺

si ricava con semplici considerazioni

geometriche: ( 10 )

𝐺

𝐺

sin 𝛼

Quindi, ricordando che 𝛾 = 𝜌𝑔, e definendo 𝑃 𝐺

la pressione nel baricentro, la (1) si può riscrivere come: ( 11 )

𝐺

𝐺

sin 𝛼

Ora, dalla prima definizione del capitolo, è chiara la definizione di

Spinta idrostatica 𝑆 ( 12 )

𝐺

Ricordando peraltro la definizione di momento statico: ( 13 )

𝐴

APPENDICE A – MOMENTO D’INERZIA

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il momento di inerzia misura l'inerzia del corpo al mutare della sua velocità angolare, una grandezza fisica utile

per descrivere il comportamento dinamico dei corpi in rotazione attorno ad un asse. Tale grandezza è definita

come il secondo momento della massa rispetto alla posizione.

Il concetto fu introdotto da Eulero nel suo libro Theoria motus corporum solidorum seu rigidorum nel 1765. Il

momento d'inerzia di un corpo rispetto a un dato asse descrive quanto è difficile cambiare il suo moto angolare

attorno al proprio asse. Per esempio, si considerino due dischi (A e B) della stessa massa. Il disco A ha un raggio

più grande del disco B. Assumendo che abbiano spessore e massa distribuiti uniformemente, è più difficile

accelerare il disco A (cambiare la sua velocità angolare) poiché la sua massa è distribuita in maniera tale da

essere più distante del suo asse di rotazione: la massa che è più distante dall'asse deve avere, fissata la velocità

angolare, più velocità, e quindi più energia rispetto alla massa che è più vicina al centro di rotazione. In questo

caso il disco A ha un momento d'inerzia maggiore del disco B.

Il momento di inerzia di un corpo è funzione della sua geometria, in particolare di come è distribuita la massa

al suo interno. Il momento d'inerzia nella sua forma scalare è utile per risolvere numerosi problemi, per

esempio spiega perché oggetti diversi che rotolano (come sfere, cilindri o anelli) su un piano inclinato con

attrito lo fanno con accelerazioni diverse. Per esempio un anello rotolerà più lentamente di un disco della

stessa massa e raggio. Infatti la massa dell'anello è disposta lontano dal centro di rotazione e quindi, a parità

di velocità, l'energia cinetica accumulata dal corpo è maggiore. Tuttavia, per problemi più complicati in cui

l'asse di rotazione cambia, il trattamento scalare è inadeguato, per esempio nei giroscopi, satelliti e tutti gli

oggetti il cui allineamento cambia.

Il momento d'inerzia finora trattato è anche chiamato momento d'inerzia di massa per distinguerlo dal

momento di inerzia di superficie usato ad esempio nella scienza delle costruzioni, che è chiamato anch'esso

momento d'inerzia ed è indicato con lo stesso simbolo I. Nel sistema internazionale l'unità di misura del

momento di inerzia di massa è il 𝑘𝑔 ∙ 𝑚

2

mentre per il momento di inerzia di superficie è il 𝑚

4

Nei moti rotatori, il momento d'inerzia gioca il ruolo che ha la massa nei moti lineari.

Momento di inerzia di superficie per figure geometriche piane

Il momento di inerzia di superficie delle figure piane rispetto a un asse è utilizzato frequentemente

nell'ingegneria civile e nell'ingegneria meccanica. Infatti esso è direttamente correlato alla resistenza della

sezione di un elemento soggetto a flessione rispetto ai carichi ortogonali all'asse di riferimento. In pratica il

momento d'inerzia è una grandezza che indica l'attitudine di una figura piana a ruotare rispetto ad un asse di

riferimento, maggiore è il momento d'inerzia, minore è l'attitudine a ruotare che mostrerà la sezione.

Il caso tipico è quello della trave. Se le forze sulla trave hanno direzione y , si calcola il momento di inerzia della

sezione secondo l'asse x (ortogonale a y ) passante per il baricentro della sezione della trave. In pratica, a parità

di materiale, quanto più è elevato il momento di inerzia tanto più risulta resistente la trave. Inoltre, quanto più

il materiale è lontano dall'asse passante per il suo baricentro, tanto più aumenta il momento di inerzia. Per

accorgersene è sufficiente constatare che nelle formule seguenti per il calcolo del momento di inerzia l'altezza

h delle diverse figure è con esponente 3. Le travi in acciaio presentano spesso una sezione a I (profilati IPE, o

NP), oppure ad H (profilati HE), proprio per sfruttare il più possibile il materiale ponendolo lontano dal

baricentro della sezione.

Momenti di inerzia (o del secondo ordine) delle sezioni più comuni

I momenti di inerzia sono calcolati rispetto all'asse orizzontale baricentrale (asse x) e, in particolare, quelli del

rettangolo e del triangolo anche rispetto a un asse parallelo a quello baricentrale tramite il teorema di

Huygens-Steiner. La densità degli oggetti è da considerarsi unitaria.

Rettangolo:

11

𝑏ℎ

3

12

11

𝑏ℎ

3

3

Triangolo:

11

𝑏ℎ

3

36

11

𝑏ℎ

3

12

Cerchio: