Scarica Perché la Chiesa, riassunto Teologia II, Alberto Stefano e più Appunti in PDF di Teologia II solo su Docsity! PERCHE’ LA CHIESA, Luigi Giussani Volume terzo del PerCorso TEOLOGIA II (tutti i capitoli) Il libro affronta il problema del rapporto con Cristo nel presente. Dopo duemila anni Cristo raggiunge l’uomo attraverso una realtà che si può vedere e toccare, l’unità di coloro che sono stati afferrati da Lui e che Lo riconoscono: la Chiesa. Sezione prima. LA PRETESA PERMANE PARTE PRIMA. AL CUORE DEL PROBLEMA CHIESA Capitolo primo. COME INTRODURSI ALL’INTELLIGENZA DELLA CHIESA Nella prima parte si risponde alla domanda: «Io, che vengo il giorno dopo quello in cui Cristo se n’è andato, come faccio a sapere con ragionevole sicurezza se si tratta di qualcosa che mi interessa?» Capitolo secondo. PRIMA PREMESSA: COME RAGGIUNGERE OGGI LA CERTEZZA SUL FATTO DI CRISTO (Con quale metodo ho la possibilità di essere ragionevole nell’aderire alla proposta cristiana?) Storicamente sono state date tre diverse risposte, che descrivono altrettanti capitoli della storia culturale dell’Occidente e, al tempo stesso, indicano tre atteggiamenti con cui l’uomo di oggi può guardare la proposta cristiana e indicano tre modalità che divengono nostre non solo nell’affrontare le Sacre Scritture, ma anche per analisi degli avvenimenti della nostra esistenza. 1. Un fatto del passato Il primo approccio, quello storico-razionalistico, considera il cristianesimo come un fatto del passato e raccoglie i dati provenienti dal passato (fonti, testimonianze) per ricostruire la vita di Gesù. Vi è quindi l’applicazione della “ragion storica” al fatto di Cristo (ovvero la raccolta e il vaglio delle fonti), tuttavia il risultato è un Cristo ignoto. Infatti la diversità e la molteplicità di interpretazioni possibili (come avviene anche in storia) fa sì che non possiamo affermare nulla di certo circa questo Annuncio straordinario. Questo atteggiamento riduce il contenuto dell’annuncio cristiano (Dio presenza umana, l’Emanuel) prima di averlo preso in considerazione. 2. Una illuminazione interiore Il secondo metodo, che si può definire “protestante” è puramente religioso. Dio è riconosciuto come di molto superiore all’uomo e per sua natura è quindi inimmaginabile da mente umana. D: Ma se Dio si è reso presenza, dimostrabile in un solo punto in Cristo, come è possibile capirlo? R: Con lo Spirito che da Dio soffia verso il nostro cuore e lo illumina “illuminazione interiore” e gli fa sentire la verità sulla persona di Cristo. Si tratta di un incontro interiore come quello che caratterizza i profeti (uomini ispirati dal divino). Errori: entrambi i metodi (Fatto del passato e Illuminazione interiore), apparentemente opposti tra loro, hanno un denominatore comune: riducono il fatto cristiano ad un fenomeno soggettivistico e quindi con una pluralità di interpretazioni; inoltre l’incontro con Cristo non è un’esperienza interiore, ma un incontro esteriore altrimenti Dio non si sarebbe fatto uomo. 3. Lo sguardo ortodosso-cattolico Si arriva quindi al terzo possibile approccio, quello ortodosso-cattolico, che è l’unico ad essere coerente alla struttura dell’avvenimento cristiano verificatasi duemila anni MAYRA SOSA 1 fa: per conoscere Cristo, Dio fatto carne, è necessario un incontro umano. Metodo dell’incontro, avviene al di fuori di sé (esteriore) è capitato a chi lo ha conosciuto. Ma oggi noi come facciamo? Es dal Vangelo di Luca: molti desideravano vedere Gesù incontrarlo, ma Lui non riusciva ad andare dappertutto. Allora cominciò a mandare nel Suo Nome gli apostoli, coloro che gli erano più vicini per parlare alla gente. Ma la gente che gli accoglieva, per loro il Dio fatto presenza che volto aveva? Il volto degli appostoli: Gesù ha infatti detto “Chi ascolta voi, ascolta me”. Il terzo metodo indica questo fatto come il giusto metodo per confrontarsi con la pretesa cristiana: tale metodo è l’imbattersi in una realtà fatta di coloro che credono in Lui. Storicamente parlando questa realtà si chiama <<Chiesa>>, sociologicamente parlando <<popolo di Dio>>, ontologicamente parlando (nel senso profondo del termine) <<Corpo misterioso di Cristo>>. L’energia con la quale Gesù è destinato a possedere tutta la storia e tutto il mondo è quella datagli dall’assimilare a sé le persone che il Padre gli affida, la persona cui lo Spirito dona la fede in Lui. Esso inoltre valorizza gli aspetti salienti dei primi due metodi, favorendo l’indagine storica, che si comprende fino in fondo solo dall’interno di un’esperienza nel presente: fare quell’esperienza oggi (revisione metodo storico/razionalista) ed esaltando la possibilità del rapporto personale con Cristo, che si realizza al massimo grado di fronte alla presenza carnale del Mistero. (revisione metodo protestante). Per incontrare la Chiesa io devo incontrare degli uomini. 4. Uno sguardo valorizzatore Da sottolineare che i primi due atteggiamenti affrontati sottolineano comunque valori che sono riconosciuti e recuperati in quello che abbiamo indicato come terzo atteggiamento. 1. Esso infatti non elimina e non censura l’indagine storica, ma colloca la persona nella possibilità di utilizzare tale indagine in un modo più adeguato. 2. Il valore da sottolineare è che l’assoluto, indipendentemente dalle deviazioni umane, si può palesare direttamente alla sua censura creatura: è l’esperienza mistica. Capitolo terzo. SECONSA PREMESSA: DIFFICOLTA’ ODIERNA NEL CAPIRE IL SIGNIFICATO DELLE PAROLE CRISTIANE 1. Accorgersi delle difficoltà Accorgersi delle difficoltà mentali contemporanee è importante per affrontare una realtà di tipo religioso. 2. Il Medioevo dal punto di vista della diffusione di una mentalità La cultura medievale, infatti favoriva la formazione di una mentalità contrassegnata da una religiosità autentica, determinata da una immagine di Dio come orizzonte totalizzante di ogni umana azione. 3. L’Umanesimo dal punto di vista della disarticolazione di une mentalità a. L’adeguata posizione di un problema Il nostro atteggiamento di uomini moderni fronte al fatto religioso manca di problematicità, perciò non è un atteggiamento problematico vero. b. L’avvio di un processo di disarticolazione Possiamo collocare l’inizio di un processo di disarticolazione di quella mentalità religiosa unitaria, capace di porre adeguatamente il problema religioso, nel corso del XIV secolo. MAYRA SOSA 2 Ecclesia può essere utilizzato sia al singolare che al plurale, ma la novità sta nel parlare di una Chiesa totale formata da ogni piccola comunità che trae il suo valore da essa e allo stesso tempo la rappresenta tutta, incarna il Mistero della chiamata. 2. La comunità investita da una <<Forza dall’alto>> In secondo luogo i primi cristiani sono consapevoli che tutto ciò che accade in loro di eccezionale non è frutto della loro adesione, intelligenza o volontà, ma dono misterioso dello Spirito, di una «Forza dall’Alto» che li ha investiti. La gente che si raccoglieva pensava che la loro vita fosse mossa e trasformata per “dono dello Spirito” che non significa solo che è un qualcosa che discende dall’Alto, ma che sta alla radice dell’essere e ci definisce. a. La consapevolezza di un fatto che ha il potere di cambiare la personalità (il dono cambia la personalità) I primi cristiani sapevano che ciò che stava accadendo alla loro vita era qualcosa di eccezionale. Questa investitura toccava il loro essere nel profondo e si sentivano differenti nel mondo, nella società, erano forza comunicativa. Immagine dell’unzione e del sigillo: imprimo un cambiamento (nella personalità) e identificazione (la scelta di Dio). La trasformazione è per tutti i credenti e battezzati non per eletti. Dio lascia sempre però la libertà all’uomo di porsi dinnanzi a Lui con volto sorpreso e colmo di stupore o arcigno. Siamo liberi di sceglierlo, la resistenza alla Sua Persona si chiama “durezza di cuore”. b. Un inizio di cambiamento sperimentabile Questo dava inizio ad un cambiamento sperimentabile: l’alba di un mondo nuovo. I cristiani con il dono dello Spirito hanno la possibilità di incominciare a sperimentare la realtà in modo nuovo, ricco di verità, carico d’amore, in questo la capacità di pronunciarsi davanti al mondo, testimonianza e missione. c. La capacità di pronunciarsi di fronte al mondo, forza di testimonianza e di missione Lo Spirito da impeto a queste nuove persone a mostrarsi e testimoniarsi al mondo (primo manifestarsi di questo impeto: la Pentecoste). La presenza dell’energia con cui Cristo attesta il suo dominio sulla storia è il miracolo. Cristo si è imposto nella storia con un’eccezionalità, una straordinaria capacità nel Vangelo si chiama miracolo o segno. E anche nelle prime comunità cristiane la presenza di Cristo era segnalata da un’esperienza sensibile (gente battezzata che parlava molteplici lingue, atteggiamenti prodigiosi, ecc.). qual è il miracolo più grande di Cristo? La sua Chiesa, le persone che credono in Lui e sono radunate nel Suo Nome. E ancora oggi duemila anni dopo l’uomo è posto davanti a Gesù, riconosciuto realmente presente dentro il volto della Chiesa. 3. Un nuovo tipo di vita Infine il fatto cristiano dà inizio a un nuovo tipo di vita, descritta nel Nuovo Testamento con il termine koinonia (comunione), che è un modo di essere e un modo di agire, un modo di vivere proprio della collettività cristiana, una maniera di rapportarsi con Dio e con gli uomini e che indica un gruppo di persone che ha qualcosa in comune e che condivide. Infatti vivere in koinonia implicava un possesso in comune e che da questo possesso conseguiva una solidarietà tra loro. I primi cristiani hanno in comune la ragione della vita, Cristo. La comproprietà dei primi cristiani è il mistero di Cristo che MAYRA SOSA 5 è stato loro annunciato, riconosciuto come la verità e il destino dell’uomo. Un essere nuovo tende a tradursi in un atteggiamento nuovo come in quella solidarietà che caratterizzerà le prime comunità cristiane. La comunione/koinonia si esprime: a. Un ideale etico Proprio perché hanno in comune il fondamento e il senso della vita, Gesù Cristo, i primi cristiani hanno la tendenza a mettere insieme e più ancora a concepire in comune tutte le risorse materiali e spirituali (esempio massimo l’ospitalità che è il vertice della condivisione). b. Una connotazione istituzionale La koinonia diviene così un fenomeno istituzionale nuovo dentro la società dato da elementi qualificanti suoi propri e non solo da un sentimento fraterno. c. Un’espressione rituale Il terzo fattore analitico che caratterizzava la realtà ecclesiastica come comunione era il gesto eucaristico, che è un’espressione rituale, segno distintivo supremo della fede in Gesù Cristo. L’Eucarestia è il rendimento di grazie ed è chiamato sacramento/mistero. Infatti mistero indica qualcosa di inafferrabile, ma pur mantenendo il suo contenuto infinito, in qualche modo si rivela alla nostra finitezza. Il mistero cristiano è il mistero in quanto si fa conoscere sensibilmente (Cristo è mistero, è il Dio che si fa uomo). d. Un fattore gerarchico La koinonia è contraddistinta da un «fattore gerarchico», poiché in base ad un preciso insegnamento di Gesù la Chiesa è stata fondata sugli apostoli e sul particolare primato di Pietro. Cristo ha voluto che esistesse una diversa funzionalità nell’esperienza comunitaria. e. Un fervore di comunicazione, un ideale missionario La parola Koinonia indicava una realtà di vita, un istituto, una societas non chiusa in sé stessa, ma potenzialmente animata da un fervore comunicativo. I primi cristiani si sentiva come tali chiamati a comunicare l’annuncio di Cristo a chi ancora non l’aveva conosciuto. Senza l’ipotesi di un intenso fervore missionario vissuto come dimensione essenziale alla Chiesa stessa, diventa inspiegabile il fatto che già nel II secolo il cristianesimo si fosse largamente diffuso in tutti i Paesi dell’area mediterranea e che fosse persino penetrato in lontanissime regioni dell’impero romano. Ecco perché quello di comunicare agli altri è stato e rimane un dovere determinante, decisivo della autenticità della vita cristiana. f. La moralità come dinamismo di un camino Infine la comunità dei primi cristiani si definisce come comunità di santi, uomini che appartengono all’Alleanza con Dio e si protendono in un cammino secondo il Suo volere. Sezione seconda. Il segno efficace del divino nella storia Ci addentriamo in ciò che la Chiesa dice di essere, a renderci conto della coscienza che la Chiesa ha di se stessa. Che cosa la Chiesa dice di se stessa, qual è la sua sostanza nel mondo? La Chiesa è il prolungamento nella storia, nello spazio e nel tempo di Cristo. Quindi Essa si pone di fronte al mondo come realtà sociale carica di divino, vale a dire che si pone come realtà umana e realtà divina. Problema: un fenomeno umano che pretende di portare con in sé il divino. Si ripropone in tutto il suo MAYRA SOSA 6 scandalo il problema che Cristo ha sollevato. Cristo attraverso la Chiesa continua a sfidare il tempo. Analizziamo i due fattori dello scandalo: 1. L’umano 2. Il divino PARTE TERZA: COME LA CHIESA HA DEFINITO SE STESSA Capitolo primo. IL FATTORE UMANO La pretesa della Chiesa di essere veicolo del divino attraverso l’umano è la stessa pretesa di Cristo: il fatto che un uomo la cui identità non presentava a prima vista nulla di misterioso si dicesse Dio, fu fin da subito fonte di scandalo. Infatti Egli era un uomo dalle radici facilmente rintracciabili <<non è costui il carpentiere, il figlio di Maria?>> e inoltre la sua personalità mostrava una sconcertante disponibilità verso tutti gli strati della popolazione anche i più infimi <<Come mai mangia e beve con i peccatori?>> e un uomo simile osava dire: <<Io sono la Via, la Verità e la Vita>>? questo è lo scandalo che la Chiesa ripropone nella sua sostanza ieri, oggi e per sempre. 1. Attraverso l’umano Ciò che caratterizza il mistero cristiano è che Dio si comunichi all’umanità proprio attraverso l’uomo, attraverso la vita umana. L’apostolo Paolo è consapevole della sproporzione connaturata al fenomeno «Chiesa»: un’umanità fragilissima destinata a rendere evidente l’invincibilità di una Presenza che usa l’uomo ma non viene dall’uomo. Paolo e i primi che hanno diffuso il cristianesimo nel mondo avevano chiara la coscienza sia che il divino risplendeva nel mondo tramite quel che dicevano e facevano sia che le loro parole erano sprovvedute, i loro gesti fragili, la loro personalità inadeguata, la loro condizione umana meschina. Del resto non solo i personaggi attraverso cui Dio si comunica sono mestamente umani, ma anche il gesto in cui si ha la comunione, la rivelazione massima con Dio: l’Eucarestia; una banale cena dove si consumano vino e pane. Il fenomeno Chiesa è caratterizzato dal divino, il quale come metodo di comunicazione di sé ha scelto di utilizzare l’umano che fa imprescindibilmente parte della definizione di Chiesa. Se la Chiesa umana si possono trovare uomini malvagi? Allora ci verrebbe da dire che qui non c’è nessun divino, si dovrà adottare un altro criterio: nessuna miseria potrà annullare la paradossalità dello strumento scelto da Dio. 2. Implicazioni Queste implicazioni sono interessanti, perché rivestono un carattere pratico in quanto contestano una mentalità, un modo di giudicare che generalmente ci circonda, che è presente attorno a noi e quindi in qualche misura e almeno potenzialmente anche in noi. Analizziamo alcuni corollari/conseguenze: a. Inevitabilità dei particolari temperamenti e mentalità Se l’uomo è scelto dal divino come comunicazione di sé, l’uomo, il cristiano che accogli questo metodo rimane tale: strumento di Dio pur mantenendo il suo temperamento particolare. L’uomo può essere “malvagio” o “buono” può avere due temperamenti opposti, Dio utilizza sia uno che l’altro; attraverso uno esprimerà un valore, attraverso il secondo un altro. Dio utilizza quindi i diversi temperamenti e mentalità per comunicare differenti aspetti della verità tutto gioca sulla libertà dell’uomo. La comunicazione di Dio è impregnata nel temperamento dell’uomo che egli accetta e rende strumento: il temperamento di un uomo non deve essere ostacolo per la nostra voglia di accostarci a Cristo, il nostro comprendere e adempiere il disegno che Lui ha per noi, anche se il temperamento di chi ci sta di fronte, di chi Dio si serve non ci corrisponde. Anche nella storia della Chiesa ci troviamo di fronte a personalità e temperamenti completamente diversi: si pensi a papa Gregorio XII, Don Bosco, Pio IX e lo stesso Giovanni Paolo II. MAYRA SOSA 7 2. Nella Chiesa non tutto è dogma Non tutto è dogma: anzitutto perché potrebbe non essere necessaria quella solenne esplicitazione, secondariamente perché non tutto può essere già emerso alla coscienza del popolo cristiano così da diventare certa o chiara consapevolezza: altrimenti la storia non avrebbe senso. La Chiesa ha primariamente una funzione pedagogica. 3. La traiettoria dell’autocoscienza della Chiesa L’autocoscienza matura con l’andare del tempo, accade anche nella vita della Chiesa. È importante perciò tener presente che esiste una traiettoria in questa maturazione. 2. Il comunicarsi di una realtà divina Aspetti di quel divino di cui la Chiesa è costituita e che ha per missione di veicolare nel mondo: Il primo aspetto riguardava i significati ultimi dell’esistenza e della storia, la verità che la Chiesa comunica con una chiarezza e una sicurezza definitive. a. La grazia soprannaturale, o santificante L’espressione del Vangelo di Giovanni «il Verbo si è fatto carne» mostra che non ci troviamo solo di fronte a una comunicazione di verità, ma a un comunicarsi della realtà divina stessa. Ciò avviene attraverso un’“esaltazione” ontologica dell’io, (l’“uomo nuovo” evangelico), un salto di qualità nella sua partecipazione all’Essere. Si tratta dell’azione della grazia santificante, un dono gratuito che fa sì che l’uomo aderisca a Dio. b. Attraverso segni efficaci: i sacramenti Questa grazia soprannaturale si comunica attraverso gesti concreti, i sacramenti, che prolungano nella storia i segni con cui Cristo comunicava se stesso. c. Nella partecipazione libera dell’individuo Il sacramento, indica la struttura ideale dell’uomo, esprime l’uomo nuovo. Il sacramento è realmente il gesto divino di Cristo. Ciò che rende trasformatore il gesto, o l’emozione legata al gesto, è la libertà, che rende piena la partecipazione individuale. d. Risposta a un’obiezione Trattando della libertà come condizione della grazia, ci si aspetta un’obiezione, che talvolta accade di sentire. e. Il sacramento come preghiera Il sacramento è la forma più semplice di preghiera. A volte un mutamento nello stato d’animo - distratto da altro, malinconico o arido - induce a rinunciare alla preghiera. PARTE QUARTA. LA VERIFICA DELLA PRESENZA DEL DIVINO NELLA VITA DELLA CHIESA Capitolo primo. IL LUOGO DELLA VERIFICA: L’ESPERIENZA UMANA Come è possibile raggiungere la certezza che la Chiesa è veramente il prolungarsi di Cristo nel tempo e nello spazio? Chiariamo i criteri per rispondere a queste domande. 1. Ciò che la Chiesa reclama come fattore giudicante LA PRETESA della Chiesa. La Chiesa, proseguendo ciò che Gesù ha compiuto nella sua esistenza terrena, si rivolge alla nostra umanità così come è. Essa come Gesù si rivolge a quella capacità dell’uomo che abbiamo chiamato esperienza elementare, ovvero quel complesso di esigenze ed esperienze originali con le quali l’uomo cerca di immedesimarsi nella realtà. La Chiesa si vuole inserire nel confronto in cui l’uomo si MAYRA SOSA 10 trova quando paragona qualunque elemento del reale con l’esperienza elementare che costituisce il suo cuore. La Chiesa si rivolge all’esperienza stessa dell’uomo e non vuole burlarsi di lui. 2. Un criterio di giudizio utilizzato al culmine della sua espressione La Chiesa ripete con Gesù che è credibile in quanto vi è una corrispondenza con le più autentiche esigenze elementari dell’uomo e nel nome di Gesù promette all’uomo che avrà il “centuplo” (frase dal Vangelo) su questa terra. Ognuno di noi nella quotidianità infatti cerca proprio quella maggiore pienezza. La Chiesa ha come unico interesse quello di portare a termine lo scopo ultimo dell’uomo senza chiedergli di rinunciare a nessuno dei suoi desideri autentici, ma gli promette il centuplo. 3. La disponibilità del cuore La verifica di questa enorme pretesa deve avvenire tramite un INCONTRO, fisicamente presente. La Chiesa è vita e deve offrire vita, l’uomo deve però impegnarsi per verificare ciò che essa gli propone. L’uomo si deve impegnare con la vita ad affrontare questa sfida, non può barare, il suo cuore deve essere disponibile. Disponibilità nell’impegno. Capitolo secondo. <<DAL FRUTTO DI CONOSCE L’ALBERO>> Se dunque la Chiesa è una vita, bisogna coinvolgersi con la vita per poterla giudicare. Se la Chiesa è veramente il prolungamento della vita di Cristo, si potrà rilevarne le caratteristiche di efficacia. Sono quattro i frutti (perché Gesù dice “dal frutto si conosce l’albero”. La Chiesa è la vite) che mostrano il valore divino della Chiesa e la sua continua efficacia nella storia. I “segni di riconoscimento”. “Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica”. 1. Unità L’unità è la caratteristica prima di ciò che vive, e il dogma del Dio uno. a. Unità di coscienza UNA. L’unicità. La caratteristica dell’unità mostra la sua fecondità di frutto in un’unità di coscienza, una semplicità unificante nel percepire, sentire e giudicare l’esistenza. La Chiesa non ha alcun bisogno per salvare la sua impostazione unitaria, di negare qualcosa; è un’unità di atteggiamento che valorizza il tutto. Ciò è possibile perché il principio da cui si giudica se stessi e il mondo è un’unica Presenza inequivocabile. b. Unità come spiegazione della realtà L’unità come spiegazione della realtà ha come criterio una Persona. c. Unità come impostazione di vita Ogni gesto che noi compiamo è sentito come responsabile per l’universo, di valore eterno e di dimensione comunitaria. La vita assume senso in ogni gesto dalla grazia che Dio fa all’uomo di essere suo collaboratore nell’azione salvifica della sua comunità. Concetto di “merito”. La Chiesa attribuisce il merito alla proporzione tra il gesto del singolo e la gloria di Dio. 2. Santità SANTA. La santità, non intesa come separazione dal quotidiano normale, ma come prerogativa dell’uomo realizzato, che vive e agisce con la consapevolezza del motivo ultimo della propria azione. Il santo è l’uomo vero perché aderisce a Dio, e quindi all’ideale per cui è stato costruito il suo cuore, di cui è fatto il suo destino. La santità è la realizzazione massima della personalità che cammina incontro al suo scopo ultimo che le corrisponde. a. Il miracolo MAYRA SOSA 11 Il Miracolo è un avvenimento sperimentabile attraverso cui dio costringe l’uomo a rendersi conto di Lui. È il metodo di rapporto quotidiano di Dio con noi. 1. Da questo punto di vista tutte le cose sono miracolo create da Dio, siamo miracoli, la nostra vita tutta è miracolo. 2. Vi sono poi momenti particolari in cui Dio straordinariamente richiama il singolo ad attendere la sua presenza. Miracolo in senso più determinato. 3. miracolo nel senso più ristretto e proprio là dove dio interviene nella sua spiegazione con un fatto oggettivamente inspiegabile. b. L’equilibrio L’equilibrio è una ricchezza che è tratto distintivo della presenza della santità nella chiesa. Ricchezza in Cristo c’è un valore unico che riassume a sé tutti i giudizi, le decisioni, ecc. c. L’intensità L’intensità varia nella storia la presenza di questa santità. 3. Cattolicità CATTOLICA. La cattolicità (dal greco katholikós, universale), dimensione essenziale della Chiesa che esprime la capacità di pertinenza all’umano in tutte le variabili delle sue espressioni. Universale non perché è diffusa attualmente su tutta la terra, essa era universale già il mattino di Pentecoste. non è qualcosa di geografico o di cifre, ma è intrinseco ad essa: la chiesa in ogni uomo si rivolge a tutto l’uomo, comprendendolo secondo la sua natura. 4. Apostolicità APOSTOLICA. L’apostolicità è la caratteristica della Chiesa che indica la sua capacità di affrontare in modo unitario il tempo. Apostolicità, secondo cui la Chiesa afferma di essere l’unica depositaria di una tradizione di valori e di realtà che deriva dagli apostoli. Come Cristo ha voluto legare la propria opera e la propria presenza nel mondo agli apostoli, indicando uno di essi come punto di riferimento autorevole, così la Chiesa è legata ai successori di Pietro e degli apostoli, il papa e i vescovi. Capitolo terzo. SE’ DI SPERANZA FONTANA VIVACE Il Cristianesimo è l’annuncio dell’Avvento di Cristo, Dio che si è fatto uomo. Ma non si può parlare della Chiesa senza guardare alla donna da cui essa è nata e continuamente nasce, Maria, madre di Cristo. Attraverso Maria, Dio si è reso parte dell’esperienza umana. Per questo Maria è la madre dei viventi e la felicità per tutti gli uomini passa e passerà attraverso la sua carne e, prima ancora, il suo fiat (sì). La Madonna ci introduce al Mistero. Madre generosa, ella genera per noi la grande Presenza di Cristo. Perciò la formula più sintetica e suggestiva che esprime l’autocoscienza della Chiesa come permanenza di Cristo nella storia è: Veni Sancte Spiritus, veni per Mariam. Quello che è accaduto duemila anni fa si ripete costantemente e continuamente nella storia dell’uomo. ALLA FINE DEL PERCORSO Le riflessioni si concludono, con un gioco di parole che sono state chiamate PerCorso, proprio per sottolineare il significato di cammino. Il valore di tale traiettoria, sta nell’esercizio da essa esigito di consapevolezza critica e volontà libera, elementi senza dei quali ogni adesione o rifiuto si trovano depauperati di ciò che li rende effettivamente umani. MAYRA SOSA 12