Scarica Orlando furioso: "La pazzia di Orlando", canti XXIII-XXIV e più Dispense in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! LA PAZZIA DI ORLANDO Canto XXIII - XXIV Lo strano corso che tenne il cavallo del Saracin pel bosco senza via, fece ch'Orlando andò duo giorni in fallo, né lo trovò, né poté averne spia. Giunse ad un rivo che parea cristallo, ne le cui sponde un bel pratel fioria, di nativo color vago e dipinto, e di molti e belli arbori distinto Vv. 2 1 commentatori in genere riferiscono questa espressione al bosco, e spiegano: non segnato da vie, da sentieri; ma forse è meglio unirla a tenne del v. 1 e intendere: senza seguire una via, una direzione precisa. Vv. 4 notizia Vv. 7 di fiori nati spontaneamente e di vari colori Vv. 8 variamente adornato PARAFRASI Lo strano percorso che tenne il cavallo del saraceno per il bosco senza sentieri, fece in modo che Orlando girasse a vuoto per due giorni, non lo trovò e non poté averne notizia. Giunse ad una riva così limpido che sembrava cristallo, nelle cui sponde fioriva un bel prato di fiori nati spontaneamente e di vari colori, adornato di molti alberi belli. Il merigge facea grato l'orezzo al duro armento ed al pastore ignudo; sì che né Orlando sentia alcun ribrezzo, che la corazza avea, l'elmo e lo scudo. Quivi egli entrò per riposarvi in mezzo; e v'ebbe travaglioso albergo e crudo, e più che dir si possa empio soggiorno, quell'infelice e sfortunato giorno. Vv. 1 frescura dell'ombra ventilata VWw.3 neppure; brivido di freddo Vv. 7 spietato, tormentato PARAFRASI Il meriggio (pomeriggio) rendeva gradevole la frescura all'armento (bestiame), sebbene indurito dalle intemperie, e al pastore quasi ignudo, fece sì che neppure Orlando sentisse un brivido di freddo, avendo la corazza, l'elmo e lo scudo. Entrò nella radura per riposare un po'; ma, in quel giorno infelice e sfortunato, vi ebbe un soggiorno duro, travagliato, o meglio dire tormentoso. Volgendosi ivi intorno, vide scritti molti arbuscelli in su l'ombrosa riva. Tosto che fermi v'ebbe gli occhi e fitti, fu certo esser di man de la sua diva. Questo era un di quei lochi già descritti, ove sovente con Medor veniva da casa del pastore indi vicina la bella donna del Catai regina. Vv. 1 coperti d'iscrizioni Vv. 4 Angelica Vv. 7 lì vicina PARAFRASI Volgendo lo sguardo lì attorno, vide su nell'ombrosa riva molti alberi coperti d'iscrizioni. Non appena vi fissò lo sguardo, fu certo che fossero state scritte dalla mano della sua Angelica. Questo era uno di quei luoghi già descritti, dove spesso veniva, con Medoro, la bella donna, regina del Catai, dalla casa del pastore lì vicina. Angelica e Medor con cento nodi legati insieme, e in cento lochi vede. son, tanti son chiodi punge e fiede. modi ch'altra Angelica sia, creder si sforza, scritto il suo nome in quella scorza. PARAFRASI Quante lettere coi quali Amore il cor gli Va col pensier cercando in mille non creder quel ch'al suo dispetto crede: ch'abbia Orlando vede i nomi di Angelica e Medoro legati insieme con cento nodi e in cento luoghi diversi. Quante sono quelle lettere incise, sono altrettanti chiodi con cui l'Amore gli punge e gli ferisce il cuore. Viaggia con il pensiero, cercando in mille modi di non credere a ciò che, pur non volendo, deve credere: si sforza di credere che sia un'altra Angelica quella che ha inciso il suo nome in quella corteccia. Poi dice: «Conosco io pur queste note: n'ho tante vedute e lette. Medoro ella si puote: cognome mette.» usando fraude a sé medesmo, stette di tal'io Finger questo forse ch'a me questo Con tali opinion dal ver remote ne la cavallieri e damigelle, e ognuna persona, o paesana o viandante, che qui sua volontà meni o Fortuna; ch'all'erbe, all'ombre, all'antro, al rio, alle piante dica: benigno abbiate e sole e luna, e de le ninfe il coro, che proveggia che non conduca a voi pastor mai greggia.» \v.3 nativa del luogo o forestiera Vv. 8 provveda in modo che nessun pastore conduca mai qui le sue greggi (a turbare il luogo) PARAFRASI e [posso solo] pregare ogni signore amante, e i cavalieri e le dame e ogni persona, nativa del luogo o forestierara, che la sua volontà o la Fortuna conduca qui, affinché dica alle erbe, alle ombre, alla grotta, al fiume, alle piante: I sole e la luna, e il coro delle ninfe provveda in modo che nessun pastore conduca mai qui le sue greggi (a turbare il luogo)». siano benevo! Era scritto in arabico, che 'l conte intendea così ben come latino: fra molte lingue e molte ch'avea pronte, prontissima avea quella il paladino; e gli schivò più volte e danni ed onte, che si trovò tra il popul saracino: ma non si vanti, se già n'ebbe frutto; ch'un danno or n'ha, che può scontargli il tutto. Vv.2 la lingua volgare Vv.3 sapeva Vv.6 da unire con più volte del verso precedente \.8 fargli pagare tutti i vantaggi che ne ha tratto PARAFRASI Era scritt arabo, che il conte [Orlando] conosceva bene come la lingua volgare: fra le molte lingue che sapeva bene, di quella era esperto; e spesso gli evitò danni e sconfitte, perché più volte si trovò tra il popolo saraceno: ma non se ne vanti, se un tempo gli fu utile; poiché ora ne ha un danno che può fargli pagare tutti i vantaggi che ne ha tratto. Tre volte e quattro e sei lesse lo scritto quello infelice, e pur cercando invano che non vi fosse quel che v'era scritto; e sempre lo vedea più chiaro e piano: ed ogni volta in mezzo il petto afflitto stringersi il cor sentia con fredda mano. Rimase al fin con gli occhi e con la mente fissi nel sasso, al sasso indifferente. Vv.2 continuamente, sempre Vv.8 non differente dal sasso PARAFRASI Quell'infelice lesse lo scritto tre, quattro o sei volte, cercando, continuamente, invano di non trovarci quello che vi era scritto; e lo vedeva sempre mezzo al petto stretto da una mano ftredda. chiaro ed evidente: ed ogni volta si sentiva il cuore in imase infine con gli occhi e con la mente fissi sulla roccia, non differente dal sasso [era impietrito]. Fu allora per uscir del sentimento sì tutto in preda del dolor si lassa. Credete a chi n'ha fatto esperimento, che questo è "| duol che tutti gli altri passa. Caduto gli era sopra il petto il mento, la fronte priva di baldanza e bassa; né poté aver (che 'l duol l'occupò tanto) alle querele voce, o umore al pianto. Vv.2 si lascia andare VA il dolore della gelosia PARAFRASI Fu allora che il sentimento si lasciò andare così tutto in preda al dolore. Credete a me che vissuto l'esperienza, questo è il dolore della gelosia che supera tutti gli altri dolori. Il mento gli era caduto sopra il petto e la fronte era bassa, priva di audacia; e non poté trovare voce ai lamenti, o lacrime per piangere, a tal punto che era pieno di dolore. L'impetuosa doglia entro rimase, tutta uscir con troppa fretta. l'acqua nel vase, abbia stretta; l'umor che vorria uscir, tanto s'affretta, l'angusta via tanto s'intrica, goccia fuore esce a fatica. \Vv.3 vediamo che volea Così veggiàn restar che largo il ventre e la bocca che nel voltar che si fa in su la base, e ne ch'a goccia a PARAFRASI Il dolore impetuoso gli rimase dentro, poiché voleva uscire con troppa fretta. Così vediamo l'acqua che resta nel vaso, perché abbia il ventre largo e l'apertura stretta; perché quando lo si capovolge, l'acqua che vorrebbe uscire si concentra e si ferma nell'apertura stretta, cosicché ne esce a fatica, goccia a Poi ritorna in sé alquanto, e pensa come che non sia la cosa vera: infamare il nome brama e spera, tanto di gelosia, che se ne pera; quel, sia chi si voglia stato, bene imitato. PARAFRASI Poi torna alquanto sé, e pensa come sia pos: voglia infamare in tal modo il nome della sua donna, e lo crede e lo desi possa esser che voglia alcun così de la sua donna e crede e o gravar lui d'insopportabil some ed abbia molto la man di lei le che quella cosa non sia vera: pensa che qualcuno lera, oppure che qualcuno voglia far soffrire lui con l'insopportabile peso della gelosia, fino a farlo morire; e pensa che quel qualcuno, chiunque sia, abbia molto ben imitato la mano di Angelica. In così poca, in così debol speme spiriti e gli rifranca un poco; Brigliadoro il dosso preme, sorella loco. supreme sente cani abbaiar, muggiare armento: piglia alloggiamento. VvA4 la luna mugghiare PARAFRASI In una speranza così scarsa e debole risveglia gli spi sveglia gli indi al suo dando già il sole alla Non molto va, che da le vie dei tetti uscir vede il vapor del fuoco, viene alla villa, e Vv.7 i e lo rinfranca un poco; quindi sprona il suo Brigliadoro, quando il sole ormai lascia spazio alla luna [è il tramonto]. Non va molto lontano, quando dai camini sui tetti vede uscire il fumo, sente abbaiare i cani e muggire le bestie: giunge a una fattoria, e prende qui alloggio. e senza aver rispetto del fatto che ella fosse la figlia del più grande re d'Oriente, costretta da quell'amore, decise di diventare la moglie di un umile soldato. La storia si concluse in questo modo, ossia che il pastore fece portare il gioiello [donatole da Orlando] che Angelica, alla sua partenza, gli aveva dato come compenso per l'ospitalità. Questa conclusion fu la secure che "l capo a un colpo gli levò dal collo, poi che d'innumerabil battiture si vide il manigoldo Amor satollo. Celar si studia Orlando il duolo; e pure quel gli fa forza, e male asconder pòllo: per lacrime e suspir da bocca e d'occhi convien, voglia o non voglia, al fin che scocchi. Vv.4 carnefice Vw.6 lo può PARAFRASI Questa conclusione fu la scure che con un colpo solo tagliò la testa dal collo di Orlando, quando il malvagio (carnefice) Amore si vide soddisfatto di averlo colpito innumerevoli volte. Orlando cerca di nascondere il dolore, eppure quello lo preme e non lo può nascondere: alla fine è inevitabile che, volente o nolente, gli esca dalla bocca e dagli occhi sotto forma di sospiri e lacrime. Poi ch'allargare il freno al dolor puote (che resta solo e senza altrui rispetto), giù dagli occhi rigando per le gote sparge un fiume di lacrime sul petto: sospira e geme, e va con spesse ruote di qua di là tutto cercando il letto; e più duro ch'un sasso, e più pungente che se fosse d'urtica, se lo sente Vv.5 rivoltandosi spesso Vv.6 esplorando il letto per cercare una posizione più comoda PARAFRASI E quando può allentare il freno al dolore (poiché resta solo e senza riguardo per altri), sparge dagli occhi un fiume di lacrime che gli rigano le guance e gli cadono sul petto: sospira e geme, e rivoltandosi spesso di qua e di là, esplorando il letto per cercare una posiziome più comoda; e lo sente più duro di un sasso, e più pungente di un'ortica. In tanto aspro travaglio gli soccorre medesmo letto in che giaceva, venutasi a porre esser doveva. abborre, che de l'erba il villan che s'era messo chiuder gli occhi, e vegga il serpe appresso. Vv.1 viene in mente PARAFRASI che nel l'ingrata donna col suo drudo più volte Non altrimenti or quella piuma né con minor prestezza se ne leva, per In quel aspro travaglio gli viene in mente che nel medesimo letto in cui egli giaceva, anche l'ingrata Angelica doveva essersi sdraiata più volte col suo amante. Ora odia quel letto non diversamente, e se ne alza con rapii un serpente. Quel letto, quella casa, quel pastore tant'odio gli casca, o che l'albore nasca, per mezzo il bosco alla più oscura frasca; gli è aviso d'esser solo, porte al duolo. Vv.2 gli viene i rami e le foglie sono più fitti, e quindi il bosco più scuro PARAFRASI ità non minore, del contadino che si è messo a dormire nell'erba, e veda vicino a sé immantinente in che senza aspettar luna, che va dinanzi al nuovo giorno piglia l'arme e il destriero, ed esce fuore e quando poi con gridi ed urli apre le Vv.6 dove Quel letto, quella casa, quel pastore gli vengono subito in odio, tanto che senza aspettare la luna, o che spunti l'alba del nuovo giorno, prende l'armatura e il cavallo ed esce fuori, incamminandosi verso il bosco, dove i rami e le foglie sono più fitti, e quindi il bosco più scuro; e quando poi pensa di esser solo, apre le porte al dolore con grida ed url Di pianger mai, mai di gridar non resta; notte né 'l dì si dà mai pace. borghi, e alla foresta discoperto giace. né la Fugge cittadi e sul terren duro al Di sé si meraviglia ch'abbia in testa una fontana d'acqua sì vivace, e come sospirar possa mai tanto; e spesso dice a sé così nel pianto: Vv.1 cessa PARAFRASI Non cessa mai di piangere, né di gridare, non si dà mai pace né durante il giorno o la notte. Evita le città e i borghi, e dorme nella foresta, all'aperto sul duro terreno. Si meraviglia del fatto che in testa abbia una fontana d'acqua così viva, e come possa sospirare tanto; e spesso dice a sé così nel pianto: «Queste non son più lacrime, che fuore stillo dagli occhi con sì larga vena. Non suppliron le lacrime al dolore: finir, ch'a mezzo era il dolore a pena. Dal fuoco spinto ora il vitale umore fugge per quella via ch'agli occhi mena; ed è quel che si versa, e trarrà insieme e '"l dolore e la vita all'ore estreme. \Vv.3 non furono sufficienti Vv.8 ed è appunto questo vitale umore che viene ora versato dagli occhi, e che, esaurendosi, esurirà insieme il mio dolore e la mia vita. PARAFRASI «Queste, che faccio uscire dagli occhi in così gran quantità, non sono più lacrime. Le lacrime non furono suffiecienti al dolore: finirono quando il dolore era appena a metà. Ora l'umore vitale, spinto dal fuoco, fugge attraverso quella via [i condotti lacrimali] che porta agli occhi; ed è appunto questo vitale umore che viene ora versato dagli occhi, e che, esaurendosi, esurirà insieme il mio dolore e la mia vita. Questi ch'indizio fan del mio tormento, sospir non sono, né i sospir sono tali. Quelli han triegua talora; io mai non sento che 'l petto mio men la sua pena esali. Amor che m'arde il cor, fa questo vento, mentre dibatte intorno al fuoco l'ali. Amor, con che miracolo lo fai, che 'n fuoco il tenghi, e nol consumi mai? Vv.6 personificazione di Amore. La metafora del vento per indicare i sospiri è di origine petrarchesca condotto. Il quarto dì, da gran furor commosso, e maglie e piastre si stracciò di dosso. Vv.4 finché Vv. 8 tutta l'armatura PARAFRASI Afflitto e stremato alla fine cade sull'erba, e fissa gli occhi al cielo e sta in silenzio. Per tre giorni e tre notti rimane così, senza assumere cibo e senza dormire. La pena aspra non cessò di crescere, fino a fargli perdere completamente il senno. Il quarto giorno, spinto da gran furore, si staccò di dosso le maglie e tutta l'armatura. Qui riman l'elmo, e là riman lo scudo, lontan gli arnesi, e più lontan l'usbergo: l'arme sue tutte, in somma vi concludo, avean pel bosco differente albergo. E poi si squarciò i panni, e mostrò ignudo l'ispido ventre e tutto 'l petto e 'l tergo; e cominciò la gran follia, sì orrenda, che de la più non sarà mai ch'intenda. Vv.2 le altre parti dell'armatura Vv.8 che nessuno sentirà mai parlare di una follia maggiore di questa PARAFRASI L'elmo rimane qua e lo scudo là, le altre parti dell'armatura lontane e la corazza ancora più lontana: insomma, per farla breve tutte le sue armi si sparsero negli angoli del bosco. E poi si stracciò le vesti e mostrò l'ignudo ventre ispido e tutto il petto e la schiena; e cominciò la grande follia, così orrenda che nessuno sentirà mai parlare di una follia maggiore di questa. In tanta rabbia, in tanto furor venne, che rimase offuscato in ogni senso. Di tor la spada in man non gli sovenne; che fatte avria mirabil cose, penso. Ma né quella, né scure, né bipenne era bisogno al suo vigore immenso. Quivi fe' ben de le sue prove eccelse, ch'un alto pino al primo crollo svelse: PARAFRASI Gli venne una tale rabbia, un tale furore che ogni suo senso rimase offuscato. Non pensò a prendere in mano la spada; e con quella avrebbe fatto cose straordinarie, penso. Ma al suo immenso vigore non serviva né quella, né una scure, né una bipenne. Qui diede prova della sua forza, poiché al primo tentativo fece crollare un alto pino: e svelse dopo il primo altri parecchi, come fosser finocchi, ebuli o aneti; e fe' il simil di querce e d'olmi vecchi, di faggi e d'ornie d'illici e d'abeti. Quel ch'un ucellator che s'apparecchi il campo mondo, fa, per por le reti, dei giunchi e de le stoppie e de l'urtiche, facea de cerri e d'altre piante antiche. Vv.2 piante simili ai finocchi Vv.4 elci PARAFRASI e dopo quello ne estirpò molti altri, come se fossero finocchi, ebuli o aneti; e fece lo stesso con querce e vecchi olmi, con faggi, orni, elci e abeti. Quello che un cacciatore, per tendere le reti, fa per liberare il campo strappando i giunchi, le stoppie e le ortiche, Orlando lo faceva con i cerri e le altre antiche piante. | pastor che sentito hanno il fracasso, lasciando il gregge sparso alla foresta, chi di qua, chi di là, tutti a gran passo vi vengono a veder che cosa è questa. Ma son giunto a quel segno il qual s'io passo vi potria la mia istoria esser molesta; ed io la vo' più tosto diferire, che v'abbia per lunghezza a fastidire. PARAFRASI I pastori che hanno sentito quel fracasso, lasciando il greggie sparso nel bosco, vengono tutti qui a vedere che cosa succede, chi da una parte chi dall'altra. Ma io sono arrivato a quel punto, superato il quale, la mia storia potrebbe recarvi fastidio; ed io la voglio rimandare, piuttosto che possa riuscirvi molesta. XXIV Chi mette il piè su l'amorosa pania, cerchi ritrarlo, e non v'inveschi l'ale; se non insania, e se ben come Orlando ognun non smania, mostra a qualch'altro segnale. segno più espresso se stesso? PARAFRASI Chi mette il piede nella trappola di amore cerchi che non è in somma amor, a giudizio de' savi universale: suo furor E quale è di pazzia che, per altri voler, perder i tirarlo indietro e non vi si incastri con le ali; infatti, secondo il giudizio unanime dei saggi, non c'è amore senza follia: e anche se non tutti danno segno come Orlando, chi ama mostra la sua pazzi Vari gli effetti son, ma la pazzia tutt'una però, che li fa uscire. una gran selva, ove la via va, fallire: travia. a chi in amor s'invecchia, oltr'ogni pena, convengono i ceppi e la catena. qualche altro modo. E c'è forse una segno evidente del perdere se stessi per volere un altro? pazzia più è Gli è come conviene a forza, a chi vi chi su, chi giù, chi qua, chi là Per concludere in somma, io vi vo' dire: si Vv.8 oltre le pene connesse all'amore stesso, merita di essere tenuto legato con ceppi e catene PARAFRASI Gli effetti sono vari, ma la pazzia che li fa uscire senno è sempre la stessa. È come una gran foresta dove chi si addentra deve per forza sbagliare strada: chi va su, chi giù, chi qua, chi là (ognuno si smarrisce in luoghi diversi). Per concludere, insomma, vi voglio dire questo: chi ama per molto tempo, oltre le pene connesse all'amore stesso, merita Ben mi si potria dir: «Frate, tu vai mostrando, e non vedi il tuo fallo.» comprendo assai, intervallo; ormai) ma tosto far, come vorrei, nol posso; male è penetrato infin all'osso. PARAFRASI ssere tenuto legato con cep| catene. l'altrui lo vi rispondo che or che di mente ho lucido ed ho gran cura (e spero farlo di riposarmi e d'uscir fuor di ballo: che'"l mille, ed altritanti andar da basso ad alto, per fare al pazzo un villanesco assalto. Vv.1 rimbombi Vv.2 vicine Vv.4 il suono delle campane Vv.5 aste munite di ferro appuntito; fionde \.6 calar giù con grande rapidità PARAFRASI Già si potrebbe sentire come rimbomba nelle fattorie vicine il gran rumore delle urla, dei corni e delle trombe rustiche, e più spesso il suono delle campane; e si potrebbero vedere mille uomini calar giùdai monti con grande rapidità, e con aste, archi, spiedi e fionde, e altrettanti salire dal basso in alto, per condurre un assalto da contadini al pazzo. Qual venir suol nel salso lito l'onda mossa da l'austro ch'a principio scherza, che maggior de la prima è la seconda, e con più forza poi segue la terza; ed ogni volta più l'umore abonda, e ne l'arena più stende la sferza: tal contra Orlando l'empia turba cresce, che giù da balze scende e di valli esce. V.v 2 vento Vv.6 il colpo vibrato sulla spiaggia \\.7 spietata PARAFRASI Come sull'arena del mare l'onda spinta dal vento suole venire all'inizio debole, mentre la seconda è abbondante e più violenta della prima, e la terza segue con maggior forza, e ogni volta l'acqua è stende il colpo vibrato sulla spiaggia: così contro Orlando cresce la spietata briagta di villani, che scende dai monti e sale dalle valli. Fece morir diece persone e diece, che senza ordine alcun gli andaro in mano: e questo chiaro esperimento fece, ch'era assai più sicur starne lontano. Trar sangue da quel corpo a nessun lece, che lo fere e percuote il ferro invano. Al conte il re del ciel tal grazia diede, per porlo a guardia di sua santa fede. \v.2 senza regolare schieramento Vv.5 è lecito, è possibile Vv.6 colpisce Vv.7 invulnerabilità PARAFRASI Orlando fece morire dieci persone e dieci, che gli finirono in mano, senza regolare schieramento: e questo dimostrò chiaramente che era meglio stargli alla larga. A nessuno è lecito far uscire sangue da quel corpo, che è percosso e colpisce invano il ferro. Il re del cielo diede questa grazia [l'invulnerabilità] al conte, per porlo a guardia della sua santa fede. Era a periglio di morire Orlando, se fosse di morir stato capace. Potea imparar ch'era a gittare il brando, e poi voler senz'arme essere audace. La turba già s'andava ritirando, vedendo ogni suo colpo uscir fallace. Orlando, poi che più nessun l'attende, verso un borgo di case il camin prende. \v.3 avrebbe potuto imparare che cosa significava, quanto era pericoloso gettare via la spada Vv.6 vano \Wv.7 fa attenzione a lui PARAFRASI Orlando avrebbe rischiato di morire, se ne fosse stato capace. Avrebbe potuto imparare che cosa la spada e poi voler essere audace senz'armi. La turba si stava ormai ri significava, quanto era pericoloso gettare rando, vedendo che ogni suo colpo era vano. Orlando, poiché nessuno fa attenzione a lui, prende il cammino verso un borgo di case. Dentro non vi trovò piccol né grande, che "l borgo ognun per tema avea lasciato. V'erano in copia povere vivande, convenienti a un pastorale stato. Senza pane di scerner da le giande, dal digiuno e da l'impeto cacciato, le mani e il dente lasciò andar di botto in quel che trovò prima, o crudo o cotto. Vv.4 tenore di vita Vv.5 ghiande PARAFRASI Dentro non vi trovò nessuno, né piccolo né grande, poiché ognuno aveva lasciato il borgo per paura. Vi erano, in gran quantità, poveri cibi, che si addicevano al tenore di vita dei pastori. Senza distinguere il pane dalle ghiande, spinto dal digiuno e dall'impeto, Orlando avventò le mani e i denti su quello che trovò prima, crudo o cotto. E quindi errando per tutto il paese, dava la caccia e agli uomini e alle fere; e scorrendo pei boschi, talor prese i capri isnelli ele damme leggiere. Spesso con orsi e con cingiai contese, e con man nude li pose a giacere: e di lor carne con tutta la spoglia più volte il ventre empì con fiera voglia. Vv.4 daine Vv.5 cinghiali Vv.6 abbatte Vv.7 pelle \v.8 ferina voracità PARAFRASI E vagando da lì per tutto il paese, dava la caccia a uomini e bestie; e correndo per i boschi, talvolta catturò capri snelli e agili daine. Spesso lottò con orsi e cinghiali, e li abbatte a mani nude: e più volte si riempì, con ferina voracità, il ventre con la loro carne e tutta la pelle. Di qua, di là, di su, di giù discorre per tutta Francia; e un giorno a un ponte arriva, sotto cui largo e pieno d'acqua corre un fiume d'alta e di scoscesa riva. Edificato accanto avea una torre che d'ogn'intorno e di lontan scopriva. Quel che fe' quivi, avete altrove a udire; che di Zerbin mi convien prima dire. \v.1 vaga correndo \Vv.5 vi era edificata PARAFRASI Vaga tutta la Francia, correndo in lungo e in largo; e un giorno arriva a un ponte, sotto al quale scorre un fiume largo e pieno d'acqua, da una riva scoscesa. Accanto vi era edificata una torre che mostrava ogni luogo lì intorno e lontano. Quello che Orlando fece qui, lo sentirete più avanti; prima devo raccontare di Zerbino.