Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Paniere di Diritto Tributario Ecampus, Panieri di Diritto Tributario

Set completo di domande a risposta aperta del paniere di diritto tributario e-campus

Tipologia: Panieri

2019/2020

In vendita dal 10/12/2020

simonag30
simonag30 🇮🇹

4.4

(50)

31 documenti

1 / 67

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Paniere di Diritto Tributario Ecampus e più Panieri in PDF di Diritto Tributario solo su Docsity! 1 PANIERE DI DIRITTO TRIBUTARIO ECAMPUS Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza Set Domande: Risposta Aperta Docente: Marco Margarita LEZIONE 002 04. IL CANDIDATO ILLUSTRI LA DIFFERENZA TRA IMPOSTE DIRETTE E IMPOSTE INDIRETTE Nell’ambito delle imposte si suole distinguere tra le imposte dirette che colpiscono la capacità contributiva nella sua immediatezza (esistenza di un diritto di proprietà su un immobile, possesso di un reddito ecc), e le imposte indirette che si applicano quando viene presa in esame, quale indice rilevatore di capacità contributiva, una manifestazione indiretta di capacità contributiva (il trasferimento del bene, l’immissione del consumo ecc). La rilevanza di tale distinzione è particolarmente pregnante perché la disciplina giuridica, per l’una e per l’altra delle categorie presenza notevoli differenze. Per maggior chiarezza concettuale, sotto il profilo della base imponibile le imposte si intendono dirette quando gli elementi che permettono di calcolare la base imponibile sono di tipo diretto, ossia quando la ricchezza viene prodotta o maturata, come ad esempio : il patrimonio, incrementi di valore del patrimonio o il reddito Le imposte dirette vengono calcolate direttamente sulla ricchezza, sia che questa esista già, sia che venga prodotta nel corso del tempo. Le imposte si intendono indirette invece, quando gli elementi che permettono di calcolare la base imponibile sono di tipo indiretto, come ad esempio :i consumi, gli investimenti o il trasferimento della proprietà dei beni. Le imposte indirette, dunque, vengono calcolate quando le ricchezze vengono spese o trasferite. Possiamo dunque parlare di imposizione diretta quando le tasse colpiscono (sono calcolate su) direttamente il reddito o il patrimonio del contribuente. Mentre si ha un’imposizione indiretta quando le tasse colpiscono determinati fattori che fanno presupporre una certa agiatezza del contribuente. 05. IL CANDIDATO INDICHI COME E’ SUDDIVISO IL TRIBUTO Il tributo può essere suddiviso in imposte, tasse e il c.d. contributo. L’imposta consiste in un prelevamento coattivo di ricchezza effettuato dallo Stato e dagli altri enti pubblici allo scopo di ottenere i mezzi necessari alla produzione di servizi pubblici indivisibili, cioè 2 servizi pubblici che avvantaggiano la collettività nel suo insieme. La tassa è la controprestazione in denaro di un servizio speciale prestato dallo Stato e dagli enti pubblici a un privato, generalmente dietro sua richiesta (esempio il servizio postale) e che procura un vantaggio diretto e immediato al richiedente. Il contributo infine è quello che il consumatore di un bene o l’utente di un servizio è tenuto a pagare, indipendentemente da una specifica richiesta, come corrispettivo di un vantaggio che gli è derivato dal compimento di una determinata attività di interesse generale da parte dell’ente pubblico (esempio: contributo di miglioria per la costruzione di una strada vicina al fondo che ne maggiora il valore). 06. IL CANDIDATO DESCRIVA COS’E’ IL TRIBUTO Il tributo rappresenta per lo Stato una entrata derivata caratterizzata dalla coattività cioè dall’esercizio dello ius imperii da parte dello Stato per ottenere una prestazione. Il tributo consiste pertanto in un’obbligazione avente ad oggetto una prestazione (in genere pecuniaria), a titolo definitivo, che nasce direttamente dalla legge al verificarsi di un presupposto di fatto. Ai sensi dell'art. 52 Cost. ciascun soggetto è tenuto a concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva. Si distingue tra: imposte, quando sono dovute per finanziare l'attività statale in genere; tasse, quando sono finalizzate ad ottenere come controprestazione dallo Stato un servizio; contributi, dovuti per un vantaggio diretto o indiretto che un soggetto ottiene da un determinato servizio pubblico, anche se non esplicitamente richiesto. 07. IL CANDIDATO INDICHI LA DIFFERENZA TRA IMPOSTA, TASSA E CONTRIBUTO L’imposta consiste in un prelevamento coattivo di ricchezza effettuato dallo Stato e dagli altri enti pubblici allo scopo di ottenere i mezzi necessari alla produzione di servizi pubblici indivisibili, cioè servizi pubblici che avvantaggiano la collettività nel suo insieme. La tassa è la controprestazione in denaro di un servizio speciale prestato dallo Stato e dagli enti pubblici a un privato, generalmente dietro sua richiesta (esempio il servizio postale) e che procura un vantaggio diretto e immediato al richiedente. Il contributo infine è quello che il consumatore di un bene o l’utente di un servizio è tenuto a pagare, indipendentemente da una specifica richiesta, come corrispettivo di un vantaggio che gli è derivato dal compimento di una determinata attività di interesse generale da parte dell’ente pubblico (esempio: contributo di miglioria per la costruzione di una strada vicina al fondo che ne maggiora il valore). 08. IL CANDIDATO DESCRIVA COS’E’ LA TASSA La tassa è un tributo che il singolo soggetto è tenuto a versare in relazione ad un'utilità che egli trae dallo svolgimento di un'attività statale e/o dalla prestazione di un servizio pubblico (attività giurisdizionale o amministrativa) resi a sua richiesta e caratterizzati dalla "divisibilità", cioè dalla possibilità di essere forniti a un singolo soggetto. In sostanza è una prestazione patrimoniale dovuta in relazione all'espletamento di un servizio svolto su espressa richiesta del soggetto contribuente. A titolo esemplificativo si possono menzionare la tassa per la raccolta dei rifiuti, la tassa scolastica, la tassa sulle concessioni governative, la tassa per l'occupazione di spazi e arre pubbliche ecc. La tassa non deve essere confusa con le tariffe versate dall'utente per la fruizione di determinati servizi pubblici quali, ad esempio, il trasporto ferroviario, il servizio postale e telefonico, le forniture dei gas, elettricità e acqua e così via; in questi casi, infatti, si è di fronte a veri e propri corrispettivi (prezzo) di natura contrattuale e non legale, mentre la tassa è un tributo e, come tale, può essere stabilita solo con legge. 5 06. IL CANDIDATO INDICHI IN CHE MODO PUO’ ESSERE ATTUATA LA PROGRESSIVITA DELLE IMPOSTE La progressività è realizzabile attraverso diverse modalità: si parla infatti di progressività per detrazione, per classi, continua e per scaglioni. Si ha la progressione per classi quando l'aliquota d'imposta aumenta in modo discontinuo all'aumentare della base imponibile. Quest'ultima è divisa in classi. Ad ogni classe si applica una determinata aliquota: passando da una classe a quella successiva si applica un'aliquota maggiore. Il salto di aliquota che si ha, passando da una classe all'altra, genera un aumento dell'imposta che può risultare notevole rispetto all'effettivo aumento della capacità contributiva. Al fine di evitare gli inconvenienti che si verificano nel caso della progressione per classi è possibile adottare la progressione per scaglioni. In base a tale criterio, il reddito percepito da un soggetto viene diviso in più scaglioni. Su ogni scaglione si applica una determinata aliquota. In Italia, attualmente, un'imposta progressiva per scaglioni di reddito è l'IRPEF. Si ha la progressione per detrazioni quando l'aliquota d'imposta è costante da un punto di vista nominale, ma essa non viene applicata sull'intero reddito, bensì sul reddito diminuito di una somma fissa detta detrazione. La detrazione rappresenta una parte di reddito esente da imposta, cioè una parte di reddito sulla quale non si applica l'imposta. 07. IL CANDIDATO ILLUSTRI COSA SI INTENDE PER PROGRESSIVITA’ E PROPORZIONALITA’ DELLE IMPOSTE Un principio di equità, largamente condiviso, vuole che il carico tributario individuale cresca con il crescere della ricchezza del contribuente. Quando il carico tributario cresce il rapporto diretto con il carico della ricchezza considerata imponibile (es: Tizio che ha un reddito doppio di Caio, paga un’imposta pari a due volte quella pagata da quest’ultimo), la tassazione è proporzionale. Quando il carico tributario cresce in misura più che proporzionale col crescere della ricchezza imponibile, la tassazione è definita progressiva. La tassazione progressiva pertanto è una tassazione ad aliquote (marginali) crescenti. LEZIONE 012 01. COSA SI INTENDE PER ACCOLLO E SUCCESSIONE NELL’OBBLIGAZIONE TRIBUTARUA Si ha accollo del debito quando il debitore e un terzo convengono che questi assuma il debito dell’altro, il creditore può aderire alla convenzione, rendendo irrevocabile la stipulazione a suo favore. L’accollo del debito è un istituto giuridico previsto dal codice civile che permette di estinguere una obbligazione e che è legittimamente riconosciuto anche in ambito tributario. L’articolo 8, comma 2, dello Statuto (Legge n 212/00) prevede infatti la possibilità dell’accollo del debito d’imposta, escludendo però in modo esplicito che si possa verificare la liberazione del contribuente originario. In concreto, il primo debitore (accollato) continuerà a rispondere unitamente all’accollante, configurandosi una responsabilità cumulativa dei due debitori con la conseguenza che non potrà mai verificarsi una liberazione convenzionale del debitore originario. Posto che il debitore originario non può in nessun caso essere liberato, bisogna accertare se l’Amministrazione Finanziaria possa chiedere l’adempimento ad entrambi indifferentemente ovvero se ci debba essere la previa escussione dell’accollante (colui che si è accollato il debito). Con l’espressione successione nel debito di imposta si identifica tradizionalmente il subentro del successore a titolo universale nelle plurime situazioni giuridiche soggettive fiscali facenti capo ad un contribuente deceduto o venuto meno; dunque, essa non è limitata alla (sola) situazione giuridica 6 soggettiva sostanziale del subentro mortis causa nel debito tributario riferibile al de cuius ma è estesa (anche) a situazioni giuridiche soggettive diverse: strumentali, esattive e sanzionatorie. La scomparsa del debitore d’imposta (morte della persona fisica, fine della persona giuridica), non produce l’estinzione del debito d’imposta sorto prima della scomparsa; anche se non ancora accertato il debito rimane a carico degli eredi del contribuente. Si ha successione solo se il debito è già sorto e non ancora estinto e i successori, nei confronti del fisco, si trovano in una situazione identica a quella del de cuius per cui subentrano non solo nell’obbligazione tributaria ma sono tenuti anche ad obblighi formali. LEZIONE 013 01. IL CANDIDATO INDICHI QUALI SONO LE AGENZIE FISCALI E QUALI I LORO COMPITI Nel diritto tributario, le agenzie fiscali rese operative dal D.M. 28-12-2000 sono quattro e sono state costituite come enti pubblici non economici. Dal Luglio del 2003, all’Agenzia del demanio è invece stata la conferita la natura di ente pubblico economico. Di seguito i rispettivi compiti: - Agenzia delle entrate ha il compito di gestire i tributi diretti, l’IVA e le altre entrate erariali non di competenza di altre Agenzie, amministrazioni dello stato ad ordinamento autonomi, enti ed organi; - All’Agenzia delle Dogane spetta la gestione di diritti e tributi legati agli scambi internazionali e delle accise sulla produzione e sui consumi, escluse quelle sui tabacchi lavorati; - L’Agenzia del territorio ha funzioni attinenti al catasto e alle conservatorie dei registri immobiliari, e deve realizzare un sistema integrato di anagrafe dell’intero patrimonio mobiliare italiano; - L’Agenzia del demanio gestisce con criteri imprenditoriali tutti i beni immobili dello Stato. Ad essa è inoltre attribuita la gestione dei beni confiscati. LEZIONE 016 11. IL CANDIDATO ILLUSTRI L'ISTITUTO DEL RAVVEDIMENTO Il ravvedimento operoso è un istituto di carattere generale che, al fine di incentivare lo spontaneo adempimento dei doveri fiscali, consente al contribuente che sia incorso in irregolarità tributarie di sanare la propria posizione dichiarando redditi ulteriori rispetto a quelli già dichiarati, eseguendo pagamenti omessi o eseguiti in misura insufficiente o, ancora, assolvendo ad altri adempimenti che avrebbero dovuto essere effettuati in precedenza. A fronte dello spontaneo pagamento di quanto dovuto e degli interessi maturati su tali somme, è previsto per il contribuente un effetto premiale consistente nella riduzione della sanzione altrimenti irrogabile da parte dell'Amministrazione finanziaria. Tale riduzione è tanto maggiore quanto più breve è il tempo intercorso tra la violazione fiscale e la sua successiva regolarizzazione mediante ravvedimento: il legislatore ha a tal fine individuato diversi scaglioni temporali a ciascuno dei quali corrisponde una diversa e via via minore quota di abbattimento della sanzione. La disciplina del ravvedimento operoso è contenuta nell'art. 13 del D.Lgs. 472/1997. In base al tempo intercorso tra la violazione di un obbligo fiscale e la sua successiva spontanea regolarizzazione da parte del contribuente, si distinguono diverse tipologie di ravvedimento: 7 - ravvedimento sprint: nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito entro 15 giorni dalla data in cui il pagamento avrebbe dovuto essere effettuato, la sanzione è ridotta ad 1/15 del minimo per ciascun giorno di ritardo; poiché in tal caso il ravvedimento rientra comunque nel primo scaglione del ravvedimento c.d. “breve”, la sanzione già così abbattuta è poi ulteriormente ridotta ad 1/10; - ravvedimento breve: nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito entro 30 giorni dalla data in cui il pagamento avrebbe dovuto essere effettuato, la sanzione è ridotta ad 1/10 del minimo; - ravvedimento intermedio o trimestrale: nei casi in cui la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro 90 giorni dalla data dell'omissione o dell'errore, ovvero se la regolarizzazione delle omissioni e degli errori commessi in dichiarazione avviene entro 90 giorni dal termine per la presentazione della dichiarazione in cui l'omissione o l'errore è stato commesso, la sanzione è ridotta ad 1/9 del minimo; - ravvedimento lungo o annuale: nei casi in cui la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro 1 anno dall'omissione o dall'errore, la sanzione è ridotta ad 1/8 del minimo; - ravvedimento lunghissimo o biennale: nei casi in cui la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro 2 anni dall'omissione o dall'errore, la sanzione è ridotta ad 1/7 del minimo; - ravvedimento ultra-biennale: nei casi in cui la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, oltre 2 anni dall'omissione o dall'errore, la sanzione è ridotta ad 1/6 del minimo; - ravvedimento su p.v.c.: nei casi in cui la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene dopo la constatazione della violazione e prima che l'Amministrazione finanziaria abbia notificato il conseguente avviso di accertamento, la sanzione è ridotta ad 1/5 del minimo; - ravvedimento a seguito di omessa dichiarazione: nei casi in cui la dichiarazione precedentemente omessa viene presentata con ritardo non superiore a 90 giorni o nei casi in cui la dichiarazione periodica prescritta in materia di Iva precedentemente omessa viene presentata con ritardo non superiore a 30 giorni, la sanzione prevista per ciascuna delle due violazioni è ridotta ad 1/10 del minimo. 12. IL CANDIDATO INDICHI IN COSA CONSISTE L'AUTOTUTELA Nel momento in cui il contribuente impugna l’atto emanato dal fisco presentando ricorso sorge una controversia. Prima che inizi la fase contenziosa, ovvero anche in pendenza di giudizio, è prevista la possibilità che l’amministrazione finanziaria riveda il proprio operato mediante ricorso alla cd. autotutela. Tale procedimento consiste nel potere concesso all’amministrazione finanziaria di annullare eventuali atti propri ritenuti illegittimi o infondati. 10 La disciplina dell’accertamento si esplica in una serie di controlli sulle dichiarazioni dei redditi e su altri atti a valenza tributaria, effettuati dai competenti uffici dell’Agenzia delle Entrate. In linea generale le dichiarazioni presentate dai contribuenti possono essere oggetto di un triplice intervento di controllo: controllo automatizzato, formale o documentale e controllo sostanziale o di merito. Il controllo sostanziale previsto dagli artt. 37 e ss. DPR 600/73, viene attuato solo nei confronti delle dichiarazioni dei contribuenti individuati in base a criteri selettivi predeterminati, che tengono conto anche dei dati raccolti tramite i controlli effettuati con le precedenti modalità o tramite i dati indicati negli studi di settore, o ancora, dei dati raccolti tramite l’Anagrafe Tributaria. A seguito del controllo gli uffici procedono: - all’accertamento in rettifica delle dichiarazioni presentate; - all’accertamento d’ufficio nei confronti dei soggetti che hanno omesso la dichiarazione. I controlli sostanziali, con conseguente accertamento delle dichiarazioni dei redditi o dell’IVA, devono essere notificati, a pena di decadenza: - entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione; - entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata, in caso di dichiarazione omessa o nulla. Detti termini sono tuttavia aumentati in specifici casi, ad esempio, nel caso di violazioni tributarie che si connettono al compimento di reati tributari, o nel caso di indebita compensazione su modello F24 di crediti inesistenti. Il controllo sostanziale non comporta la liquidazione di una diversa imposta dovuta, ma è volto alla rettifica del reddito complessivo del contribuente. L’accertamento può essere: parziale, se volto ad accertare distintamente alcuni redditi o determinate operazioni, fatta salva la possibilità di emettere avvisi di accertamento per ulteriori redditi dello stesso contribuente; generale, se volto a rettificare il reddito complessivo o il volume d'affari del contribuente in un determinato periodo. 02. COSA SONO ACCESSI, ISPEZIONI E VERIFICHE? Gli ispettori dell’Agenzia delle Entrate o della Guardia di Finanza, al fine di raccogliere prove dell’evasione, godono di una serie di poteri istruttori e di controllo dati dalla legge. Questi tipi di controlli, denominati sostanziali (ossia oltre e a prescindere dalle formalità dichiarative), costituiscono un vero e proprio potere d’indagine durante la quale l’amministrazione finanziaria ha la possibilità di procedere all’accesso in determinati luoghi, all’ispezione ed alle verifiche documentali Accesso: significa accedere in un luogo a prescindere dal consenso, è un atto autoritativo attraverso cui si dà inizio all’attività accertativa. Per essere legittimo è necessario che: - Sia svolto “durante l'orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente” (art. 12 l.212/2000). - Se l’Accesso avviene nel domicilio del contribuente è legittimo solo laddove gli ispettori siano in possesso di un’autorizzazione rilasciata dal Procuratore della Repubblica e qualora 11 sussistano gravi indizi di violazione delle norme tributarie. Dalle ultime pronunce della Cassazione, l’assenza di tali indizi di evasione potrebbe costituire un elemento idoneo a determinare la nullità del provvedimento finale. Ispezioni: sono le attività sostanziali che l’amministrazione finanziaria pone al fine di ricavare la prova dell’evasione. Nelle ipotesi di ispezioni dal carattere più invasivo, è obbligatorio che l’A.F. sia munita di un’apposita autorizzazione rilasciata dal Pubblico Ministero ad esempio, nel caso delle perquisizioni personali, dell’apertura coattiva di borse, casseforti e dell’accesso a server, mail e pc. Verifiche: si intende l’attività meramente accertativa posta in essere al fine di rilevare inadempimenti fiscali compiuti dal contribuente. Esempio verifica sulle rimanenze di magazzino. Le verifiche fiscali debbono essere giustificate da “esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo” che devono essere riportate sul verbale di verifica del primo giorno (art. 12 l.212/2000). All’inizio di ogni verifica, il contribuente deve essere informato dagli ispettori incaricati, delle ragioni e dell’oggetto della verifica, nonché della possibilità di farsi assistere da un professionista. LEZIONE 024 01. QUALI SOGGETTI SONO SOTTOPOSTI AD INDAGINE BANCARIA Sono da considerarsi destinatari delle indagini bancarie: - le persone fisiche; - le persone giuridiche; - le società di persone ed enti assimilati, compreso il Geie; - le associazioni tra artisti e professionisti, ivi comprese le società tra professionisti; - gli enti pubblici e privati non commerciali; - le società ed enti di ogni tipo, anche senza personalità giuridica; - le stabili organizzazioni di soggetti esteri non residenti; - le persone fisiche non residenti del territorio dello Stato. La L. 30/12/2004, n. 311 ha introdotto in materia significative novità, cosi sintetizzabili:  il potere di concedere l'autorizzazione a indagini bancarie è attribuito anche al Direttore centrale dell'Accertamento dell'Agenzia delle Entrate;  il controllo viene esteso a tutte le operazioni che si intrattengono con gli istituti di credito e intermediari finanziari, ivi compresi gli organismi di investimento collettivo del risparmio, società di gestione e fiduciarie;  espressa estensione dell'ambito soggettivo di applicazione normativa ai lavoratori autonomi, così che anche nei confronti dei professionisti sono considerati compensi i prelevamenti e gli importi riscossi dei quali non viene indicato il beneficiario;  i termini per fornire le risposte all'Amministrazione finanziaria passano da 60 a 30 gg. , prorogabili di ulteriori 20, accorciando così i tempi complessivi da 90 ( 60 + 30 di proroga ) a 50 ( 30 + 20 di proroga), e le informazioni dovranno essere inviate in via telematica. 02. COSA SONO LE INDAGINI BANCARIE IN AMBITO TRIBUTARIO Le indagini bancarie riguardano un particolare potere istruttorio riconosciuto alla PA che consente di svolgere le predette indagini senza il limite del segreto bancario, il quale ha ragione di essere a tutela dei valori umani, ma non economici nei confronti dello Stato ed enti pubblici. 12 Per svolgere tali attività gli uffici dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza devono essere autorizzati dal Direttore dell’agenzia delle entrate e dal comandante di zona della GdF. Le banche, gli uffici postali e gli intermediari finanziari devono comunicare dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto ed operazione effettuata con i loro clienti, entro 30 giorni dalla richiesta prorogabili di ulteriori 20 in caso di giustificato motivo. La banca deve inoltre, dare anche immediata notizia al suo cliente di tali indagini. Sulla base di tali informazioni l’ufficio può chiedere chiarimenti al contribuente per consentirgli di fornire elementi contrati alle presunzioni derivanti dai movimenti bancari che non trovano conferma nelle scritture contabili. LEZIONE 025 01. QUALI SONO GLI OBBLIGHI CHE IL CONTRIBUENTE DEVE RISPETTARE DURANTE L'ATTIVITA' ISTRUTTORIA? L’attività istruttoria comprende tutti quegli atti dell’Amministrazione finanziaria che sono volti alla verifica della correttezza degli adempimenti posti in essere dai contribuenti. Prevede tre tipi di controllo: - La liquidazione automatica - controllo formale - controllo sostanziale. Durante l’attività istruttoria il contribuente è tenuto ad ottemperare alle richieste dell’amministrazione, la mancata collaborazione è punita con sanzione amministrativa. La partecipazione collaborativa del contribuente all’attività istruttoria costituisce un obbligo per il contribuente e una facoltà per l’A.F. (è un tipo di partecipazione concepita come ausilio all’attività investigativa); L’eventuale inottemperanza di tale obbligo è sanzionata da una successiva preclusione probatoria: in sede amministrativa e contenziosa non è utilizzabile a favore del contribuente tutto ciò che non è stato esibito o trasmesso in risposta ad inviti dell’ufficio (salvo ciò non sia avvenuto per causa non imputabile al contribuente). LEZIONE 026 01. IL CANDIDATO ILLUSTRI IN CHE MODO PUO' CONCLUDERSI L'ATTIVITA' ISTRUTTORIA Al termine di tutte le operazioni svolte dall’amministrazione finanziaria (controllo formale, sostanziale, accessi , ispezioni e verifiche), vi sarà un processo verbale di constatazione (detto PVC) nel quale sono riassunti i tipi di controlli svolti e le violazioni riscontrate. A questo punto il contribuente potrà: - adeguarsi immediatamente (c.d. ravvedimento operoso) ottenendo delle sanzioni ridotte ad 1/5; - presentare entro 60 giorni delle memorie difensive con lo scopo di spingere l’ufficio a rivedere le proprie posizioni. Decorsi 60 giorni senza ravvedimento operoso o accertamento con adesione (di cui parleremo in seguito) l’ufficio potrà emanare l’avviso di accertamento (nel quale tuttavia, se sono state presentate, dovrà esser tenuto conto delle memorie difensive). 15 E' un “accordo” tra contribuente e ufficio che può essere raggiunto sia prima dell’emissione di un avviso di accertamento, che dopo, sempre che il contribuente non presenti ricorso davanti al giudice tributario. La procedura riguarda tutte le più importanti imposte dirette e indirette ed è rivolto a tutti i contribuenti e si propone o dopo aver ricevuto un avviso di accertamento o dopo un controllo eseguito dall’ufficio o dalla Guardia di Finanza. L’accertamento con adesione permette al contribuente di usufruire di una riduzione delle sanzioni amministrative, che saranno dovute nella misura di 1/3 del minimo previsto dalla legge. Inoltre, per i fatti accertati, perseguibili anche penalmente, costituisce una circostanza attenuante il perfezionamento dell’adesione con il pagamento delle somme dovute prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. L’effetto “premiale” si concretizza nell’abbattimento fino a un terzo delle sanzioni penali previste e nella non applicazione delle sanzioni accessorie. Riguardo al procedimento, esso può avvenire per: - Iniziativa d’ufficio: L’ufficio, tramite un invito a comparire, può invitare il contribuente a tentare una forma di definizione concordata del rapporto tributario prima ancora di procedere alla notifica di un avviso di accertamento. L’invito a comparire ha carattere unicamente informativo e in esso sono indicati i periodi d’imposta suscettibili di accertamento, il giorno e il luogo dell’appuntamento, nonché gli elementi rilevanti ai fini dell’accertamento. Se il contribuente non aderisce all’invito a comparire non potrà in seguito ricorrere a questo istituto per gli stessi elementi e per i periodi d’imposta indicati nell’invito. - Richiesta del contribuente: Il contribuente stesso può avviare la procedura presentando una domanda in carta libera in cui chiede all’ufficio di formulargli una proposta di accertamento per un’eventuale definizione. La domanda può essere presentata all’ufficio competente: prima di aver ricevuto la notifica di un atto di accertamento non preceduto da un invito a comparire; dopo aver ricevuto la notifica di un atto impositivo non preceduto da invito a comparire, ma solo fino al momento in cui non scadono i termini per la proposizione dell’eventuale ricorso. La domanda di adesione, corredata di tutte le informazioni anagrafiche e di ogni possibile recapito anche telefonico, deve essere presentata – prima dell’impugnazione dell’avviso di accertamento innanzi alla Commissione tributaria provinciale – all’ufficio che lo ha emesso entro 60 giorni dalla notifica dell’atto mediante consegna diretta o a mezzo posta. Nel caso di invio dell’istanza per posta ordinaria vale la data di arrivo all’ufficio, mentre vale la data di spedizione se inviata mediante plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento. Entro 15 giorni dal ricevimento della domanda, l’ufficio formula al contribuente, anche telefonicamente, l’invito a comparire. Il contribuente può avviare il procedimento anche quando nei suoi confronti siano stati effettuati accessi, ispezioni e verifiche, sia da parte dell’Amministrazione finanziaria che da parte della Guardia di Finanza, che si sono conclusi con un processo verbale di constatazione. In questo caso l’ufficio lo inviterà, però, solo se lo ritiene opportuno. Il raggiungimento o meno dell’accordo avviene in contraddittorio e può richiedere più incontri successivi, per la partecipazione ai quali il contribuente può farsi rappresentare o assistere da un procuratore. Se le parti raggiungono un accordo, i contenuti dello stesso vengono riportati su un atto di adesione che va sottoscritto da entrambe le parti. L’intera procedura si perfeziona soltanto con il pagamento delle somme risultanti dall’accordo stesso. Solo così, infatti, si può ritenere definito il rapporto tributario. Se non si raggiunge un accordo, il contribuente può sempre presentare ricorso al giudice tributario contro l’atto già emesso (o che sarà in seguito emesso) dall’ufficio. 16 Il versamento delle somme dovute può essere effettuato, a seconda del tipo di imposta, tramite i modelli di versamento F24 o F23. Il contribuente può scegliere di effettuare il pagamento: - in unica soluzione, entro i 20 giorni successivi alla redazione dell’atto; - in forma rateale in un massimo di 8 rate trimestrali di uguale importo (16 rate trimestrali se le somme dovute superano 50.000 euro), delle quali la prima da versare entro il termine di 20 giorni dalla redazione dell’atto. Sull'importo delle rate successive sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata. Entro i 10 giorni successivi al pagamento dell’intero importo o della prima rata, il contribuente deve far pervenire all’ufficio la quietanza. Per il versamento delle somme dovute per effetto dell’adesione il contribuente può effettuare la compensazione con eventuali crediti d’imposta vantati, sempre che gli importi a debito siano da versare con il modello F24. 02. IL CANDIDATO ILLUSTRI LA DIFFERENZA TRA ACCERTAMENTO CON ADESIONE E CONCILIAZIONE GIUDIZIALE L'accertamento con adesione implica l'instaurazione di un contraddittorio con l'amministrazione finanziaria, mentre la conciliazione giudiziale ha lo scopo di evitare il procrastinarsi del contenzioso. Riguardo invece ai tratti salienti degli istituti, l'accertamento con adesione è disciplinato dal Dlgs 218/1997 e attribuisce al contribuente la possibilità di definire, in via amministrativa e in contraddittorio, le pretese tributarie, relative alle imposte sui redditi, all'Iva e alle altre imposte indirette. Il ricorso a tale istituto deflativo comporta dei benefici connessi alla rideterminazione dell'entità della pretesa, nonché alla riduzione delle sanzioni irrogate. Da un punto di vista della valenza dell’accertamento con adesione, si possono verificare i seguenti casi: - se la definizione riguarda solo ed esclusivamente operazioni rilevanti ai fini Iva e non ai fini delle imposte dirette, il concordato vale solo ai fini Iva; - se la definizione di un maggior reddito di impresa o di arti e professioni interessa anche componenti reddituali rilevanti ai fini Iva, il concordato vale sia ai fini delle imposte dirette che ai fini Iva; - se la definizione riguarda solo ed esclusivamente operazioni rilevanti ai fini delle imposte dirette e non ai fini Iva, il concordato vale solo ai fini delle imposte dirette. Per effetto dell'adesione, le sanzioni per le violazioni concernenti i tributi oggetto di definizione e per le violazioni sul contenuto delle dichiarazioni relative allo stesso periodo si applicano ridotte ad 1/3 del minimo previsto dalla legge. Non si applicano sanzioni ed interessi, invece, sulle somme dovute quali contributi previdenziali e assistenziali. Per la conciliazione invece, con il Dlgs 156/2015 , la disciplina della conciliazione giudiziale, contenuta nel "vecchio" articolo 48 Dlgs 546/1992, è stata scissa in tre diversi articoli, in vigore a decorrere dal primo gennaio 2016, aventi per oggetto: - il primo che mantiene il numero 48 , la conciliazione "fuori udienza"; 17 - il secondo, il nuovo articolo 48-bis , la conciliazione "in udienza"; - il terzo, il nuovo articolo 48-ter , la disciplina comune sulle procedure e il pagamento delle somme dovute. - La conciliazione giudiziale è un istituto endoprocessuale e incidentale che consente di estinguere, totalmente o parzialmente, una lite già instaurata tra contribuente e autore dell'atto impugnato attraverso una "transazione" diretta alla ridefinizione degli imponibili e della conseguente imposta, con sanzioni ridotte ricalcolate sulla base dell'imposta conciliata. La conciliazione giudiziale può essere: - totale, se riguarda l'intera controversia, con conseguente estinzione del giudizio; - parziale, se riguarda soltanto parte della controversia, con conseguente prosecuzione del giudizio sulle altre parti. LEZIONE 033 02. IL CANDIDATO ILLUSTRI LA DIFFERENZA TRA EVASIONE ED ELUSIONE/ABUSO DI DIRITTO Seppur in ambedue i casi si tratti di comportamenti orientati a contrastare e ridurre il prelievo tributario, l’evasione fiscale e l’elusione sono termini ben diversi, soprattutto sul piano penale e sanzionatorio. Mentre l’evasione fiscale può essere definita come un comportamento che mira ad occultare e a contrastare il prelievo fiscale, l’elusione fiscale rappresenta un vero e proprio abuso del diritto, ovvero la messa in pratica di comportamenti e azioni che hanno come obiettivo ultimo quello di raggirare le leggi a proprio vantaggio, mettendo in pratica comportamenti che indirettamente portano alla diminuzione del prelievo fiscale. In entrambe i casi si tratta di comportamenti sanzionabili sul piano amministrativo; soltanto l’evasione fiscale, invece, porta a conseguenze di natura penale. Nello specifico, l’evasione fiscale può essere definita come tutti quei comportamenti e metodi che hanno come obiettivo quello di ridurre o eliminare il prelievo fiscale da parte dello Stato sul contribuente, attraverso pratiche che violano le leggi e le norme fiscali. Comportamenti tipici di evasione fiscale sono la mancata emissione di fatture e scontrini in operazioni di vendita di beni o prestazioni di servizi, o la presentazione di dichiarazioni dei redditi incomplete, di modo da ridurre il prelievo fiscale sui propri redditi. L’evasione fiscale può essere sanzionata sia sul piano amministrativo che penale, in funzione, di norma, della misura dell’importo di imposte e tasse non versate allo Stato a seguito del mancato rispetto delle norme tributarie. Quando si parla di elusione fiscale invece, si fa riferimento ad un comportamento molto differente sul piano normativo che sanzionatorio rispetto all’evasione. In linea di principio, seppur in entrambe le situazioni l’obiettivo ultimo sia non adempiere ai propri obblighi fiscali e tributari secondo la propria disponibilità economica, l’elusione fiscale consiste in operazioni prive di sostanza economica che, seppur rispettando la legge, realizzano degli indiretti vantaggi fiscali al contribuente. Con la legge n. 212/2000, lo Statuto del contribuente, il concetto di elusione fiscale è stato accorpato all’abuso del diritto; la definizione è apportata dalla normativa di riferimento, al comma 1 dell’articolo 10 bis, ovvero: “configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza 20 Casi di ritenuta a titolo d’acconto si rinvengono, esemplificativamente: • 1) sui redditi di lavoro dipendente corrisposti dagli enti e società soggetti passivi IRES, dalle società di persone, dalle persone fisiche esercenti un’impresa commerciale o agricola, nonché dalle persone fisiche esercenti un’arte o professione; • 2) sui redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente; • 3) sui redditi di lavoro autonomo e sugli altri redditi di cui all’art. 53 del TUIR corrisposti a soggetti residenti; • 4) sulle provvigioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio o di procacciamento affari; • 5) sugli interessi, premi ed altri frutti corrisposti dalle società e dagli altri enti che hanno emesso obbligazioni e titoli similari ai soggetti passivi IRES; • 6) sui dividendi in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione distribuiti dalle società di capitali, dalle società cooperative o da quelle di mutua assicurazione. LEZIONE 035 01. IL CANDIDATO ILLUSTRI LA NATURA GIURIDICA E GLI EFFETTI DEL RUOLO Il ruolo è l’elenco dei debitori e delle somme da loro dovute formato dall’ufficio per la riscossione tramite Equitalia. Esso ha natura di titolo esecutivo ed è un atto collettivo che riguarda, quindi, una molteplicità di soggetti e di iscrizioni. L’effetto del ruolo è duplice: da un lato dal ruolo sorge un obbligo di pagamento per il soggetto iscritto: quest’effetto è descritto in termini di esigibilità nel senso che il ruolo rende esigibile l’obbligazione tributaria (essa preesiste al ruolo ma può essere adempiuta sono a seguito dell’iscrizione a ruolo); dall’altro lato, se l’obbligo non è adempiuto, l’iscrizione a ruolo legittima l’esecuzione forzata. Quanto esplicato dal primo effetto non è sempre vero. Anzi, ciò è vero quando il ruolo è fondato sull’avviso di accertamento perché l’iscrizione a ruolo rende esigibile l’obbligazione che scaturisce dall’accertamento. In tal caso, l’iscritto non può adempiere prima del ruolo. Ecco che il ruolo produce un effetto in termini di esigibilità. Invece, nel caso di ruolo fondato su dichiarazione dei redditi, non è il ruolo che determina l’esigibilità del credito del fisco in quanto l’esigibilità preesiste al ruolo, ovvero quando il contribuente ha presentato la dichiarazione. La differenza, quindi, sta in ciò: all’inadempimento dell’obbligo da dichiarazione segue il ruolo; all’inadempimento dell’obbligo da ruolo segue l’esecuzione forzata. LEZIONE 036 02. LA CARTELLA DI PAGAMENTO La cartella di pagamento è l’atto che l’Agenzia delle Entrate - Riscossione invia ai contribuenti per recuperare i crediti vantati dagli enti creditori (Agenzia delle Entrate, Inps, Comuni, ecc.). La cartella di pagamento contiene la descrizione delle somme dovute, l’invito a provvedere al pagamento entro 60 giorni dalla notifica, a pena di avvio dell’esecuzione forzata, le istruzioni sulle modalità di pagamento, sulle modalità per richiedere la rateazione, sulle modalità per proporre ricorso, l’indicazione del nominativo del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notifica della cartella. La procedura di riscossione è, in sintesi, la seguente: le somme che risultano dovute a seguito dei controlli vengono iscritte a ruolo. Il ruolo un elenco formato dall’ente impositore, ai fini della riscossione, che contiene i nominativi dei debitori e le somme dovute. Il ruolo viene trasmesso a Agenzia delle Entrate - Riscossione che provvede alle successive procedure che sono nel dettaglio: 21 - predisposizione e notifica delle cartelle - riscossione delle somme e relativo riversamento alle casse dello Stato e degli altri enti impositori - avvio dell’esecuzione forzata in caso di mancato pagamento. In caso di mancato pagamento della cartella nel termine di 60 giorni, sulle somme iscritte a ruolo sono dovuti gli interessi di mora maturati giornalmente dalla data di notifica della stessa, gli oneri di riscossione (compensi) dovuti all’agente della riscossione, nella misura piena (calcolato sul capitale e sugli interessi di mora) e tutte le eventuali ulteriori spese derivanti dal mancato (o ritardato) pagamento della cartella. Trascorso il termine di 60 giorni senza che il contribuente abbia eseguito il pagamento, l'agente della riscossione può mettere in atto le azioni cautelari e conservative e le procedure per la riscossione coattiva su tutti i beni del creditore e dei suoi coobbligati (ad esempio, il fermo amministrativo di beni mobili registrati e il pignoramento dei beni). In caso di irreperibilità relativa del destinatario, cioè di situazioni di temporanea assenza, o incapacità o rifiuto delle persone legittimate a ricevere gli atti in luogo del destinatario - si procede alla notifica mediante deposito dell’atto nella casa comunale, affissione dell’avviso di deposito in busta chiusa e sigillata alla casa di abitazione, ufficio o azienda del contribuente ed invio di raccomandata con avviso di ricevimento per informare il contribuente degli adempimenti effettuati. LEZIONE 043 03. IL CANDIDATO INDICHI QUALI SONO GLI ORGANI DELLA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA Sono organi del processo tributario le commissioni tributarie provinciali (giudici speciali), le commissioni tributarie regionali (giudici speciali: la sentenza provinciale è sfavorevole ad una delle parti si può proporre appella dinnanzi alla commissione regionale), la corte di cassazione sezione tributaria (giudice ordinario). Le Commissioni Tributarie sono organi giurisdizionali speciali giudicanti nelle controversie in materia tributaria, con competenza riguardo ai tributi di ogni genere e specie comunque denominati. Nell'esercizio della loro attività i giudici tributari sono coadiuvati dagli uffici di segreteria delle Commissioni Tributarie, che dipendono dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e svolgono sia attività di preparazione dell'udienza e assistenza ai collegi giudicanti, sia attività amministrative proprie. La giurisdizione tributaria è esercitata dalle Commissioni Tributarie Provinciali, con sede nei capoluoghi di ogni provincia, che pronunciano in primo grado, e dalle Commissioni Tributarie Regionali, con sede nel capoluogo di ogni Regione, che pronunciano in grado di appello sulle impugnazioni proposte contro le sentenze delle Commissioni Tributarie Provinciali. Sono state istituite sezioni staccate delle Commissioni Tributarie Regionali. Presso le province di Trento e Bolzano la giurisdizione è esercitata dalle Commissioni Tributarie di primo e secondo grado con competenza sul territorio della provincia corrispondente. 04. IL CANDIDATO INDICHI IN QUALI CASI SI PUO' RICORRERE IN CASSAZIONE A norma dell’art. 62 del D. Lgs. 546/92 e, in ossequio dell’art.111 della Costituzione, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale potrà essere proposto ricorso per Cassazione per: - motivi attinenti alla giurisdizione; 22 - violazione delle norme sulla competenza; - violazione o falsa applicazione delle norme di diritto; - nullità della sentenza o del procedimento; - omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio LEZIONE 044 01. IL CANDIDATO ILLUSTRI I CONTENUTI DEL RICORSO Il ricorso dovrà contenere, a pena di inammissibilità: - l’indicazione delle parti; - l’indicazione della sentenza impugnata; - l’esposizione sommaria dei fatti della causa; - i motivi per i quali si ricorre in Cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano; - l’indicazione della procura, se conferita con atto separato. LEZIONE 045 01. QUALI SONO GLI ATTI IMPUGNABILI CON IL RICORSO A norma dell’art 19 comma 1 Codice del processo tributario, gli atti impugnabili ed oggetto del ricorso sono: a) l'avviso di accertamento del tributo; b) l'avviso di liquidazione del tributo; c) il provvedimento che irroga le sanzioni; d) il ruolo e la cartella di pagamento; e) l'avviso di mora; f) gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell'articolo 2, comma 3; g) il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti; h) il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari; i) ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l'autonoma impugnabilità davanti alle commissioni tributarie. Gli atti espressi di cui al comma 1 devono contenere l'indicazione del termine entro il quale il ricorso deve essere proposto e della Commissione Tributaria competente, nonché delle relative forme da osservare ai sensi dell'articolo 20. Gli atti diversi da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente. Ognuno degli atti autonomamente impugnabili, può essere impugnato solo per vizi propri. La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili adottati precedentemente all'atto notificato, ne consente l'impugnazione unitamente a quest'ultimo. LEZIONE 046 2. IL CANDIDATO ILLUSTRI LE FASI DEL PROCESSO TRIBUTARIO 25 lasciate alla prudente valutazione del giudice, il quale però può ammettere soltanto presunzioni gravi, precise e concordanti. All’interno delle presunzioni legali si distingue poi, anche in ambito tributario, tra presunzioni assolute e relative, a seconda cioè che esse non ammettano o ammettano prova contraria. Alle presunzioni assolute, viene in particolare riconosciuta una natura non già processuale quanto, piuttosto, sostanziale, ovverosia quella di situazioni volte alla definizione della fattispecie impositiva e/o alla quantificazione della materia imponibile: la loro incidenza investe, in prevalenza, la materia dell’imposta sulle successioni e donazioni e quella dell’imposta di registro. La presunzione legale relativa ha l’effetto, pratico, d’invertire l’onere della prova. Infatti, le presunzioni legali, dispensano da qualunque prova coloro a favore dei quali esse sono stabilite,mentre l’altra parte (con inversione dell’onere della prova) può provare il contrario. LEZIONE 050 02. QUALI SONO GLI STRUMENTI PER IMPUGNARE LE SENTENZE DELLE COMMISSIONI TRIBUTARIE I mezzi di impugnazione delle sentenze delle Commissioni Tributarie sono l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione (art. 50, D. Lgs. n° 546/92). Fatto salvo quanto disposto dal decreto legislativo n° 546/92, per espresso rinvio dell’art. 49, in materia si applicano le disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del codice di procedura civile. Per le specifiche discipline leggere le domande sottostanti: (03-cos’è il ricorso per cassazione, 04- cos'e' il ricorso in appello , 05-cos'e' la revocazione ). 03. COS'E' IL RICORSO IN CASSAZIONE In ambito tributario, al ricorso per Cassazione e al relativo procedimento si applicano, in quanto compatibili con il D.lgs. 546/92, le norme dettate dal codice di procedura civile. Le sentenze pronunciate dalle Commissioni Tributarie Regionali possono essere impugnate con ricorso per Cassazione per i motivi di cui ai numeri da 1 a 5 dell’art. 360, comma 1, del c.p.c. (art. 62, D. Lgs. n° 546/92), di seguito elencati: - motivi attinenti alla giurisdizione; - violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza; - violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro; - nullità della sentenza o del procedimento; - omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità: - l’indicazione delle parti; - l’indicazione della sentenza o della decisione impugnata; - l’esposizione sommaria dei fatti della causa; - i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano, secondo quanto previsto dall’art. 366 bis; - l’indicazione della procura, se conferita con atto separato e, nel caso di ammissione al gratuito patrocinio, del relativo decreto; 26 - la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi su cui si fonda. La Corte di Cassazione può: - rigettare il ricorso con ordinanza; - dichiarare il ricorso inammissibile o improcedibile con ordinanza; - dichiarare l'estinzione del giudizio con sentenza; - accogliere il ricorso con sentenza (con o senza rinvio alla commissione che ha emesso il provvedimento). Inoltre, con l’introduzione del comma 2 bis dell’art. 62 del D. Lgs. n° 546/92, è stato esteso anche al processo tributario il ricorso per saltum di cui all’art. 360, comma 2, del c.p.c. che consente, previo accordo tra le parti, la possibilità di proporre ricorso per Cassazione avverso le sentenze pronunciate dalle Commissioni Tributarie Provinciali omettendo l’appello. In tal caso, la sentenza può essere impugnata unicamente a norma dell'articolo 360, comma 1, n° 3, c.p.c., ovvero per violazione o falsa applicazione di norme di diritto. La parte che ha proposto ricorso per Cassazione può chiedere alla Commissione Tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata la sospensione, in tutto o in parte, dell’esecutività, allo scopo di evitare un danno grave e irreparabile. Può, comunque, chiedere la sospensione dell’esecuzione dell’atto, se da questa può derivargli un danno grave ed irreparabile.). La sospensione può essere subordinata alla prestazione della garanzia di cui all’art. 69, comma 2, del D. Lgs. n° 546/92 e, nel silenzio della norma, si propende per ritenere applicabile tale istituto ad entrambi i provvedimenti inibitori dell’esecutività, sia della sentenza che dell’atto impositivo impugnati. 04. COS'E' IL RICORSO IN APPELLO Il soccombente può proporre appello avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale mediante ricorso, esperibile entro 60 giorni dalla notifica della sentenza o entro sei mesi dal suo deposito (se non notificata). Nei 30 giorni successivi alla notifica alla controparte, il ricorso, con dichiarazione di conformità all’originale notificato, deve essere depositato presso la segreteria della Commissione Tributaria Regionale, unitamente agli allegati e al contributo unificato. È anche possibile effettuare il deposito telematico, ormai attivo in tutta Italia, previa registrazione sull’apposito portale. L’atto di appello tributario deve contenere, a pena di inammissibilità: - l’indicazione della Commissione Tributaria a cui è diretto - l’indicazione dell’appellante e delle altre parti nei cui confronti è proposto - gli estremi della sentenza impugnata - l’esposizione sommaria dei fatti - l’oggetto della domanda - i motivi specifici dell’impugnazione. Per espressa disposizione di legge, l’appello è dichiarato inammissibile se manca o è assolutamente incerto uno degli elementi sopra indicati o se non è sottoscritto. Secondo la giurisprudenza, l’appello avverso le decisioni della Commissione Tributaria Provinciale, presuppone l’applicazione diretta, al procedimento tributario, del principio previsto dal codice di procedura civile ,e, prima ancora, seppur più genericamente, dalle norme del processo tributario, secondo le quali l’appello è inammissibile se i motivi dell’impugnazione mancano o risultano assolutamente incerti. 27 Non è quindi consentita una generica richiesta di riforma della sentenza di primo grado (e ancor meno una semplice riproposizione della domanda formulata con il ricorso originario), visto che l’appello opera, non come un nuovo giudizio, ma come revisione del giudizio di primo grado, cioè come verifica dell’operato del primo giudice. L’indicazione dei motivi imposta dalla legge ha, quindi, la specifica funzione di indicare le ragioni, di fatto e di diritto, a sostegno della richiesta eliminazione della decisione pregiudizievole e gli errori compiuti dal giudice di primo grado, per la revisione del suo operato; senza tale indicazione l’appello è da ritenersi assolutamente inammissibile. L’appellante deve, dunque, indicare le ragioni per le quali ritiene che debba essere modificata la ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado, sottoponendo a una critica specifica le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata. Deve, inoltre, esporre, sempre in maniera specifica, le ragioni per cui ritiene esservi stata un’inesatta ricostruzione della fattispecie sotto il profilo giuridico, indicando le conseguenze che ne derivano ai fini della decisione. In altri termini l’appellante dovrà : - indicare i passi della sentenza non condivisi, se non trascrivendoli integralmente, almeno riassumendone in maniera chiara e sufficientemente specifica il contenuto; - esporre i motivi specifici di dissenso, indicando gli errori, anche di diritto, e omissioni in cui è incorso il giudice di primo grado; - esporre un ragionato progetto alternativo di decisione. In altri termini, l’appello deve avere un aspetto assimilabile a quello della sentenza, ossia deve possedere, il requisito dell’autosufficienza. La recente giurisprudenza ha precisato che l’appello tributario è inammissibile se mancano o sono assolutamente incerti i motivi specifici dell’impugnazione. L’indicazione di specifici motivi di impugnazione costituisce quindi un requisito essenziale dell’atto di appello, dato che la sua funzione consiste esattamente nell’indicare i limiti della devoluzione. Occorre consentire al giudice di secondo grado di individuare l’oggetto e l’ambito del riesame, attraverso la specifica evidenziazione degli errori commessi dal primo giudice e la relativa connessione causale con il provvedimento impugnato di cui è chiesta la riforma. L’indicazione specifica dei motivi manca, con conseguente inammissibilità dell’appello, qualora l’appellante si limiti a riproporre i motivi d’impugnazione esposti nel ricorso introduttivo, senza alcun riferimento a supposti vizi della sentenza. 05. COS'E' LA REVOCAZIONE L’istituto della revocazione, nell’ambito del processo tributario, trova la sua declinazione all’interno dell’art. 64 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ai sensi del quale: “Contro le sentenze delle commissioni tributarie che involgono accertamenti di fatto e che sul punto non sono ulteriormente impugnabili o non sono state impugnate è ammessa la revocazione ai sensi dell'art. 395 del codice di procedura civile”. Le sentenze delle Commissioni tributarie non più impugnabili o non impugnate, in quanto scaduto il termine per l’appello, possono essere revocate quando si venga a conoscenza di fatti come: - dolo di una delle parti a danno dell’altra; - giudizio basato su prove riconosciute false o dichiarate false dopo la sentenza; - ritrovamento di documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio; - dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato. 30  i redditi derivanti dall'esercizio di attività organizzate in forma d'impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell'art. 2195 c.c.;  i redditi derivanti dall'attività di sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne;  i redditi dei terreni, per la parte derivante dall'esercizio delle attività agricole di cui all'art. 32, pur se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino alle società in nome collettivo e in accomandita semplice nonché alle stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività di impresa. - redditi diversi sono quelli che non costituiscono redditi di capitale, ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali, o da s.n.c. e s.a.s., né in relazione alla qualità di lavoro dipendente relative a persone fisiche. L’art. 67 del TUIR contiene l’elencazione tassativa dei redditi rientranti nella categoria in esame. Alcuni esempi: plusvalenze da cessione di partecipazioni qualificate e non qualificate, plusvalenze da cessione di titoli non partecipativi, valute, metalli preziosi, redditi derivanti dall’utilizzazione economica di opere dell’ingegno, brevetti industria, redditi derivanti da usufrutto e sublocazione di beni immobili, redditi derivanti dall’affitto e usufrutto di aziende. 12. IL CANDIDATO INDICHI QUAL E' IL PRESUPPOSTO DELLE IMPOSTE DIRETTE SUI REDDITI Per imposta si intende un prelievo coattivo di ricchezza privata ad opera dello Stato o di altro ente locale, finalizzato a mantenere e soddisfare i bisogni pubblici. La prestazione richiesta al cittadino non è pertanto direttamente collegata ad una controprestazione dell’ente ma, finanzia genericamente una serie di beni e servizi che la Pubblica amministrazione mette a disposizione della collettività. Presupposto dell’imposta è ovviamente il “possesso di un reddito” cui viene commisurato il prelievo, poiché rappresentativo della capacità contributiva del cittadino ossia, della sua capacità di contribuire ai fabbisogni della collettività. L’art. 53 Cost. stabilisce infatti che: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. 13. IL CANDIDATO ILLUSTRI IL CONCETTO DI ONERI DEDUCIBILI E DETRAZIONI DI IMPOSTA Deduzioni e detrazioni sono considerate entrambe agevolazioni fiscali che si differenziano sostanzialmente dal momento in cui vengono applicate. La deduzione viene sottratta direttamente al reddito complessivo per ottenere il cosiddetto reddito imponibile, cioè il valore effettivo sul quale verranno poi calcolate le tasse e le detrazioni fiscali. Nel dettaglio: - Gli oneri deducibili sono quelle spese grazie alle quali il contribuente riduce il proprio reddito e, di conseguenza, l'IRPEF (imposta sul reddito persone fisiche) dovuta su di esso. Si tratta pertanto di spese che, sostenute nell'anno, producono un risparmio di imposta, tanto maggiore quanto più elevato è il reddito (e l'aliquota utilizzata). Fra tali spese, le più frequenti sono: i contributi previdenziali e assistenziali obbligatori per legge, i contributi per pensioni integrative, le erogazioni liberali a favore di istituzioni religiose, i contributi a paesi in via di sviluppo, nel limite del 2% del reddito, le spese per adozioni internazionali, nel limite del 50% di quanto sostenuto, i contributi obbligatori 31 versati per collaboratori domestici, nel limite di €. 1.549,37, le spese mediche e di assistenza specifica per persone con disabilità. - Le detrazioni costituiscono una agevolazione destinata a favorire contribuenti e famiglie, attraverso una riduzione dell'IRPEF (Imposta sul reddito delle persone fisiche) in misura fissa, pari al 19%, da applicare al seguente elenco di spese: spese sanitarie: sono inserite in tale categoria tutte le spese sostenute per prestazioni mediche, compresa l'assistenza sanitaria ospedaliera, e per l'acquisto di farmaci e protesi, spese per l’acquisto di alimenti a fini medici speciali, quali inseriti nella Sezione A del Registro nazionale, di cui all’art. 7 del Decreto del Ministero della sanità 8 giugno 2001, spese per l’acquisto di cani guida, contributi versati per il riscatto del corso di laurea di familiari a carico privi di altra forma di previdenza obbligatoria e che non abbiano iniziato alcuna attività lavorativa, spese per assicurazioni vita o infortuni: il limite, originariamente fissato ad € 1291,14, è stato ridotto dal 2013 ad € 630,00 ed è attualmente fissato a € 530,00, premi per assicurazioni aventi per oggetto il rischio di eventi calamitosi stipulate relativamente a unità immobiliari ad uso abitativo, spese per la frequenza di scuole dell'infanzia del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale di istruzione, con il limite di € 400 annui per ogni alunno o studente. 14. IL CANDIDATO INDICHI LA DIFFERENZA TRA CRITERIO TEMPORALE DI CASSA E CRITERIO TEMPORALE DI COMPETENZA Nella determinazione del reddito delle persone fisiche si può seguire il criterio di cassa (come nel caso di lavoratori autonomi e dipendenti) o il criterio di competenza (come nel caso di impresa individuale). Il criterio di cassa consiste nel registrare costi e ricavi quando questi effettivamente sono stati sostenuti o incassati (vale anche il principio di cassa allargato per dipendenti e collaboratori, non per gli autonomi). Il criterio di competenza consiste invece nel registrare costi e ricavi nel periodo di competenza (di attribuzione), anche se questi non sono ancora stati sostenuti o incassati. 15. IL CANDIDATO INDICHI IN CHE MODO SI INDIVIDUANO I SOGGETTI PASSIVI AI FINI IRPEF Soggetti passivi del tributo sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato. L’imposta si applica: - per le persone fisiche residenti del territorio dello Stato, su tutti i redditi posseduti; - per le persone fisiche non residenti del territorio dello Stato, sui soli redditi prodotti nello Stato. Possiamo perciò dedurre che non è la cittadinanza del contribuente, bensì la sua residenza a determinare la sfera di applicazione dell’imposta, la quale riguarda tutti i redditi comunque prodotti nel territorio dello Stato per i non residenti. L’art. 2, modificato dall’art. 1, co. 83, della L. 244/2007, determina la portata del concetto di residenza, che si discosta dal principio civilistico. Stabilisce infatti che, ai fini delle II.DD., si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta: 32 - sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente; - hanno il domicilio in Italia, ai sensi dell’art. 43 c.c.; - hanno la residenza, ai sensi del citato art. 43, nel territorio dello Stato. Sono considerati residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, individuati con D.M. 4-5-1999. In tal modo si è inteso dare soluzione al problema dei trasferimenti di residenza fittizi, ossia aventi quale unica finalità quella di usufruire di un trattamento fiscale più favorevole. LEZIONE 053 01. COS'E' LA TASSAZIONE SEPARATA Per motivi di equità, sono soggetti a tassazione separata i redditi percepiti una tantum e che, solitamente, derivano da un processo produttivo pluriennale. Proprio in virtù della loro maturazione ultra-annuale, al fine di evitare che tali redditi, nell’anno in cui si considerano imponibili, si sommino a quelli “ordinari” di quello stesso periodo d’imposta, incrementando il carico fiscale % sul contribuente, i relativi ammontari sono tassati separatamente: essi, dunque, non concorrono alla formazione del reddito complessivo dell’anno, ma costituiscono una massa imponibile autonoma, tassata secondo norme particolari. In linea generale, infatti, il reddito soggetto a tassazione separata è imponibile IRPEF con un’aliquota proporzionale (e non più progressiva) pari all’aliquota media d’imposta cui è stato soggetto il reddito del contribuente nel biennio antecedente l’anno in cui l’ammontare a tassazione separata si considera “posseduto” (art. 21, comma 1) e: - nel caso in cui, in uno dei due anni da prendere in considerazione, il contribuente non abbia avuto reddito, l’aliquota applicata è pari alla metà dell’aliquota media dell’altro anno; - nel caso in cui il contribuente non abbia posseduto redditi nel biennio anteriore, la tassazione avverrà secondo l’aliquota applicabile al primo scaglione IRPEF. La tassazione separata può essere una facoltà o un obbligo. Nella gran parte dei casi, la tassazione separata è applicabile solo qualora il possessore del reddito sia una persona fisica e non una società di persone né, tantomeno, di capitali. Sono assoggettati a tassazione separata, indipendentemente da una diversa volontà del contribuente, i seguenti redditi, perlopiù correlati a un’attività lavorativa personale del contribuente: a) TFR ed equipollenti, anche quando conseguiti per effetto di una procedura concorsuale o di un provvedimento dell’autorità giudiziaria. La quota di indennità > e 1.000.000 va comunque assoggettata a tassazione ordinaria; b) prestazioni pensionistiche erogate ai sensi del d.lgs. 252/2005; c) emolumenti arretrati di lavoro dipendente, qualora:  riferiti ad anni precedenti a quello in cui sono effettivamente percepiti;  spettanti in base a sopravvenuto intervento di legge/sentenze/CCNL; d) indennità per la cessazione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, purché esista un atto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto, sulla base del quale possa provarsi il diritto alla percezione di tale indennità. La quota di indennità > E 1.000.000 va comunque assoggettata a tassazione ordinaria; e) indennità di mobilità corrisposta in via anticipata; f) rimborso di oneri e/o imposte dedotti/detratti in anni precedenti. 35 - principio di cassa (e non di competenza come avviene per esempio per i redditi di impresa). In base al principio di cassa i redditi di capitale devono essere riportati in dichiarazione dei redditi e tassati solo con riferimento al periodo d’imposta in cui sono incassati. Ciò differenzia fortemente i redditi di capitale dai redditi di impresa, per i quali vige, invece, il principio di competenza economica. - Sulla base di quanto previsto dagli articolo 44 e 45 del Tuir è possibile suddividere i redditi di capitale in due macrocategorie: i proventi derivanti da rapporti di finanziamento e i proventi derivanti da capitali impiegati in attività finanziarie di partecipazione ovvero i dividendi di partecipazione. La prima importante categoria di redditi di capitale da prendere in considerazione sono i proventi derivanti da rapporti di finanziamento ovvero le cosiddette rendite finanziarie. Le rendite finanziarie vengono percepite come remunerazione di un rapporto contrattuale in cui una parte (risparmiatore) mette a disposizione dell’altra (intermediario finanziario, banca o azienda in cerca di finanziamenti) una certa somma di denaro ovvero un’altra cosa fungibile, consentendone l’utilizzo e prevedendo l’ottenimento della restituzione alla scadenza pattuita. Il prodotto del capitale impiegato è l’interesse e rappresenta il reddito fiscale imponibile. La tassazione dei redditi di capitale in forma di rendite finanziarie avviene attraverso il sistema di ritenute alla fonte a titolo di imposta. Occorre distinguere in questo senso tra: - tassazione con aliquota al 26% per interessi derivanti da dividendi, obbligazioni, interessi attivi bancari e postali, certificati di deposito; - tassazione con aliquota al 12,50% per i titoli di Stato e similari. La seconda categoria di redditi di capitale presa in considerazione dal Tuir è data dai proventi derivanti da capitali impiegati in attività finanziarie o di partecipazione ovvero dai cosiddetti dividendi di partecipazione. I redditi da dividendi di partecipazione sono redditi di capitale derivanti dalla partecipazione al capitale di rischio di società o enti soggetti passivi Ires. La tassazione di azioni e dividendi varia a seconda di due fattori fondamentali: la localizzazione della società che eroga i dividendi e la percentuale di partecipazione detenuta dal socio. Uno dei criteri da considerare per comprendere la tassazione dei redditi di capitale è quello della “partecipazione”, ovvero se il risparmiatore socio/azionista considerato è titolare di una quota del capitale o partecipazione qualificata o non qualificata. Al riguardo, I fattori da considerare sono due: - la quota percentuale di capitale (partecipazione) posseduta; - il diritto di voto in assemblea che tale partecipazione attribuisce. Per definire correttamente la distinzione tra partecipazione qualificata e non qualificata, il diritto societario prevede diverse percentuali di quota capitale e diritto di voto a seconda che si faccia riferimento a società quotate in borsa ovvero a società non quotate in borsa. LEZIONE 056 03. I REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE 36 Nell’ordinamento tributario interno la disciplina generale dei redditi di lavoro dipendente è contenuta al Capo IV, artt. da 49 a 52 del TUIR (Testo Unico Imposte sul Reddito). In particolare, l’articolo 49 definisce redditi di lavoro dipendente quelli derivanti da “rapporti aventi ad oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri…”. Costituisce, pertanto, reddito di lavoro dipendente a fini fiscali quella ricchezza che trova causa nel rapporto definito dall’art. 49 del TUIR. Ci si riferisce in particolare ai seguenti redditi: - quelli derivanti da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, alle dipendenze e sotto la direzione di altri; - quelli da lavoro a domicilio, quando è considerato lavoro dipendente dalla legislazione del lavoro; - quelli cd. Equiparati ai redditi da lavoro dipendente, ossia le pensioni e gli assegni equipollenti, compresi gli emolumenti per cessazione di attività diverse da quelle di lavoro dipendente (es. pensioni di professionisti, trattamento di quiescenza dei notai, pensioni di invalidità e reversibilità). - in forza del disposto art. 6, co. 2, del T.U. gli interessi e la rivalutazione sui crediti di lavoro. Non è necessario che l’erogazione degli interessi e della rivalutazione consegua da sentenze. Riguardo alle modalità di calcolo degli interessi legali, questi vanno computati sul capitale rivalutato nella misura di volta in volta incrementata alle singole scadenze; - le indennità, le somme o i valori percepiti in sostituzione di redditi di lavoro dipendente (es. cassa integrazione, indennità di disoccupazione e, dal 1.1.1998, anche la disoccupazione speciale, mobilità, ecc.), comprese quelle derivanti da transazioni per cause di lavoro e le liberalità (eccedenti il limite di esenzione) erogate in relazione al rapporto di lavoro. Oltre alle somme in denaro, rientrano tra i redditi di lavoro dipendente anche i cd. “fringe benefits” (compensi in natura). Il lavoratore dipendente paga le imposte sui redditi da lavoro attraverso il sistema della ritenuta alla fonte. In sostanza, la tassazione avviene tramite il datore di lavoro che, in qualità di sostituto d’imposta, ha l’obbligo di effettuare, all’atto del pagamento delle somme, una trattenuta a titolo di acconto delle imposte dovute dal dipendente. L’IRPEF sul reddito di lavoro dipendente viene, quindi, determinata e versata: - con il sistema della ritenuta d’imposta effettuata dal datore di lavoro all’atto dell’erogazione di stipendio, salario ed accessori; - sulla base della dichiarazione annuale presentata dal dipendente per l’eventuale ulteriore differenza (ad esempio nel caso di possesso di altri redditi). L’art. 50 elenca in modo analitico i redditi fiscalmente assimilati a quelli di lavoro dipendente, mentre gli artt. 51 e 52 dettano i criteri di determinazione rispettivamente dei redditi di lavoro dipendente e di quelli assimilati a questi ultimi. 04. IL CANDIDATO ILLUSTRI LA DIFFERENZA TRA REDDITO DI LAVORO AUTONOMO E REDDITO DI LAVORO DIPENDENTE (vedi domanda precedente e successiva) LEZIONE 057 37 03. I REDDITI DI LAVORO AUTONOMO L’articolo 53 del TUIR considera il Reddito da lavoro autonomo quello che deriva dall’esercizio di arti e professioni ovvero l’esercizio abituale, anche se non esclusivo, di un’attività diversa da quelle di impresa, anche se esercitata in forma di associazione priva di personalità giuridica. Gli elementi che il legislatore individua per configurare l’attività di lavoro autonomo sono: - l’abitualità nello svolgimento delle proprie mansioni (infatti se così non fosse ci troveremo dinanzi ad un reddito di natura diversa); - la mancanza di subordinazione; - l’esercizio di un’attività differente da quella di impresa intesa come attività commerciale L’articolo 54 del Tuir detta i criteri per poter calcolare il reddito per il lavoratori autonomi. Secondo il primo comma, il reddito da attività professionale: “è costituito dalla differenza tra i compensi percepiti, includendo anche quelli corrisposti in natura o sotto forma di partecipazione agli utili, e le spese sostenute nel medesimo periodo di imposta.” Il reddito così calcolato per i professionisti segue il c.d. regime di cassa. Vengono considerati ai fini della determinazione del reddito imponibile i compensi e le spese effettivamente incassati e sostenuti nel periodo di imposta ed iscritti in contabilità. I compensi vengono calcolati escludendo i contributi previdenziali e assistenziali; sono compresi invece i contributi dovuti per la gestione separata Inps. I compensi percepiti dal professionista nell’ambito dell’attività professionale, secondo l’articolo 25 comma 1 del D.P.R. 600/73 sono sottoposti ad una ritenuta d’imposta fissata in misura forfettaria al 20%. La ritenuta d’imposta colpisce i compensi percepiti dai professionisti ad esclusione dei: - rimborsi delle spese sostenute a titolo di anticipazioni effettuate dal professionista in nome e per conto del cliente; - contributi obbligatori versati alle Casse di Previdenza professionali, posti dalla legge a carico del cliente. La ritenuta è corrisposta dai percipienti con obbligo di rivalsa; di norma si applica su compensi addebitati da lavoratori autonomi (avvocati, geometri, commercialisti, architetti, geometri, notai, ecc) nei confronti di committenti titolari di partita iva. Ne consegue che non sarà dovuta alcuna ritenuta se il committente è una persona fisica priva di partita iva. Il sostituto di imposta che versa la ritenuta per il professionista, dovrà certificarla attraverso la presentazione di una Certificazione Unica delle ritenute. All’atto della dichiarazione annuale dei redditi, il lavoratore autonomo scomputerà le ritenute subite dall’imposta dovuta nella sua globalità. Le ritenute di imposta devono essere versate dal sostituto entro il giorno 16 del mese successivo a quello di avvenuto pagamento del professionista, utilizzando il modello F24, con il codice tributo 1040 se la ritenuta riguarda i lavoratori autonomi relativamente a compensi per l’esercizio di arti o professioni, rapporti di commissione o di agenzia, mediazione o rappresentanza. Il professionista che aderisce al regime fiscale forfettario non subisce ritenuta in ragione dell’esiguità della misura dell’ imposta sostitutiva applicata. LEZIONE 058 03. I REDDITI DI IMPRESA 40 Il calcolo della base imponibile IRES avviene in modo differente a seconda della natura del soggetto. Occorre, quindi, distinguere tra società di capitali ed enti commerciali residenti, enti non commerciali residenti e società ed enti non residenti. Per altri soggetti invece, quali ad esempio i trust, i criteri di determinazione variano a seconda della tipologia di attività esercitata (commerciale o meno), nonché della residenza. a) Sono due gli articoli fondamentali che regolano la determinazione del reddito per le società di capitali e gli enti commerciali: - l’art. 81 del TUIR che prevede che il reddito complessivo delle società di capitali e degli enti commerciali, da qualsiasi fonte provenga, sia sempre considerato per presunzione di legge reddito d’impresa (c.d. “principio di attrazione”); - l’art. 83 co. 1 del TUIR, ovvero il criterio base che regola la determinazione del reddito d’impresa delle società di capitali e degli enti commerciali che non adottano gli IAS/IFRS ossia il c.d. “principio di derivazione”, secondo cui il reddito d’impresa è determinato apportando all’utile o alla perdita risultanti dal Conto economico le apposite variazioni in aumento o in diminuzione previste dal TUIR (si pensi, a titolo di esempio, alle particolari percentuali di deducibilità previste per i costi di telefonia, rappresentanza, ecc.). b) Gli enti non commerciali residenti determinano il reddito secondo le disposizioni contenute nel Titolo II, Capo III del TUIR (artt. da 143 a 150). La determinazione del reddito complessivo avviene in base a regole analoghe a quelle previste per le persone fisiche. Il reddito complessivo degli enti non commerciali è costituito: c) - dalla sommatoria dei redditi fondiari, di capitale, d’impresa e diversi conseguiti nel periodo d’imposta; - al netto delle eventuali perdite derivanti dall’attività commerciale esercitata. I redditi e perdite devono essere determinati:  distintamente per ciascuna categoria, in base al risultato complessivo di tutti i cespiti che vi rientrano, al netto delle eventuali perdite deducibili;  salvo diversa disposizione, in base alle norme del Titolo I del TUIR (artt. 1 - 71), relative alle tipologie reddituali dei soggetti IRPEF. d) Il reddito complessivo delle società e degli enti non residenti è formato soltanto dai redditi prodotti in Italia. Occorre, a tal fine, distinguere le seguenti ipotesi:  stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti, seguono le disposizioni IRES proprie delle società commerciali residenti, sulla base di apposito Conto economico;  società ed enti commerciali senza stabile organizzazione in Italia, tassati in base alle regole dei redditi fondiari, di capitale e diversi;  enti non commerciali, tassati in base alle regole dei redditi fondiari, di capitale e diversi ovvero a quelle del reddito d’impresa (se esercitano attività commerciale mediante una stabile organizzazione in Italia). 41 LEZIONE 061 01. I COMPONENTI POSITIVI DI REDDITO Costituiscono componenti positivi di reddito i ricavi, le plusvalenze patrimoniali, le sopravvenienze attive, i dividendi e gli interessi attivi, i proventi immobiliari e le rimanenze. a) Il legislatore fiscale detta una norma con la quale ci dice cosa intende per ricavi:  i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa;  i corrispettivi delle cessioni di materie prime, semilavorati e altri beni mobili, esclusi i beni strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione.  i corrispettivi per la vendita di azioni o di altri titoli similari, o anche di titoli obbligazionari; però questi corrispettivi risulteranno essere ricavi per la società solo se questi titoli, nel conto patrimoniale, figurino sotto la voce attivo circolante.  le indennità conseguite a titolo di risarcimento di danni anche in forma assicurativa per la perdita o il danneggiamento di beni che ove venduti avrebbero dato luogo a ricavi.  i contributi in denaro o in natura spettanti in base a contratto all’impresa.  i contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge.  il valore normale dei beni destinati a finalità diverse da quelle dell’esercizio di impresa. b) Per sopravvenienze attive si intendono componenti positive del reddito, ma non preventivate dall’azienda e che hanno a che vedere con operazioni effettuate negli esercizi precedenti. Esse incidono sul reddito dell’esercizio in maniera positiva. Possono riguardare esborsi minori di quelli messi in conto dalla società o la realizzazione di ricavi maggiori a quelli stimati o maturati mediamente negli esercizi precedenti. Le sopravvenienze attive possono essere distinte in tre grandi categorie:  Spese, perdite e oneri dedotti in precedenti esercizi.  Ricavi maturati in misura superiore a quella che ha formato il reddito negli esercizi precedenti.  Ricavi o sopravvenuta insussistenza di oneri sostenuti negli esercizi precedenti. c) Le plusvalenze patrimoniali, come noto, si riferiscono ai beni dell’impresa diversi da quelli che generano ricavi, secondo la definizione dell’art. 85 TUIR (beni e servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa, materie prime o sussidiarie e semilavorati acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione, azioni o quote di partecipazioni ed altri strumenti finanziari) e sono costituite dalla differenza positiva fra il corrispettivo di vendita ed il costo non ammortizzato dei beni ceduti. Le plusvalenze, ai sensi del successivo art. 86, concorrono alla formazione del reddito se sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso, oltre che nel caso in cui sono realizzate mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni stessi. d) Il dividendo è quella parte di utile che una società decide di distribuire ai suoi azionisti alla fine di ogni esercizio contabile come remunerazione del capitale investito. 42 e) Gli interessi attivi rappresentano un aggregato di bilancio dato dalla somma degli interessi su titoli a reddito fisso, degli interessi su crediti verso enti creditizi, degli interessi su crediti verso clientela e altri interessi attivi. LEZIONE 062 01. I COMPONENTI NEGATIVI DI REDDITO Costituiscono componenti negativi di reddito i costi, gli interessi passivi, le minusvalenze patrimoniali, le sopravvenienze passive, le perdite, gli accantonamenti. Si dicono costi le spese monetarie sostenute per l'acquisizione dei fattori di produzione, ossia beni e servizi necessari per il perseguimento delle finalità proprie di ciascuna impresa. A seconda delle finalità informative perseguite i costi possono essere classificati in svariati modi: in base alla natura economica della spesa, alla funzione aziendale cui ineriscono, al tempo necessario per l'esaurimento dell'utilità nell'ambito dei processi produttivi, alla correlazione con il volume della produzione. Gli interessi passivi che sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto fra l’ammontare dei ricavi ed altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa o che non vi concorrano in quanto esclusi e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi”. Le minusvalenze deducibili sono valori di realizzo dei beni inferiori al loro costo fiscalmente riconosciuto. Le minusvalenze (meramente) “iscritte” non hanno mai rilevanza fiscale. Diverso è il regime delle minusvalenze realizzate con la cessione di partecipazioni immobilizzate, che sono irrilevanti se derivano da partecipazioni cui si applica il regime di participation exempion, e sono invece deducibili se derivano da partecipazioni cui non si applica tale regime. LEZIONE 064 02. IL CANDIDATO ILLUSTRI IL REGIME DI TRASPARENZA FISCALE Il regime di trasparenza fiscale, generalmente applicabile da parte delle società di persone, può essere adottato, al sussistere di particolari requisiti, anche dalle società di capitali, come previsto dagli artt. 115 e 116, TUIR. In particolare, l’accesso a tale regime è consentito sia alle società di capitali i cui soci sono altre società di capitali, sia alle Srl i cui soci sono esclusivamente persone fisiche. L’opzione per l’istituto della trasparenza ha come effetto quello di tassare le società di capitali con le stesse modalità delle società di persone. Infatti, il reddito prodotto viene determinato in capo alla società e imputato ai soci, indipendentemente dall’effettiva percezione e in proporzione alla percentuale di partecipazione agli utili. La volontà della società di optare per il regime di tassazione per trasparenza deve essere manifestata attraverso la procedura stabilita dal D.M. 23.4.2004 ed entro il 31.12 di ogni anno. Le società interessate devono: - manifestare l’opzione per la trasparenza per il triennio successivo; - decorso il triennio, manifestare la volontà di rinnovare l’opzione per il successivo triennio. .Il regime di tassazione per trasparenza delle società di capitali è disciplinato dagli articoli 115 e 116, D.P.R. 917/1986. Nello specifico, i due articoli regolamentano le seguenti due distinte fattispecie: 45 Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, hai fini IVA, possono essere distinte in operazioni rilevanti ai fini IVA e operazioni non rilevanti ad IVA dette anche operazioni estranee o fuori campo IVA. Le prime sono operazioni che presentano tutti i presupposti per essere assoggettate all'imposta: quindi di tratta di cessioni di beni e prestazioni di servizi, così come definiti dalla legge, poste in essere da imprese o da lavoratori autonomi nel territorio dello Stato. Ovviamente, tra le operazioni rilevanti ai fini IVA, si comprendono anche le importazioni da chiunque effettuate. Le operazioni fuori campo IVA sono operazioni prive di almeno uno dei presupposti necessari per l'applicazione dell'imposta La distinzione è importante non solo ai fini dell'applicazione dell'imposta, ma anche in relazione agli adempimenti previsti dalla legge, infatti le operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sono anche sono soggette a tutti gli adempimenti previsti dalla normativa in materia di IVA. Le operazioni rilevanti ai fini IVA si distinguono in: - operazioni imponibili. Questa categoria di operazioni comprende tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso, da soggetti passivi IVA nell'ambito del territorio nazionale. - operazioni esenti. Queste sono operazioni che hanno tutti i requisiti per essere considerate imponibili, ma per le quali il legislatore, per ragioni di opportunità economica e sociale, ha previsto che non venga applicata l'IVA. - operazioni non imponibili. In questa categoria rientrano operazioni che non sono tassate in quanto si riferiscono a beni destinati al consumo fuori dal territorio nazionale. Essendo l'IVA un'imposta sui consumi essa colpisce il bene nel luogo in cui esso sarà consumato. La non imponibilità di queste operazioni, quindi, mira ad evitare una doppia imposizione. LEZIONE 071 01. IL CANDIDATO INDICHI I REQUISITI OGGETTIVI E SOGGETTIVI AFFINCHE' SI ASSUMA LA QUALIFICA DI SOGGETTO IVA I presupposti di applicazione dell’IVA sono previsti dall’articolo 1 del d.p.r. 633/1972. Si tratta di una norma di carattere generale che afferma quanto segue: “L’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate”. Di conseguenza, i presupposti di applicazione dell’IVA individuati dalla normativa vigente sono tre: presupposto oggettivo, presupposto soggettivo e presupposto territoriale. Il primo dei presupposti per l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto è il presupposto oggettivo. L’operazione considerata deve rientrare fra le cessioni di beni e le prestazioni di servizi così come individuati dai successivi articoli 2 e 3 del d.p.r. 633/1972. Si considerano cessione di beni tutti gli atti a titolo oneroso che importano il trasferimento della proprietà dei beni, ovvero la costituzione od il trasferimento di diritti reali di godimento (si pensi all’usufrutto o all’enfiteusi per esempio). Si considerano prestazioni di servizi tutte le operazioni non riconducibili alla cessione di beni. Il secondo dei presupposti per l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto è il presupposto soggettivo. 46 Affinché si possa applicare l’imposta sul valore aggiunto è necessario che il bene sia ceduto e/o il servizio sia prestato da un soggetto che svolge abitualmente attività di impresa o di lavoro autonomo (attività che il d.p.r. 633/1972 definisce agli articoli 4 e 5). Il terzo ed ultimo dei presupposti per l’applicazione dell’IVA è il presupposto territoriale. Secondo quanto previsto dal d.p.r. 633/1972 il presupposto territoriale si verifica quando l’operazione è posta in essere all’interno del territorio dello Stato. Ai sensi dell’articolo 7 del d.p.r. 633 per territorio dello Stato si intende il territorio terrestre, marino ed aereo della Repubblica italiana, ad eccezione dei territori extradoganali ovvero i Comuni di Campione d’Italia e Livigno e le acque italiane del Lago di Lugano. LEZIONE 072 01. IL CANDIDATO INDICHI IN QUALE MOMENTO L'IVA DIVENTA ESIGIBILE L’esigibilità dell’imposta segna il momento a partire dal quale nasce il diritto del fisco alla percezione del tributo. Il presupposto è il prodromo che origina il pagamento dell’imposta, mentre l’esigibilità scandisce il tempo della riscuotibilità vera e propria. Essa è complementare al presupposto d’imposta e ha implicazione in ordine alle liquidazioni periodiche e alle detrazioni del tributo. In base all’art. 6., co. 5, del D.P.R. 633/72 l’imposta diventa esigibile quando si verifica il presupposto, cioè quando le operazioni siano state o si considerino effettuate, al verificarsi dei casi previsti dalla legge. In deroga a tale principio, la stesa norma stabilisce che, per determinate categorie di operazioni (cessione di alcuni prodotti farmaceutici; cessioni di beni o prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti, cessioni fatte allo Stato ecc.), l’esigibilità dell’imposta è differita all’atto del pagamento del corrispettivo, salva la facoltà del soggetto di non avvalersi di tale beneficio (cd. IVA per cassa). LEZIONE 073 03. IL CANDIDATO ILLUSTRI LA DIFFERENZA TRA OPERAZIONI IMPONIBILI, NON IMPONIBILI ED ESENTI AI FINI IVA Le operazioni rilevanti ai fini IVA si distinguono in:  operazioni imponibili. Questa categoria di operazioni comprende tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso, da soggetti passivi IVA nell'ambito del territorio nazionale. Sono in definitiva tutte quelle operazioni in cui sussistono tutti e tre i presupposti previsti dalla normativa. (presupposto oggettivo: deve trattarsi di un’operazione che ai fini IVA possa essere inquadrata come «cessione di beni» o «prestazione di servizi»; presupposto soggettivo, nel senso che l’operazione deve essere realizzata nell’esercizio di impresa, arte o professione; presupposto territoriale, nel senso che l’operazione considerata deve essere effettuata in Italia nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 7 del decreto IVA). - operazioni esenti. Queste sono operazioni che hanno tutti i requisiti per essere considerate imponibili, ma per le quali il legislatore, per ragioni di opportunità economica e sociale, ha previsto che non venga applicata l'IVA. 47 Esempi: interessi per dilazioni di pagamento, prestazioni mediche, prestazioni didattiche, prestazioni dei servizi di pompe funebri, ecc.. - operazioni non imponibili. In questa categoria rientrano operazioni che non sono tassate in quanto si riferiscono a beni destinati al consumo fuori dal territorio nazionale. Essendo l'IVA un'imposta sui consumi essa colpisce il bene nel luogo in cui esso sarà consumato. La non imponibilità di queste operazioni, quindi, mira ad evitare una doppia imposizione. Esempio: l'impresa che esporta della merce, che si trova in Italia, negli Stati Uniti effettua un'operazione non imponibile. Infatti la merce, pur essendo presente nel territorio nazionale al momento della cessione (quindi vi è il presupposto territoriale) sarà consumata al di fuori dell'Italia. Questa categoria di operazioni comprende:  le esportazioni;  le operazioni relative al settore nautico ed aeronautico;  i servizi connessi alle attività internazionali (disciplinati rispettivamente agli art.8, 8- bis e 9 del DPR 633/72);  le cessioni intracomunitarie. LEZIONE 074 03. IL CANDIDATO INDICHI IN CHE MODO VIENE DETERMINATA L'IVA DA VERSARE ALL'ERARIO Partiamo col dire che il calcolo dell’IVA serve a calcolare, a partire da un’aliquota, che è un valore percentuale applicato sulla base di un valore imponibile del bene o servizio, il prezzo finale di un bene. Il calcolo dell’IVA viene effettuato a partire dal valore reale della merce e dalla sua classe merceologica. I termini utili alla determinazione dell’IVA sono:  Imponibile: valore esentasse di un bene o servizio;  IVA: tassa percentuale calcolata sull’imponibile;  Totale: somma delle due suddette voci. Dunque, partendo dal valore dell’imponibile, si potrà calcolare l’IVA utilizzando questa formula: IVA = imponibile x 22 : 100 (in questo caso abbiamo supposto l’IVA al 22%). Calcolata l’IVA, basterà sommare questo valore all’imponibile per ottenere il totale: Totale = Imponibile + IVA LEZIONE 075 01. IN CHE MODO SI APPLICA IL MECCANISMO DEL PRO RATA Nel caso in cui siano poste in essere operazioni attive sia imponibili che esenti, la detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti è consentita in misura ridotta in base ad una percentuale di 50 e) i loro rappresentanti o responsabili per le operazioni di società o enti esteri; f) gli agenti immobiliari per le scritture private non autenticate di natura negoziale stipulate in seguito alle loro attività; g) gli intermediari abilitati, se le parti decidono di conferire a professionista l’incarico di procedere alla registrazione telematica degli atti concernenti il trasferimento di quote di s.r.l. Tenuti al pagamento del tributo sono: a) le parti solidalmente e chi si serve dell’atto per richiedere un provvedimento all’autorità giudiziaria; b) solidalmente con le parti, ma relativamente al pagamento dell’imposta principale, i pubblici ufficiali che hanno redatto l’atto ed i soggetti nel cui interesse fu richiesta la registrazione; c) chi ha richiesto la registrazione per gli atti registrati in caso di uso, o volontariamente; d) l’altra parte contraente nei contratti in cui è parte lo Stato; e) l’ente espropriante o acquirente negli atti di espropriazione o trasferimento coattivo (che non sia lo Stato); f) gli agenti immobiliari, solidalmente con le parti, per le scritture private non autenticate di natura negoziale stipulate in seguito alla loro attività. LEZIONE 079 01. L'APPLICAZIONE DELL'IMPOSTA DI REGISTRO Le modalità di applicazione dell'imposta di registro sulla prima casa variano a seconda che l'acquisto venga effettuato da un privato o da una società , come per esempio la ditta costruttrice. Nel primo caso, l'imposta deve essere pagata direttamente al notaio, il quale poi si occuperà di versarla allo Stato, e prevede l'applicazione di un'aliquota proporzionale, pari al 2% a partire dal 2014; la base su cui l'imposta deve essere determinata è rappresentata dal valore dell'immobile, tenendo conto della possibilità - per l'acquirente - di chiedere la determinazione della base imponibile a partire dalla rendita catastale valutata, secondo il cosiddetto meccanismo del prezzo / valore, indipendentemente dal prezzo che è stato concordato (tale opportunità , tuttavia, può entrare in gioco solo dopo che il notaio è stato consultato e solo in specifiche condizioni). Nel secondo caso, l'imposta deve sempre essere pagata direttamente al notaio, il quale poi si occuperà di versarla allo Stato, e prevede l'applicazione dell'Iva agevolata al 4%; la base su cui l'imposta deve essere determinata è rappresentata in tutti i casi dal valore dell'immobile. L'imposta di registro sulla seconda casa, in assenza dei requisiti per i quali la parte acquirente potrebbe beneficiare delle agevolazioni sulla prima casa, è pari al 9% se l'acquisto avviene presso un privato o presso una ditta esente da Iva; per un acquisto effettuato presso una ditta soggetta a Iva (di solito al 10%, per gli immobili di lusso al 22%), l'imposta di registro passa a 200 euro. L'imposta di registro per le locazioni cambia in funzione dell'immobile che viene locato. Per i fabbricati a uso abitativo è pari al 2% del canone annuo moltiplicato per il numero delle annualità ; per i fondi rustici è pari allo 0.50% del corrispettivo annuo moltiplicato per il numero delle annualità ; per i fabbricati strumentali per natura con locazione effettuata da soggetti passivi Iva è pari all'1% del canone annuo; per i fabbricati strumentali per natura con locazione effettuata non da soggetti passivi Iva è pari al 2%; per tutti gli altri immobili è pari al 2% del corrispettivo annuo moltiplicato per il numero delle annualità . Va ricordato, per altro, che è prevista una riduzione pari al 30% della base imponibile su cui l'imposta di registro viene calcolata per i contratti di locazione a canone concordato che vengono stipulati per gli immobili che si trovano nel territorio di un Comune ad alta tensione abitativa: ciò vuol dire che in questi casi è necessario considerare ai fini del calcolo dell'imposta un corrispettivo annuo assunto per il 70%. 51 L'imposta di registro per un decreto ingiuntivo rientra nel novero della tassazione degli atti giudiziari. In pratica, alla conclusione di una causa, con la pronuncia della sentenza o comunque con un altro provvedimento che porta all'estinzione del giudizio le parti sono tenute a pagare l'imposta di registro. Di fronte all'Agenzia delle Entrate, tuttavia, viene considerata debitrice non solo la parte soccombente, cioè quella che ha perso, ma anche quella che ha vinto la causa. Tutti i soggetti presenti in giudizio, di conseguenza, sono debitori in solido e destinatari della richiesta di pagamento. Ciò non toglie, comunque, che a chi perde spetti l'onere di pagare sia le spese processuali che, appunto, l'imposta di registro. A informare l'Agenzia delle Entrate - e quindi il Fisco - che una sentenza è stata emessa sono i segretari e i cancellieri a cui spetta il compito di richiedere la registrazione di tutti gli atti dell'autorità giudiziaria, dai decreti alle sentenze. A quel punto l'Agenzia delle Entrate notifica un avviso di liquidazione dell'imposta di registro, che deve essere pagato entro i 60 giorni successivi. Il pagamento può essere effettuato anche prima della richiesta attraverso il Modello F23. LEZIONE 080 01. SOGGETTI OBBLIGATI AL PAGAMENTO DELL'IMPOSTA IPOTECARIA L’imposta ipotecaria è dovuta ogni qual volta si debbano eseguire le formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione presso i pubblici registri immobiliari. L’imposta colpisce in sostanza il passaggio di proprietà di un immobile, nonché l’iscrizione di un diritto o di qualsiasi vincolo (ad esempio, una ipoteca) su di esso. I i soggetti obbligati al pagamento dell’imposta sono coloro che richiedono le formalità oggetto dell’imposta nonché i pubblici ufficiali che hanno ricevuto o autenticato l’atto soggetto a trascrizione. Sono anche obbligati solidalmente tutti coloro nel cui interesse è stata fatta la richiesta e i debitori contro i quali è stata iscritta o rinnovata l’ipoteca nel caso di iscrizione e di rinnovazioni. 02. COME SI DETERMINA LA BASE IMPONIBILE DELL'IMPOSTA IPOTECARIA L’imposta ipotecari è collegata allo svolgimento delle formalità relative all’attuazione della pubblicità immobiliare, per cui, oggetto del tributo sono le formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione, cancellazione e annotazione di ipoteche da eseguirsi presso i pubblici registri immobiliari. Per la trascrizioni, la base imponibile è commisurata a quella determinata ai fini dell’imposta di registro o dell’imposta sulle successioni e donazioni. Per le iscrizioni e le rinnovazioni, l’imposta proporzionale viene commisurata all’ammontare del credito garantito, comprensivo di interessi e accessori. Per le ipoteche iscritte a garanzia di rendite o pensioni la base imponibile viene, invece, calcolata con i criteri fissati in materia di imposta di registro. L’imposta può essere, secondo gli atti, fissa o proporzionale. La misura fissa è stata determinata nell’importo di 168 euro mentre quella proporzionale si ottiene mediante l’applicazione di un’aliquota variabile dallo 0.50% al 2%. 03. IL PRESUPPOSTO DELL'IMPOSTA IPOTECARIA Le formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione, cancellazione ed annotazione eseguite nei pubblici registri immobiliari in dipendenza di cessioni, successioni, donazioni o costituzione di 52 ipoteche o di diritti reali (usufrutto ecc.) costituiscono il presupposto per l’applicazione dell’imposta ipotecaria. Non sono soggette all’imposta ipotecaria le formalità eseguite nell’interesse dello Stato e quelle relative ai trasferimenti a titolo gratuito a favore di Regioni, Province e Comuni (mentre quelle a titolo oneroso sono soggette ad imposta in misura fissa per euro 200), nonché quelle a favore di enti pubblici, fondazioni o associazioni legalmente riconosciute aventi finalità di pubblica utilità (ad es. assistenza, ricerca scientifica, educazione), di Onlus e di fondazioni bancarie. Dall’1.3.1998 sono esenti dall’imposta ipotecaria anche le operazioni di trascrizione e voltura catastale relative ai trasferimenti a titolo gratuito di alloggi e relative pertinenze dello Stato, costruiti in base a leggi speciali di finanziamento per esigenze abitative, a favore di Comuni. Sono esenti anche gli atti di espropriazione per pubblica utilità, effettuati a favore dello Stato. LEZIONE 081 01. IL CANDIDATO INDICHI LE CATEGORIE DEI SOGGETTI OBBLIGATI AL PAGAMENTO DELL'IMPOSTA CATASTALE Ogni atto in cui si pattuisca la vendita, la donazione, il passaggio per successione di un immobile, la costituzione di diritti o l’iscrizione di ipoteche su di esso è pertanto soggetto ad imposta catastale, in quanto ne è obbligatoria la voltura in catasto. L’imposta catastale è correlata all’imposta ipotecaria, ed ha presupposti e caratteristiche analoghe. Anche l’imposta catastale non è infatti dovuta in presenza di trasferimenti immobiliari avvenuti nell’interesse dello Stato o per donazioni a favore di Regioni, Provincie e Comuni, di enti e fondazioni riconosciute legalmente, di ONLUS. Obbligati al pagamento sono i soggetti che richiedono la voltura, solitamente gli acquirenti o i beneficiari del trasferimento, ad esempio i donatari o gli eredi. 02. IL PRESUPPOSTO DELL'IMPOSTA CATASTALE L’imposta catastale colpisce l’esecuzione delle volture catastali e quindi il suo presupposto è il trasferimento dei beni iscritti nel catasto. Obbligati al pagamento sono i soggetti che richiedono la voltura, solitamente gli acquirenti o i beneficiari del trasferimento, ad esempio i donatari o gli eredi. Il versamento dell’imposta è effettuato utilizzando il modello F23, con il codice tributo 737T ( dal 2011 è inoltre prevista la possibilità di utilizzare il modello F24). Nel caso in cui, oltre all’imposta ipotecaria, sia dovuta l’imposta di registro, il versamento è unico, nei termini e con le modalità previste per quest’ultima. E’ tuttavia opportuno ricordare che, trattandosi di una imposta dipendente da trasferimenti immobiliari, è il notaio che redige l’atto a provvedere direttamente al versamento, addebitando l’importo al cliente fra le anticipazioni esposte nella parcella, senza ulteriori obblighi da parte dell’acquirente, erede o donatario. LEZIONE 082 02. BASE IMPONIBILE PER IL CALCOLO DELL'IMPOSTA SULLE SUCCESSIONI La base imponibile su cui calcolare l’imposta sulle successioni è costituita dal valore delle quote ereditarie e dei legati, dato dalla differenza tra il valore dei beni e dei diritti (alla data di apertura della successione) che compongono la singola quota o il singolo legato, e l’ammontare delle passività e degli altri oneri ammessi in deduzione in ragione della quota di spettanza di ognuno. 55 entrate con diverse caratteristiche, ma con un unico aspetto comune: sono prelevate all’atto delle operazioni doganali. Presupposto dell’obbligazione tributaria è: - per le merci estere (il cui paese d’origine non è uno Stato dell’Unione Europea) la destinazione al consumo nel territorio doganale italiano; - per le merci da esportare (al di fuori dell’Unione Europea) la destinazione al consumo all’estero. Il sorgere dell’obbligazione è collegato all’esistenza di una dichiarazione; tuttavia in mancanza di essa, si presumono immesse al consumo le merci sottratte alla verifica. La dichiarazione doganale è l’atto fondamentale di manifestazione della volontà da parte del soggetto che presenta le merci in dogana dal quale dipende l’esito delle merci presentate. La normativa comunitaria prevede le seguenti forme di dichiarazione: - dichiarazioni scritte con procedura normale effettuata su formulario ufficiale (DAU) sottoscritto dal dichiarante; - dichiarazioni scritte con procedura semplificata; - procedura informatica che consiste nella trasmissione dei dati relativi all’operazione doganale mediante EDI (Elettronic Data Interchange); - dichiarazione verbale, ammessa per importazione ed esportazione definitiva in alcuni specifici casi (ad esempio merci prive di carattere commerciale contenuti nei bagagli dei viaggiatori, merci di carattere commerciale di valore non superiore a 516,46 euro); - dichiarazioni fatte con altro atto o con particolari adempimenti, in casi specifici quale, ad esempio, percorrere la cd. Corsia verde <<niente da dichiarare>> negli uffici e spazi doganali che ne siano provvisti. Accettata la dichiarazione, gli organi competenti procedono, in contraddittorio con la parte, all’accertamento di quantità, qualità valore ed origine della merce oggetto della dichiarazione. Successivamente si procede alla visita parziale o totale delle merci: se non sorgono contestazioni, l’ufficio liquida i diritti, effettua la dovuta segnalazione sul documento doganale e lo annota su apposito registro, numerandolo e datandolo. L’annotazione sul registro conferisce al documento la natura di bolletta doganale e lo rende l’unico documento comprovante l’avvenuto pagamento da consegnarsi al proprietario. LEZIONE 086 02. COSA HA PER OGGETTO L'IMPOSTA SULLE ASSICURAZIONI L'imposta sulle assicurazioni è un tributo vigente in Italia, previsto dal titolo I della Legge 29 ottobre 1961, n. 1216, e successive modificazioni e integrazioni, che grava sulle imprese di assicurazione. Si tratta di un'imposta surrogatoria delle imposte di bollo e di registro dalle quali gli atti delle imprese assicuratrici e degli intermediari di assicurazione (agenti o broker) sono esenti per tutti i documenti inerenti a contratti di assicurazione o riassicurazione. Oggetto dell'imposta sulle assicurazioni sono tutti gli incassi di premi di assicurazione relativi a contratti stipulati in Italia. L'ammontare dell'imposta è determinata secondo i singoli rami o combinazioni di rami assicurati nel contratto. I rami e le combinazioni di rami (polizze cosiddette "plurime") sono indicate nella tabella allegata alla legge che regola l'imposta, che riporta a fronte di ciascuno di questi la relativa aliquota d'imposta da applicarsi. 56 03. PER QUALI ATTIVITA' E' DOVUTA L'IMPOSTA SUGLI INTRATTENIMENTI E I GIOCHI L'imposta sugli intrattenimenti è un'imposta a cui sono assoggettati gli introiti derivanti da alcune attività del settore dello spettacolo, degli intrattenimenti e dei giochi. È regolata dal D.Lgs. n. 60 del 26.02.1999 e ha sostituito, dal 1° gennaio 2000, la precedente "imposta sugli spettacoli". Sono soggette all'imposta sugli intrattenimenti i giochi e le altre attività indicati nella Tariffa allegata al D.P.R. n. 640/1972, ovvero: - esecuzioni musicali di qualsiasi genere (esclusi i concerti vocali e strumentali) e trattenimenti danzanti anche in discoteche e sale da ballo quando l'esecuzione di musica dal vivo è di durata inferiore al 50% dell'orario complessivo di apertura al pubblico dell'esercizio; - utilizzazione dei bigliardi, degli elettrogrammofoni, dei bigliardini e di qualsiasi tipo di apparecchio e congegno a gettone, a moneta o scheda, da divertimento o trattenimento, anche se automatico o luoghi pubblici o aperti al pubblico sia in circoli che in associazioni di qualunque specie; utilizzazione ludica di strumenti multimediali; gioco del bowling; noleggio go-kart; - ingresso nelle sale da gioco o nei luoghi specificatamente riservati all'esercizio delle scommesse; - esercizio del gioco nella case da gioco e negli altri luoghi a ciò destinati. 04. IL CANDIDATO ILLUSTRI L'IMPOSTA DI BOLLO L'imposta di bollo è un'imposta indiretta: non colpisce le persone ma i consumi. Essa ha come presupposto l'esistenza di un atto redatto in forma scritta: per i documenti che riguardano la ricezione di denaro, per le scritture private che non sono relative alle locazioni e per tutti gli altri documenti che sono soggetti a bollo solo in caso d'uso, bisogna pagare l'imposta unicamente nel momento in cui l'atto viene utilizzato. L'imposta di bollo può essere proporzionale o fissa: per esempio, per le cambiali pagherò è pari all'undici per mille, per le cambiali tratte è pari al dodici per mille, per i ricorsi è pari a 16 euro. - L'imposta di bollo su fatture L'imposta di bollo sulle fatture è pari a 2 euro per tutte le operazioni escluse o esenti da Iva che riguardano un importo che superi la soglia di 77 euro e 47 centesimi. Vige l’obbligo di apporre il contrassegno sulle fatture spetta a chi le emette: in ogni caso l'emittente ha la facoltà di effettuare la rivalsa di imposta, in modo tale che l'importo della marca da bollo possa essere addebitato al committente o al cliente. La marca da bollo, nota anche come contrassegno telematico, può essere comprata in tabaccheria o in qualsiasi rivendita di valori bollati: affinché possa essere ritenuta regolare, deve avere una data di emissione precedente o uguale rispetto a quella che è riportata sul documento su cui viene applicata. Proprio per questo motivo è preferibile acquistare le marche da bollo in anticipo, anche in quantità consistenti, visto che non hanno una data di scadenza. Per le fatture elettroniche il pagamento avviene in modalità virtuale e va effettuato entro il giorno 20 del mese successivo al trimestre di riferimento. Anche se l'applicazione della marca da bollo sulle fatture spetta a chi le emette, nel caso di eventuali sanzioni amministrative sono solidali tutte e due le parti: ecco perché, in assenza di contrassegno apposto dall'emittente, tocca al cliente o al committente mettere in regola il 57 documento pagando l'imposta di bollo. In tale circostanza, ovviamente, la sanzione per omesso bollo coinvolge unicamente l'emittente. - L'imposta di bollo sul conto corrente A partire dal 2012 è entrata in vigore l'imposta di bollo sui conti correnti, che viene applicata a tutti i titolari di conto corrente, sia che si tratti di persone fisiche, sia che si tratti di altri soggetti. L'imposta di bollo in questo caso è fissa ed è pari a 34 euro e 20 centesimi per le persone fisiche e a 100 euro per gli altri soggetti. L'imposta è applicata al momento in cui viene emesso l'estratto conto, e riguarda il periodo per cui viene fornito il rendiconto, anche se il conto è stato aperto e chiuso nel corso dell'anno. Quando una persona ha più di un conto corrente, è necessario pagare un'imposta di bollo per ognuno di essi. Nel caso in cui il cliente sia una persona fisica, si è esentati dal versamento dell'imposta di bollo se il valore medio di giacenza è inferiore a 5mila euro: per calcolare si sommano i saldi giornalieri del conto e si divide il risultato ottenuto per il numero di giorni di detenzione del conto, ponderando la giacenza media per la quota di detenzione. - L'imposta di bollo sul conto di deposito L'imposta di bollo sul conto di deposito non è fissa, come avviene per quella sul conto corrente, ma è proporzionale alla somma depositata, e corrisponde allo 0.20%, percentuale che deve essere calcolata sulle giacenze. L'imposta di bollo è pari, quindi, al due per mille dell'importo in denaro che è stato depositato: per le persone fisiche non è prevista alcuna soglia massima, mentre per i soggetti diversi dalle persone fisiche viene applicato un limite pari a 14mila euro. Il pagamento dell'imposta di bollo avviene attraverso un intermediario convenzionato con l'Agenzia delle Entrate, con il pagamento della marca da bollo o con l'acquisto di carta bollata filigranata su cui sia riportato il valore relativo. Sul bollo è vietato apporre timbri o scrivere, mentre sulla carta bollata non è possibile andare oltre il numero di linee presenti o scrivere al di fuori dei margini. Inoltre, è proibito utilizzare marche da bollo che siano già state usate o che risultino deteriorate, così come è vietato superare le cento linee per foglio sui fogli scritti a mezzo stampa. LEZIONE 087 01. LA TASSA SUI CONTRATTI DI BORSA La tassa sui contratti di borsa è una tassa cosiddetta speciale, che si applica in sostituzione delle imposte di registro e di bollo dovute sui contratti di borsa, secondo quanto statuito dall'articolo 34 del Dpr n. 601/73. L'ambito applicativo del tributo in questione si evince dal contenuto dell'articolo 1 del regio decreto 3278 del 1923 secondo il quale: "Nella denominazione dei contratti di borsa, agli effetti della tassa, si intendono compresi: - i contratti, siano fatti in borsa o anche fuori borsa, tanto a contanti, quanto a termine, fermi, a premio o di riporto, ed ogni altro contratto conforme agli usi commerciali, di cui formino oggetto i titoli di debito dello Stato, delle province, dei comuni e di enti morali; le azioni ed obbligazioni di società, comprese le cartelle degli istituti di credito fondiario, e in generale qualunque titolo di analoga natura, sia nazionale, sia estero, siano o no quotati in borsa; - le compra-vendite a termine di valori in moneta o verghe, siano fatte in borsa o anche fuori borsa; 60 - le società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice e quelle equiparate (articolo 5 del Tuir), comprese le associazioni costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni; - le società e gli enti soggetti all’imposta sul reddito delle società (Ires) cioè le società per azioni e società in accomandita per azioni, Srl, società cooperative e di mutua assicurazione; i trust e gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali; le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato, per l’attività esercitata nel territorio delle regioni per un periodo di tempo non inferiore a tre mesi mediante stabile organizzazione (articolo 73, comma 1, lettere a) e b) del Tuir); - gli enti privati diversi dalle società e i trust, residenti nel territorio dello Stato che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali; - gli enti non commerciali, compresi i trust, società semplici e associazioni equiparate, non residenti, che hanno esercitato nel territorio dello Stato, per un periodo non inferiore a tre mesi, attività rilevanti agli effetti dell’Irap mediante stabile organizzazione, oppure che hanno esercitato attività agricola nel territorio stesso; - le Amministrazioni pubbliche. Le persone fisiche non residenti sono tenute alla dichiarazione Irap se esercitano in Italia attività commerciali, artistiche o professionali, per un periodo di almeno tre mesi, mediante stabile organizzazione o base fissa, oppure nel caso di esercizio in Italia di attività agricole. LEZIONE 090 03. IL CANDIDATO ILLUSTRI IL MODO IN CUI VIENE DETERMINATALA BASE IMPONIBILE IRAP I principali metodi utilizzati per il calcolo della base imponibile possono essere il metodo da bilancio (società di capitali ed enti commerciali, imprese individuali e società di persone su opzione), il metodo fiscale (imprese individuali, società di persone) e il metodo retributivo (enti non commerciali per l’attività istituzionale ed amministrazioni pubbliche). Nello specifico: - Metodo da bilancio L’art. 5 del D.lgs. n. 446/1997, dispone che per le società di capitali e gli enti commerciali, il valore della produzione netta imponibile è dato dalla differenza, tra il valore della produzione meno il costo della produzione. Dai costi della produzione devono essere esclusi:  I costi del personale;  Le svalutazioni delle immobilizzazioni, crediti compresi nell’attivo circolante e delle disponibilità liquide;  Gli accantonamenti per rischi;  Gli altri accantonamenti;  Compensi dei collaboratori a progetto, occasionali e degli amministratori;  Gli utili spettanti agli associati in partecipazione;  Le perdite su crediti;  Quota di interessi dei canoni leasing. 61 - Metodo fiscale Il metodo fiscale è utilizzato dalle società di persone e le imprese individuali, tale metodo è:  Obbligatorio per le società di persone ed imprese individuali in regime di contabilità semplificata;  Obbligatorio per le società di persone ed imprese in regime di contabilità ordinaria che non abbiano scelto per la determinazione della base imponibile secondo le norme per le società di capitali e gli enti commerciali. Per le imprese individuali e le società di persone in contabilità ordinaria, sussiste la facoltà di scegliere per la determinazione della base imponibile IRAP secondo i valori di bilancio. La scelta deve essere effettuata con la dichiarazione presentata nel periodo d’imposta a decorrere dal quale si intende esercitare l’opzione. L’opzione è irrevocabile per tre periodi di imposta, al termine dei periodi sarà considerata tacitamente rinnovata. Con tale metodo, il valore della produzione è determinato con i ricavi e i costi al loro valore fiscale, ossia, in ammontare pari a quello rilevante secondo la normativa delle imposte sui redditi. Anche in questo caso non sono deducibili ai fini IRAP:  I costi del personale;  Le svalutazioni delle immobilizzazioni, crediti compresi nell’attivo circolante e delle disponibilità liquide;  Gli accantonamenti per rischi;  Gli altri accantonamenti;  I costi del personale;  Compensi dei collaboratori a progetto, occasionali e degli amministratori;  Gli utili spettanti agli associati in partecipazione;  Le perdite su crediti;  Quota di interessi dei canoni leasing. - Metodo retributivo Quest’ultimo metodo è utilizzato per gli enti non commerciali per la loro attività istituzionale e le Amministrazioni pubbliche. In linea generale, la determinazione della base imponibile, avviene, sommando:  Le retribuzioni del personale dipendente, secondo il criterio di competenza/cassa;  Redditi assimilabili a quelli di lavoro dipendente;  Compensi per prestazioni di lavoro autonomo occasionale. LEZIONE 091 01. COME SI DETERMINA IL VALORE DELLA PRODUZIONE NETTA AI FINI IRAP Per calcolare l’IRAP l’impresa deve determinare il valore della sua produzione netta derivante dall’attività esercitata, sulla base della differenza tra i ricavi e i costi dell’esercizio. Da questo calcolo l’impresa ottiene la base imponibile sulla quale deve applicare l’aliquota irap di riferimento. Va ricordato che il calcolo della base imponibile IRAP varia a seconda che si tratti di società soggette all’IRES come le società di capitali ed enti commerciali, società soggette all’IRPEF come 62 le società di persone e le imprese individuali, oppure se siano lavoratori autonomi o soggetti come Banche, assicurazioni e società finanziarie. In generale l’IRAP si calcola con la seguente formula: + Reddito imponibile IRPEF; + costo del personale; + costo dei soggetti parasubordinati e occasionali; + interessi passivi; - proventi straordinari (plusvalenze da cessione d’azienda); = BASE IMPONIBILE IRAP LEZIONE 092 01. L'IMU L'Imposta municipale propria si applica al possesso di fabbricati (salvo alcune eccezioni), aree fabbricabili e terreni agricoli. Introdotta nel 2012 in via sperimentale per sostituire l'ICI, nel tempo al suo interno sono state ricomprese anche parte dell'Irpef e delle relative addizionali regionali e comunali, con riferimento ai redditi fondiari su beni non locati. Dal 2014, è stata ricompresa, insieme alla TASI e alla TARI, nella IUC - Imposta Unica Comunale. A partire dal 2020, tuttavia, la IUC è stata abolita e sono rimaste la TARI e la cd. super IMU, che ricomprende al suo interno sia la vecchia IMU che la TASI. Sono tenuti a pagare l'IMU tutti coloro che sono proprietari di beni immobili situati sul territorio di un Comune italiano e coloro che su di essi detengono un diritto reale, anche se risiedono fuori dall'Italia o, se si tratta di una società, hanno all'estero la propria sede legale. La principale esenzione è rappresentata dalla prima casa, sulla quale l'imposta non va pagata, salvo che si tratti di un immobile di lusso. Per poter essere considerato prima casa, l'immobile deve essere dimora abituale e residenza anagrafica del nucleo familiare del possessore Se una parte del nucleo familiare risiede o dimora in un altro immobile sito nello stesso Comune, infatti, l'esenzione IMU è concessa solo per uno degli immobili. Diverso è il caso in cui gli immobili si trovano in Comuni diversi: in tal caso l'esenzione può valere per entrambi. L'esenzione si estende anche alle pertinenze della prima casa, che rientrano nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7. Il pagamento dell'IMU conosce anche altre esenzioni: - L'imposta non è dovuta per le case popolari, per le unità immobiliari adibite ad abitazione che appartengono a delle cooperative edilizie a proprietà indivisa, i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita che siano rimasti invenduti e non siano locati e tutti gli immobili che non sono indicativi di ricchezza. - godono di esenzione IMU i fabbricati che sono destinati a uso istituzionale o religioso e quelli che appartengono a Stati esteri o a organizzazioni internazionali riconosciute, se non sono utilizzati a scopi commerciali e conservano solo lo scopo istituzionale. Per calcolare l'importo da pagare per la nuova IMU, bisogna innanzitutto verificare l'aliquota applicata dal proprio Comune. La legge, infatti, stabilisce un'aliquota base, che i Comuni possono aumentare (fino a massimo due punti) o abbassare (a oltranza, fino addirittura ad azzerare l'imposta). Attualmente, tale aliquota è fissata all'8,6 per mille. 65  i principi generali del diritto stabiliti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea. 2) Diritto derivato Il diritto derivato comprende gli atti unilaterali, che sono divisi in due categorie:  quelli elencati nell’articolo 288 TFUE: regolamenti, direttive, decisioni, pareri e raccomandazioni;  gli atti non menzionati all’articolo 288 del trattato sul funzionamento dell’UE, ossia i cosiddetti atti atipici come le comunicazioni, le risoluzioni, i libri bianchi e i libri verdi. Anche gli accordi internazionali con paesi terzi o con organizzazioni internazionali sono parte integrante del diritto dell’UE. Essi sono separati dal diritto primario e dal diritto derivato e formano una categoria sui generis. Secondo alcune sentenze della CGUE, possono avere un effetto diretto e la loro forza giuridica è superiore al diritto derivato, che pertanto deve attenervisi. 3) Fonti di diritto complementare Le fonti di diritto complementare sono fonti di diritto non specificatamente menzionate nei trattati. Rientrano in questa categoria:  la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE (CGUE);  il diritto internazionale — a cui si ispira sovente la CGUE nell’elaborare la sua giurisprudenza. La CGUE fa riferimento al diritto scritto, alla consuetudine e agli usi;  i principi generali del diritto: fonti non scritte elaborate dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Essi hanno consentito alla CGUE di attuare norme in vari ambiti che non sono menzionati nei trattati. 02. DA COSA SONO COSTITUITE LE RISORSE PROPRIE DELL'UNIONE EUROPEA? Ufficialmente in vigore dal 1° gennaio 1971, ma operativo solo dal 1979, il sistema di risorse proprie rappresenta l’unica modalità di finanziamento della Comunità. Attualmente costituiscono risorse proprie della Comunità: - i prelievi riscossi sulle importazioni di prodotti agricoli, cioè tutti i prelievi, supplementi, importi supplementari o compensatori, importi o elementi addizionali ed altri diritti fissati dalle istituzioni comunitarie sugli scambi con i paesi non membri, nel quadro della politica agricola comune, nonché i contributi e altri diritti previsti nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero; - i dazi doganali, ossia quelli della tariffa doganale comune e gli altri diritti fissati dalle Comunità sugli scambi con i paesi non membri; - i proventi dell’imposta sul valore aggiunto, ottenuti mediante applicazione di un tasso attualmente pari all’1%. - la c.d. “quarta risorsa” che consiste in contributi, calcolati annualmente sul prodotto nazionale lordo (PNL) di ciascuno Stato membro, che vanno a finanziare il bilancio comunitario qualora le altre risorse proprie non risultassero sufficienti a garantire una certa entità delle entrate comunitarie. 66 Costituiscono inoltre risorse proprie quelle provenienti da tributi istituiti nell’ambito di una politica comune, in attuazione delle disposizioni dei Trattati CE ed EURATOM, nonché i proventi derivanti dai prelievi della CECA o dai prestiti da questa contratti. Il fatto che la Comunità si finanzi mediante risorse proprie non significa che la riscossione dei dazi, dei prelievi e delle altre entrate sia affidata alle istituzioni comunitarie: essa rimane prerogativa degli Stati membri, i quali provvederanno a versare le somme percepite alla Comunità, ottenendo un rimborso a titolo di spese di riscossione del 25%. La ratio di questo sistema consiste nel rendere la Comunità indipendente dai contributi versati dagli Stati membri, a differenza di quanto accadeva in precedenza. Infatti in passato era adottato il sistema tipico di finanziamento delle organizzazioni internazionali: ciascuno Stato versava un contributo che, in percentuale, teneva conto di alcuni fattori, come la capacità contributiva, il vantaggio ricavato dalla partecipazione alla Comunità ed il peso politico. LEZIONE 096 01. IL CANDIDATO INDICHI COSA ACCADE A UN AIUTO DI STATO INCOMPATIBILE CON LE DISPOSIZIONI DEL TRATTATO DELL'UNIONE EUROPEA Gli aiuti sono ammessi quando: - consentono di realizzare obiettivi di comune interesse (servizi di interesse economico generale, coesione sociale e regionale, occupazione, ricerca e sviluppo, sviluppo sostenibile, promozione della diversità culturale, ecc.); - rappresentano il giusto strumento per correggere taluni "fallimenti del mercato". Qualora la Commissione posta a capo del vaglio della compatibilità degli aiuti di Stato constati che l’aiuto non è compatibile con il mercato interno a norma dell'articolo 107 Trattato sul funzionamento dell'Unione , oppure che tale aiuto è attuato in modo abusivo, decide che lo Stato interessato deve sopprimerlo o modificarlo nel termine da essa fissato. Se lo Stato in causa non si conforma a tale decisione entro il termine stabilito, la Commissione o qualsiasi altro Stato interessato può adire direttamente la Corte di giustizia dell'Unione europea, in deroga agli articoli 258 e 259. 02. QUALI SONO GLI AIUTI DI STATO COMPATIBILI CON IL MERCATO COMUNE? Per aiuto di Stato si intende qualsiasi trasferimento di risorse pubbliche a favore di alcune imprese o produzioni che, attribuendo un vantaggio economico selettivo, falsa o minaccia di falsare la concorrenza. La disciplina degli aiuti di Stato nel Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), articoli 107 e 108. In particolare, a norma del primo comma dell’art. 107: “Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”. Sono aiuti compatibili con il mercato interno: a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti; 67 b) gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali; c) gli aiuti concessi all'economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione. Cinque anni dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare una decisione che abroga la presente lettera. Possono altresì considerarsi compatibili con il mercato interno: a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all'articolo 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale; b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro; c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse; d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell'Unione in misura contraria all'interesse comune; e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, su proposta della Commissione. NOTA DELL’AUTORE Il presente lavoro è frutto di rielaborazioni personali e del tutto soggettive e schematiche che si atteggiano a strumento di ausilio nella preparazione dell’esame ma che non sostituiscono lo studio dei manuali. Consiglio quindi vivamente di consultare sempre libri di testo e dispense per offrire un’argomentazione più ampia e completa in sede d’esame.