Scarica Paniere 2024 Aperte PEDAGOGIA GENERALE E SOCIALE SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270 e più Panieri in PDF di Storia solo su Docsity! 04. Individuare uno dei cosiddetti "generi minori" e ripercorrerne le fasi di evoluzione fra Cinque e Seicento. Uno dei generi minori è la pittura di paesaggio. Giustiniani indica due livelli di pittori di paesaggi: quelli italiani che dipingono dettagli senza diligenza, e quelli fiamminghi che cercano di rendere nel dipinto la naturalezza del paesaggio. Quella produzione artistica che da Vasari era considerata di poco pregio, adatta alle case dei ciabattini o alle camere delle donne. Tra i pittori italiani di paesaggi Giustiniani annovera pittori come Tiziano, Raffaello, Caracci e Caravaggio. Questi ultimi due pittori ritornano poi nel dodicesimo grado, grazie alla loro capacità di combinare la pittura del reale con la pittura di fantasia. Già la posizione di Giustiniani è portavoce di un cambiamento di concezione, poiché i grandi maestri, per essere tali, devono saper rappresentare anche i soggetti meno sublimi. Alla fine del Cinquecento i paesaggi sono sempre più presenti nelle grandi collezioni. Ricordiamo che tanta e tale è la fortuna di questo genere che a Roma si stanziarono i fratelli Brill che aprirono una loro bottega, diventano sempre più richieste le opere di Dosso e Garofalo che combinano il paesaggio nordico a quello veneziano. E’ opportuno considerare che la rivalutazione di questo genere non è stata immediata: infatti se da un lato Brill dona vitalità a queste realizzazioni di paesaggi, dall'altro lato si tratta comunque di tele di piccolo formato. 05. Portare un esempio di dispersione di una collezione Con la devoluzione nel 1598 e il reintegro di Ferrara tra i possedimenti papali, le opere della collezione estense vennero convogliate in toto nella collezione Aldobrandini e rimasero fino al 1633 nella capitale a disposizione di tutti quegli studiosi che vollero ammirarle. La permanenza a Roma di queste tele fece sì che si delineasse quella corrente neoveneta alla base del Barocco. E’ stato inoltre dimostrato che “Il Baccanale degli Andrii”, insieme a “L’offerta a Venere”, vennero nel 1621 passati al cardinale Ludovico Ludovisi da Olimpia Aldobrandini, e a loro volta ceduti nel 1633 a Filippo IV di Spagna in occasione del conferimento del Principato di Piombino. Le opere di Luca Giordano risentono dell’influenza dei baccanali che lui ebbe modo di visionare probabilmente negli anni in cui le tele rimasero a Napoli. 06. Scegliere un'importante collezione del Seicento e delinearne le principali caratteristiche 10. Sintetizzare le fasi evolutive i personaggi attivi nella composizione di una collezione a tua scelta. La capostipite della collezione dei Gonzaga è Isabella D’Este, marchesa di Mantova e moglie di Francesco II D’Este. Dopo di lei, Federico II ampliò la quadreria aggiungendo alla collezione quadri di Tiziano e di Giulio Romano e altre tele fiamminghe. Il successore Francesco III non apportò nessuna aggiunta alla collezione. Guglielmo I riteneva che l’arte portasse maggiore prestigio alla sua casata, motivo per cui diede nuovo slancio all’attività collezionistica. Il figlio Vincenzo I, grande viaggiatore, aveva ammirato le più grandi collezioni europee e continuò l’opera del padre. Egli riuscì a portare alla sua corte ritrattisti come Pourbous e Rubens. Sempre alla ricerca del bello, Vincenzo è famoso anche per la ricerca e per la collezione di pietre preziose, che poi i suoi artigiani lavoravano e montavano in preziosi gioielli. Vincenzo si impegna a collezionare grandi opere il cui obiettivo era proporre un compendio della storia pittorica a qualsiasi costo, anche confiscandoli dalle Chiese. Quando salì Ferdinando, si trovò a dover sistemare in maniera organica, seguendo un criterio “museale”, un patrimonio vasto e pregiato. I vari nuclei tipologici vennero separati in diversi ambienti. Il centro nevralgico della disposizione era il “logion serrato”, l’attuale Sala degli Specchi, dove erano custodite le opere dei maestri antichi con dipinti di Raffaello e Giulio Romano. Per l’acquisizione di nuovi pezzi Ferdinando si rivolse a Roma e Parigi, i nuovi centri artistici emergenti. La fama della collezione estense raggiunse tutte le corti d’Europa, che inviavano emissari per valutarne l’entità. Nel 1627 una cospicua parte della collezione fu venduta a Scaricato da Marco Speziale (
[email protected]) lOMoARcPSD|9106640 PANIERI VERIFICATI ECAMPUS SARA MICHELETTI 2024 . Daniel Nys per conto di Carlo I Stuart. Qualche mese dopo l’irruzione dei Lanzichenecchi determinò la dispersione di tutte le opere dei Gonzaga. 11. Ripercorrere l'evoluzione degli spazi del collezionismo dall'epoca Medievale al Seicento. Lo Studiolo nasce come uno spazio, un rifugio in cui l’intellettuale si può dedicare alla lettura e alla riflessione. In esso si ripongono gli strumenti necessari allo studio e piccoli oggetti d’arte che lo rendono un piccolo museo privato. Qui il sapiente gode della “solitudo”, condizione che eleva a Dio e pertanto presupposto fondamentale per ogni attività creativa. Fondamentale nello studiolo è la presenza di una finestra che permette il contatto con la natura, altro elemento imprescindibile per l’intellettuale. Se per tutto il Trecento lo studiolo aveva una valenza religiosa e mistica, poiché gli studiosi a quel tempo erano quasi esclusivamente ecclesiastici, durante il periodo dell’Umanesimo e del Rinascimento si afferma anche nei palazzi nobiliari come stanza dove conservare le raccolte degli umanisti. Mantiene ancora una forte connotazione privata, perché di solito è situato nei settori più segreti degli edifici. Frequente era la presenza di interi cicli decorativi con significati nascosti. Lo Studiolo si trasforma in camerino, esprimendo il piacere dell’esposizione delle opere preziose lì racchiuse. Esso assume un carattere museale, rispondendo non più ad una esigenza religiosa, bensì ad una tendenza più libera e pagana, si afferma la volontà di esposizione e condivisione delle proprie raccolte. Uno degli esempi più noti è rappresentato dallo Studiolo di Isabella D’Este, raccolta in cui ogni elemento costituiva un tassello fondamentale del messaggio della filosofia platonica. Un altro Camerino degno di nota è quello di Francesco De’ Medici, a cui si accedeva dalla stanza del Duca. Questa stanza fu ideata come un guardaroba privato di cose rare e preziose. La galleria, come lo studiolo, riflette la mentalità umanistica di volontà di esposizione e di godimento delle opere d’arte e degli oggetti preziosi. Le sue origini sono incerte: alcuni studiosi ritengono che sia nata in Francia, o dall’eliminazione della suddivisione in stanze dei castelli francesi, dando così vita ad uno spazio vasto e allungato, o dalla copertura degli ambulacri ad arcate a causa del clima rigido; lo studioso Julius von Schlosser ritiene invece che si tratta di uno spazio architettonico tutto italiano. Generalmente riconosciuta è la sua origine quale corridoio di passaggio, di collegamento rispetto a porzioni di edifici e richiedevano cicli decorativi. Le gallerie nascono per rispondere al desiderio di esposizione del proprio patrimonio artistico e pertanto le gallerie erano aperte agli ospiti e selezionati visitatori. Le Gallerie divennero sempre più vaste, fino a giungere alle vaste dimensioni di Fontainbleu. Si tratta di un corridoio di collegamento tra due ali del palazzo, libero su entrambi i lati, che riceve luce dalle finestre poste su entrambi i lati. Sull’esempio di Fontainbleu anche in Italia si realizzano le prime gallerie, dove esporre le proprie collezioni. 09. Sintetizzare gli argomenti principali trattati nel testo a scelta studiato in preparazione dell'esame mettendoli in relazione ai temi affrontati in questo corso 25. Sintetizzare in maniera critica e quanto più possibile esaustiva i temi cardine affrontati nel libro a scelta in programma Francis Haskell, nella suo studio “Mecenati e Pittori, Studio sui rapporti fra arte e società italiana Scaricato da Marco Speziale (
[email protected]) lOMoARcPSD|9106640 Nipote Alessandro apporta un contributo importante con l’acquisizione di opere di artisti noti del Secondo Cinquecento e qualche opera fiamminga, ma l’arricchimento della raccolta avverrà quando Odoardo Farnese, erede di Alessandro, erediterà la collezione di Fulvio Orsini. Durante i pontificati di Urbano VIII e Innocenzo X si acuisce il clima anti-farnese, motivo per cui la famiglia si trasferisce a Parma, dove Ranuccio confiscò le opere dei feudatari ribelli e le collezioni si arricchiscono di quadri di gran pregio. L’Intera raccolta venne poi esposta in una Galleria ideata nel palazzo Pilotta, rispettando i canoni della simmetria e dell’equilibrio. Francesco e Antonio, successori di Ranuccio, incrementarono la raccolta con oltre 170 opere. Tutto questo verrà ereditato da Elisabetta Farnese e giungerà a Carlo Borbone, suo figlio, che lo porterà nel Museo di Capodimonte. 21. Perché possiamo considerare particolarmente importante la storia del collezionismo nel più vasto panorama della storia dell'arte? Il collezionismo d'arte, cioè l'abitudine (di origine antica) di famiglie e soggetti privati di raccogliere opere d'arte, è strettamente connesso a motivazioni culturali ed estetiche, al fenomeno del mecenatismo ed al mercato dell'arte. Si può parlare di collezionismo già dal Medioevo, nel momento in cui si tende a concentrare nelle Cattedrali medioevali le grandi raccolte d’arte, ma è solo nel Seicento che il fenomeno si intensifica al punto tale da diventare una vera e propria “febbre del collezionismo”. Se da un lato il motivo che spingeva non solo regnanti e pontefici, ma anche nobili, borghesi a collezionare opere d’arte era il prestigio che quest’ultima portava con sé, dall’altro lato questo fenomeno era incentivato dall’aumento di queste opere immesse sul mercato a causa della decadenza della propria corte. Un esempi è il ducato di Ferrara. La storia del collezionismo studia le migrazioni che le opere hanno avuto da una collezione ad un’altra. Studiare tali movimenti permette di risalire all’assetto originario di una collezione, dal quale si può desumere le influenze che esercitarono sugli artisti che ebbero la fortuna di vederle e di studiarle. E’ così possibile comprendere l’evoluzione stilistica di determinate personalità. 04. Cosa si intende per Rinascimento maturo? Cercare di delinearne le caratteristiche citandone i protagonisti. Con “Rinascimento maturo” si indica la fase che va dal 1490 a 1520 circa in cui si raggiunge la perfezione rispetto agli obiettivi fissati nella prima fase di ricerca. Si assiste al raggiungimento del pieno controllo del nuovo linguaggio artistico creato nel corso del Quattrocento. Di questa fase i protagonisti assoluti sono tre artisti, da sempre considerati tra i più grandi di tutti i tempi: Leonardo, Michelangelo e Raffaello. Leonardo da Vinci è il modello dell’artista eclettico per antonomasia, colui che riesce ad eccellere in qualsiasi campo, soprattutto perché è dotato di una razionalità eccezionale. Nel campo artistico la sua inesauribile curiosità lo portava ad affrontare i problemi con appiglio più da scienziato che da artista, al punto tale da elaborare la prospettiva aerea che si afferma con il perfezionamento della “tecnica dello sfumato”. L’arte viene intesa da lui come uno strumento di conoscenza, una pratica che non si limita a riprodurre la realtà, ma si preoccupa di carpirne le leggi interne. Michelangelo invece è artista completamente diverso: in lui non si avverte quella fredda razionalità di Leonardo. Egli concepì l’arte e i modelli classici non solo come paradigmi estetici, ma soprattutto etici. L’attività scultorea è intesa in chiave neoplatonica come il mezzo attraverso il quale il blocco di marmo libera la sua anima e raggiunge la sua massima espressione nella “tecnica del non finito”. Fin dalle sue prime opere è evidente lo sforzo di organizzare i corpi all’interno di schemi geometrici e di realizzare la tensione del movimento grazie alla tecnica “del contrapposto”. Raffaello è diverso da entrambi e rappresenta la ricerca suprema della bellezza e dell’armonia: pur rimanendo all’interno degli schemi classici, si impegnò ad esprimere la varietà e la ricchezza dei movimenti. Le figure, fortemente inquadrate in composizioni geometriche e prospettiche, maturano negli anni una maggiore naturalezza. Anche nella produzione ritrattistica è possibile riscontrare l’evoluzione di linee e pose più morbide associate a concordanze cromatiche più armoniche. Scaricato da Marco Speziale (
[email protected]) lOMoARcPSD|9106640 04. Chi furono gli artisti che si opposero al Manierismo? Enunciarli definendo inoltre il periodo storico di cui furono protagonisti. L’opposizione controriformistica si era presentata attraverso un linguaggio figurativo austero e lineare. Tuttavia in questi anni si susseguono dei Papi che mirano ad affermare il loro potere temporale, oltre quello spirituale, motivo per cui la Chiesa Romana adotta uno stile sempre più fastoso e teatrale, volto ad accattivare il fedele. Nella Roma del primo Seicento, provata dallo scisma luterano, si manifesta una reazione al protrarsi del manierismo grazie all’opera di Caracci e di Caravaggio, da sempre considerati contrapposti, ma che oggi i critici tendono ad accomunare come due interpreti della nuova sensibilità artistica. Annibale Caracci segue la via del naturalismo, mediata però dallo studio del classicismo di Raffaello grazie al quale riesce a conferire una più altra drammaticità alle sue opere. Caravaggio diventa portavoce di un realismo debitore della tradizione fiamminga, che si afferma nello scenario romano grazie alle composizioni serrate e alla resa pittorica del forte contrasto luce-ombra. 01. Il mecenatismo papale. Analizzare il rapporto della corte papale con Gian Lorenzo Bernini. L’opposizione controriformistica si era presentata attraverso un linguaggio figurativo austero e lineare. Tuttavia in questi anni si susseguono dei Papi che mirano ad affermare il loro potere temporale, oltre quello spirituale, motivo per cui la Chiesa Romana adotta uno stile sempre più fastoso e teatrale, volto ad accattivare il fedele. Nella Roma del primo Seicento, provata dallo scisma luterano, dilagò “la peste del gusto” (cit. Francesco Milizia), ovvero una nuova sensibilità artistica asservita al mecenatismo papale. Bernini ne fu il massimo interprete, impegnandosi con la sua produzione sia a magnificare il ruolo della città cristiana, ma anche di esaltare il casato di appartenenza dei Papi. La figura di Bernini non ha mai goduto della mistica adorazione di cui aveva goduto Michelangelo, questo perchè nel ‘600 si vide un declino della posizione dell’artista. L’arte non era più autosufficiente, l’artista occupava un posto sicuro in una società più utilitaristica, ma privo dell’alone mistico di un tempo. Guadagni degli artisti li favoriscono nella loro ascesa sociale, inoltre i prezzi avevano un importante funzione simbolica perchè elevavano davanti a tutti la condizione dell’arte. Impiegato in imprese monumentali, Bernini elabora il principio dell’unità delle arti: architettura scultura e pittura si intrecciano e si esaltano a vicenda. Nella realizzazione delle opere scultoree la lavorazione dei marmi raggiunge nella fase di maturità una perfezione tale da rendere una straordinaria libertà ed energia. 01. Cosa si intende per collezionismo? Portare adeguati esempi. Il collezionismo d'arte, cioè l'abitudine (di origine antica) di famiglie e soggetti privati di raccogliere opere d'arte, è strettamente connesso a motivazioni culturali ed estetiche, al fenomeno del mecenatismo ed al mercato dell'arte. Si può parlare di collezionismo già dal Medioevo, nel momento in cui si tende a concentrare nelle Cattedrali medioevali le grandi raccolte d’arte, ma è solo nel Seicento che il fenomeno si intensifica al punto tale da diventare una vera e propria “febbre del collezionismo”. Se da un lato il motivo che spingeva non solo regnanti e pontefici, ma anche nobili, borghesi a collezionare opere d’arte era il prestigio che quest’ultima portava con sé, dall’altro lato questo fenomeno era incentivato dall’aumento di queste opere immesse sul mercato a causa della decadenza della propria corte. Un esempi è il ducato di Ferrara. 02. Cosa studia la Storia del collezionismo? La storia del collezionismo studia le migrazioni che le opere hanno avuto da una collezione ad un’altra. Studiare tali movimenti permette di risalire all’assetto originario di una collezione, dal quale si può desumere le influenze che esercitarono sugli artisti che ebbero la fortuna di vederle e di studiarle. E’ così possibile comprendere l’evoluzione stilistica di determinate personalità. Scaricato da Marco Speziale (
[email protected]) lOMoARcPSD|9106640 04. Delineare le differenze tra committenza e collezionismo. Con “committenza” si intende il fenomeno secondo cui i grandi Signori delle varie corti commissionavano agli artisti delle opere, le quali dovevano rispondere a precise indicazioni e a precise esigenze. Tale fenomeno è molto diffuso nel Cinquecento. Il collezionismo, invece, indica l’accumulo di opere già esistenti di artisti coevi o contemporanei. Si può parlare di collezionismo già dal Medioevo, nel momento in cui si tende a concentrare nelle Cattedrali medioevali le grandi raccolte d’arte, ma è solo nel Seicento che il fenomeno si intensifica al punto tale da diventare una vera e propria “febbre del collezionismo”. 01. Quali sono le fonti privilegiate per la studiare la storia del collezionismo? 02. Quali sono le principali fonti per studiare la storia del collezionismo? Le fonti di cui ci si avvale per studiare la storia del collezionismo sono prevalentemente gli inventari ovvero documenti ufficiali con rogito di notaio che avevano lo scopo di quantificare l’entità di un patrimonio per poterlo suddividere tra gli eredi. Per fare ciò si ricorreva all’aiuto di pittori, chiamati in qualità di periti che dovevano suggerire stime attendibili. Un’altra fonte utilizzata sono i carteggi composte da missive di accompagnamento al dipinto, inviato come dono da un sovrano ad un altro. Esse costituiscono una fonte preziosissima per documentare questi trasferimenti e comprendere come una collezione si sia ingrandita. Risultano interessanti anche i registri di mostre, ovvero i registri redatti in occasione di allestimenti durante festività religiose o particolari ricorrenze. Sono importanti anche le testimonianze fornite dalla letteratura artistica: con questo termine si intendono trattati tecnici, testi che raccolgono le vite degli artisti e la letteratura pariegetica. Esistono poi le fonti visive, che a causa dell’esiguità, non costituiscono purtroppo uno strumento determinante. Tra esse possiamo annoverare le stampe, “inventari figurati” con tanto di annotazioni. 04. Quali sono i principali database attivi per la raccolta e lo studio dei documenti utili alla storia del collezionismo? La storia del collezionismo è una disciplina nata di recente, ma che può contare su alcuni database on line: -SIGNUM, dell’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, dove si possono trovare testi e immagini dell’Umanesimo e del Rinascimento; -MEMOFONTE, Studio per l’Elaborazione Informatica delle Fonti Storico-Artistiche. Questa fonte offre la consultazione di fonti testuali e figurative di non facile reperibilità nell’ambito della storia del collezionismo. Le ricerche possono essere condotte o su base monografica o su base tematica. -THE MEDICI ARCHIVE PROJECT, comprende molti documenti, soprattutto lettere, tratte dall’Archivio di Stato di Firenze e relative alla corte dei Medici; -GETTY PROVENANCE INDEX DATABASES, ovvero un archivio finanziato dal Getty Research Institute di Los Angeles, che contiene documenti relativi alle collezioni di tutto il mondo che il database rende immediatamente fruibili agli utenti di tutto il mondo. All’interno del database si ricerca con grande facilità dipinti di ogni epoca, potenzialmente registrati in carte inventariali, cataloghi di vendite, documenti relativi a pagamenti e descrizioni di collezioni pubbliche. 10. Lo studiolo. Sintetizzare gli elementi che contraddistinguono questo spazio. Lo Studiolo nasce come uno spazio, un rifugio in cui l’intellettuale si può dedicare alla lettura e alla riflessione. In esso si ripongono gli strumenti necessari allo studio e piccoli oggetti d’arte che lo rendono un piccolo museo privato. Qui il sapiente gode della “solitudo”, condizione che eleva a Dio e pertanto presupposto fondamentale per ogni attività creativa. Fondamentale nello studiolo è la presenza di una finestra che permette il contatto con la natura, altro elemento imprescindibile per Scaricato da Marco Speziale (
[email protected]) lOMoARcPSD|9106640 Da un lato, sicuramente una minore accuratezza formale, ma dall’altro, questo rifiuto dell’accademia consegna all’osservatore un’immagine più vivace, più dinamica, quasi ci trovassimo davanti a una scena teatrale. L’annessione della collezione di Vittoria della Rovere al patrimonio mediceo portò all’acquisizione di alcune opere di Tiziano. Inoltre i figli di Cosimo I, i cardinali Leopoldo e Giovan Carlo riuscirono ad acquisire la preziosa collezione di Paolo Serra. 13. Come si costituì e come si disperse la collezione dei Gonzaga? La capostipite della collezione è Isabella D’Este, marchesa di Mantova e moglie di Francesco II D’Este. Dopo di lei, Federico II ampliò la quadreria aggiungendo alla collezione quadri di Tiziano e di Giulio Romano e altre tele fiamminghe. Il successore Francesco III non apportò nessuna aggiunta alla collezione. Guglielmo I riteneva che l’arte portasse maggiore prestigio alla sua casata, motivo per cui diede nuovo slancio all’attività collezionistica. Il figlio Vincenzo I, grande viaggiatore, aveva ammirato le più grandi collezioni europee e continuò l’opera del padre. Egli riuscì a portare alla sua corte ritrattisti come Pourbous e Rubens. Sempre alla ricerca del bello, Vincenzo è famoso anche per la ricerca e per la collezione di pietre preziose, che poi i suoi artigiani lavoravano e montavano in preziosi gioielli. Vincenzo si impegna a collezionare grandi opere il cui obiettivo era proporre un compendio della storia pittorica a qualsiasi costo, anche confiscandoli dalle Chiese. Quando salì Ferdinando, egli si trovò a dover sistemare in maniera organica, seguendo un criterio “museale”, un patrimonio vasto e pregiato. I vari nuclei itpoligici vennero separati in diversi ambienti. Il centro nevralgico della disposizione era il “logion serrato”, l’attuale Sala degli Specchi, dove erano custodite le opere dei maestri antichi con i dipinti di Raffaello e Giulio Romano. Per l’acquisizione di nuovi pezzi Ferdinando si rivolse a Roma e Parigi, i nuovi centri artistici emergenti. La fama della collezione estense raggiunse tutte le corti d’Europa, che inviavano emissari per valutarne l’entità. Nel 1627 una cospicua parte della collezione fu venduta a Daniel Nys per conto di Carlo I Stuart. Qualche mese dopo l’irruzione dei Lanzichenecchi determinò la dispersione di tutte le opere dei Gonzaga. 22. Cosa si intende per "vendita di Dresda"? Con “vendita di Dresda” si intende la vendita di una parte cospicua della quadreria (oltre 100 dipinti) ad Augusto III, futuro re di Polonia. La casata degli Estensi vessava in una situazione economica difficile a causa dei disastri della guerra di successione austriaca e a causa degli sperperi di corte, pertanto venne ritenuto necessario accettare la proposta di Augusto III, fine intenditore accompagnato da fidati esperti. I dipinti di Dosso, Garofalo e Girolamo da Carpi che prima arricchivano la collezione estense si trovano adesso al Gemaldegalerie di Dresda. 23. Cosa si intende per Devoluzione nell'ambito della Storia di Ferrara? Con il termine “devoluzione” si intende il passaggio del potere di Ferrara dagli Este al Papa. La corte di Ferrara era stata un feudo papale, divenuto poi giurisdizione della corte estense. Nel 1598, sfruttando la mancanza di legittimi eredi al trono di Alfonso II D’Este, Papa Clemente VIII si riappropriò del territorio. La nuova capitale del Regno divenne Modena e agli Este non restò altra cosa da fare che trasferire le proprie collezioni nelle nuove residenze modenesi. 16. Cosa accadde alle collezioni estensi fra Sei e Settecento? A portare una ventata di rinnovamento artistico alla casata d’Este dopo la “Devoluzione” fu senza dubbio Francesco I, secondo cui lo splendore e il lustro erano necessari a saldare il potere del sovrano. Egli non riusci a riconquistare Ferrara, ma la sua politica e il suo mecenatismo riportarono la casata agli antichi splendori. Nel suo Palazzo modenese egli custodiva una raccolta modesta di numero, ma pregiata. Egli dispose in materia strategica le opere della sua collezione nella struttura del Palazzo Ducale di Modena: lo scopo era suscitare stupore e pertanto ricorreva da un lato alle pregiate opere della sua collezione, dall’altro lato alle mirabilia, ovvero oggetti esotici, stravaganti e bizzarri, molto in voga all’epoca. L’attenzione e la scrupolosità con cui Francesco curava la quadreria e la galleria sono testimoniate Scaricato da Marco Speziale (
[email protected]) lOMoARcPSD|9106640 da diverse fonti documentarie. Il criterio con cui Francesco si occupava di acquisire nuove opere è differente in base alle fasi. Inizialmente raccogliendo l’eredità dei predecessori, poi spaziando tra i pittori contemporanei, in particolar modo confermando la passione per i pittori bolognesi, tra cui Guido Reni, l’Albani, Guercino. Tuttavia il desiderio di creare una galleria completa fece sì che Francesco accolse le suggestioni provenienti da diverse scuole, infatti, dopo il viaggio in Spagna, si appassionò anche di autori stranieri come Velazquez. E’ evidente il desiderio di “sprovincializzazione” rispetto alla precedente tradizione, che giustifica l’invito a corte di pittori e scultori quali Suttermans, Regnier, Boulanger: un via vai di autorità artistiche e pittori che si addiceva alle più grandi corti europee. Nel 1650 Francesco prese contatti con il Bernini dal quale riuscì ad ottenere un busto in marmo. Francesco riuscì ad acquisire anche opere dei più importanti autori lagunari come Tintoretto, Bassano e forse Giorgione, grazie all’intermediazione di Luigi D’Este. Venezia offriva anche altri tipi di tesori, quali pietre, marmi, cristalli, libri e stampe. Anche il contesto romano offrì un mercato artistico interessante, legato soprattutto alle vicende dinastiche che Mantovani seguì e riportò con fedeltà al duca. La corte modenese risultava assai aggiornata sulle tendenze artistiche contemporanee, tanto che dagli inventari di fine 1600 si evince la presenza di diverse nature morte, rappresentazioni di battaglie, opere con animali di ogni specie tipiche del gusto seicentesco. I successori di Francesco I, il figlio Alfonso IV e la nuora Laura Martinozzi, reggente per il figlio Francesco II, mantennero fedele l’impronta da lui data alla galleria. 04. Cosa si intende per "scuola di Praga"? Rodolfo II fonda un centro di cultura che richiama artisti, letterati e studiosi delle più varie discipline. Il suo mecenatismo, che intende perfezionare la tradizione della casa d’Asburgo, dà luogo alla caratterizzazione praghese del manierismo europeo di fine secolo. Oltre agli artisti della Scuola Veneta, Rodolfo amò particolarmente le opere del Parmigianino e di Correggio, dei quali giunsero a corte rispettivamente “Cupido che fabbrica l’arco” e “Gli Amori di Giove”. I soggetti di tipo mitologico erano i predileti di Rodolfo ed erano quelli che chiedeva venissero rappresentati dagli artisti di corte, quali Spranger, Heintz e Hans van Aachen. Inizialmente questi autori erano accomunati solo dalla committenza, solo nell’ultima fase essi sviluppano tratti stilistici comuni, per esempio nella scelta dei soggetti profani e sensuali, nella resa dei volti femminili e nell’utilizzo di un chiaroscuro sempre più accentuato. 10. Cosa si intende per Camerini d'Alabastro? I “camerini d'alabastro” erano lo studiolo di Alfonso I d'Este. Di queste Camere ci restano solo testimonianze indirette, grazie alle quali si cerca di soddisfare varie curiosità. E’ ormai certo che queste stanze si trovassero nella “Via Coperta”, un corridoio di collegamento fatto erigere tra il Castello Vecchio e il Palazzo di Corte da Ercole I. Esso fu ampliato da Alfonso I con l’aggiunta del primo piano e qui furono ubicate le stanze private del Duca raggiungibili tramite difficili e segreti accessi. Dalle stime redatte nel 1598 e dalla valutazione di soffitti e pavimenti, Hope risalì a sei stanze nella via Coperta: da ciò è possibile desumere che i ricchi Camerini erano due: uno di estensione più ridotta contenente i rilievi di Antonio Lombardo; l’altro leggermente più grande, presumibilmente dotato di due finestre, che conteneva le cinque tele dei Baccanali e i fregi del Dosso. Entrambe le stanze erano disposte sul versante est della Via Coperta. 11. Quali opere decoravano il camerino delle pitture di Alfonso I d'Este? Bisogna innanzitutto supporre che la porta di ingresso del Camerino fosse quasi attigua al muro esterno, così da lasciare l’ intera parete della testata sud per l’esposizione di “Bacco e Arianna” di Tiziano. Nella lunga facciata interna del camerino, intervallata in tre sezioni da due finestre, comparivano “Il Baccanale degli Andrii” di Tiziano, “Il Festino degli Dei” di Bellini centrale, posizionato sul camino, e “L’offerta a Venere” di Tiziano nell’ultima sezione della parete. Ultimo, sulla testata verso il Castello, compare il “Bacco e Arianna” di Dosso , esattamente frontale Scaricato da Marco Speziale (
[email protected]) lOMoARcPSD|9106640 all’omonima opera del Vecellio. Il ciclo pittorico vede come personaggio principale Bacco che, nei progetti originali, doveva rappresentare il trionfo, la volontà e la capacità di conquista. La fonte ispiratrice è probabilmente il testo di Diodoro il Siculo che racconta l’impresa di conquista delle Indie da parte di Bacco, il cui scopo è portare pace ed armonia per mezzo della guerra. Diodoro esaltava la figura di Bacco come benefattore indotto alla guerra per scalzare i sovrani ingiusti e Alfonso mitizzava così la sua figura di sovrano e le sue imprese. E’ importante notare che la figura di Bacco è affiancata da Venere, simbolo della sensualità, che si riallaccia ai piaceri della vita di cui Bacco è anche emblema. Allegoricamente potrebbe indicare il raggiungimento della pace e della serenità attraverso delle imprese giuste per poter godere del benessere e dei piaceri, anche nelle loro forme più sregolate. 15. Alfonso I a Ferrara: committenza e progetto artistico. Alfonso si fece aiutare da Mario Equicola, un famoso umanista dell’epoca, per elaborare il progetto dello Studiolo dove raccogliere opere dei maggiori artisti da mettere a confronto. Il progetto risale al 1511, ma i lavori non furono avviati subito. Nel 1512, durante un viaggio a Roma, Alfonso si fece promettere un quadro da Michelangelo di cui ignoriamo il soggetto, forse da inserire nel Camerino. L’anno successivo commissionò il “trionfo di Bacco” in India a Raffaello, di cui però sopravvive solamente uno schizzo preparatorio che fu inviato ad Alfonso. Raffaello tardava la consegna, motivo per cui Alfonso decise di far realizzare il dipinto da un’artista minore, Pellegrino da San Daniele, con lo scopo di sostituirlo non appena, fosse stato consegnato l’originale. Raffaello, indispettito, decise allora di cambiare soggetto e dedicarsi alla “Caccia di Meleagro”, ma anche stavolta Raffaello tardò così tanto la consegna fintanto che morì. Anche la morte improvvisa di Fra Bartolomeo fu la causa del mancato compimento dell’”Offerta di Venere”, di cui venne però realizzato il disegno preparatorio. Il progetto elaborato inizialmente con Equicola era già cambiato e a sopperire queste grandi vuoti pittorici subentrarono Tiziano, non ancora all’apice del proprio successo, e Dosso. A Tiziano venne commissionato un progetto che sì contenesse Bacco, ma il cui soggetto fosse l’incontro di Arianna. Probabilmente l’idea iniziale era quella di affiancare quest’ultima opera con quella di Pellegrino da San Daniele, ma una volta consegnata l’opera il Trionfo di Pellegrino venne rimosso. Nella realizzazione finale, il Camerino vedeva nella parete della testata sud il “Bacco e Arianna” di Tiziano. Nella lunga facciata interna del camerino, intervallata in tre sezioni da due finestre, comparivano “Il Baccanale degli Andrii” di Tiziano, “Il Festino degli Dei” di Bellini centrale, posizionato sul camino, e “L’offerta a Venere” di Tiziano nell’ultima sezione della parete. Ultimo, sulla testata verso il Castello, compare il “Bacco e Arianna” di Dosso , esattamente frontale all’omonima opera del Vecellio. 04. Citare un esempio di corrispondenza fra un dipinto e fonti letterarie Le fonti classiche che stanno alla base dell’elaborazione del ciclo presente nel Camerino di Alfonso sembrano provenire dalle “ekphraseis”, ovvero descrizioni scritte di dipinti che Filostrato immagina appesi in una villa napoletana. E’ probabile che il progetto originale dello studiolo avesse l’intento a ricostruire il progetto immaginato da Filostrato, anche se il progetto fu poi modificato in corso d’opera. Nella realizzazione de “Il Festino degli Dei”, unica opera del progetto originale che si ritrovò nel Camerino compiuto, possiamo notare la corrispondenza letteraria in due passi delle “Metamorfosi” di Ovidio, o secondo altri, nella volgarizzazione delle Metamorfosi a cura di Giovanni de’ Bonsignori. I passi sviluppati nel quadro sono quelli in cui Priapo, in occasione della celebrazione tenuta ogni due anni in onore di Bacco,in cui partecipano tutte le divinità. Quando ormai tutti i partecipanti si sono arresi all’ebbrezza del vino, Priapo allunga la mano tra le gambe della ninfa Loti addormentata. Il ragliare dell’asino Sileno desta tutti gli astanti e la stessa fanciulla che denuncia il sopruso. Bellini sceglie di rappresentare l’attimo prima che l’asino ragli, infatti alla sinistra del quadro l’asino è muto e le divinità non sembrano turbate da nessun evento, mentre nell’estrema sinistra del quadro Priapo è già colto nell’atto licenzioso di accarezzare le gambe della ninfa. Bacco viene rappresentato in età infantile mentre elargisce vino. Diverse motivazioni sono Scaricato da Marco Speziale (
[email protected]) lOMoARcPSD|9106640 23. Cosa significa questa frase? "I gruppi scultorei di Bernini per il cardinale Borghese sembrano dialogare con pittura e poesia". Argomentare. I gruppi scultorei hanno la capacità di trasmettere la drammaticità del momento catturato da Bernini. Il marmo perde la sua durezza e diventa duttile nelle mani dell’autore, il quale riesce a rendere concreti quei passi tratti dalla poesia o i moti dell’anima espressi da un’opera pittorica. In “Enea e Anchise”, per quanto ancora acerbo e legato agli esempi manieristi, Bernini presenta alcuni elementi che raccontano la fuga da Troia, come l’edicola dei Penati. In “Apollo E Dafne”, Dafne sembra ripresa da una delle madri in fuga di Guido Reni in “La strage degli Innocenti”. La mano di Apollo sul ventre della ninfa sembra materializzare il verso ovidiano in cui il Dio avverte la trasformazione di Dafne. La resa della drammaticità è palpabile in “Plutone e Poserpina”, dove il Dio afferra la donna che si ribella e gli tira la pelle. 07. Con brevi cenni delineare le fasi di formazione della collezione Spada. La collezione Spada prende le mosse dal cardinale Bernardino che nel 1632 ereditò Palazzo Spada dal cardinale Girolamo e cominciò ad ampliarne e modificarne la struttura in funzione dell’esposizione delle opere. La sua collezione manifesta una certa predilezione per l’arte antiquaria, con una particolare preferenza per la pittura emiliana e bolognese. Numerosissimi anche i ritratti, sia dipinti che scolpiti. Bernardino commissionò molte opere ai pittori Negri e Perrier per adornare le nuove stanze del palazzo sottoposte a ristrutturazione. L’acquisto di due tele del Cerquozzi e di altri dipinti di natura caravaggesca dimostra l’apertura verso la pittura di genere e verso le mode collezionistiche del tempo. Fabrizio Spada, pronipote di Bernardino, fu colui che continuò l’opera collezionistica e l’adattamento del Palazzo. In occasione di questa vasta ristrutturazione vennero commissionate opere dai temi mitologici e allegorici inserite in architetture dipinte, ricordiamo l’ “Allegoria delle quattro stagioni” di Ricciolini. Anche Fabrizio, pur preferendo lo stile accademico, testimoniato dall’acquisizione de “Il Festino di Marcantonio e Cleopatra”, e arricchì la collezione con quadri fiamminghi, caravaggeschi e bamboccianti. Nel 1700 il matrimonio tra il marchese Clemente Spada con Maria Pulcheria Rocci comportò l’incremento della collezione con dei quadri portati da lei in dote: di particolare interesse alcuni ritratti della famiglia Rocci eseguiti da Voet e il ritratto postumo di Fabrizio Spada realizzato da Sebastiano Ceccarini. 08. Descrivere in poche righe la natura della collezione Spada e la sua attuale musealizzazione La collezione Spada, che vede i suoi massimi fautori nei cardinali Bernardino e Fabrizio Spada manifesta una certa predilezione per l’arte antiquaria, con una particolare preferenza per la pittura emiliana e bolognese. Numerosissimi anche i ritratti, sia dipinti che scolpiti. Bernardino commissionò molte opere ai pittori Negri e Perrier per adornare le nuove stanze del palazzo sottoposte a ristrutturazione. L’acquisto di due tele del Cerquozzi e di altri dipinti di natura caravaggesca dimostra l’apertura verso la pittura di genere e verso le mode collezionistiche del tempo. Fabrizio Spada, pronipote di Bernardino, fu colui che continuò l’opera collezionistica e l’adattamento del Palazzo. Egli commissionò opere dai temi mitologici e allegorici inserite in architetture dipinte, ricordiamo l’ “Allegoria delle quattro stagioni” di Ricciolini. Anche Fabrizio, pur preferendo lo stile accademico, testimoniato dall’acquisizione de “Il Festino di Marcantonio e Cleopatra”, e arricchì la collezione con quadri fiamminghi, caravaggeschi e bamboccianti. Nel 1700 il matrimonio tra il marchese Clemente Spada con Maria Pulcheria Rocci comportò l’incremento della collezione con dei quadri portati da lei in dote: di particolare interesse alcuni ritratti della famiglia Rocci eseguiti da Voet e il ritratto postumo di Fabrizio Spada realizzato da Sebastiano Ceccarini. Nel 700, nonostante fosse stata sottoposta al vincolo del fidecommesso, la collezione cominciò a sfaldarsi: l’edificio e la galleria vennero acquistati dallo stato nel1926, ma dal 1931 al 1951 molte opere vennero inviati in altri musei o in ambascerie. Federico Zeri, nel secondo dopoguerra, si occupò di ricostruire il nucleo originario della collezione e ne curò l’allestimento nel rispetto dei dettami sei-settecenteschi. Scaricato da Marco Speziale (
[email protected]) lOMoARcPSD|9106640 04. Come ci aiutano "i pettegolezzi" dei diplomatici per lo studio della storia del collezionismo? I “pettegolezzi” dei diplomatici, funzionari dei duchi dislocati nelle diverse città d’arte, aiutano a valutare l’entità di una raccolta e a risalire a diversi episodi collezionistici che altrimenti risulterebbero poco chiari. Un esempio è dato dalle vicissitudini della collezione Aldobrandini, legata per volere del cardinale Pietro a Olimpia Junior, sua pronipote, sposa di Paolo Borghese. Ella restò vedova molto presto e fece tutto ciò che fosse in suo potere per avere la piena e totale amministrazione dei suoi beni: da donna ambiziosa qual era intendeva rendere ancor più ricca la sua dote e poter sposare Camillo Pamphilj, il quale nel frattempo si era spogliato dell’abito. Francesco Mantovani, funzionario per gli Estensi a Roma, racconta questi episodi al suo duca, avvisandolo così che “li famosi Baccanali” erano ambiti da Ferdinando II di Toscana. Non è stato possibile trovare carteggi che provino queste contrattazioni. 06. Dove giunsero i Baccanali ferraresi una volta giunti a Roma? Le opere della collezione vennero indicati nel carteggio tra Mantovani e il Duca genericamente come “guardarobba” che la principessa di Rossano portò con sé. Nei documenti inventariali del 1603 non è presente nessuna descrizione topografica dei dipinti, probabilmente perché i proprietari si riservavano la possibilità di sportarli tra la villa di Belvedere a Frascati, la villa suburbana di Montemagnanapoli e il palazzo cittadino di Via del Corso. “I Baccanali” sono documentati da Gaspare Celio a Montemagnanapoli nel 1626 e poi tra gli anni ’50 e ’70, dove furono ammirati da Scannelli e Scaramuccia, ma per un breve periodo (intorno al ’37 circa) furono al palazzo del Corso. Non è stato possibile risalire alla data esatta in cui dal palazzo cittadino furono riportati alla villa di Montemagnanapoli, ma è testimoniato dai carteggi del, Mantovani che nel 1946 la principessa Olimpia aveva portato con sé la sua roba, e probabilmente anche le tele di Bellini e Tiziano, in questa residenza a causa dell’insofferenza ormai palese nei confronti dei Borghese. 09. Inquadrare e descrivere la figura di Cassiano del Pozzo Cassiano del Pozzo fu un naturalista e alchimista, oltre che collezionista che guadagnò un certo rilievo negli ambienti degli studi scientifici. L’amicizia con Francesco, cardinale nipote di Papa Barberini, fece sì che egli riusciusse a creare attorno a sé un circolo di studiosi e di artisti contemporanei. Egli creò nel suo palazzo nei pressi di S. Andrea , dove viveva con fratello e cognata, una sorta di Wunderkammer, una sorta di laboratorio universitario dove collezionava tutto ciò che poteva essere oggetto di studio e di ricerca: scheletri, disegni anatomici, piante, stampe preziose e strumenti scientifici. Si occupò di collezionare anche reperti antichi, richiami ad un passato ormai scomparso. Si impegnò a registrare tutte le tracce della civiltà romana radunando stampe e disegni già esistenti e incaricando artisti di realizzare quelli mancanti. Diede così vita al Museum Chartaceum, suddiviso in volumi sulla base dei soggetti. Collezionò dipinti di pittura contemporanea, tra cui opere di Vouet, Peter Van Laer e Viviano Codazzi, ma il suo interesse era rivolto maggiormente ad una pittutìra di stampo razionalistico, archeologico e scientifico, come Ludovico Cigoli, Pietro Da Cortona e Andrea Sacchi. 06. Il cardinal del Monte e le opere fiamminghe. Sintetizzare e argomentare questo rapporto Il Cardinal del Monte si pone come un esempio di collezionista che sì ricercava l’armonia e il lusso, ma con un fine didattico e erudito. Nella sua raccolta di libri e stampe, infatti, sono stati rinvenuti i sei tomi delle Civitates Orbis Terrarum, che hanno influenzato lo studio e l’esatta realizzazione della prospettiva. Da qui si spiega la passione del cardinale per i paesaggi fiamminghi, genere di tendenza tra il Seicento e il Settecento. Il Del Monte possedeva alcune nature morte e circa 60 paesaggi di Jan Brueghel Dei Velluti, Paul Bril e stampe di Durer. 07. Qual è il rapporto del Cardinal del Monte con Caravaggio? Il Cardinale del Monte fu uno dei primi estimatori delle opere del Merisi. Il cardinale conobbe Scaricato da Marco Speziale (
[email protected]) lOMoARcPSD|9106640 Caravaggio attraverso due tele “I Bari” e “La buona Ventura”, il cui caratteristico tema popolare delle tele lanciava una tendenza che si sarebbe affermata negli anni successivi. Il cardinale allora chiamò a Palazzo Madama il pittore, al quale offrì la possibilità di studiare osservando le statue antiche disposte tra Logge e cortili e analizzando una discreta collezione di opere cinquecentesche, copie di Raffaello, Giulio Romano, Michelangelo, Durer, oltre che opere di artisti contemporanei, uno tra i quali Antiveduto Gramatica. La permanenza a Palazzo Madama di Caravaggio gli permise di conoscere molti estimatori d’arte che saranno suoi futuri committenti, come il cardinal Montalto e i Giustiniani. 08. Come possiamo riassumere le tendenze collezionistiche dei Mattei? Il nucleo originario della raccolta Mattei è costituito da un gruppo di 18 quadri, dai quali si evince il gusto per i quadri. I veri artefici della collezione furono i fratelli Ciriaco e Asdrubale che furono committenti di pittori stranieri, di Caravaggio, furono amanti delle novità fiamminghe e dei quadri di genere. Il patrimonio artistico venne esposto nella villa Celimontana sul Celio: dai marmi antichi, orgoglio di Ciriaco, a dipinti di arte contemporanea. Nella residenza fuori città sono presenti tele di paesaggi, vedute marittime e nature morte più adatte ad un contesto suburbano, mentre per il palazzo di via Caetani commissionarono tele al Caravaggio, quali “La Cattura di Cristo”, “La cena in Emmaus”, e il “San Giovannino”. Inoltre nella collezione Mattei confluirono tele di matrice bassanesca, di Antiveduto Gramatica, Girolamo Muziano, Carlo Saraceni e Caracci, attualmente solo in parte identificabili. 28. Descrivere lo stretto rapporto tra pontificati e arte analizzato da Haskell. Evidenti i contrasti nella figura del Pontefice, come guida spirituale e temporale e allo stesso tempo l’uomo amatore delle belle arti e capo di famiglia ambiziosa. I papi e i loro nipoti non erano gli unici committenti, ma il loro crescente monopolio sulla ricchezza ne fece senza dubbio i leader e dittatori del gusto. Una volta sul trono i papi si circondavano di parenti, amici, clienti delle arti; questi uomini cominciavano subito a far costruire palazzi, cappelle. Erano committenti pieni di spirito competitivo, che volevano eccellere e mostrare la loro potenza, scoraggiando i rivali. Inevitabilmente quasi tutti poi cadevano in disgrazia alla morte del Papa. Per un cardinale era un punto d’onore riuscire a circondarsi di pittori di fama provenienti dalla propria città natale. A Papa Sisto V si devono gli sforzi per rinnovare il volto dell’Urbe. Papa Borghese affermò la supremazia delle linee barocche e un gusto verso i nuovi generi di pittura e verso i soggetti laici e mondani. Il successore, Papa Ludovisi, bolognese, mostrava favore verso i suoi compatrioti e verso la pittura classica e composta di Reni, Guercino e Domenichino. Ma è soprattutto con Papa Urbano VIII che l’arte acquisì veramente un ruolo insostituibile di comunicazione e propaganda e si legò al conseguimento di un elevato livello sociale. Grazie ai nipoti Francesco, Taddeo e Antonio, Papa Berberini riesce ad acquisire un ruolo di mecenate tale che un suo incarico determina la fortuna o meno di un artista. 26. Quali sono le peculiarità dell'approccio metodologico di Francis Haskell? 27. Quale fu l'apporto di Francis Haskel allo studio della storia dell'arte? Francis Haskell, nella suo studio “Mecenati e Pittori, Studio sui rapporti fra arte e società italiana nell’arte barocca”, impronta un metodo di studio della storia dell’arte del tutto nuovo: emancipandosi da uno studio vasariano fatto solo di pittori e opere, Haskell sottolinea l’importanza che ha il contesto sociale nello sviluppo e nella fortuna di una certa corrente artistica e di un singolo autore. La storia dell’arte si evolve, si intreccia indissolubilmente con i legami sociali, le aspirazioni individuali e collettive, con le logiche di mercato. Queste importantissime novità sono state accolte dagli altri studiosi che con questo metodo hanno analizzato altri periodi storici. L’analisi delle singole collezioni proposta da Haskell aiuta ad analizzare così anche le personalità dei collezionisti, che nell’ottica vasariana avevano un rapporto marginale, ma che secondo Haskell sono i fulcri attorno cui ruota l’arte barocca. Scaricato da Marco Speziale (
[email protected]) lOMoARcPSD|9106640 17. Cosa esemplificano le vicende avvenute intorno alla Chiesa del Gesù a Roma nei primi anni del seicento? Per decorare le loro chiese però dovettero aspettare per decenni: ai loro successi in tutti campi si accompagnò per molto tempo un’estrema penuria di denaro che li fece dipendere completamente dall’aiuto delle potenti famiglie che governavano Roma per edificare le loro chiese. Un esempio è quello del cardinale Alessandro Farnese che fece costruire per i gesuiti la chiesa del Gesù; questo sembra inizialmente un immenso dono poi ci si rese conto che portava numerosi inconvenienti, infatti il cardinale considerava la nuova chiesa come una sua proprietà privata e non si curava dei desideri dei gesuiti. Alla sua morte continuarono i problemi poiché i lavori vennero interrotti, ma avendo lui riservato l’addobbo della tribuna e dell’altare maggiore esclusivamente alla sua famiglia non la si poteva fare senza il permesso degli eredi che mostravano totale disinteresse. Pertanto i lavori rallentarono e per concludere le pitture furono usati espedienti poco illustri che portarono a risultati mediocri. Da questo esempio è facile desumere quante variabili ci fossero dietro una committenza, dettata da ambizioni personali e ricerca di prestigio. 20. Qual è la situazione sociale a Roma alla vigilia dell'anno giubilare? Che conseguenze ebbe questa situazione sull'arte contemporanea? Roma negli ultimissimi anni del XVI sec si preparò ad onorare l’anno giubilare, il 1600, e quindi ad accogliere un’immensa folla di pellegrini. Clemente VIII esortò i cardinali a restaurare le chiese più importanti, e diede delle indicazioni ben precise che si allineavano con l’idea che la Chiesa della Controriforma voleva dare di sé. Innanzi tutto vennero prediletti i cicli pittorici e le raffigurazioni dei Santi della fase protocristiana, coloro i quali attraverso l’imitatio Christi erano giunti all’estremo sacrificio, diventando esempio di vita per i fedeli. La crudezza e la cruenza delle composizioni mirava ad impressionare lo spettatore e ad ammonirlo. Le Vergini Martiri erano i soggetti più fortunati, tra tutti Santa Cecilia e Santa Lucia il cui sangue aveva santificato Roma. I gesuiti promossero la pittura di 30 scene di martirio nella Chiesa di Santo Stefano Rotondo, il cardinal Rusticucci scene di uccisioni di Santi sulle pareti di Santa Susanna e Clemente VIII ordinò al Cavalier D’Arpino di decorare la Chiesa di San Giovanni In Laterano, dando visibilità ai nuovi precetti controriformistici e proporre una continuità manieristica con la tradizione rafaellesc. Il tutto in un’atmosfera di dramma e tenebra che ben si legava all’incontrollabile delinquenza che si trovava per le vie di Roma. 16. Cosa si intende per "nascita dei generi?" Con “nascita dei generi” si intende l’affermazione di diversi generi pittorici, già esistenti, ma fino al Seicento considerati privi di una dignità propria, come le “scene di genere” o le nature morte. Questi erano rappresentazione di aspetti concreti della realtà che non confacevano al livello del pittore, il quale aveva il compito di rappresentare temi sublimi desunti dalla storia. Tuttavia nel Seicento l’arte amplia il suo pubblico e non si rivolge solo ad una ristretta cerchia di committenti, ma anche a membri di una più bassa estrazione sociale. A loro infatti si rivolgevano questi dipinti dai temi più semplici, che nel XVII sec si svilupparono come forme autonome e che ben presto si inserirono anche nelle collezioni più prestigiose. A tale proposito diventa chiarificatrice la “lettera sulla pittura” di Vincenzo Giustiniani, dove vengono indicati dodici gradi dell’abilità artistica: tra il quinto e il settimo grado troviamo la rappresentazione di “ritratti, fiori e frutta” considerati nel Rinascimento rappresentazioni basse, di second’ordine. 17. Individuare uno dei cosiddetti "generi minori" ed argomentarne nascita e sviluppo Uno dei generi minori è la pittura di paesaggio che Giustiniani indica tra il quinto e il settimo grado di elevazione artistica. Egli indica due livelli di pittori di paesaggi: quelli italiani che dipingono dettagli senza diligenza, e quelli fiamminghi che cercano di rendere nel dipinto la naturalezza del paesaggio. Quella produzione artistica che da Vasari era considerata di poco pregio, adatta alle case dei ciabattini o alle camere delle donne. Tra i pittori italiani di paesaggi Giustiniani annovera pittori come Tiziano, Raffaello, Caracci e Caravaggio. Questi ultimi due pittori ritornano poi nel Scaricato da Marco Speziale (
[email protected]) lOMoARcPSD|9106640 dodicesimo grado, grazie alla loro capacità di combinare la pittura del reale con la pittura di fantasia. Già la posizione di Giustiniani è portavoce di un cambiamento di concezione, poiché i grandi maestri, per essere tali, devono saper rappresentare anche i soggetti meno sublimi. Alla fine del Cinquecento i paesaggi sono sempre più presenti nelle grandi collezioni. Ricordiamo che tanta e tale è la fortuna di questo genere che a Roma si stanziarono i fratelli Brill che aprirono una loro bottega, diventano sempre più richieste le opere di Dosso e Garofalo che combinano il paesaggio nordico a quello veneziano. E’ opportuno considerare che la rivalutazione di questo genere non è stata immediata: infatti se da un lato Brill dona vitalità a queste realizzazioni di paesaggi, dall'altro lato si tratta comunque di tele di piccolo formato. 18. Cosa si è potuto ricavare dai recenti studi condotti da Renata Ago sul "Gusto delle cose" in merito alla fruizione dstei dipinti nel primo Seicento? Renata Ago ha condotto uno studio su un vasto campionario di inventari patrimoniali. Il risultato è stato un’analisi singolare che è confluito in un volume “Il Gusto delle Cose”, dalla quale si evince una mappatura statistica della diffusione dei dipinti in base al soggetto, al suo mestiere e alla sua identità sessuale. I quadretti di mano ordinaria e di piccolo formato erano diventati una vera moda: i dipinti dei popolani si trovavano nelle botteghe dei venditori di svariato genere e venivano acquistate da sarti, barbieri per essere esposte nelle loro botteghe. Le composizioni di tipo religioso erano di solito adibite alle abitazioni private, erano rivolte alla devozione privata e avevano lo scopo di proteggere la famiglia. Inoltre dalla ricerca è emerso che a parità di ceto sociale, le donne avevano meno disponibilità economica ed erano meno colte per cui acquistavano tele meno pregiate, di dimensioni ridotte e di tecniche più scadenti. Preferivano temi religiosi, mentre per i temi profani si concentravano su nature morte, paesaggi e ritratti a fronte di vario genere, oltre che a copie di originali famosi. Le tele con i soggetti religiosi erano destinate alle stanze private, mentre i temi profani erano destinati alle sale di rappresentanza. Inoltre si diffondono anche i ritratti di uomini illustri, che avevano lo scopo di rappresentare una dichiarazione di fedeltà o di debito intellettuale del proprietario verso il soggetto del ritratto. Nelle case dei meno abbienti si ritrovano invece stampe su carta di filosofi. 19. Come nacque il genere delle "marine"? Il definitivo sdoganamento del paesaggio si ebbe comunque solo nel corso del Seicento: qui il venir meno della committenza religiosa, per ragioni storico-politiche, portò al clamoroso fiorire di una nuova pittura borghese, col trionfo di tutti i generi fino ad allora ritenuti minori, compresa la veduta paesaggistica. Si deve alla bottega di Matthjis e di Paul Bril la codificazione delle sottocategorie del paesaggio, come per esempio la raffigurazione di porti e di scene marine, serene e in tempesta, già comparse in pittura ma non ancora affermatisi come genere. 20. Chi introdusse la pittura di paesaggio a Roma? Come questa influenzò gli artisti presenti nella capitale? Il genere della pittura di paesaggio compare già dal Cinquecento, sebbene considerato di grado inferiore, ma è solo nel Seicento che si afferma come genere immancabile nelle grandi collezioni. Molti artisti nordici si stanziarono infatti a Roma e aprirono la loro bottega, come i fratelli Bril. Essi producevano tele paesistiche di piccolo formato destinate alle raccolte di ogni livello. Con la devoluzione arrivarono ad arricchire le sale dei palazzi anche opere di Garofalo e di Dosso che combinavano una pittura paesistica nordica a quella veneziana. Fu poi negli anni ’70 con Gregorio XIII che si affermano le raffigurazioni paesistiche di Bril, Matthijis e Tempesta nei Palazzi Vaticani. Girolamo Muziano sarà uno dei grandi protagonisti del Papato di Gregorio chi apporti dalle unirà il gusto per l’ambientazione naturalistica con la tradizione pittorica veneta. Ovviamente l’affermazione del genere non fu immediata, ma ci volle un lungo tempo di incubazione. Scaricato da Marco Speziale (
[email protected]) lOMoARcPSD|9106640 21. Sintetizzare il contesto romano di primo seicento in rapporto alla nascita dei nuovi generi artistici 24. Gli artisti stranieri nella Roma del '600: novità e influenze. La Roma del ‘600 costituisce un cantiere artistico all’interno del quale si sviluppano nuove mode, come l’affermazione dei generi minori. Già dalla “Lettera sulla Pittura di Giustiniani” possiamo scorgere il principio di questo processo di rivalutazione di alcuni generi, ma il processo non fu per niente immediato. Indubbiamente influirono le correnti straniere: per le vedute, i paesaggi e le “scene di genere” fu importante l’influenza fiamminga e soprattutto l’operato della bottega dei fratelli Bril, per quanto riguarda il genere della “natura morta” fu fondamentale l’influsso arrivato dalla Francia e dall’Olanda. Queste rappresentazioni, che prima sembravano adatte solo a botteghe, acquisiscono sempre più prestigio al punto tale da ricevere la vera consacrazione italiana con la produzione di Caravaggio, che aveva fatto proprie queste tendenze realistiche e le aveva resi ancor più d’impatto grazie al contrasto cromatico dettato dal gioco luci-ombre. 22. Cosa si intende per "natura morta"? Con “natura morta” si intendono le raffigurazioni di oggetti ed elementi naturali e si configurano nel Cinquecento come un genere minore necessario però per la formazione dei vari pittori. Già alla fine del Cinquecento nei Paesi bassi e in Italia settentrionale si diffondono i scene di cucina e di mercati, ma con il tempo diventano espressione di una nuova sensibilità laica nei confronti del quotidiano ed esprimono la necessità di rendere nei quadri la realtà. In Italia l’iniziatore di questo genere, ormai rivalutato, viene considerato Caravaggio (Ragazzo con Canestra di Frutta). La sua attenzione al dato naturale e gli straordinari inserti nei quadri di storia portano i suoi seguaci a rappresentare nature morte, caratterizzate dal forte contrasto di luci e ombre, in interni spogli, a volte accompagnati da figure di suonatori o cantori. Molti sono gli autori che perpetuano la fortuna della natura morta di ascendenza caravaggesca, tra cui ricordiamo Angelo Carosello e Mario Nuzzi. 23. Cosa si intende per "scena di genere"? Con la definizione “scena di genere” si intendono quei tipi di dipinti che raffigurano scene di vita quotidiana, senza nessun tipo di abbellimento o rimando allegorico. Si tratta di una “fotografia” della realtà, in cui il pittore registra ciò che accade. Per questa scelta distile, tale genere fu aspramente criticato, poiché il pittore rinuncia così all’idealizzazione del reale e pertanto alla funzione morale ed educatrice. Ad introdurre nello scenario italiano queste opere sono gli artisti stranieri, ricordiamo Beukelaer e Paul Brill. Il genere si afferma nelle regioni Nord dei Paesi Bassi già dal Cinquecento e in Olanda si assiste ala più alta manifestazione dell’arte del descrivere. Per lo sviluppo del filone italiano di questo genere appare importante anche qui l’apporto di Caravaggio, soprattutto il suo soggetto della zingara in atto di predire il futuro, poi ripreso da Vouet e Valentin. 25. In che senso si può affermare che nel Seicento la "pittura si avviò a diventare una questione pubblica"? A Roma ora era presente una cerchia di conoscitori d’arte raffinati e colti, interessate tutte le ultime scoperte della scienza e dell’estetica, pronti a incoraggiare i con opera pia complesse e forme di espressione artistica più aristocratiche misurate di quelle che riempivano le chiese e grandi palazzi. Il fascino esercitato dalla città su viaggiatori stranieri inoltre ampliò l’area dei committenti: Si moltiplicò il numero dei mercanti d’arte di professione che trattavano direttamente con gli artisti. Dapprima i mercanti svolsero un ruolo decisivo solo sulla carriera di artisti giovani e sconosciuti, l’artista infatti per iniziare vendeva alcune delle sue prime opere e attraverso queste riuscì a farsi presentare a committenti più ricchi ed importanti un esempio a Caravaggio con il cardinale del Monte. Appena l’artista riusciva a crearsi una certa reputazione cercava di non lavorare esclusivamente per un solo mercante o committente. Scaricato da Marco Speziale (
[email protected]) lOMoARcPSD|9106640 delle loro opere, il suo criterio di giudizio si basava sul concetto di ideale, rappresentato da Raffaello. Le vite ostentavano ostilità per un artista, Caravaggio, un’ostilità tenta di rispetto. Nel suo libro c’erano anche degli eroi: Domenichino, Poussin. Tra gli artisti del suo tempo il suo preferito era Maratta, che tendeva ad una maggior semplicità e rispetto delle regole rispetto ai grandi artisti del Barocco. Egli ripropone il pensiero di Agucchi, secondo cui il compito del pittore era raffigurare il Bello Ideale, ma facendo tesoro anche di esperienze successive di Poussin e di Testa. Giulio Mancini, medico, appassionato di arte, propone il modo di posizionare in maniera appropriata le tele nella propria abitazione o nella galleria. Inoltre egli individua quattro scuole che illustrò non attraverso le biografie, ma con sintetiche annotazioni: quella dei Caracci, quella di Caravaggio, quella del Cavalier D’Arpino e una quarta scuola nella quale confluivano tutti quelli che non potevano essere catalogate nelle prime tre. Lettera sulla Pittura” costituisce una riflessione sull’arte che Vincenzo Giustiniani invia al grande amico olandese Dirk Van Amayden. Egli elabora un percorso artistico fatto di dodici gradi, che non vuole essere una gerarchia dei generi, ma vuole indicare i gradi che ogni pittore deve scalare per raggiungere una pittura di livello. Nei primi gradi abbiamo le tecniche base di realizzazione di affreschi e la capacità di realizzare delle buone “copie”(ricordiamo la valenza didattica che Giustiniani dava alle copie). Dal quarto al settimo troviamo i generi minori che acquisiranno sempre più prestigio nel Seicento, quali la ritrattistica, la natura morta, la rappresentazione di prospettive architettoniche e la pittura di paesaggio. Nell’ottavo e nel non grado Giustiniani fa riferimento alla realizzazione pittorica dell’impeto e dei sentimenti. Nel decimo livello abbiamo la pittura cinquecentesca, nell’undicesimo la pittura caravaggesca, nel dodicesimo la summa di entrambe. 15. Chi fu Giovan Pietro Bellori? Dove si inserisce la sua opera? 16. Chi fu il principale esponente delle teorie classiciste nel primo Seicento? Il più importante di tutti critici romani cominciarono far sentire il peso delle loro idee nella seconda metà del seicento fu Gian Pietro Bellori. Egli infatti aveva un’idea di base precisa e coerente che espresse con chiarezza e autorità, rompendo con la tradizione della storia dell’arte stabilita da Vasari: egli non mirava alla completezza né alla scelta degli artisti ne al resoconto della loro vita o delle loro opere, il suo criterio di giudizio si basava sul concetto di ideale, rappresentato da Raffaello. Le vite ostentavano ostilità per un artista, Caravaggio, un’ostilità tenta di rispetto. Nel suo libro c’erano anche degli eroi: Domenichino, Poussin. Tra gli artisti del suo tempo il suo preferito era Maratta, che tendeva ad una maggior semplicità e rispetto delle regole rispetto ai grandi artisti del Barocco. Egli ripropone il pensiero di Agucchi, secondo cui il compito del pittore era raffigurare il Bello Ideale, ma facendo tesoro anche di esperienze successive di Poussin e di Testa. 18. Come si sviluppò la letteratura artistica del Seicento nei centri minori? Per capire l’evoluzione dell’arte nei centri minori dobbiamo individuare anche altri importanti scrittori secenteschi, quali Francesco Scannelli, Luigi Scaramuccia e Raffaello. Scannelli pubblicò “Il Microcosmo della pittura”, dedicandolo a Francesco I D’Este, celebrando i pezzi di arte emiliana della sua collezione. Egli riconosce gli esiti più alti nel classicismo raffaellesco, riproposto da Correggio che tempera il colorismo veneto e il chiaroscuro lombardo. Scannelli propone con forza l’autonomia del colorismo veneto, in contrapposizione a Paolo Pino che non lo riteneva adeguato a causa della mancanza del disegno. Luigi Scaramuccia scrisse “Finezze de’ pennelli italiani, in cui accorda il primato ai pittori bolognesi di aver riformato la pittura moderna. Egli apprezzo le sculture di Duquesnoy più di quelle del Bernini. Infine Soprani non si addentra in valutazioni critiche, ma l’opera “La vita de pittori, scultori e architetti genovesi” offre una interessante mappatura della pittura ligure, non escludendo l’apporto di pittori di altra provenienza. Scaricato da Marco Speziale (
[email protected]) lOMoARcPSD|9106640 11. Delineare la storia delle collezioni oggi al Museo Ermitage di San Pietroburgo. L’Ermitage di San Pietroburgo racchiude una collezione inestimabile di opere d’arte che è divenuta una galleria pubblica. Il primo nucleo è composto da una serie di opere acquisite da Pietro il Grande, costituita per lo più da opere di provenienza olandese, soprattutto marine e scene di genere, e la “Deposizione” di Garofalo. La figlia Elisabetta IV continuò l’opera collezionistica del padre facendo arrivare opere dall’Italia, in particolare di pittori quali Rotari, Rotelli e Fontebasso. Caterina II, sovrana illuminata, acquisì un gruppo di dipinti provenienti da Gotzkowski che fece sì che entrarono all’Ermitage opere tedesche e olandesi di Frans Hals e Goltzius. Con lei il Museo Ermitage divenne uno strumeto di potere e si impegnò per renderlo sempre più prestigioso. In un secondo momento acquisì le collezioni intere dei conti di Bruhl e assicurò a Caterina anche grandi capolavori italiani, come “La fuga in Egitto” di Tiziano, “Il paesaggio con arcobaleno di Rubens” e la deposizione della croce di Poussin. Infine acquisì anche l’intera collezione di Crozat, il cui mediatore fu Diderot in persona. Entrarono così a far parte della collezione “la Giuditta” di Giorgione, “ritratto di Giovane Donna” di Tiziano, e altre opere prestigiose. Nel 1779 venne acquisita la collezione di sir Robert Walpole, poi acquisisce dopo la rivoluzione francese altre opere come “il suonatore di liuto” di Caravaggio. Sotto lo zar Alessandro I la collezione si arricchì delle “pie donne” del Caracci, e la “Maddalena penitente” e il “San Sebastiano” di Tiziano. Ogni occasione era buona per arricchire questo museo: con la rivoluzione russa si riuscirono ad acquisire le “Vedute veneziane” di Canaletto che andavano a colmare un vuoto nella storia dell’arte raccontata da questo museo. Nel 1930 furono acquistate delle tele di Tiepolo, che portarono la collezione del Museo ad essere la più grande al mondo. 10. Delineare la storia delle collezioni oggi al Museo di capodimonte di Napoli. Carlo di Borbone fa costruire una nuova residenza di corte dove far confluire la collezione ereditata dalla madre Elisabetta Farnese, ultima erede della grande famiglia patrizia, esposta al primo piano dell’edificio. Al secondo piano invece è collocata la galleria napoletana che costituisce il cuore delle raccolte borboniche: abbiamo testimonianze dello sviluppo dell’arte napoletana dal Duecento al Settecento. Inoltre i re Borbone si circondarono di artisti non napoletani ai quali affidarono il compito di celebrare la loro dinastia, per cui troviamo anche tele di Pannini, Liani, Mengs, Hackert e Lebrun. Il terzo piano dell’edificio è dedicato all’esposizione di dipinti e sculture dell’Ottocento, espressamente realizzate per il Museo napoletano. Del nucleo Farnese dobbiamo citare la collezione di antichità di Alessandro Farnese, formata grazie all’acquisto di intere collezioni, a donazioni, ma anche ad una fortunata campagna di scavi condotti nel Foro e sull’Aventino. Il nipote, il cardinale Alessandro Farnese incrementò la raccolta attraverso l’acquisto di altre collezioni e attraverso la ricezione in eredità del lascito di Margherita D’Austria, vedova di Alessandro De Medici. Di questa collezione spicca la raccolta di gemme e pietre preziose. Anche le sculture antiche della collezione Farnese vennero portati al Museo napoletano, disposte nel rispetto della suddivisione originaria che avevano nel palazzo Farnese. La quadreria Farnese era composta dal nucleo romano, opera di Paolo III Farnese, per cui dipinsero Raffaello, Sebastiano del Piombo, Michelangelo, Tiziano. Il Nipote Alessandro apporta un contributo importante con l’acquisizione di opere di artisti noti del Secondo Cinquecento e qualche opera fiamminga, ma l’arricchimento della raccolta avverrà quando Odoardo Farnese, erede di Alessandro, erediterà la collezione di Fulvio Orsini. Durante i pontificati di Urbano VIII e Innocenzo X si acuisce il clima anti-farnese, motivo per cui la famiglia si trasferisce a Parma, dove Ranuccio confiscò le opere dei feudatari ribelli e le collezioni si arricchiscono di quadri di gran pregio. L’Intera raccolta venne poi esposta in una Galleria ideata nel palazzo Pilotta, rispettando i canoni della simmetria e dell’equilibrio. Francesco e Antonio, successori di Ranuccio, incrementarono la raccolta con oltre 170 opere. Tutto questo verrà ereditato da Elisabetta Farnese e giungerà a Carlo Borbone, suo figlio, che lo porterà nel Museo di Capodimonte. Scaricato da Marco Speziale (
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