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La dispensa inizia con un brevissimo accenno alle nozioni di base necessarie per la compresione dei contenuti. Seguono, corredati da esempi di calcolo esplicativi, la teoria del moto uniforme a superficie libera in condizioni laminari, una parte dedicata alle analisi dimensionali e alla modellazione, e un terzo capitolo sulla spinta idrostatica . Il documento si chiude con un'appendice matematica sul momento d'inerzia.
Tipologia: Dispense
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Laurea Triennale in Ingegneria Edile – Curriculum Professionalizzante
Corso di Elementi di Idraulica e Costruzioni Idrauliche
A.A. 2017/
IDROSTATICA
0 NOZIONI DI BASE
Ad un fluido si attribuiscono in genere due grandezze distintive:
3
3
Fra queste due grandezze sussiste la relazione: (1)
dove 𝑔 è l’accelerazione di gravità.
Lo sforzo, che indica una forza per unità di area, esprimibile in 𝑁/𝑚
2
, si può distinguere in:
𝐹
𝐴
sforzo
𝐹
⊥
𝐴
sforzo normale (di pressione)
𝐹
∥
𝐴
sforzo tangenziale
da cui si ricava l’equazione differenziale: (11)
A questo punto, dal primo volume di controllo 𝑊 si può pensare di estrarre un ulteriore sottovolume 𝛥𝑤,
intuibile come una fetta di spessore 𝛥𝑧, larghezza 𝐵 e lunghezza 𝐿 la cui base risulti parallela a quella di 𝑊. La
forza peso su questo sottovolume si calcola dunque con: (1 2 )
𝑝
e analogamente a quanto detto per la (2), si avrà: (1 3 )
𝑥
= 𝜌𝐵𝐿Δ𝑧𝑔 sin 𝛼
Il sottovolume in questione risentirà, sulle superfici inferiore e superiore, di tensioni diverse in modulo ed
opposte, dovute alla diversa velocità del fluido alle varie profondità
4
. Dette 𝜏
2
e 𝜏
1
rispettivamente le tensioni
superiore e inferiore, ricalcando grossomodo la (3) e di conseguenza la (6), si ha: (1 4 )
2
𝐵𝐿 + 𝜌𝐵𝐿Δ𝑧𝑔 sin 𝛼 = 𝜏
1
da cui si ricava facilmente: (1 5 )
2
1
= −𝜌𝑔 sin 𝛼
che non è altro che l’incremento di 𝜏 al variare di 𝛥𝑧. Osservando il limite: (1 6 )
lim
Δ𝑧→ 0
2
1
si ottiene l’equazione differenziale: (1 7 )
= −𝜌𝑔 sin 𝛼
risultante dal bilancio delle forze in moto uniforme, che insieme alla ( 11 ) , con due condizioni al contorno,
sono le
Equazioni fondamentali del moto uniforme a superficie libera in condizioni laminari (1 9 )
= −𝜌𝑔 sin 𝛼 𝜏
Per quanto riguarda la tensione, integrando la (17) come segue:
∫ 𝑑𝜏 = −𝜌𝑔 sin 𝛼 ∫ 𝑑𝑧
si ottiene: ( 20 )
𝜏(𝑧) = −𝜌𝑔 sin 𝛼 𝑧 + 𝑐
1
4
Si pensi all’andamento del profilo di velocità
e ricordando la condizione al contorno espressa nella (19), dall’espressione: (21)
𝜏(𝐷) = −𝜌𝑔 sin 𝛼 𝐷 + 𝑐
1
si ricava: (22)
1
= 𝜌𝑔 sin 𝛼 𝐷
dunque il sistema contente la (20) e la (21) da come risultato la formula della
Tensione 𝜏 in funzione della profondità 𝑧 (23)
𝜏(𝑧) = 𝜌𝑔 sin 𝛼 (𝐷 − 𝑧)
e in particolare 𝜏 0
(si veda il grafico 1 ), cioè la tensione che si oppone alla componente parallela al piano di
scorrimento 𝐹 𝑥
della forza peso 𝐹
𝑝
, sarà: (24)
0
= 𝜏( 0 ) = 𝜌𝑔 sin 𝛼 𝐷
Per quanto riguarda invece la velocità, si sfrutta la (23) per riscrivere la (11) come: (25)
𝜌𝑔 sin 𝛼 (𝐷 − 𝑧)
𝑔 sin 𝛼
che integrata come:
𝑔 sin 𝛼
da: (26)
𝑔 sin 𝛼
2
2
e ricordando la condizione al contorno espressa nella (19), l’espressione: (27)
2
in sistema con la (26) da come risultato la formula della
Velocità 𝑢 in funzione della profondità 𝑧 (28)
𝑔 sin 𝛼
la quale altro non è che una funzione parabolica che si annulla per 𝑧 = 2 𝐷; in particolare, si noti (anche grazie
al grafico 2 ) che la derivata della velocità
𝑑𝑢
𝑑𝑧
si annulla nel punto 𝑧 = 𝐷, vale a dire quando 𝜏 = 0.
Volendo trovare una formula che definisca la velocità media 𝑉 sulla profondità, cioè determinare il valore della
velocità che genera sul grafico un’area rettangolare pari a quella sottesa dal grafico di 𝑢(𝑧), si può sfruttare il
concetto di media integrale, ottenendo: (29)
𝐷
0
che sostituendo 𝑢(𝑧) con la sua definizione data dalla (28) diventa:
2 ANALISI DIMENSIONALE E MODELLAZIONE
Nel Sistema Internazionale di Unità di Misura (SI)
5
sono definite 7 grandezze fondamentali: Ogni grandezza
fisica e la relativa unità di misura è combinazione di due o più grandezze fisiche e la relativa unità di misura di
base o il reciproco di una di esse. Tutte le unità sono definibili misurando fenomeni naturali, con l'eccezione
del chilogrammo. Inoltre il chilogrammo è l'unica unità di misura di base contenente un prefisso: il grammo è
un'unità di misura troppo "piccola" per la maggior parte delle applicazioni.
Grandezza fisica
Simbolo della
grandezza fisica
Nome dell'unità SI Simbolo dell'unità SI
Intensità di corrente elettrica 𝐼, 𝑖
ampere 𝐴
Intensità luminosa 𝐼
𝑣
candela 𝑐𝑑
Lunghezza 𝑙
metro 𝑚
Massa 𝑚 chilogrammo 𝑘𝑔
Quantità di sostanza 𝑛
mole 𝑚𝑜𝑙
Temperatura termodinamica 𝑇 kelvin 𝐾
Intervallo di tempo 𝑡
secondo 𝑠
Secondo un approccio coerente con il SI, come si può notare i simboli sono lettere minuscole o maiuscole, e
andrebbero mantenute tali, in quanto ad esempio una lunghezza indicata con la lettera maiuscola L
interferirebbe con la grandezza derivata induttanza; in ogni caso, dal momento che le grandezze derivate
verranno utilizzate in minima parte, per comodità di lettura si possono assumere simboli alfabetici maiuscoli
per le grandezze fondamentali succitate, ad eccezione al più della quantità di materia, e indicando il tempo
con la lettera greca 𝜃. Detto questo, per quanto ci riguarda, prendendo in considerazione le quattro grandezze
fondamentali più usate, vale a dire la lunghezza 𝐿, il tempo 𝑇, la massa 𝑀 e la temperatura 𝜃, si possono
distinguere, in base a quante grandezze entrano in gioco, quattro diversi
Tipi di problemi
lunghezza L geometrico
cinematico
dinamico
termodinamico
tempo T
massa M
temperatura θ
Per effettuare una misura in un problema puramente geometrico (𝐿), ad esempio esplicitare le dimensioni di
un tavolo, le procedure di misurazione consistono in poche parole nel confrontare una misura standard, ad
esempio il metro, con l’oggetto da misurare, cosicché le dimensioni del tavolo varranno un multiplo reale
positivo della misura standard.
5
https://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_internazionale_di_unit%C3%A0_di_misura
Esempio 2.1 Poniamoci ora in un problema cinematico reale, descritto da due grandezze fondamentali (𝐿, 𝑇).
Una pallina viene lanciata verso l’alto con velocità iniziale 𝑣
0
, e si vuole determinare quale sia l’altezza ℎ che
raggiunge, rispetto al punto di partenza, prima di iniziare a scendere sotto l’effetto della forza di gravità 𝑔.
Il problema può essere descritto come una funzione 𝑓(𝑣
0
, 𝑔, ℎ) = 0 definita su tre variabili, il che risulta
operativamente scomodo; l’obiettivo è dunque riscrivere questa funzione come 𝑓
∗
(𝜋) = 0 , combinando cioè
le tre variabili in modo tale da ottenere un numero adimensionale 𝜋, parametro [-].
Sappiamo che:
0
− 1
− 2
quindi fissato h al numeratore in un ipotetico rapporto, si avrà:
0
𝛼
𝛽
− 1
𝛼
− 2
𝛽
1
𝛼
−𝛼
𝛽
− 2 𝛽
da cui si deve risolvere un sistema che annulli gli esponenti nel rapporto:
da cui si ricava facilmente 𝛼 = 2 e 𝑏 = − 1 , giungendo quindi alla conclusione:
0
2
0
2
Quindi se nella 𝑓
∗
(𝜋) = 0 sappiamo che 𝜋 = 𝑐𝑜𝑠𝑡, allora:
0
2
0
2
Dove 𝑐 è una costante numerica determinabile sperimentalmente, o analiticamente come segue, grazie
all’equilibrio fra l’energia cinetica 𝐸
𝑐
1
2
0
2
nel punto iniziale e l’energia potenziale 𝐸
𝑝
= 𝑚𝑔ℎ nel punto di
massima altezza:
0
2
0
2
Da questo esempio pratico si giunge al
Teorema di Buckingham
Data una funzione 𝑓 = (𝑥
1
2
3
𝑛
) = 0 definita su 𝑛 variabili, in un problema descritto da 𝑗 grandezze
fondamentali, si può riscrivere 𝑓 in termini di gruppi adimensionali come 𝑓
∗
1
2
3
𝑛
considerando 𝑘 = 𝑛 − 𝑗.
È facile verificare che il teorema vale per l’esempio 2.1.
Esempio 2. 2 Si supponga ora di avere una condotta a sezione tonda, di diametro 𝐷, che presenti una superficie
interna irregolare, la cui rugosità è definita da 𝑒 ∶ [𝐿], nella quale scorra un fluido a velocità 𝑉. Si vuole
determinare la tensione tangenziale 𝜏 𝑤
lungo le pareti della condotta, esprimibile come:
𝑤
È noto sperimentalmente che, essendo 𝐶ℎ = 𝑓
(𝑅𝑒, 𝜀), per valori elevati del numero di Reynolds, in particolare
maggiori di 1000, il moto del fluido è turbolento pienamente sviluppato, e il coefficiente di Chezy risulta
dipendente dalla sola scabrezza relativa, cioè se 𝑅𝑒 ≫ 1 , 𝑅𝑒 > 10
3
allora 𝐶ℎ = 𝑓(𝜀). Viceversa, se il numero
di Reynolds risulta piccolo, il moto sarà laminare e 𝐶ℎ = 𝑓(𝑅𝑒).
Ora, tenendo conto del coefficiente di Chezy nella forma corrispondente a 𝜋
2
𝑤
2
2
la formula (35) del capitolo 1 si può riscrivere come: (2)
𝑤
2
2
e ricordando la formula del numero di Reynolds si avrà: (3)
2
dove tra l’altro si riconosce il
Parametro di Darcy-Weisbach
2
Qualora sia necessario analizzare il comportamento di una struttura di grandi dimensioni o in condizioni
difficilmente riproducibili in scala reale all’interno di laboratori, può risultare utile ricorrere alla creazione di
Modelli in scala
Affinché i risultati degli esperimenti condotti su un modello in scala ( 𝑚 ) rispecchino determinate
caratteristiche del prototipo reale (𝑝) è necessario adottare una similitudine in modo che i valori adimensionali
associati ai due casi rimangano costanti. Ad esempio si può utilizzare il numero di Reynolds, applicato ad un
fenomeno riprodotto in scala con gli stessi materiali e fluidi del prototipo, ricavando: (4)
(𝑝)
(𝑝)
(𝑝)
(𝑝)
(𝑚)
(𝑚)
( 𝑚
)
(𝑝)
( 𝑝
)
(𝑚)
Allo stesso modo si potrebbe considerare anche un’altra grandezza adimensionale, che governa il
comportamento di un moto a superficie libera, il
Numero di Froude
da cui si potrebbe analogamente ricavare la relazione: (5)
( 𝑚
)
( 𝑝
)
(𝑚)
(𝑝)
o ancora si potrebbe sfruttare il concetto di scabrezza relativa 𝜀, e così via.
Esempio 2. 3 Si consideri adesso un fiume (prototipo), largo da sponda a sponda 80 𝑚, e si pensi di doverlo
riprodurre in laboratorio in scala 1:100: il modello in scala ridotta sarà dunque largo 0. 8 𝑚, cioè 80 𝑐𝑚. Allo
stesso modo, se il fiume è profondo 1 𝑚, il modello dovrà essere profondo 1 𝑐𝑚. Considerando la scabrezza
relativa 𝜀, se i sedimenti sul letto del fiume hanno dimensioni ipotetiche di 3 𝑐𝑚, nel modello tale valore sarà
scalato a 0. 03 𝑐𝑚, cioè 300 𝜇𝑚. Si consideri che risulta difficile riprodurre sedimenti silicei (vale a dire della
stessa natura di quelli che si trovano sul letto del fiume) di dimensioni inferiori ai 100 𝜇𝑚. La velocità della
corrente pari a 1 𝑚/𝑠 nel prototipo, scalata attraverso il numero di Foude, varrà 0. 1 𝑚/𝑠 nel modello. A
questo punto di dovrebbe valutare la corretta similitudine fra i due sistemi attraverso il numero di Reynolds,
ma se si svolgono i calcoli, con 𝜌 = 10
3
3
e 𝜇 = 10
− 3
𝑘𝑔/𝑚𝑠, si osserverà che 𝑅𝑒
(𝑝)
6
, mentre
(𝑚)
3
; ciò significa che mentre il fluido nel prototipo si trova in una situazione di turbolenza piena,
quello nel modello in scala è soltanto nella zona transitoria fra moto laminare e moto turbolento. In questo
caso si ha dunque una similitudine incompleta , in quanto non è possibile rispettare tutti i parametri
adimensionali. Una soluzione sarebbe ad esempio cambiare fluido e cercare di ripristinare gli equilibri fra i
parametri.
Da questo esempio si evince che creare un modello in scala può risultare molto complicato in quanto
l’invarianza di un parametro potrebbe portare a significativi scarti fra i valori di prototipo e di modello di altri
parametri. L’unico modo per procedere con l’analisi di un modello in scala è considerare di modificare alcune
grandezze del sistema, ad esempio le dimensioni o il fluido…
Legge di Stevino (4)
o equazione indefinita o locale dell’idrostatica , il cui valore viene anche detto quota piezometrica. In questa
formula si distinguono la quota geotedica o altezza geometrica 𝑧, e l’ altezza piezometrica 𝑝/𝛾, cioè l’altezza
di una colonna di liquido di peso specifico 𝛾 che esercita alla propria base la pressione 𝑝. Ne consegue che se
𝑧 = 𝑐𝑜𝑠𝑡 si ha 𝑝 = 𝑐𝑜𝑠𝑡, cioè i piani orizzontali sono isobarici; dove 𝑧 cresce 𝑝 decresce e viceversa.
Nota la pressione in un punto, la legge di Stevino ci
consente di individuare con facilità la distribuzione
delle pressioni nell’intera massa liquida. E’ su tale
proprietà che si basano la maggior parte degli
strumenti per la misura della pressione. Il più semplice
è il piezometro. Esso è costituito da un tubo, verticale
o inclinato, aperto in sommità e collegato all’altra
estremità con il recipiente contenente il liquido.
All’interno del tubo, il liquido si innalzerà fino alla
quota del piano dei carichi idrostatici. Se le pressioni
del liquido sono elevate e quindi il piano dei carichi
idrostatici è molto alto, il dispositivo risulta di difficile attuazione
pratica e conviene adottare un manometro semplice. Questo è
costituito da un tubo ad U di cui una estremità è in collegamento con il
recipiente contenente il fluido, l’altra è in comunicazione con
l’atmosfera. Nella parte inferiore del tubo ad U si dispone un liquido
con peso specifico superiore a quello del fluido nel recipiente.
pressione nel recipiente il liquido monometrico si porterà a quote
𝑀
𝑀
𝑁
′ = 𝑝
𝑁
𝑚
e poiché 𝑝 𝑁
= 0 , si ha: (6)
𝑚
Essendo ℎ l’affondamento del menisco 𝑀 sotto il piano dei carichi idrostatici. Se le pressioni sono molto alte
anche i manometri semplici trovano difficoltà pratiche di attuazione e conviene utilizzare manometri metallici,
fra i quali il modello più comune è quello di Bourdon. Tali strumenti si basano sulle
deformazioni elastiche dei corpi solidi. Il manometro di Bourdon, è essenzialmente
costituito da un tubo metallico di sezione ellittica, piegato a forma di cerchio. Un
tale tubo ha la proprietà di espandersi quando all'interno di esso si esercita una
pressione (e ciò perché la sezione ellittica tende ad assumere Ia forma circolare, e il
tubo tende a raddrizzarsi). Il tubo 𝑇 ha l'estremo 𝐴 fisso, mentre l'estremo 𝐵 è
libero di muoversi: i suoi movimenti sono trasmessi mediante l'asta 𝐶 alla leva 𝐷,
alla quale è attaccato un indice scorrevole su di una scala. Questo strumento
richiede un’ apposita taratura. Di
norma si effettua in modo tale che la
pressione indicata dalla strumento
sia pari a quella della quota relativa al
baricentro dello strumento stesso.
Quando infine si voglia valutare il
dislivello tra i piani dei carichi
idrostatici di due masse liquide,
contenute in diversi recipienti, si
utilizza il cosiddetto manometro
differenziale, costituito da un tubo ad
U contenente un liquido con peso specifico maggiore di quello dei fluidi nei due recipienti. Nel caso di recipienti
𝑁
𝑀
𝑁
𝑀
𝑚
da cui si ottiene: (8)
𝑚
𝑚
Il manometro differenziale non consente quindi di ricavare la quota dei piani dei carichi idrostatici ma solo il
del tutto analogo, si ottiene: (9)
𝑚
2
2
2
1
1
Si vuole ora dare una definizione generica di spinta idrostatica. Si immagini di avere un fluido a superficie libera,
e di voler determinare la spinta 𝑆 su un’area 𝐴 immersa, inclinata di un certo angolo 𝛼 rispetto alla superficie
del fluido. La retta parallela ad 𝐴 e giacente su di essa sarà assunta come asse 𝑦 di un sistema di riferimento
arbitrario, e intersecherà la superficie del fluido formando con esso l’angolo 𝛼 già definito. Individuato il
baricentro 𝐺 dell’area 𝐴 e nota la sua coordinata 𝑦 𝐺
, la sua profondità ℎ
𝐺
si ricava con semplici considerazioni
geometriche: ( 10 )
𝐺
𝐺
sin 𝛼
Quindi, ricordando che 𝛾 = 𝜌𝑔, e definendo 𝑃 𝐺
la pressione nel baricentro, la (1) si può riscrivere come: ( 11 )
𝐺
𝐺
sin 𝛼
Ora, dalla prima definizione del capitolo, è chiara la definizione di
Spinta idrostatica 𝑆 ( 12 )
𝐺
Ricordando peraltro la definizione di momento statico: ( 13 )
𝐴
APPENDICE A – MOMENTO D’INERZIA
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il momento di inerzia misura l'inerzia del corpo al mutare della sua velocità angolare, una grandezza fisica utile
per descrivere il comportamento dinamico dei corpi in rotazione attorno ad un asse. Tale grandezza è definita
come il secondo momento della massa rispetto alla posizione.
Il concetto fu introdotto da Eulero nel suo libro Theoria motus corporum solidorum seu rigidorum nel 1765. Il
momento d'inerzia di un corpo rispetto a un dato asse descrive quanto è difficile cambiare il suo moto angolare
attorno al proprio asse. Per esempio, si considerino due dischi (A e B) della stessa massa. Il disco A ha un raggio
più grande del disco B. Assumendo che abbiano spessore e massa distribuiti uniformemente, è più difficile
accelerare il disco A (cambiare la sua velocità angolare) poiché la sua massa è distribuita in maniera tale da
essere più distante del suo asse di rotazione: la massa che è più distante dall'asse deve avere, fissata la velocità
angolare, più velocità, e quindi più energia rispetto alla massa che è più vicina al centro di rotazione. In questo
caso il disco A ha un momento d'inerzia maggiore del disco B.
Il momento di inerzia di un corpo è funzione della sua geometria, in particolare di come è distribuita la massa
al suo interno. Il momento d'inerzia nella sua forma scalare è utile per risolvere numerosi problemi, per
esempio spiega perché oggetti diversi che rotolano (come sfere, cilindri o anelli) su un piano inclinato con
attrito lo fanno con accelerazioni diverse. Per esempio un anello rotolerà più lentamente di un disco della
stessa massa e raggio. Infatti la massa dell'anello è disposta lontano dal centro di rotazione e quindi, a parità
di velocità, l'energia cinetica accumulata dal corpo è maggiore. Tuttavia, per problemi più complicati in cui
l'asse di rotazione cambia, il trattamento scalare è inadeguato, per esempio nei giroscopi, satelliti e tutti gli
oggetti il cui allineamento cambia.
Il momento d'inerzia finora trattato è anche chiamato momento d'inerzia di massa per distinguerlo dal
momento di inerzia di superficie usato ad esempio nella scienza delle costruzioni, che è chiamato anch'esso
momento d'inerzia ed è indicato con lo stesso simbolo I. Nel sistema internazionale l'unità di misura del
momento di inerzia di massa è il 𝑘𝑔 ∙ 𝑚
2
mentre per il momento di inerzia di superficie è il 𝑚
4
Nei moti rotatori, il momento d'inerzia gioca il ruolo che ha la massa nei moti lineari.
Momento di inerzia di superficie per figure geometriche piane
Il momento di inerzia di superficie delle figure piane rispetto a un asse è utilizzato frequentemente
nell'ingegneria civile e nell'ingegneria meccanica. Infatti esso è direttamente correlato alla resistenza della
sezione di un elemento soggetto a flessione rispetto ai carichi ortogonali all'asse di riferimento. In pratica il
momento d'inerzia è una grandezza che indica l'attitudine di una figura piana a ruotare rispetto ad un asse di
riferimento, maggiore è il momento d'inerzia, minore è l'attitudine a ruotare che mostrerà la sezione.
Il caso tipico è quello della trave. Se le forze sulla trave hanno direzione y , si calcola il momento di inerzia della
sezione secondo l'asse x (ortogonale a y ) passante per il baricentro della sezione della trave. In pratica, a parità
di materiale, quanto più è elevato il momento di inerzia tanto più risulta resistente la trave. Inoltre, quanto più
il materiale è lontano dall'asse passante per il suo baricentro, tanto più aumenta il momento di inerzia. Per
accorgersene è sufficiente constatare che nelle formule seguenti per il calcolo del momento di inerzia l'altezza
h delle diverse figure è con esponente 3. Le travi in acciaio presentano spesso una sezione a I (profilati IPE, o
NP), oppure ad H (profilati HE), proprio per sfruttare il più possibile il materiale ponendolo lontano dal
baricentro della sezione.
Momenti di inerzia (o del secondo ordine) delle sezioni più comuni
I momenti di inerzia sono calcolati rispetto all'asse orizzontale baricentrale (asse x) e, in particolare, quelli del
rettangolo e del triangolo anche rispetto a un asse parallelo a quello baricentrale tramite il teorema di
Huygens-Steiner. La densità degli oggetti è da considerarsi unitaria.
Rettangolo:
11
𝑏ℎ
3
12
11
𝑏ℎ
3
3
Triangolo:
11
𝑏ℎ
3
36
11
𝑏ℎ
3
12
Cerchio: