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Natalia Ginzburg Vocazione scrittrice, Schemi e mappe concettuali di Letteratura Contemporanea

Vocazione Scrittrice, parla della vita e le opere di natalia Ginzburg

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

In vendita dal 10/08/2023

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7 documenti

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Scarica Natalia Ginzburg Vocazione scrittrice e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Letteratura Contemporanea solo su Docsity! NATALIA GINZBURG: VOCAZIONE SCRITTRICE Natalia Ginzburg è sempre stata una donna timida, schiva e sobria e con il suo sguardo limpido rigoroso e malinconico ha raccontato della famiglia Borghese, dell'epoca e dei luoghi in cui la vita lo ha condotta. Ma ha parlato poco di sé. Cercava di dissimulare la lingua. È stata una delle scrittrici più ostiche, la cui difficoltà è il maneggiare le lore esistenze e il immaginario. È importante studiare Natalia Ginzburg perché presenta un punto di vista particolare riguardante l'immaginazione, fondamentale nel mondo infantile. ➔ Secondo Natalia Ginzburg l'immaginazione è una delle caratteristiche principali dell'infanzia perché il bambino dà importanza a tutte quelle cose che vengono considerate superflue nella vita adulta. L'infanzia Infatti è caratterizzata da una forte immaginazione e creatività che l'hanno portata ad appassionarsi alla scrittura. Note dell’autore Arianna di Genova, utilizzando la prima persona parla della Ginzburg e della sua infanzia, del suo confine in Abruzzo a seguito della persecuzione fascista, della vita redazionale all’Einaudi, dell'impegno politico e della grande passione per la scrittura. Essendo scritto in prima persona sembra che sia Natalia Ginzburg a parlare ma in realtà si tratta di Arianna di Genova che vuole immedesimarsi e impossessarsi delle sue ombre. Proprio come La chimica delle parole di Primo Levi si tratta di una biografia, ma c'è una differenza: - quella di Levi è un'intervista - quella della Ginzburg è un'autobiografia di tipo paradossale. Generalmente un'autobiografia permette di conoscere i punti salienti della vita dell'autore ma la particolarità dell'autobiografia paradossale è che dei suoi racconti non si evince molto sulla sua persona → anche se si racconta molto della sua vita si racconta poco di sé. Tramite i personaggi si racconta la propria vita, però non si mette in evidenza le emozioni e la psicologia dei personaggi, infatti l’io esteriorizzato è privo di psicologia ma ricco di gestualità. Scrivere la bibliografia di questa scrittrice non è stato un compito facile, però Arianna di Genova ha scelto questa modalità perché la Ginzburg ha avuto un rapporto particolare con l’autobiografia. Arianna di Genova ha letto molto la e cercava somiglianze con la sua storia; cercando di scrivere appunti sul suo diario, ma le pagine rimasero bianche perché il romanzo “Lessico famigliare" raccontava cose lontanissime dalla mia realtà, descriveva una città dove in cui Arianna di Genova non era mai stata, presentava persone importanti che all’epoca non conosceva e trascinava l’impegno politico. Lessico familiare era un libro strano perché sfogliando le pagine era come entrare in stanze private. Il vero cognome della Ginzburg era Levi prima che si sposasse. Arianna di Genova lesse anche: ● È stato così ● Caro Michele e Valentino ● Le piccole virtù ● Mai devi domandarmi Erano brevi saggi, articoli, riflessioni su cose minime e su grandi storie, pensieri e libertà cuciti uno sull'altro ma senza nessun imbarazzo e molta originalità. Tutto è profondamente malinconico in Ginzburg ma è una malinconia sobria, mai solo triste e grigia; a volte è colorata, speziata e poetica→ una malinconia arcobaleno. Capitolo 1 Questo capitolo è stato scritto in prima persona. La Ginzburg ha provato sempre un gran fastidio per le autobiografie, non le andavano giù perché pensava che le storie private fossero una noia mortale. Infatti anche quando ha pubblicato il libro che le ha fatto vincere il premio Strega,Lessico familiare, non ha voluto raccontare di sé stessa; ma ha preferito guardare gli altri come fosse una testimone che vedeva tutto e che sapeva. Per scrivere questo libro ha scelto la strada personale, ovvero è rimasta nascosta in un angolo con tutte le emozioni e i sentimenti che provava→ come in un film. Questo è un libro di memorie scritto nel 1963, è un racconto degli anni di Mussolini, della guerra e di quel che avvenne subito dopo. Forse quel romanzo che ha avuto tanto successo la Ginzburg l'ha scritto per riscattarsi dal suo ostinato silenzio giovanile. Questo è un modo di scrivere inconsueto; poiché la posizione del narratore è onnisciente. Si sposarono nel 20 novembre 1943, ma dopo il matrimonio fu costretta a fuggire in Abruzzo. Leone Ginzburg era ebreo, aveva origini russe ed era antifascista e partigiano. La Ginzburg viveva gli anni della guerra del fascismo e nazismo e ciò portò tutta la famiglia e scappare sempre, per questo la vita dell’autrice è una vita sacrificata Leone Ginzburg era appassionato di letteratura russa. A lui dedicherà: ● A mio marito ● Memoria, che è contenuta in Un’assenza ● è stato così Per il padre come sport esisteva solo la montagna e avrebbe voluto che tutti lo seguissimo nelle sue ascensioni in vetta ma spesso se ne andava da solo dicendo che eravamo dei poltroni. Il padre amava le scarpinate in montagna mentreNatalia era negata; anche quando andava a scuola aveva orrore per l'ora di ginnastica e non le è mai piaciuto mettersi la tuta. Durante il fascismo addirittura dovevamo rientrare a scuola due pomeriggi a settimana per fare ginnastica perché si dava grande importanza al corpo e alla sua bellezza, bisognava poi esercitarsi in divisa (gonna nera a pieghe e camicia bianca); anche se sua madre spiegò che non era iscritta alle piccole italiane e quindi non deva vestirsi per forza così non fu accontentata e dovette comprare ugualmente la divisa. Natalia era certa che venivano considerati da tutti una famiglia strana. Capitolo 2 QuandoNatalia Ginzburg era piccola fantasticava, lo definiva parlar di notte anche se in verità lo faceva durante il giorno. Viveva esistenze parallele anche mentre camminava per strada tenendo la mano e la madre. Natalia Ginzburg non era mai sola, Infatti nella sua immaginazione aveva fatto amicizia col principe Sergio, un ragazzo bellissimo in fuga dalla Russia che aveva come compagni di avventura orsi e lupi feroci. Gli telefonava appena poteva, erano innamorati e restarono fedeli l'uno all'altra per molti anni; questo durò fino alla fine dell'infanzia quando si stufò di quel fidanzato immaginario e cominciò a guardare le persone vere per scrivere di loro e delle loro vite. Ha sempre voluto fare la scrittrice, fin da piccola, anche se c'è stato un momento in cui ha pensato di dedicarsi ad altre attività: come dipingere, girare il mondo a cavallo per conquistare il roccaforti e diventare dottoressa. La medicina, in fondo, era qualcosa che aveva respirato tra le mura di casa: - Il padre, Giuseppe Levi, era uno scienziato - la madre, Livia Tanzi, era stata una studentessa della materia - il fratello Alberto frequentava l'aula di anatomia dove insegnava il padre peròNatalia pensò che tutti quegli scienziati potessero bastare in famiglia e poi ha sempre preferito scrivere ( sia poesie che racconti, che romanzi), scriveva a mano con una penna stilografica. A scuola si annoiava e stava spesso con la testa altrove, siccome scriveva solo poesie ascoltava poco e non capiva niente di matematica; invece quando c'era da scrivere temi li faceva lunghissimi. Non era abituata ai ritmi della scuola, faticava a svegliarsi ed era sempre indietro con lo studio perché alle elementari non c'era andata (aveva imparato le cose essenziali con la madre a casa). Per carattere se ne stava zitta, indispettita, le piaceva leggere non faceva altro che comporre le poesie che poi ricopiava diligentemente sul suo quaderno segreto. Quando proponeva le poesie in famiglia, si procurava solamente prese in giro dai suoi fratelli. A 12 anni scrisse alcuni versi su un amore finito: si chiamava Lucio, era un ragazzino che incontrava d'estate in montagna e che poi divenne suo compagno di classe al ginnasio. Questa poesia era tristissima. Si dedicava anche alla scrittura di racconti brevi. A 17 anni riuscì a comporre una storia più lunga, Un’assenza: che parlava di un marito viziato, ricco e un po' fannullone, incapace di esprimere i suoi affetti; i protagonisti erano Maurizio e sua moglie Anna → due individui che erano perfettamente estranei pure se sposati e con un bambino. Quando lei se ne va a San Remo, in viaggio di svago, lui non combina niente fino a che immaginando il tradimento della moglie si consola con una ragazza. L'estate in cui scrisse questo romanzo fu quella che la portò a conoscere Leone Ginzburg, aveva 24 anni e insegnava letteratura russa*. Natalia Ginzburg era interessata alla letteratura russa. Era un vigilato speciale ed era stato in carcere. Leone cominciò a lavorare in una piccola casa editrice con Giulio Einaudi; e stava sempre insieme Cesare Pavese a che cercava di convincere a tutti i costi a lavorare con loro. Più tardi arrivò Italo Calvino e Felice Balbo. Il padre non vedeva di buon occhio Leone, si preoccupava perché non aveva molti soldi e perché i fascisti non lo lasciavano in pace. Però fu proprio Leone ad aiutarla a pubblicare il suo racconto su una rivista importante di letteratura e come per miracolo quando sottopose al fratello Mario il testo che aveva scritto invece di uccidere pensò che non era male che qualcuno avrebbe dovuto leggerlo e lo consegnò al suo amico. A quel punto non riuscì più a fermarsi, aveva bisogno di scrivere e scriveva un racconto dopo l'altro a intervalli regolari di qualche mese, questo durò sei anni. Natalia Ginzburg andava a osservare le persone per scoprire qualcosa di loro, appuntarsi frasi, dettagli, colori e modi di vestire. Questo modo di scrivere è chiamato Panopticon. Questa tecnica si osserva in modo dettagliato tutti gli altri e riporta le sue osservazioni in un diario. Osservare in silenzio è una cosa che Natalia Ginzburg ha sempre amato fare, sin da bambina. Natalia Ginzburg nei suoi racconti è un narratore onnisciente: sa tutto di tutti. Con questa tecnica si comporta come se fosse un occhio che imprigiona i dettagli, li rielabora e li restituisce al lettore. → Come 1984 di Orwell Quando si scrive un racconto del genere si deve buttare dentro tutto, tutto quello che si possiede e che si è visto. E i particolari si consumano, a portarseli intorno senza servirsene per lungo tempo. infattiNatalia Ginzburg è ossessionata dal concetto del logorarsi della memoria. Si divertiva a creare personaggi con qualche tic o vizio→ premeva molto sull'io esteriorizzato e descriveva il rapporto che l'io troppo piccolo ingenuo aveva con Dio troppo furbo: - questo rapporto è una sproporzione - questo rapporto ci porta a guardare i personaggi in base all'appartenenza e sui gesti Il modo di scrivere della Ginzburg assomiglia a quello di Levi e di Calvino Ha uno stile chiaro, semplice e sobrio → quando scrive una pagina cerca di eliminare tutti I figli erano tranquilli e giocavano sul pavimento eNatalia e Leone lavoravano, cucinavano chiacchieravano e ricevevano ospiti. A volte ospitavano la sarta del paese a preparare le sagnaccole, un tipo di pasta con farina e acqua. ➔ Il ricordo che aveva di Torino erano i suoi grandi viali e il rumore continuo dello sferragliare dei tram ➔ A Pizzoli sentiva ogni giorno lo schiocco nell'aria del grido delle signore che incitavano gli asini, non amava molto questo posto però erano in esilio in un posto che non avevano scelto ma hanno imparato a farlo loro giorno dopo giorno. A Pizzoli sono rimasti tre anni, un giorno un amico di famiglia li avvisò che erano in pericolo: il primo ad andare via fu Leone per non farsi trovare dai fascisti poi toccò aNatalia e ai bambini. Lasciarono l’Abruzzo il 1 novembre viaggiando sotto falsa identità. Non tornarono più a Pizzoli ma il ricordo di quel luogo è sempre rimasto dentro la Ginzburg. Nel 1941 scrisse Mio marito, un racconto che parla di un medico di un piccolo paese, innamorato di una contadina povera che però sposa una ragazza orfana ma di buona famiglia per tentare di fuggire da quell'amore impossibile. La fine è molto tragica. Il dottore somigliava a quel dottore che veniva a visitare i bambini della Ginzburg. Natalia Ginzburg aveva conquistato del tempo per scrivere e si dedicava anche alle traduzioni per la casa editrice Einaudi. La strada che va in città uscì nel 1942 presso la casa editrice Einaudi, con uno pseudonimo (Alessandra Tornimparte)→ ha dovuto utilizzare uno pseudonimo perché era ebrea. Il titolo del romanzo l'ha scelto Leone, non racconta la vita della Ginzburg ma molti personaggi che compaiono sono ripresi dalla realtà, somigliano nei tratti fisici, nei mestieri che fanno, nelle parole che usano a tutti coloro che vedeva intorno a sé. La protagonista Delia è una ragazza di campagna, di umili origini, che sogna un riscatto sociale attraverso il matrimonio. Si sposa con il figlio del dottore per fuggire dalla sua condizione e assicurare ai figli un futuro migliore, ma dovrà rinunciare ad essere felice lasciandosi alle spalle un amore vero ma senza via d'uscita. Nel tempo la Ginzburg ha imparato che si può scrivere in qualunque condizione d'animo, non importa se è felice o tristi, vince il sentirsi disposti a dominare le proprie emozioni per lasciar parlare gli altri. Eppure c'è un romanzo che ha un sapore molto amaro, “È stato così” verrà pubblicato nel 1947.Natalia Ginzburg lo scrisse in preda a una profonda malinconia e l'ha dedicato a Leone dopo che gli anni abruzzesi erano finiti. Il 20 novembre del 1943 era stato arrestato dalla polizia fascista nella tipografia clandestina, dove stampava il foglio del partito d'azione “L'Italia libera” e portato nella prigione di Regina Coeli, a Trastevere. Da quel giorno fino al 5 febbraio del 1944, quando morì a causa delle torture subite, la Ginzburg e i bambini non lo videro più. La storia raccontata è quella di una donna tradita, che per quattro anni sopporta un marito molto bugiardo e vigliacco, che non sa prendere la decisione di andarsene da casa. L'amarezza di quella vita vuota, il suo continuo rimuginare e non immaginare nessuna via d'uscita la porteranno a compiere un altro tremendo. Questa è una specie di confessione, in una specie di monologo interiore per tutto il romanzo non fa altro che spiegare le ragioni che l'hanno fatta diventare un'assassina a sangue freddo. La morte del marito fu un evento doloroso per la Ginzburg, che ha scritto romanzi e poesie Parla della morte del marito anche nella poesia “Memoria”, dove parla del momento in cui ha dovuto togliere il lenzuolo per riconoscere il marito. È una poesia struggente poiché scritta dopo la morte di Leone. Qui è presente l’entelechia (=Levi) → molti autori nel momento in cui subiscono un evento molto tragico. Da questo momento sarà una considerata un'autrice traumatizzata da un evento storico. La Ginzburg e i bambini furono aiutati da Adriano Olivetti, che li ha aiutati a scappare da casa e rifugiarsi da amici perché la polizia sarebbe arrivata da un momento all'altro. Capitolo 4 Per la madre della Ginzburg il freddo era collegato al gelo delle emozioni, eNatalia pensava che non avesse tutti i torti perché era rimasta vedova a poco più di vent'anni con tre figli piccoli da crescere ed a sfamare. Le pesava abitare con i genitori e voleva essere indipendente, Infatti andò da un amico del marito per farsi assumere presso la casa editrice Einaudi a Roma. In redazione il suo compito era rivedere i manoscritti e tradurre in italiano alcuni testi dal francese, e mentre si concentrava sulle cose da fare nel suo cervello tornavano in mente le immagini della guerra. Recensì “Il gioco segreto” di Elsa Morante. Andò ad abitare a Roma, da piccola immaginavo a Roma come una città bellissima ma invece era un posto dove tutto era confuso, aveva un carattere capriccioso e provava una forte nostalgia per Torino. A Roma era ormai diventata adulta davvero: era una madre e una lavoratrice sola. Fece amicizia con Cesare Pavese che influenzò le sue letture e anche qualcosa della sua scrittura. Lui detestava l'obbligo degli orari di ufficio ma era anche un gran lavoratore molto puntiglioso e preciso. Per anni la Ginzburg pensava che Cesare Pavese fosse uno scrittore solitario, che vivesse in sogni tutti i suoi; non parlava quasi mai e anche se andava a trovarla se ne stava zitto. La cosa bizzarra era che non amava conoscere persone nuove, era come posseduto da una tristezza feroce che a volte lo tormentava e soffocava eppure il suo sguardo manteneva intatto qualcosa di fanciullesco. E quando decise di morire da solo la Ginzburg andò in una collina e fu il suo modo di raccontarlo e rendergli omaggio; la Ginzburg racconta che in quella giornata d'autunno era come se fosse ancora lì. Anche se la casa editrice non era più come quella di una volta. I suoi amici Pavese e Calvino la sostennero sempre e spesso la fecero ragionare sulle disfunzioni che non funzionavano all’interno dei suoi racconti e romanzi. L’autrice era stata sempre circondata da persone rilevanti, da politici e da scrittori, ma i suoi personaggi erano degli uomini pavidi, delle piccole animelle, sempre in cerca di conferme, sempre in crisi, personaggi totalmente diversi da quelli che aveva incontrato nella sua vita. La Ginzburg ritornò a Torino perché la sede delle Einaudi a Roma era stata chiusa; la Ginzburg racconta che nel suo posto di lavoro si era sempre trovata bene anche se era circondata da maschi, però una volta si è molto arrabbiata criticando l'iniziativa editoriale che trattava di una collana di letteratura per l'infanzia nel cui il retro del volume c'era un testo che più leggero più non le andava giù. Capitolo 5 Dopo la morte di Leone Ginzburg incontra, nel 1950, Gabriele Baldini che insegnava letteratura inglese. Nel 1954 nacque Susanna, che aveva una grave malformazione e che venne operata all'estero, ma la sua malattia non migliorò e lei rimase disabile per sempre. Ebbero un altro bambino, Antonio, che sopravvisse poco più di un anno. Questi furono momenti di dolore intenso. vuole attuare un cambiamento letterario. Ma a livello storico la neoavanguardia nasce con il boom economico; dove la visione degli italiani subisce un cambiamento/ una rivoluzione: c'è un abbandono definitivo delle campagne, cambia la configurazione della vita. L’ Italia stava perdendo la sua identità e stava sparendo il dialetto. Pasolini considerava tutto ciò come fosse una catastrofe e considerava questo ideale Borghese un'espressione di un neofascismo. Gli autori esaltano il nuovo è consideravano le nuove discipline come il mezzo che avrebbe favorito una rivoluzione conoscitiva. Erano al favore del cambiamento, portando con sé novità culturali → sia la scrittura che il linguaggio cambia. Al contrario gli scettici che guardano con occhio di riguardo ( come Pasolini e Goredo). La nascita della neoavanguardia è spinta dal nuovo benessere e le nuove discipline (come lo strutturalismo) hanno determinato una trasformazione conoscitiva Può essere collegato al Futurismo di avanguardia storica. Tale movimento non viene accettato né dalla Ginzburg né dalla Morante perché loro continuavano a parlare del passato perché vogliono Denunciare un passato orrendo che si spera non si verifichi più. ❖ Le voci della Sera l’ha scritto quando era in Inghilterra, all'inizio credeva di cavarsela con una manciata di pagine invece i personaggi avevano bisogno di essere raccontati per bene. A far ruotare tutta la storia e la famiglia De Francisci, padroni di una fabbrica di stoffe. ❖ Le piccole virtù, (1962) era un racconto dedicato a un piccolo locale vicino casa della Ginzburg , La Maison Volpe, che ha esercitato in lei un fascino speciale per lungo tempo. Racconta di non esserci mai entrata perché era sempre chiuso ma immaginava dentro la sala e i mobili del bar. Questo posto era davvero misterioso e faceva venire in mente i locali francesi degli scrittori di fine Ottocento. “Le piccole virtù” è un titolo antifrastico cioè piccole virtù dovrebbe stare per grandi virtù → Perché le virtù che solitamente sono qualcosa di meraviglioso vengono associate al termine piccole. In questo libro parla dell’infanzia scrivendo che l’epoca della sua infanzia era un’epoca delle grandi virtù, ovviamente trasmesse dai genitori. Si tratta di virtù indispensabili ma piccole e l’autrice racconta proprio della sua famiglia e di quanto fosse difficile il dialogo all’interno di essa a differenza di oggi in cui il dialogo è possibile. In piccole virtù tratta il tema della scuola e della necessità di essere il primo della classe, di prendere il massimo dei voti, necessità che viene trasmessa dai genitori per riempirli di orgoglio; per la Ginzburg questo è assolutamente sbagliato perché ai nostri figli dovremmo trasmettere non la necessità di prendere voti alti a scuola ma l’amore per la vita. Parla anche del tema del denaro, secondo la Ginzburg dovremmo lasciare i nostri figli liberi di utilizzare il denaro a loro piacimento. Per Natalia tra genitori e figli dovrebbe esserci un rapporto di amicizia; Infatti i genitori non dovrebbero inculcare determinati valori ai propri figli. Il genitore si aggrappa al figlio, crea aspettative altissime, pretende che il figlio viva la vita che il genitore non ha potuto vivere, ma per quale motivo? Ma per la Ginzburg i figli dovrebbero “germogliare quietamente” lasciandoli liberi di esprimere le proprie passioni. Infatti la Ginzburg condanna il fatto che molti genitori costringono i propri figli a intraprendere strade che loro stessi volevano intraprendere fin da bambini. La Ginzburg afferma che i bambini devono sperimentare e fare le proprie scelte e bisogna lasciare liberi i propri figli ed intraprendere le loro strade. Nel 1962Natalia e Gabriele e Gabriele tornarono a Roma. Capitolo 6 Generazione della Ginzburg era una generazione che non sarebbe stata più la stessa; l'autrice racconta che la notte prima di addormentarsi le capitava di sentire ancora l'odore delle macerie. E fu proprio lo shock di dover vivere sotto le bombe, in fuga, con la paura nelle ossa e negli occhi la distruzione a spingerla verso la politica perché ha pensato che non fosse più possibile tacere. Questa generazione di genitori era molto cambiata perché vestivano i bambini in fretta e in furia e molte volte si trovano a dire bugie. Quello che li aiutava era la parola libertà*, che appariva e suonava come uno squillo e sventolava nel cielo come una bandiera. Libertà (1972) è uno scritto della Ginzburg in cui si interroga su cosa questo termine significa per lei, la paura di perderla e della libertà negata di cui ha fatto esperienza durante la sua infanzia. In un regime totalitario la libertà non era possibile. Il tema della condivisione della libertà con i diversi, con chi non gli somigliava anche se poteva risultare complicato condividere la libertà con chi non la pensava come lei/loro. La Ginzburg da parlamentare tratterà il tema della libertà soprattutto per quanto riguarda il tema della donna sopraffatta dalla violenza. Fin dai tempi della Resistenza, all?Einaudi si era sviluppato un senso di solidarietà e amicizia fra le persone e ci si incontrava in “cellula” a discutere di politica. L'amico diNatalia, Felice, la costringeva ad andare. Felice Balbo era una persona speciale che trovava sempre una spiegazione nella condizione universale. La Ginzburg si è iscritta due volte ai partiti: 1) la prima al partito d'azione 2) la seconda al Partito Comunista, il PCI Nessuno l'aveva costretta ma l'ha fatto da sola però il suo temperamento la portava a credere che non fosse la scelta giusta; di fatto lei amava la libertà creativa ed essere iscritta ad un partito suonava strano. La cosa più divertente, che dice di essere accaduta, è stata l'invenzione del giornale parlato→ all’Einaudi c'era un altoparlante che dava all'esterno, su una piazza di Torino, da lì la Ginzburg, Balbo, Calvino e Pavese diffondevano le loro idee. Siccome erano tutti scrittori e non politici puri ne dicevano di tutti i colori; ma pochi anni dopo il giornale ha parlato spense la sua voce. Prima che la Ginzburg entrasse al parlamento le fu spiegato cos'era il socialismo→ Il socialismo era uguaglianza di beni e uguaglianza di diritti per tutti. La Ginzburg pensò che era indispensabile farlo subito. La Ginzburg entrò in Parlamento, diventando una figura pubblica. Il problema maggiore che si pose era riuscire a far sentire la sua voce, era impossibile nascondersi e bisognava avere il coraggio di essere se stesse. L'avevano eletta con una lista indipendente del Pci. Anche se ha fatto pochissimi interventi si è battuta per i più deboli, per le donne e la violenza sessuale*, e la libertà. La Ginzburg da parlamentare tratterà il tema della libertà soprattutto per quanto riguarda il tema della donna sopraffatta dalla violenza, si occuperà della legge sulla violenza sessuale. È una legge complicata da mettere in atto perché tocca la zona più oscura della vita dell’uomo che è proprio la zona dell’area sessuale. I rapporti sessuali non vengono mai definiti dalla Ginzburg perché non può considerarlo un diritto, un gioco e arriva alla conclusione che qualsiasi aggettivo non è mai quello giusto e appropriato. L'opera “Non possiamo saperlo”, si basa su un articolo femminista chiamato “ donne e uomini”. Scrive questo articolo facendo riferimento a un libro letto. Nel capitolo conclusivo dell'opera l'autrice designa un futuro in cui le donne non saranno più in stato di repressione ed è convinta che ci siano modi diversi di pensare. Quest'opera contiene il racconto “Violenza sulle donne” che parla di uno stupro ed del La bambina in realtà li stava bene, soffriva di paura notturne, ma era ricoperta di affetto e aveva anche un fratello, sempre filippino. Nessun giudice era andato a trovarla prima della sentenza; Un giorno la madre fu costretta a consegnare serene in un istituto e fuggire via, in lacrime sentendo le urla della bambina disperata. Il paese entrò in sciopero e i negozi chiusero. I coniugi affidatari non si arresero ma venne loro risposto che andava tutto per il meglio e Serena era tranquilla, dissero loro che erano troppo ansiosi. Alcuni psicologi dissero che la bimba fosse diventata indifferente semplicemente perché non voleva più soffrire ed era depressa. Il libro si conclude con una concezione che la Ginzburg ha della poesia: La poesia deve raccontare dell'esistenza umana per essere definita tale ed è in mezzo sufficiente e giusto per poter soddisfare i desideri inappagati e che caratterizzano l'esistenza umana; i desideri inappagati sono dati dalle capacità di sognare un futuro diverso e un destino alternativo. Il caso di Serena Cruz è stato un vero pasticcio della legge perché se è vero che non si può prescindere dalle regole, è anche vero che sarebbe stato meglio proteggere la felicità della piccola. Secondo la Ginzburg la giustizia e la legge devono andare di pari passo e devono collaborare; secondo lei in questo caso si doveva vedere il bene e la volontà della bambina stessa. Secondo la Ginzburg si deve considerare la giustizia come qualcosa che è giusto per noi, mentre la legge come un insieme di codice da rispettare. Se le leggi non contemplano quello che noi consideriamo essere giusto ci troviamo di fronte a un’anomalia, una distorsione. Questo pensiero accomuna la Ginzburg con Sciascia. Capitolo 7 I temi che stanno più a cuore alla Ginzburg sono: ❤ Il Natale Da bambina la Ginzburg adorava questa festa e in autunno cominciava a scalpitare contando i giorni sul calendario. Amava l'atmosfera colorata, gli alberi addobbati, Le strade piene di ghirigori ma a casa le spiegarono che presto non c'era una festa Loro essendo ebrei. In realtà in casa non si credeva in niente e allora la madre lasciava scivolare lo stesso il Natale. La Ginzburg spiegava che se dovesse associare la parola Natale a un aggettivo, userebbe l'aggettivo magico→ un appuntamento fatato senza lasciarsi travolgere dalle visioni pessimistiche perché la vita ha bisogno di momenti che racchiudono un qualche Incantesimo. ❤ L'alternarsi delle stagioni La Ginzburg non ha mai avuto simpatia per l'estate perché il caldo, lo svuotamento delle città, le partenze e le lontananze, le villeggiature spendevano solo solitudine*. Questa solitudine durava fino al 15 agosto, quando la Ginzburg si sentiva nelle ossa un ritorno del suo corpo alla vita vera. Il chiodo fisso che la tormentava era la solitudine, sin da bambina aveva amato stare da sola proprio come Calvino e Pavese. La scrittura diventò per lei l’unico modo per compensare questa mancanza. C’è poi un riferimento agli anni ’70, gli anni di piombo, in cui la democrazia vacillò, gli anni del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro. Furono gli anni di Sciascia e Calvino. ❤ La scrittura e la poesia Senza la scrittura e senza la sua penna la Ginzburg non avrebbe potuto vivere neanche un giorno, ha sempre avuto l'urgenza di scrivere e di farlo circondata dal silenzio. Anche senza la poesia sarebbe stata peggio, parla dell'importanza della poesia nella conclusione del libro della storia di Serena Cruz. I testi sull’infanzia Il 13 giugno 1948 e il 4 maggio 1969. A fare da cornice da questi due brevi racconti c’è un terzo racconto “L’infanzia e la morte” (pubblicato nel 1970) che serve da cornice per il tema dell’infanzia e perché instilla in chi legge la possibilità di comprendere temi più ampi che vanno aldilà dell’infanzia cioè come spiegare la morte al bambino. In questo breve racconto (l’infanzia e la morte) di 5 pagine la Ginzburg ci dice che è pura presunzione spiegare ad un bambino cosa è la morte e se Dio esiste veramente. Secondo l’autrice prima di spiegare agli altri, soprattutto ai bambini, la morte è necessario interiorizzare questo concetto e associarlo a quello della vita che è imprescindibile dal concetto di morte: non si può parlare di vita escludendo la morte e viceversa. Il consiglio della Ginzburg sarebbe quello di non disilludere i bambini circa l’esistenza di Dio né tantomeno avere la supponenza di spiegare ai più piccoli che cos’è la morte, ma allora stesso tempo non possiamo neanche godere del privilegio di tacere davanti a una domanda del genere. La morte è un punto di arrivo, come se fosse il capolinea di un lungo viaggio, che si presenta a noi in diverse dimensioni perché la morte può essere perdita, allontanamento, distacco e seppur arreca sofferenza e dolore può arrecare un dubbio a chi resta “dov’è andata a finire la persona che è morta?”. La responsabilità è anche quella di trovare un mezzo, un metodo per poter rispondere a questa domanda. Ognuno, che sia esso lettore scrittore o personaggio, deve prendere una posizione rispetto alla spiegazione della morte. La morte è un tema che sta a metà tra i cuori malvagi e i cuori buoni, possiamo anche dire tra i buoni e i cattivi. Il suggerimento della Ginzburg è quello di compiere un tentativo per rispondere a questa domanda. Per l’autrice la morte è un interlocutore, un personaggio che nonostante causa dolore può essere accettata perché produce crescita, maturità. La morte è incessantemente costante nel pensiero dell’uomo perché attiva un pensiero critico, dice la Ginzburg. Il tema dell’infanzia, in generale, non può non tenere conto della morte. Per l’autrice l’infanzia è sinonimo della morte, di abbandono. E proprio la morte accompagna la vita della Ginzburg con la perdita del marito, della madre, degli amici ma anche come la propria cognizione di sé come donna e punto di vista femminile che porta la propria visione del mondo in un percorso storico della letteratura. Parte dalla memoria dell’infanzia, dal ricordo della scuola. La Ginzburg vede la scuola come qualcosa che non la riguarda e secondo lei il percorso scolastico si differenziava tra ricchi e poveri, la sua famiglia non era ricca ma neanche povera ma c’era anche un altro problema legato alla pratica religiosa perché erano di origine ebraica ma non erano praticanti. Non erano ebrei, cattolici o altro, erano niente. La Ginzburg si sentiva come dentro una specie di zona neutra, amorfa, indefinibile e senza nome. Ma sin dall’infanzia capisce che il suo modo di vivere era diverso dagli altri, quindi non sente niente ma dall’altro si sente anche diversa. Ci parla anche della sua condizione di solitudine, avrebbe voluto dei compagni di gioco ma trovandosi in compagnia di qualcuno non sopportava le decisioni degli altri. Studiava a casa e poi sosteneva gli esami in una scuola pubblica e lì ha forse la prima esperienza del mondo reale. Sembrerebbe quasi un racconto di iniziazione perché la prima vera esperienza del mondo esterno la Ginzburg ce l’ha a scuola ma si sente comunque estraniata, di non appartenere al contesto. Quando poi si iscriverà a scuola