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Profilo storico della letteratura latina. Dalle origini alla tarda età imperiale di Gian Biagio Conte, Sintesi del corso di Letteratura latina

Riassunto completo, esaustivo ed efficace del libro: Profilo storico della letteratura latina. Dalle origini alla tarda età imperiale di GIAN BIAGIO CONTE

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Profilo storico della letteratura latina. Dalle origini alla tarda età imperiale di Gian Biagio Conte e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! profilo storico della letteratura latina alta e media repubblica contesto storico le fonti che abbiamo individuano la nascita di Roma nel 753 ac, data fissata da varrone e da noi convenzionalmente accettata come nascita dei primi insediamenti sul colle palatino. dal viii alla fine del vi secolo ci fu una forte influenza etrusca, fino al momento in cui, cioe, vennero fondate le istituzioni repubblicane. prese avvio allora una fase di attività militare che la spingerà verso conquiste sempre piu vaste. v-ii secolo romani combattono prima contro popolazioni italiche e poi contro cartagine, con le guerre puniche (264-146) che segnano la definitiva affermazione di roma. in questo lasso di tempo ci sono scontri: tra patrizi e plebei, tra alleati della penisola, tra mario e silla - la dittatura di quest’ultimo-. i romani nel frattempo hanno contatto con l’oriente e si permeano della cultura greca. capitolo 1, nascita e primi sviluppi i romani collocavano l’inizio della loro letteratura nell’anno 513 dalla fondazione di roma, cioè per noi il 240 ac, anno in cui livio andronico, liberto proveniente da taranto, aveva fatto rappresentare per la prima volta un dramma in latino. 
 il problema delle origini si pone in parallelo con la poesia greca dalla quale i latini prendono spunto ma cercano anche di differenziarsi. pongono in ennio il sommo progenitore della poesia patria. proprio il contatto coi modelli greci fa si che la letteratura romana sia di molto precoce sviluppo. di una certa importanza per la ricostruzione delle origini sono quelle forme comunicative scritte che non sono definibili letteratura: • iscrizioni su pietra o bronzo sono i piu antichi monumenti della lingua latina. lo stile di questi antichi documenti esercitò un forte influsso sulle origini della prosa latina. • un’altra fonte sono i fasti: il calendario romano, che ogni anno i pontefici esponevano, era distinto in giorni fasti e nefasti a seconda che fosse permesso o meno il disbrigo di affari pubblici. molto spesso si arricchivano di altre informazioni, come i nomi dei magistrati, i trionfi militari • la tabula dealbata: tavola bianca che il pontefice massimo esponeva pubblicamente per dichiarare i nomi dei magistrati dell’anno in corso e gli eventi significativi per la società come firme di trattati, entrate in guerra. depositandosi anno per anno presero il nome di annales pontificum letterati e poeti romani delle eta piu recenti citano spesso o nominano delle formule oscure chiamandoli carmina. la fonte di questi carmina era oscura e straniara, ai limiti dell’incomprensibile anche per i romani di età classica. cicerone definisce le antiche leggi delle xii tavole come carmen, ma le stesse a loro volta, definiscono carmina le formule magiche e ne decretano la messa al bando. la stessa parola si applica a preghiere, spergiuri, profezie, precetti pratici. il carmen riguarda la forma del testo piuttosto che i suoi contenuti. questo stile di scrittura mirava soprattutto a distinguersi dallo stile casuale e informale della conversazione quotidiana. la tradizione dei carmina costituirà nei secoli il tartto di continuità piu solido della tradizione romana. le piu antiche forme di carmina sono i carmen saliare e quello arvale. il primo è il canto del venerando collegio dei salii, che ogni anno facevano una processione a maggio recitando formule sacrali. solo poco piu chiaro risulta il carmen arvale: i frates arvales erano 12 sacerdoti che ogni anno a maggio levavano un inno di purificazione dei campi. le testimonianze piu consistenti ci arrivano di una raccolta di motteggi noti come fescennini versus “versi con fescennina”, cittadina dell’etruria del sud, o “versi del fascinum=malocchio”. le piu antiche testimonianze poetiche romane utilizzano un verso chiamato saturnio, la cui etimologia, legata al dio saturno, sembra di origine puramente italica, sebbene i testi in cui questo verso compare siano calati in una societa gia molto influenzata dalla grecia. la struttura metrica non si lascia per nulla ridurre a uno schema chiaro, probabile motivo della sua rapida scomparsa. nell’arco di un secolo partendo dal 240, la cultura romana conosce un’abbondante fioritura di testi scenici. questo tipo di comunicazione artistica supera di certo quella della letteratura “scritta”. si sviluppano quindi anche le prime polemiche che vedono i poeti difendere la loro posizione e attaccare altri. i due piu importanti tipi di spettacolo erano la palliata e la coturnata. la prima di carattere comico deriva il nome dal pallio, una veste greca, piu corta della toga, indossata da tutti i personaggi. la seconda, a carattere tragico, deve il suo nome ai coturni, dei calzari degli attori greci tragici che dovevano rendere i personaggi sulla scena piu imponenti e visibili a tutti gli spettatori. entrambe sono ambientate in grecia, i personaggi hanno nomi greci e greco è lo sfondo della trama. presto si sviluppano anche una commedia e una tragedia di ambientazione romana, chiamate togata e praetexta che vedono fusione di caratteri ellenici e indigeni. sono spesso ispirate alle leggende sulla formazione di roma. tito livio afferma l’origine etrusca degli spettacoli romani ma probabilmente si riferisce piu a spettacoli pubblici che al teatro vero e proprio. la piu antica ricorrenza teatrale è quella legata alla celebrazione dei ludi romani in onore di giove ottimo massimo. qui livio andronico nel 240 ha inscenato la prima tragedia latina. abbiamo pero in totale 4 ricorrenze annuali deputate alla rappresentazione di ludi scenici: ludi romani a settembre; ludi megalenses in aprile; ludi apollinares in luglio e ludi plebeii a novembre. questo carattere statale ha importanti conseguenze sia sulla tragedia che sulla commedia. la prima è fortemente condizionata dagli interessi dei committenti; la seconda, nonostante il realismo, tende per il momento a restare fuori dagli attacchi politici diretti o alle citazioni personali parodiche. un’altra data importante per il teatro latino è il 207, quando fu fondato il collegium scribarum historicumque. la confraternita degli autori e degli attori. l’uso stesso di ‘scriba’ va nella direzione della legittimazione, per diventare poi poeta, termine preso dal greco con una maggior consapevolezza del ‘fare’ letteratura. gli oneri finanziari erano dello stato e trattati dai magistrati che trattavano con gli attori e con il capocomico che dirigeva la compagnia e faceva da impresario. prima del 55ac, anno in cui fu edificato a roma il primo teatro di pietra, le strutture teatrali erano di legno, pero i fondali erano sicuramente ben fatti ed evocativi. le scene si svolgevano all’esterno, davanti a delle case, su una strada che doveva portare da una parte al centro della città, dall’altra fuori -campagna o porto-. era tipico l’uso delle maschere cosi da tipizzare i personaggi (ci si concentrava, almeno in plauto, molto piu sul loro stereotipo che sul loro nome, cosa poi cambiata da terenzio che ricerca una maggiore psicologia e una minore canonizzazione). fin dall’inizio si riconoscevano i tipi di personaggi: la matrona, la corigiana, lo schiavo, il buffone ecc. inoltre un attore cambiando maschera poteva impersonare personaggi diversi, in modo da avere un range di caratteri ampio con pochi interpreti. l’autore di palliate piu conosciuto è plauto che usa il senario giambico -corrispondente del trimetro giambico- accompagnato da musica. meno chiare sono le informazioni che abbiamo sulla tragedia di cui ci restano solo frammenti. la differenza principale con quelle greche sembra la totale assenza del coro. i tragici latini ovviano a questo vuoto innalzando mediamente tutto il livello stilistico del loro dramma. un sottogenere teatrale è l’atellana, che prende il nome da atella, citta in cui nasce la commedia dell’arte.è probabile che in genere si recitasse a soggetto, cioè improvvisando e basandosi su canovacci rudimentali. c’erano molti equivoci, bisticci, incidenti. comparivano maschere fisse dai nomi sempre uguali. capitolo 2, livio andronico e nevio livio andronico fu condotto a roma nel 272ac come schiavo di livio salinatore, al termine della guerra contro la colonia di taranto. lavorava come grammaticus insegnando latino e greco, ma scriveva anche tragedie e commedie, partecipandovi anche come attore. al suo nome sono legati, sia il primo testo drammatico rappresentato a roma, sia la traduzione dell’odissea di omero. grande onore gli si attribuì anche per la sua associazione professionale collegium scribarum historicumque. • 16-18: fino agli anni piu recenti il titolo doveva richiamarsi alle raccolte degli annales maximi, le pubbliche registrazioni di eventi che i pontefici massimi redigevano anno per anno. non dobbiamo pensare che egli trattasse tutti i periodi con lo stesso ritmo e concentrazione. predilige infatti quasi esclusivamente gli eventi bellici. sembra che ennio avesse programmato inizialmente di scrivere un poema in 15 libri che si sarebbe concluso col trionfo di nobiliore, suo protettore e con la consacrazione da parte di nobiliore stesso di un tempio alle muse. ennio a questa raccolta aggiunse tre libri. la sua opera rimase comunque contrassegnata da due grandi proemi, al libro i e al vii. il primo proemio era aperto dalla tradizionale invocazione alle muse e ennio racconta un sogno in cui omero gli rivela di essersi reincarnato in lui. nel proemio del libro vii ennio dava piu spazio alle muse sottolineando che queste erano proprio quelle dei grandi poeti greci e non piu le camene. ennio era il primo filologo cultore della parola al pari dei greci, il primo ad adottare l’esametro dattilico, cioè il verso della grande poesia greca. bisogna dire pero che a citare ennio, in tutti i frammenti che abbiamo, sono per lo piu grammatici e filologi tardo-antichi, quindi le frasi scelte per esemplificare certe regole sono sicuramente le piu particolari di tutta la sua produzione. non per questo possiamo dire che il suo stile non sia sperimentale. per quanto riguarda la durezza dell’esametro enniano dobbiamo ricordare che è stato il primo ad adattare in latino questa forma metrica, quindi doveva ancora prenderci dimestichezza. il discorso epico, dopo ennio, venne interpretato in chiave celebrativa. ennio è il cantore della virtus individuale, eroica: a differenza di quanto accadeva nelle opere di nevio e catone, gli annales sono affollati di condottieri. questo filone avrà moltissimo seguito, e fino a tutta l’eta imperiale, la poesia epica di guerra continua ad essere il piu comodo e forte legame tra letteratura ed encomio/potere. della poesia tragica di ennio ci rimane testimonianza di circa 400 versi superstiti e una ventina di titoli di tragedie coturnate. i temi di questre tragedie, che sembrano avere forte carica patetica, sono per lo piu legati alla guerra di troia. gli studiosi hanno riconosciuto come sue anche due commedie, ma questa fu la sua produzione minore. fu infatti l’ultimo poeta latino a scrivere sia commedia che tragedia. capitolo 5, la tragedia arcaica: pacuvio e accio sappiamo che la tragedia in età repubblicana fu un genere letterario di grande popolarità. la povertà di frammenti che ci restano pero ostacola la nostra possibilità di fare distinzioni anche per quanto riguarda i poeti maggiori. la tipologia delle citazioni, come abbiamo visto in ennio, rende difficile credere che il tragico fosse un genere popolare, in quanto riportate da grammatici e filologi. è sicuramente vero che i poeti drammatici avevano uno stile difficile e utilizzavano grecismi, parole composte ma avevano ben presente il tipo di comunicabilità che il teatro doveva avere. se i loro modelli sono i classici drammaturghi greci, molte delle loro caratteristiche (gusto del patetico) sono invece tratte dall’ellenismo. il patetismo arrivava a volte anche a tratti romanzeschi e avventurosi come apparizioni, profezie, naufragi. torna d’attualità il tema caro ai greci del tiranno: i romani stavano assistendo all’ascesa di grandi personaggi. accio e pacuvio sono personaggi riconosciuti e scrivere per il teatro non è piu considerata un’attività inferiore. autore di sole tragedie è marco pacuvio, figlio della sorella di ennio, nato a brindisi nel 220 e vissuto a roma. fu senz’altro in contatto con personaggi dell’ambiente scipionico. morì intorno al 130. lo si considera ampolloso e spericolato nell’uso delle parole e per questo molto criticato. tra le sue tragedie l’ilona, i niptra. piu prolifico fu accio. nato a pesaro nel 170, autore di una discreta fama gia a 30 anni. muore nel 90. si dice fosse un vecchio molto orgoglioso, tanto da farsi costuire una statua gigantesca nel collegium poetarum di cui era il massimo esponente. per il teatro accio scrisse sia coturnate che preteste. per le tragedie di argomento greco trae spunto dall’iliade. sembra che accio sia stato particolarmente sensibile alla tragicità del potere assoluto come ci dice la coturnata atreus e la pretesta brutus. oltre alle tragedie, accio si distinse per i suoi interessi eruditi. capitolo 6, catone e la storiografia a roma la prima storiografia romana viene definita annalistica perche si basa appunto sugli annales maximi, che, per quanto forssero documenti pubblici e con stile canonizzato, erano redatti dai pontefici che erano nobili e per tanto non particolarmente oggettivi nelle dichiarazioni, anzi li infarcivano di definizioni in difesa dell’aristocrazia. la caratteristica piu notevole di questa produzione storica è l’uso della lingua greca, iniziato da fabio pittore. la prima opera storiografica latina è di catone il censore, che sceglie questa lingua anche polemicamente. marco porcio catone nacque nel 234 ac a tusculum, oggi frascati. non era nobile ma benestante. combattè la guerra contro annibale e percorse tutte le tappe del cursus honorum fino a essere eletto console nel 195. censore nel 184 diventa campione della difesa dei costumi romani contro la degenerazione portata dal contatto con i greci. quando nel 155 atene inviò a roma un’ambasceria di filosofi, catone ne pretese e ottenne l’espulsione. nell’ultimo periodo della sua vita si battè per chiudere i conti con cartagine, cosa che pero non vide avverarsi nel 146 perche mori nel 149. in vecchiaia catone si dedicò a comporre un’opera storica: le origines. per quanto ripercorresse tutta la storia di roma, la parte dedicata alla storia contemporanea era notevole e occupava 3 libri su 7. (ultimi 2 libri narrano di 50 anni di storia). • 1 > fondazione di roma • 2-3 > origini delle città italiche • 4-5 > guerre puniche • 6-7 > dalla seconda guerra punica al 152. anche per opporsi al culto delle personalità carismatiche, catone elaborò una concezione di storia romana come di sviluppo graduale e lento dello stato e la repubblica come creazione collettiva del popolo romano. catone non faceva nomi dei condottieri, ne romani ne stranieri ma di contro raccontava episodi molto di nicchia facendo nomi di soldati quasi sconosciuti alla totalità dei lettori. si interessava alla storia delle città italiche che di solito erano trascurate e anche per i popoli stranieri - africani e iberici- di cui racconta gli usi avendoli visti coi propri occhi. a catone risale la prima opera in prosa latina che ci sia giunto per intero: il de agri cultura, ovvero una serie di precetti in forma asciutta e schematica. infatti non c’è spazio dedicato a divagazioni filosofiche o letterarie ma il proprietario terriero, come pater familias deve occuparsi della sua terra come a un’attività sicura e onesta. catone la pensa pero in larga scala: il proprietario deve avere dei magazzini e deve comprare molto meno di quanto venda. qui emergono alcuni precetti del mos maiorum: parsimonia, duritia, industria. lo stile dell’opera è scarno ma colorito da espressioni di saggezza popolare. il tono precettistico lo ritroviamo anche nei praecepta ad filium, la prima enciclopedia dei saperi (poi la faranno anche varrone e plinio il vecchio). non ne sono rimasti che alcuni frammenti ma da questi possiamo dedurre alcune regole del mos maiorum. molto diverso dallo stile dei trattati, sostenuto e arcaizzante, doveva essere quello oratorio. catone rifiutava di educarsi ai precetti retorici dei diversi manuali greci. una sua famosa massima dice che se si conosceva il contenuto, le parole venivano da se. questo ci comunica il rifiuto di ogni elaborazione stilistica elaborata dai greci. nelle sue orazioni catone difende molto spesso la propria persona. del tutto apologetica è l’orazione de consolatu suo. alla sua personalità superba e al suo culto di se stesso dobbiamo la fondazione di questo genere che non aveva precedenti in latino. l’appellativo di censore lo rende molto rigido nella sua funzione moralizzatrice. cicerone lo idealizza come personaggio che incarna le virtù fondamentali di roma del passato. livio ne apprezza le doti ma ne riconosce anche dei grandi difetti come l’intransigenza. capitolo 7, la commedia di terenzio e cecilio stazio il debutto teatrale di terenzio si colloca due anni dopo la battaglia di pidna con la quale roma sconfigga definitivamente la macedonia. da questo momento in poi a roma si sente forte l’influenza del circolo degli scipioni. il teatro di terenzio, pur accettando la convenzionalità delle trame, si intesse di significati piu profondi di quelli che eravamo soliti vedere in plauto. è rivoluzionario usare un genere popolare per comunicare qualcosa di nuovo e che richieda piu competenza -come vedremo nei proemi-. all’autore interessa soprattutto l’approfondimento psicologico dei personaggi, quindi rinuncia all’esuberanza comico-fantastica della commedie del suo predecessore. spesso pero, piu che alla rappresentazione psicologica del personaggio, è interessato a quella del ‘tipo’. sarebbe nato fantasiosamente nel 184 (anno di morte di plauto). originario di cartagine sarebbe giunto a roma come schiavo di un certo senatore tenerzio lucano, e poi legatosi al circolo degli scipioni. la morte sarebbe avvenuta nel 159 durante un viaggio in grecia per scopi culturali. la cronologia delle sue opere è attestata con precisione nelle didascalie anteposte nei manoscritti alle singole commedie. si tratta di 6 commedie giunteci per intero: andria. hecyra, heautontimorumrnos, eunucus, phormio, adelphoe. la prima superficiale impressione dello stile di terenzio è di una piatta uniformità. gli innamorati si baciano solo 2 volte in 6 commedie, ci sono pochi riferimenti ai corpi, alla fame, alla sete e al sesso. i personaggi non si scambiano crude battute di insulti. la materia linguistica sembra essere stata selezionata, perfino censurata, mentre, non a caso, acquistano spazio le parole astratte che rendono possibile l’analisi psicologica. in realtà un dialogo cosi poco arzigogolato è piu simile alla realtà di quello plautino. a questa selezione lessicale corrisponde una forte riduzione della varietà metrica ed è motlo contenuta la parte di cantica rispetto a quella di deverbia (recitata). il rapporto con la commedia nuova mostra bene la coesistenza di due aspetti, quello del modello culturale e quello del modello letterario offerti da menandro che creano insieme l’humanitas. le commedie di menandro erano imporytante modello anche per plauto che però si allontanava dalla poetica greca della verosimiglianza. per quanto riguarda terenzio invece, vengono eliminate anche le battute che abbattono la quarta parete rivolgendosi al pubblico. diversa è anche l’importanza data al prologo, che solitamente serviva per presentare l’argomento, preparare il pubblico a cio che stava per vedere. terenzio decide invece di sfruttare il prologo per riflessioni personali in cui chiarisce il rapporto coi modelli greci che ha usato e prende posizione su alcune critiche gli erano state fatte. questo tipo di prologo prelude la presenza di un pubblico piu colto e consapevole. nel prologo dell’andria terenzio accusa altri commediografi di praticare la “contaminatio fabulas”, cioe di creare inopportune mescolanze dei modelli greci. nel prologo dell’heauto… terenzio contrappone invece a una commedia statica, una piena di effettacci e con azione assai movimentata, rifiutando quindi il modello plautino. sembrerebbe che terenzio pero si attenga piuttosto fedelmente alle linee degli intrecci menandrei, senza mai rinunciare ad approfondire gli interessi che piu lo toccano. questo ci riporta al contenuto della sua arte: caratteri e problemi di un’umanità borghese. i difetti principali rimproverati a terenzio dai contemporanei dipendono dalla scelta consapevole del poeta di rendere il lessico piu spoglio e di eliminare le trovate comiche estemporanee. la palliata latina era sempre stata ancorata a situazioni famigliare: suoi tipi fissi sono il giovane innamorato, la donna, il padre geloso, ma in terenzio questi rapporti diventano sempre piu umani ed approfonditi. la comparsa del concetto di humanitas è ripreso da quello greco di philantropia, il che non è solo appannaggio di terenzio ma è legato alle opere di chiunque faccia parte del circolo degli scipioni. non pare casuale che la commedia terenziana di maggior successo sia quella in cui meno appaiono temi psicologici: l’eunuco. è romanzescamente trattato un rapimento con personaggi burleschi e una soldato fanfarone. sono poche le commedie di terenzio che ebbero successo: l’hecyra solo alla terza messa in scena. terenzio pero continuò a tenere la scena anche dopo che fu morto perche trovò il favore di alcuni critici piu colti e sensibili, come cicerone che definì il suo linguaggio ‘scelto’ e cesare che lo collocò tra i comici sommi. il lessico controllato, i valori etici provocarono la comparsa di terenzio nelle scuole e quindi anche il corredo delle sue opere con commenti (di elio donato). il medioevo come l’antichità dedicò commenti a terenzio e dante citò dei versi, forse tramandati da cicerone. almeno un cenno lo merita anche cecilio stazio che oggi è trattato come un minore perche non ci perviene nemmeno una delle sue opere. il canone di volvacio sedigito, che poneva terenzio tra gli ultimi, pone cecilio per primo tra i commediografi, anche prima di plauto. a causa del primo triunvirato (patto privato stretto nel 60 tra cesare, pompeo e crasso per spartirsi il potere di roma). nella pro sestio cicerone formula la propria teoria della concordia dei ceti abbienti, dilatando il concetto della concordia ordinum in quello del consensus omnium bonorum, cioè la concordia attiva di tutte le persone agiate e i possidenti, disposte a collaborare per riportare l’ordine. dicendo questo si avvicina addirittura ai triumviri. in seguito all’uccisione di clodio, tribuno popolare che cicerone aveva attaccato nel pro caelio, nel 52, cicerone difende dall’accusa di omicidio l’amico milone. la pro milone, è considerata uno dei suoi capolavori: rovesciando l’accusa, cicerone si abbandona a un appassionato elogio al tirannicidio. scoppiata la guerra civile nel 49, cicerone sostiene pompero, dopo la cui sconfitta viene comunque perdonato da cesare e s’impegna nella difesa di altri pompeiani che cercano la clemenza. tra 46 e 45 fu estromesso dall’attività politica e quindi si dedicò alla composizione di opere filosofiche, per poi tornare nella lotta dopo l’assassinio di cesare. contro antonio pronuncia le filippiche, orazioni violente. tuttavia, l’accordo poi siglato da antonio con ottaviano segna la fine i cicerone. muore nel 43. la retorica quasi tutte le opere retoriche sono scritte a partire dal 55. esse nascono dal bisogno di una risposte politica e culturale alla crisi che roma stava attraversando. una delle questioni principali è quella della necessità o meno per l’oratore di affiancare la conoscenza tecniche della retorica a una casta cultura in campo di diritto, filosofia e storia. • nella rethorica ad herennium > sosteneva l’opportunità di una sintesi tra eloquenza e sapiantia. la prima senza la seconda è tipica dei demagoghi e fonte di rovina per lo stato. • de oratore > l’opera ha forma di dialogo a cui prendono parte alcuni dei più insigni oratori dell’epoca. 
 - libro 1 a lucilo licino. contro marco antonio favorevole all’ideale di un oratore più istintivo e autodidatta. 
 - libro 2 antonio espone i problemi relativi all’inventio, dispositio, e memoria. 
 - libro 3 crasso discute l’eloqutio e la pronunciatio, cioè in generale dell’actio. 
 il dialogo è ambientato nel 91. la crisi dello stato grava tragicamente su tutti e stride volutamente con l’ambiente sereno e raffinato della conversazione. il modello è il dialogo platonico. • il talento, la tecnica della parola e del gesto e la conoscenza delle regole retoriche non possono ritenersi bastevoli per la formazione dell’oratore: è la tesi di crasso. la formazione dell’oratore viene in tal modo a coincidere con quella dell’uomo politico della classe dirigente. • orator >nel 46. espone i tre scopi cui deve tendere l’oratore ideale: probare (argomentare validamente le tesi); delectare ( suscitare impressioni piacevoli); flectere (muovere le emozioni attraverso il pathos). anche gli stili saranno conformi: umile, medio o elevato. • nel brutus > polemica contro lo stile attico l’oratoria ciceroniana rompe gli schemi tradizionali di generi e stili su cui si scontravano asiani e atticisti e, in coerenza con la propria pratica forense, afferma l’opportunità di selezionare e alternare diversi registri a seconda delle esigenze. de re publica il modello platonico ritorna nel de re publica. lo elabora tra 54 e 51, anni in cui giunge ad elaborare la miglior forma di stato nella costituzione che vigeva sotto gli scipioni. il dialogo si svolge nel 129 presso la villa suburbana di scipione emiliano, che, con l’amico lelio, e uno dei principali interlocutori. ci è pervenuto molto frammentario e la parte meglio conservata è quella finale del somnium scipionis. • libro I: scipione parla delle tre possibili forme di governo, monarchia aristocrazia e democrazia e di come inevitabilmente degenerino in tirannide, oligarchia e oclocrazia. mostra però come lo stato romano avesse la capacità di contemplare al suo interno le tre versioni positive: monarchia - consolato; aristocrazia - senato; democrazia - comizi. • libro II: costituzione romana • libro III: iustitia • libro IV: educazione dei cittadini e dei principi • libro IV e V: parte piu lacunosa che tratta i rettori, i governatori e i princeps • libro VI: scipione emiliano rievoca in sogno in cui gli era apparso l’avo, africano, per mostrargli quanto fossero insignificanti la gloria e tutte le cose umane e rivelargli la beatitudine che attende nell’alidilà le anime dei grandi uomini di stato. per noi è difficile capire il ruolo dei princeps: non sono alternativi ma di sostegno al senato allo scopo di salvare la res publica. il princeps dovrà armarsi contro tutte le passioni egoistiche e contro il desiderio di potere e ricchezza. cicerone poi scrive il de legibus, iniziato nel 52 in cui espone la tesi stoica dell’origine divina delle leggi basata sulla ragione innata in tutti gli uomini e non sulla convenzione. la filosofia inizia nel 46 a scrivere opere filosofiche con l’operetta i paradossi degli stoici. la forma privilegiata è ancora quella dialogica. cicerone filosofo non ambisce a formulazioni originali ma a riassunti, schemi teorici, controbattute del sistema filosofico a lui precedente. originale è l’interesse a cercare sempre anche nei piu raffinati problemi teoretici e gnoseologici, la conseguenza pratica, la ricaduta nella partecipazione politica. in questa direzione vanno le due operette: • cato maior de senectute: catone il censore in cui si coagulano le due qualità del gusto per l’otium e della tenacia per l’impegno politico • laelius de amicitia: fondamenti etici della società ricercati nel rapporto che lega tra loro la volontà degli amici. l’amicitia è quei intesa come la creazione di legami personali a scopo di sostegno politico. cicerone vede negli scipioni (di cui fa parte lelio) la realizzazione piu perfetta degli ideali di amicitia e humanitas. la scrittura dei dialoghi è assai raffinata e cicerone da spazio anche a una certa invenzione narrativa per quanto riguarda gli scenari e l’elaborazione dell’incontro tra i vari personaggi. fanno eccezione: • tusculanae disputationes che hanno per interlocutori un maestro e un discepolo anonimi e dialogano come fosse un monologo interiore. unica dottrina su cui cicerone riserva una notevole ostilità è l’epicureismo che aggredisce nel de natura deorum e nel de finibus: l’invito epicureo al disimpegno civile e l’affermazione del disinteresse degli dei verso le vicende umane. de officiis nel 44. è trattato, non dialogo. dedicato al figlio marco allora studente di filosofia ad atene. scritto in modo molto rapido. la base filosofica è quello dello stoicismo moderato di panezio. panezio attribuiva un valore positivo agli istinti, che dalla ragione non devono essere oppressi ma disciplinati. sottomissione degli istinti alla ragione e autocontrollo definiscono il gentiluomo ciceroniano, che nel de officiis, attraverso il senso del conveniente (decorum) ricerca l’approvazione degli altri con l’ordine, la coerenza e la misura delle parole. cicerone non rinuncia a una minuta precettistica per i comportamenti quotidiani, dalla toilette all’abbigliamento alla casa dell’aristocratico (per dare prestigio senza sfarzo). il modello complessivo è quello del vir bonus. lo stile come autore di opere filosofiche deve continuamente confrontarsi con testi greci e nel tradurne passi cerca di evitare i grecismi. questo lo porta a neologismi continui, soprattutto in campo astratto, di parole come qualitas, quantitas essentia. il suo periodo è complesso e armonioso e segue il principio della concinnitas, la corrispondenza tra parti, ovvero, al discorso paratattico preferisce quello ipotattico in cui le frasi si susseguono con un rapporto logico di subordinazione esplicitata. grande è la varietà di toni e registri stilistici, impiegati a seconda delle esigenze del probare, delectare e movere. a questa cura per la prosa si affianca quella per la poesia, di cui cicerone è sicuramente un maestro, anche se disprezzato generalmente. di suo ricordiamo il poema marius e il de consolatu suo in cui parla della sua mirabile impresa nello sventare la congiura di catilina, elogiandosi. l’epistolario si compone di • 16 libri ad familiares • 16 libri ad atticum, suo migliore amico • 3 libri ad quintum fratem • 2 libri ad marcum brutum per un totale di 900 lettere, molto varie, da rapidi biglietti, a vivaci resoconti politici, elaborate lettere simili a trattati. anche i toni sono molto vari e si adattano ai temi. sono lettere vere, quindi emerge il sermo cotidianus: ellissi, grecismi, allusioni, paratassi e parentesi. i posteri si dividono tra estimatori e detrattori. tra i secondi sallustio. tra i primi quintiliano. per il medioevo cicerone è il grande maestro e divulgatore di filosofia e retorica. umanesimo e rinascimento vedono un misto dei due: valla è il piu spinto detrattore. ciceroniano fanatico è invece pietro bembo. capitolo 11, filologia, biografia e antiquaria nella tarda repubblica la ricerca antiquaria diventa una disciplina di grandissimo interesse, nel momento in cui i valori del mos maiorum sembrano essere messi in discussione. attico è il piu importante corrispondente di cicerone, è un ricco cavaliere romano. vive a lungo ad atene per poi nel 65 tornare a roma, dove la sua casa sul quirinale è luogo di incontro dei principali ricercatori dell’antiquaria del tempo. egli aderisce alla filosofia epicurea, conduce una vita appartata, lontana dalla partecipazione politica. scrupoloso raccoglitore dei memorabilia, imprese e gesta memorabili della gente romana. nepote è l’autore del de viris illustibus, una raccolta di biografie di personaggi famosi. l’opera doveva comprendere almeno 16 libri, divisi a seconda delle professioni ‘re, uomini politici, oratori ecc’, ma ci rimane solo il libro sui comandanti militari stranieri. nepote doveva vedere la biografia come un mezzo veloce per confrontare roma alla grecia. infatti ogni categoria di vite doveva occupare una coppia di libri, uno per gli stranieri (soprattutto greci), l’altro per i romani che si distinguevano in quel campo. non è un’opera viziata da pregiudizi nazionalistici, è semmai sintomatico di un’epoca in cui i romani cominciarono a interrogarsi sui caratteri originali della loro civiltà. i concetti di moralmente onorevole o moralmente turpe, egli precisa, non sono gli stessi presso i greci e i romani. varrone nasce a rieti nel 116. fu questore, tribuno della plebe e pretore. combattè in dalmazia, poi con pompeo, e poi ancora nella campagna contro i pirati. nella guerra civile fu legato di pompeo in spagna. cesare, conquistato il potere lo perdonò e gli diede da affidare la biblioteca di roma. nel 43 fu proscritto da antonio ma si salvò. morì nel 27. 1) antiquaria e filologia 
 > de antiquitates litterarum: vi si trova un’illustrazione quasi completa di tutto il patrimonio mitico, rituale, istituzionale della cività latina. ci è nota per frammenti. nelle res divinae, distingueva tre modi per concepire la divinità: la teologia favolosa, comprendente i racconti mitici; la teologia naturale, comprendente le teorie filosofiche sulla divinità; la teologia civile, comprendente la divinità concepita in base all’esigenza politica e quindi utile allo stato. 
 per varrone la religione, con i suoi culti e rituali, era una creazione degli uomini e se il popolo doveva affidarsi alla teologia favolosa, gli intellettuali a quella naturale.
 la concezione varroniana della storia romana è molto particolare, infatti varrone è anche il massimo studioso delle antiche civiltà italiche, ma non lo attirano le gesta, le guerre e le personalità; bensì le istituzioni, le tradizioni e la mentalità. 
 > varrone è il maggior sistematizzatore delle opere di plauto e vi scrive due trattati: quaestiones plautinae e de comoediis plautinis. le commedie attribuite a plauto abbiamo visto fossero 130. varrone le distingue in: 90 spurie; 19 incerte e 21 sicuramente sue. 
 > storia della lingua latina in de lingua latina. è trattazione sistematica ed esaustiva che tratta la morfologia, la sintassi e la stilistica. dà un forte rilievo all’assimilazione di elementi stranieri nella formazione della lingua latina. nei 6 libri pervenutici (V-X) tre sono sull’etimologia (spesso fantasiosa) e tre sono sull’analogia e l’anomalia 2) nella storia della letteratura latina varrone non è solo raccoglitore e ordinatore: scrive le saturae menippeae quasi del tutto perdute che però sono un modello per l’apokolokintosis e il satyricon. 107, ebbe l’incarico di concludere la guerra in africa e cambio l’esercito arruolando dei proletari non tassati (cosa che sallustio non nasconde non approvare). la guerra riprende per poi finire quando il re di mauritania tradisce gliugurta consegnandolo ai romani. 
 come nella precedente monografia, sallustio introduce al centro dell’opera un excursus che indica nel regime dei partiti la causa prima della lacerazione della res publica. il quadro che emerge dal bellum iug è deformante: al fine di rappresentare la nobiltà come un gruppo unico guidato da un manipolo di corrotti, sallustio trascura di parlare dell’ala aristocratica favorevole a un impegno attivo nella guerra. 
 le linee della politica dei populares sono esemplificate nei discorsi di memmio che lamenta la politica inconcludente del senato e di mario che convince la plebe ad arruolarsi in massa. 
 nel discorso di mario, motivo fondamentale è l’affermazione di una nuova aristocrazia della virtus, cioè non dalla nascita ma in basa al loro tenace impegno. tuttavia nel complesso, la figura di mario rimane ambigua perche sa opporsi all’arroganza nobiliare ma comunque sallustio è consapevole delle responsabilità che poi si prenderà nella guerra civile.
 la figura di giugurta gode di una perplessa ammirazione per l’energia indomabile che è sicuro segno di virtus. 3) le historiae iniziavano col 78 ac, riallacciandosi alla narrazione di sisenna ma non sappiamo con che anno finissero. alcuni frammenti ci pervengono piu lunghi: 4 discorsi e 2 lettere. una delle lettere è di pompeo e una, piu interessante di mitridate. quella del sovrano orientale fa emergere la visione che quei popoli hanno dei romani in guerra: loro ai loro occhi agiscono solo per sete di conquista. in ogni caso le historiae dipingono un quadro in cui dominano le tinte cupe: la corruzione dei costumi dilaga senza rimedio. sallustio, nutrendosi di tucidide e catone il censore, elaborò uno stile fondato sull’inconcinnitas, sull’uso frequente di antitesi, asimmetrie e variationes di costrutto producendo un effetto di gravitas austera e maestosa, un’immagine di meditata essenzialità di pensiero. alla gravitas di questo stile contribuisce molto alla ricca patina arcaizzante. estrema è l’economia dell’espressione e alla coincisione del dialogo si somma un accumulo di parole quasi ridondanti. ci sono pervenuti di lui anche due testi che però sono sicuramente spuri: l’invectiva in ciceronem e l’epistulae ad caesarem senem de re publica. lo stile è quasi piu sallustiano di sallustio ma oltre ad essere troppo arcaizzante, è anche impropria la forma e lo stile. capitolo 14, lucrezio la notizia biografica piu ampia che abbiamo su lucrezio ci viene da girolamo (IV-V sec dc), autore di una trattativa cronologica con varie notizie su poeti latini. lucrezio sarebbe nato attorno al 96 ac, per morire suicida a 43 anni, dopo aver scritto alcuni libri nei momenti di lucidità dati da una follia che lo avrebbe preso bevendo un filtro d’amore. lucrezio forse era campano e questo lo diciamo solo basandoci sul fatto che a napoli ci fosse la maggior scuola epicurea. incerta è anche la classe sociale di appartenenza. il de rerum natura (sull’onda del ‘sulla natura’ di epicuro) è l’unica opera lucreziana che abbiamo: in sei libri di esametri è forse incompiuta o comunque mancante di un’ultima revisione. la classe dirigente romana non si era opposta all’influenza della cultura greca, mostrando una certa resistenza solo su quelle correnti che sembravano minacciare l’integrità della res publica. epicuro era sicuramente il piu antitradizionalista di questi. infatti l’epicureismo insegna che gli dei esistono ma non si occupano degli affari degli uomini, che il sommo bene è il piacere al quale si arriva attraverso l’atarassia, l’indifferenza dalle passioni. epicuro invitava quindi al distacco dalla vita politica che era origine di confusione. nel i secolo pero, questa dottrina, ormai tollerata, raggiunge una discreta diffusione negli strati elevati della società romana. anche lucrezio decide di farsi divulgatore di epicuro, ma per una via radicalmente diversa da quelle precedenti: sceglie di scrivere un poema epico-didascalico che riprende i solenni modelli greci di esiodo ed empedocle. questa scelta sorprende anche in vista della condanna che epicuro fa della poesia, ma lucrezio la adotta per rendere piu fruibile il testo anche agli strati elevati della popolazione e per rendere piu dolce una dottrina cosi amara. i sei libri dell’opera sono chiaramente articolati in tre coppie: prima e ultima coppia trattano della fisica e del cosmo epicurei; la seconda espone l’antropologia e la psicologia. dopo l’inno a venere, cominciano ad essere esposti i temi principali: • gli atomi si muovono e danno origine alle aggregazioni dei corpi. nascita e morte sono costituite dal processo di aggregazione e disgregazione. (libro I) • il moto degli atomi è rettilineo ma interviene un’inclinazione che rende ragione delle aggregazioni e della libertà del volere umano (libro II) • quelli dell’anima sono atomi piu leggeri, ma come quelli del corpo, con la morte di disgregano (libro III) • il continuo movimento degli atomi fa si che dai corpi si distacchino i simulacra che sono immagini che colpiscono i corpi di altri e cosi nasce la conoscenza. (libro IV) • anche il nostro mondo è mortale, digressione sull’origine dell’umanità (libro V) • natura dei diversi fenomeni fisici come fulmini e terremoti, che non sono causati dagli dei. l’opera si interrompe con la narrazione della peste del 430 ad atene (libro VI) l’indicazione di una verità razionalmente definita e priva di qualunque concessione al meraviglioso sul quale il lettore sarebbe chiamato a esprimere giudizio di consenso o rifiuto è fondamentale nella poetica di lucrezio che si stacca dalla poesia didascalica ellenistica. la comprensione delle cause che regolano necessariamente i fenomeni vuole distruggere ogni possibile superstizione, fondata appunto sullo stupore per cio che non si capisce razionalmente. il lettore di lucrezio è chiamato a trasformarsi in eroe, a emozionarsi per i segreti della natura che gli vengono aperti e a trovare in se la forza dell’accettazione anche quando le verità del poeta sono terribili. per questo appaiono tanto di frequente invocazioni al lettore. la dottrina degli atomi insomma, è descritta in se ma anche nelle reazioni di vertigine che puo produrre in chi legge. lo stile di lucrezio non è solo quello emozionante del sublime: spesso, per convincere l’interlocutore, il poeta usa uno stile piu aggressivo e violento, quello della diatriba. questo, nella sua accezione piu concreta e volgare era usato nella satira romana fin sa lucilio. anche lucrezio a tratti sceglie uno stile piu realistico. cosi è, per fare un esempio, nel libro III quando a prendere parola è la natura stessa che si indigna di come gli uomini siano attaccati alla vita anche quando questa è piena di dolori e tristezza. lucrezio si rivolge al lettore invitandolo a riflettere su quanto crudele e empia sia la religio tradizionale che prevede che un uomo come agamennone sacrifichi la figlia ifigenia per garantire il ritorno a casa della ciurma. il poeta fa quindi un quadro patetico della madre dell’agnello sacrificale. se gli uomini sapessero che dopo la morte non c’è nulla, non si lascerebbero terrorizzare dalle minacce dei sacerdoti e smetterebbero di essere succubi della superstizione religiosa. proprio la conoscenza sicura delle leggi che regolano concretamente l’universo permette questa liberazione. lucrezio dedica un’ampia parte dell’opera alla storia del mondo. tutta la seconda metà del libro V tratta invece dell’origine della vita sulla terra e della storia dell’uomo. ne animali ne esseri umani sono stati creati da un dio, ma si sono creati grazie a particolari circostanze: il terreno umido e il calore hanno generato i primi esseri viventi e poi gli uomini. fra le tappe del progresso umano, quelle positive sono alternate a quelle negative come l’inizio dell’attività bellica o il sorgere del timore religioso. lucrezio non poteva credere in una mitica età di pace in cui l’uomo viveva in un paradiso terrestre. ma la visione lucreziana non è solo sconsolata e pessimistica: a questi problemi l’epicureismo è in grado di rispondere mostrando che “di poche cose ha davvero bisogno il corpo”. sono i bisogni naturali necessari, gli unici da soddisfare, tralasciando quelli non naturali non necessari. il problema del pessimismo di lucrezio e dunque la distanza che sembra separarlo da epicuro, è stato spessi evidenziato dalla critica. c’è chi ne parla come di un disordine mentale; c’è chi addita un antilucrezio, pessimista contro quello epicureo e quindi ottimista. ma è certo che le tinte scure di cui è composto il poema sono giustificabili: l’accesa confutazione della tesi stoica della natura provvidenziale, è contrastata da lucrezio con l’immagine di una natura maligna. anche lo stile, come l’organizzazione complessiva della materia, doveva servire alla persuasiome del lettore. • le frequenti ripetizioni, alle quali si è spesso imputata l’immaturità dell’autore • termini tecnici della fisica e nessi logici dovevano restare fissi in modo che il lettore potesse famigliarizzarvi • la povertà della lingua latina nel poter esprimere certi concetti fa nascere numerosi neologismi • la stessa povertà linguistica fa paradossalmente usare una lingua molto concreta per esprimere concetti altrimenti vaghi. • lucrezio sfrutta molti vocaboli della tradizione arcaica ma anche della poesia romana elevata dalla quale trae le forme espressive piu caratteristiche. • grammaticalmente i due fenomeni piu usati sono: infiniti passivi in -er e uscita del gen sing femm in - ai. due tratti molto arcaizzanti. • l’esametro lucreziano predilige l’incipit dattilico. capitolo 15, catullo e la poesia neoterica il processo di rinnovamento dei poetae novi non è che un aspetto della generale ellenizzazione dei costumi, dovuta alle conquista del ii sce ac. nel campo letterario dunque si assiste a un progressivo indebolimento dei valori e delle forme della tradizione. i neoteroi prendono dai poeti ellenistici il gusto per la contaminazione tra i generi, l’interesse per la sperimentazione metrica, la ricerca di lessico e stile sofisticati e infine il carattere disimpegnato della loro poesia. preludio della loro poesia infatti è la comparsa di una poesia scherzosa legata all’otium. i neoteroi non dedicano all’otium, com’era uso, uno spazio ristretto tra un’occupazione e un’altra ma anzi lo rendono il centro dell’esistenza. la convergenza tra i principi dell’epicureismo e le tendenze dei poeti neoterici è evidente, ma va notata anche una differenza importante: per gli epicurei, il cui fine è l’atarassia, il piacere senza turbamenti, l’eros è una malattia insidiosa, da fuggire come fonte di angoscia e dolore, mentre per i neoteroi l’amore è il sentimento centrale della vita. l’affinità di gusto che accomuna i poeti si traduce anche in incontri, discussioni, letture comuni. callimaco è il massimo modello e come lui, che insultava i pigri imitatori dello stile omerico ormai superato, catullo e i neoteroi irridono coloro che si limitano a uno stile enniano. i generi adatti al labor limae e perciò privilegiati sono quelli brevi come l’epigramma o quelli, come l’epillio, che permettono al poeta di sfoggiare la propria erudizione. tra i precursori dei netoteroi: • lutazio catulo la cui vita è ancora incentrata sui valori della civis ma veicolati da una leggera poesia di intrattenimento • levio tra i neoteroi veri e propri invece ricordiamo: • come caposcuola valerio catone, originario della gallia cisalpina, rinnova a roma la tradizione alessandrina. • varrone atacino che ha ancora a tratti uno stile enniano ma poi aderisce alla nuova scuola con la leucadia ma soprattutto con una traduzione libera e reinterpretata degli argonauti di apollonio rodio. • elvio cinna, scrittore e intimo amico di catullo, che avrebbe condotto a roma alcuni poeti ellenistici che avrebbero costituito dei modelli. • licinio calvo famoso oratore, seguace dell’atticismo del quale ci pervengono pochissimi versi. catullo nasce nella gallia cisalpina nel 84 ac. giunto a roma conobbe e frequentò personaggi di spicco dell’ambiente politico e letterario ed ebbe una relazione d’amore con clodia, la lesbia delle sue poesie, moglie di metello. nel 57 andò in bitinia come membro dell’entourage di memmio e qui visitò la tomba del fratello che compianse a lungo nei suoi scritti. morì forse a 30 anni. di catullo abbiamo 116 carmi raccolti in un liber che si suole suddividere, su base metrica in 3 sezioni: - 1-60 > componimenti brevi e di carattere leggero e di metro vario - 61-68 > metro eterogeneo, carmi piu estesi e impegnati, noti come carmina docta - 69-116 > epigrammi in distici elegiaci il nome e la poesia di catullo sono generalmente associati alla poesia neoterica, infatti mentre i malori del mos maiorum vanno sgretolandosi, l’otium individuale risulta un’alternativa rispetto alla civitas comune. la poesia cosi non si concentra piu suo grandi temi dell’epos e della tragedia che miravano a creare una coscienza comune e una catarsi collettiva ma si dispiega anzi un universo di piccole azioni e piccole cose. 1) quelli noti come carmi brevi sono un misto di compisizioni varie dai toni sereni ma con una notevole ricercatezza di stile. amicizie, amori, odi, passioni sono le protagoniste di questa poesia. la composizione dell’opera gli richiese molto tempo, cosa denotabile anche dai riferimenti storici nel libro: finale del I libro allude a un’italia in preda alle guerre civili, ma altrove c’è anche il riferimento a un periodo di agognata pace raggiunta. la data di pubblicazione coincide col ritorno trionfale di ottaviano dall’oriente, ma questo pone un problema: virgilio avrebbe, secondo una fonte, sostituito in una seconda edizione, le lodi di gallo (personaggio morto suicida perche caduto in disgrazia presso augusto) con il racconto di aristeo e orfeo. probabilmente la fonte è falsa perche è improbabile che le lodi di gallo fossero così estese da coprire lo spazio del mito di aristeo e anche perche quest’utlimo sembra un epillio ben costruito e quindi non improvvisato. le georgiche erano poemi didascalici della tradizione ellenistica, nati dalla scelta paradossale di poetare qualcosa di modesto in una forma curatissima e con l’intento di insegnare ma curando di fatto poco la parte didattica. chi fosse stato davvero interessato alla materia avrebbe dovuto consultare un trattato in prosa. virgilio fa molta attenzione ai dettagli, ma è anche molto interessato dal contenuto. l’appartato mondo agricolo ha come cornice la figura di ottaviano che si presenta come l’unico possibile salvatore del mondo civilizzato. le georgiche per tanto sono il primo vero poema dell’eta del principato. il primo proemio presenta la figura di augusto come sovrano divinizzato e al suo fianco c’è mecenate. insieme non sono solo i dedicatari ma anche gli ispiratori. il ruolo di destinatario invece è assegnato alla figura collettiva dell’agricola. anche se rivolto alla vita dei campi, il poema finisce per affrontare i problemi della vita urbana. l’eroe del poema è il piccolo proprietario agricolo, il coltivatore diretto; virgilio fa al massimo pallidi accenni alle grandi trasformazioni in corso: l’estensione del latifondo, lo spopolamento delle campagne, le terre ai veterani. piu notevole ancora è la mancanza di riferimento al lavoro schiavile. > convergenze tra virgilio e la propaganda augustea. tra queste ultime possiamo anche vedere come l’italia contadina sia anche guerriera. i temi dei 4 libri sono: lavoro dei campi, arboricoltura, allevamento bestiame, apicoltura. l’ordine in cui sono collocati prevede che l’apporto della fatica umana si faccia sempre meno accentuato e la natura sempre piu protagonista. proprio il piccolo mondo delle api si ravvicina alla cultura dell’uomo. l’opera è dunque impostata su una serie di libri dotati di chiara autonomia ma anche collegati da un piano complessivo in quanto dotati ognuno di un proemio (lungo per il primo e il terzo, breve e introduttivo per secondo e quarto) e di digressioni. anche qui si nota l’apporto di lucrezio ma con que chiari e differenze: indebolimento delle costrizioni logiche, architettura del poema piu simmetrica. infatti il discorso fluisce in modo naturale nascondendo i passaggi logici ma allo stesso tempo il suo dinamismo crea equilibrio. ogni libro delle georgiche è dotato di una digressione conclusiva: guerre civili, lode alla vita agreste, peste degli animali, storia di aristeo. il i e il iii risultano accoppiati anche perche le digressioni sull’attualità di riflettono a specchio. rasserentanti invece le altre due digressioni. l’eneide all’eneide i grammatici antichi attribuivano due intenzioni: imitare omero e lodare augusto. infatti se virgilio prende a modello sia l’odissea che l’iliade, ne fa una summa fino quasi a superarle. enea infatti riassumerà in sè l’immagine di achille vincitore ma anche quella di odisseo che ha ritrovato la sua patria lontana. 1 > giunone scatena tempesta, enea perde uomini, approda a cartagine. accolto da didone. narra la fine di troia 2 > racconta la sua fuga e il salvataggio di suo padre anchise e di suo figlio ma non di sua moglie creusa 3 > racconta che, partiti dalla troade capiscono che hanno nuova patria in occidente. anchise muore 4 > didone ama enea e si sucida perche lui parte comunque per cio a cui i fati l’hanno destinato. regina muore: motivo dell’odio tra cartaginesi e romani 5 > troiani fanno tappa in sicilia. giochi funebri x anchise 6 > a cuma, campagna, consulta sibilla. accede al mondo dei morti dove incontra didone, palinuro e anchise che gli indica il successo di roma futura. 7 > enea sbarca alla foce del tevere e fa patto col re latino. aletto, demone della discordia, mandato da giunone, la moglie e il figlio di latino fanno saltare il patto. è guerra. lavinia, promessa sposa di enea è come elena, in mezzo alla contesa. 8 > enea risale il tevere con pochi uomini e nel luogo in cui sorgerà roma trova l’appoggio di evandro, re degli arcadi. gli dei danno a enea un’armatura forgiata da vulcano. 9 > assenza di enea favorisce turno e i suoi alleati che ottengono parziali successi. 10 > enea torna e capovolge la situazione. turno uccide pallante e enea uccide mezenzio, alleato di turno. 11 > enea piange pallante. cade un altro latino, la fortissima vergine guerriera camilla. 12 > turno accetta duello decisivo con enea. giunone fa cadere accordo. la battaglia riprende. giunone fa pace con giove e ottiene che nel nuovo popolo non resti il nome troiano. enea uccide turno perchè gli vede addosso il balteo di pallante. nessun popolo è escluso da un contributo positivo alla genesi di roma. gli stessi latini saranno riconciliati e formeranno il nuovo nerbo della popolazione romana. la grande potenza etrusca ha un ruolo fondamentale, persino i greci, storici avversari dei troiani, forniscono l’alleato decisivo pallante. è un’opera dal denso significato politico ma non è un poema storico. virgili lavora sul verso epico portandolo alla massima stabilità e insieme al massimo di flessibilità. essendo epico, è normale che l’eneide sia l’opera virgiliana col maggior numero di arcaisimi ma nel complesso non è questo il tratto piu significativo: lo stile di virgilio è ricco di parole normali. la novità sta nei nuovi collegamenti che virgilio interpone a queste parole (es tela exit= esce dai dardi, cioè li schiva). in omero certi oggetti e personaggi sono accompagnati da epiteti stabili. virgilio accetta questa tradizione e da largo spazio a procedimenti formulari, ma la sua tendenza è quella di caricare questi moduli di una nuova sensibilità: gli epiteti coinvolgono ora il lettore nella situazione. questo aumento di soggettività rischierebbe di disgregare la struttura epica del racconto ma la funzione oggettivante è garantita dall’intervento del poeta. virgilio si assume in pieno l’eredità dell’epos storico romano: il suo poema è un’epica nazionale in cui una collettività deve rispecchiarsi e sentirsi unita. eppure l’eneide non si esaurisce in questo progetto. sotto la linea oggettiva voluta dal fato si muovono personaggi in contrasto tra loro. i sentimenti dei personaggi sono sempre in primo piano. si pensi a didone: per virgilio la guerra con cartagine non nasce da un contrasto ma da un amore tormentato. è anche il caso di turno. la guerra che enea conduce nel lazio non è vista come un sacrificio necessario: la guerra è un tragico errore voluto da forze demoniache. l’uccisione di turno, preparata dalla morte di pallante, appare necessaria, ma virgilio non fa nulla per rendere facile questa scelta. turno è disarmato, ferito e chiede pietà. virgilio in sostanza chiede molto ai suoi lettori: devono accettare insieme l’oggettività epica e quindi anche il ciclo provvidenziale della storia e la propria soggettività della tragedia. capitolo 17, orazio quinto orazio flacco nacque nel 65 ac a venosa da un padre liberto che possedeva una piccola proprietà prima di trasferirsi a roma. nonostante la condizione modesta a orazio fu garantita la migliore educazione studiando a roma in scuole illustri. nel 44 ac si recò in grecia per perfezionarsi. lì venne coinvolto nella lotta, seguita dall’assassinio di cesare tra repubblicani e cesaricidi. orazio ottiene da bruto il titolo di tribuno e il comando di una legione. ma la sconfitta di filippi interrompe la sua carriera militare e, beneficiario dell’amnistia torna a roma ma a causa della confisca del suo podere è costretto a lavorare come scriba. comincia quindi a scrivere gli epodi introdotto nel circolo di mecenate e si dedica anche a due libri di satire. dal 30 al 23 lavora ai primi tre libri delle odi. nel 20 pibblica un libro di epistole e nel 17 il carmen saeculare. muore nell’8ac. gli epodi rimanda alla forma metrica: l’epodo è propriamente il verso piu corto che segue al verso piu lungo formando con esso un distico. orazio li chiama anche iambi in riferimento al ritmo e al tono aggressivo. questo è legato alla fase giovanile e quindi all’esperienza di filippi. alle gravi difficoltà di quel periodo si affiancano le asprezze poetiche, i torni carichi, il linguaggio violento. molti tuttavia esitano nel collegare in modo immediato questi componimenti a questa fase, infatti potrebbe essere una grinta legata anche all’imitazione di modelli, che nella fattispecie sono archiloco. orazio sostiene di aver mutuato da archiloco i metri e l’aggressività ma non i contenuti. questo è vero infatti perchè archiloco era poeta aristocratico greco del VII secolo ac; orazio era figlio di un liberto ed appena uscito da una difficile e rischiosa esperienza politica. l’aggressività di orazio non puo rivolgersi che contro bersagli minori. orazio inoltre lascia in sordina il proprio carattere personale dell’invettiva e a volte le minacce suonano un po’ a vuoto o addirittura scherzose. rimane indubbio che lo stile archilocheo sembrava il piu giusto ad orazio per esprimere ansie e passioni di un’intera generazione. dal punto di vista dell’espressione la poesia giambica di orazio puo ospitare anche una dizione piu sorvegliata: accanto al poeta degli eccessi abbiamo quello della misura. le satire i due libri di satire raccolgono componimenti assai diversi per tema e andamento. è in quest’opera che orazio parla piu volentieri di se e della propria vita e anche quando non si mette in scena la sua ironia ha un tono particolare. la sua fonte primaria è lucilio dal quale pero si distanzia con l’intento di migliorarlo: afferma che scorra come fango e quindi dimostri una trascuratezza formale. per quanto riguarda l’andamento complessivo dell’argomentazione, orazio ha imparato dall’eloquenza della diatriba. in orazio i toni della faziosa aggressività luciliana sono scomparsi. al piacere dell’aggressione orazio sostituisce l’analizzare i vizi mediante l’osservazione cririca e la rappresentazione comica delle persone. questa ricerca morale non si porpone il proselitismo, non cerca di creare un modello preformato di virtù ma di individuare una strada per pochi. lucilio attaccava con violenza i cittadini eminenti coi quali condivideva la condizione; cio non sarebbe stato possibile per un figlio di un liberto e soprattutto per imparare dai propri errori non era necessario bersagliare personaggi particolarmente alti. gli obiettivi fondamentali della ricerca oraziana sono l’autarkeia (autosufficienza interiore) e la metriotes (moderazione). l’epicureismo, che limitava i diritti della voluptas alla soddisfazione di pochi bisogni naturali, non poteva ignorare l’esigenza della moderazione. è infatti l’epicureismo che ha un notevole peso nelle satire. il ii libro ha delle differenze rispetto al primo nella mancanza di dettagli autobiografici e nella mancanza della voce satirica del poeta che dava un punto di vista univoco per l’interpretazione. ora invece le opinioni sono mischiate e spetta al lettore farsi un’idea. orazio sembra non credere piu nella validità della satira in quanto ricerca morale. unico rifugio è la villa sabina in cui cercare l’autarkeia. le odi la lirica di orazio è paragonabile a quella moderna: il poeta trova nella poesia un momento intimo per approfondire la propria identità tuttavia rimane una differenza importante: anche nel discorso lirico il poeta non si immagini solo, immerso in un’introspezione, ma si rivolga sempre a qualcuno. cio implica l’impostazione dialogica. un tratto caratteristico del modo in cui orazio intende il rapporto con la lirica greca è lo spunto iniziale. diverse odi infatti partono con quella che è quasi una citazione e progressivamente il poeta si distacca dal modello. del resto, se importanti sono i tratti che accomunano orazio e alceo, certo non meno significative sono le differenze: i versi di alceo erano espressione degli amori e degli odi di un aristocratico di lesbo, la lirica di alceo aspira conseguentemente a una eseguibilità che implica semplicità di temi e di linguaggio. in orazio invece l’interesse per la res publica è vivace ma è quello di un intellettuale che tempeste civili, vive al riparo del potenti di roma. è consolidata e corretta l’immagine di orazio come poeta dell’equilibrio, e questo è proprio soprattutto delle odi. le odi cominciano da dove le satire finiscono con una raccolta mediazione su poche fondamentali conquiste della saggezza, soprattutto epicurea. il punto centrale è la coscienza della brevità della vita e questo si concretizza nella celebre esortazione ‘carpe diem’ che non va intesa come banale invito al godimento: orazio, come epicuro, l’aspirazione al piacere è fortemente legata alla consapevolezza della caducità del piacere stesso e della vita umana. questa meditazione si traduce spesso nel canto della sua serentità che è l’autarkeia data dal divino che trasfigura in miracolo i fatti quotidiani lasciando il poeta nella sua oasi di tranquillità. ai dolori ai quali l’uomo è naturalmente sottoposto non si puo trovare rimedio se non ingaggiare con questi una lotta. ma la lirica oraziana vive di suggestioni: • abbiamo i carmi conviviali, che sono inviti, descrizioni dei preparativi, con un torno simposiaco • quasi un quarto delle odi sono erotiche, ma la poesia amorosa di orazio sembra avere un distacco ironico dalla passione che è vista come un rituale il cui canovaccio è sempre uguale • l’inno. qui le differenze con la grecia arcaica sono cospicue, anche perche la lirica religiosa oraziana è priva del legame con un’occasione e una esecuzione rituale. dell’inno essa conserva il formulario e l’andamento ma ha sviluppi di carattere letterario • il poeta pero ama spesso contaminare i generi. • esistono temi ricorrenti come la campagna che di solito è locus amoenus, ma orazio conosce anche il fascino del paesaggio dionisiaco, spesso montano e selvoso. ma i luoghi piu tipicamente oraziani sono quelli dello spazio intimo e racchiuso come il piccolo podere personale, cioè l’angulus. properzio ha la fama di autore molto difficile. il suo stile è concentrato, denso di metafore, sperimentale. il tratto tipico è l’esordire all’improvviso per scatti, immagini e concetti senza esplicitare i collegamenti logici. capitolo 19, ovidio publio ovidio nasone nacque a sulmona, abruzzo, nel 43 ac, da un’agiata famiglia equestre, che lo avvia alla carriera di avvocato in preparazione a quella politica. egli cambia spesso strada per entrare poi nel circolo di messalla. nel 20 pubblica due opere a sfondo amoroso in distici elegiaci, gli amores, in 5 libri e la prima serie di heroides, le lettere delle eroine. probabilmente tra il 12 e l’8 ac, ovidio compose una tragedia di grande successo, la medea che è pero perduta. tra l’1ac e l’1dc, ovidio compone l’ars amatoria, poemetto in distici elegiaci che contiene insegnamenti d’amore. poi pubblica il rimedia amoris per liberarsi dall’amore. i medicamina faciei feminae “cosmetici per le donne” in distici elegiaci. tra 2 e 8 dc il poeta pubblica i 15 libri delle metamorfosi, un poema epico che, seguendo il motivo delle trasformazioni passa in rassegna buona parte della mitologia. poi lavora ai fasti, opera che descrive usi e costumi dei romani seguendo il calendario. l’opera rimane pero incompleta perche all’improvviso nell’8 augusto lo esilia sul mar nero, a tomi. le cause sono ignote ma si sospetta fosse coinvolto nello scandalo dell’adulterio di giulia. all’esilio risalgono varie opere, tutte in distici elegiaci di tono lamentoso: 5 libri del tistia e 4 delle epistulae ex ponto. muore a tomi nel 17 dc. ovidio resta estraneo alla stagione delle guerre civili perche quando si approccia alla letteratura ormai è periodo di pace e si aspira a una vita rilassante. la prima produzione poetica si aggancia alla tradizione di poesia d’amore di tibullo e properzio ma questi facevano coincidere insieme vita, poesia e amore. ovidio invece tradisce il giuramento del servizio d’amore: si cimenta in tutti i generi della letteratura. ovidio non crede che la poesia imiti davvero la vita e riproduca esperienze reali. da questa posizione -avanguardistica- di ovidio, derivano i suoi atteggiamenti provocatori come l’esibizione della natura letteraria di cio che sta scrivendo e la dichiarazione del fatto che la verità non sia attendibile. la letteratura trova in se la possibilità di intervenire sulla realtà, di arricchire le rappresentazioni. gli amores l’esordio poetico di ovidio segue le tracce dei grandi maestri dell’elegia erotica. ma accanto alla maniera della tradizione, si avvertono nettamente i tratti nuovi. la novità piu vistosa è la mancanza di una figura femminile unica sulla quale si imperniano tutte le poesie. infatti esiste la figura di corinna ma è molto piu delicata e debole rispetto alle donne di tibullo e properzio. lei non è presente in tutta la produzione e il poeta dichiara di non sapersi concedere a un unico amore ma vorrebbe due o piu donne. non esiste piu nemmeno il servitium amoris. la poetica erotico-didascalica il nuovo ciclo poetico appartiene al genere del manuale, del libro che impartisce precetti e consigli utili sulla materia d’amore. ovidio pratica qui un’arte smaliziata. nei suoi tre libri in distici elegiaci, l’ars impartisce consigli rispettivamente su: come conquistare le donne (I), come conservare l’amore (II), come sedurre gli uomini (III questo ironico per risarcire le donne dei danni che erano loro stati fatti nei primi due libri). ovidio descrive i luoghi dell’incontro, gli ambienti mondani della capitale. la veste formale è quella del poema didascalico ma ovidio ne muta i moduli, le movenze e gli schemi. in realtà il carattere libertino è solo la veste provocatoria: proprio del suo farsi lusus, l’eros ovidiano perde ogni impegno etco e ogni ribellione contro la morale dominante. questo è fatto, non per allontanarsi maggiormente dal canone, ma per riavvicinare quella poesia erotica (che prevedeva un distacco deciso e definito dalla società) e la società in cui era immersa. all’esaltazione del cultus e degli agi risponde anche il poemetto sulla cosmesi femminile. le heroides l’altra grande fonte della poetica ovidiana -oltre all’amore- era il mito. prima delle metamorfosi lo troviamo nelle heroides. questa è raccolta di lettere poetiche: la prima serie (da 1 a 15) è scritta da donne famose ai loro mariti o amanti lontani. tra queste possiamo ricordare gli esempi di: penelope a ulisse, didone a enea, arianna a teseo, medea a giasone. la seconda serie (da 16 a 21) è di coppie di lettere di tre innemorati con la risposta della donna e questi sono: paride e elena; ero e leandro; aconzio e cidippe. la scelta della forma epistolare imponeva al poeta vincoli precisi ma tuttavia erano costuite come monologhi di profondità quasi teatrale (ispirati da euripide). le eroine infatti alludono all’atto della scrittura epistolare ma ad arte. le metamorfosi ovidio tenta, con le metamorfosi, un genere letterario di maggior impegno: ha infatti la vesta formale dell’epos ma riprende come contenuti una tradizione diversa da quella omerica, guerresca e avventurosa. il suo modello è il poema collettivo: un libro fatto di una serie di storie indipendenti accomunate da un solo tema. nelle diverse trasformazioni ovidio cerca le origini, cosi dalla prima combinazione di elementi cosmici alla formazione dell’impero di roma, ovidio riassume una sua storia del mondo in un grande poema eziologico, colorato di filosofia pitagorica. per compiere questo percorso di va dal caos primordiale alla trasformazione in divino di giulio cesare e alla celebrazione di ottaviano, a conclusione dell’opera. il mito gia trattato nell’eneide della creazione di roma, è trattato nelle metamorfosi con ironia e scetticismo. la narrazione è lontana da ogni religione perche il mito ovidiano è fatto soprattutto di letteratura. il narratore delle metamorfosi rifiuta l’oggettività del poeta epico, apparentemente lontano dai fatti che racconta, per poter intervenire liberamente a commentare i momenti sublimi dell’azione. d’altra parte, la materia del poema non è asettica e distaccata: sono quasi tutte storie di amore patetiche. le stesse metamorfosi sono altrettante morti di cui è pieno il poema, anche se la morte, in questo modo, è come messa tra parentesi. all’interno dei due estremi cronologici, la struttura in cui si dispongono i contenuti è necessariamente flessibile: le 250 vicende sono ordinate secondo un filo cronologico che subito dopo gli inizi si attenua fino a rendersi quasi impercettibile. altri criteri di associazione poi sono: il collegamento per contiguità geografica, per analogie tematiche, per contrasto, per rapporto genealogico tra i personaggi. molto variabili sono le dimensioni delle storie narrate e diversi soprattutto i modi e i tempi della narrazione che indugia sui momenti salienti e si sofferma sulle scene e sugli eventi drammatici. a quella dei temi e dei toni si accompagna anche la mutevolezza dello stile, ora solennemente epico, ora liricamente elegiaco: le metamorfosi sono anche una galleria dei vari generi letterari. diversamente dall’eneide virgiliana, dove il singolo libro è dotato di una sua relativa compiutezza e autonomia, qui la divisione cade proprio nei punti piu vivi, in modo da mantenere una suspence in grado di mantenere vivo l’interesse del lettore. ovidio ricorre a molte inserzioni narrative proiettate nel passato. la sua sintassi produce un senso di vertigine e di fuga labirintica. i fasti i fasti sono l’opera ovidiana meno lontana dal regime augusteo. erano previsti dodici libri -in distici elegiaci- ognuno per un mese dell’anno, ma l’esilio interruppe improvvisamente a metà opera il lavoro. l’opera ha come modello gli aitia callimachei e cio che fa ovidio è cercare a fondo che materiali molto dotti per corredare i suoi testi. l’adesione di ovidio al programma culturale del regime comunque resta piuttosto superficiale. sullo sfondo il carattere antiquario ed egli vi inserisce il materiale mitico di origine greca, con frequenti accenni alla realtà e alle vicende contemporanee. allontanato bruscamente da roma, ovidio di colpo si trova solo e alla periferia dell’impero, cosi decide di abbandonare la strada della poesia narrativa per ritornare all’elegia ma non nella sua forma di poesia d’amore. trattando la propria condizione desolata trova nella poesia un conforto. allo stesso periodo risale anche l’ibis, poemetto in distici elegiaci dove ovidio si difende dagli attacchi di un suo detrattore. capitolo 20, Livio e la storiografia Tito Livio nacque a Padova nel 59 ac. Venuto a Roma, entrò in relazione con augusto. Tra 27 e 25 scrisse la sua grande opera: ab urbe condita libri. 142 libri di cui ci restano i primi 10 e quelli dal 21 al 45, oltre a vari frammenti degli altri. La narrazione iniziava dalle origini mitiche di roma, per arrivare, con il libro 142, al 9ac, ma il progetto originario, interrotto dalla morte dell’autore nel 17 dc, prevedeva forse anche i racconto degli anni fino alla morte di augusto, 14 dc, per un totale di 150 libri. La struttura dell’opera è annalistica: la narrazione di ogni impresa si estende per l’arco di un anno, al compiersi del quale viene sospesa per raccontare di altri avvenimenti contemporanei. Il naufragio di vaste parti dell’opera è dovuto al fatto che Livio pubblicò l’opera in gruppi di libri comprendenti periodi distinti, premettendo ad ogni parte un’introduzione. Livio ampliava la propria narrazione man mano che si avvicinava all’epoca contemporanea: su 142 libri 85 contengono la storia a partire da gracco, quindi un secolo e mezzo. Questa dilatazione corrispondeva alle aspettative del pubblico che era maggiormente interessato alle vicende più recenti. Livio non sembra procedere a un attento vaglio critico delle sue fonti, inoltre mostra scarsa attenzione a colmare le laccane della tradizione storiografica con il ricorso a documentazione di altro genere. Tutto ciò gli ha attirato spesso il titolo di exornator rerum, preoccupato di ampliare e ornare. Tuttavia, nonostante la sua mancanza di distacco e metodo nella selezione delle fonti, è uno storico onesto, che ben esalta l’impero di augusto. Livio pose con decisione al centro della propria narrazione il popolo romano e spesso quindi indugia sulle guerre straniere e quindi aditoti un punto di vista non oggettivo. La sua prospettiva filorepubblicana non destava problemi in eta augustea perché augusto desiderava presentarsi come il restauratore della repubblica più che col nuovo cesare. Un altro importante fattore di convergenza ideale col principe era costituito dalla politica augustea di restaurazione degli antichi valori morali e religiosi. A questo aspetto si ricollega la concezione esemplare di Livio per gli exempla come esempi di virtù. Il consenso liviano al regime non è pero adesione incondizionata. Nella prefatio al primo libro Livio dichiara di cercare nella grandezza del passato la cura dai mali presenti. Lo stesso principato augusteo non risulta la provvidenziale soluzione ai mali della società. Livio sa conferire al proprio stile un’ammirevole duttilità: nella prima decade è preferito un gusto arcaizzante, poi andando anche avanti negli anni della narrazione, c’è una prevalenza neoclassica. Livio poi lascia largo spazio alla drammatizzazione del discorso e la sua historia, come ricerca di verità rientra nel letterario grazie al patetismo. Di questi episodi, la cui narrazione è trasportata, non possiamo dimostrare l’esattezza. Il modello storiografico è cicerone, con periodi della sintassi ampi e complessi. Livio rifugge lo stile di sallustio. Se pero il periodo ciceroniano è fatto per essere ascoltato, quello leviamo per essere letto. Tra gli autori latini di cui abbiamo perduto le opere sono molti gli storici dissidenti della prima età del principato. Per questo non sono entrati nel canone degli autori importanti. 1) asinio pollione > dopo azio si ritira a vita privata, indipendente da augusto, muore nel 4 dc. Le sue historiae coprono un periodo recentissimo, dal primo triunvirato alla battaglia di filippi. 2) Pompeo trogo > historiae philippicae. Titolo volutamente polemico, voleva essere una storia universale dai tempi della babilonia ai giorni dell’autore. Ampio spazio ad Alessandro magno. Roma risulta essere solo una delle numerose egemonie che si sono succedute nei secoli. 3) Negli ultimi anni sotto augusto e poi sotto Tiberio la storiografia è ostile al principato. Vediamo l’esempio di velleio patercolo > historiae ad marcum vinicium. Dai tempi remoti all’eta contemporanea con commosso panegirico sulla sagacia di Tiberio, da cui emerge ritratto ben diverso da quello che ne farà poi tacito. Velleio informa sulla penetrazione della cultura greca a roma, sull’evoluzione dei gusti del pubblico e sulle vicende letterarie. 4) Valerio massimo > piu che un’opera storica la sua è una raccolta di exempla, un prontuario di vizi e virtù. 5) Curzio rufo > historiae Alexandri magni. Difficile datazione perché non ci sono riferimenti alla realtà contemporanea. Il mito di Alessandro fu sempre vivace nella Roma d’età imperiale, contribuendo a ispirare gli atteggiamenti di alcuni principi. Già la cultura ellenistica aveva fatto del condottiero un eroe da romanzo, ora l’opera di rufo contribuisce a fondare il Roman d’alexandre che sarà famoso nel basso impero e primo medioevo. Le sue vicende sono spesso pretesti per poi favoleggiare. Dato pero il naufragio di molte informazioni sul macedone, l’opera di rufo ci aiuta a tratti anche a integrare dati. capitolo 21, erudizione e discipline tecniche In età augustea roma assiste a una grande diffusione del libro e della cultura. Aumenta anche la necessita di commenti a causa della difficolta dello stile o del fatto che alcune opere siano incompiute. Vengono fondate 3 biblioteche pubbliche. Il maggior grammatico del tempo è verrio fiacco di cui si sono perdute tutte le opere tranne qualche scarna riduzione di posteri del de verborum significatu. Nella cultura latina il prestigio della retorica aveva ostacolato la prosa scientifica, e altro impedimento per questa prosa è che la scienza fosse diffuso sopratutto attraverso poemi didascalici. capitolo 23, Seneca Nato nel 4 ac, lucio anneo seneca discendeva dalla ricca famiglia degli annei di Cordoba. Seneca il vecchio si era stabilito a roma e lì Lucio iniziò la carriera da oratore e avvocato nel 26. In questo periodo si potrebbero datare alcune delle 9 tragedie in versi di argomento greco. Accusato di coinvolgimento in uno scandalo di corte, nel 41 venne condannato alla relegazione in Corsica da claudio. Qui compone le due consolazioni, ad polybium e ad helviam matrem. Nel 49, per intercessione di agrippina fu riammesso a roma dove fu il precettore di nerone e resse lo stato per qualche anno. In questo periodo ci sono i tre libri del de clementia, ovvero una guida per regnare dedicata a nerone. Col progressivo degenerare del comportamento di nerone si ritira dalla vita pubblica fino a dedicarsi agli studi. In questi anni lavora al de beneficiis, al naturales quaestiones, alle epistulae morales ad lucilium, al de otio, al de providentia. Gli scritti filosofici di seneca raccolti nel dialogi sono di difficile datazione. Seneca poi viene coinvolto nella congiura di pisone, anche se non è certa la sua partecipazione e, accusato da nerone, è costretto al suicidio. Dialogi 1) I tre libri del de ira sono una fenomenologia delle passioni umane e sono dedicate al fratello novato, come anche il 2) De vita beata in cui parla del perseguimento della felicita e come in questo possono aiutare gli agi e le ricchezze. Le ricchezze risultano utili solo nel perseguimento della virtù perche è li che si trova la felicità 3) La trilogia dedicata all’amico sereno > de costantia sapientis, de tranquillitate animo, de otio. Il primo esalta l’imperturbabilità dello stoico, il secondo cerca una mediazione tra i due impegni dell’otium e della vita del civis romano. Nel terzo libro la mediazione tra le due condizioni del secondo si risolve con la vita nel completo ozio. 4) Tra 49 e 52 è databile il de brevitate vitae che tratta il problema del tempo e della sua fugacità che sembra rendere corta la vita umana. 5) De providentia parla della contraddizione tra il progetto provvidenziale che secondo gli stoici presiede alle vicende umane e la sorte che sembra premiare i malvagi e punire gli onesti. 6) Le tre consolatio, genere già coltivato dalla letteratura greca.
 • ad marciam > alla figlia di uni storico per consolarla della morte del figlio 
 • ad helviam matrem > conforta sua madre sulle sorti del figlio esule che pero è finalmente nell’otium contemplativo.
 • ad polybium > consola il potente liberto di claudio dalla perdita del fratello Seneca è uno dei pochi a realizzare l’utopia platonica dei filosofi al potere. Influente ministro di nerone nei primi anni, seneca dedica gran parte della sua riflessione ai temi pubblici. Lo stoicismo ammette la partecipazione del sapiente agli affari dello stato, ma a condizione che questa non ne turbi la serenità interiore. Il de beneficiis, in 7 libri, dedicato a ebuzio liberale, tratta degli atti di beneficienza e filantropia, e del legame di riconoscenza che questi atti istituiscono tra benefattore e beneficiario. La rete clientelare creata dal beneficio era, da sempre, uno dei meccanismi fondamentali della societa romana. Seneca non mette in discussione la legittimità del principato, nè delle forme apertamente monarchiche che esso ha ormai assunto: il potere unico è il piu conforme alla concezione stoica di uno ordine cosmico governato dal logos. Il problema è piuttosto quello di avere un buon sovrano. sulla virtu della clemenza si devono basare i suoi rapporti con in sudditi, non sul terrore. Il suo ritiro alla vita privata lo porta ad elaborare un’opera di scienze naturali: naturales quaestiones. Lettere a lucilio Gaio lucilio, di origini modeste, si occupò di filosofia e di poesia e arrivò a essere procuratore in sicilia. egli, nel ruolo di interlocutore del filosofo, non sa come arrivare alla sapienza e alla perfetta tranquillità interiore. Le lettere, che servono a tenere “vicini nell’animo” i due amici, sono un modo per impartire lezioni a un alunno da parte del maestro, non perfetto ma piu avanti di lui sulla via della sapienza. l’autore, per quanto le lettere siano solo di uno dei due mittenti, riesce a trasmettere uno stile dinamico e dialogato tramite la paratassi, in modo da rendere il tutto piu colloquiale e talvolta ponendosi domande e rispondendosi da solo. Solo le ultime lettere assumono la forma di trattati. Il modello di seneca in questo caso è epicuro, non nel contenuto (ostile a ogni stoico) ma nella forma. Le lettere sono totalmente depurate da ogni dettaglio che le rende tali, come domande senza risposta, saluti, firma, introduzione, quindi si pensa siano piu che altro un modo di rendere piu piacevoli e scorrevoli le sue idee. Compaiono pero alcune citazioni di episodi e aneddoti personali per far riferimento a un concetto che da li si spiega. I temi importanti che emergono sono: il problema della liberta, della natura di dio, della giustizia, del tempo. Per quanto seneca parli dell’ingiustizia del maltrattamento degli schiavi, la sua etica rimane aristocratica e disprezzante le masse popolari che si abbruttiscono al circo. Il distacco dal mondo e dalle passioni che lo agitano si accentua col fascino della vita appartata e dell’assurgere dell’otium a valore supremo. La morte è vista come simbolo della propria serena indipendenza dal mondo. Le tragedie Un posto importante nella produzione senecana è occupato dalla tragedie coturnate (di argomento greco). 9 sono autentiche. Non abbiamo notizia di alcuna rappresentazione, sono dunque forse destinate alla lettura. • hercules furens > ercole folle per colpa di giunone che uccide moglie e figli. Sul punto di suicidarsi decide di andare ad atene a espiare le sue colpe • Troades > donne troiane prigioniere impaurite e furenti che assistono alla morte dei due bambini innocenti polissena e astianatte • Phoenisae > incompleta sul mito di Edipo e dell’odio tra i suoi figli eteocle e polinice • Medea • Phaedra > incestuoso amore tra Fedra e Ippolito e vendetta di lei con la morte di lui perche non ricambiata • Oedipus > mito di Edipo assassino del padre e marito della madre • Agamennon > l’eroe ucciso da Clitemnestra ed Egisto • Thyeste > Atreo si vedica di suo fratello tieste che gli ha sedotto la sposa imbandendogli a tavola i suoi figli come pasto • Hercules oetaeus > gelosia di Deianira, per riconquistare l’amore di ercole gli invia una tunica intrisa del sangue del centauro di nesso, creduto un fitro d’amore e invece è mortale. I modelli di seneca sono Sofocle e Euripide. Tecnica lontana dal teatro greco classico, piu vicina a quello ellenistico. Seneca è tragico ‘manierista’ e usa un metro complesso per i cori. Per il recitato invece usa il senario che è il piu simile al trimetro giambico greco. Quelle di seneca sono le sole tragedie latine a noi pervenute in forma intera ma dobbiamo pensare che nell’età giulio-claudia il teatro tragico sembra avere un momento favorevole, anche perche le trame mitologiche contengono spesso una ribellione alla tirannide, stesso regime installatosi a roma in quel momento. Oltre alle 9 tragedie esaminate sarebbe attribuita a seneca una tragedia di contenuto storico contemporaneo e dedicata a octavia, prima moglie di nerone, uccisa per sposarne un’altra, ma noi pensiamo sia spuria anche se simile al suo stile. Piuttosto singolare è invece il ludus de morte Claudii, meglio noto come apokolokyntosis, ovvero ‘inzuccamento’ del divo claudio. Claudio dopo la morte sarebbe salito al cielo e giudicato dagli dei indegno e quindi fatto precipitare negli inferi dove claudio finisce schiavo del nipote caligola. È una satira menippea e in quanto tale ha alternanza di versi e prosa. capitolo 24, lucano Marco anneo lucano nacque a cordoba nel 39 dc ma ne 40 si traferì a roma dove diventò amico di persio. Fu in stretti rapporti con nerone. Al suo periodo cortigiano sono attribuibili varie opere, tutte perdute che rientrano nel gusto ellenizzante del principe. Al 60 risalgono i primi 3 libri della sua opera maggiore, la pharsalia, o bellum civili. In seguito alla brusca rottura con l’imperatore lucano continua la sua produzione fino al libro x che pero rimase inconcluso a causa della sua presunta adesione alla congiura di pisone che lo costringe a suicidarsi. Muore nel 65. Le sue opere perdute sono: iliacon, che va incontro alla passione del principe per le antichità troiane e le silvae che, accompagnate dai libretti di pantomime, sono poesie di intrattenimento. Di tutt’altro genere risulta la pharsalia che esprime un’esaltazione della libertà repubblicana e quindi un’esplicita condanna del regime imperiale. L’opera è criticata sul piano estetico perche rinuncia all’apparato tipico dell’epos delle divinità e dei miti. Lucano fa storia e non poesia. La pharsalia è l’antieneide e lucano l’antivirgilio: mentre virgilio infatti teorizzava una roma che avrebbe portato pace, lucano parla della guerra fratricida, del sovvertimento dei valori e dell’avvento dell’ingiustizia. Lucano rovescia scene Virgiliane in modo vistoso. Per esempio, il celebre canto VI dell’Eneade in cui è conservata la profezia di anchise, è qui parallelamente mutato nel resuscitare del soldato caduto farsalo da parte di una maga, tra orrori è predetta la rovina di roma. Eppure anche lucano sembra aver pensato per un momento a cantare il nuovo principe illuminato, come Virgilio aveva fatto con augusto, ma stavolta con nerone. Il proemio del primo libro è appunto dedicato a una sua lode. Già gli antichi pero pensavano fosse una lode che compresse un’ironia cifrata ai danni dell’imperatore. Piu probabile è pero che anche lucano abbia compiuto un percorso di vicinanza con nerone simile a seneca. La pharsalia non ha un personaggio principale. L’azione del poema ruota intorno alla personalità di cesare, pompeo e catone. – cesare rappresenta il trionfo delle forze irrazionali quali il furor, l’ira, impatientia e una volontà di farsi superiore allo stato. Lucano spoglia cesare del suo attributo principale, ovvero la clemenza verso i vinti. – all’Energia di cesare si contrappone la passività di pompeo che è affetto come da una senilità politica e militare, eppure proprio per questo meno responsabile della disfatta della società romana. Egli è una figura tragica e alla fine, abbandonato dalla fortuna, va incontro a una purificazione, quindi diviene consapevole della malvagità dei fati. – lo sfondo filosofico della pharsalia è sicuramente stoico, eppure la figura di catone rappresenta la corso dello stoicismo tradizionale che prevedeva l’intervento della provvidenza divina nella storia. Matura cosi la convinzione che il criterio della giustizia non sia da cercare nel cielo ma nelle decisioni del saggio. È cosi che catone si fa al pari degli dei. – intorno ai tre protagonisti si muovono una serie di personaggi minori, la cui caratterizzazione è determinata dall’appartenenza a uno schieramento o all’altro. L’urgenza che lucano ha di esprimere i pensieri si concretizza nell’uso frequente dell’enjambement. Per la continua ricerca del pathos e del sublime, lo stile di lucano ha molti contatti con quello delle tragedie di seneca, è quindi definibile quasi barocco. Sebbene conosca raramente dominio e misura, questo stile non è frutto dell’adesione arida alle mode letterarie del tempo. Pero non vi è adesione nemmeno del genere epico cosi come era stato elaborato fin ora. Infatti le catastrofi delle guerre civili non erano adatte a questo genere, che solitamente commemorava grandi modelli eroici. Lucano pero, essendo quello dell’epica il modello piu comodo, non lo rifonda ma cerca di esprimere un idea con cui denunciare la crisi. capitolo 25, petronio Nessun autore antico ci dice ci fosse il petronio Arbiter autore del Satyricon, romanzo la cui composizione è prima della fine del i secolo. La maggior parte degli studiosi accetta la descrizione che ne fa tacito come un funzionario di nerone da questi ritenuto giudice di eccellenza e raffinatezza. Spinto al suicidio di nerone, realizza un suicidio paradossale come lo era stata la sua vita: tagliatosi le vene ritarda il processo di morte banchettando nella sue ultime ore. Non fa proclami se non dichiarare il governo di nerone ingiusto e occuparsi dei suoi servi. Nel suo romanzo le figure minori parlano un latino molto basso ma questo non è un criterio di datazione ‘tarda’, bensi piuttosto di livello basso della popolazione rappresentata. La parte superstite del romanzo copre con alcuni vuoti e salti intermedi, stralci dei libri XIV e XVI e tutto il libro XV. —La storia inizia con tre giovani: encolpio, che è la voce narrante, ascilto e gitone, giovane e bell’amante dei due. Nella prima scena compare una matrona, quartilla, che coinvolge i tre in riti in onore di priapo e che si rivelano un pretesto per approfittare sessualmente dei giovani. I tre riescono a fuggire e si ritrovano ad un banchetto fastoso ed esagerato di un liberto, trimalchione. Alla fine riescono a liberarsi. Parte qui una rivalità omosessuale tra ascilto e encolpio su gitone e ascilto porta via il ragazzo. Encolpio in una pinacoteca si imbatti in eumolpo, poeta vagabondo che si esibisce in una declamazione della presa di troia. Encolpio riesce a recuperare gitone e i tre si imbarcano improvvisamente su una nave e cambiano scenario: dalla citta greche a crotone. Sulla nave incontrano lica, antico rivale di encolpio e la sua compagna trifena. Il loro camuffamento non ha successo e quindi eumolpo tenta una mediazione con lica finendo a raccontare la storia della matrona di efeso. Lica poi viene sbattuto in mare per una tempesta, trifena scappa con una barca, i tre si nessuno, accanendosi sulle figure piu emblematiche del tempo, i nuovi ricchi, i liberti, le donne che nel loro muoversi personificano lo scempio del pudore. Questa avversione ha fatto parlare di un atteggiamento democratico di giovenale, ma piuttosto idealizza un passato governato con serenita in un paradiso agricolo. Negli ultimi due libri poi giovenale rinuncia all’indignatio e assume un attaggiamento piu distaccato, l’apatheia, indifferenza. Il suo realismo deformante elimina la spinta comica della satira e lascia quella tragica dei monstra. Capitolo 27, l’epica in età flavia La poesia di stazio, Valerio flacco e Silio italico presenta notevoli concordanze di gusto e clima culturale e si propone come modello virgilio. L’eneide non è come per lucano un modello da rinnovare, ma è per loro un rifugio, un orizzonte chiuso. Papinio stazio Nacque a Napoli tra il 40 e il 50 dc e si trasferi a roma. Morì nel 96, dopo essere tornato in campania. Stazio scrisse molto: tre poemi epici, tebaide, achilleide e de bello germanico (che narra le gesta di domiziano) e le silvae. Quest’ultima opera, in cinque libri, varia nei temi e nei metri, raccoglie per lo piu poemetti di ringraziamento per i suoi benefattori. La tebaide è un poema epico in 12 libri che narra la storia dei 7 contro tebe. I 12 libri sono divisi in due esadi: la prima mostra tratti odissiaci, la seconda narra di una guerra simile a quella narrata nell’Iliade. Il modello è espressamente dichiarato da stazio che dichiara di voler citare a distanza l’altissimo poema, l’eneide. Cio che stazio fa è salvare l’apparato divino dell’epica ma anche rendersi piu moderno aggiungendo un discorso sulla fortuna e sui fati. Le divinità epiche in realtà sono appiattite, cosi come le figure umane che sono schiacciate dalle leggi del cosmo. Stazio concede poco alle sfumature psicologiche. L’assenza di riferimenti all’attualità romana non significa che il mito non rifletta il punto di vista di stazio sul governo vigente. L’achilleide è invece incompiuto. Nella parte restante c’è la vita dell’eroe a sciro, isola in cui l’aveva posto teti per non farlo portare a troia Valerio flacco La sua vita ci è del tutto ignota. Scrisse gli argonautica, poema rimasto incompiuto all’VIII libro. Il suo modello ovviamente non puo essere che Apollonio rodio. Libro i: motivi della spedizione di Giasone alla ricerca del vello d’oro; libri ii-v: viaggio avventuroso fino alla colchide; libri vi-vii: lotte alla corte di eeta, amore con Medea, ritorno a casa. Vi sono riduzioni, aggiunte, modifiche nella psicologia dei personaggi e del ritmo del racconto. Flacco fallisce nella creazione di scene narrative articolate: difetti di chiarezza e di linearità, mancata specificazione spazio-tempo, rendono la lettura complessa. Il tema è mitologico, il divino onnipresente, la morale edificante. La narrazione di flacco sposa troppo quella ‘soggettiva’ di virgilio: il fatto che ogni personaggio racconti episodi col suo punto di vista fa si che la psicologia ometta a volte parti del racconto cruciali. Silio italico Silio italico fu importante uomo politico. Negli ultimi anni scrive i punica. Egli aveva un amore quasi maniacale per virgilio: raccoglieva cimeli dell’autore e per questo costruisce la sua opera come fredda galleria di busti storici e curiosità antiquarie. I punica sono il piu lungo epos storico latino a noi giunto: 17 libri, l’opera racconta della seconda guerra punica. La guerra di Annibale discende direttamente dalla maledizione di Didone contro enea e i suoi discendenti, giunone è ancora nemica dei troiani, ora chiamati romani e protegge cartagine. Capitolo 28, Plinio il vecchio Nacque a como nel 23 dc. Le campagne germaniche suggeriscono a Plinio la composizione di un’ampia opera storica, i bella germaniae. Dopo la morte di claudio e l’avvento di nerone al quale era avverso, si ritira a vita privata. Nel 77-78 conclude la sua colossale fatica delle naturalis historia e nel 79 muore nell’eruzione del vesuvio. La roma imperiale conosce una grande espansione dei ceti tecnici e professionali e inoltre era richiesta una competenza tecnica anche a politici e militari. C’è quindi bisogno di divulgazione. La curiosità scientifica era diventata anche un genere di intrattenimento con i paradossi e i mirabilia. Lo spirito di questa letteratura è accumulativo di informazioni, non sistematico. L’opera di Plinio si configura come un’enciclopedia, come il catalogo di tutto lo scibile. Plinio, che leggeva di continuo, diceva che da ogni cosa si puo trarre un insegnamento pratico. Riunisce quindi 34mila notizie raccolte da 2000 volumi di 100 autori diversi e 170 dossier, appunti e schede preparatorie. I libro > introduzione e bibliografia; II libro > cosmologia e geografia fisica; III-VI > geografia; VII > antropologia; VIII-XI > zoologia; XII-XIX > botanica; XX-XXXII > medicina; infine fino al cap XXXVII > metallurgia. Lo scopo di Plinio era quello di giovare all’umanità e questa filantropia gli derivava dallo stoicismo. Stilisticamente è ritenuto il peggior scrittore latino ma la tradizione enciclopedica non prevedeva un gusto retorico elevato. L’opera era poco maneggevole ma facilmente divisa e consultabile. Frontino ci lascia due opere: de aquis urbis Romae e i stratagemata. Il primo ci fa capire con che perizia si occupasse del suo lavoro di responsabile degli acquedotti. Capitolo 29, marziale Marziale nacque a bilbilis in spagna, nel 40 dc. Gli venne commissionata una serie di epigrammi di celebrazione del medioevo e dal 84-85 comincia a pubblicare regolarmente i propri componimenti in libri. Lascia roma per povertà e muore a bilbilis nel 104. Di marziale resta una raccolta di epigrammi in 12 libri. L’origine dell’epigramma si deve alla grecia arcaica che lo incideva su lapidi o offerte votive. Con l’ellenismo perde la sua componente epigrafica e la sua destinazione pratica. Diventa poesia d’occasione che tocca temi leggeri e quotidiani. È col realismo che marziale rivendica il tratto qualificante della propria poesia. Marziale sviluppa molto l’aspetto comico-satirico dell’epigramma, continuando in cio un processo avviato dall’epigrammista greco lucilio che aveva dato largo spazio a personaggi caratterizzati da difetti fisici. Ma da lucilio marziale ricava la tecnica della trovata finale e del fulmen in clausula. L’opera di marziale ebbe successo immediato e duraturo. Capitolo 30, Quintiliano Quintiliano nacque a calahorra in Spagna nel 35 dc. Si trasferì a roma per poi tornare in Spagna alla fine della sua formazione. Richiamato a roma divenne maestro di retorica. Domiziano lo incaricò dell’educazione dei suoi nipoti. Morì dopo il 95. Ci è giunta l’opera maggiore dello scrittore, l’istitutio oratoria in 12 libri. Di questi i primi due sono propriamente didattici e pedagogici. Il terzo fino al nono trattano un’analisi tecnica delle diverse sezioni della retorica. Il libro decimo insegna come acquisire la facilitas o disinvoltura nell’espressione. È qui che si inserisce il famoso excursus sulla storia letteraria romana. Nel libro undicesimo ci sono le tecniche per la memorizzazione e nel dodicesimo i requisiti culturali richiesti all’oratore. Contro lo stile corrotto e degenerato del tempo egli diventa punto di riferimento di una reazione classicista con come modello cicerone. Nella disputa tra antichi e moderni Quintiliano da prova di equilibrio e senso storico quando riporta alcune manchevolezze (il leggere meno) dei primi all’età in cui hanno vissuto. Nel dodicesimo libro è posta l’interessante questione del rapporto tra oratore e principe che non deve essere rapporto ribelle ma nemmeno servilista. Contesto storico > Il secondo secolo è periodo di pace e tranquillità. L’autorità è stabile e il rapporto tra princeps e sanato è collaborativo. I sovrani sono: traiano, adriano, Antonino pio e marco aurelio. Non è età di guerre ma di sviluppo economico e culturale. Si abbassa il tasso di analfabetismo, aprono nuove scuole. È momento di gusto arcaizzante e amore per la filologia. I letterati ricordano i sofisti come gorgia: scrivono e recitano orazioni per svariate occasioni. Tra gli imperatori, adriano è un poeta, soave ma raffinato, catulliano. Il suo gusto per l’antico lo porta a preferire Ennio a virgilio. Fonda l’accademia athenaeum. Fa eseguire copie di molte opere d’arte greche. > il secondo secolo è però anche un’età di sotterranei turbamenti. L’estensione dell’impero l’aveva portato a toccare numerosi culti e la religione si orientalizza. Subentrano il culto di Iside e di mitra (dio persiano venerato soprattutto dai soldati. Garantiva vita dopo la morte ma aveva come obbligo quello dell’altruismo) ma soprattutto il cristianesimo. Le filosofie antiche finiscono per esservi risucchiate (specie lo stoicismo). Gia nel ii secolo il cristianesimo ha struttura gerarchica organizzata. Nasce prima letteratura cristiana. Capitolo 31, Plinio il giovane Nato a como nel 61 dc, sara poi adottato da plinio il vecchio, suo zio materno. A roma studia da quntiliano e compie il cursus honorum fino alla nomina di console nel 100, momento in cui terrà un famoso panegirico. Nominato legato in bitinia nel 111 muore poco dopo, forse nel 113. > il panegyricus ci è pervenuto come testo iniziale di una raccolta di panegirici di altri imperatori successivi. Plinio dopo essersi ingraziato il senato, tesse le lodi di traiano e spera non si ripeta piu una tirannide come quella di domiziano. Cerca di delineare un modello di condotta per gli imperatori futuri. Nonostante l’ottimismo il panegirico svela la preoccupazione che possano salire ancora al potere dei malvagi. > I rapporti reali tra lui e traiano pero li scopriamo nell’epistolario, quando plinio è legato in bitinia e chiede consiglio a traiano in modo estremamente preciso e timoroso. L’imperatore gli risponde in modo lapidario, forse infastidito. Ci ricordiamo l’episodio in cui traiano risponde a una lettera lunghissima in modo asciutto consigliando una tolleranza maggiore nei confronti dei cristiani. L’epistolario è costruito in modo che ci sia alternanza che non lo renda monotono. Cicerone è il modello di stile di plinio, anche se i due epistolari sono diversi: cicerone aveva urgenza di scrivere, plinio cura molto la forma delle sue lettere. Le lettere di plinio sono quindi brevi trattati sulla vita intellettuale e mondana rivolte con cerimonia ai lettori. Plinio non è preoccupato della crisi della cultura ma avverte una certa decadenza nel gusto degli ascoltatori. Capitolo 32, tacito Publio cornelio tacito nacque nel 55 a terni o forse nella gallia narbonese. Studiò a roma e sposò la figlia di giulio agricola. Iniziò una tranquilla carriera politica, che lo portò a un prestigioso incarico in Germania da cui la Germania. Probabilmente di poco successivo al 100 è il dialogus de oratoribus sul tema della decadenza dell’oratoria. Gli ultimi 15 anni di vita di tacito vedranno nascere le historiae e gli annales. Muore poi nel 117. • Dialogus de oratoribus Abbiamo su questo trattato dei dubbi di autenticità. Lo stile infatti è lontano dal periodare di tacito e vicino a quello ciceroniano. Questo dettaglio pero si puo spiegare con l’appartenenza del dialogus al genere retorico, per il quale le struttura era ormai standardizzata sul modello ciceroniano. Il dialogo è una discussione che tacito si immagina e parte con discorsi sulla decadenza della retorica con l’arrivo di messalla che attribuisce il deterioramento all’istruzione non pi culturale ma ormai vuota degli oratori. Il dialogo si conclude con un discorso che lega la grande oratoria alla libertà/anarchia della repubblica e quindi la vede impossibile da praticare nel principato. • Vita di agricola Verso gli inizi del regno di traiano, tacito approfittò del ripristino dell’atmosfera di libertà per pubblicare il suo primo opuscolo storico sulla vita di giulio agricola, condottiero e artefice della conquista della Britannia sotto domiziano. Narra della conquista dell’isola e di aspetti etnografici (dagli appunti di agricola stesso) ma ponendo sempre al centro la figura del cognato. Egli aveva saputo servire fedelmente lo stato anche sotto un imperatore ingiusto come domiziano. Il mix di generi di questo componimento è notevole: panegirico, biografico, laudatio funebris, storico. • Germania Gli interessi etnografici sono al centro di questa opera. Le notizie contenute non sono per osservazione diretta ma arrivano da fonti scritte, quasi esclusivamente dalla bella Germaniae di plinio il vecchio, che tacito amplia e rende elegante nello stile. La Germania sembra percorsa da una vena di implicita contrapposizione dei barbari, ricchi di energie ancora sane e fresche, ai romani. Piu che tesserne un elogio, tacito sottolinea la loro pericolosità. Nelle sue altre opere storiche tacito sarà molto attento ai confini coi germani. • Historiae e Annales Il tema è lo studio del potere, di come il principato, dopo le guerre civili, si rese necessario perchè la pace restasse stabile. Delle historiae ci pervengono i primi 5 libri che vanno dal 1º gennaio 69 dc alla rivolta giudaica del 70, ma l’opera doveva arrivare fino al 96, anno della morte di domiziano. La parte rimasta tratta di guerre civili: galba, otone, vitellio poi lo induce al suicidio, vespasiano prevale su dell’impero che rimangono, tentativo di sanare disparità. Con la fine della dinastia dei severi si apre il periodo piu confuso di questo secolo, caratterizzato da un numero grandissimo di imperatori che rimangono in carica pochi mesi o pochi giorni. Intanto le frontiere europee e asiatiche sono sottoposte a continue pressioni: sul confine del reno e del Danubio le profonde incursioni nel territorio dell’impero da parte delle popolazioni germaniche , sul confine orientale il nuovo impero persiano dei sassanidi. In questa situazione, l’esercito acquista un’importanza determinante. Si cominciano a reclutare anche i barbari. Ai problemi militari erano connessi quelli economici: le campagne si spopolavano, le città erano piu sicure con le loro mura ma erano assediate e saccheggiate, l’insicurezza delle vie causa una riduzione dei commerci. A questo quadro si aggiunsero catastrofi naturali dal quale segue un calo della popolazione. Nel clima di angoscia si diffondono le sette misteriche. In pochi anni pero vince il cristianesimo sugli altri culti, riuscendo a diventare religione ufficiale dell’impero. Per tutto il secolo i rapporti tra le comunità cristiane e le istituzioni furono complessi e ambigui: a periodi di tolleranza seguono massacri (soprattutto in africa e soprattutto della classe bassa della popolazione). I cristiani, tra ortodossia ed eresia avevano un ventaglio di posizioni assai vaste. Erano anche in grado di produrre un’importante letteratura, in un secolo altrimenti vuoto. Un fenomeno assai rilevante nel III secolo che si concretizza nel IV è la crescita dell’importanza e della funzionalità delle scuole. Nascono scuole pubbliche, statali e municipali, che si affiancano a quelle private e si cimentano in tutti i campi dello scibile. Questo contribuisce anche alla sostituzione del vecchio e costoso volumen con il piu maneggevole Codex di fogli di pergamena comodi per prendere appunti. Nel mondo della scuola sono particolarmente attivi i cristiani che si dedicano all’insegnamento (senza cambiare in alcun modo gli argomenti insegnati). Alla base dell’istruzione rimangono sempre i classici, soprattutto cicerone e virgilio. Accanto ai classici vengono impiegati vari manuali di nuovi grammatici. Capitolo 37, la prima letteratura cristiana I primi segni delle diffusione del cristianesimo in occidente compaiono in italia meridionale gia verso la ii metà del I secolo e scritti in greco. I primi testi cristiani in latino sono le traduzioni della bibbia, effettuate in africa e in italia nel II secolo, denominate vetus latina, in contrapposizione alla traduzione di girolamo, che diventerà il testo ufficiale, la vulgata. Le persecuzioni e i martirii subiti dai cristiani a opera del potere statale danno spunto alla prima letteratura narrativa cristiana che si concretizza negli acta martyrum e nelle passiones. Gli acta martyrum sicilianorum contengono i resoconti dei processi tenuti contro i cristiani durante una delle persecuzioni. In questi atti emerge la contrapposizione tra i cristiani, portatori del nuovo e non violenti, e i magistrati romani difensori dei vecchi ordinamenti. Le passioni sono invece opere piu personali che raccontavano di singoli martirii, il cui piu famoso è la passio perperuae et felicitatis, di una donna africana e la sua serva. Questo è un testo che gode di un successo tale da essere tradotto in greco per essere letto anche in oriente. Nasce poi la passione epica, dove il martire assume le sembianze di un eroe vittorioso che, nonostante la sua morte, vince sul nemico con dei miracoli. Questi pero si diffondono sotto costantino, quando il martirio non è piu pericolo incombente. I primi scritti latini in apologia del cristianesimo sono redatti da: • tertulliano, nato a cartagine, convertitosi in eta molto adulta e morto nel 220. È famosa la sua ferocia nelle requisitorie contro i pagani ma anche contro i cristiani avversari nelle dispute dottrinali. La difesa della fede spesso si trasforma in un durissimo attacco reso efficace dalla sua formazione retorica. I suoi testi piu notevoli sono l’ad nationes e l’apologeticum. Altri testi sono il de spectaculis in cui vieta la partecipazione cristiana agli spettacoli e il de idololatria contro l’economicizzazione della fede. • Minucio felice: nato a cirta, scrive il de fato. Dialogo con tre personaggi: se, un pagano e un cristiano. Il pagano si ferma a pregare una statua di un dio e, rimproverandolo il cristiano, decidono di esporre le proprie ragioni a turno e di avere come giudice minucio stesso. Alla fine del discorso del cristiano pero il pagano si dichiara perdente per primo e autonomamente. È uno scrittore fine e delicato, fonda la sua argomentazione sulla logica e l’amabile conversazione. Il suo è il cristianesimo dei ceti dirigenti, favorevoli a un cambiamento di religione senza sommovimenti sociali. • cipriano, cartagine, martire nel 258. Autore di vari scritti sulle colpe dei pagani e le punizioni divine e sui comportamenti che le donne devono tenere se si consacrano a dio. Ma soprattutto tratta, nel de lapsis, l’atteggiamento da tenere nei riguardi di quei cristiani che, per paura delle persecuzioni avevano abiurato. • Commodiano tratta la storia del mondo dall’antico testamento all’apocalisse. Egli sembra rivolgersi alle fasce piu basse della società ma non ha una narrazione chiara ed esaustiva. Il verso non è regolare. Le sue conoscenze di dottrina cristiana sono grossolane. contesto storico L’ascesa al trono della dinastia di Constantino (306) torna a imporre stabilità all’impero. In occidente, la vita tende per la prima volta a spostarsi verso le campagne, che risultano dare sostentamento maggiore ai poveri, mentre le città si spopolano. La chiesa, coopera con l’autorità amministrativa e la sostituisce laddove non ci sia. Sotto teodosio, la religione cristiana, che era legittimata da costantino, diventa religione di stato. Dopo la morte di teodosio, risulta sempre piu difficile resistere alla penetrazione germanica: nel 406 il fronte del reno cede a una violenta invasione di alani, suebi, vandali. Piu o meno nello stesso momento, in italia del nord muovono contro roma i visigoti che nel 410 mettono a sacco la città. È un momento terribile sia per pagani che per cristiani. Molti credono sia l’apocalisse. Ma i piu lucidi, tra cui agostino, traggono dalla caduta della città i motivi di un ripensamento del rapporto tra religione e politica. Diversa è la contrapposizione: non piu tra stato e popoli ma tra le due città, quella di dio e quella dell’uomo, coesistenti in tutte le parti del mondo. Capitolo 38, letteratura pagane del IV secolo Marcello Scrive un’opera grammaticale enciclopedica dal nome ‘de compendiosa doctrina’, in 20 libri di lunghezza assai diversa. È visibilmente diviso in due parti, però: la prima è di contenuto puramente linguistico e grammaticale, la seconda, molto piu breve, è dedicata a singoli argomenti di carattere per lo piu antiquario. L’importanza è legata sopratutto alla prima parte: questa sezione è organizzata secondo una successione di lemmi, dei quali viene chiarito il significato e l’uso anche attraverso esempi tratti dai grandi autori antichi. Spesso i grammatici non si limitano a comporre manuali, ma stendono anche commenti dei classici. Cosi fa elio donato, che compone due libri di grammatica e, accanto a questi, un commento a virgilio e uno a terenzio. Per i commenti fatti invece da virgilio di servio, grande spazio è riservato all’esegesi: spessissimo sono presentate diverse interpretazioni del testo. Cosa molto importante e utile per ricostruire le ‘edizioni critiche’. Macrobio Le notizie su questo scrittore sono poche: non fu romano, forse africano, brillante politico, forse prefetto di Spagna e proconsole d’africa. Scrive i saturnalia, ovvero sette libri di dialoghi articolati su tre giornate con due personaggi, decio e postumiano. Quest’ultimo racconta al primo le dotte conversazioni che si terrero nel 384 nelle case di alcuni tra i principali esponenti dell’aristocrazia, raccolti per festeggiare i saturnali. La prima giornata dei dialoghi è dedicata ad argomenti di varia erudizione; la seconda e la terza invece a virgilio. L’ambientazione scelta rientra nella tradizione di conversazioni a banchetto, inaugurata dal simposio. Vengono affrontate anche le questioni nodali del tardo paganesimo. Gli interessi di macrobio per la filosofia sono confermati dal commento al somnium scipionis, ricco di osservazioni astronomiche. C’era posto, in tutto cio anche per la trattatistica scientifica, sulla medicina, veterinaria, agraria e geografia. La prima metà del secolo vede la medicina plinii, in 3 volumi, che rielabora materiale tratto dalla naturalis historia. Per la veterinaria e per l’agraria abbiamo nomi di importanti esperti. Alla letteratura geografica appartengono alcuni manuali, itinerari e carte geografiche. Il piu famoso è l’itinerarium egeriae, dal nome di una suora in viaggio che racconta con linguaggio cristallino alle sue consorelle cio che vede. Collegata con il mondo della scuola è anche l’oratoria. I maestri di scuola tenevano dei discorsi per ringraziare gli imperatori. Era il recente genere canonizzato del pagegirico. Di queste particolari orazioni ci è pervenuta una raccolta che va sotto il nome di ‘panegyrici latini’ di 12 discorsi rivolti a vari imperatori. Ricordiamoci che questo era, anche se ci sembra inconsueto, l’unico strumento di propaganda. Il piu famoso tra gli oratori del IV secolo è uno dei piu importanti senatori romani, simmaco, rappresentante del senato presso l’imperatore. Di lui abbiamo 8 orazioni, ma piu numerose sono le lettere, in 10 libri. Gli antichi esaltavano la sua abilità come oratore, ma dei suoi discorsi ci è rimasto poco. La produzione storiografica del IV secolo è particolarmente vasta e impegna anche i principali esponenti della vita politica: • Vittore scrive un libro sui cesari in cui cerca di incastonare delle biografie in un racconto annalistico e storiografico. • Ci è pervenuta anche una raccolta di biografie degli imperatori da Nerva a Diocleziano che sarebbe stata composta da sei diversi autori, ma i nomi di questi 6 non ci sono noti in alcuna altra fonte quindi forse era prodotto tardo e per meno di un solo autore. Il modello storiografico principale sono le vite di svetonio che sono seguite anche negli aspetti del pettegolezzo e della curiosità. • Scolastico è il carattere dell’operetta di eutropio che scrisse il brevarium ab urbe condita, una sorta di manuale maneggevole che elencava i principali avvenimenti della storia romana in 10 libri consultabili. L’opera ebbe tanto successo da essere tradotta in greco. • Lo storico piu importante del periodo è ammiano marcellino, nato in siria nel 330. La sua opera, il rerum gestarum libri xxxi, partiva dal regno di Nerva e giungeva fino all’imperatore valente, morto nel 378. A noi pervengono i libri dal XIV alla fine. Marcate piu delle altre sono le vicende di giuliano l’apostata che ha abiurato la religione cristiana. Ammiano prosegue le historiae di tacito, che infatti si interrompevano con Nerva e l’influsso di tacito si nota anche nell’ambizione a essere imparziale. Infine fanno pensare a tacito l’atteggiamento pessimistico e la convinzione che lo stato sia ormai in sfacelo. Hanno molto successo nel periodo le storie romanzate di argomento orientale, soprattutto greco. Sono letture di evasione di un pubblico non colto ma benestante. Gli argomenti piu amati erano: Alessandro magno, la guerra di troia e le avventure di Apollonio. Le corti imperiali della II metà del IV secolo sono importanti centri di produzione poetica. La presenza di un pubblico colto è molto piu ampia che in passato. Intorno agli imperatori circolano scrittori di vario genere: oratori, storiografi, ricchi signori che si dilettano nella scrittura, poeti itineranti come cantastorie. Queste differenze comportavano notevoli varietà di temi e di atteggiamenti. ausonio Tra i poeti dotti attivi nella seconda metà del IV secolo, il piu noto è ausonio. Fu cristiano ma non reprimeva la sua cultura pagana. Era anche un periodo in cui divisione tra cristiani e pagani non era poi tanto netta. Egli era rappresentante di un gusto manierato, faceva una scrupolosa scelta del lessico e del metro, il che indicava la sua educazione retorica. Non manca comunque, lo spazio per il vissuto, per un certo realismo minuto e pettegolo. Alla poesia funeraria appartengono anche i perentalia, carmi che il poeta dedica ai propri defunti. Ma di lui abbiamo 114 epigrammi e 25 epistole in versi. Ebbe grande successo presso i contemporanei. Claudiano Un’altra categoria, quella dei poeti itineranti, è rappresentata da claudio claudiano, nativo di alessandria d’egitto. Della sua prima produzione restano due frammenti di una gigantomachia. Diventa poeta al seguito di stilicone, padrone della metà occidentale dell’impero durante l’impero di onorio. In latino scrisse la maggior parte delle sue opere. La poesia di claudiano, rispetto ad ausonio, appare molto piu informata e consapevole dei problemi correnti. Di lui abbiamo varie opere in lode a stilicone e di onorio. Di argomento mitologico invece la gigantomachia, tradotta dalla sua precedente versione greca, e il de raptu proserpinae. Il querolus Opera di un anomimo gallico è il querolus sive aulularia. Non è il rifacimento del grande successo di plauto querolus. È l’unico caso di commedia latina pervenutaci dall’età imperiale pervenutaci: essa mostra quanto sia cambiata la struttura di uno scritto teatrale rispetto ai tempi di plauto e terenzio: l’opera è da leggere o al massimo da recitare durante i banchetti in occasioni private, il testo è in prosa (anche se molto musicale), la commedia rappresenta le consuetudini di chi la vede rappresentata. È costantemente, ma non in modo opprimente, moralista e quindi ha successo anche nel medioevo.