Scarica Parafrasi “La morte di Patroclo e il pianto di Achille” (ILIADE) e più Traduzioni in PDF di Italiano solo su Docsity! Parafrasi “La morte di Patroclo e il pianto di Achille” E Patroclo si lanciò all’assalto dei Troiani, si lanciò per tre volte, simile al furioso Ares, urlando paurosamente: ammazzò per tre volte nove uomini. Quando Patroclo saltò per la quarta volta, simile ad un dio, apparve la fine della tua vita. Febo gli venne in contro tra la mischia della guerra, però Patroclo non lo vide arrivare poiché esso era nascosto tra la nebbia. Lo colpi da dietro sulla schiena con la mano allungata. A Patroclo gli si girarono gli occhi e gli cadde l’elmo dalla testa rotolando tra gli zoccoli dei cavalli. La visiera dell’elmo si abbassò e gli si sporco di sangue e polvere, cosa mai accaduta prima. La lancia di Patroclo, solida, grossa, armata di punta, gli si spezzo in mano e dalle spalle gli cadde lo scudo e gli si slaccio la corazza. Un capogiro gli fece perdere la coscienza, e il corpo dalle belle forme cadde a terra. Si fermo esterrefatto, e un dardano lo colpi con una lancia in mezzo alle spalle. Era Euforbo di Pantoo, che sui coetanei brillava per l’abilità nell’asta, nella cavalcatura e nella corsa. Disarcionò venti guerrieri e scagliò una lancia contro Patroclo, che però non lo uccise, e quest’ultimo scappò in mezzo alla folla rifugiandosi tra i suoi compagni ed evitando la morte. Ettore, come vide Patroclo ferito tirarsi indietro, gli saltò sopra e gli trafisse la pancia. Rimbombò e il cuore dell’esercitò fu distrutto. Come quando un leone vince in battaglia un cinghiale indomabile – essi hanno combattuto sui monti per una piccola pozza d’acqua da dove abbeverarsi – e infine vince il leone con la sua forza, mentre l’altro rantola. Cosi Patroclo, che aveva già ammazzato molti. Ettore, figlio di Priamo disse a Patroclo vantandosi: “Patroclo, speravi di abbattere la nostra città, togliere la libertà alle nostre donne e portarle nella vostra patria. Stolto! Per loro i veloci cavali di Ettore si protendono al galoppo sulle zampe per combattere: io con la lancia sono il migliore fra i Troiani amanti della guerra: e così li difendo dalla fine di Troia; ma qui ti mangeranno gli avvoltoi. Pazzo! Achille, pur quanto sia forte, non ti potrà proteggere, lui, che ti raccomandò molte cose quando stavi partendo: “O Patroclo cavaliere, non tornare davanti a me con le navi ricurve, prima che abbia stracciato la tunica insanguinata di Ettore intorno al petto. Cosi ti disse, solto, persuadendo il tuo cuore”. E Patroclo rispose sfinito: “Si Ettore, vantati adesso: ti hanno dato vittoria Zeus Cronìde e Apollo, che mi hanno abbattuto facilmente disarmandomi alle spalle. Anche se venti guerrieri come te mi assalivano, morivano tutti qui, sconfitti dalla mia lancia. Mi ha ucciso il destino fatale e il figlio di Latona. E tra gli uomini Èuforbo, tu mi hai ucciso per terzo. Ti voglio dire un’altra cosa e tienila a mente: non andrai molto lontano, infatti la morte ti si avvicina e il destino invincibile: morirai per mano di Achille, dell’Eacide perfetto” Mentre parlava la morte lo avvolse e la sua vita volo via mentre scendeva nell’Ade, piangendo per il suo destino, lasciando la giovinezza e il vigore. Ettore rispose al corpo morto lucente: “Patroclo, perché mi precidi la morte?” Chissà se Achille perderà la vita prima di me, sorpreso dalla mia lancia? – disse Ettore. E strappò la lancia dal corpo di Patroclo, premendo con il piede. Ettore si gettò subito su Automedonte, scudiero di Eacide. Desiderava di colpirlo ma fu trascinato dai cavalli veloci e immortali che furono un dono stupendo degli dei verso Peleo. Il pianto dei cavalli Lottavano in questo modo, e il ferro tumulto giungeva al cielo di bronzo per l’etere instancabile. Ma i cavalli di Achille non in battaglia piangevano, dopo aver visto Patroclo essere ucciso da Ettore. Eppure Automèdonte, figlio forte di Dioreo, gli dava colpi di frusta e li accarezzava, gli diceva dolci parole e li minacciava. Ma loro né volevano tornare indietro verso le navi che si trovavano nel largo Ellesponto, né volevano tornare in battaglia in mezzo agli Achei. Stavano immobili come una stele di un uomo o una donna defunta, e poggiavano la testa a terra. Dalle loro palpebre cadevano lacrime calde e scorrevano per terra. Piangevano pensando a Patroclo, e si sporcavano la criniera cadendo dal soggolo, lungo il giogo. Zeus, vedendoli piangere ne ebbe pietà, e scuotendo la testa e volto dal suo cuore: “Ah, siete infelici perché vi abbiamo donato a Peleo, un mortale. E voi non invecchiate e non morite? Forse perché provate dolore tra i miseri uomini? No, non c’è nulla di più degno del pianto dell’uomo tra tutto ciò che respira e cammina sopra la terra. Ma Ettore figlio di Priamo non andrà né sopra di voi né nel vostro bellissimo carro. Non lo permetto. Non basta vantarsi delle armi che si hanno? Nei vostri ginocchi e nel vostro cuore getterò furia, in modo che anche Automèdonte salviate dalla battaglia alle navi concave. Darò infatti gloria agli altri che uccidano, fin quando le navi raggiungano e il sole s’immerga e scenda la tenebra sacra. La reazione di Achille