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Note Postfotografia, Appunti di fotografia

Il termine post-fotografia (che nasce nel mondo accademico all’inizio degli anni 90) fa riferimento alla fotografia che fluisce nello spazio ibrido della socialità digitale

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 07/06/2019

martina-tranchida
martina-tranchida 🇮🇹

4.5

(10)

6 documenti

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Scarica Note Postfotografia e più Appunti in PDF di fotografia solo su Docsity! Note sulla pos�otografia Il termine post-fotografia (che nasce nel mondo accademico all’inizio degli anni 90) fa riferimento alla fotografia che fluisce nello spazio ibrido della socialità digitale e che è conseguenza della sovrabbondanza digitale. Nel termine post-fotografia, “post” indica l’allontanamento da qualcosa, e così il termine finisce per indicare ciò che abbiamo lasciato indietro, non ciò che è ma ciò che non è più: questo non è del tu�o corre�o, poiché non s�amo assistendo al semplice avanzamento tecnologico, ma alla mutazione dei valori conce�uali e ideologici della stessa fotografia; pertanto è come dire che la pos�otografia non è ciò che sta dopo la fotografia, ma ciò che sta oltre quest’ul�ma. Infa�, nell’era della post-fotografia l’immagine ha cambiato natura, sme�e di essere vincolata alle cara�eris�che di verità (e quindi credibilità) e di memoria, disme�e il ruolo passivo di illustrazione e diventa a�va, immateriale e trasmissibile, talvolta anche pericolosa (bas� pensare a come un’immagine caricaturale di Maome�o abbia scatenato la tragedia di “Charlie Hebdo” a Parigi). Di fa�o l’era pos�otografica si è consolidata il decennio successivo con la rivoluzione digitale, Internet, i social network e la telefonia mobile, che hanno reso l’immagine istantanea, smaterializzata e globale: per la prima volta siamo diventa� tu� consumatori e produ�ori di immagini. Per la prima volta possiamo reinventarci come preferiamo, siamo padroni del nostro aspe�o agli occhi degli altri: ecco allora che si mol�plicano i ritra�, e sopra�u�o gli autoritra� (selfie) che sca�amo e condividiamo sui social network come ges�one dell’impa�o che vogliamo produrre sul prossimo; queste fotografie non sono ricordi che vogliamo conservare, ma messaggi da inviare. Un esempio di come tale pra�ca possa diventare pericolosa è la serie “Thinspira�on” di Laia Abril (pag. 44). L’11 giugno 1997 è stata inviata la prima fotografia da un telefono cellulare dall’imprenditore statunitense Kahn: la mogliere era in ospedale per dare alla luce la loro bambina, quando Kahn riceve�e una chiamata sul proprio cellulare ed iniziò così a pensare all’allora utopis�ca volontà di inviare un’immagine in maniera immediata dire�amente da quel disposi�vo; poco tempo dopo fondò LightSurf, impresa che spinse la Sharp a produrre il primo telefono mobile con una macchina fotografica integrata. La nostra epoca è stata definita ipermoderna, cara�erizzata dall’eccesso, dalla flessibilità e da un nuovo legame con lo spazio e con il tempo alla luce dell’esperienza offerta da Internet ed i mezzi di comunicazione globale. Queste nuove finestre sul mondo ci conducono alla conoscenza immediata degli avvenimen�, si perde coscienza storica in quanto il passato diventa fugace, e avviene la svalutazione del futuro, poiché esso diventa inimmaginabile, con il risultato di essere colloca� in un presente in con�nuo divenire. Tu�o ciò avviene nel contesto socioeconomico di una società tardocapitalista in cui si affrontano nuovi problemi (si veda la recessione economica, l’immigrazione, gli a�enta� ect.), in cui i ci�adini si rifugiano sempre più in un individualismo sfrenato, alla ricerca dell’autorealizzazione e autoespressione, con una tendenza ad este�zzare la realtà: il prezzo da pagare è una cultura universalizzata e commerciale. L’ipermodernità e le sue cara�eris�che trovano una perfe�a esemplificazione nello spot pubblicitario della seconda stagione della miniserie Black Mirror di Charlie Brooker: mostra persone sorriden�, intente a fotografare quei sorrisi e a condividerli con i loro tablet e smartphone, e nel mentre, a poco a poco, si vedono delle immagini di povertà, lavoro alienato, protesta e terrorismo interrompere queste scene, fino a quando il cristallo scuro dello schermo si frantuma e ascol�amo le parole “Il futuro è andato in pezzi”, e ci viene data una lista di parole d’ordine che ci porterà alla felicità, nelle quali troviamo il valore dell’aumento e della quan�tà, al fine di “essere sempre più sé stessi”. Black Mirror allude a quello specchio scuro in cui vogliamo essere riflessi, dipenden� dalla tecnologia, dai social network e dal poter esprimere qualsiasi opinione e insultare nell’anonimato: siamo voyeur di vite che non sono nostre. Una rappresentazione ar�s�ca dell’abbondanza di immagini nell’era dell’ipermodernità e della pos�otografia, ci è data da Erik Kessels nella sua installazione “Photography in Abundance” (2011), la quale è diventata una vera e propria icona della pos�otografia. L’installazione consisteva nel riversare nelle sale di un edificio un milione e mezzo di foto, stampate nelle dimensioni di una cartolina: questo numero enorme corrispondeva al numero di immagini caricate su Flickr solo nelle ul�me 24 ore. I visitatori potevano così sperimentare la sensazione di un soffocante oceano di immagini. Oggi tu� produciamo immagini spontaneamente, come una forma naturale di relazione con l’altro, siamo immersi in un mondo saturo di immagini, che già negli anni 60 era stato previsto da McLuhan con il termine “iconosfera”. Gli effe� di questo (e quindi le principali cara�eris�che della post-fotografia) sono la smaterializzazione dell’autorialità, la scomparsa delle nozioni di originalità e proprietà, un flusso incontenibile di immagini a cui tu� hanno accesso, ecco perché si è parlato di “este�ca dell’accesso”. Un altro fenomeno scaturito dalla rete è quello del “diver�mento freak” su Google Street View: vedi Jon Rafman e Michael Wolf, pag. 39-40. CARATTERISTICHE DELLA POSTFOTOGRAFIA (DECALOGO): • Smaterializzazione dell’autorialità: quest’ul�ma non affonda più le sue radici nell’a�o fisico di produzione di immagini, poiché tu� possiamo ormai produrre una fotografia in semplicità, ma consiste piu�osto nell’a�o mentale di dotare un’immagine di uno scopo e di un senso, ovvero di fare in modo che essa sia significa�va, che esprima un conce�o, che abbia qualcosa da dire e riesca a veicolarlo. Pertanto l’ar�gianalità e la capacità tecnica vengono sos�tuite dall’intelligenza e lo spirito. • Nozione di originalità: il modo in cui tale conce�o perda di valore è bene espresso dall’opera di Penelope Umbrico “Suns from Flickr” (2006) pag. 37. • Nozione di proprietà: l’idea di autorialità basata sull’individualità e sul genio, cede il passo all’autorialità colle�va, in cui muta la concezione del pubblico da mero rece�ore passivo a coautore; l’autore non è quindi l’unico proprietario dell’opera. Grazie (o a causa) di quella che è stata definita “este�ca dell’accesso”, tu� siamo porta� spontaneamente ad appropriarci di immagini già esisten�, me�endo in pra�ca fenomeni di riciclo e remix. Talvolta, però, in accordo con la nuova concezione di autorialità, è necessario ridefinire il termine “appropriazione” con quello di “adozione”: ado�amo un’immagine come si ado�a un’idea, le prescriviamo un senso e sopra�u�o lo rendiamo pubblico, per dichiarare di aver scelto quel valore simbolico (es. ado�are un’immagine di Che Guevara si interpreta come adozione di uno spirito ribelle); oggi l’importante non è chi preme l’o�uratore, ma chi fa il resto, cioè chi ci me�e l’idea (riprendendo lo slogan di Kodak, al contrario). Tre sono gli stadi dell’espressione fotografica: 1. L’impulso a documentare: possiamo associarlo ai primi passi della fotografia, in cui la necessità era quella di registrare la realtà e conservarla. Ha a che fare con un fa�o. 2. Impulso ad interpretare ciò che abbiamo di fronte e non solo a tes�moniarlo: la modifica della realtà stessa perché essa esprima l’interpretazione che noi le abbiamo dato. Ha a che fare con l’intenzione. 3. Impulso ad irrompere nella fotografia stessa: tes�moniare la nostra presenza. LA PRATICA DEL SELFIE: Quest’ul�mo impulso è �pico della post-fotografia, e si consolida a�raverso la pra�ca del selfie. Scavando nella storia dell’arte, no�amo come questa pra�ca abbia dei preceden� che potremmo chiamare “selfie ante li�eram”, tra i quali ricordiamo: Bayard nel 1839 “Autoritra�o da annegato”, Munch nel 1908 quando fece una fotografia di sé stesso durante una convalescenza a Copenaghen per manifestare suo malessere, ma il caso di selfie primordiale più evidente risale al 1920, effe�uato da un gruppo di fotografi della Byron Company.