Scarica principio di sussidiarietà e più Appunti in PDF di Diritto Pubblico solo su Docsity! PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’ In modo generale, la sussidiarietà può essere definita come quel principio regolatore secondo il quale, se un ente inferiore è capace di svolgere bene un compito, l'ente superiore non deve intervenire, ma può eventualmente sostenerne l'azione. Tale principio si è affermato nell’ordinamento giuridico, divenendo cosi un principio giuridico. Il principio di sussidiarietà è caratterizzato, secondo alcuni, da implicazioni sia di tipo positivo che di tipo negativo. Le prime affermano che lo Stato (e gli altri enti pubblici) dovrebbe offrire appoggio economico, istituzionale e legislativo alle entità sociali minori (chiese, famiglia, associazioni). Le seconde, invece, inducono lo Stato ad astenersi dall'intervenire in determinati settori, per non ostacolare chi potrebbe soddisfare un determinato bisogno meglio dello Stato stesso. Così facendo si favorirebbe la lotta all'inefficienza, allo spreco, all'assistenzialismo e ad un eccessivo centralismo burocratico. Il principio di sussidiarietà è entrato a far parte dell'ordinamento giuridico italiano attraverso il diritto comunitario, per essere poi inserito in forme sempre più estensive sino al punto di essere direttamente incorporato nella Costituzione della Repubblica Italiana a partire dal 2001. In tale ambito viene indicato con principio di sussidiarietà quel principio sociale e giuridico amministrativo che stabilisce che l'intervento degli Enti pubblici territoriali (Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni), sia nei confronti dei cittadini sia degli enti e suddivisioni amministrative ad esso sottostanti (ovvero l'intervento di organismi sovranazionali nei confronti degli stati membri), debba essere attuato esclusivamente come sussidio, nel caso in cui il cittadino o l'entità sottostante sia impossibilitata ad agire per proprio conto. Quindi, il principio di sussidiarietà stabilisce che le attività amministrative vengono svolte dall'entità territoriale amministrativa più vicina ai cittadini (i comuni), ma esse possono essere esercitate dai livelli amministrativi territoriali superiori (Regioni, Province, Città metropolitane, Stato) solo se questi possono rendere il servizio in maniera più efficace ed efficiente. Si parla di sussidiarietà verticale quando i bisogni dei cittadini sono soddisfatti dall'azione degli enti amministrativi pubblici, e di sussidiarietà orizzontale quando tali bisogni sono soddisfatti dai cittadini stessi, magari in forma associata o volontaristica. Il principio di sussidiarietà è stato recepito nell'ordinamento italiano con l'art. 118 della Costituzione, e nella legge di attuazione del 5 giugno 2003, n. 131. Tale principio afferma che: 1. le diverse istituzioni, nazionali come sovranazionali, debbano tendere a creare le condizioni che permettono alla persona e alle aggregazioni sociali (i cosiddetti corpi intermedi: famiglia, associazioni, partiti) di agire liberamente senza sostituirsi ad essi nello svolgimento delle loro attività: un'entità di livello superiore non deve agire in situazioni nelle quali l'entità di livello inferiore (e, da ultimo, il cittadino) è in grado di agire per proprio conto; 2. l'intervento dell'entità di livello superiore debba essere temporaneo e volto a restituire l'autonomia d'azione all'entità di livello inferiore; 3. l'intervento pubblico sia attuato quanto più vicino possibile al cittadino: prossimità del livello decisionale a quello di attuazione. 4. Vi sono comunque un nucleo di funzioni inderogabili che i poteri pubblici non possono alienare (coordinamento, controllo, garanzia dei livelli minimi di diritti sociali, equità, ecc). Il principio di sussidiarietà può quindi essere inteso: 1. in senso verticale: la ripartizione gerarchica delle competenze deve essere spostata verso gli enti più prossimi al cittadino e, pertanto, più vicini ai bisogni del territorio; 2. in senso orizzontale: il cittadino, sia come individuo che attraverso i corpi intermedi, deve avere la possibilità di cooperare con le istituzioni nel definire gli interventi che incidano sulle realtà sociali a lui più prossime. Precedentemente all'introduzione nella Costituzione (art. 118) di tale principio vigeva il cosiddetto principio del parallelismo, in virtù del quale spettavano allo Stato e alle regioni le potestà amministrative per quelle materie per le quali esercitavano la potestà legislativa; questo principio non è più in vigore, in quanto sostituito dai nuovi principi introdotti nell'art. 118 della Costituzione nel 2001 (principio di sussidiarietà, principio di adeguatezza e principio di differenziazione). L’ordinamento italiano interpreta in modo meno restrittivo il principio di sussidiarietà, secondo il quale l'azione dei pubblici poteri si configura come sussidiaria di quella dei privati singoli e associati, nel senso che gli enti istituzionali possono legittimamente intervenire nel contesto sociale, ove le funzioni amministrative assunte siano svolte in modo più efficiente e con risultati più efficaci che se fossero lasciate alla libera iniziativa privata, ancorché regolamentata (art. 7, comma 1, l. 131/2003). Quindi lo Stato non interviene solo dove il privato non vuole (o non ha interesse), ma anche dove sa fare meglio. L'interpretazione più restrittiva sostiene più semplicemente che i pubblici poteri devono agire preferenzialmente tramite il coinvolgimento diretto dei singoli e dei gruppi sociali liberamente costituiti, nel senso di non sostituirsi mai ai corpi intermedi, nei contesti sociali in cui sono già presenti a meno che non siano garantiti nemmeno i livelli minimi essenziali rispetto a un bisogno della comunità, e di favorire e attendere i tempi di formazione e di azione di questi corpi intermedi prima di assumere una iniziativa potenzialmente concorrente. Prima della riforma del Titolo