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New Ritual Society, comunismo e cultura nella società contemporanea, Sintesi del corso di Sociologia

Le origini del consumismo, In principio fu l'anomia, Le forme elementari della religione civile, Rituali e società, Il sistema degli oggetti, Le rappresentazioni sociali, Il Dio denaro, Il culto dell'abbondanza, Le cattedrali del consumo, La droga della propaganda, La favola del natale, Arte e pubblicità, Vie del Reincanto

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 09/02/2022

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Scarica New Ritual Society, comunismo e cultura nella società contemporanea e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! Le origini del consumismo Scoprire quali siano i luoghi più visitati della terra è particolarmente indicativo dei comportamenti umani e può riservare molte sorprese, come ad esempio il Louvre che risulta essere il museo più visitato a livello globale. I musei non rappresentano, però, il principale polo d’attrazione dei maggiori flussi umani, infatti i parchi divertimenti riescono ad attirare un pubblico di gran lunga più numeroso. Tuttavia, proseguendo in questo singolare guinness dei primati, le più grandi masse di persone non si spostano né con il turismo culturale, né alla ricerca di divertimento, ma piuttosto vanno nella direzione del puro consumo. Il primato dei posti più frequentati spetta infatti ai centri commerciali, come per esempio il West Edmonton Mall nell’Alberta, in Canada, che ospita 1000 negozi nonché un luna-park ed una spiaggia. Il maggiore centro commerciale americano per numero di visitatori, però, risulta essere il Mall of America. Il numero dei turisti che visitano i centri commerciali è comparabile quindi a quello dei visitatori delle maggiori città del pianeta. A Londra pernottano annualmente circa 25 milioni di turisti, anche se si calcola che i suoi visitatori annuali siano almeno il doppio. Lo scettro di luogo più turistico della terra appartiene però a Times Square nelle dinamiche consumistiche. Times Square deve la sua fortuna all’organizzazione del capodanno cittadino, che ha avuto luogo la prima volta nel 1907. Da quel momento chiaramente la piazza ha cambiato il suo aspetto fino a diventare la vetrina della città, tappezzata di monumentali insegne luminose, non a caso definite "Spectaculars", che le conferiscono l’attuale carattere di centro commerciale a cielo aperto e che ogni anno attirano 39,2 milioni di visitatori. La società moderna si caratterizza sempre più attraverso il consumo. Si tratta di un processo generalizzato per quanto non sempre lineare. Il consumismo richiede un certo grado di adattamento, quanto meno in alcune regioni del mondo non ancora perfettamente integrate nel sistema dei consumi. Il più grande centro commerciale al mondo, infatti, è il New South China Mall. A 7 anni dalla sua apertura, tuttavia, il centro commerciale ospita solo 47 negozi. Si può quindi supporre che quantomeno il consumismo non si affermi ovunque in maniera identica, ma richieda tempi e modi diversi per adattarsi a realtà differenti e spesso mutevoli. Analizzare il consumismo, le sue origini, i modi del suo sviluppo e i fatti sociali che ruotano attorno ad esso, significa non solo cercare di dare un contributo alla comprensione di alcuni degli aspetti più significativi della vita contemporanea, ma anche considerare quali siano i fatti sociali che esercitano una più profonda influenza sulla cultura e la mentalità contemporanee. Si tratta anche e soprattutto di individuare, oltre alle principali caratteristiche del moderno universo del consumo, anche quei presupposti che hanno consentito un tale sviluppo, vale a dire, quindi, anche il perché l’uomo moderno si sia dimostrato così permeabile al nuovo mondo del consumo. Il consumismo è un argomento ampiamente dibattuto in ambito sociologico, così come l’idea che con la secolarizzazione della società si siano affermate vere e proprie “religioni civili”, come la "religione del mercato", nonché la "religione dei consumi". La moderna “religione dei consumi” viene ad assumere un posto di rilievo all’interno di quella “invenzione della tradizione” che ha avuto un ruolo importante nell’affermazione dei nazionalismi. Gran parte della vita quotidiana, a partire dai piccoli rituali personali e familiari, fino alla più ampia formazione e coesione dei gruppi sociali, è oggi appannaggio del moderno ritualismo consumistico. L’invenzione della tradizione va quindi ripensata in un quadro che vada a braccetto nell’insieme dei moderni ritualismi, non solo quelli definiti dalle prassi nazionalistiche. Si tratta di uno studio che richiede necessariamente un approccio storico e sociologico. La società consumistica si struttura concretamente solo a partire dalla Grande Depressione del 1929, perché solo in quest'epoca il sistema capitalista si trasforma in una sorta di "religione" di massa. Se il bisogno di ritualità e di ritmi e norme di vita è costitutivo dell’uomo e la loro assenza produce scompensi, il consumismo è riuscito ad alleviare quegli scompensi dell’uomo contemporaneo, sebbene operando solo a carattere sintomatico, senza rimuovere completamente le cause del male. I diversi stili di vita e di consumo, in pratica, tracciano la reazione della società alla cultura contemporanea. Mentre nel XX secolo l’arte, la letteratura, la fotografia, il cinema, hanno convissuto con la società dei consumi, formandosi e trasformandosi in relazione ad essa, oggi piuttosto che affrontare il problema cultura in termini generici, si sono rilevate le principali linee di sviluppo di alcuni dei principali ambiti culturali. La prima cosa da capire, è che è importante comprendere il periodo di riferimento per poter considerare i fatti sociali in modo più puntuale, evitando di disperdersi nell’analisi di circostanze secondarie o del tutto irrilevanti. La sociologa Chandra Mukerij ha individuato la data più lontana per l’origine del consumismo a partire dal Rinascimento con l’affermazione di modelli culturali di tipo materialistico. Il consumismo sarebbe così presente fin dal lontano inizio dell'epoca moderna anticipando anche lo sviluppo del capitalismo industriale. Si tratta di una prospettiva che fa riferimento alla mentalità materialistica dello sviluppo dell'individualismo. Una delle date convenzionali per riferirci all'inizio del rinascimento è il 1492, corrispondente non solo alla scoperta del Nuovo Mondo ma anche alla rottura dell'unità etnico-sociale del Mediterraneo e la nascita dell'"Occidente". Secondo l'antropologo McCracken, invece, la nascita della cultura materialista avrebbe avuto luogo in Inghilterra nel XVI secolo con Elisabetta I, poiché l'aristocrazia viveva a corte. I nobili si sarebbero così costantemente confrontati tra loro, scatenando una gara alla differenziazione da cui nasce il consumismo. Tuttavia l'aristocrazia più che consumare avrebbe dovuto conservare il patrimonio di famiglia. Per perseguire questo scopo, vi si pose una grande enfasi sulla moda e sui beni di lusso. Per fare un ulteriore esempio, Sombart integra le prospettive precedenti all'interno di uno schema tra il 1200 e il 1750, dentro il quale vi sarebbe un primo periodo di sviluppo dei beni di consumo, solo dopo il quale avrebbe avuto inizio il capitalismo. Il consumo di lusso è in grado di creare nuovi mercati perché basato su merci di elevato valore che richiedono capitalizzazione e credito, e attorno a queste basi e merci si sarebbe sviluppato il capitalismo. Lo sviluppo delle grandi città, infine, avrebbe aumentato ulteriormente i consumi attraverso l'apertura di locali rivolti all'intrattenimento. Parallelamente, lo sviluppo dell'illuminazione elettrica avrebbe ulteriormente contribuito alla "movida" e di conseguenza al consumo. Il risultato è stato la moltiplicazione dei luoghi di acquisto. Caratteristiche della seconda rivoluzione industriale sono infine le Grandi Esposizioni Universali, a cominciare da quella di Londra del 1851. Il progredire della cultura del consumo è stato parallelo ad un generale cambiamento di mentalità, una mentalità consumistica che si sarebbe sviluppata a partire dal Romanticismo. Con quest'ultimo si assiste al passaggio dall'edonismo tradizionale all'edonismo moderno in cui prevalgono le suggestioni emotive. L'attività fondamentale del consumo è così la ricerca del piacere immaginativo che si presta all'immagine del prodotto, motivo per cui il consumatore moderno è in continua ricerca appunto poiché modifica i propri gusti rapidamente. Il vero grande veicolo di questa evoluzione sarebbe stata la grande novità culturale dell'epoca, ovvero la pubblicità. Quest'ultima non può essere considerata isolatamente, poiché il suo ruolo nella promozione della cultura consumistica può essere compreso solo all'interno di una rete di cambiamenti che riguardano le istituzioni, le religioni e la psicologia. Parallelamente la pubblicità si sviluppò moltissimo tra il XIX ed il XX secolo, grazie alle nuove tecnologie nonché l'elaborazione delle immagini sempre più sofisticate. La prima agenzia pubblicitaria veniva fondata a Philadelfia nel 1869 e successivamente nel 1874 a New York. Primo cliente dell'agenzia fu proprio una testata religiosa, il settimanale National Baptist. All'alba del XX secolo, la pubblicità si presentava come l'arte ufficiale del capitalismo, creando segni visivi non collegati ai loro riferimenti tradizionali con un continuo effetto di straniamento ed alienazione. In questo periodo si consolidava l'enfasi sull'esaltazione emotiva, la svalutazione della sfera pubblica a vantaggio di quella privata, l'idea di costruirsi un'identità attraverso l'acquisto di beni di consumo. La BBDO è stata un'agenzia di Advertising nonché uno degli esempi di fusione tra religione e pubblicità. La pubblicità non era quindi solo un mezzo di propaganda ed informazione, ma anche uno strumento per diffondere una sorta di nuova religione dei consumi. In sintesi, il consumismo vero e proprio si è affermato solo in epoca molto recente, operando come strumento di progresso economico, mediante strategie in risposta all'ansia della società moderna. Il consumismo avrebbe affermato, inoltre, un nuovo mondo di valori di realizzazione personali, e portato 1. Con la presentazione, il neonato faceva il suo ingresso nella società ed era presentato ai sacerdoti sociali; 2. Il secondo sacramento era l'iniziazione, in occasione del compimento del 14esimo compleanno, che segnava il passaggio dalla prima alla seconda socializzazione; 3. A 21 anni l'ammissione avrebbe indicato il raggiungimento della maggiore età (conseguimento dei pieni diritti di cittadinanza); 4. A 28 anni l'individuo riceveva la "destinazione", il definitivo inserimento nell'ordine lavorativo; 5. A scandire la fase centrale della vita vi è il matrimonio (tra i 30-35 anni); 6. La maturità si sviluppava per i 21 anni, durante la quale la vera natura del cittadino si realizza (responsabilità civile); 7. Con il "ritiro", a 68 anni, il cittadino andava in pensione con l'approvazione dei suoi superiori; 8. La "trasformazione" coincide con la morte; 9. L'"incorporazione", l'ultimo sacramento, si effettuava 7 anni dopo il decesso, e comportava una vera e propria declamazione pubblica dei meriti del cittadino nonché la sua "santificazione". Secondo Comte, il culto individuale doveva integrarsi con quello collettivo, scandito da un chiaro calendario delle ricorrenze legate al culto dell'umanità. Rituali e società Il passaggio dai riti tradizionali al ritualismo moderno ha implicato un profondo cambiamento di prospettive. In epoca moderna si è assistito alla definitiva affermazione della società, ovvero un sistema di rapporti sociali regolati da denaro e scambio, mentre la comunità è strettamente legata a vincoli di solidarietà. Oggi il "rito" esprime essenzialmente l'ordine nel senso di armonia tra cielo e terra. Ogni azione rituale tradizionale corrisponde ad una doppia valenza fisica e metafisica, infatti nella visione tradizionalistica, il rito non può discernere dalla sua dottrina di riferimento. Il problema della classificazione dei simboli, e di conseguenza dei rituali, risiede nel fatto che i simboli tendono ad assumere significati molto articolati in alcuni casi: questa caratteristica di espansione semantica è propria dei simboli ed è una delle differenze principali dai segni. È tuttavia necessario avere almeno un'idea approssimativa dei principali gruppi di simboli per poterli ricollegare ai riti. RITUALI SIMBOLI Centro • Acqua • Cerchio • Fiori Ascensione • Albero della vita • Croce • Scala Costruzione • Forme geometriche • Montagna • Polo Passaggio • Catena • Labirinto • Ponte Manifestazione Ciclica • Carro e ruota • Zodiaco Guerra • Armi simboliche • Cavallo • Ying e Yang Moltissimi sociologi prediligono l'aspetto collettivo rispetto a quello individuale. In realtà, tuttavia, molti riti tradizionali sono suscettibili d'essere praticati in gruppo o singolarmente, senza che venga meno la loro valenza sacrale. Dal punto di vista tradizionale, infatti, gli elementi indispensabili nel rituale sono almeno 3: • Fonte spirituale • La dimensione simbolica • Finalità metafisica In questa prospettiva vi sarebbero sostanziali differenze tra riti tradizionali e ritualismi moderni, che vengono definiti più come cerimonie. Tuttavia molti sociologi li accomunano tenendo in considerazioni 6 punti, ideati e raccolti da Collins (1941): 1. La riunione fisica di un gruppo di persone; 2. La condivisione del medesimo focus di attenzione; 3. Una tonalità emozionale comune; 4. La presenza di oggetti sacri e simboli che rappresentano l’appartenenza al gruppo; 5. L’aumento della fiducia e dell’energia emozionale dei partecipanti al rituale; 6. La rabbia e le punizioni verso chi non rispetta i rituali e i simboli. McCracken, invece, riconosce 4 forme principali: 1. I rituali di scambio: regali, di base. Natale, San Valentino, Compleanni, etc. Nel consumismo lo scambio di beni è un importante momento di confronto; 2. I rituali di possesso: i consumatori moderni si "prendono cura", in un certo senso, dei beni in loro possesso per poterli presentare e discutere con la società; 3. I rituali di preparazione: i significati culturali dei beni di consumo sono temporanei, quindi occorre rinnovare ciclicamente il significato culturale; 4. I rituali di cambiamento/dismissione: nel primo caso, il rinnovamento di un oggetto può avere il significato di cancellare le tracce di un precedente proprietario. Nel secondo, invece si assiste alla fase che indica la distruzione di un bene. I rituali di consumo individuali raggiungono lo scopo di infondere tranquillità. In particolare, i riti di passaggio avrebbero il ruolo di allentare la rigidità delle sue gerarchie e norme interne. Per concludere, con il consumismo si passa dal culto individualistico dell'uomo a quello degli oggetti, dal tipo d'uomo autodiretto a quello diretto da beni di consumo. Prima del consumismo gli oggetti erano appendici dell'uomo, attraverso il processo del consumismo questo fattore si inverte (l'uomo diventa appendice dell'oggetto). I preparativi messi in atto dal consumatore moderno sono analoghi a quelli che i sacerdoti per millenni hanno messo in atto prima di operare riti. Tuttavia, per quanto a volte siano molto simili, i rituali moderni hanno sostanziali differenze. I rituali tradizionali sono fattori di unione superiore e di superamento delle differenze contingenti. Il culto del mondo degli oggetti, invece, indirizza verso un ambito materiale che è in rapido e continuo cambiamento, con gli oggetti che si sostituiscono ai simboli. In questa prospettiva, la società dei consumi, regola i corpi e il focus d'attenzione delle menti e vanta nuovi rituali. Senza la celebrazione del rituale, il consumo rischia d'essere occasionale, e non compulsivo. Nel consumismo il feticismo prende il posto del simbolismo, il denaro diventa fattore della creazione di nuovi bisogni. Nelle "cattedrali" di consumo le interazioni faccia a faccia sono ridotte al minimo per non distrarre l'attenzione dalle relazioni umane che sono ormai secondarie e sono sostituite dal rapporto con gli oggetti, che alienano e costruiscono un universo autoreferenziale ricco di ritualismi. Pubblicità e beni di consumo occupano tutto l'ambito vitale: anche lo spettacolo moderno canta del consumismo e delle emozioni che provoca, e non più di eroi e gesta. Il sistema degli oggetti Secondo Baudrillard, nel mondo moderno si è imposto un vero e proprio "sistema degli oggetti" dal quale l'uomo dipende e ne celebra i rituali; questi ultimi sono particolarmente importanti nel momento in cui si parla di rituale di ciclo della morte e della rinascita dell'oggetto stesso. Ciò assume, in epoca moderna, tale importanza per evitare l'accumulo eccessivo. Il rituale di dismissione degli oggetti comprende anche la distruzione di questi ultimi. Inoltre oggi è sempre più artificiale, sempre più connesso al rapporto tra ciclo produttivo e ciclo di consumo. Nel 1932, London teorizzò l'obsolescenza programmata degli oggetti (all'alba del consumismo): la durata degli oggetti erano una questione statale e dovevano essere stabiliti mediante legge, mentre i vecchi oggetti erano da sostituirsi in relazione alle necessità della produzione e del mercato. Questo è un fenomeno che viene studiato e lavorato dal 1939, ma anche oggi oggetti come batterie, smartphone e altri strumenti multimediali vengono progettati in modo tale da avere breve durata. L'obsolescenza programmata può essere quindi strutturale in modo da indurre malfunzionamenti prematuri e spingere il consumatore ad un nuovo acquisto, ma anche stilistica, vale a dire indotta a mutare nel design degli oggetti ad esempio, determinata dall'introduzione di nuovi modelli e standard sul mercato, che a loro volta creano l'obsolescenza tecnologica di quelli precedenti. Un esempio di obsolescenza degli oggetti legata all'estetica è l'automobile. Quest'ultima da una parte si lega alla rappresentazione culturale del consumismo, come segno di distinzione, dall'altra è profondamente legata ai drammatici incidenti nella vita reale nonché nei film. Nell'immaginario moderno gli incidenti automobilistici sono arrivati ad essere dei repertori di culto, come il film Crash (1973), fino a generare una vera e propria perversione sessuale nei confronti dei disastri. La cinematografia americana ha canonizzato l'inseguimento automobilistico (in generale da parte delle forze dell'ordine) come tratto distintivo nei film d'azione. La necessità di celebrare la morte, l'aggressività, è data dal fatto che l'informazione televisiva trasmette costantemente questi tipi di temi, soprattutto gli incidenti automobilistici. Così come la guida spericolata rappresenta il prolungamento del rituale di distruzione, così la violenza familiare e giovanile è collegata a quella televisiva. Dismissione e accumulo procedono così di pari passo all'interno dei rituali consumistici. L'Addiction, la dipendenza, dalle abitudini, dalle persone-oggetto, dalle cose, diventa uno dei caratteri principali della società moderna. Un esempio di ciò è l'accumulo patologico, il disturbo psicologico che impedisce di separarsi dagli oggetti, rappresenta una disfunzione legata al venire meno del ritualismo del ciclo di dismissione e rinnovamento. Se da una parte l'uomo è vittima del sistema del consumo, dall'altra il sistema ha anche una sorta di "superuomo" artificiale: i Robot. Il Robot umanoide è la prima rappresentazione sociale di un sistema degli oggetti che ha assunto la piena autonomia dall'uomo e ne risulta totalmente distaccato. Asimov, biochimico e scrittore di fantascienza americano, ha contribuito all'elaborazione dell'idea. I robot di Asimov ereditano molte delle loro caratteristiche da figure antropomorfe della cultura ebraica medievale (Golem), una creatura di argilla che poteva essere animata tramite la recitazione di formule e l'impressione di amuleti. Asimov aveva dato vita a un intero mondo, legato a questa nuova realtà della macchina-uomo. Egli formulò, inoltre, 3 leggi della robotica: • Un robot non può recare danno ad un essere umano né permettere che un essere umano riceva danno; Il culto dell'abbondanza Intorno alla rappresentazione del denaro si sono sviluppate le altre rappresentazioni del consumo. È nato così un nuovo mondo di oggetti, che però non avrebbe potuto consolidarsi se non avesse trovato un mondo che già di per sé era "pronto" a ricevere ed accettare le sue comunicazioni ricche di valori e significati. Questo processo è stato favorito dai Supermarket, la maggiore innovazione consumistica degli anni ‘30. Il primo supermarket è stato quello aperto da Cullen nel 1930, durante gli anni della Grande Depressione, il King Kullen. Cullen si esprimeva in termini biblici per connotare la sua nuova creazione, destinata a far superare i disagi economici e condurre le masse verso una nuova forma di consumismo. Le masse si ritrovarono così di fronte ad un'abbondanza ordinata e strutturata che si contrapponeva invece al disordine e al caos del mondo moderno. Il supermarket eliminava quasi del tutto anche i commessi, relegandoli alle casse: in questo modo l'acquisto era spersonalizzato. I primi studi psicologici sull’acquisto nei supermercati, infatti, misero in risalto che la condizione di servirsi da soli e di non dovere relazionarsi con commessi era la condizione necessaria per gli acquisti compulsivi. I mondi del marketing e della pubblicità studiarono con attenzione i meccanismi che vi erano alla base del Supermarket, che nel giro di 20 anni avrebbe apportato una crescita di spesa in prodotti alimentari al 30% del reddito. Vicary, un grande studioso del mercato, studiò il battito delle massaie non appena iniziavano a fare la spesa, sorprendentemente riconobbe in loro una prima fase di ipnosi, la "trance ipnoide", in cui i loro battiti scendevano a 14 al minuto (nella media, invece, i battiti sono 30 al minuto). Alla luce di questo nuovo ritualismo, l'ingresso nel supermercato corrispondeva all'entrata in un mondo metafisico, separato dal quotidiano. Anche il carrello, ad esempio, non era casuale: infatti il simbolismo del "carro solare" si ritrova in tutte le tradizioni, e nel supermercato rappresentava il mondo manifestato. Inoltre l'abbondanza è sempre stata uno degli attributi dei luoghi sacri (come, ad esempio, il Paradiso). Gli spazi vuoti lasciati dai prodotti vengono immediatamente colmati, per non far venire meno l'idea dell'abbondanza. A partire da quest'epoca si ha una vera e propria radicalizzazione del culto dell'abbondanza. In questo periodo, la produzione e il lavoro acquistano senso nella misura in cui permettono di acquisire tempo libero che a sua volta si trasforma in tempo del consumo, così che gli oggetti si trasformano in tempo, il quale a sua volta muta in nuovi oggetti. Nelle società industrializzate il lavoro manuale scompare progressivamente mentre l’attività umana diventa sempre più quella di sorvegliare e programmare l’automazione della produzione. La gestione del tempo libero diventa così uno dei canali principali per la diffusione di pratiche e rituali di consumo. Le cattedrali del consumo Negli Stati Uniti, nel 1954, stava maturando una nuova rivoluzione. Nasceva il primo centro commerciale moderno, che tecnicamente oggi verrebbe definito “parco commerciale”. Si trattava di un evento destinato a imprimere una svolta molto importante allo sviluppo delle società, una spinta che ancora oggi, con lo svilupparsi delle reti informatiche, non si è esaurita. Le opinioni e i comportamenti delle masse metropolitane, con più tempo libero e denaro da spendere, trovavano nel parco commerciale un punto di riferimento ed erano spinte ad identificarsi nei negozi presenti. Fu così che venne definita come una cattedrale del consumo, insieme con i supermarket. La bravura di Gruen, l'architetto, fu di creare gallerie e prospettive che attiravano i clienti, come trappole per topi. Alla base della nuova filosofia commerciale c'era la volontà di Gruen di arricchire la vita sociale delle nuove aree sub-urbane. L'intento progettuale era quello di definire l'ambito di una nuova vivibilità urbana, ovvero creare un Mall che fosse anche luogo di socializzazione in cui le persone potevano non solo consumare ma anche incontrarsi e socializzare. Un posto studiato a fondo per condividere nuovi rituali commerciali e cittadini. Nel 1960 c'erano già più di 4mila Shopping Center negli USA, numero che triplica nel 1975. Nel 1987 il numero sale a 30mila coinvolgendo l'8% della forza lavoro. Tra i volumi che definiscono il rapporto tra consumismo e "Mall", quello maggiormente degno di nota è "The New Religious Image of Urban America", di Ira Gilbert Zepp Jr. che a partire dal 1980 intraprese la ricerca che lo portò a visitare oltre 40 centri commerciali, prendendo come filo conduttore il parallelismo tra religione e atteggiamenti ritualistici e consumismo. Il parallelismo non è unicamente metaforico: i Mall hanno realmente sostituito chiese e templi di culto, a favore di nuove funzioni simboliche e sociali. Ciò è avvenuto perché prima di tutto rappresentano un punto di orientamento cittadino, così come può esserlo il centro di una città, un Duomo. In molti Shopping Center, inoltre, si riprendono architetture gotiche o romane, in cui il centro, il punto nevralgico dell'architettura, rappresenta la vita e la luce. Così come un tempo le cattedrali erano il luogo in cui l'arte si mostrava al pubblico, i centri commerciali negli anni hanno sempre più sviluppato un vero e proprio ruolo di patroni delle arti: basti pensare che alcuni nuovi musei hanno aperto in centri commerciali. Nell'Ottobre del 1966, Disney presenta il suo progetto di "Comunità del futuro": Epcot. Quest'ultima avrebbe dovuto essere una città moderna, costruita con le migliori tecnologie statunitensi. Negli anni precedenti, Disney aveva pure comprato un territorio in Florida: la morte di Walt Disney nel dicembre dello stesso anno bloccò però lo sviluppo del progetto, che alla fine fu inserito nel settore entertainment. Nell'ottobre del 1971, venne inaugurato il primo parco divertimenti tematico, e la stagione del consumo del tempo libero iniziò ad accelerare vertiginosamente. La droga della propaganda Studi psicologici di Bernays dimostrano che esiste una minoranza di persone "intelligenti" capaci di mobilitare l'opinione pubblica a favore di qualcosa. Inizialmente questi studi erano rivolti verso le nuove tecniche della pubblicità. Tuttavia la manipolazione consapevole ed intelligente delle opinioni e delle abitudini delle masse è più correttamente definibile “propaganda”, mediante la quale si modifica l'immagine mentale del mondo. Nel 1917 gli USA entravano in guerra e Bernays veniva chiamato a far parte del CPI (Committee of Public Information, Commissione dell'Informazione Pubblica), istituto il cui fine ultimo è la propaganda a favore della guerra. Per la prima volta venne messa in atto una complessa strategia mediatica veicolando sia la stampa che il cinema con messaggi anti-nazisti. Nella stampa veniva lanciato il famoso poster dello Zio Sam, nel cinema le pellicole dipingevano la popolazione e la classe tedesca nel senso dispregiativo riuscendo a suscitare ostilità da parte della società statunitense. Un altro progetto di Bernays per lo studio della manipolazione fu la famosa propaganda per convincere le donne a fumare, nota come "Fiaccole Della Libertà": a quell'epoca infatti il tabacco stava iniziando a diffondersi, si trattava però di un'abitudine considerata prettamente maschile. Hill, presidente della American Tabacco Company, ingaggiò Bernays per incrementare il consumo di tabacco da parte delle donne, in modo tale che le sigarette diventassero in qualche modo segno di emancipazione femminile e quindi un fattore strettamente collegato alla politica. Fu così che lo psicologo, nel 1929, lanciò una campagna promozionale in cui le donne avrebbero dovuto sfilare fumando in occasione della Parata di Pasqua. In questo quadro, La Grande Depressione americana fu anche incubatrice del consumismo. Negli anni tra le due guerre, l'Associazione Nazionale dei Produttori organizzò una reazione alla politica di Roosevelt, che aveva approvato una serie di provvedimenti per limitare la sovrapproduzione industriale (uno dei fattori scatenanti della crisi del '29). Gli industriali erano consapevoli del fatto che si stesse riempiendo il mercato con merci che nessuno avrebbe potuto/voluto comprare, tuttavia, ritenevano che sarebbe stato più efficiente espandere i consumi, piuttosto che limitare l’attività produttiva. Fu in questa fase che la società americana passò dal mito della produzione a quello del consumo. Bernays divenne un punto di riferimento per l'applicazione della propaganda all'industria americana. Nel frattempo l'industria americana metteva a punto dei nuovi prodotti che avrebbero rivoluzionato il mercato da lì a poco, come il frigorifero. Già nel XIX secolo un prototipo molto primitivo di frigorifero era stato messo a punto, tuttavia venivano utilizzati gas tossici per il raffreddamento. Fu così che dopo una serie di esperimenti ed incidenti, venne scoperto il fluorocarburo, che sarebbe rimasto in commercio fino al 1990, quando venne bandito per motivi di inquinamento. Nel 1932, insieme al frigorifero, viene inventato il condizionatore d'aria. Le due invenzioni avrebbero cambiato radicalmente le nuove abitudini quotidiane, poiché il frigorifero avrebbe permesso di accumulare un numero notevolmente superiore di prodotti alimentari deperibili, i condizionatori d'aria, invece, avrebbero permesso lo sviluppo di un'architettura di tipo intensivo rompendo il rapporto con l'ambiente e il clima. I nuovi elettrodomestici erano particolarmente costosi e richiedevano un'intensa azione di propaganda per convincere all'acquisto, nel frattempo l'industria del consumo si strutturava sempre di più. Il lavoro iniziato da Bernays sarebbe stato continuato da moltissimi altri psicologi che lavoravano nelle agenzie di pubblicità. Dichter, ad esempio, portò avanti uno studio condotto per Ivory Soap, in base al quale il prodotto era messo in relazione con implicazioni erotiche e con il valore purificatorio dei bagni rituali. Dal 1930 in poi, l'industria cosmetica investirà molto nella sponsorizzazione di programmi radiofonici e televisivi: le Soap Operas. Si trattava di fiction serali che miravano a rafforzare i messaggi mediatici attorno a loro (come ad esempio The Guiding Light, prodotta da Procter&Gamble). Nasceva così il rituale della fruizione mediatica. L'industria USA della cosmesi continuerà a svilupparsi per tutto il XX secolo e l'inizio del XXI secolo. Negli anni successivi alla Grande Depressione, si sperimentò quanto fosse importante l'aspetto psicologico delle masse di consumatori per la ripresa delle vendite e di conseguenza dei consumi. Nel frattempo, si continuavano ricerche a sfondo chimico nell'ambito farmaceutico, finchè non venne scoperto un ulteriore ruolo che poteva assumere l'Anfetamina (usata come vasodilatatore), ovvero antidepressivo minore. La depressione era, secondo alcuni studiosi, principalmente legata all'anedonia, ovvero la mancanza di stimoli e piacere, fattore strettamente collegato anche alle tendenze suicidogene (adulti, adolescenti e bambini). La mancanza di stimoli, inoltre, portava una tendenza definita "Blasé", ovvero frutto della sregolatezza e contraddittorietà della vita moderna. Come l'anedonia, si ritrova maggiormente nelle classi sociali più elevate. Il soggetto blasé è incapace di provare emozioni, privo di valori ed interessi. Questo stato d'animo è il riflesso soggettivo dell'economia monetaria, quando questa è penetrata in fondo nel singolo soggetto. Woody Allen fece molta ironia sulla vita blasé, infatti basti pensare che uno dei suoi film più famosi, "Io e Annie", si sarebbe dovuto intitolare "Anedonia". Per quanto i rapporti tra anomia e anedonia siano trascurati, entrambi appaiono come importanti fattori suicidogeni. Come l'anfetamina, anche l'uso del tabacco appare strettamente connesso alla depressione e all'anedonia. Molti fumatori utilizzano la nicotina come forma di automedicazione nei confronti di problematiche depressive, nonché un'abitudine in grado di scandire la vita quotidiana. I consumi di tabacco e di anfetamine sono cresciuti in parallelo fino a che quest'ultime non sono state messe al bando. Nel 1928 un'azienda farmaceutica inserì per la prima volta la benzedrina in un inalatore nasale, motivo per cui moltissimi impararono a rompere queste confezioni e intingere lo stoppino ricco di anfetamina nell'acqua o nel caffè, provocando un forte senso di euforia. Il picco del consumo di anfetamine venne raggiungo nel 1969 subito prima del Drug Abuse and Control Act del 1970, che avrebbe inaugurato una serie di azioni di contenimento del fenomeno. Un'altra sostanza psicoattiva i cui consumi sono aumentati enormemente in coincidenza con l'affermarsi del consumismo è la caffeina. Il consumo del caffè è un fattore affermatosi su scala globale; quella del caffè non è solo un'abitudine, ma una vera e propria forma di ritualismo moderno: ancora oggi la caffeina è di gran lunga la prima sostanza psicoattiva consumata nel mondo. Una considerazione a parte va sicuramente fatta per l'uso di sostanze stupefacenti illegali: queste svolgono funzioni analoghe alle sostanze considerate, ma tali funzioni sono ancorate ad ambiti più ristretti e sottoculture specifiche. Il fatto che siano illegali significa che non sono veicolate attraverso Cola, buoni sconto, banconote da 1$, Mao Tse-Tung etc…E chiaramente la sua opera più conosciuta, la Marylin. L'avvento della fotografia ha cambiato il panorama dell'arte e modificato l'universo visivo dell'uomo moderno. Dalla metà dell'Ottocento le raccolte fotografiche erano diventate un'ossessione personale, ma ancora di più nel XX secolo durante il quale gli album di fotografie si moltiplicavano, gli studi fotografici si dotarono di piccoli teatri dove le diverse classi sociali potevano mostrarsi in situazioni comunitarie, oltre che con costumi ed abiti stravaganti. Ancor di più oggi, i servizi fotografici, mediante gli smartphone e i social media, sono diventati un'ossessione sociale. La fotografia, nonostante le circostanze, si è comunque affermata come arte: questa aveva contribuito alla perdita di carattere della pittura/scultura, ma riusciva anche a sviluppare un carattere proprio, poiché riguardava un nuovo ambito di estetica. Mentre i soggetti delle arti plastiche rimandavano al pittore, all'artista, la fotografia al contrario stabiliva un rapporto con il soggetto ritratto. Il mito della fotografia non si diffuse analogamente in tutte le culture: in alcune infatti, soprattutto quelle dove il volto rappresenta l'essenza dell'uomo, la fotografia era molto temuta poiché si credeva che potesse catturare l'anima. Nei ritratti, a proposito, i fotografi cercavano di ritrarre l'aura del soggetto mediante la tecnica della "spugnatura", o mediante toni cupi durante il periodo Liberty. Queste tecniche contribuivano a riportare il soggetto su un piano più universale e simbolico, anziché mondano e banale. Il ritratto si diffuse con il tema del paesaggio: queste due tematiche permettevano di cogliere sia il singolo individuo che lo spazio circostante, stimolando la memoria. Tra rappresentazioni sociali, consumismo e totem, la memoria era protetta dalla fotografia che fungeva come una sorta di magazzino, poiché le immagini sono estremamente importanti per la memorizzazione. Un grande fotografo in questo contesto fu Outerbridge, che lavorò a cavallo tra arte e pubblicità. Egli riuscì a sviluppare un'estetica che nasceva dall'arte ma che si sviluppava nell'industria e nei mass media secondo schemi propri del marketing, e sfruttava il carattere totemico delle immagini fotografiche. Durante il XX secolo, la memoria, sia individuale che collettiva, è stata pesantemente influenzata dalle immagini della pubblicità. Nella società dei consumi i ricordi personali sono sempre più difficili da memorizzare a favore invece delle icone di consumo e testimonial. La gestione della memoria è progressivamente scivolata al di fuori del controllo dei singoli, diventando invece prodotto di consumo: basti pensare al merchandising del souvenir, cresciuto a dismisura. Nel contesto della metà del XX secolo, la fotografia ha assunto un ruolo ambivalente, da una parte quella pubblicitaria ha scandito i tempi di ritualismo delle immagini, elaborando strategie e sperimentando tecniche psicologiche, mentre quella d'autore ha indicato un percorso parallelo per fissare nella memoria i propri ricordi. Alla fine del XX secolo, vi fu una vera e propria battaglia per la conquista della memoria: sempre più precisa è diventata la tecnica della pubblicità per rimanere impressa nella memoria, così come i media hanno potenziato le loro capacità di diffusione dei messaggi. Il consumo non riguarda più solo gli oggetti, i prodotti, bensì si orienta verso informazioni immateriali, immagini, rappresentazioni virtuali, tant'è che oggi il marketing della memoria è diventato uno dei mercati più significativi della società dei consumi. Vie del Reincanto Il termine "reincanto" venne utilizzato come termine opposto al "disincanto del mondo", espressione usata da Max Weber per esprimere il risultato dei processi di razionalizzazione e tecnologizzazione delle società moderne. Al contrario, il reincanto corrisponde alla creazione di un'aura di un'opera. Attraverso le opere e le ritualità degli artisti, l'arte è una delle forme principali di sperimentazione del reincanto, partendo dalla messa in discussione della realtà. Secondo Goffman, sociologo canadese del 1950, ad ogni cosa si applica una cornice ("Frame"), che permette di organizzare l'esperienza. Recenti scoperte neurologiche hanno confermato l’idea di Goffman, dandole il nome di "costanza situazionale". Le cornici permettono la comprensione di eventi che sono soggetti alla volontà e al controllo dell'uomo. In questo contesto la vita metropolitana ha portato al superamento delle strutture naturali dell'organizzazione della società a favore dello sviluppo di cornici sociali. Secondo Goffman, le cinque strutture primarie sono: • Complesso stupefacente: tutti gli eventi possono essere gestiti e contenuti nei limiti di un sistema di credenze convenzionali; • Imprese rischiose: la volontà e il controllo possono e devono essere mantenuti anche in condizioni quasi impossibili; • Pasticci: la perdita di controllo non può andare avanti indefinitamente, ma deve essere ricondotta ad una situazione di controllo; • Casualità: un evento significativo può essere riconosciuto come casuale, in quel modo le azioni sociali sono le stesse delle forze naturali; • Tensione: esiste il limite di una determinata cornice sulla quale si collocano le tensioni e gli scherzi. Il processo di continua verifica delle cornici non è percepito distintamente, ma è del tutto automatico. Gli artisti tuttavia sono maggiormente interessati alla messa in discussione e rottura degli schemi, piuttosto che a rispettarli. Molti artisti infatti operano nell'ambito della vulnerabilità delle strutture primarie, nell'intento di conferire un "reincanto" alle loro azioni al di fuori dell'ambito del consumismo o della banalità. Goffman definisce "Key", chiave, l'insieme delle convenzioni mediante le quali una data azione può essere modellata e unita alla cornice di riferimento. In altre parole "le convenzioni delle convenzioni", in modo che sia possibile la continuità dell'esperienza anche quando vi è qualcosa al di fuori del normale. Le keys fondamentali della società dei consumi sono: • Finzione: far credere, rappresentazioni teatrali, produzioni televisive, giocosità; • Competizioni: forme di normalizzazione dell'aggressività moderna; • Cerimoniali: matrimoni, funerali ecc…; • Prove tecniche: dimostrazioni o esibizioni in cui si manifestano conoscenze e abilità; • Rifondamenti: azioni che si pongono al di fuori dell'ordinaria esperienza, come azioni caritatevoli. Il confronto con le convenzioni moderne ha assunto un'importanza centrale all'interno delle avanguardie artistiche del XX secolo, che hanno usato le convenzioni con l'unico scopo di abbatterle e superarle. Secondo Mauss, antropologo francese, vi sono dei momenti in cui si verifica un'attesa collettiva, ovvero momenti in cui una circostanza sociale non è ancora stata razionalizzata poiché priva di rappresentazione sociale. In tal caso, si cerca una rappresentazione immediata come immagini o opere. In mancanza di attesa collettiva, il riconoscimento pubblico può o non arrivare o essere rimandato. In questo quadro vanno aggiunti anche tutti quei soggetti che hanno messo in discussione i linguaggi e le convenzioni sociali: nel XX secolo, parliamo sicuramente degli avanguardisti ma soprattutto del movimento Dada. Alla luce delle "indicazioni" di Mauss, Bourdieu, un sociologo francese, dava una spiegazione all'insuccesso del movimento definito "Incohérents": questi ultimi, in mancanza di attese collettive, non furono presi sul serio e non si prendevano sul serio da soli, infatti vennero considerate solo burle di pittori. Lévy, invece, fu un grande animatore del movimento dadaista. Lo scrittore, addirittura, organizzò un'esposizione per quelle persone che non sapevano dipingere: non fu un fallimento, ma anzi attirò molte personalità di spicco quali Manet, Renoir, Pissarro ecc… Pur se gli stessi Incohérents sembravano prendersi poco sul serio, in realtà molte opere erano decisamente importanti come "Mona Lisa fumant la pipe" di Sapeck. Non fu l'unico caso di anticipazione delle attese collettive, tanto che nel corso del XX secolo lo sviluppo di queste ha avuto profonde conseguenze sull'estetica dell'arte: l'inizio del Dadaismo, coincideva infatti, con la maturazione del consumismo che innescava atteggiamenti di repulsione ed attrazione nell'intera società. Questo spiega anche lo sviluppo di narrazioni distopiche, come se gli artisti fossero consapevoli della difficoltà di uscire al di fuori delle convenzioni sociali. Alla fine degli anni '50 si prese in considerazione una rivisitazione delle convenzioni sociali, mettendo così in gioco diverse prospettive utopistiche. Gli artisti incominciavano a elaborare non più solo singole sperimentazioni, ma interi universi estetici. Il reincanto dell'arte poteva essere realizzato sottraendo l'oggetto stesso, operando quindi verso l'immaterialità dell’arte. Venendo meno l'oggetto, infatti, l'arte poteva essere ricondotta ad azioni essenziali che operavano sull'ambiente e sulla percezione. Dopo Klein e Rothko (vedi bene questi due artisti), i termini ritualismo, cerimonia, azione, entrarono a far parte in pianta stabile del vocabolario dell'arte contemporanea. Con la Body e la Performing Art si assiste alla consolidazione della logica del gruppo, in quanto dissociazione dalla società dei consumi che non può essere soppressa. Nel 1975 le avanguardie si confrontavano con nuove forme di espressione e comunicazione, la televisione e i video, ultimo stadio evolutivo della fotografia. Vostell faceva parte del gruppo Fluxus (movimento artistico fondato da Maciunas, che prevedeva l'esposizione in gallerie, opere ready-made, merchandising, nonché la costruzione di residenze collettive che sarebbero diventate una casa di produzione cinematografica e registrazione musicale) ma ancora prima realizzava installazioni in cui erano presenti trasmissioni televisive, così come Paik. Tutti questi artisti e anche molti altri come Viola, Hill, etc, sarebbero stati i fondatori di un nuovo genere espressivo, portato nel mondo alla fine del XX secolo. Il reincanto dell'arte raggiungeva vette molto alte, non rifiutando le forme artistiche precedenti ma sviluppandole a favore della ribellione alle convenzioni sociali e alla ormai maturata società consumistica. Le generazioni Nell'immediato dopoguerra la popolazione statunitense crebbe notevolmente, rispetto all'espansione dei consumi. L'America si trovava parzialmente impreparata di fronte a questi cambiamenti sociali, poiché l'ideologia del dopoguerra era prettamente incentrata sulla lotta al comunismo e sul consumismo e non invitava al dialogo tra generazioni. Un episodio che influenzò molto l'opinione pubblica fu il suicidio di Marylin Monroe, grande icona del tempo, provocando anche un declino della psicanalisi. Dal 1955 al 1975 il tasso di suicidi negli Stati Uniti era stabile per quanto riguarda gli uomini, mentre per quanto riguarda le donne si registrava un aumento del 66%. Il dato più significativo, tuttavia, veniva riscontrato nella popolazione giovanile in cui si ebbe un vero e proprio picco di suicidi che addirittura si triplicò nel corso degli anni '60. Questi dati sono riconducibili allo sviluppo della società dei consumi che innescava una corsa all'acquisto che implicava una gara alla distinzione e alla differenziazione. La libertà individuale moderna si era affermata sempre più come libertà delle possibili scelte di consumo, compresi i valori personali. Gli oggetti divenivano sempre meno strumenti di soddisfazione dei bisogni e sempre più oggetti di prestigio, di status sociale. La lotta per il prestigio si generalizzava, mentre il conflitto familiare e di genere aumentava. All'inizio degli anni '60, le nazioni occidentali erano in pieno boom-economico, e la necessità di distinzione sociale si imponeva all'interno delle famiglie. I legami sociali si strutturavano all'interno dei gruppi dei pari, producendo di fatto anomia. Il primo tipo di socializzazione che si forma nei primi anni di vita crea coscienza negli individui e identificazione con le persone più vicine, ma questa termina quando i ruoli, codici e modelli di comportamento si instaurano in maniera stabile all'interno dell'individuo. Quando, invece, si innesca un meccanismo di distinzione sociale, la transazione tra la prima socializzazione e la seconda socializzazione viene meno e l'individuo ne risente profondamente. La socializzazione secondaria non implica un'interiorizzazione accompagnata dall'identificazione, a differenza della prima socializzazione. La famiglia restringe il campo d'azione alla prima socializzazione, lasciando l'individuo senza una guida per la seconda socializzazione, quindi i rapporti di identificazione si spostavano dalla famiglia al gruppo di pari. La mancanza di comunicazione tra genitori e figli creava grandi crisi familiari, tra cui anomia, tentato suicidio, ricerca di nuovi stili di vita, alcolismo. Questi temi erano ripresi all'interno della letteratura statunitense, come ad esempio da Kerouac con "I vagabondi 3. I Belongers, conservatori e convenzionali nei gusti, rappresentavano l'americano medio, patriottico e conservatore. I loro concetti guida erano famiglia, chiesa e tradizione. 4. Gli Emulators, ovvero i cosiddetti arrampicatori sociali, ambiziosi e competitivi. Difettavano realismo e miravano a obiettivi spesso irrealizzabili. Nella maggior parte dei casi, appartenevano a minoranze etniche. 5. Gli Achievers, professionisti e businessmen, i leaders che avevano creato il sistema economico americano e che avevano perseguito l'American Dream. Sostenitori del progresso e delle nuove tecnologie, si opponevano tuttavia a qualsiasi riforma in senso economico e sociale. 6. Gli Autodiretti tendevano a improntare il loro stile di vita in accordo con i propri convincimenti piuttosto che con le opinioni altrui. Puntavano allo sviluppo delle proprie facoltà individuali, erano autoreferenziali ed individualisti. Nella moderna società americana, tuttavia, era impensabile non avere ricevuto neanche uno stimolo eterodiretto durante le fasi delle prime socializzazioni. Il passaggio all'autodirezione, quindi, implicava anche una sorta di rifiuto nei confronti di uno stile di consumo troppo esteriore. La loro caratteristica principale era quella di saper passare da un registro all'altro, fattore che rappresenta un vantaggio competitivo nei gruppi più giovani. 7. I-Am-Me's era un gruppo soprattutto di giovani esibizionisti, impulsivi e fortemente individualisti. Rappresentano una fase di passaggio dall'etero all'autodirezione. Erano ricchi di valori da entrambi i gruppi, questo generava confusioni ed emozioni incontrollate. 8. Gli Experientials erano rappresentati da persone precedentemente coinvolte nel gruppo I-Am-Me's e in seguito attratte dall'idea di maggiore sviluppo interiore e impegno sociale. Erano i più autodiretti tra gli autodiretti. 9. I Societally Conscious avevano superato l'individualismo ed erano orientati alla ricerca di una missione in grado di migliorare la società. Alcuni si riferivano semplicemente all'ecologismo, altri sostenevano il progresso ed il consumismo. 10. Infine gli Integrated, il gruppo al vertice della scala sociale. Era un gruppo molto influente sul piano sociale, capace di influenzare gli ideali di tutti i gruppi. Erano persone caratterizzate da maturità psicologica e da continua ricerca di autorealizzazione. Ignoravano la pubblicità e a loro volta erano ignorati da questa. Erano il punto di riferimento più alto di stile di vita del consumo, erano i “taste opinion leaders”. L’introduzione di sistemi più sofisticati di analisi sociale consentiva lo sviluppo di una produzione industriale più adatta ai gusti di una popolazione largamente segmentata. All'inizio del XXI secolo, si è tornati ad occuparsi dei consumatori ma secondo una diversa prospettiva. I bisogni colti dal marketing sono sempre più quelli identitari, legati alla propria immagine sociale. Il marketing diventa emozionale, insieme all'industria della persuasione mediante lo storytelling. Questo rappresenta un'ulteriore tappa della ritualizzazione dei consumi e rimanda direttamente a racconti a sfondo fiabesco. Le favole hanno veicolato miti e credenze relativi ad antiche tradizioni per moltissimo tempo. Se le favole proiettavano magia sul mondo circostante, i ritualismi moderni non fanno meno. I tipi di marketing definiti "dell'anima" hanno avuto successo nella misura in cui sono riusciti a creare nuove storie, miti e rappresentazioni sociali. Nel futuro, il prodotto materiale sarà destinato a lasciare il posto a quello immateriale dell'informazione, dell'immagine. Tutto si muoverà verso l'universo digitale, tanto che la sociologia dei consumi e della comunicazione coincideranno. Gli oggetti di consumo si muovono secondo uno schema preciso, mediante il quale l'oggetto deve acquisire un significato che sia segno di distinzione a seconda della rappresentazione sociale che incarna. Così, in una società sempre più venduta ad un consumo compulsivo ed all'euforia che esso porta, si sviluppa una sorta di violenza. Prendendo come esempio il consumo della sessualità, la violenza del consumismo si riflette nel femminicidio contemporaneo. Questo è un chiaro indice del fatto che, nella società dei consumi, insieme agli oggetti si consumano i corpi. Blockbuster Artshows Il francese Bourdieu è stato uno dei più importanti sociologi del XX secolo. Egli contribuì notevolmente all'analisi dei processi culturali e delle dinamiche tra classi, sviluppando un modello sociale che tiene conto dei maggiori fattori di differenziazione operanti nelle società tecnologicamente sviluppate: il capitale economico ed il capitale culturale. Il modello di Bourdieu definisce una serie di posizioni sociali e politiche con le relative opposizioni. Secondo il sociologo francese sono scuola e università ad orientare gli individui verso le rispettive posizioni sociali, alcune realtà educative sono controllate da gruppi religiosi, altre da associazioni industriali. La divisione tra istruzione pubblica e privata segna barriere che dividono anche lo spazio sociale. Le eventuali reazioni contro l'ordine sociale si manifestano soprattutto in ambito culturale, da qui l'importanza del mondo artistico come indicatore degli equilibri sociali. Le differenti classi di preferenze vengono definite "Habitus" e svolgono una funzione attiva nell'individuazione di specifici stili, di persone o beni. L'habitus non è un semplice modello di comportamento, ma piuttosto un principio che unifica beni, pratiche e persone. Mediante questo fattore è possibile comprendere non solo le preferenze di determinati gruppi sociali, ma nel quadro generale l'orizzonte culturale. La linea di separazione tra le diverse posizioni sociali e politiche è anche il solco lungo il quale si concentrano le crisi di sistema, infatti nella società moderna è emerso un nuovo tipo di capitale, ovvero il capitale politico. Intorno a quest'ultimo si creano le maggiori tensioni entro lo spazio sociale. Negli USA il modello di Bourdieu si presta meglio ad interpretare le dinamiche tra consumismo e ambito culturale, soprattutto all'interno del sistema dell'arte. Le principali opposizioni sorte all'interno dello spazio metropolitano, infatti, sono quelle tra centri commerciali e musei. I centri commerciali rappresentano la capacità del capitale economico di creare nuovi punti di riferimento e di mutare la sfera della rappresentazione sociale e culturale, mentre i musei si definiscono maggiormente come i detentori del capitale culturale. Il modello di museo americano è molto cambiato a partire dagli anni '60; mentre prima l'attività dei musei era del tutto estranea alle dinamiche del consumo, a partire dal 1971, il MET, uno dei maggiori musei americani, inaugurava la stagione delle "blockbuster exhibitions", ovvero le mostre campioni di incassi. Il MET stesso, nel 1975, si sarebbe dotato anche di una nuova struttura creata per disporre le donazioni, oltre che di un parcheggio sotterraneo. Molti dei cambiamenti effettuati al museo si devono ad Hoving, il direttore con il quale il museo moderno è entrato nell'era del consumo, trasformandosi in prototipo di impresa commerciale della spettacolarizzazione dell'arte. Verso la fine del XX secolo, i confini tra arte e consumo sono diventati sempre più sottili, tanto che l'intero settore delle professioni creative ha conosciuto un notevolissimo incremento. In Italia la situazione museale è ancora lontana dagli standard internazionali, anche se sono state aperte numerose e importanti strutture dedicate all'arte contemporanea. Inoltre, i musei italiani non sono autonomi ma dipendono moltissimo dalle soprintendenze che li finanziano, cosa che non permette un aperto scambio con altri musei (al contrario, ad esempio, del Louvre). Il rapporto tra musei d'arte contemporanea e artisti non è indifferente e semplice: la spettacolarizzazione delle opere d'arte si impone e la gestione dei nuovi musei ha spesso creato attriti con gli artisti, ad esempio nel caso del Guggenheim di NY disegnato da Wright, con la famosa spirale. La stessa architettura, si impone come opera d'arte intrinseca di pregiudizio sulle opere degli altri artisti. Un altro esempio è la gestione degli spazi espositivi, spesso molto ampi ma delimitati da pannelli divisori. Gli spazi ricavati in questo modo risultano fragili, mentre molti artisti preferiscono spazi più solidi. Inoltre, altro effetto del consumismo sono le opere acquistate dai musei, che spesso non rimangono esposte poiché l'attività commerciale dell'arte impone una stagionalità delle manifestazioni espositive, come tutte le produzioni di consumo. Tutte queste motivazioni hanno spinto gli artisti a formare una propria struttura di marketing e di comunicazione, gestendo una rete di attività che corrisponde più o meno ad un'azienda di medie dimensioni. Un esempio è Murakami, con il suo stile tradizionale di pittura giapponese, che si è interessato alla subcultura Otaku. Egli fondò l'Hiropon Factory sul modello dello Studio Ghibli, e dopo una serie di collaborazioni importanti come quella con Louis Vuitton, rientrò tra le 100 persone più influenti del mondo nel 2008. Lo stile di Murakami fa storcere il naso a critici e puristi dell'arte e pone il problema su quanto il capitale economico possa influenzare direttamente il capitale culturale. L'infanzia consumata I bambini tra i 2 e i 24 mesi sviluppano progressivamente la consapevolezza delle loro esigenze e il modo in cui queste possono essere appagate. Dopo i 12 mesi sono in grado di controllare la manipolazione degli oggetti e la locomozione, nonché di esprimersi mediante linguaggio, comunicando i loro gusti e prendendo tali oggetti a casa o nei luoghi di consumo: ciò è indice del fatto che il consumismo si può insediare già in età molto precoce. Verso i 2 anni i bambini imparano a chiedere le cose, ed è proprio in questo periodo che le conoscenze su marche e prodotti iniziano a strutturarsi, valutando le alternative. Prima dei 6 anni i modelli decisionali dei bambini sono monodimensionali, ovvero tengono in considerazione un solo aspetto alla volta: il colore, il disegno, non considerando ad esempio taglia, materiale, prezzo. Dopo i 6 anni le decisioni iniziano ad essere pluridimensionali, ma solo in età scolare prendono in considerazione il fattore denaro. Tutto questo processo è spesso alimentato dai genitori. Il meccanismo d'acquisto si sviluppa in 5 fasi ben definite: 1. Percezione di un bisogno/desiderio; 2. Ricerca di informazioni su prodotti o servizi; 3. Valutazione delle alternative; 4. Acquisto; 5. Consumo del prodotto. Negli anni '30, i bambini erano considerati come cittadini da educare lentamente. L'industria del consumo si riferiva direttamente a loro solo in età scolare e in particolar modo negli anni del liceo dando vita al concetto di adolescente. Nel 1950 i ragazzi venivano presi in considerazione per pianificare il futuro della società dei consumi. Fino al 1960, ad ogni modo, la pubblicità era indirizzata soprattutto ai genitori, poiché le aziende miravano a convincere gli adulti ad acquistare determinati prodotti per i loro bambini. Non è casuale il fatto che questo periodo coincidesse con lo sviluppo dei centri commerciali e della grande diffusione dei fast food, dei quali i bambini erano consumatori attivi, basti pensare all'Happy Meal: il primo Happy Meal venne creato da McDonald's nel 1979. Nello stesso anno fu fondata Nickelodeon, la più importante televisione via cavo per bambini. A metà anni '90 il marketing dell'infanzia era ormai diventato globale: negli USA iniziava una massiccia campagna di attività commerciali nelle scuole, come la distribuzione di materiale didattico a basso costo. Tuttavia molti pediatri e sociologi come Spock e Rothenberg denunciavano gli effetti della televisione su bambini e adolescenti, infatti vennero effettuati degli studi comparativi tra la violenza e la diffusione della televisione. I risultati furono che in Canada e negli Stati Uniti la diffusione della televisione era avvenuta molto rapidamente, così come sul fronte della violenza, in pratica le due curve erano identiche. Mentre gli adulti non venivano influenzati dalla violenza trasmessa dai media, al contrario i bambini e gli adolescenti reagivano con un aumento dell'aggressività. I messaggi televisivi e i giochi interattivi hanno l'effetto di desensibilizzare sul tema della violenza, attraverso un meccanismo psicologico simile a quello cui vengono esposti i militari che devono operare in guerra: questa tecnica viene chiamata “desensibilizzazione sistematica”, messa a punto da Wolpe. La desensibilizzazione prodotta dalla televisione è in definitiva una riduzione delle emozioni in reazione ad atti violenti, messa in pratica durante un'attività piacevole. Il fatto che mancasse una reazione nevrotica come negli esperimenti compiuti da Wolpe causava squilibri (es. Le emozioni in reazione ad atti violenti venivano messe in pratica durante un'attività piacevole, il gioco). I bambini più esposti alla pubblicità diventano più ansiosi ed emotivamente instabili, tuttavia sono anche i consumatori per eccellenza: vogliono comprare i prodotti reclamizzati, frequentano i fast food e non sono tendenzialmente parsimoniosi. Le strategie di marketing e l'azione dei media creano nei bambini