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Psichiatria psicodinamica QUINTA EDIZIONE basata sul DSM-5, Appunti di Psicologia Dinamica

riassunto integrale di "Psichiatria psicodinamica" quinta edizione basata sul DSM-5 approfondimenti da: Nancy McWilliams - La diagnosi psicoanalitica

Tipologia: Appunti

2017/2018

In vendita dal 08/05/2018

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Scarica Psichiatria psicodinamica QUINTA EDIZIONE basata sul DSM-5 e più Appunti in PDF di Psicologia Dinamica solo su Docsity! 1 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Psichiatria Psicodinamica Quinta edizione basata sul DSM-5 Glen O. Gabbard Parte prima Principi fondamentali e approcci terapeutici in psichiatria psicodinamica Capitolo 1 *I principi fondamentali della psichiatria psicodinamica* Il valore unico dell'esperienza soggettiva La psichiatria dinamica viene definita dal confronto con la psichiatria descrittiva. Molti clinici che utilizzano quest'ultimo approccio suddividono per categorie i pazienti a seconda del loro comuni tratti comportamentali e fenomenologici. Elaborano liste di sintomi che permettono di classificare i pazienti in base al quadro sintomatologico. L'esperienza soggettiva del paziente, è di minore importanza. Al contrario, gli psichiatri a orientamento dinamico si avvicinano ai loro pazienti cercando di determinare cosa è unico in ciascuno di essi, in che modo un certo paziente si è diverso dagli altri. Inoltre, gli psichiatri psicodinamici attribuiscono un valore estremo al mondo interno del paziente, fantasie, sogni, paure, speranze, impulsi, desideri, immagini di Sé, percezione degli altri e reazioni psicologiche ai sintomi. L'inconscio Un Secondo principio per definire la psichiatria dinamica è un modello concettuale della mente che include l'inconscio. Freud identificò due diversi contenuti mentali inconsci: il preconscio, ove contenuti mentali possono essere facilmente riportati alla coscienza semplicemente spostando la propria attenzione, è l'incontro vero e proprio, ove i contenuti mentali che vengono censurati perché inaccettabili sono rimossi e non possono essere facilmente portati alla coscienza. I sistemi mentali inconscio, preconscio e conscio compongono quello che Freud definiva modello topografico. Egli si convince dell'esistenza dell'inconscio attraverso due fondamentali prove cliniche: i sogni e le parafrasi. L'analisi dei sogni mostrava che un desiderio infantile inconscio era solitamente la forza motrice dei sogni. Le parafrasi sono fenomeni quali lapsus, le azioni accidentali, la dimenticanza o la sostituzione di nomi o parole. La nozione di lapsus Freudiano è oggi ben radicata nella nostra cultura a connotare la manifestazione involontaria del desiderio pensieri inconsci di una persona. Lo psichiatra a orientamento dinamico considera i sintomi e il comportamento come riflessi di processi inconsci che difendono da desideri e sentimenti e rimossi, proprio come il masso protegge il nasconde contenuto di una caverna. Soprattutto i sogni, sono come i graffiti sulle pareti della caverna, comunicazioni, simboliche o meno, che nel presente trasmettono messaggi del passato dimenticato. 2 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Determinismo psichico Asserire che i sintomi è il comportamento sono manifestazioni esterne di processi inconsci significa toccare un terzo principio della psichiatria dinamica, ovvero il determinismo psichico. L'approccio psicodinamico sostiene che noi siamo consciamente confusi e inconsciamente controllati. Andiamo avanti nella nostra vita quotidiana come se avessimo libertà di scelta, mentre in effetti siamo molto più limitati di quanto crediamo. In gran parte, noi non siamo altro che personaggi che mettono in atto un copione scritto dall'inconscio. I nostri partner, i nostri interessi o vocazioni, anche quello che facciamo nel tempo libero, non sono scelti a caso. Vengono invece determinati la forza inconsce che sono tra loro in relazione dinamica. Il principio del determinismo psichico, nonostante sia una pietra miliare, richiede due chiarificazioni. I fattori inconsci non determinano tutti i comportamenti o i sintomi. Quando un paziente affetto da morbo di Alzheimer dimentica il nome della propria moglie, probabilmente non è una parafrasi. Il compito dello psichiatra psicodinamico è quello di estrapolare quali sintomi e comportamenti possono o non possono essere spiegati da fattori dinamici. Il Secondo avvertimento deriva dall'esperienza con pazienti che non fanno alcuno sforzo per cambiare il loro comportamento in quanto sostengono di essere vittime passive di forza in conce. All'interno del concetto di determinismo psichico vi è spazio decisionale. Nonostante il suo peso possa essere più limitato di quanto vorremmo credere, l'intenzione consente di cambiare può essere un fattore importante nella risoluzione dei sintomi. Lo psichiatra orientamento dinamico deve sapere essere cauto nei confronti del paziente che giustifica il proprio rimanere malato appellandosi al determinismo psichico. Il passato è prologo Un quarto principio fondamentale della psichiatria psicodinamica è che le esperienze infantili sono fattori di importanza cruciale nel determinare la personalità adulta. Lo psichiatra orientamento dinamico ascolta attentamente quando un paziente parla di ricordi di infanzia, ben sapendo che queste esperienze possono giocare un ruolo critico nei problemi attuali. Il punto di vista dinamico tiene anche in considerazione il fatto che i bambini percepiscono l'ambiente circostante attraverso filtri soggettivi che possono distorcere le reali caratteristiche delle figure attorno al loro. In maniera analoga, certi bambini sono costituzionalmente difficili da allevare, indipendentemente da quanto efficaci possano essere i loro genitori. Le teorie sullo sviluppo infantile sono sempre state di portanza centrale per la psichiatria dinamica. Freud sosteneva che il bambino, nel percorso verso la maturità, attraversa tre principali fasi psicosessuali. Ognuna di queste è associata una particolare zona corporea nella quale Freud riteneva che la libido del bambino fosse concentrata. Come conseguenza di un trauma ambientale, di fattori costituzionali o di entrambi, un bambino può rimanere evolutivamente bloccato a una fase o in un'altra, il che comporta una fissazione che permane fino all'età adulta. In condizioni di stress, l'adulto può regredire a questa fase di sviluppo più primitiva e manifestare l'organizzazione mentale della gratificazione istintuale associata tale fase. Transfert Il persistere nella vita adulta di schemi infantili di organizzazione mentale implica che il passato si ripeta nel presente. Forse l'esempio più convincente di questo è il transfert, concetto centrale della psicoanalisi, nel quale il paziente viva il medico come una figura significativa del proprio passato. Qualità di questa figura arcaica verranno attribuite al medico e sentimenti associati a tale figura saranno vissuti allo stesso modo con il medico. Il paziente inconsciamente il rimette in atto la relazione passata, invece di ricordarla, e così facendo porta nel trattamento un patrimonio di informazioni sulle sue relazioni del passato. Alcuni psicoanalisti sostengono che vi siano due dimensioni nel transfert: una dimensione ripetitiva, in cui il paziente teme e si aspetta che l'analista si comporti come facevano i genitori, è una dimensione da oggetto se, in cui il paziente desidera fortemente un’esperienza risanante o correttiva che è mancata nella sua infanzia. 5 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Capitolo 2 *I fondamenti teorici della psichiatria psicodinamica* La teoria psicoanalitica è il fondamento della psichiatria dinamica. Mette ordine del mondo interno apparentemente caotico del paziente. Permette allo psichiatra di integrare e di trascendere il livello descrittivo della catalogazione dei sintomi ed è l'applicazione di etichette diagnostiche. Offre mezzi per entrare nell'interno cavernoso della mente e per comprenderlo. La teoria guida i clinici non solo nella comprensione diagnostica, ma anche nella scelta del tipo di trattamento adatto a ciascun paziente. La psichiatria dinamica contemporanea comprende quattro ampie aree teorie psicoanalitiche: - La psicologia dell’Io, derivata dalla teoria psicoanalitica classica di Freud; - La teoria delle relazioni oggettuali, derivata dal lavoro di Melanie Klein e dei membri della cosiddetta scuola britannica, che comprende Winnicott e Blaint; - La psicologia del Sé, fondata da Kohut; - La teoria dell'attaccamento. La psicologia dell’Io I sintomi isterici venivano considerati come il risultato di ricordi rimossi di eventi o idee. Freud ipotizzò che l'intervento psicoterapeutico potesse eliminare la rimozione, portando alla rievocazione dei ricordi. Di conseguenza, una dettagliata descrizione verbale dell'idea o dell'evento patogeno ricordato, accompagnata da un intenso stato affettivo, avrebbe portato alla scomparsa del sintomo. Questo metodo catartico, conosciuto anche come abreazione, consiste nel far divenire conscio il ricordo patogenetico inconscio. Il modello topografico deluse però ben presto Freud, che ripetutamente riscontrava nei pazienti resistenze alle sue manovre terapeutiche. Alcuni ricordi non potevano essere riportati alla coscienza. I meccanismi difensivi responsabili di queste resistenze erano essi stessi inconsci e pertanto inaccessibili. Nel modello strutturale, l’Io era considerato distinto dalle pulsioni istintuali. L'aspetto conscio dell’Io era l'organo esecutivo della psiche, responsabile del prendere decisioni e dell'integrazione dei dati percettivi. L'aspetto inconscio dell’Io conteneva i meccanismi di difesa, necessario a contrastare le potenti pulsioni istintive alberganti nell’Es. L’Es è un'istanza intrapsichica totalmente inconscia pesa solamente allo scarico della tensione. L’Es e controllato sia dagli aspetti inconsci dell’Io, sia dalla terza istanza del modello strutturale, il Super-Io. Il Super-Io è essenzialmente inconscio, ma alcuni suoi aspetti sono indubbiamente conci. Questa istanza incorpora la coscienza morale è l'ideale dell’Io. La psicologia dell’Io concettualizza il mondo intrapsichico come un mondo in conflitto fra tre istanze. Il Super-Io, l’Io e l'Es combattono fra loro mentre sessualità e aggressività tendono a esprimersi e scaricarsi. Il conflitto tra le varie stanze provoca angoscia. Questo segnale di angoscia avverte l’Io della necessità di un meccanismo difensivo tecnico della formazione del sintomo di essere così compreso: il conflitto provoca angoscia, la quale porta una difesa, che a sua volta porta a un compromesso tra l’Es e l’Io. Un sintomo è pertanto una formazione di compromesso che è contemporaneamente difende dal desiderio che emerge dall’Es e soddisfa lo stesso desiderio in forma mascherata. Tali formazioni di compromesso sono un processo mentale normale. I sintomi nevrotici costituiscono solamente la variabile patologica. Gli stessi tratti del carattere possono essere delle formazioni di compromesso e possono rappresentare soluzioni adattive e creative nei confronti del conflitto intrapsichico. 6 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Meccanismi di difesa Freud riconobbe l'esistenza di altri meccanismi di difesa, ma dedicò la maggior parte della sua attenzione alla rimozione. Fu sua figlia Anna a estendere il lavoro del padre descrivendo dettagliatamente nuovi meccanismi di difesa dell'individuo, come regressione, formazione reattiva, annullamento retroattivo, in proiezione, identificazione, proiezione, rivolgimento contro il Sé, inversione, sublimazione. La psicoanalista non poteva più semplicemente prestare attenzione alla fioraia di desideri inaccettabili. Diventava necessario tenere in uguale considerazione le vicissitudini degli sforzi difensivi attuati dall’Io. Tutte le difese hanno in comune la funzione di proteggere l’Io contro le richieste istintuali dell'Es. Nessuno di noi è privo di meccanismi di difesa, e quelli che usiamo rivelano molte cose sulla nostra persona. I meccanismi di difesa vengono spesso classificati secondo un ordine gerarchico, dai più immaturi o patologici ai più maturi o sani. Difese primitive Scissione LA SCISSIONE PREVIENE IL CONFLITTO GENERATO DALL’INCOMPATIBILITA’DI DUE ASPETTI POLARIZZATI DI SÉ O DI ALTRI. L’individuo affronta i conflitti emotivi considerando se stesso o gli altri come completamente buoni o completamente cattivi, non riuscendo ad integrare le caratteristiche positive o negative di Sé e degli altri in immagini coese. Spesso, lo stesso individuo sarà alternativamente idealizzato e svalutato. Un oggetto sperimentato come buono diventa negativo senza che tale cambiamento di prospettiva sia prevedibile. Si tratta di una difesa disadattativa nel momento in cui il soggetto si comporta in modo imprevedibile ed irrazionale verso gli altri; si tratta di una difesa adattativa nel momento in cui essa minimizza l’ansia che il soggetto proverebbe se armonizzasse la visione di se stesso con il modo in cui le persone significative lo vedono e lo trattano. Identificazione proiettiva Il soggetto proietta su qualcun altro un affetto o impulso per lui inaccettabile, come se appartenessero all’altro, e, a differenza della proiezione, resta consapevole di provare lo stesso affetto o impulso ma lo crede una reazione a quello stesso affetto o impulso che ritiene presente nell’altro, senza rendersi conto di aver attribuito egli stesso all’altro quell’affetto o impulso stesso. Paradossalmente, il soggetto induce spesso nell’altro proprio quel Sentimento di impotenza e colpa che sperimenta egli stesso, e ciò induce spesso gli altri ad allontanarsi. Proiezione Il soggetto rinnega i propri sentimenti, la propria esperienza attribuendoli agli altri, di solito a coloro dai quali si sente minacciato o che sente in qualche misura affini. La proiezione non delirante permette al soggetto di affrontare emozioni e motivazioni (vergogna ed umiliazione) per poter ammettere di provarle egli stesso. L’uso della proiezione costringe il soggetto ad occuparsi di coloro su cui ha proiettato i propri sentimenti per diminuire la consapevolezza di essi Diniego La negazione consente di non ammettere o di non prendere coscienza di un fatto psichico, idea o sentimento, che il soggetto ritiene potrebbe causargli vergogna o altri affetti dolorosi. Dissociazione Distruzione del proprio senso di continuità nelle aree dell’identità, della memoria, della coscienza o della percezione al fine di mantenere l’illusione di un controllo psicologico di fronte a un Senso di impotenza e di perdita di controllo. Anche se simile alla scissione, in casi estremi la dissociazione può comportare un’alterazione dei ricordi che si riferiscono a determinati eventi, dovuta a una disconnessione del Sé da tali eventi. Idealizzazione Attribuzione di caratteristiche di perfezione o quasi perfezione al altri al fine di evitare ansie o sentimenti negativi quali disprezzo, invidia o rabbia. L’individuo affronta conflitti emotivi e fonti di stress attribuendo qualità esageratamente positive a se stesso o agli altri. Descrive relazioni, più o meno reali, con persone o sistemi potenti, riveriti, importanti. Il soggetto, benché sia in grado di riconoscere nella persona idealizzata aspetti concreti di colpe o difetti, ne sminuisce il loro significato, preservandone così un’immagine pura. Acting-out Messa in atto impulsiva di desideri o fantasie inconsce al fine di evitare affetti dolorosi. Somatizzazione Conversione di dolore emotivo o di altri stati affettivi in sintomi fisici, con focalizzazione dell’attenzione su preoccupazioni somatiche piuttosto che intrapsichiche. Regressione Ritorno a una fase precedente dello sviluppo o del funzionamento al fine di evitare i conflitti e le tensioni associati al livello di sviluppo presente. Fantasia schizoide Ritiro nel proprio mondo interno al fine di evitare ansie relative a situazioni interpersonali. 7 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Difese di alto livello (nevrotiche) Introiezione Si tratta di un modo per gestire la perdita di una persona, interiorizzandone gli aspetti significativi. Un individuo può anche introiettare un oggetto ostile o cattivo per avere l’illusione di esercitare controllo su tale oggetto. In forme non difensive, l’introiezione è parte dei normali processi di sviluppo. Identificazione Consiste nell’interiorizzare le caratteristiche di un’altra persona, al punto di diventare come questa. Mentre l’introiezione porta a una rappresentazione interiorizzata che viene percepita come “altro”, l’identificazione è percepita come parte del Sé. Anche l’identificazione può svolgere funzioni non difensive. Spostamento Trasferimento di sentimenti associati a un oggetto a un altro che presenta qualche somiglianza. Intellettualizzazione L’idea rappresentante l’affetto o l’impulso è mantenuta conscia ed espressa sotto forma di una generalizzazione. Il soggetto si riferisce alla propria esperienza in Séconda o terza persona. Isolamento dell’affetto La persona perde contatto con i sentimenti associati ad una data idea, per esempio un evento traumatico, mentre rimane consapevole degli elementi cognitivi, per esempio i dettagli descrittivi dell’evento stesso: l’individuo è incapace di sperimentare contemporaneamente le componenti cognitive e quelle affettive di un’esperienza, in quanto l’effetto è escluso dalla coscienza. Talvolta l’affetto può essere separato temporaneamente dall’idea ad esso associata ed essere vissuto, più tardi, senza legame con l’esperienza originaria. Molto spesso gli affetti isolati sono associati ad ansia, vergogna o colpa che emergerebbero se essi fossero vissuti direttamente. Razionalizzazione Giustificazione di attitudini, credenze o comportamenti inaccettabili al fine di renderli tollerabili. Sessualizzazione Attribuzione di un significato sessuale a un oggetto o a un comportamento al fine di rendere eccitante e stimolante un’esperienza negativa o di allontanare ansie associate all’oggetto. Formazione reattiva L’individuo affronta conflitti emotivi sostituendo, inconsciamente, i propri pensieri o sentimenti inaccettabili con comportamenti, pensieri o sentimenti diametralmente opposti. Il soggetto così evita sentimenti di colpa inaccettabili e la sostituzione può gratificare il suo desiderio di sentirsi moralmente superiore. Si può considerare presente la formazione reattiva quando un soggetto reagisce ad un evento con un’emozione di tono opposto a quello che l’evento susciterebbe abitualmente nelle altre persone. Nella forma più tipica, la rabbia e la paura verso coloro che agiscono contro l’individuo sono sostituite da attenzione e preoccupazione; a volte, la rudezza e la svalutazione sostituiscono la preoccupazione o l’interesse che sono giudicati inaccettabili. Rimozione Protegge il soggetto dalla consapevolezza di ciò che sta provando o ha provato in passato. L’individuo prova un particolare affetto, ma la reale consapevolezza di ciò che esso è, l’idea associata ad esso, rimane al di fuori della coscienza: vengono percepiti soltanto gli aspetti emotivi, e non cognitivi, dell’esperienza. Quando la rimozione è in azione, il soggetto prova sentimenti e impulsi che non riconosce e non riesce a riconoscere la situazione o l’oggetto che può evocarli. Mentre la dissociazione altera l’esperienza cosciente, la rimozione mantiene intatta l’esperienza cosciente, tenendo lontana dalla coscienza solo l’idea intollerabile. Annullamento retroattivo Il soggetto esprime un affetto, impulso o commette un’azione che induce sentimenti di colpa o ansia che portano il soggetto a minimizzare il disagio esprimendo, in un Secondo momento, l’affetto, l’impulso o l’azione opposti. Nella conversazione, ad esempio, le affermazioni del soggetto sono immediatamente seguite da precisazioni con significato opposto a quello dell’affermazione. 10 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 evolutive che devono essere attraversate superate. Questa concettualizzazione di modalità di esperienza che durano tutta la vita riduce il significato delle tappe evolutive descritte dalla Klein. Meccanismi di difesa Una considerevole enfasi e posta su difese primitive caratteristiche dei disturbi di personalità e delle psicosi: scissione, identificazione proiettiva, introiezione e diniego. ➢ Scissione La scissione è un processo inconscio che separa attivamente gli uni dagli altri i sentimenti contraddittori, le rappresentazioni di Sé e le rappresentazioni degli oggetti. La scissione permette al lattante di separare il buono dal cattivo, il piacere dal dispiacere, l'amore dall'odio, in maniera tale da preservare tutte le esperienze, gli affetti, le rappresentazioni di Sé e le rappresentazioni degli oggetti con notati positivamente collocandoli in Settori mentali solatie sicuri, liberi dalla contaminazione delle controparti negative. La scissione può essere vista come una modalità biologica fondamentale di organizzazione dell'esperienza, per mezzo della quale il minaccioso viene separato dal minacciato. Ciò viene successivamente lavorato in una difesa psicologica. La scissione è inoltre una causa fondamentale di debolezza dell’Io. Nella concezione di Kernberg, la scissione caratterizzata da determinate manifestazioni cliniche: - L'espressione alterna di comportamenti e atteggiamenti contraddittori, a cui il paziente guarda senza preoccupazione e con un blando impegno; - La compartimentazione di ciascuna persona nell'ambiente è in Settori tutto buono o tutto cattivo, che viene spesso indicata con i termini idealizzazione e svalutazione; - la coesistenza di rappresentazioni contraddittorie di Sé che si alternano l'una all'altra. ➢ Identificazione proiettiva L'identificazione proiettiva è un processo inconscio trifasico attraverso il quale aspetti propri vengono e attribuiti a qualcun altro. Le tre fasi sono le seguenti: - Il paziente proietta nel terapeuta una rappresentazione del Sé o dell'oggetto; - Il terapeuta si identifica inconsciamente con quanto viene proiettato; - Il materiale proiettato viene, dal terapeuta, processato psicologicamente e modificato, e in Séguito restituito al paziente che lo reintroietta. Scissione e identificazione proiettiva sono processi psichici fra loro strettamente correlati, che cooperano nel tenere separati gli oggetti buoni da quelli cattivi. ➢ Introiezione L'introiezione è un processo inconscio tramite il quale un oggetto esterno viene simbolicamente assunto e assimilato come parte di Sé. L'introiezione può esistere come un aspetto dell'identificazione proiettiva in cui ciò che viene preso all'interno era stato originariamente proiettato. Nel dibattito attuale sulle relazioni oggettuali, l'introiezione è distinta dall'identificazione come una delle principali modalità di interiorizzazione. Se un genitore viene introiettato, per esempio, è interiorizzato come parte della suddivisione oggettuale dell’Io ed è vissuto come una presenza interna che non altera la rappresentazione di Sé. Nell'identificazione il genitore è invece interiorizzato come parte dell'auto suddivisione dell’Io e modifica materialmente la rappresentazione di Sé. ➢ Diniego Il diniego è un disconoscimento diretto di dati sensoriali traumatici. Mentre la rimozione viene in genere utilizzato come difesa da impulsi e desideri interni, il diniego e solitamente una difesa dalla realtà e dal mondo esterno, quando tale realtà viene sentita come eccessivamente disturbante. Sebbene questo meccanismo sia principalmente associato a psicosi e gravi disturbi di personalità, può essere utilizzato anche da persone non affette da disturbi psichici, soprattutto di fronte a eventi catastrofici. 11 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 La teoria relazionale americana La scuola britannica delle relazioni oggettuali ha profondamente influenzato la teoria relazionale americana. Questo approccio “bipersonale” e le teorie a esso più strettamente correlate – intersoggettivismo, costruttivismo, teoria interpersonale – hanno in comune l’idea che la percezione che il terapeuta ha dei pazienti risenta inevitabilmente della sua soggettività. Un punto fondamentale di questa teoria è che nello studio del terapeuta si trovano due persone che si influenzano costantemente e vicendevolmente; di conseguenza, nell’identificare e affrontare i problemi del paziente, il terapeuta non può trascendere la sua soggettività; il comportamento del terapeuta avrà inoltre un impatto sostanziale sul transfert dei pazienti. La psicoanalisi relazionale è una corrente psicoanalitica nata negli Stati Uniti che enfatizza il ruolo delle relazioni dell'individuo con gli altri, siano esse reali o immaginarie, nei disturbi mentali e in psicoterapia. Si tratta di una scuola relativamente nuova e in evoluzione, benché i suoi fondatori la considerino un cambiamento di paradigma in psicoanalisi, concettualizzandolo come una trasformazione da una "psicologia mono-personale" a una "psicologia bi-personale". In contrasto con i modelli strutturali in cui le pulsioni occupano una posizione centrale a spiegazione della vita psicologica, la teoria relazionale stabilisce che le "relazioni con gli altri costituiscono gli elementi strutturanti fondamentali per la costruzione della vita mentale". Tre sono i cambiamenti clinici fondamentali intrinseci a questo cambiamento concettuale: dalla supremazia del contenuto alla supremazia del contesto, dalla supremazia della cognizione alla supremazia dell'affetto, e un allontanamento del concetto di "tecnica". La psicoanalisi relazionale nasce negli anni ottanta, come tentativo di integrare l'enfasi sull'esplorazione dettagliata delle interazioni personali con la sofisticata teoria britannica delle relazioni oggettuali circa l'importanza dell'interiorizzazione delle relazioni con altre persone. Il modello della psicoanalisi relazionale segue un'ampia tradizione teorico-clinica post- Freudiana, e fa riferimento ad autori quali: Ferenczi, Rank, Fromm, Sullivan, Mitchell, Bromberg, Stern. Gli psicoanalisti relazionali sostengono che la personalità emerga progressivamente dalla matrice dei primi rapporti relazionali costruiti con i genitori e con altre figure significative. Secondo la prospettiva relazionale, la capacità del clinico dipende prevalentemente dalle sue risposte soggettive; sostituendo così alla sua neutralità il suo stato d'animo, i suoi sentimenti, le sue fantasie e i suoi pensieri, considerati nel loro insieme un assetto tecnico fondamentale per l'individuazione e comprensione dei problemi del paziente. Dal punto di vista filosofico, la psicoanalisi relazionale è strettamente connessa con il sociocostruttivismo, termine introdotto da Irwin Hoffman. Il termine psicoanalisi relazionale è stato proposto in un incontro di un piccolo gruppo di analisti condotto da Stephen Mitchell. Una differenza importante tra la teoria relazionale e il pensiero psicoanalitico classico è nella sua teoria della motivazione, che assegnerebbe primaria importanza alle reali relazioni interpersonali, piuttosto che alle pulsioni. La teoria Freudiana, con qualche eccezione, propone che gli esseri umani siano motivati da istinti sessuali e aggressivi. Secondo l'originaria teoria pulsionalista, tali istinti sarebbero radicati biologicamente e innati, e non sarebbero significativamente plasmati dall'esperienza. Gli psicoanalisti relazionali, d'altra parte, ritengono che la motivazione primaria della psiche sia nelle relazioni con gli altri. Come conseguenza, le prime relazioni, solitamente con i caregiver, plasmano le aspettative dell'individuo per quanto riguarda il modo in cui essi vanno incontro ai suoi bisogni. Pertanto, desideri e impulsi non possono essere separati dal contesto relazionale in cui si presentano. Ciò non significa che la motivazione sia determinata dall'ambiente (come nel comportamentismo), ma dall'interazione sistemica di una persona col suo mondo relazionale. Gli individui tentano di ricreare queste relazioni, interiorizzate precocemente, in relazioni successive che possono avere poco o nulla a che fare con quelle precedenti. Questa riproposizione di pattern relazionali serve a soddisfare i bisogni dell'individuo in maniera conforme a ciò che hanno appreso e sperimentato durante l'infanzia, ed è chiamata re-enactment, o ripetizione. I concetti che paiono caratterizzare maggiormente la psicoanalisi relazionale sono quelli di mente, relazione, salute e malattia, enactment, autosvelamento e negoziazione. 12 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 La psicologia del Sé Mentre la teoria delle relazioni oggettuali pone l'accento sulle relazioni interne tra rappresentazioni del Sé quelle dell'oggetto, la psicologia del Sé sottolinea come le relazioni esterne aiutino la persona a mantenere l'autostima e la coesione del Sé. Secondo questo approccio teorico il paziente ha un bisogno disperato, per poter mantenere il proprio senso di benessere, di certe specifiche risposte da parte delle altre persone. Kohut Kohut affermò che i bisogni narcisistici permangono per l'intero corso della vita, seguendo uno sviluppo parallelo a quello del campo dell'amore oggettuale. Postulò inoltre una teoria doppio asse, che permette di considerare uno sviluppo che coinvolge entrambe gli ambiti, quello narcisistico e quello dell'amore oggettuale. Il bambino crescendo cerca di riconquistare la perduta perfezione del primitivo legame madre figlio ricorrendo a due strategie: il Sé Grandioso, nel quale era chiusa la perfezione, e l'immagine genitoriale idealizzata, nella quale la perfezione viene attribuita al genitore. Questi due poli costituiscono il Sé bipolare. Se la mancata risposta in pratica dei genitori a queste strategie si ripete regolarmente, vi è un arresto nello sviluppo. Se le cure genitoriali sono invece adeguate, il Sé Grandioso viene trasformato in sane ambizioni, e l'immagine genitoriale idealizzata viene interiorizzata sotto forma di ideali e valori. Considerazione evolutive In qualche modo tutte le teorie psicoanalitiche sono basate su una logica evolutiva. Come la teoria psicoanalitica si è evoluta dall'enfasi sulle pulsioni, le difese e il conflitto intrapsichico all'interesse verso il Sé, l'oggetto e le relazioni, così ha fatto la ricerca dei modelli evolutivi. Le prime teorie dello sviluppo associate con la psicologia dell’Io si concentravano sulle zone lipidiche erano principalmente in ricostruzioni dello sviluppo nei primi anni di vita attraverso il lavoro psicoanalitico con gli adulti. Malher A partire dagli anni Settanta emersa in psicoanalisi una teoria evolutiva a maggior fondamento empirico. Gli studi sull'osservazione dei bambini di Margaret Mahler furono tra i primi e sono spesso considerati come un ponte tra la psicologia dell’Io e la teoria delle relazioni oggettuali. Studiando coppie di madri e figli sia normali che patologiche, la Mahler ha identificato tre fasi fondamentali nello sviluppo delle relazioni oggettuali. Nei primi due mesi di vita il neonato attraversa una fase autistica, durante la quale a fare chiuso in Sé stesso è interessato alla propria sopravvivenza piuttosto che ad entrare in relazione con gli altri. Il periodo che va dai 2 ai 6 mesi, la fase simbiotica, ha inizio quando il bambino risponde al sorriso ed è in grado di seguire visivamente il volto della madre. Il bambino è vagamente consapevole della madre come oggetto separato, ma percepisce primariamente la diade madre e figlio come un'unità duale. La terza fase, di separazione-individuazione, ea sua volta suddivisa in quattro sottofasi. Tra i 6 ei 10 mesi, nella sottofase detta della differenziazione, il bambino diventa consapevole che la madre è una persona distinta. Questa consapevolezza può far sorgere nel bambino il bisogno di un oggetto transizionale, per esempio una coperta o un succhiotto, che lo aiuti ad affrontare il fatto che la madre non è sempre a sua disposizione. La sottofase successiva, tra il decimo e il Sédicesimo mese, è quella della sperimentazione. I bambini di questa età, avendo acquisito nuove capacità motorie, amano esplorare il mondo per proprio conto, anche se hanno bisogno di tornare frequentemente dalla madre per ricaricarsi. La terza sottofase, del riavvicinamento, quando il bambino ha un'età compresa tra i 16 ei 24 mesi, è caratterizzata da una più acuta consapevolezza della propria separatezza dalla madre. Tale consapevolezza porta a un maggior senso di vulnerabilità in relazione alle separazioni dalla madre. La quarta e ultima sottofase del periodo di separazione individuazione è segnata dal consolidamento del Senso di individualità ed al sorgere della costanza dell'oggetto. L'acquisizione di 15 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Capitolo 3 *Valutazione psicodinamica del paziente* La valutazione psicodinamica del paziente non è separabile dalla valutazione globale dell’anamnesi, dei segni e dei sintomi caratteristica della tradizione medico-psichiatrica. La valutazione diagnostica psicodinamica può quindi essere considerata come un ampliamento significativo della valutazione descrittiva medico-psichiatrica. L’intervista clinica Il primo obiettivo di un'intervista psicodinamica deve essere sempre quello di stabilire un rapporto e una comprensione condivisa. Il compito principale dello psicologo è quello di trasmettere il messaggio che il paziente viene accettato, valutato è considerato come una persona unica con problemi specifici e distintivi. Il clinico che cerca di immergersi empaticamente nelle esperienze dei pazienti favorire lo sviluppo di un legame basato sui suoi evidenti tentativi di comprendere il loro punto di vista. Differenze tra intervista psicodinamica e intervista medica Nell’intervista medica viene seguito un percorso diretto: dal disturbo principale è riportato dal paziente alla sua eziologia e patogenesi. I pazienti collaborano a tale processo, in quanto sono ansiosi di eliminare il dolore o i sintomi associati alla malattia. Gli psichiatri e gli psicologi spesso scoprono come di rado i pazienti siano in grado di arrivare rapidamente al punto, a causa della loro incapacità di individuare con precisione quello che realmente ti disturba. I pazienti possono inoltre essere molto avanti rispetto alla possibile scomparsa dei loro sintomi, perché la malattia psichiatrica è in fondo una sorta di adattamento funzionale. I pazienti psichiatrici sono spesso imbarazzati dai loro sintomi, e possono quindi omettere informazioni allo scopo di fornire una buona impressione. Nell’intervista psicodinamica qualunque distinzione tra diagnosi e terapia sarebbe artificiosa. Lo psichiatra a orientamento dinamico affronta il colloquio con la consapevolezza che anche il modo in cui l'anamnesi viene raccolta può essere diverse terapeutico. L'approccio dinamico, che lega intimamente la diagnosi e la terapia, è empatico nel Senso che prende in considerazione il punto di vista del paziente. Secondo Menninger e collaboratori la terapia precede sempre la diagnosi. In effetti, nel Semplice fatto di ascoltare e accettare i racconti del paziente, confermando che la sua vita ha significato il valore, è presente una certa azione terapeutica. Nel corso della valutazione il clinico svolge inoltre la funzione di un testimone, che è in grado di riconoscere e comprendere l'impatto emozionale degli avvenimenti che hanno caratterizzato la vita del paziente. Nel processo diagnostico di tipo medico, il paziente è essenzialmente un partecipante passivo che contribuisce alla valutazione del medico rispondendo a una serie di domande, ma è il medico che deve assemblare i tasselli per arrivare alla diagnosi finale. L'approccio dinamico prevede il coinvolgimento attivo del paziente come collaboratore di un processo esplorativo. Il paziente è considerato come una persona che ha un notevole contributo da dare alla comprensione diagnostica finale. In un'intervista dinamica produttiva, lo psichiatra sarà in grado di raccogliere informazioni sui sintomi e sulla storia del paziente che consentono una diagnosi descrittiva. Per favorire una maggiore apertura da parte del paziente, il clinico deve però stare attento a non porre sulla definizione diagnostica un’enfasi eccessiva, che precluderebbe il dispiegarsi della complessa relazione tra medico e paziente. Un altro aspetto caratteristico dell'intervista psicodinamica è l'importanza attribuita alle sensazioni e ai sentimenti del clinico durante il colloquio. Per lo psichiatra a orientamento dinamico questi sentimenti costituiscono informazioni diagnostiche essenziali, che gli dicono qualcosa sulle reazioni che il paziente suscita nelle altre persone. Queste considerazioni ci portano a due dei più importanti aspetti della valutazione psicodinamica: il transfert e il controtransfert. 16 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Un’ultima differenza riguarda i tempi di valutazione. Nella raccolta dell'anamnesi il medico cerca di ottenere un gran numero di informazioni nel minor tempo possibile. Lo psichiatra psicodinamico non deve invece aver fretta: deve cercare piuttosto di rallentare, creando un'atmosfera in cui il paziente si senta libero di riflettere, di fare pause, di analizzare con calma ciò che prova. Durante l'intervista iniziale lo psichiatra non può ottenere tutte le informazioni necessarie per una completa comprensione psicodinamica del paziente, ho soltanto farsi un'idea dei temi chiave che hanno portato il paziente a cercare aiuto. Questi temi possono prendere successivamente forme diverse, tuttavia forniscono almeno un punto di partenza. Transfert e controtransfert Il transfert è attivo in ogni relazione significativa. Il transfert può svilupparsi persino prima del contatto iniziale. Il transfert è una dimensione critica della valutazione perché influenza profondamente la collaborazione del paziente con il medico. Gli psichiatri che prendono in considerazione le distorsioni da transfert fin dall'inizio dell'intervista possono eliminare gli ostacoli che si oppongono a un'efficace raccolta dei dati. Il transfert è, per definizione, una ripetizione. I sentimenti associati a una figura del passato vengono vissuti con lo psichiatra nella situazione attuale. Questa premessa implica che gli schemi transferali in un colloquio clinico forniscono indicazioni su relazioni significative del passato del paziente. L'immagine che il paziente si fa dello psichiatra e i sentimenti che prova per lui sono, in qualche modo, delle ripetizioni. Queste ripetizioni in rivelano molto anche sulle attuali relazioni significative del paziente. Essendo il transfert ubiquitario, il paziente riproduce in tutti i propri rapporti gli stessi modelli relazionali del passato. Per evitare di etichettare tutte le informazioni del paziente come transfert, i clinici devono tenere a mente che la relazione paziente terapeuta è sempre una miscela di transfert e di relazione reale. La valutazione psicodinamica richiede allo psichiatra un continuo automonitoraggio nel corso del processo diagnostico. La cornice concettuale del colloquio psicodinamico è che il colloquio coinvolge due persone, ciascuno portatori di un passato personale. Uno dei compiti dello psichiatra psicodinamico è quello di monitorare i propri sentimenti ed enactment controtransferale nel corso del colloquio con il paziente. Il controtransfert è un processo che coinvolge entrambi i membri della fiat, e spesso risulta difficile distinguere le componenti indotte dal paziente e quelle generate dai conflitti inconsci del clinico. Poiché la capacità di operare tale distinzione dipende in larga misura dalla familiarità che un individuo a con il proprio mondo interno, la maggior parte degli psichiatri a orientamento dinamico ritiene che è un'esperienza di analisi personale sia estremamente preziosa per identificare e comprendere i fenomeni di controtransfert. La familiarità con le proprie risposte tipiche è utile per riuscire a separare i contributi di ciascun membro della coppia. Una forma di controtransfert che frequentemente può passare inosservata è legata ad assunti consci o inconsci che riguardano la razza o l’etnia del paziente. Approcci alla raccolta dell’anamnesi L’aspetto anamnestico del colloquio dovrebbe implicare due obiettivi: una diagnosi descrittiva e una diagnosi dinamica. Per raggiungere tali obiettivi, lo psichiatra deve mantenere uno stile di conversazione flessibile, che oscilli dalla ricerca strutturata di fatti specifici ad un atteggiamento non strutturato di ascolto del flusso e riflusso naturale dei processi di pensiero del paziente. Attraverso le parti strutturate e quelle non strutturate del colloquio anamnestico, l'esaminatore è in grado di fare una valutazione accurata dell’interazione medico paziente. Kernberg ha definito una forma di colloquio psicodinamico, l'intervista strutturale, come movimento sistematico da un inventario di sintomi a una focalizzazione attiva sulle operazioni difensive nel qui e ora della relazione con l'esaminatore. 17 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Inizialmente il clinico deve creare un'atmosfera nella quale il paziente si senta libero di parlare. L'intervistatore otterrà molto di più diventando un partecipante attivo nella relazione, cercando con calore ed empatia di comprendere il punto di vista del paziente. Il clinico può venire a conoscenza di molte cose lasciando che il paziente e parli liberamente per un po', e i commenti iniziali dovrebbero essere finalizzati a facilitare queste verbalizzazioni. Che il materiale prodotto da questo tipo di libere associazioni abbia caratteristiche particolari è confermato dalla ricerca neuroscientifica. Oltre a cogliere dati essenziali sulla storia personale e sullo stato mentale, il clinico può discernere modelli di associazione che possono rivelare nessi inconsci significativi. L'ordine nel quale eventi, ricordi, preoccupazioni e altri temi psicologici vengono verbalizzati raramente è casuale. La mente preferisce l'ordine al caos. Il metodo consiste nel registrare non solo quanto il paziente dice, ma anche il modo nel quale fornisce le informazioni. Si tratta di ciò che il paziente racconta con le sue lamentele, ma anche di cogliere in quale fase del colloquio e in connessione a che cosa egli introduce le proprie idee, lamentele e ricordi riguardo ai propri disturbi somatici ed emotivi. A causa del ruolo centrale che la teoria evolutiva ha nella psichiatria dinamica, un’anamnesi evolutiva deve far parte di una esauriente valutazione diagnostica a orientamento dinamico. Per ottenere queste informazioni, spesso sono necessari colloqui con i genitori o con altri membri della famiglia. Naturalmente, i pazienti non saranno in grado di ricordare alcuni eventi significativi della loro infanzia e negli store c'erano altri. Nonostante i loro ricordi imperfetti degli eventi del passato, i pazienti dovrebbero comunque essere invitati a ripercorrere lo sviluppo della loro infanzia e della loro adolescenza. Un principio fondamentale del colloquio psicodinamico è che il passato si ripete nel presente. Per ottenere la collaborazione del paziente nel processo diagnostico, l'intervistatore può incoraggiare la sua curiosità sui legami esistenti tra avvenimenti passati e sentimenti odierni. Mentre il paziente inizia a collaborare alla ricerca di legami tra il passato e il presente, l'intervistatore dovrebbe notare eventi e periodi particolari che sembrano importanti per il paziente. In maniera analoga, sono altrettanto degne di nota omissioni significative nella storia evolutiva. Dopo le domande poste per facilitare resoconti spontanei sugli attuali disturbi e su temi legati alla storia familiare ed evolutiva, il clinico può riempire i vuoti con domande più specifiche e dirette. Queste possono essere finalizzate ad una diagnosi descrittiva, oppure possono essere dirette ad elaborare una più completa diagnosi dinamica. Il paziente fornisce informazioni, il clinico a orientamento dinamico può iniziare a formulare ipotesi che collegano le relazioni del passato del paziente alle sue relazioni attuali e ai paradigmi nel transfert emergente. I pazienti possono fornire importanti informazioni psicodinamiche riguardo alla loro percezione delle connessioni tra eventi che sintomi. L'intervistatore dovrebbe pensare nei termini di come tematiche del passato vengono evocate da agenti stressanti nel presente. Holmes e Rahe hanno elaborato una scala di valutazione che classifica la gravità dello stress in una serie di diversi eventi della vita. Sebbene tali scale possano aiutare a stabilire stime consensuali sugli effetti di particolari eventi, lo psichiatra a orientamento dinamico deve considerare ciascun paziente come una persona unica e non assumere a priori che un determinato evento abbia un solo significato. L'intervistatore dovrebbe inoltre tenere presente che alcuni agenti stressanti possono operare a livello inconscio, impedendo al paziente di identificare un evento precipitante quando gli viene chiesto di farlo. Una delle funzioni del collo o qui o può essere quella di lavorare insieme per determinare se alcuni agenti stressanti siano stati tralasciati. Esame dello stato mentale Come gli psichiatri descrittivi, gli psichiatri a orientamento dinamico sono interessati ai dati sulla condizione mentale, ma considerano tali informazioni in maniera abbastanza differente. Innanzitutto, preferiscono inserire le domande relative all'esame dello stato mentale all'interno dell'intervista clinica piuttosto che aggiungere alla fine una lista di domande standardizzate. 20 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Attaccamento e mentalizzazione Nel corso del colloquio di valutazione il clinico presta attenzione ai pattern di attaccamento del paziente e tenta di comprendere i suoi modelli operativi interni in base alle 4:00 categorie fondamentali dell'attaccamento adulto. In un contesto puramente clinico lo psichiatra dovrebbe ascoltare il paziente, cercando di identificare i suoi pattern di attaccamento e le modalità con cui le esperienze infantili contribuiscono alle sue relazioni in età adulta. Lo psichiatra può inoltre cercare di capire in che misura eventuali difficoltà nelle relazioni precoci di attaccamento possono aver favorito o ostacolato lo sviluppo della capacità di mentalizzazione. Formulazione psicodinamica I diversi elementi della diagnosi che sono stati elencati sono la base di una formulazione psicodinamica. Questa ipotesi di prova o modello di lavoro illustra come i vari elementi interagiscono nel creare il quadro clinico presentato dal paziente. Una formulazione psicodinamica deve essere inquadrata in un contesto bio-psico-sociale. Tre componenti sono essenziali per una buona formulazione psicodinamica. La formulazione dovrebbe iniziare con una rapida descrizione del quadro clinico e del fattore o dei fattori di stress associati che hanno portato alla ricerca di assistenza. La seconda parte dovrebbe contenere un insieme di ipotesi sulle modalità con cui elementi biologici, intrapsichici e socio culturali contribuiscono a determinare il quadro clinico. Nella terza componente dovrebbe essere brevemente spiegato come ciò che viene descritto nei primi due punti possa influenzare il programma terapeutico e la prognosi. Per costruire una formulazione psicodinamica è necessario considerare alcuni punti chiave. Per prima cosa, i fattori biologici; in Secondo luogo, i fattori socio-culturali. Anche se la formulazione è tesa a spiegare la condizione del paziente, non deve necessariamente spiegare tutto. Dovrebbe succintamente mettere in luce i temi principali, in particolare la loro rilevanza rispetto al programma terapeutico. 21 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Capitolo 4 *Trattamenti in psicoterapia psicodinamica* Psicoterapia individuale Una Buona competenza in psicoterapia individuale è la caratteristica distintiva dello psichiatra a orientamento dinamico. Essendosi sviluppata dalla psicoanalisi, la psichiatria psicodinamica enfatizza le sfumature della relazione di cura lo psicoterapeuta e paziente. Il continuum espressivo-supportivo La terapia che si basa sui principi tecnici della psicoanalisi classica è stata definita in molte differenti maniere: espressiva, dinamica, orientamento psicoanalitico, orientata all’insight, esplorativa o intensiva. Questa forma di trattamento, attesa all'analisi delle difese e all'esplorazione del transfert, è stata tradizionalmente considerata completamente diversa da un'altra entità conosciuta con il nome di psicoterapia supportiva, o di sostegno. Quest'ultima, più orientata a rivivere il conflitto inconscio e a rafforzare le difese, è stata spesso considerata inferiore alla psicoterapia espressiva. Wallerstein ha concluso che tutte le forme di psicoterapia contengono un misto di elementi espressivi e supportivi, e che i cambiamenti ottenuti tramite gli elementi supportivi non sono in alcun modo inferiori a quelli ottenuti mediante gli elementi espressivi. Piuttosto che vedere la psicoterapia espressiva e la psicoterapia supportiva come due distinte modalità di trattamento, dovremmo invece considerare che la psicoterapia si attua in un continuum espressivo-supportivo. La psicoterapia individuale tesa verso questo continuum può essere meglio definita come espressivo-supportivo. Il vero terapeuta a orientamento dinamico oscillerà in maniera flessibile avanti e indietro lungo il continuum espressivo-supportivo, in relazione ai bisogni del paziente nei vari momenti del processo psicoterapeutico. Il concetto di continuum espressivo-supportivo offre una cornice all'interno della quale considerare gli obiettivi, le caratteristiche e le indicazioni per la psicoterapia individuale. Psicoterapia espressivo-supportiva Obiettivi L’insight e la comprensione sono sempre stati considerati gli obiettivi finali della psicoanalisi e della psicoterapia secondo principi psicoanalitici. La stessa relazione terapeutica ha una funzione curativa, indipendentemente dal suo ruolo nel promuovere l’insight. Loewald ha osservato che il processo di cambiamento è promosso nonna semplicemente dalle capacità tecniche dell'analista, ma dal fatto che l'analista si renda disponibile per lo sviluppo di una nuova relazione d'oggetto tra il paziente e l'analista. Anche se la maggior parte degli psicoanalisti persegue obiettivi che coinvolgono l’insight e l'alleanza terapeutica, esistono differenze per quanto riguarda l'aspetto a cui viene data maggiore enfasi. Alcuni si concentrano sulla risoluzione del conflitto attraverso l'interpretazione, mentre altri sottolineano l'importanza di sviluppare l'autenticità o il vero sé. Dal punto di vista delle relazioni oggettuali, un obiettivo della psicoterapia è il miglioramento della qualità delle relazioni, indipendentemente dal fatto che il trattamento sia orientato verso il polo supportivo o verso quello espressivo. Nella psicoterapia orientata secondo la psicologia del Sé, gli obiettivi riguardano il rafforzare la coesione del Sé e aiutare il paziente nella scelta di Oggetti-Sé più maturi. L’obiettivo della psicoterapia nel polo supportivo del continuum è essenzialmente quello di aiutare il paziente ad adattarsi alle frustrazioni e rafforzare le difese per facilitare la capacità adattiva del paziente nel gestire le difficoltà della vita quotidiana. Inoltre, la costruzione dell’Io è un aspetto importante delle psicoterapie di sostegno. 22 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Alcuni obiettivi della psicoterapia psicodinamica Risoluzione del conflitto: secondo la psicologia dell’Io, conflitti e sintomi sono legati a formazioni di compromesso. Lo scopo della terapia dinamica è quello di esplorare la natura dei conflitti inconsci e di risolvere i sintomi che essi producono. I conflitti non vengono completamente eliminati, ma si instaurano formazioni di compromesso più efficaci e adattive. Ricerca della verità: per alcuni terapeuti a orientamento dinamico l’obiettivo del processo terapeutico è la conoscenza di Sé. Guidati dall’antica esortazione “conosci te stesso”, questi terapeuti conducono i loro pazienti su una strada che li porta a guardare coraggiosamente in Sé e a distinguere ciò che sono da ciò che vorrebbero essere. Il risultato della terapia dovrebbe essere un Senso di autenticità, la sensazione di vivere secondo la propria reale natura. Maggiore capacità di cercare Oggetti-Sé appropriati: Kohut sostiene che non superiamo mai il bisogno che gli altri svolgano per noi determinate funzioni, quali rispecchiamento, conferma, validazione e idealizzazione. L’obiettivo della terapia psicodinamica sarebbe quello di aiutare i pazienti che utilizzano Oggetti-Sé in maniera immatura e mal adattiva a usarli in modo più maturo e appropriato. Miglioramento delle relazioni interpersonali: per i terapeuti a orientamento relazionale, l’obiettivo primario della terapia è quello di aiutare il paziente a capire come rappresentazioni interne di Sé e di altri plasmino le sue interazioni interpersonali nel mondo esterno; in parte ciò significa aiutarlo a reintegrare aspetti di Sé che tende a proiettare ripetutamente sugli altri. Il risultato è un miglioramento delle sue relazioni interpersonali. Creazione di significato all’interno del dialogo terapeutico: dall’esplorazione terapeutica emergono nuovi significati. Rispetto al passato è meno probabile che oggi i terapeuti a orientamento dinamico cerchino il significato, inteso come singola interpretazione corretta di eventi o esperienze; piuttosto, i due individui coinvolti lavorano per costruire insieme significati nel corso di un processo psicoterapeutico. Il risultato è una persona con maggiore padronanza di significati che in precedenza rimanevano elusivi e al di fuori della sua consapevolezza. Miglioramento della mentalizzazione: il miglioramento della funzione riflessiva può costituire uno degli obiettivi principali con pazienti in cui lo sviluppo delle capacità mentalizzanti è stato compromesso da esperienze precoci di trauma o trascuratezza. Alla fine della terapia il paziente dovrebbe essere in grado di operare una distinzione tra la rappresentazione interna di una persona e ciò che tale persona è nella realtà esterna. Il paziente dovrebbe inoltre essere capace di avere un Senso del mondo interno degli altri e di riconoscerlo come diverso dal proprio. Una migliora capacità di mentalizzazione permette ai pazienti di comprendere come i loro comportamenti non sono casuali, ma vengono piuttosto generati da sentimenti, credenze, conflitti, motivazioni. Durata La durata della psicoterapia è indipendente dalle sue caratteristiche rispetto al continuum espressivo-supportivo. Terapie altamente sportive o altamente espressive possono essere sia brevi che lunghe. La psicoterapia a lungo termine racchiude tutti quei trattamenti di durata superiore a 6 mesi o 24 settimane. Per la maggior parte le terapie a lungo termine sono processi aperti senza limiti temporali definiti, ma in alcuni casi prevedono un determinato numero di sedute, stabilito fin dall'inizio del trattamento. Frequenza delle sedute La frequenza delle sedute tende a essere strettamente correlata con il continuum espressivo- supportivo. Il tono espressivo del continuum è caratterizzato da un maggior numero di sedute settimanali. Una psicoterapia con obiettivi di sostegno ha invece loro mente una frequenza più che settimanale, e spesso si svolge con una frequenza mensile. La tematica della frequenza è collegata al ruolo del transfert all'interno del processo psicoterapeutico. L'esperienza clinica indica che il transfert si intensifica con l'aumento della frequenza 25 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 ➢ Consigli ed elogi I consigli implicano suggerimenti diretti su come comportarsi, mentre gli elogi rinforzano determinati comportamenti del paziente esprimendo su di essi un’aperta approvazione. Questi commenti sono sul versante opposto del continuum rispetto a tradizionali interventi psicoanalitici, in quanto si distaccano dalla neutralità e in un certo senso compromettono l'autonomia decisionale del paziente. La grande maggioranza dei processi psicoterapeutici contiene, nel corso del trattamento, tutti questi interventi. Una terapia viene comunque classificata come primariamente espressiva o sportiva sulla base del tipo predominante di interventi, ma queste associazioni degli interventi rispetto al continuum non sono ferree. Transfert Freud amava dire che ciò che rendeva psicoanalitico un processo terapeutico era la focalizzazione sul transfert e sulle resistenze. Certamente tutte le forme di psicoterapia dinamica mente orientata pongono molta attenzione al transfert, tuttavia, la maniera specifica nella quale il transfert viene preso in considerazione varia notevolmente, a seconda della dimensione espressivo supportiva. Della psicoanalisi classica e di fondamentale importanza mettere in luce e comprendere il transfert. Gli analisti contemporanei parlano di un insieme o di una serie di transfert, piuttosto che di un transfert. L’interpretazione del transfert è tradizionalmente considerata come un intervento usato nella psicoterapia altamente espressiva per pazienti con l'organizzazione nevrotica è un alto livello di funzionamento; da utilizzare invece con molta cautela nei pazienti più disturbati, perché lì si ritiene troppo fragili per riflettere sulle interazioni nel qui ed ora. Il lavoro sul transfert può essere cruciale nel trattamento dei pazienti che hanno difficoltà a stabilire relazioni durevoli e soddisfacenti. Per questi pazienti creare un'alleanza terapeutica sarà difficile, a meno che non sia possibile esaminare la situazione nel qui e ora con il paziente stesso e comprendere le ansie relative alla formazione dell’alleanza con il terapeuta. Adottando un simile approccio il terapeuta aiuta il paziente a comprendere anche le ansie in relazione con la creazione di relazioni stabili al di fuori del transfert. Un'altra applicazione è che i pazienti con buone relazioni oggettuali possono non richiedere un impegno dell'interpretazione del transfert. Quelli più dotati di risorse e con un'alleanza terapeutica positiva possono trovare le interpretazioni del transfert fastidiose e irritanti; paradossalmente, questo approccio può portare allenamento della resistenza. Tale osservazione potrebbe riflettere il noto principio in base al quale non si dovrebbe interpretare il transfert finché non diventa una resistenza. Il transfert viene oggi considerato come un processo bidimensionale, che coinvolge da un lato una ripetizione di esperienze passate con vecchi oggetti e, dall'altro, una ricerca di un nuovo oggetto o di una nuova esperienza da Oggetto-Sé che sia riparativa e correttiva per il paziente. Inoltre, la nozione di transfert come distorsione è diventata più complessa. Il terapeuta deve evitare un approccio colpevolizzante nell'interpretazione del transfert, poiché può darsi che il paziente stia legittimamente rispondendo a comportamenti o abitudini del terapeuta. Il terapeuta deve sempre impegnarsi in un’attenta autoanalisi per distinguere l'aspetto ripetitivo del transfert, che origina dal mondo intrapsichico del paziente, dai reali contributi che egli stesso fornisce all'interazione. Nelle terapie primariamente destinate a essere di sostegno, il terapeuta è impegnato nel medesimo processo di monitoraggio degli sviluppi del transfert delle risposte di controtransfert. Il transfert viene osservato internamente, ma non viene generalmente verbalizzato ho interpretato al paziente. L'obiettivo terapeutico è quello di evocare un transfert positivo di dipendenza senza analizzarlo. Questo attaccamento transferale costituisce il meccanismo detto della “cura di transfert”, per cui il paziente sarebbe meglio per compiacere è rendere orgoglioso una lista. Sebbene i cambiamenti derivati da questo modello siano stati tradizionalmente considerati inferiori a quelli che emergono dalla risoluzione del conflitto, la ricerca suggerisce che essi sono, di fatto, stabili e durevoli. 26 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Resistenza La resistenza comprende l'emergere delle difese caratterologiche del paziente nella situazione terapeutica. Nelle terapie più espressive, analizzare e comprendere la resistenza è parte fondamentale del lavoro quotidiano del terapeuta. Le resistenze non vengono risolte con le proibizioni o censure: il terapeuta deve invece cercare l'aiuto paziente per comprendere l'origine della resistenza e quindi affrontarla con interpretazione. La resistenza relativa alle tematiche transferali viene detta resistenza di transfert. Alcuni pazienti presentano forme di resistenza in cui l’importanza del terapeuta viene ripetutamente negata. Questo tipo di resistenza comporta interferenze con il lavoro terapeutico che derivano da percezioni transferali. Per esempio, un paziente può non Sentirsi in grado di parlare di fantasie masturbatorie in quanto è convinto che il terapeuta disapprovi la masturbazione. Nel linguaggio della teoria delle relazioni oggettuali, una resistenza di transfert può essere intesa come la tendenza inconscia del paziente ad aggrapparsi tenacemente ad una particolare relazione oggettuale interna. Ciò può manifestarsi come un’impasse terapeutica nella quale il paziente si rapporta ripetutamente al terapeuta come se questi fosse qualcun altro. Per i pazienti con un’organizzazione narcisistica di personalità, l’apparente assenza di transfert costituisce il transfert. Questi individui possono avere difficoltà nell’instaurare connessioni significative con gli altri, e tali problemi nel campo delle relazioni oggettuali emergono anche all’interno della terapia. L’idea di dipendere da altri può essere per loro intollerabile. Di conseguenza, con simili pazienti il terapeuta può decidere che l’unico lavoro terapeutico possibile è di natura extratransferale; l’insistenza con cui viene negata l’importanza del terapeuta viene così riconosciuta come un meccanismo essenziale, attraverso il quale il Sé del paziente narcisista cerca di proteggersi. In altri casi, il terapeuta può interpretare la resistenza alla consapevolezza del transfert e aiutare il paziente a superare l’ansia correlata alla dipendenza. Bisogna però essere cauti; con pazienti del genere è di solito preferibile procedere lentamente, aspettando la comparsa di segni inequivocabili di sentimenti di transfert, che possono emergere, per esempio, da sogni o da commenti estemporanei all’inizio o alla fine della seduta. Spesso le brevi frasi che il paziente pronuncia dopo essersi alzato e subito prima di uscire dalla stanza sono particolarmente ricche di contenuti transferali. Il paziente fa questi commenti al momento di andarsene perché vuole tenerli fuori dalla terapia; più precisamente, è ambivalente rispetto all’idea di comunicare questi contenuti durante la seduta, e trasmetterli mentre prende congedo rappresenta un compromesso accettabile. Friedman ha notato che il vero significato di resistenza è che i sentimenti associati alla resistenza possono spingere il paziente a un'azione non riflessiva invece che a un’osservazione riflessiva. Ciò che resiste è un particolare atteggiamento mentale, un'attivazione concia simultanea di desideri repressi e una fredda osservazione del loro significato, così che essi sono vissuti sia come desideri che come caratteristiche oggettive del Sé conflittuale. Rielaborazione Le interpretazioni del terapeuta vengono respinte dalle forze della resistenza e richiedono frequenti ripetizioni da parte del terapeuta in diversi contesti. Questo ripetuto interpretare il transfer trailer resistenze fino a quando l’insight sia pienamente integrato nella consapevolezza conscia del paziente è noto come rielaborazione. Il triangolo dell’insight è un utile modello concettuale per il processo di rielaborazione. Nel corso della terapia, il terapeuta nota determinati pattern delle relazioni interpersonali del paziente, e quindi ricollega a parte di transfert e ad atteggiamenti relazionali con i familiari. Alla fine, il paziente rende consci tali legami inconsci. Questi pattern possono essere identificati e correlati ai tre lati del triangolo durante l'intero corso della terapia e devono essere indicati dal paziente ogni volta che emergono. Il medesimo modello può essere esposto in maniera diversa nei termini della teoria delle relazioni oggettuali. Una costellazione ricorrente sé-oggetto-affetto appare nel transfert, nelle relazioni extra transferali del presidente e dei ricordi relazionali del passato. Per la psicologia del Sé, il 27 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 pattern può essere l'aspettativa di rispecchiarsi oppure il bisogno di idealizzare gli altri. In ogni caso, tutte le scuole di pensiero ritengono che rivivere questi pattern relazionali centrali nel transfert sia di importanza cruciale per un esito positivo per il trattamento. Questo processo di rielaborazione viene applicato quasi esclusivamente in terapie con una significativa componente espressiva, mentre viene raramente utilizzato per caratterizzare processi primariamente supportivi. Uso dei sogni In psicoanalisi e nelle forme di terapia espressive, l'interpretazione dei sogni è considerata la via regia dell'inconscio. Le associazioni del paziente riferite agli elementi del sogno vengono utilizzate per comprendere il contenuto latente o nascosto che si cela dietro il contenuto manifesto è evidente. I simboli possono venire interpretati per aiutare il paziente a comprendere meglio le tematiche inconsce del sogno. Nelle psicoterapie situate sul versante supportivo, il terapeuta ascolta attentamente il sogno del paziente e riflette sul sogno come farebbe un terapeuta a orientamento espressivo, ma si limita a interpretazioni che aiutano il paziente a mettere in relazione il sogno con atteggiamenti e sentimenti consci verso l’analista, inteso come persona reale, e con altre situazioni concrete della sua vita. Le libere associazioni sul sogno non vengono incoraggiate in quanto potrebbero portare a un'ulteriore regressione. A metà tra il polo espressivo è quello sportivo vi è spazio per un’interpretazione dei sogni selettiva, nella quale il terapeuta collega il sogno tematiche consce o inconsce in un settore limitato della vita psicologica del paziente. Il focus è più sulla superficie psicologica che sulle profondità dell'inconscio ed è orientato agli obiettivi specifici della terapia. Un principio fondamentale in terapia psicodinamica è che per comprendere un sogno sono necessarie le associazioni sul sogno che vengono poi fatte dal paziente. Il terapeuta dovrebbe evitare di assumere un atteggiamento onnisciente, spiegando quello che un sogno significa senza prima prestare attenzione ai pensieri che il paziente esprime riguardo al sogno. A volte il contenuto manifesto rimanda in maniera talmente ovvia a una questione centrale nella vita del paziente che le associazioni possono sembrare superflue; tuttavia, anche in questi casi è consigliabile posporre l’interpretazione del sogno finché il paziente non ne ha commentato i contenuti. Spesso le associazioni del paziente aprono prospettive inattese. I pazienti possono considerare il terapeuta come un mago indovino capace di vedere il vero significato del sogno senza il loro aiuto; altri possono affermare di non avere alcuna associazione da fare, mentre guardano fiduciosi il terapeuta attendendosi da lui una spiegazione precisa ed esauriente. In situazioni del genere, il terapeuta può ricordare al paziente che la terapia è un processo collaborativo, e che l’interpretazione del sogno richiede la partecipazione del paziente. Pazienti molto competitivi possono invece cercare di spiazzare il terapeuta fornendo direttamente, anziché associazioni, un’interpretazione del sogno; possono spiegare in modo ordinato e razionale che cosa secondo loro significa ogni simbolo, per evitare di abbassare le difese e di lasciare che la loro mente vaghi nel terreno delle libere associazioni. Alleanza terapeutica Freud era consapevole del fatto che in genere i pazienti non sono in grado di usare la comprensione dell'interpretazione se prima non si è stabilito un rapporto adeguato. L'alleanza di lavoro è il rapporto relativamente non conflittuale e razionale che si instaura tra paziente e analista. Tale alleanza comporta la capacità del paziente di collaborare in maniera produttiva con il terapeuta, in quanto quest'ultimo è percepito come un professionista che ha il compito è l'intenzione di aiutarlo. Il tipo di relazione che un paziente a con i suoi genitori tende ad essere un indice predittivo della natura dell'alleanza che il paziente svilupperà con il terapeuta. 30 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Nel valutare l’eventuale presenza delle condizioni per una conclusione della terapia, bisogna verificare se il paziente ha interiorizzato in maniera sufficiente il processo terapeutico, tanto da essere in grado di continuare a utilizzare autonomamente le modalità di riflessione e di elaborazione usate con il terapeuta nel corso del trattamento. Con questo processo di valutazione possono interferire diverse tematiche controtransferali. I terapeuti meno esperti tendono a idealizzare la psicoterapia e ad avere aspettative eccessive e perfezionistiche rispetto agli effetti del cambiamento strutturale che non sono del tutto realistiche; il funzionamento esterno del paziente nel suo ambiente di vita deve essere considerato come indice del successo di una terapia, indipendentemente dall’entità dei cambiamenti interni. Un terapeuta può commettere l’errore di non avviare un processo di conclusione del trattamento semplicemente perché le sue ambizioni rispetto a un dato paziente sono superiori a quelle del paziente stesso. Nella decisione di concludere una psicoterapia possono entrare in gioco anche sentimenti controtransferali negativi: alcuni pazienti possono suscitare nel terapeuta reazioni di noia, disprezzo, odio, rabbia; il terapeuta può quindi provare un forte senso di sollievo quando pazienti di questo tipo manifestano il desiderio di concludere il trattamento. A volte, pur di liberarsi di un determinato paziente, un terapeuta può addirittura evitare di analizzare e mettere in discussione l’opportunità di una fine della terapia. Nelle terapie a tempo determinato, il processo di conclusione incomincia in un certo senso con le prime fasi del trattamento: quando esiste una scadenza già definita, i pazienti dovrebbero essere informati fin dall’inizio. In situazioni del genere alcuni pazienti reagiscono meglio se viene richiesta la loro collaborazione nell’eventuale processo di passaggio a un altro terapeuta; al paziente può essere chiesto se ha preferenze rispetto al Sesso del nuovo terapeuta, oppure è possibile organizzare degli incontri a tre con il nuovo terapeuta per introdurre le tematiche affrontate. Un approccio di questo tipo può aiutare il paziente a non Sentirsi completamente passivo in quella che percepisce come un’esperienza di abbandono. Il paziente deve in ogni caso superare il lutto per la perdita della fantasia di un terapeuta sempre disponibile e affrontare la realtà che tutte le relazioni interpersonali sono destinate prima o poi a finire. Molti pazienti turbati dalla prospettiva di una fine della terapia trovano difficile parlare con il terapeuta di ciò che provano. Spesso i loro timori emergono in vari tipi di comportamenti sintomatici, che non devono essere semplicemente gestiti, ma vanno esaminati come reazioni nel contesto del processo di conclusione del trattamento. A volte i pazienti si presentano all’ultima seduta con un regalo, che in genere il terapeuta può accettare ringraziando, ma se l’entità o la natura personale del regalo lo lasciano perplesso il terapeuta può decidere di rifiutarlo e discutere con il paziente delle sue reazioni di fronte a tale rifiuto. Altri pazienti possono invece sentire l’impulso di abbracciare il terapeuta al termine della seduta; anche in questo caso, il terapeuta deve considerare il fatto che se si sottrae all’abbraccio non ha la possibilità di analizzare in Séguito tale episodio. Molti terapeuti ricambiano semplicemente l’abbraccio e augurano al paziente buona fortuna. Il paziente deve comunque sapere che “la porta è sempre aperta”; l’ipotesi di contatti successivi va invece scoraggiata quando subentra un nuovo terapeuta. A volte il terapeuta si sente costretto a fissare arbitrariamente un termine perché risulta chiaro che il paziente non stia utilizzando la terapia in modo produttivo. Alcuni pazienti sono privi di motivazioni e non fanno alcuno sforzo per raggiungere gli obiettivi, ma si limitano a usare il terapeuta come un confidente o un ascoltatore passivo. Se il paziente non è interessato a esplorare i motivi inconsci e a modificare i pattern mal adattivi, probabilmente non vale la pena di sprecare tempo e denaro nella terapia. Definire una scadenza precisa può essere un modo per portare l’attenzione del paziente su quanto resta da fare e su ciò che ostacola il processo di conclusione della terapia. Esistono inoltre casi in cui l’intensità del controtransfert è tale da compromettere in maniera significativa le capacità professionali del terapeuta; in situazioni del genere l’unica opzione ragionevole può essere quella di indirizzare il paziente a un altro terapeuta. 31 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Il terapeuta può scegliere di mettere fine al trattamento anche quando i pazienti non rispettano gli appuntamenti fissati. Se un paziente non si presenta per una seduta senza avvisare o chiamare in Séguito, molti terapeuti prima di prendere qualsiasi tipo di provvedimento aspettano di vedere cosa succede in occasione dell’appuntamento successivo. Se i pazienti forniscono spiegazioni valide e plausibili, il terapeuta può decidere di soprassedere; se invece non rispondono alle telefonate o le assenze ingiustificate continuano, può inviare una lettera in cui comunica la sua decisione di interrompere la terapia e in cui fa una nota scritta che comprende una lista dei terapeuti o dei servizi a cui il paziente può rivolgersi nel caso in cui ne sentisse la necessità. Indicazioni per un’enfasi espressiva o supportiva in terapia In letteratura vi è qualche indicazione secondo la quale i pazienti più sani trarrebbero dalla psicoterapia maggiori benefici dei pazienti più gravemente disturbati. Sono risultati predittivi di un buon esito sia la relazione positiva nelle fasi iniziali della terapia, sia una congruenza tra tema conflittuale relazionale centrale e contenuto delle interpretazioni. La forza dell'alleanza terapeutica nelle prime due sedute può essere indice predittivo più affidabile dell’esito finale. Questa variabile è tuttavia notevolmente influenzata dalla natura della relazione paziente terapeuta. Alcune caratteristiche del paziente possono aiutare i terapeuti a decidere se sia più indicato un focus essenzialmente espressivo o essenzialmente sportivo. Le indicazioni per una modalità altamente espressiva, come la psicoanalisi, includono una forte motivazione alla comprensione di Sé, un significativo grado di sofferenza, che interferisce con le attività del paziente al punto da diventare un incentivo ad affrontare le difficoltà del trattamento, la capacità non solo di regredire e abbandonare il controllo di sentimenti e pensieri, anche di riprendere prontamente il controllo e di riflettere su tale regressione, una buona tolleranza della frustrazione, la capacità di insight, relazioni oggettuali significative e durevoli, un controllo degli impulsi ragionevolmente buono, la capacità di mantenere un lavoro. Due indicazioni generali per una terapia supportiva sono invece una debolezza cronica del tiglio, oppure la presenza di regressione e carenze in una persona sana che sta attraversando una grave crisi di vita. Sebbene queste indicazioni siano focalizzate sui due estremi del continuum espressivo- supportivo, la maggior parte dei pazienti si presenterà con un insieme di indicazioni, alcune delle quali farebbero propendere verso il polo espressivo, mentre altre verso il polo sportivo. Il terapeuta deve continuamente valutare come, e quando, essere supportivo oppure espressivo via via che il processo procede. Scheidt e collaboratori hanno riscontrato che nella pratica privata della psicoterapia psicodinamica la diagnosi psichiatrica e la gravità dei sintomi hanno un ruolo limitato nella decisione di accettare un paziente in trattamento. I fattori che contribuiscono in misura maggiore a determinare quali individui riceveranno una terapia dinamica sono invece la motivazione del paziente è la risposta emozionale del terapeuta nei suoi confronti. Psicoterapia breve Una metanalisi di 26 studi ha riscontrato che al follow-up la terapia dinamica a breve termine si rivela altrettanto efficace di altre terapie. Abbass e collaboratori hanno pubblicato uno studio controllato e randomizzato condotto su 27 pazienti con disturbi di personalità assegnati in maniera casuale a ricevere una psicoterapia psicodinamica a breve termine o a far parte di un gruppo di controllo con contatti minimi e trattamento posticipato. La durata della terapia fu in media di 27 sedute e la sua conclusione era stabilita insieme da terapeuta e paziente. Gli autori hanno riportato che, rispetto ai soggetti di controllo, i pazienti trattati presentavano miglioramento significativamente maggiori per tutti gli esiti primari considerati, con punteggi che si collocavano nel range della normalità in misure di valutazione dei sintomi e dei problemi interpersonali. 32 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Indicazioni e controindicazioni Le indicazioni per una psicoterapia dinamica breve di lettura espressiva sono sovrapponibili a quelle associate alla psicoterapia espressiva al loro paese. Le controindicazioni comprendono i medesimi fattori che sconsigliano una psicoterapia espressiva a lungo termine, ma includono anche caratteristiche che non necessariamente controindicano un trattamento di lunga durata. Se il paziente non è in grado di circoscrivere il problema a un tema dinamico focale, la psicoterapia breve è controindicata. Numero di sedute Autori differenti raccomandano modi differenti di gestire i limiti temporali di una terapia breve. Mann ha insistito su un limite fissato a 12 sedute. Davanloo ha indicato una media di 15-25 sedute, mentre Sifneos indica una media di 12-16 sedute. Processo terapeutico Anche se le tecniche alla terapia a lungo termine sono largamente applicabili ai trattamenti beh, la differenza più eclatante è che questi sono decisamente accelerati. I terapeuti devono formulare la loro ipotesi centrale molto rapidamente, e procedere con l'interpretazione delle resistenze più precocemente e aggressivamente. I vari autori differiscono tra loro per quanto riguarda il grado di confrontazione nell'affrontare le resistenze, ma concordano nel riconoscere che l'intensità del processo provoca angoscia. Book ha adattato il tema relazionale conflittuale centrale al processo della psicoterapia dinamica breve. Egli ha sottolineato che durante la fase di valutazione, il più presto possibile, i terapeuti dovrebbero identificare nel paziente tre componenti: un desiderio, una risposta da parte dell'altro è una risposta da parte del Sé. Il paziente riferirà situazioni che descrivono i bisogni relazionali in cui queste tre componenti diventano presto evidenti. L'obiettivo della psicoterapia dinamica a breve termine all'interno di questa formulazione è quello di aiutare il paziente a realizzare il suo desiderio attraverso il controllo della paura della risposta dell'altro. Questo controllo può essere raggiunto concettualizzato una risposta tenuta come una forma di distorsione transferale. Psicoterapia breve di sostegno L’indicazione primaria per una psicoterapia breve di sostegno e che il paziente sia una persona relativamente sala che sta attraversando una specifica crisi di vita. Le tecniche sono simili a quelle utilizzate per la psicoterapia supportiva a lungo termine. La scelta tra psicoterapia breve e a lungo termine Decidere sempre scrivere a un paziente una psicoterapia breve o a lungo termine può essere difficile. Chiaramente, la presenza o l'assenza di un tema focale ha un'importanza considerevole. Se il problema lamentato dal paziente è sufficientemente circoscritto, la scelta di una psicoterapia breve può comportare per il paziente una minore spesa e un minore impegno. Il fatto di stabilire fin dall'inizio una data specifica per la terapia dimezza il tasso di interruzione rispetto a quello registrato per pazienti senza un termine venne definito. Complicati problemi caratteriali possono però interferire con l'effettiva possibilità per il paziente di trarre un beneficio da un approccio a presa rapida. C’è sempre il rischio che i terapeuti prescrivono ciò di cui ritengono il paziente abbia bisogno, invece di quello che il paziente vuole. Il paziente deve chiaramente essere un collaboratore nel decidere il tipo di trattamento. 35 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Transfert, controtransfert, resistenza e alleanza di gruppo Il transfert, il controtransfert e la resistenza sono pietre miliari della psicoterapia dinamica di gruppo. Innanzitutto, l'intensità del transfert dei pazienti può essere diluita dallo spostamento su altri componenti del gruppo. La psicoterapia di gruppo consente la formazione contemporanea di molteplici transfert. Il terapeuta ha a disposizione un laboratorio all'interno del quale le relazioni oggettuali interne dei pazienti si manifestano in modo da essere visibile a tutti, attraverso l’esteriorizzazione delle relazioni con i singoli membri del gruppo. Il setting di gruppo può consentire al terapeuta di acquisire una maggiore familiarità con le relazioni oggettuali interne dei pazienti in tempi molto più brevi. Il transfert e poi intensificarsi quando l'intero gruppo viene travolto da potenti sentimenti di valenza sia positiva che negativa. I terapeuti, che fungono da contenitori per tutte le proiezioni degli oggetti cattivi presenti nei membri del gruppo, si renderanno immediatamente conto di come anche il controtransfert possa essere più intenso che in un setting individuale. Vi è un’insita protezione contro la gira e controtransferale avverso, perché i pazienti di un gruppo colgono immediatamente comportamenti inappropriati o errate percezioni del terapeuta. Per diluire il transfert e il controtransfert, alcuni terapeuti preferiscono lavorare nelle psicoterapie di gruppo con un co- terapeuta. Avere un partner aiuta il terapeuta ad elaborare gli intensi sentimenti suscitati dal gruppo. Oltre transfert verso il terapeuta e verso gli altri membri del gruppo, vi è anche una specie di gruppo nel suo insieme. Il gruppo come entità totale viene spesso visto come una madre idealizzata è completamente gratificante, in grado di soddisfare il desiderio del paziente di ricongiungersi con una figura incondizionatamente amorevole. Scheidlinger ha definito questo fenomeno “gruppo-madre”. Quando questa forma di transfert si manifesta pienamente, il terapeuta può essere visto come una figura materna tenuta, il contrasto con la benevolenza incondizionata del gruppo nel suo insieme. Secondo altri autori, il transfert idealizzato verso il gruppo può essere considerato un meccanismo difensivo che evita di vedere il gruppo (madre) come e sadico. Nel trattamento di gruppo la presenza di un'alleanza di gruppo può essere predittiva di un esito favorevole. I pazienti in terapia di gruppo tendono in effetti ad attribuire un'importanza maggiore a fattori relativi al clima relazionale. Per alleanza del gruppo si intende in genere il rapporto di collaborazione attiva per il raggiungimento degli obiettivi terapeutici che i pazienti instaurano con il terapeuta, con gli altri membri del gruppo e con il gruppo inteso come un tutto. La rielaborazione del transfert e della resistenza costituisce il nucleo del compito del terapeuta orientamento dinamico. La rielaborazione è la caratteristica chiave che distingue la terapia di gruppo psicoanalitica dalle altre forme di trattamento di gruppo. Viene posto in rilievo soprattutto la rielaborazione delle angosce primitive a carattere psicotico e dei meccanismi di difesa ad essi associati. Le forze regressive che vengono attivate dall'esperienza di gruppo mettono il paziente in contatto con l'angoscia derivante dalla posizione schizoparanoide e depressiva assai più rapidamente e profondamente di quanto non avvenga nella terapia individuale. Anche la rielaborazione del transfert viene facilitata dal contributo degli altri membri del gruppo. Un paziente può cercare di convalidare un'impressione personale del terapeuta verificandola con gli altri pazienti. Quando i partecipanti confrontano le disposizioni inerenti la percezione transferale, il paziente può essere disposto ad ascoltare ed accettare i feedback più di quando questo viene fornito dal terapeuta. Indicazioni e controindicazioni Alcune delle indicazioni per la psicoterapia individuale espressivo-supportiva valgono anche per la psicoterapia dinamica di gruppo. Queste comprendono una forte motivazione, una mentalità psicologica, un livello di forza dell'io ragionevolmente alto, un disagio tale da rendere il paziente disposto a tollerare le frustrazioni inerenti al processo terapeutico, problemi nelle relazioni interpersonali. 36 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Vi sono diversi generi di problemi che possono essere affrontati più efficacemente in un setting gruppale piuttosto che in una terapia individuale. Per un paziente fortemente ansioso rispetto alle figure dotate di autorità può essere più semplice parlare e relazionarsi con dei compagni. Un paziente il cui problema principale sembra essere sorto da conflitti con i fratelli può trovare che un setting di gruppo riattivi il problema in una maniera che ne rende più facile l'esame e la risoluzione. Quasi sempre questi pazienti necessitano tuttavia anche di una psicoterapia individuale. Quando le due modalità sono associate vi sono degli effetti di potenziamento e di amplificazione sia per la terapia individuale che per quella di gruppo. Gli effetti di potenziamento della terapia individuale includono una profonda esplorazione intrapsichica è una esperienza emozionale correttiva duale. Gli effetti di potenziamento della terapia di gruppo sono l'esposizione di transfert multipli e l'offerta di un setting in cui il paziente possa usare nuovi comportamenti. Uno degli effetti di amplificazione della terapia individuale e quello di fornire opportunità di esplorazione del materiale derivato dalle sedute di gruppo, che può prevenire un abbandono prematuro del gruppo. Un effetto di amplificazione della terapia di gruppo è quello di avere un ulteriore possibilità di analizzare le resistenze di transfert delle sedute individuali. La terapia di gruppo è generalmente efficace per i pazienti con disturbi di personalità, in quanto il setting di gruppo può essere l'unico luogo nel quale questi pazienti ricevono un feedback sugli effetti che loro pattern caratteriali hanno sugli altri. La psicopatologia riscontrata nei pazienti con disturbo di personalità comprende in genere tratti caratteriali egosintonici. Il feedback da parte dei compagni nella psicoterapia di gruppo spesso aiuta questi pazienti a riflettere sui loro modelli di comportamento facendoli alla fine diventare egodistonici, il che è il primo passo verso l'acquisizione di una sufficiente motivazione a cambiare. Un’ovvia differenza tra psicoterapia individuale psicoterapia di gruppo è che il terapeuta di gruppo deve sempre valutare le caratteristiche di un eventuale paziente rispetto alla composizione del gruppo. Un paziente borderline può essere abbastanza tollerabile in un gruppo di pazienti con un alto livello di forza dell'io, ma due potrebbero sopraffare il gruppo con sproporzionate richieste di attenzione e actingout distruttivi. In maniera analoga, nel decidere l'assegnazione a un determinato gruppo devono essere attentamente ponderati fattori come età e genere. Per alcune sintomatologia clinica la psicoterapia dinamica di gruppo viene consensualmente considerata controindicata. Queste caratteristiche comprendono una scarsa motivazione, una disorganizzazione psicotica, una dipendenza da sostanze, un disturbo antisociale di personalità, gravi somatizzazioni, disfunzioni cognitive su base organica, grave rischio di suicidio. I pazienti con dipendenza da sostanze e quelli con tratti antisociali possono, tuttavia, essere trattati efficacemente i gruppi omogenei basati sulla confrontazione. Alcuni pazienti possono essere controindicati per un dato gruppo a causa della sua particolare composizione, ma possono essere invece adatti ad altri. I terapeuti spesso sottovalutano il numero dei pazienti che peggiorano durante una terapia di gruppo e non sono in grado di predire con accuratezza in che modo la relazione di gruppo verrà percepita dai pazienti. Terapia della famiglia e della coppia Il focus dei primi terapeuti della famiglia sulla psicologia dell'individuo venne radicalmente modificato negli anni 50 e 60 da un gruppo di ricercatori di Palo Alto punto la terapia familiare sistemica è nata dal lavoro di questo gruppo, esposto l'accento dall'individuo al sistema familiare. La psicopatologia individuale e l'anamnesi personale divennero entrambe secondaria rispetto alla famiglia come unità, vista come un sistema con vita propria. La terapia della famiglia di Bowen trova le sue radici nella teoria psicoanalitica, ma la tecnica che si è sviluppata dalle teorie di Bowen è ampiamente non dinamica. In questa forma di trattamento, un singolo membro della famiglia si incontra sporadicamente con il terapeuta per studiare attentamente i modelli intergenerazionali nella famiglia del paziente. Il paziente viene aiutato a comprendere come gli attuali schemi relazionali nella famiglia siano ripetizioni di pattern delle passate generazioni. L'approccio è strettamente cognitivo, è il paziente non viene incoraggiato ad esprimere i propri sentimenti. Le tematiche transferali non vengono giudicate importanti e non vengono 37 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 interpretate. Al contrario, una volta che i pazienti abbiano acquisito una comprensione intellettuale degli schemi della loro famiglia, vengono sollecitati a verbalizzare le tematiche non risolte direttamente con i familiari interessati. Fenomeni derivati dal pensiero psicoanalitico, come transfert e controtransfert, sono riconosciuti in diversi modelli di terapia della famiglia e della coppia. Nella terapia della coppia processi di trasporto si possono verificare tra i due partner, e non solo tra paziente e terapeuta. Un intenso trasporto nei confronti del terapeuta può inoltre essere sviluppato dalla coppia o dalla famiglia nel suo insieme. Come nella terapia di gruppo, il terapeuta può a sua volta avere processi di controtransfert verso la coppia o l'intera famiglia, invece che nei confronti dei suoi singoli membri. Oggi le terapie psicodinamiche della coppia e della famiglia si basano sulla teoria delle relazioni oggettuali, o su prospettive in cui si integrano teoria delle relazioni oggettuali, psicologia del sé e teoria intersoggettiva. Basi teoriche Alcune coppie relativamente sane funzionano nel loro matrimonio a un livello primitivo di relazioni oggettuali. In queste coppie si tende a vedere il coniuge come se fosse qualcun altro. Tipicamente, il marito percepisce la moglie come se fosse una rappresentazione oggettuale interna della sua psiche, spesso la propria madre. In maniera analoga, la moglie si pone in relazione con il marito come se questi fosse semplicemente una proiezione del suo mondo interno. Una delle fonti principali di discordia tra i coniugi e il fallimento di ciascun partner nel confermare la vera natura o identità dell'altro. I partner tendono a forzare l'altro a comportarsi in modo altamente stereotipati e limitanti. Le coppie tendono a deteriorarsi in unità polarizzate, come sadico-masochista, dominatore- sottomesso, sano-malato e indipendente-dipendente. Ciascuna di queste metà polarizzate forma una personalità intera nella diade coniugale, ma ognuno dei due considerato individualmente è incompleto. Mentre Bion stava osservando come i gruppi esercitano una forza regressiva sugli individui, Dicks stava scoprendo un analogo effetto regressivo del matrimonio. Il matrimonio sembrava far regredire velocemente verso relazioni di tipo genitore-bambino anche persone con una notevole forza dell'io. Quello che Dicks aveva identificato era una forma di transfer tu. I coniugi rimettevano in atto nel presente una relazione del passato. Nel linguaggio della teoria delle relazioni oggettuali, i partner utilizzavano i meccanismi della scissione e dell'identificazione proiettiva per rendere esterno, o coniugale, un conflitto interno, nel quale una rappresentazione oggettuale, solitamente un genitore, veniva scissa e proiettata del coniuge. Il partner che proiettava si comportava poi in maniera tale da costringere l'altro a comportarsi come l'oggetto interno proiettato. I conflitti di coppia possono essere visti come la ricreazione, attraverso l'identificazione proiettiva, di conflitti con uno dei genitori. La scelta di un compagno è ovviamente influenzata in grande misura da questo tipo di processo. Dicks riteneva che tali scelte fossero ampiamente basate su segnali o indizi inconsci in virtù dei quali partner riconoscono in una persona più o meno egosintonica l'idoneità dell'altro per una comune rielaborazione ho ripetizione delle scissioni non risolte e dei conflitti all'interno di ciascuna personalità, mentre si sentono lo stesso tempo sicuri che con quella persona tali scissioni o conflitti non verranno elaborati. Le coppie vengono pertanto formate sulla base di desideri conflittuali, da un lato, di elaborare le relazioni oggettuali non risolte, e dall'altro, semplicemente di ripeterlo. Diversi autori hanno esteso all’intera famiglia questa comprensione dei conflitti di coppia basata sulla teoria delle relazioni oggettuali. Questi autori hanno notato che un paziente è spesso il portatore o il contenitore delle parti scisse inaccettabili di altri componenti della famiglia. In tal modo, l'equilibrio familiare viene mantenuto da questa sistemazione della scissione e dell'identificazione proiettiva. La teoria delle relazioni oggettuali si presta bene alla terapia della famiglia in quanto i suoi costrutti offrono un ponte di passaggio dall’intrapsichico all’interpersonale e dall’individuo alla famiglia. 40 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 41 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Capitolo 6 *Trattamenti in psicoterapia psicodinamica* Setting multiprofessionali La gestione di molti pazienti può diventare notevolmente più efficace se si utilizza un approccio psicodinamico al trattamento ospedaliero. Indipendentemente dal fatto che una terapia sia portata avanti durante un breve ricovero o nel corso di un trattamento più prolungato, a un setting multiprofessionale sono associati vantaggi e difficoltà particolari. Principi psicodinamici nel trattamento ospedaliero attuale Una valutazione psicodinamica può portare il clinico a ritenere che siano consigliabili interventi interpretativi e rivelatori di materiale inconscio. Le teorie psicoanalitiche sullo sviluppo sono utili per delineare i programmi terapeutici dei pazienti ricoverati. Un’equipe ospedaliera psicoanaliticamente orientata si rende conto che la maggior parte dei pazienti ha un blocco evolutivo. La conoscenza della teoria psicoanalitica consente all'equipe di rispondere a un livello evolutivo appropriato. Questa prospettiva aiuta a evitare i pericoli della depersonificazione. La teoria psicoanalitica offre modelli di intervento adeguati ai bisogni relativi alla fase evolutiva del paziente. I limiti inerenti alla struttura ospedaliera non vengono considerati come punizione per comportamenti immaturi e irritanti, ma come sostituti esterni di strutture intrapsichiche carenti. In modo analogo, i membri dello staff devono adempiere in modo ausiliario funzioni dell'io, come l'esame di in realtà, il controllo degli impulsi, l'anticipazione delle conseguenze e una differenziazione tra il sé e l’oggetto. Secondo la prospettiva della teoria dell'attaccamento, lo staff fornisce una base sicura per il paziente. Aspetti intensi sono contenuti finché i pazienti non sono in grado di modular lì da soli. I membri dello staff promuovono l'attaccamento ascoltando le vicende personali dei pazienti cercando di comprendere le loro prospettive. I pazienti tendono a ripetere nell'ambiente ospedaliero le loro dinamiche relazionali familiari. Più precisamente, esteriorizzano le loro relazioni oggettuali interne. La riproduzione delle relazioni oggettuali interne del paziente nel campo interpersonale del reparto può essere compresa meglio attraverso un esame dei meccanismi di difesa della scissione e dell'identificazione proiettiva. Si tratta di meccanismi che vengono in parte attivati dalle dinamiche di gruppo inerenti il lavoro di reparto. La scissione e l'identificazione proiettiva agiscono di concerto per disconoscere le rappresentazioni del sé e dell'oggetto, spesso associate con specifici stati affettivi. Questo disconoscimento proiettivo è anche un modo per costringere le persone presenti in quel contesto a partecipare a una versione esteriorizzata di una relazione oggettuale interna. L’identificazione proiettiva opera inconsciamente, automaticamente e con forza irresistibile. I clinici si sentono tiranneggiati ho costretti ad accondiscendere al ruolo che è stato loro attribuito proiettivamente. I sentimenti, le fantasie, le identificazioni e gli introietti all'interno dei pazienti hanno le loro controparti nei terapeuti. Poiché queste controparti possono essere represse più fortemente nei membri dello staff, quando vengono attivate da un paziente spesso sono vissute come forze estranee che travolgono il terapeuta. Gran parte dell'intenso controtransfert vissuto dai membri dello staff coinvolti nel trattamento ospedaliero può essere compresa come un derivato delle identificazioni inconsce con gli aspetti proiettati del mondo interno del paziente. I clinici manifestano anche reazioni emozionali in accordo con la classica forma di controtransfert, secondo la quale i terapeuti reagiscono ai pazienti come se questi fossero figure del nuovo passato. Si possono identificare almeno quattro forze differenti che contribuiscono alla ripetizione di relazioni oggettuali interne. 42 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Confronto attivo con traumi vissuti passivamente Nel riproporre all'interno del setting ospedaliero modalità relazionali interiorizzate, i pazienti possono tentare di confrontarsi attivamente con traumi vissuti in maniera passiva. Attraverso la riattivazione di relazioni problematiche, i pazienti possono acquisire una sensazione di padronanza su relazioni traumatiche del passato perché ora sono loro ad avere il controllo della situazione. Mantenimento dei legami di attaccamento Sono anche ristabilite con i terapeuti unità relazionali oggettuali, in quanto la nuova relazione funge da strumento per mantenere i legami di attaccamento con le figure chiave più importanti dell'infanzia, soprattutto per i genitori. Anche relazioni cattive e tormentate possono essere fonte di conforto, nel senso che sono prevedibili e affidabili, e forniscono al paziente un senso di continuità significato. L'alternativa è un profondo senso di abbandono associato ad ansia di separazione. Richiesta di aiuto È riduttivo considerare l'identificazione proiettiva solo come un meccanismo di difesa. Si tratta anche di una forma di comunicazione. Angosce primitive agiscono in modo tale da obbligare i pazienti a sbarazzarsi di stati affettivi intollerabili, come le rappresentazioni del sé e dell'oggetto a esso associate. Un certo sollievo viene raggiunto, allorché il terapeuta è costretto a vivere sulla propria pelle il contenuto proiettato che sta aumentando il paziente. L'identificazione proiettiva può avere l'obiettivo di liberare il soggetto da sentimenti che lo tormentano e di esteriorizzarli in un contesto interpersonale. Desiderio di trasformazione Violente relazioni oggettuali interiorizzate possono essere esteriorizzate nella speranza che possano essere trasformate. I pazienti interiorizzano un'interazione desiderata, una fantasia di relazione con un genitore che risponda secondo le loro aspettative. Le vecchie relazioni sono ripetute con il desiderio inconscio che questa volta sarà diverso. Un day hospital o un reparto psichiatrico possono fornire una nuova e diversa forma di modalità di relazione interpersonale che facilita l’interiorizzazione di una relazione oggettuale meno patologica. Via via che acquisiscono familiarità con il mondo oggettuale interno del paziente, i membri dello staff cercheranno di contenere le proiezioni anziché identificarsi con s, e cercheranno di comprendere il processo interpersonale. Il compito terapeutico è quello di diagnosticare attentamente le rappresentazioni del sé e dell'oggetto del paziente, e di mantenere una dirigente vigilanza riguardo alla natura del sé e degli oggetti proiettati in un dato momento. I terapeuti devono avere una sufficiente familiarità con le loro configurazioni interne di sé e dell'oggetto, così da poter discernere i due tipi di controtransfert. I membri dello staff terapeutico dovrebbero essere avvisati del fatto che proveranno nei confronti del paziente sentimenti potenti che potranno essere utile strumento diagnostico e terapeutico. Può essere fatta una distinzione tra l'avere dei sentimenti e l’agirli. Ai membri dell'equipe dovrebbe essere consigliato di scambiarsi osservazioni e discutere tra loro, ma non di mettere in atto sentimenti di natura distruttiva o erotica. Dovrebbero essere incoraggiati ad elaborare i loro sentimenti nel corso delle riunioni e ad utilizzare tali sentimenti per diagnosticare e comprendere le relazioni oggettuali interne del paziente. Con il progredire del trattamento, i membri dello staff acquisiranno una maggiore comprensione delle relazioni oggettuali interne del paziente e saranno quindi meno inclini a identificarsi con queste. 45 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Parte seconda Approcci psicodinamici ai disturbi mentali Capitolo 7 *Schizofrenia* I Fattori genetici giocano un ruolo molto importante nello sviluppo della schizofrenia. Anche fattori ambientali sembrano essere coinvolti nello sviluppo della schizofrenia, Sebbene non sia ancora un consenso sulla loro esatta natura. Uno studio di popolazione recente ha rilevato un aumento di rischio di schizofrenia nei Figli di madri con eventi di vita avversi nel primo trimestre di gravidanza, suggerendo la possibilità che porti stress di origine ambientale interagiscano con gli effetti di geni predisponenti nell’influenzare il neurosviluppo. Nessuna belle scoperte della ricerca biologica attenua l'impatto di un dato irriducibile: la schizofrenia è una malattia che colpisce persone con una particolare configurazione psicologica. Non esiste qualcosa come “il” trattamento della schizofrenia. Tutti gli interventi terapeutici devono essere Confezionati su misura per i bisogni specifici di ciascun paziente. La schizofrenia è una malattia eterogenea, con manifestazioni cliniche proteiforme. Un'utile strutturazione della sintomatologia descrittiva del disturbo e la suddivisione in tre raggruppamenti: - Sintomi positivi, - Sintomi negativi, - Relazioni personali disturbate. Questo modello individua tre distinti processi psicologici e psicopatologici riscontrati nei pazienti schizofrenici. I sintomi positivi comprendono i disturbi del contenuto del pensiero, come i deliri, i disturbi della percezione, come le allucinazioni, e le manifestazioni comportamentali, come la catatonia e l'agitazione. Mentre i sintomi positivi costituiscono un innegabile presenza, i sintomi negativi della schizofrenia possono essere caratterizzati come un’assenza di funzioni. Questi sintomi negativi comprendono un’affettività coartata, povertà di pensiero, apatia e anedonia. Le relazioni personali disturbate tendono a svilupparsi in una notevole arco di tempo. Questi problemi sono da un substrato caratteriale e comprendono una miriade di difficoltà interpersonali tanto svariate quanto la gamma della personalità umana. Manifestazioni preminenti di relazioni interpersonali disturbate comprendono il ritiro, l'espressione inadeguata dell'aggressività e della sessualità, la mancanza di consapevolezza dei bisogni altrui, le pretese eccessive così come l'incapacità di avere un contatto significativo con altre persone. Nella pianificazione della psicoterapia va considerata la sequenza di fasi che caratterizza il decorso della schizofrenia. Nella fase prodromica si possono identificare difficoltà cognitive e sociali. Nella fase prodromica il deterioramento cognitivo e sociale è accompagnato da cambiamenti in termini di pensiero, personalità e umore, mentre nella fase psicotica emergono sintomi positivi floridi come deliri e allucinazioni. Nel periodo prodromico gli obiettivi primari sono la prevenzione della psicosi e la riduzione dei sintomi iniziali, mentre nella fase psicotica assume un'importanza centrale il supporto, volto a ridurre la gravità e la durata della psicosi. Gli obiettivi fondamentali diventano poi la prevenzione delle cadute e della comorbilità nella fase di transizione; nella fase cronica occorre mettere in atto misure volte alla riabilitazione e alla reintegrazione sociale. 46 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Comprensione psicodinamica della schizofrenia Sono stati Proposti molti modelli psicodinamici per aiutare i clinici nella comprensione del processo schizofrenico. Freud era convinto che la schizofrenia fosse caratterizzata dal disinvestimento energetico degli oggetti. A volte utilizzò questo concetto di disinvestimento per descrivere il distacco di investimento emotivo o libidico dalle rappresentazioni oggettuali intrapsichiche, mentre altre volte lo utilizzò per descrivere il ritiro sociale da parte delle persone reali dall'ambiente circostante. Freud definì la schizofrenia come una regressione in risposta a un'intensa frustrazione e al conflitto con altre persone. Sullivan dedicò la sua vita al trattamento della schizofrenia, giungendo a conclusioni molto diverse da quelle di Freud. Riteneva anzitutto che l'eziologia il disturbo fosse da rintracciare in precoci difficoltà interpersonali, e concettualizzò il trattamento come un processo interpersonale a lungo termine, che tentava di individuare quelle problematiche precoci. Inadeguata e cure materne, secondo Sullivan, determinano nel neonato un Sé carico di angoscia e impediscono al bambino di ricevere soddisfazione per i propri bisogni. Questo aspetto dell'esperienza di Sé viene poi dissociato, ma il danno all'autostima rimane profondo. L'esordio della malattia schizofrenica consiste in una rinascita del Sé dissociato, che porta a uno stato di panico e quindi alla disorganizzazione psicotica. I primi psicologi dell’Io osservarono come un difettoso Confine dell’Io sia uno dei deficit principali nei pazienti schizofrenici. Federn distintiva dall'affermazione di Freud secondo cui nella schizofrenia vi sia un ritiro dall’investimento oggettuale. Al contrario, Federn sottolineò il ritiro di investimento energetico rispetto ai confini dell’Io. Egli notò che i pazienti schizofrenici sono caratteristicamente privi di una barriera tra quello che è dentro e quello che è fuori, perché il confine del loro io non è psicologicamente investito. Termini come madre frigorifero generarono un'atmosfera di vergogna tra le madri dei pazienti schizofrenici, che si sentivano la causa della schizofrenia dei loro figli. Nei decenni successivi sono diverse formulazioni psicodinamiche della schizofrenia più sofisticate. Diverse configurazioni psicologiche riflettono l'interfaccia tra componenti neurobiologiche e psicologiche. I bambini che finiscono per sviluppare una schizofrenia hanno un’avversione per le relazioni oggettuali, che rende difficile il legame con loro. L'ipersensibilità agli stimoli e le difficoltà di concentrazione e di attenzione sono tratti comuni della personalità pre-schizofrenica. Alcune ricerche hanno suggerito che diffuse perdite a livello di determinate aree cerebrali del normale filtro sensoriale nel sistema nervoso centrale possono essere caratteristiche della schizofrenia, così che i pazienti trovano difficile schermare gli stimoli irrilevanti e avvertono una sensazione cronica di sovraccarico sensoriale. Le teorie su l'eziologia è sulla devono tenere in considerazione l'evidenza Che i fattori genetici Giocano un ruolo chiave. In assenza di tali fattori, anche situazioni familiari altamente disfunzionali non produrranno una malattia schizofrenica della prole. Secondo interessanti ipotesi i geni controllano il grado di sensibilità individuale nei confronti di aspetti ambientali predisponenti, che aumentano il rischio della schizofrenia, in lotta con gli aspetti protettivi, che riducono tale rischio. Una delle implicazioni di questo modello è che è un'esperienza di crescita positiva può proteggere individui ad alto rischio dalla possibilità di sviluppare il Séguito una schizofrenia. Questa tesi trova sostegno in uno studio da cui emerge che figli di madri schizofreniche con un'esperienza adottiva positiva risultavano protetti nei confronti di una schizofrenia futura, mentre gli individui geneticamente vulnerabili che vivevano in una famiglia adottiva disfunzionale tendevano a sviluppare la malattia. 47 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Approcci terapeutici Farmacoterapia Studi controllati ben progettati hanno ampiamente dimostrato che i farmaci antipsicotici sono altamente efficaci nel trattamento dei sintomi positivi della schizofrenia. I sintomi negativi e le relazioni interpersonali disturbate sono molto meno influenzati dai farmaci e richiedono pertanto approcci di tipo psicosociale. La mancata aderenza al trattamento farmacologico è uno dei problemi costanti nella terapia di molti pazienti schizofrenici. La compliance farmacologica e parte del trattamento stesso. Ogni paziente deve essere informato riguardo al rischio di ricaduta in caso di interruzione dei farmaci e sulla gestione di altri effetti collaterali benigni. Inoltre, il significato che il farmaco a per il paziente deve essere periodicamente riesaminato, soprattutto ai primi segni di non compliance. Quando rispondono al trattamento con un nuovo farmaco, molti pazienti hanno grosse difficoltà a integrare il rinnovato senso di Sé che consegue al miglioramento dei sintomi. Nonostante il miglioramento inequivocabile, per alcuni individui l'assenza improvvisa dei sintomi diventa dolorosa. La remissione dei sintomi psicotici rende possibili, per la prima volta dopo tanti anni, coinvolgimenti romantici. Di fronte a tale prospettiva di questi pazienti possono provare un’ansia molto intensa. Quando incominciano a riavvicinarsi agli altri, questi pazienti devono affrontare i rischi di perdita e di rifiuto che le relazioni interpersonali comportano. Per molti pazienti la psicosi assolvere a una funzione difensiva, in quanto permette di evitare il confronto con le incertezze delle relazioni. Infine, l'emergere della psicosi può esporre i pazienti a una crisi esistenziale sullo scopo e sul significato della vita. Riconoscono che una buona porzione della loro vita è stata perduta a causa della malattia cronica e sono ora obbligati a ridefinire i loro valori personali e spirituali. Oltre che è di training per lo sviluppo delle competenze, i pazienti che rispondono bene agli antipsicotici atipici hanno anche bisogno di una relazione umana di sostegno nella quale poter esplorare questi cambiamenti. Psicoterapia individuale Lo studio meglio condotto sugli effetti della psicoterapia in pazienti schizofrenici è il Boston psychotherapy study. Nello studio di Boston, pazienti schizofrenici provenienti da diversi ambiti istituzionali e ambulatoriali sono stati assegnati a una psicoterapia supportiva di adattamento alla realtà oppure a una psicoterapia esplorativa orientata all’insight. I pazienti inclusi nell'analisi avevano seguito il trattamento a loro assegnato per avere 6 mesi. Al follow-up effettuato a distanza di 2 anni erano disponibili i dati completi per la metà dei pazienti del campione originario. In base all'analisi di questi dati i pazienti trattati con psicoterapia supportiva mostravano minori in recidive e un migliore rendimento sociale, mentre quelli che avevano ricevuto una psicoterapia esplorativa presentavano un miglioramento più significativo in termini di cognizione e funzionamento dell’Io. Secondo le conclusioni dei ricercatori che avevano condotto lo studio, le differenze complessive tra i due gruppi erano relativamente poco importanti. Nell'interpretazione dei dati dello studio di Boston dovrebbe essere presa in considerazione l'irriducibile differenza tra la necessità della ricerca e l'atmosfera della pratica clinica. Le motivazioni conscia e inconscia che portano uno psicoterapeuta a instaurare quello che potrebbe diventare un impegno a vita, la terapia di un paziente schizofrenico, sono insieme misteriose e altamente personali. Qualunque forza porti un terapeuta è un paziente a sciogliersi, essa è ignorata dai progetti di gruppo su vasta scala che richiedono, con rigore scientifico, un’assegnazione casuale del paziente al terapeuta. Solo uno studio approfondito di casi singoli può gettare luce su questo elemento, che dà un contributo essenziale al successo psicoterapeutico. In uno studi di follow-up a lungo termine 163 pazienti schizofrenici precedentemente ricoverati e che avevano ricevuto una psicoterapia intensiva psicoanaliticamente orientata sono stati seguiti per un periodo medio di 15 anni dopo la dimissione. In circa un terzo di questi pazienti gli esiti riscontrati erano discreti o buoni. I soggetti in cui si verificava una remissione della psicosi potevano essere divisi in due gruppi. Il primo era formato da pazienti che cercavano di integrare l'esperienza psicotica nell'ambito globale nella propria vita: ritenevano di avere acquisito importanti informazioni 50 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Trattamento ospedaliero Per il paziente schizofrenico che presenta un crollo psicotico acuto, un breve ricovero offre la possibilità di una pausa, un'occasione di riorganizzarsi. I farmaci antipsicotici alleviano la maggior parte dei sintomi positivi. La struttura del reparto ospedaliero fornisce un luogo sicuro che impedisce ai pazienti di recare danno a se stessi o agli altri. Il ricovero breve porta una spinta anche in regressiva. Vengono restaurante le difese, e il paziente dovrebbe essere riportato alla funzionalità nel minor tempo possibile. Quando la sintomatologia positiva è stata in parte alleviata può essere intrapresa una terapia di gruppo, che può anche proseguire a livello ambulatoriale esterno in relazione alla disponibilità del paziente. 51 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Capitolo 8 *Disturbi affettivi* Gli attuali approcci psicodinamici alla depressione riconoscono che i disturbi affettivi sono fortemente influenzati da fattori genetici e biologici. I fattori stressanti in età infantile sono parte integrante di un modello psicodinamico che vede la patologia adulta come correlata a traumi precoci, ma la prospettiva dinamica prende anche in considerazione il significato specifico di tali fattori: ciò che ha un osservatore esterno potrebbe sembrare un agente stressante relativamente lieve può rivestire per il paziente potenti significati conosci o inconsci, che ne amplificano l’impatto. Uno studio longitudinale mostra che i fattori stressanti in cui il contenuto riguarda l'area della definizione del Sé del paziente avevano una maggiore probabilità di innescare episodi depressivi. In altre parole, in un individuo in cui il Senso di Sé è parzialmente definito da legami sociali, la perdita di una relazione interpersonale significativa può precipitare in una depressione maggiore. Eventi in cui si combinavano contenuti di umiliazione e di perdita avevano inoltre effetti depressogeni più marcati di avvenimenti di pura perdita come la morte di una persona cara. Eventi umilianti che si valutano in maniera diretta l'individuo in un ruolo centrale erano fortemente associati al rischio di episodi depressivi. Comprensione psicodinamica della depressione Centrale nella visione di Freud era la nozione che perdite precoci durante l'infanzia portano a una maggiore vulnerabilità alla depressione in età adulta. Freud spiegava inoltre la marcata tendenza all'autovalutazione tipica dei pazienti depressi come il risultato di un Sentimento di rabbia rivolto verso l'interno. La rabbia è diretta internamente perché il Sé del paziente si è identificato con l'oggetto perduto. Secondo Abraham, gli individui depressi hanno sofferto da bambini grandi colpi alla loro autostima; in età adulta la depressione è indotta da nuove perdite o delusioni che evocano intensi sentimenti negativi verso figure, appartenenti sia presente che al passato, che hanno ferito il paziente negandogli in maniera reale o immaginaria il loro amore. Per Bibring esistono tre potenti aspirazioni narcisistiche: di valere ed essere amato, di essere forte e superiore, di essere bravo e amorevole. Queste tre potenti aspirazioni vengono considerate quali parametri di condotta. Tuttavia, la consapevolezza dell’Io rispetto alla propria effettiva o supposta incapacità di essere all'altezza di questi parametri produce integrazione; come il risultato, l'individuo depresso si sente debole e impotente. Bibring pensava che qualunque frustrazione o ferita narcisistica capace di ridurre l'autostima potesse scatenare una depressione clinica. Arieti ha postulato che vi possa essere nelle persone gravemente depresse una ideologia preesistente, ovvero, vivere non per se stessi ma per un'altra persona, definita come un altro dominante. In questa formulazione è spesso il coniuge a rappresentare l'altro dominante, ma anche un'organizzazione o un ideale possono assolvere questa funzione. Quando a occupare tale ruolo nel mondo psicologico dell'individuo è un obiettivo oppure una finalità superiore, Arieti usa i termini obiettivo dominante e ideologia dominante. Questi pazienti si rendono conto di quanto il fatto di vivere per qualcuno o qualcosa non sia per loro conveniente, ma si sentono incapaci di cambiare. Possono credere che la vita non abbia alcun valore se non riescono a sollecitare dall'altro dominante la risposta desiderata, oppure se non raggiungono il loro impossibile obiettivo. Anche la teoria dell'attaccamento può insegnarci molte cose sulla depressione. John Bowlby considerava l'attaccamento del bambino alla madre come necessario per la sopravvivenza. Quando l'attaccamento è instabile o viene meno, i bambini vedono se stessi come non degni d'amore e i loro genitori come non affidabili. Di conseguenza, una volta adulti questi individui possono diventare depressi ogni volta che hanno esperienza di perdita, in quanto questa riattiva la sensazione di essere persone abbandonate e indegne d’amore. 52 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 In un modello psicodinamico attuale della depressione, esperienze traumatiche precoci portano il bambino a sviluppare rappresentazioni del Sé e dell'oggetto problematiche. In caso di abuso fisico o sessuale, il bambino interiorizza un Sé cattivo che merita l'abuso e che si sente ipervigilante rispetto alla vittimizzazione. Il bambino inoltre interiorizza la rappresentazione di un oggetto abbandonate, e cresce con un Senso di perdita e mancanza che viene più tardi se attivata da tutti quegli eventi stressanti che coinvolgono una perdita. Una maturazione della personalità del bambino che si verifica nel contesto di rapporti problematici con i genitori e altri significativi avrà come probabile risultato la presenza di difficoltà relazionali in età adulta. Blatt ha individuato due tipologie psicodinamiche di depressione. Il tipo anaclitico è caratterizzato da sentimenti di impotenza, solitudine e fragilità correlata croniche paura di abbandono e mancanza di protezione. Questi individui hanno un intenso desiderio di essere accuditi, protetti e amati. I pazienti depressi in proiettivi attribuiscono un ruolo primario allo sviluppo del Sé; considerano come secondarie le relazioni interpersonali e utilizzano meccanismi di difesa quali intellettualizzazione, formazione reattiva e razionalizzazioni. La depressione anaclitica si manifesta prevalentemente con Sedimenti disforici di abbandono, perdita e solitudine, mentre quella introiettiva è caratterizzata soprattutto da sentimenti di colpa e inutilità. Un cambiamento significativo nella concettualizzazione della depressione è stato apportato nel DSM-5, in cui il lutto non viene più considerato come un criterio di esclusione per la diagnosi di disturbo depressivo maggiore. Studi che hanno confrontato individui con depressione correlata alla perdita di una persona cara, o altri eventi di vita stressanti, hanno rilevato che, malgrado la presenza di alcune caratteristiche tipiche, le somiglianze tra i due gruppi superavano di gran lunga le differenze. Uno studio ha riscontrato un aumento del rischio di ideazione suicidaria, rispetto a soggetti di controllo, in persone rimaste vedove da poco; questa accresciuta ideazione suicidaria, legata a estrema solitudine emotiva e a sintomi depressivi gravi, merita la stessa attenzione clinica che si dedica ai pazienti che stanno soffrendo per un episodio depressivo maggiore che non dipende da un lutto. Psicodinamica del suicidio In molti casi la psicoterapia è insufficiente con i pazienti tendenze suicide Le motivazioni del suicidio sono altamente diversificate e spesso oscure. Il clinico deve quindi ascoltare attentamente ciascun paziente, notando gli specifici sviluppi del transfert controtransfert, prima di poter giungere a conclusione sulle dinamiche sottostanti il suicidio. Freud inizialmente postulò che l’Io potesse uccidersi solamente trattando se stesso come un oggetto; il suicidio era dunque il risultato di uno spostamento di impulsi omicidi, desideri distruttivi verso un oggetto interiorizzato che vengono invece diretti contro il Sé. La visione del suicidio di Menninger è relativamente più complessa. Secondo Menninger almeno tre desideri possono concorrere a un altro suicida: il desiderio di uccidere, il desiderio di essere ucciso e il desiderio di morire. Il desiderio di uccidere può anche non essere diretto soltanto verso un oggetto interno. L'esperienza clinica conferma ripetutamente come il suicidio sia spesso finalizzato alla distruzione dell'esistenza dei sopravvissuti. Per esempio, per i pazienti depressi spesso il suicidio rappresenta l'unica forma soddisfacente di vendetta nei confronti dei genitori. Un tema ricorrente nelle relazioni oggettuali dei pazienti con le tendenze suicide è il dramma tra un tormentatore sadico e una vittima versata. Vi è spesso un oggetto interno persecutore che affligge il paziente. In alternativa, il paziente che si identifica con il persecutore può tormentare tutte le persone che frequenta. In altri casi l'aggressività gioca un ruolo molto meno dominante nella motivazione al suicidio. Fenichel ha osservato che il suicidio può essere il soddisfacimento di un desiderio di riunificazione: un gioioso e magico ricongiungimento con un oggetto perduto, oppure un'unione narcisistica con un’amata figura superegoica. Spesso dietro a un comportamento suicida sì c'era la perdita di un oggetto d'amore, e molti pazienti suicidi rivelano intensi desideri di dipendenza verso un oggetto perduto. 55 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Indicazioni e controindicazioni Per molti pazienti con depressione o distimia l'associazione di psicoterapia e farmacoterapia sembra rappresentare il trattamento ideale. Si potrebbe affermare che certe forme di depressione sembrano rispondere preferenzialmente alla psicoterapia. La psicoterapia potrebbe essere una componente essenziale nel trattamento dei pazienti con forme croniche di depressione maggiore e associata a una storia di traumi infantili. Nel valutare i pazienti i clinici devono aspettare la possibile presenza di tre condizioni distinte: - Depressione maggiore in comorbilità con disturbo di personalità; - Personalità depressiva; - Depressione caratterologica nel contesto di disturbi di personalità. La questione se il disturbo depressivo di personalità sia da considerarsi distinto dalla distimia è stata oggetto di molte controversie. I dati disponibili indicano che la distinzione tra le due entità patologiche è valida e clinicamente utile, e che la durata della psicoterapia è significativamente più lunga per i soggetti con disturbo depressivo di personalità. Trattamento del paziente con tendenze suicide Pochi eventi nella vita professionale di uno psichiatra sono più disturbanti del suicidio di un paziente. Da uno studio è emerso che circa la metà degli psichiatri che avevano perso un paziente per suicidio aveva vissuto livelli di stress paragonabili a quelli di persone che si stavano riprendendo dalla morte di un genitore. Anzitutto, i clinici devono tenere presente un fatto lampante: i pazienti che sono realmente intenzionati a uccidersi finiranno con a farlo. Il trattamento dei pazienti depressi con tendenze suicide dovrebbe normalmente includere un impiego ottimale di farmacoterapia. Devono essere valutati diversi fattori di rischio, tra i quali sentimenti di disperazione, grave ansia o attacchi di panico, abuso di sostanze, eventi avversi recenti, problemi finanziari o disoccupazione, sesso maschile, un'età di 60 anni o più, il fatto di vivere da soli o di essere vedovi o divorziati. Se il paziente ha un piano preciso e sembra intenzionato a venderlo presto in alto, è richiesto un ricovero urgente in un reparto di psichiatria. La psicoterapia può anche essere di straordinaria importanza per comprendere perché il paziente vuole morire e che cosa si aspetta che accadrà dopo la sua morte. Valutare il rischio di suicidio costituisce sempre una sfida. Molti pazienti negano la presenza di qualsiasi fattore di rischio perché non vogliono che venga loro i piedi di uccidersi. È stato però recentemente messo a punto un test di associazione implicita in cui all'individuo esaminato viene chiesto di classificare stimoli che rappresentano costrutti come “morte”, “vita”, “me”, “non me”, che fornisce alcuni dati empirici basati sulle associazioni inconsce del paziente. Associazione implicita tra la propria persona e l'idea di morte o di suicidio era correlata a un aumento di circa sei volte delle probabilità di un tentativo di suicidio nei sei mesi successivi. Una preoccupazione psicologica saliente nel paziente suicida e il desiderio che è una madre incondizionatamente amorevole si prenda cura di lui. Alcuni terapeuti sbagliano nel cercare di gratificare questa fantasia, andando incontro a ogni bisogno del paziente. Questo genere di comportamenti esacerba la tendenza ad assegnare ad altri la responsabilità del loro restare in vita. Cercando di gratificare queste richieste sempre più crescenti, il terapeuta e con la fantasia del paziente secondo la quale vi sia realmente da qualche parte nel mondo una madre incondizionatamente amorevole, diversa da chiunque altro. I terapeuti non possono assolutamente sostenere tale illusione all'infinito; quelli che cercano di farlo preparano in realtà il terreno per una schiacciante delusione che può aumentare il rischio di suicidio nel paziente. I terapeuti sono più utili quando cercano diligentemente di comprendere e analizzare le origini dei desideri suicidi, anziché venire scarica i pazienti. 56 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 I processi di controtransfert evocati dal paziente con le tendenze suicide rappresentano un ostacolo straordinario alla terapia. Alcuni clinici evitano semplicemente qualunque responsabilità nei confronti dei pazienti gravemente depressi che sono a rischio di morte volontaria. Il suicidio e anche l'estrema ferita narcisistica per il terapeuta. I terapeuti che hanno in cura pazienti con gravi tendenze suicide inizieranno a un certo punto sentirsi tormentati dalla ripetuta negazione dei loro sforzi. In tali situazioni può facilmente emergere un odio controtransferale, e i terapeuti coveranno spesso un inconscio desiderio che il paziente muoia per mettere fine al tormento. Sentimenti di mal animo e di avversione sono tra le più frequenti risposte controtransferali associate al trattamento di pazienti con gravi tendenze suicide. L'incapacità di tollerare i propri desideri verso il paziente può portare il terapeuta a mettere in atto i sentimenti controtransferali. Mentre i sentimenti di malanimo sono più spiacevoli e inaccettabili, quelli di avversione sono potenzialmente più letali, perché possono portare il terapeuta a trascurare il paziente e offrire l'occasione per un tentativo di suicidio. L'odio controtransferale deve essere accettato come una parte integrante dell'esperienza terapeutica con pazienti tendenti al suicidio, che spesso emerge come reazioni diretta all'aggressività del paziente. I clinici possono anche affrontare i loro sentimenti aggressivi tramite una formazione reattiva, che può portare a fantasie di salvezza e a esagerati sforzi per prevenire il suicidio. 57 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Capitolo 9 *Disturbi d’ansia* L’ansia è un affetto che ha avuto un ruolo fondamentale nella nascita della psichiatria psicodinamica. Freud coniò il termine nevrosi d'angoscia e distinse due forme d'ansia. La prima era il diffuso senso di inquietudine o di paura che ha origine da un pensiero o un desiderio rimosso, curabile attraverso l'intervento psicoterapeutico; la seconda era caratterizzata da un Senso sopraffacente di panico, accompagnato da manifestazioni di attivazione del sistema nervoso autonomo come sudorazione profusa, diarrea e aumento dei ritmi respiratori e cardiaci, è da un Senso soggettivo di terrore. Nel 1926 Freud aveva ulteriormente elaborato la sua comprensione dell'ansia in base al modello strutturale. L'ansia era adesso vista come il risultato di un conflitto psichico tra desideri inconsci sessuali o aggressivi provenienti dall’es e le corrispondenti minacce di punizione da parte Super-Io. L'ansia veniva compresa come un Segnale della presenza di un pericolo nell'inconscio. In risposta a questo segnale l’Io mobili da meccanismi di difesa per impedire che i pensieri e i sentimenti inaccettabili giungano alla consapevolezza cosciente. Nel modello Freudiano l'ansia è un aspetto dell’Io. L’Io controlla l'accesso alla coscienza e, attraverso la rimozione, si distacca da qualunque associazione con gli impulsi istintuali dell’es. L’ansia può essere collegata a una paura cosciente e accettabile che maschera una preoccupazione più profonda e meno accettabile. Alcuni pazienti che presentano ansia non hanno alcuna idea riguardo a ciò che rende ansiosi. Il compito del clinico a orientamento psicodinamico è quello di comprendere le origini inconsce di tale ansia. Freud sviluppò l'idea che ogni periodo evolutivo della vita di un bambino produce una paura caratteristica associata a quella fase. Basandosi sull'osservazione di Freud e su quelle dei ricercatori psicoanalitici successivi, può essere elaborata una gerarchia evolutiva dell'ansia che va dall’ansia superegoica, angoscia di castrazione, alla paura di perdere l'amore, alla paura di perdere l'oggetto, alla angoscia persecutoria la all'angoscia di disintegrazione. A livello più maturo, l'ansia che proviene dal Super-Io può essere compresa in termini di sentimenti di colpa o tormenti della coscienza derivati dal fatto di non condurre una vita all'altezza di uno standard interno di comportamento. Durante la fase edipica, l'ansia è focalizzata sul danno potenziale ai genitali e sulla perdita degli stessi per mano di una figura genitoriale vendicativa. Questa paura può essere espressa metaforicamente come perdita di un'altra parte del corpo o come qualunque altra forma di lezione di fisica. Andando indietro nella gerarchia evolutiva verso un'ansia più precoce, troviamo il timore di perdere l'amore o l'approvazione di un altro significativo. Una forma di ansia ancora più primitiva da un punto di vista emotivo riguarda la possibilità di perdere non solo l'amore dell'oggetto ma anche l'oggetto stesso, quella che viene generalmente detta ansia di separazione. Le forme più primitive di ansia solo l'angoscia persecutoria e l'angoscia di disintegrazione. La prima deriva dalla posizione schizoparanoide Kleiniana, per cui l'ansia primaria è relativa al fatto che gli oggetti persecutori invaderanno il paziente dall'esterno e lo annichiliranno dall’interno. Angoscia di disintegrazione può derivare sia dalla paura di perdere il Senso di Sé o dei propri confini attraverso la fusione con un oggetto, sia dalla preoccupazione che il proprio sé si frammenta era e perderà la propria integrità in assenza di risposte di rispecchiamento o idealizzante da parte di persone del proprio ambiente. L’organizzazione gerarchica delle varianti dell'ansia può portare alla errata conclusione che i livelli di ansia vengono superati con il procedere dello sviluppo. Difatti tali livelli persistono, e possono essere riattivati con facilità in situazioni traumatiche o di stress o in gruppi numerosi. Per esempio, angosce persecutorie nei confronti degli stranieri e di coloro che sono diversi hanno rappresentato storicamente fattori rilevanti nelle guerre, nelle tensioni politiche e geografiche e non pregiudizio razziale. 60 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Anche quando i loro sintomi sono sotto controllo farmacologico, i pazienti con attacchi di panico e agorafobia sono spesso riluttanti ad avventurarsi nuovamente nel mondo e possono aver bisogno di interventi psicoterapeutici per superare questa paura. Almeno uno studio ha suggerito che la combinazione di terapia dinamica e terapia farmacologica può aiutare a ridurre le ricadute nei pazienti con disturbo da attacchi di panico. Alcuni pazienti presentano una resistenza maggiore ai farmaci, spesso perché credono che il fatto di assumere farmaci li stigmatizzi come malati mentali, e un intervento psicoterapeutico si rende necessario per aiutarli a comprendere e a eliminare le loro riserve sulla farmacoterapia. Altri decidono di interrompere la terapia farmacologica per la loro incapacità di tollerarne gli effetti collaterali. Affinché il piano terapeutico sia completo ed efficace, questi pazienti hanno bisogno di approcci psicoterapeutici in aggiunta a farmaci appropriati. In tutti i pazienti con sintomi di attacchi di panico o agorafobia, un'attenta valutazione psicodinamica aiuterà a soppesare i contributi dei fattori biologici e dinamici. Fobie La comprensione psicodinamica delle fobie illustra il meccanismo nevrotico della formazione del sintomo descritto in precedenza. Quando pensieri proibiti sessuali o aggressivi che potrebbero portare a una ritorsione punitiva minacciano di emergere dall'inconscio, viene attivato un Segnale d'ansia che porta allo spiegamento di tre meccanismi di difesa - spostamento, proiezione ed evitamento. Queste difese eliminano l'ansia rimuovendo ancora una volta il desiderio proibito, ma il prezzo del controllo dell'ansia è la creazione di una nevrosi fobica. Le fobie si inseriscono perfettamente in un modello di diatesi genetico-costituzionale interagente con stressor ambientali. Kagan e colleghi hanno postulato che stressor come umiliazioni e critiche da parte di un fratello maggiore, liti fra i genitori, la morte di un familiare o la separazione da una figura importante siano probabilmente tra i fattori ambientali che danno il maggior contributo. I bambini inibiti nel comportamento che arrivano a sviluppare evidenti disturbi d'ansia sono esposti a genitori maggiormente ansiosi, i quali possono comunicare ai figli la sensazione che il mondo sia un luogo pericoloso. La fobia sociale è una condizione con un'alta percentuale di comorbilità. Il lavoro clinico con pazienti socialmente fobici rivela la presenza di alcune relazioni oggettuali interne caratteristiche. In particolare, questi pazienti hanno interiorizzato le rappresentazioni di genitori, agenti di cura o fratelli che inducono vergogna o imbarazzo, criticano, ridicolizzano, umiliano, abbandonano. Questi introietti si stabiliscono precocemente nella vita e vengono ripetutamente proiettati in persone dell'ambiente che successivamente vengono evitate. Anche se tali pazienti possono essere geneticamente predisposti a vivere gli altri come minacciosi, esperienze positive possono in parte mitigare questi effetti. È come se sin dalla nascita fosse presente un programma geneticamente determinato. Se coloro che si prendono cura del bambino si comportano in accordo con questo programma, l'individuo diventerà sempre più timoroso nei confronti degli altri e svilupperà una fobia sociale. Se gli agenti di cura sono invece sensibili alle paure del bambino e le compensano, gli introietti saranno più benigni, meno terrificanti, e produrranno con minori probabilità la sindrome della fobia sociale dell'adulto. Sebbene molti pazienti con fobia sociale rispondano bene agli inibitori selettivi del reuptake della serotonina o alla terapia cognitiva, anche la terapia dinamica può rivelarsi utile. Alcuni pazienti sono particolarmente resistenti al trattamento in quanto temono ogni situazione nella quale potrebbero essere giudicati o criticati. Poiché il Setting terapeutico è considerato una situazione di questo tipo, la paura transferale di essere umiliati o giudicati può portare i pazienti a saltare frequentemente gli appuntamenti o a interrompere del tutto la terapia. Infatti, a causa dell'alta percentuale di comorbilità del disturbo, a volte la fobia sociale può essere scoperta soltanto quando un paziente cerca aiuto per altre ragioni. 61 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 La resistenza alla terapia dovrebbe essere affrontata con decisione, poiché in assenza di trattamento questi pazienti spesso evitano la scuola o il lavoro, e molti finiscono col vivere di sussidi sociali o pensioni di invalidità. Le ramificazioni interpersonali delle fobie traggono spesso beneficio anche da un approccio psicodinamico. In virtù del loro essere confinati in casa, gli individui gravemente agorafobici hanno spesso bisogno di una persona che si prenda cura di loro, come un coniuge o un genitore. È comune, ad esempio, che una donna agorafobica e il marito si siano adattati alla condizione di lei nel corso di molti anni. Il marito può effettivamente sentirsi più sicuro sapendo che la moglie è sempre in casa. Se l'agorafobia viene trattata, l'equilibrio della coppia potrà destabilizzarsi. Il marito potrebbe diventare più ansioso per paura che la moglie, uscendo di casa, possa cercare altri uomini. Una valutazione diagnostica e una terapia adeguate delle fobie devono includere un'attenta valutazione di come la fobia s'inserisce nella rete di relazioni del paziente. Una comprensione psicodinamica del contesto interpersonale di una fobia potrebbe pertanto essere cruciale nell'affrontare le resistenze ai trattamenti convenzionali come la desensibilizzazione comportamentale e i farmaci. Disturbo d’ansia generalizzata I criteri del DSM per il disturbo d'ansia generalizzato (GAD) hanno cercato di chiarire il limite tra questo disturbo e una normale preoccupazione. L'ansia deve essere eccessiva, difficile da controllare e per un periodo di almeno sei mesi il numero dei giorni in cui è presente deve essere superiore a quello dei giorni in cui è assente. Deve anche essere causa di uno stress significativo dal punto di vista clinico o interferire con le attività lavorative e sociali o con altre importanti aree di funzionamento. L'ansia deve essere così pervasiva che il paziente si concentra su una serie di attività o eventi quali bersagli dell'ansia. La qualità della vita di questi pazienti viene materialmente colpita dalla loro perenne apprensione riguardo al futuro, alle attuali circostanze di vita, alla loro situazione finanziaria, alla possibilità che ai familiari succeda qualcosa di doloroso, e a vari altri aspetti della vita. Possono provare tensione fisica e lievi sintomi di attivazione del sistema nervoso simpatico, ma nulla che si avvicini al livello del disturbo da attacchi di panico. L'ansia emerge in risposta a numerose situazioni lungo il corso della vita. Se i pazienti dovessero ricorrere ai farmaci ogni volta che si sentono ansiosi, ciò sarebbe particolarmente preoccupante per gli psichiatri. Con i farmaci si possono eliminare le componenti fisiologiche dell'ansia senza influenzare gli aspetti cognitivi della preoccupazione che permane. Quando si intraprende una terapia psicodinamica con pazienti affetti da GAD, è necessario che il terapeuta si dimostri tollerante nei confronti del paziente che focalizza la sua attenzione su sintomi somatici e altre preoccupazioni che appaiono piuttosto superficiali. Un'ipotesi di lavoro a proposito di tale funzione difensiva è che il fatto di rivolgere l'attenzione su queste preoccupazioni distrae il paziente da problemi più profondi e disturbanti. Questo caratteristico pattern difensivo di evitamento può essere legato a un attaccamento conflittuale insicuro nell'infanzia, così come a traumi precoci. Dopo avere ascoltato empaticamente le preoccupazioni presentate dal paziente, il terapeuta può iniziare a porre domande su relazioni familiari, eventuali difficoltà interpersonali e situazione lavorativa del paziente. Il terapeuta può quindi fare delle associazioni tra le varie situazioni che sono motivo di preoccupazione, così che le modalità nucleari di conflitto nelle relazioni comincino a emergere. 62 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 65 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 I disturbi spesso non vengono correttamente diagnosticati. Tipicamente, una diagnosi di disturbo dissociativo dell'identità viene posta in media dopo 7 anni di terapia. La diagnosi è particolarmente problematica in quanto l'ottanta per cento dei pazienti che soffrono di disturbo presenta solo alcune “finestre di diagnosticabilità”, periodi durante i quali la loro condizione e chiaramente comprensibile ai clinici. L’esistenza di una relazione causale tra trauma e successiva dissociazione è stata documentata da numerosi studi. Rispetto a tutti gli altri gruppi clinici, gli individui con disturbo dissociativo dell'identità hanno i più alti tassi di precoce. Le persone che soffrono di questo disturbo hanno spesso una storia di abuso emotivo, fisico o sessuale prima dei 5 anni di età; alta è anche la frequenza di traumi in età adulta, inclusi gli stupri e violenze domestiche. La maggior parte degli esperti e tuttavia d'accordo sul fatto che il trauma da solo non è sufficiente per causare un disturbo dissociativo dell'identità. Kluft ha proposto una teoria eziologica basata su quattro fattori: - la capacità di attuare una distrazione difensiva nei confronti di un trauma deve essere presente; - esperienze traumatiche travolgenti, come un abuso fisico o sessuale, superano le capacità di adattamento e le consuete operazioni difensive del bambino; - le forme precise assunte dalle difese dissociative nel processo di formazione dell'altra personalità vengono determinate da influenze plasmatrici e dai substrati disponibili; - contatti rassicuranti e ristrutturanti con figure genitoriali o altre figure significative non sono possibili, per cui il bambino avverte una profonda inadeguatezza delle proprie capacità di proteggersi dagli stimoli paurosi. In base alle implicazioni di questo modello, il trauma sarebbe una causa necessaria ma non sufficiente per sviluppare il disturbo dissociativo. A rischio di ribadire ciò che è ovvio, vale la pena ricordare che non tutti coloro che subiscono un abuso da bambini sviluppano successivamente questo disturbo. Il pensiero psicodinamico può dare un contributo alla comprensione dei fattori che portano a una sintomatologia francamente conclamata. I concetti di conflitto intrapsichico e di deficit appaiono rilevanti nel disturbo dissociativo dell'identità tanto quanto in altre condizioni. Esperienze traumatiche possono essere legate a una varietà di conflitti su tematiche come la colpa per una collusione con i responsabili dell'abuso o per uno stato di eccitazione sessuale con un oggetto incestuoso. La dissociazione, inoltre, può verificarsi anche in assenza di trauma individui fortemente suggestionabili e portati a fantasticare. Dunque la presenza di dissociazione non è di per sé conferma di una storia di trauma infantile precoce. Gli studi sul trauma è attaccamento possono aiutarci a comprendere alcune delle difficoltà incontrate dai pazienti gravemente traumatizzati come un risultato della loro ridotta capacità di pensare in maniera riflessiva se stessi e alle esperienze relazionali. Questi pazienti si adattano alla prospettiva intollerabile di immaginare gli stati mentali dei loro torturatori distruggendo difensivamente la rappresentazione dei sentimenti e dei pensieri. I bambini che crescono in famiglie in cui i genitori abusano di loro in genere non hanno figure di riferimento rassicuranti. In assenza di tali figure, le vittime si rivolgono ai loro torturatori e questo modello di relazione oggettuale persiste in età adulta nella ricerca di partner con cui poter perpetuare lo schema instaurato nell'infanzia. I bambini che subiscono abusi giungono alla conclusione che al genitore che ti tratta male sia preferibile a una totale assenza del genitore. Quando i pazienti affetti da disturbo dissociativo dell'identità di evocano gli abusi sessuali subiti nell'infanzia, spesso si vergognano per gli eventi che sono loro caduti. Sebbene in una certa misura questo senso di vergogna e di colpa possa essere spiegato da identificazioni proiettive con genitori cattivi, l'auto accusa può anche essere compresa come un disperato tentativo di dare un Senso a una situazione terrificante. Se mantengono una certa capacità di mentalizzare, possono spiegare tale situazione cercando di convincersi che genitori sono sostanzialmente brave persone che hanno a cuore il loro benessere; se i genitori li trattano così significa che sono stati cattivi e che lo hanno meritato. In 66 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 questo atteggiamento delle vittime di abusi può essere presente un aspetto adattivo, poiché il locus of control viene così percepito come interno piuttosto che esterno, è da ciò deriva una diminuzione del Senso di impotenza. I meccanismi della dissociazione e della scissione possiedono sia somiglianze e differenze. Entrambe sono caratterizzate da attive separazioni e compartimentalizzazione di contenuti mentali. Entrambe sono utilizzate difensivamente per evitare contenuti affettivi ed esperienze spiacevoli. Entrambe sono disgregati ve per la formazione di un Senso di se armonioso è costante. D'altra parte, differiscono in relazione a quali sono le funzioni disgregate dell’Io. A essere indeboliti in maniera specifica dalla scissione sono il controllo degli impulsi e la capacità di tollerare l'ansia e la frustrazione. Nella dissociazione sono invece interessate memoria e coscienza. Infine, la dissociazione rappresenta un meccanismo più ampio rispetto alla scissione: nella dissociazione avvengono molteplici divisioni, non Semplici separazioni in estremi di valenza affettiva opposta. Considerazioni terapeutiche La psicoterapia dei pazienti con disturbo dissociativo dell'identità o altri disturbi dissociativi è lunga è ardua. Per avere successo, una psicoterapia di disturbo dissociativo dell'identità deve anzitutto fissare una cornice terapeutica solida è sicura. Dato che questi pazienti presentano una storia infantile di violazione dei confini, devono essere stabiliti sin dall'inizio dettagli come la durata delle sedute, il pagamento dell'onorario, l'orario degli appuntamenti e l'uso delle parole invece del contatto fisico. Una tematica comune nei pazienti con trauma infantile consiste nella difficoltà a determinare chi sta facendo cosa e per chi. Per esempio, una figlia e ha avuto una relazione incestuosa con il padre incomincia a vedere il suo ruolo nella gratificazione dei bisogni paterni. Inoltre, la figlia può sentire di essere speciale per il padre perché è stata scelta come l'oggetto dei suoi desideri. Il suo ingresso in psicoterapia sarà allora accompagnato dalla stessa sensazione di confusione: chi sta facendo cosa per chi nel Setting terapeutico? Una paziente di questo tipo si mostrerà comprensibilmente scettica. Può essere sospettosa riguardo a che cosa potrebbe in realtà accadere se tentasse di farsi valere; potrebbe anche cercare semplicemente di capire ciò che il terapeuta vuole e di soddisfare, anziché i propri, il terapeuta. Il compito più importante del terapeuta deve essere quello di incoraggiare la sensazione del paziente di essere attivo. In altre parole, devi aiutare i pazienti a riconoscere il fatto che stanno cercando attivamente di ricreare nel presente i loro modelli del passato. Gli interventi interpretativi devono essere usati con parsimonia nei pazienti con disturbo dissociativo dell'identità, specialmente durante le fasi iniziali della terapia. L’approccio più moderno alla psicoterapia per il disturbo dissociativo dell'identità prevede essenzialmente tre fasi. La prima è dedicata alla creazione di un Senso di sicurezza e di stabilità; la seconda deve essere finalizzata allo sviluppo di una narrativa dettagliata e all'elaborazione dei ricordi traumatici, se il paziente alle risorse psicologiche necessarie; la terza mira alla reintegrazione, ovvero con l'intento di vivere bene il presente occorre rilevare le esperienze traumatiche allo stato di “brutti ricordi”. Durante l'intero trattamento il paziente deve essere ritenuto responsabile di tutti i tuoi comportamenti; suoi comportamenti in parole, tutti gli stati del Sé dovrebbero essere riconosciuti come “parti” del paziente, senza considerarne uno solo come “persona reale”, e quindi trattati con un atteggiamento imparziale. Aspetti controtransferali Pochi disturbi generano reazioni controtransferali di intensità paragonabile a quelle che si osservano con pazienti che soffrono di disturbo dissociativo dell'identità. In famiglia le vittime di incesto vengono spesso trattate o come privilegiate o come soggetti di violenza e di sadismo. Reazioni ugualmente intense si sviluppano nella terapia degli adulti affetti da disturbo dissociativo dell'identità. Quasi tutte le reazioni emozionali nei confronti di questi pazienti sono legate alla dialettica fiducia scetticismo. A un estremo, molti professionisti della salute mentale ancora non credono che disturbo dissociativo dell'identità sia un autentico disturbo psichiatrico. Alcuni considerano il disturbo come un prodotto iatrogeno causato da terapeuti ingenui che fanno uso erroneo dell'ipnosi. 67 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 All'estremo opposto, alcuni terapeuti credono acriticamente a tutto ciò che ai loro pazienti affetti da disturbo dissociativo dell'identità raccontano, anche alle cose più bizzarre. Possono trattare il paziente con una mentalità da spazzacamino, costringendolo incessantemente all’abreazione ti ricordi traumatici con l'aspettativa ingenua che tutto andrà bene una volta che il paziente sarà ripulito. Il problema dell'affidabilità dei ricordi traumatici può diventare oggetto di controversie. La maggior parte dei pazienti che hanno subito abusi a chiari ricordi che durano per tutta la vita, e in questi casi il terapeuta può empatizzare con le loro esperienze. Quando i ricordi sono recuperati nel corso della terapia, il terapeuta e il paziente di fatto non sanno quanto questi ricordi siano affidabili. Ampie ricerche hanno indicato che il ricordo non è assolutamente una registrazione fissa di un'esperienza, ma ogni processo di rievocazione del ricordo sembra essere associato alla sintesi di nuove proteine. Il richiamo di un ricordo è piuttosto paragonabile a una produzione teatrale, nella quale ogni rappresentazione di una data commedia diventa in qualche modo diversa dalla precedente mentre la recita va avanti. I ricordi possono essere veri ma non affidabili. Un ricordo può avere dei falsi dettagli pur derivando da un evento reale. Non possiamo immaginare un ricordo che non sia influenzato dall'osservatore. Vi è quindi un ampio spettro di affidabilità nei ricordi osservati nella pratica clinica. La ripetizione traumatica appare guidata dalla memoria procedurale in gita. Relazioni oggettuali interne codice sono immagazzinate nel sistema implicito della memoria ed emergono durante la terapia traverso le modalità con cui il paziente si mette in relazione con il terapeuta. Se viene il terapeuta non posso sapere con certezza ti ricordi impliciti che emergono nella relazione terapeutica forniscono un quadro affidabile di ciò che è accaduto nell'infanzia del paziente, tali ricordi possono perlomeno rivelare come il bambino ha vissuto le sue esperienze, e anche le sue fantasie sulle varie interazioni. Il terapeuta deve chiarire un paziente che il recupero dei ricordi traumatici non è lo scopo della psicoterapia. Un obiettivo più ragionevole è quello di aiutare il paziente a ristabilire funzioni mentali normali, in particolare per quanto riguarda le capacità di riflessione e di mentalizzazione, così che il paziente possa sviluppare una rappresentazione di Sé e degli altri più coerente. Il terapeuta deve evitare il ruolo di arbitro della verità storica. Ciò che gli individui ricordano è sempre un complesso impasto di fantasia e realtà. Il terapeuta deve ascoltare quando il paziente racconta con un atteggiamento curioso ma non giudicante, senza sentire la necessità di valutare tali racconti come veri al cento per cento o del tutto falsi. Un’utile modalità di osservare gli sviluppi dei processi di transfert controtransfert nella psicoterapia dei pazienti con disturbo dissociativo dell'identità e cercare di considerarli come episodi di un dramma si svolge tra quattro personaggi principali: una vittima, un individuo che compie abusi, un salvatore onnipotente e una madre non coinvolta. Questi personaggi oscillano formando diverse coppie complementari tra paziente e terapeuta agiti transferali e controtransferali che emergono nel corso della psicoterapia. La vittima, il responsabile dell'abuso e il salvatore onnipotente interagiscono secondo uno schema prevedibile che rappresenta la convergenza di un controtransfert in Senso stretto e di un controtransfert nel Senso più ampio del termine attraverso l'identificazione proiettiva. La maggior parte dei pazienti affetti da disturbo dissociativo dell'identità non ho avuto il vantaggio di crescere con confini generazionali e limiti posti dai genitori validi e amorevoli, e spesso vive i confini professionali del contesto terapeutico come una crudele forma di rifiuto. Questi pazienti possono richiedere al terapeuta dimostrazioni di un reale interesse che coinvolgono prolungamenti delle sedute, contatti fisici, rivelazioni di aspetti personali della vita del terapeuta e la pretesa di una totale disponibilità. Se i terapeuti cominciano a fare i salti mortali per assecondare queste richieste, i loro sforzi sono destinati al fallimento. Quando un terapeuta cerca di gratificare le crescenti pretese del paziente di avere prove del suo autentico desiderio di aiutarlo, i pazienti hanno la tacita convinzione di avere il diritto nel presente a una compensazione per gli abusi vissuti nel passato. Con il progressivo aumento delle richieste, il terapeuta può rapidamente sviluppare la sensazione di essere tormentato. Attraverso i processi di 70 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Kohut nella sua visione, sostiene che l'attività parafilica coinvolga un tentativo disperato di stabilire l'integrità e la coesione del Sé in assenza di risposte empatiche da Oggetto-Sé da parte degli altri. L'attività e la fantasia sessuale può aiutare il paziente a sentirsi vivo in te però quando è minacciato da un abbandono o dalla separazione. Secondo Goldberg la sessualizzazione rappresenta un tentativo di riparare un difetto strutturale del Sé correlato a un’incapacità di gestire e provare stati emozionali dolorosi. Egli ha inoltre associato la perversione a una scissione verticale all'interno della personalità tra una parte dell’Io reale e una parte ripudiata che è considerata quella che inizia e portava avanti i comportamenti sessualizzati. Secondo la visione clinica tradizionale le perversioni sono rare nelle donne. Questo punto di vista è cambiato negli ultimi anni come il risultato della ricerca empirica e dell'osservazione clinica, che hanno dimostrato come fantasie parafilie siano di fatto comuni nelle donne. I clinici non sono stato in grado di identificare le perversioni femminili perché se implicano delle dinamiche più sottili rispetto alla sessualità più prevedibile delle perversioni maschili. ➢ Esibizionismo e voyeurismo Esponendo pubblicamente i propri genitali a donne o bambine sconosciute, esibizionista sicura di non è sequestrato. La reazione di shock per queste azioni provocano lo aiuta a fronteggiare l'angoscia di castrazione e gli dà un Senso di potere sul Sesso opposto. Spesso questi uomini rivelano una profonda insicurezza al rispetto al loro senso di mascolinità. Stoller ha notato che l'angoscia di castrazione non le cose completamente la motivazione dell'atto esibizionisti co. Nella sua visione, la minaccia viene detta meglio in termini di identità, in quanto l'azione è quasi un’ansia esistenziale di minaccia al nucleo di identità di genere. Gli esibizionisti spesso sentono di non aver avuto alcun impatto su una persona della loro famiglia, e hanno pertanto ho dovuto ricorrere a misure straordinarie per essere notati. Anche l'altra faccia dell'esibizionismo, il voyeurismo, comporta la violazione del privato di una donna sconosciuta, un trionfo aggressivo ma segreto sul Sesso femminile. Fenichel ha associato le tendenze voyeuristiche ha una fissazione alla scena primaria infantile, nella quale il bambino vede o sente un rapporto sessuale tra i genitori. Fenichel ha anche identificato una componente aggressiva nel guardare, concettualizza il voler guardare come uno spostamento del desiderio di essere direttamente distrutto verso le donne, al fine di evitare sentimenti di colpa. ➢ Sadismo e masochismo Le persone che hanno bisogno di fantasie o azioni sadiche per raggiungere una gratificazione sessuale stanno spesso inconsciamente cercando di capovolgere scenari infantili in cui sono state vittime di abusi fisici o sessuali. Infliggendo ad altri quello che è successo a loro quando erano bambini, questi individui ottengono al medesimo tempo una vendetta è un Senso di padronanza sulle esperienze infantili di abuso. Anche i pazienti masochisti che hanno bisogno di umiliazioni o addirittura di dolore per raggiungere il piacere possono stare ripetendo delle esperienze infantili di abuso. Possono inoltre essere fermamente convinti di meritare una punizione per i loro desideri sadici conflittuali. In alcuni casi, questi pazienti si difendono dall'ansia di separazione sottomettendosi a un abuso. Sebbene il masochismo sia stato in maniera stereotipata associato alle donne, forme minori di fantasie sadiche e masochistiche possono essere osservate in quasi tutti gli uomini. Le pratiche dei maschi omosessuali e i racconti delle prostitute suggeriscono addirittura che le attività sessuali masochistiche siano prevalenti negli uomini. In termini relazionali, il sadismo spesso si sviluppa da una particolare relazione oggettuale interna nella quale l'oggetto rifiutante e distante necessità di uno sforzo energetico per superare la propria resistenza rispetto alla corrispondente rappresentazione del Sé. Similmente, la resa masochistica ci può essere una messa in atto di una relazione oggettuale interna nella quale l'oggetto risponde al Sé solo quando viene umiliato. 71 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 ➢ Feticismo Per raggiungere l'eccitamento sessuale, i feticisti hanno bisogno di usare un oggetto inanimato oppure una parte del corpo. Molte di queste pratiche visti che non causano danni a se stessi o ad altri e non vengono considerate disturbi parafilici. Scritti recenti hanno ampliato il concetto di feticismo, fino a includerlo all'interno di uno spettro di fenomeni che controllano l'ansia attraverso l'assegnazione di aspetti magici e illusoria un oggetto esterno. Il feticismo è anche stato esteso comprendere non solo oggetti inanimati, e si pensa che esista nelle femmine così come nei maschi. Le prospettive contemporanee si focalizzano su bisogno dell’Io di un oggetto esterno per controllare l'ansia. ➢ Pedofilia In base ai criteri del DSM-5, la diagnosi di disturbo pedofilico prevede la presenza persistente di fantasie o desideri che comportino attività sessuali con un bambino di età prepuberale; la diagnosi richiede inoltre un’età minima di 16 anni e almeno 5 anni maggiore rispetto a quella della vittima. Secondo la versione classica, la pedofilia rappresenta una scelta oggettuale narcisistica; ciò significa che il pedofilo vede il bambino come un’immagine che rispecchia se stesso bambino punto i pedofili venivano anche considerati individui impotenti e deboli che cercavano i bambini come oggetti sessuali in quanto questi volevano minori resistenze o creavano minore ansia dai partner adulti, permettendo così ai pedofili di evitare l'angoscia di castrazione. Nella pratica clinica, in molti pedofili si riscontrano gravi disturbi di personalità, il 60% dei soggetti esaminati ha un disturbo di personalità, il 20% ha un disturbo narcisistico, il 22% un disturbo antisociale. Molti individui con questa perversione scelgono professioni nelle quali possono interagire con le bambine perché le risposte idealizzante di questi ultimi li aiutano a mantenere un'immagine positiva di se stessi. Quando l'attività pedofila si manifesta in associazione con un disturbo narcisistico di personalità con tratti antisociali, le determinanti in codice del comportamento possono essere strettamente collegate alle dinamiche del sadismo. I pedofili sono frequentemente esistessi delle vittime di abusi sessuali infantili, è un Senso di trionfo e di potere può accompagnare la loro trasformazione di un trauma passivo in una vittimizzazione perpetrata attivamente. I pedofili sono spesso differenziati a seconda che presentino un blocco evolutivo ho una regressione. Il pedofilo con un blocco evolutivo è sessualmente attratto da individui più giovani sin dall'adolescenza, mentre il pedofilo regredito di solito non dimostra attrazione verso persone più giovani fino all'età adulta. Il pedofilo con un blocco evolutivo di solito con me i suoi abusi nei confronti di ragazzi, mentre la controparte è regredita molto spesso sfrutta le ragazze. Coloro che abusano di ragazze di solito lo fanno all'interno dell'ambiente familiare, come parte di una relazione incestuosa, e tendono ad avere poche vittime. Il pedofilo con un blocco evolutivo, invece, che sceglie i ragazzi con le oggetto di desiderio sessuale, tende ad avere molte vittime, che in genere non fanno parte della sua famiglia. ➢ Travestitismo Nel travestitismo, il paziente maschio si veste da donna per creare in Sé un eccitamento sessuale che porta a un rapporto sessuale eterosessuale o alla masturbazione. In molti casi non si tratta di un disturbo parafilico, ma di una parafilia che non implica disagio e non richiede necessariamente un’attenzione clinica. L'individuo si comporta in maniera tradizionalmente maschile quando è vestito da uomo, ma diventa effemminato quando è vestito da donna. La classica comprensione psicoanalitica del travestirsi da donna comporta la nozione di madre fallita. Immaginando che la madre possegga bene, anche se questo non è chiaramente visibile il bambino supera la sua angoscia di castrazione. L'atto di travestirsi da donna può pertanto essere un’identificazione con la madre fallica. 72 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Il lavoro clinico con i travestiti rivela che, quando sono da donna, provano stesso punto di fusione con l'oggetto materno intrapsichico. Rassicura sul fatto che non corrono il pericolo di perdere la confortante presenza materna che hanno dentro di Sé. Questi uomini sono sempre e devo sessuali, e nella maggior parte dei casi sono per il resto ben adattati. Considerazioni terapeutiche I pazienti con le parafilie sono difficili da trattare. Perché una persona dovrebbe voler interrompere una pratica che produce grande piacere? Molte parafilie sono egosintoniche; solo eccezionalmente i pazienti che sono disturbati dai loro sintomi ricercano volontariamente un trattamento. La maggior parte dei pazienti con parafilie inizia una terapia in Séguito a pressioni esercitate da altri. Vi può essere una causa giudiziaria, e il paziente può quindi sottoporsi al trattamento solo per sembrare buono in tribunale e spingere il giudice apro scioglierlo da ogni accusa. Un altro importante impedimento al trattamento dei pazienti con disturbi parafilici è il tipo di risposte controtransferali che evocano. Se in realtà tutti noi combattiamo con desideri inconsci perversi, è ragionevole presumere che potremmo reagire al paziente perverso così come reagiremo ai nostri stessi impulsi perversi. Siamo pieni di disgusto, ansia e disprezzo. Il nostro impulso naturale e quello di rispondere in maniera positiva, di moralizzare, di rimproverare. Siamo anche pieni d'orrore all'idea che qualcuno possa dare libero sfogo a tali impulsi mentre noi stessi vi controlliamo attentamente. Infine, un'altra tendenza controtransferale è quella di colludere con l'evitamento messo in atto dal paziente il rispetto alla parafilia parlando di altri aspetti della sua vita. Se la terapia delle parafilie, specie di quelle che coinvolgono pedofilia e altre forme di violenza criminale, sia realmente efficace rimane una questione molto controversa. Sebbene alcuni studi siano incoraggianti, la validità dei criteri utilizzati nei follow-up per la valutazione degli esiti è molto problematica. Se come riferimento si usa con le recidive, determinare in base al numero degli arresti, si applica una griglia troppo stretta. Dato che è un’osservazione giorno e notte dei pedofili non è possibile, i ricercatori non possono sapere con certezza se essi continuano o meno ad agire gli impulsi a molestare i bambini. In molti casi di parafilia, specialmente in situazioni in cui sono stati commessi crimini sessuali, la psicoterapia viene integrata da abuso di farmaci, principalmente antiandrogeni e agonisti parziali dell'ormone di rilascio delle gonadotropine. L'impiego di farmaci rimane comunque controverso, soprattutto a causa degli effetti collaterali e della difficoltà a garantire l'aderenza al trattamento; inoltre, molti responsabili di reati sessuali continuano ad avere fantasie e comportamenti sessuali devianti anche quando la terapia farmacologica risulta efficace nel ridurre i livelli di testosterone. ➢ Trattamenti psicoterapeutici La psicoterapia individuale con enfasi espressiva può essere il metodo preferito di un trattamento in alcuni casi di parafilia, ma anche se diversi pazienti potranno guadagnare molto in termini di relazionalità oggettuale e funzionamento dell’Io, le loro tendenze parafiliche potranno essere modificate in grado minore. Quando individui con parafilie vengono trattati con una terapia psicodinamica emergono alcuni problemi tipici. Questi pazienti raramente desiderano focalizzarsi sulla parafilia e spesso asseriscono vivacemente che per loro essa non è più un problema. La scissione verticale nella personalità del paziente può dare origine a fenomeni transferali paralleli ma distinti. Ciascuna modalità transferale produrrà controtransfert corrispondenti, che prevedono spesso una forma di collusione con la parafilia. Il terapeuta deve riconoscere che tale comportamento è essenziale per la sopravvivenza emotiva del paziente, ma anche considerarlo come qualcosa che deve essere compreso e ridimensionato. A questo proposito, la scissione verticale nel transfert si incontra con una corrispondente risposta scissa nel terapeuta. 75 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Capitolo 12 *Disturbi correlati a sostanze e disturbi dell’alimentazione* I disturbi correlati a sostanze vengono definiti dall'assunzione di composti chimici che possono portare ad addiction, ha problemi fisici che mettono in pericolo la vita e a una moltitudine di problemi psicologici. I disturbi dell'alimentazione vengono definiti da una eccessiva ingestione di cibo, da condotte di eliminazione o dal rifiuto del cibo. Disturbi correlati a sostanze Le diverse forme di uso problematico di sostanze hanno molto in comune, perciò il DSM-5 ha eliminato le precedenti categorie di abuso e dipendenza riunendo tutti i tipi di abuso e dipendenza da sostanze sotto la definizione di disturbo da uso di sostanze. Molti dei sintomi descritti dal DSM-IV rientrano in questa categoria più ampia, ma con due cambiamenti rilevanti l'aggiunta del criterio relativo al craving, o forte desiderio o spinta all'uso di una sostanza, è l'eliminazione del criterio relativo ai problemi legali ricorrenti, a causa della bassa prevalenza e dello scarso collegamento con gli altri criteri. Vi sono due modelli per spiegare l'uso di sostanze: il modello morale e il modello della malattia. Il modello morale considera gli alcolisti responsabili del loro alcolismo. Da questo punto di vista, gli alcolisti sono individui edonisti interessati solamente alla ricerca del proprio piacere. Il successo degli alcolisti anonimi ha portato a una crescente popolarità del modello che considera l'abuso di sostanze come una malattia. Come il diabetico non viene ritenuto responsabile del diabete, l'alcolista non viene il responsabile dell’alcolismo. Questi individui vengono visti come persone che hanno un'innata predisposizione alla dipendenza da sostanze esogene; i fattori psicologici sono irrilevanti. Anche quando vengono cresciuti lontano dai genitori, i figli di alcolisti presentano un rischio superiore alla norma di diventare a loro volta alcolisti in età adulta. Ricerche sempre più sofisticate suggeriscono l'esistenza di componenti genetiche che contribuiscono, insieme alle influenze di natura ambientale, ad aumentare il rischio di specifici disturbi da uso di sostanze. Approcci psicodinamici all’alcolismo L’approccio degli alcolisti anonimi al problema dell'alcolismo si è rivelato efficace nel trattamento di molti individui. Sebbene l'organizzazione promuova il modello della malattia, i suoi metodi sono rivolti a bisogni psicologici e facilitano un duraturo cambiamento strutturale della personalità. L'astinenza viene raggiunta in un contesto interpersonale nel quale gli alcolisti possono esperire una comunità di compagni di sofferenza che si preoccupa e si prende cura di loro. Queste figure possono essere interiorizzate con le stesse modalità con cui viene interiorizzato uno psicoterapeuta, e possono assistere l'alcolista in termini di gestione degli affetti, controllo degli impulsi e altre funzioni dell’Io proprio come farebbe uno psicoterapeuta. Per molti alcolisti i cambiamenti psicologici incoraggiati dagli alcolisti anonimi, l'astinenza associata all'impegno verso gli ideali proposti e il fatto di frequentare regolarmente le riunioni sono un trattamento sufficiente. Il clinico deve avere il buon Senso di permetterlo. La partecipazione alle riunioni, soprattutto se integrata da una psicoterapia, è associata a un miglioramento degli esiti. L'esperienza clinica ha tuttavia ripetutamente dimostrato che l'approccio degli alcolisti anonimi non è adatto a tutti i pazienti con alcolismo; apparentemente funziona meglio per quelli che riescono ad accettare l'idea di non avere alcun controllo sul bere e che pertanto hanno bisogno di arrendersi a un potere superiore, e per quelli che sono essenzialmente privi di altri disturbi psichiatrici. Un’analisi di studi sul trattamento dell'alcolismo ha indicato che trattamenti differenti hanno una diversa efficacia in gruppi di pazienti diversi. Nessun tipo di terapia si rivela più efficace di tutti gli altri. In una ricerca sono stati paragonati i tre tipi di terapia: la terapia cognitivo comportamentale, il programma degli alcolisti anonimi e la terapia motivazionale diretta a incrementare la capacità e la volontà di modificare le abitudini alcoliche. In generale, tutti e tre gli approcci davano risultati e ragionevolmente positivi, e nessuno si dimostrava più efficace degli altri. 76 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 La maggiore difficoltà con l'approccio del modello della malattia consiste forse nel fatto che esso ignora l'eterogeneità del disturbo. L'alcolismo non è un’entità monolitica. In effetti, sarebbe più opportuno parlare di alcolismo. Sebbene diverse ricerche e colleghi non quadri di iperattività e comportamento antisociale al successivo sviluppo di alcolismo, non sono stati identificati i parametri relativi alla personalità associati in maniera specifica a una predisposizione alla dipendenza da alcol. Uno studio ha riportato ok, in caso di maltrattamento infantile, l'uso di alcol era sette volte più frequente è, in media, iniziava a più di 2 anni prima rispetto a quanto osservato in soggetti di controllo. Un altro studio ha riscontrato, i giovani di età inferiore ai 25 anni, alti tassi di alcolismo e abuso di sostanze durante il Secondo anno successivo alla morte di un genitore, specialmente se causata da suicidio. Nel trattamento di un paziente alcolista bisogna sempre considerare con attenzione gli eventi traumatici, le tematiche psicologiche, le variabili di personalità e il sistema familiare. Un'interpretazione poco flessibile del modello della malattia potrebbe portare i clinici a ignorare come questi fattori contribuiscono alle recidive nel decorso del disturbo. Anche se nessuno specifico tratto di personalità è predittivo di alcolismo, diversi autori psicoanalitici hanno ripetutamente notato difetti strutturali, come debolezza dell’Io e difficoltà a mantenere l'autostima. L'alcol adempie la funzione di sostituire strutture psicologiche assenti e di restaurare pertanto un qualche senso di rispetto di Sé e di armonia interna. Purtroppo, questi effetti sono presenti solo quando l'individuo è sotto l'azione dell'alcol. Uno studio che ha coinvolto più di 43.000 soggetti ha rivelato che almeno un disturbo di personalità è presente nel 28% dei soggetti con disturbo da uso di alcol in atto, è nel 48% di quelli con disturbo da uso di sostanze stupefacenti. Particolarmente forte è la correlazione con i disturbi di personalità antisociale, istrionico e dipendente. In un individuo lo sviluppo di alcolismo può rappresentare il risultato finale di una complessa interazione tra carenze strutturali, predisposizione genetica, influenze familiari, contributi culturali e altre diverse variabili ambientali. Un'approfondita valutazione psicodinamica del paziente considererà l'alcolismo e tutti i fattori che vi contribuiscono nel contesto dell'intera persona. Stabilire, per esempio, se la depressione sia una causa è una conseguenza dell’alcolismo, oppure uno stato patologico completamente separato, interessa più i ricercatori che non i clinici. Quando queste persone smettono di bere guardano all'indietro si trovano in genere ad affrontare un considerevole grado di depressione, che nasce dal riconoscimento doloroso di aver fatto del male ad altri. Devono anche lavorare il lutto per tutto ciò che hanno perduto ho distrutto a causa del loro comportamento di dipendenza. Sebbene farmaci antidepressivi possono alleviare tale depressione, la psicoterapia può fornire un aiuto nel processo di elaborazione di questi aspetti dolorosi. La psicoterapia e l'approccio usato dagli alcolisti anonimi escono in modo sinergico. Molti terapeuti che lavorano con pazienti alcolisti sostengono che l'astinenza sia un requisito necessario per una psicoterapia efficace. D'altra parte, i terapeuti riconoscono anche il fatto che le ricadute sono probabili, e nella maggior parte dei casi cercano di lavorare con il paziente motivato per identificare le condizioni di stress che favoriscono ottavi ricadute e per definire strategie che permettano di evitare situazioni ad alto rischio. Tuttavia, se i pazienti continuano a bere pesantemente e non manifesta alcuna capacità ho alcun interesse nell'esplorazione delle ragioni che li portano a bere, possono avere bisogno di un ricovero per essere trattati efficacemente. L'obiettivo di una terapia psicodinamica e quello di trasformare il bisogno di sostanze in bisogno di altre persone, incluso il terapeuta. Approcci psicodinamici all’abuso di sostanze stupefacenti Gli approcci psicodinamici all'abuso di sostanze stupefacenti sono molto più ampiamente accettati e valorizzati di quanto non lo siano nel trattamento degli alcolisti. Rispetto agli alcolisti, i politossicomani hanno maggiori probabilità di avere alle spalle un'infanzia instabile, di utilizzare le sostanze assunte come una forma di automedicazione per sintomi psichiatrici, e di trarre beneficio da sforzi psicoterapeutici tesi ad affrontare quadri sintomatologici e patologie del carattere che sottendono alla tossicodipendenza. 77 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 In confronto agli alcolisti, i tossicodipendenti presentano assai più facilmente coesistenti e significativi disturbi psichiatrici. In uno studio in cui sono state intervistate più di 20.000 persone, i tossicodipendenti avevano una percentuale di comorbilità del 53%, rispetto al 37% degli alcolisti. Questo stesso studio ha rivelato che i disturbi d'ansia, e disturbo antisociale di personalità e disturbo da deficit di attenzione e di solito precedono l'inizio dell’abuso di cocaina, mentre disturbi affettivi e alcolismo in genere si manifestano dopo l'esordio dell'abuso. L’originaria interpretazione psicoanalitica di ogni abuso di sostanze come regressione allo stato orale dello sviluppo psicosessuale è stata sostituita da una comprensione della maggior parte degli abusi di sostanze stupefacenti come difensivi e adattivi piuttosto che regressivi. L'uso di droghe può in realtà portare a un miglioramento di stati regressivi, rinforzando difettose difese dell’Io contro affetti potenti come rabbia, vergogna e depressione. Le prime formulazioni psicoanalitiche spesso dipingevano i tossicodipendenti come edonisti alla ricerca del piacere è in clinica autodistruzione. I ricercatori psicoanalisi contemporanea vedono il comportamento tossicomane più come un riflesso della carenza della capacità di prendersi cura di Sé che come un impulso autodistruttivo. Questa ridotta capacità di prendersi cura di Sé è il risultato di precoci disturbi nello sviluppo che portano a un'adeguata interiorizzazione delle figure genitoriali, rendendo il tossicodipendente incapace di proteggere se stesso. Pertanto, la maggior parte dei tossicodipendenti cronici mostra un fondamentale difetto di giudizio riguardo ai rischi che l'abuso di sostanze comporta. Ugualmente importante nella patogenesi della tossicodipendenza è l'insufficienza delle funzioni deputate alla regolazione degli affetti, al controllo degli impulsi e al mantenimento dell'autostima. Questi deficit creano dei problemi corrispondenti nelle relazioni di oggetto. A questi problemi relazionali contribuiscono una vulnerabilità narcisistica inerente ai rischi interpersonali e l'incapacità di modulare gli affetti associati ed intimità. I tossicodipendenti cercano di evitare un Senso di impotenza o disperazione attraverso il controllo è la regolazione dei loro stati affettivi. L'assunzione di una droga può essere vista come un tentativo disperato di compensare le carenze a livello di funzionamento dell’Io, autostima e problemi interpersonali correlati. Molti pazienti tossicodipendenti perpetuano consapevolmente il loro dolore e la loro sofferenza continua a fare uso di droghe. In alcuni casi l’infliggere ripetutamente dolori a se stessi rappresenta un tentativo di risolvere stati traumatici che non possono essere ricordati e che esistono come configurazioni pre-simboliche e inconsce. Questi individui combattono con Sentimenti di motilità, colpa, autocritica e vergogna. La loro depressione sembra intensificarsi quando cercano di avvicinarsi agli altri, così che si ritirano in una beatitudine isolata raggiunta attraverso l'eroina o altre sostanze stupefacenti che ha dimensioni sia aggressive difensive. Molti tossicomani utilizzano la difesa della scissione per allontanare una rappresentazione di Sé come tossicodipendenti, che si alterna a una rappresentazione di Sé come non tossicodipendenti. Questi individui si sentono come se qualcun altro avesse preso il comando per un breve periodo. Alcuni studi hanno cercato di collegare una comprensione psicoanalitica della dipendenza da sostanze con i dati della ricerca scientifica. Johnson ha suggerito che tre forze possono contribuire nello sviluppo di tendenze alla dipendenza: - difficoltà a tollerare gli affetti; - problemi di costanza d'oggetto, che portano l'individuo dipendente a vedere una sostanza come un sostituto di un oggetto interno fonte di conforto; - fenomeni di craving biologicamente determinati che derivano da cambiamenti dei pattern di funzionamento cerebrale. La via tegmentale ventrale è particolarmente importante per la comprensione di tali fenomeni, perché è la via pulsionale che negli animali e nell'uomo media la ricerca di acqua, cibo, sesso. Questo circuito neurale è attivato dall'esposizione episodica e irregolare a sostanze in grado di generare dipendenza; i fenomeni del craving diventano una forma di espressione delle pulsioni. L’intensità della psicoterapia necessaria per produrre un effetto nel trattamento può dipendere dalla natura dell'uso di sostanze, dai problemi psichiatrici del paziente e dall'impiego o 80 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Approcci terapeutici Le evidenze relative alla psicoterapia dell'anoressia sono deboli. Uno studio recente ha confrontato tre approcci: una terapia psicodinamica focale, una terapia cognitivo comportamentale e un trattamento standard ottimizzato. La terapia psicodinamica si è rivelata superiore alle altre per quanto riguarda i tassi di remissione a 12 mesi. Invece, la terapia cognitivo comportamentale è risultata più efficace rispetto alla rapidità del recupero ponderale e ai miglioramenti della psicopatologia specifica. I risultati di una meta-analisi suggeriscono che per gli adolescenti con anoressia nervosa il trattamento basato sulla famiglia è probabilmente superiore altamente individuale e può essere raccomandato come intervento di prima scelta. I clinici che hanno il trattamento pazienti con anoressia nervosa sono d'accordo nel ritenere che gli obiettivi terapeutici non debbano essere focalizzati strettamente sull’aumento di peso. Un approccio “a due vie” prevede una prima fase di ripresa dell'alimentazione per acquistare peso. Una volta raggiunto questo obiettivo, può iniziare la seconda fase dell'intervento psicoterapeutico. Le pazienti anoressiche mostrano miglioramenti più marcati quando l'approccio terapeutico comprende una combinazione di psicoterapia familiare e psicoterapia dinamica individuale, rispetto a quando vengono trattate semplicemente con misure educazionali centrate sul controllo del peso. Nel corso di una psicoterapia e frequente il ricorso all'ospedalizzazione. I membri dello staff di un reparto devono prestare una particolare attenzione ai tentativi inconsci del paziente di rimettere in atto nell'ambiente ospedaliero le battaglie familiari. In questi casi devono riuscire a trasmettere il proprio interesse nei confronti della paziente e aiutarla a riacquistare peso, senza però mostrarsi eccessivamente preoccupati, essenza per le richieste simili a quelle che farebbero i genitori. La paziente può essere aiutata ad affrontare la paura di perdere il controllo con un programma di alimentazione che prevede pasti frequenti ma poco abbondanti. Gli aumenti di peso dovrebbero essere riferiti alla paziente con concomitanti rinforzi positivi. A volte membri dell'equipe terapeutica devono rassicurare la paziente sul fatto che non permetteranno un eccessivo aumento di peso, aiutandola così a sviluppare un Senso di fiducia in loro. La psicoterapia individuale spesso richiede molti anni di intenso lavoro a causa delle formidabili resistenze poste dalla paziente anoressica. Risultano utili quattro principi di tecnica: 1) Evitare un investimento eccessivo nel cercare di cambiare il comportamento alimentare. La paziente vede l'anoressia nervosa come la soluzione a un problema interno. Gli psicoterapeuti che la definiscono immediatamente come un problema che deve essere risolto riducono la loro possibilità di formare una valida alleanza terapeutica. Il comportamento associato all'anoressia nervosa suscita richieste e aspettative di cambiamento da parte dei genitori della paziente. Attraverso l'identificazione proiettiva, è facile che lo psicoterapeuta senta una forte pressione a identificarsi con gli oggetti interni proiettati dalla paziente che sono associati con i genitori. Invece di diventare una figura genitoriale, lo psicoterapeuta deve cercare di capire il mondo interno della paziente. Così come provoca i propri genitori rifiutandosi di mangiare, la paziente cercherà di provocare lo psicoterapeuta rifiutandosi di parlare. 2) Evitare interpretazioni precoci nella terapia. Le interpretazioni di paure e desideri inconsci verranno percepita dalla paziente anoressica come una ripetizione della storia della sua vita. Qualcun altro le sta dicendo quello che lei realmente sente, mentre la sua esperienza cosciente viene minimizzata. Al contrario, il compito del terapeuta dovrebbe essere quello di valutare ed empatizzare con l'esperienza le aziende. Il terapeuta deve trasmettere il messaggio che la paziente è una persona autonoma che ha il diritto di avere le proprie idee sulla malattia. E di fondamentale importanza aiutare la paziente a definire i tuoi stati affettivi. Il terapeuta può aiutare la paziente a esplorare varie opzioni, ma dovrebbe evitare di dirle cosa fare. 3) Controllare attentamente il controtransfert. Le pazienti anoressiche spesso credono che i genitori vogliono farle aumentare di peso in modo che gli altri non li considerino dei falliti. È facile che il terapeuta diventi ansioso riguardo a questioni simili. Questa preoccupazione controtransferale può portare il terapeuta a cadere nella trappola di identificarsi con i genitori 81 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 della paziente. Le pazienti tentano di attribuire al terapeuta lo stesso ruolo che conferiscono ai genitori, cercando aiuto per ottenere attenzione, ma frustrando ripetutamente i loro tentativi. Spesso si mostrano volenterose e pronti a collaborare per poi salutare il lavoro del terapeuta. Il terapeuta deve adattarsi alla frustrazione di sentirsi ingannato dalla paziente. Per gestire il controtransfert è utile ricordare che queste pazienti interpretano progressi come sintomi di crescita e separazione dalla famiglia, prospettive che sono entrambe fonte di grande inquietudine e paura. 4) Esaminare le distorsioni cognitive. Le errate percezioni della paziente riguardo al suo corpo e le sue credenze cognitive illogiche dovrebbero essere esplorate con la paziente in maniera non giudicante. Lo psicoterapeuta deve, tuttavia, cercare di educare senza porre alcuna richiesta di cambiamento. Queste linee di orientamento, per quanto utili, non vanno prese come assunte. Gli psicoterapeuti devono essere flessibili, insistenti e tenaci di fonte alla tendenza della paziente a rinviare continuamente il processo terapeutico nel tentativo di essere ancora una volta lasciata in pace. Sebbene le pazienti con anoressia nervosa possano sembrare nel breve termine fortemente resistente alla terapia, molte di loro alla fine migliorano. ➢ Bulimia nervosa Le pazienti con bulimia nervosa vengono generalmente distinte da quelle con anoressia nervosa sulla base della presenza di abusi alimentari o abbuffate e di comportamenti compensatori quali vomito autoindotto inappropriato uso di lassativi. Dati sempre più numerosi indicano come tra i due disturbi esista un considerevole legame. In almeno il 50% dei casi le pazienti anoressiche sono anche bulimiche. I risultati di follow-up suggeriscono che con il passare del tempo l'anoressia nervosa può cedere il posto alla bulimia, mentre la modalità inversa è molto più rara. Comprensione psicodinamica Un quadro clinico di bulimia può essere osservato in pazienti con strutture del carattere diverse. L'anoressia è la bulimia sono essenzialmente due facce della stessa medaglia. Mentre la paziente anoressica è caratterizzata da una maggiore forza dell’Io e da un maggiore controllo del Super-Io, alcune pazienti bulimiche possono soffrire di una generalizzata incapacità di posticipare la soddisfazione degli impulsi, a causa di un Io indebolito e di un Super-Io forte. Eccessiva ingestione di cibo e le successive condotte di eliminazione non sono solitamente problemi di controllo degli impulsi isolati; coesistono relazioni sessuali impulsive e autodistruttive e con l'abuso di sostanze. Gli autori che hanno studiato le origini evolutive della bulimia hanno rilevato notevoli difficoltà rispetto alla separazione sia nelle pazienti che nei loro genitori. Un tema comune nella storia infantile delle pazienti bulimiche e l'assenza di un oggetto transizionale, come un succhiotto o una copertina, che aiuti la bambina a separarsi psicologicamente dalla madre. Questa lotta evolutiva per separarsi può essere inscenata usando come oggetto transizionale il corpo: l'ingestione di cibo rappresenta il desiderio di fusione simbiotica con la madre, e l'espulsione di un tentativo di separarsi da lei. Come le madri delle pazienti anoressiche, i genitori delle bambine destinate a diventare pulivi che si rapportano spesso alle figlie come se fossero estensioni di se stessi. Nelle famiglie bulimiche predomina una modalità particolare di gestire qualità cattive inaccettabili. I membri della famiglia apparentemente hanno un forte bisogno che gli altri li vedano come tutti i buoni. Le qualità inaccettabili dei genitori vengono spesso proiettate nella bambina bulimica, che diviene così l'unica depositaria della cattiveria; identificandosi inconsciamente con queste proiezioni, la bambina diventa la portatrice di tutta l’avidità e l’impulsività della famiglia. Il risultante equilibrio omeostatico mantiene l'attenzione sulla bambina malata piuttosto che sui conflitti nei, o tra i, genitori. L’ingestione e l’espulsione di cibo possono riflettere direttamente l'introiezione e la proiezione di introietti aggressivi o cattivi. Questo processo di scissione viene spesso ulteriormente concretizzato dalla paziente; può, per esempio, considerare le proteine come cibo buono, che viene pertanto 82 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 trattenuto piuttosto che è successo, e i carboidrati come cibo cattivo, che viene consumato in grandi quantità solo per essere vomitato. Considerazioni terapeutiche Il più importante principio nel trattamento della bulimia e la personalizzazione del piano terapeutico. Concomitanti disturbi psichiatrici, come depressione, disturbo di personalità o abuso di sostanze, dovrebbero essere presi in esame come parte di una pianificazione globale del trattamento. Uno studio che ha esaminato pazienti con remissione completa dei sintomi dopo una terapia cognitivo comportamentale di 16 settimane ha riscontrato un tasso di ricadute del 44%. Una revisione di studi sull'uso della terapia cognitivo comportamentale per la bulimia nervosa riflette le difficoltà che si incontrano nel trattamento di questi pazienti. Gli effetti della psicoterapia psicodinamica rimangono ancora poco studiati. Tra le pazienti che non rispondono al trattamento, fino a due terzi possono avere un disturbo borderline, mentre le altre possono essere affette da altri disturbi di personalità o da una depressione. Queste pazienti necessitano di una psicoterapia espressivo supportiva a tempo indeterminato. Molte sono apertamente irritate dall’approccio comportamentale ai loro sintomi bulimici. Se ci si focalizza sul comportamento manifesto della paziente, negando il suo mondo interno, si rischia di riprodurre la sua esperienza di essere cresciuta con genitori più interessati alla superficie che alla sostanza. Per alcune pazienti anche il compito di scrivere un diario quotidiano sulle loro abitudini alimentari potrà risultare avvilente, in quanto considerano i loro problemi alimentari come sintomatici di disturbi più fondamentali. Un trattamento che non sia in sintonia con degli interessi e il sistema di credenze della paziente è condannato a fallire. I terapeuti possono trovarsi a dover accettare la cattiveria che la paziente sta cercando di espellere. Possono anche sentirsi vomitati addosso quando la paziente ha ripetutamente rigetta tutti i loro sforzi terapeutici. La riproduzione degli schemi familiari nel trattamento ospedaliero nella psicoterapia individuale aiuta il clinico a comprendere il ruolo della paziente nell'ambito del sistema familiare. E spesso necessaria una terapia della famiglia oppure un intervento sulla famiglia associato a una psicoterapia individuale. Ignorando il sistema familiare, il terapeuta corre il rischio che il miglioramento della paziente sia visto come terribilmente minaccioso dagli altri membri della famiglia. Una delle più comuni difficoltà contro transferali e costituita dal desiderio di curare il paziente rapidamente, che porta il terapeuta a “ipernutrire” il paziente introducendo troppo precocemente molti interventi terapeutici. Gli interventi di interpretazione e confrontazione possono essere gestiti in modo bulimico, venendo consumati in modo ingordo senza una corretta digestione. Disturbo da binge-eating Gli studi sulla il trattamento del disturbo da binge-eating sono ancora relativamente poco numerosi, sebbene la prevalenza stimata in alcuni gruppi campione possa arrivare fino al 4%. Rispetto a individui obesi non affetti da questa condizione, le persone con disturbo da binge eating tendono a esprimere una maggiore paura di ingrassare è una maggiore insoddisfazione per il proprio corpo. Il terapeuta deve opporsi alle reazioni controtransferali come il disprezzo evocato da pazienti che manifestano autoindulgenza senza preoccuparsi delle conseguenze. Un'associazione con uno stile di attaccamento insicuro si è riscontrata per tutti i disturbi dell'alimentazione, incluso il disturbo da binge eating. In uno studio di confronto tra terapia cognitivo comportamentale di gruppo e terapia psicodinamica interpersonale di gruppo, entrambi i trattamenti hanno determinato una riduzione degli episodi di abbuffata; ma quegli stessi risultati indicavano che gli esiti individuali differivano in funzione del livello di evitamento e di ansia dell'attaccamento. 85 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 memoria del paziente. Tale irritazione può contemporaneamente scatenare nel terapeuta sensi di colpa e atteggiamenti di eccessiva severità verso se stesso, incapace di ricoprire efficacemente il ruolo di figura comprensiva e supportiva. I clinici possono anche aiutare i caregiver spiegando che cosa non devono fare. Per esempio, se un paziente con malattia di Alzheimer accusa la moglie di avergli rubato qualcosa che non riesce più a trovare, non Serve tentare di dimostrargli che tali accuse sono infondate; la donna dovrebbe semplicemente aiutarlo a cercare l'oggetto in questione. In generale la strategia migliore è quella di evitare nei confronti azioni. I caregiver dovrebbero inoltre essere aiutati a fornire una routine strutturata è ribadita con costanza, anche se si tratta di un compito che spesso richiede sforzi considerevoli. L’ultimo compito comporta l'accettazione della morte. I clinici che affrontano con queste famiglie situazioni troveranno spesso estremamente a il processo terapeutico, ma possono sentirsi fieri di aver avuto un impatto significativo sulle vite di tutte le persone coinvolte. Alla fine, quando consolano chi ha perso una persona cara, ho solo fare presente che nella demenza di Alzheimer della tragedia non è la morte, ma la malattia in Sé. 86 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 87 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Capitolo 14 *Disturbi di personalità del gruppo A* Il paziente paranoide, schizoide e schizotipico Disturbo paranoide di personalità La difesa che definisce la paranoia ha origine in un periodo che precede la capacità del bambino di distinguere gli eventi interni da quelli esterni, in cui il Sé e l’oggetto sono dunque confusi. La paranoia implica fondamentalmente sperimentare come esterno al Sé qualcosa che invece si trova al suo interno. Un carattere paranoide può essere associato a qualunque livello di forza dell’Io, integrazione dell’identità, esame di realtà e relazioni oggettuali. Il pensiero paranoide non è di per sé patologico. Utilizzando questa modalità, pensieri e sentimenti pericolosi o spiacevoli vengono scissi, proiettati fuori di Sé e attribuiti ad altri. Alcuni individui non paranoidi sul piano caratterologico diventano temporaneamente tali se si trovano in situazioni paranoizzanti, umilianti e intrappolanti; dunque, quando si fa un colloquio a scopi diagnostici non bisogna mai escludere la possibilità che la persona che ci sta davanti sia legittimamente spaventata, o che coloro che la spingono a rinvolgersi alla terapia abbiano un qualche tornaconto personale a farla sembrare pazza. Al contrario, alcuni individui realmente paranoidi non danno impressione di esserlo. Il disturbo paranoide di personalità è invece un’entità patologica distinta, che è indipendente da fattori culturali e che non si costituisce come una fase transitoria prodotta in connessione con dinamiche gruppali. Ciò che lo caratterizza è uno stile pervasivo di pensare, sentire e mettersi in relazione con gli altri particolari e invariabile. Questi individui vivono all'interno della posizione schizoparanoide. I criteri diagnostici rispecchiano una modalità di pensiero che può essere concettualizzata come uno stile cognitivo paranoide, caratterizzato da una costante ricerca di significati oscuri, di tracce rivelatrici della verità nascosta dietro il significato apparenza di una situazione. Il superficiale e l'apparente semplicemente mascherano la realtà. Questa ricerca senza fine comporta un iperattivazione dell'attenzione che è evidenziata dalla circospezione regata a tale continuo e attento controllo. Un individuo paranoide analizza costantemente ciò che lo circonda alla ricerca di particolari insoliti. Il paziente paranoide è in pratica incapace di rilassarsi. Il pensiero paranoide è anche caratterizzato da una mancanza di flessibilità. Le persone che tentano di discutere con un individuo con personalità paranoide facilmente si ritroveranno a essere il bersaglio della sua sospettosità. Il pensiero del paranoide differisce da quello dello schizofrenico paranoide per il fatto di non essere delirante. Al contrario, i pazienti con disturbo paranoide di personalità tendono ad avere percezioni molto precise del loro ambiente, a essere generalmente compromessa è però la loro capacità di giudizio su tali percezioni. La realtà non è distorta, lo è invece il significato della realtà con essa appare. CRITERI DSM-5 PER DISTURBO PARANOIDE DI PERSONALITÀ A. Pervasiva diffidenza e sospettosità nei confronti degli altri le cui motivazioni sono interpretate malevolmente, comparsa entro la prima età adulta e presente in diversi contesti, come indicato da almeno quattro dei seguenti criteri: 1) si aspetta, senza motivi sufficienti, di essere sfruttato, danneggiato o ingannato dagli altri; 2) dubita senza giustificazione della lealtà o affidabilità di amici e colleghi; 3) è riluttante nel confidarsi con gli altri a causa di un timore ingiustificato che le informazioni possano essere usate contro di lui; 4) scorge significati nascosti umilianti o minacciosi in osservazioni o eventi benevoli; 5) porta sempre rancore e non perdona insulti, offese o affronti; 6) percepisce degli attacchi al proprio ruolo o reputazione non evidenti agli altri e reagisce prontamente con rabbia o contrattaccando; 7) dubita frequentemente, senza giustificazione, della fedeltà del coniuge o del partner sessuale; B. Non compare esclusivamente durante il decorso della schizofrenia o di un disturbo dell’umore con caratteristiche psicotiche o di un altro disturbo psicotico e non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una condizione generica di interesse internistico. Nota: se i criteri vengono soddisfatti prima dell’esordio della schizofrenia, aggiungere “premorboso”, ad es. “disturbo premorboso di personalità paranoide”. 90 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Alla luce di questi ostacoli, il primo passo nella psicoterapia dovrebbe essere quello di costruire un'alleanza terapeutica. Tale processo è reso più difficile dalla tendenza dei pazienti paranoidi a evocare negli altri risposte difensive. Il paziente tratta il terapeuta come un oggetto cattivo persecutorio. Il terapeuta si sente costretto ad assumere un atteggiamento difensivo e finisce per dare un'impressione che tenta di rimandare la proiezione nel paziente. Il paziente risponde sentendosi attaccato, frainteso e ingannato. Per evitare questo circolo vizioso il terapeuta deve empatizzare con il bisogno del paziente di proiettare come mezzo di sopravvivenza emozionale ed essere disposto a servire da contenitore per sentimenti di odio, cattiveria, impotenza e disperazione. Il tentativo di restituire tali sentimenti prematuramente avrà come unico risultato quello di aumentare il grado di tensione interna del paziente e di farlo diventare ancora più rigido. In molti pazienti paranoidi il transfert è immediato, intenso e spesso negativo. A volte il terapeuta è portatore di immagini salvifiche proiettate, ma più frequentemente è considerato potenzialmente disconfermante e fonte di umiliazione. I clienti paranoidi si accostano alla valutazione psicologica con l’aspettativa che l’interlocutore cercherà di dimostrare la propria superiorità mettendo a nudo i loro aspetti negativi; di solito attribuiscono al clinico severità e disposizione a criticare. Non sorprende che chi conduce il colloquio risponda con un Senso di vulnerabilità e un generale atteggiamento di difesa. Il controtransfert è di solito ansioso oppure ostile. Il terapeuta è comunque sempre consapevole di provare intense reazioni, diversamente dal controtransfert spesso più indefinito che emerge con i pazienti narcisisti o schizoidi. Con un paziente paranoide il terapeuta si trova spesso a percepire coscientemente quegli aspetti di una reazione emotiva che il paziente ha estromesso dalla propria coscienza. Proprio per il peso di queste reazioni interne al terapeuta, in molti clinici si manifesta la tendenza controtransferale a tentare di parlare chiaramente al paziente della natura irrealistica dei pericoli da cui si sente minacciato; ma spesso accade che il paziente implori la nostra rassicurazione e poi si convince che facciamo parte di una cospirazione contro di lui. L’impotenza del terapeuta nell’offrire un aiuto immediato a una persona così sospettosa è probabilmente la prima e più pericolosa barriera allo stabilirsi di quel tipo di relazione che alla fine può dare sollievo. L’interpretazione “dalla superficie al profondo” è solitamente impossibile con i pazienti paranoidi, giacché dietro le loro preoccupazioni manifeste vi sono numerose trasformazioni radicali dei sentimenti originali. L’analisi delle difese non fa che mobilitare un uso ancor più massiccio di quelle difese. Ma se i modi abituali di aiutare i pazienti ad aprirsi non provocano altro che ulteriori circonvoluzioni delle problematiche paranoidi, come è possibile essere d’aiuto? In primo luogo, si può ricorrere al Senso dell’umorismo; certo, bisogna evitare che il paziente si senta preso in giro e ridicolizzato, ma tale cautela non esclude che il terapeuta possa assumere un atteggiamento di autoironia, di pacato divertimento per le intenzionalità del mondo. Il modo migliore per preparare il campo alla possibilità di condividere momenti di umorismo è ridere dei propri punti deboli, delle proprie arroganze e dei propri errori. Alle persone paranoidi non sfugge nulla; nessun difetto del terapeuta si sottrae a loro. In Secondo luogo, è possibile superare o aggirare la difesa paranoide per arrivare agli affetti contro cui è stata eretta. Nell’ipotetico caso di un uomo consumato da pensieri sull’infedeltà della moglie, è possibile aiutarlo facendo notare quanto egli si senta solo e privo di sostegno. Il terapeuta deve rispettare rigorosamente i limiti. Mentre a volte con altri tipi di pazienti è possibile, per esempio, prestare un libro o commentare spontaneamente una nuova pettinatura, comportamenti di questo genere con una persona paranoide creano molte complicazioni. I pazienti paranoidi sono costantemente preoccupati che il terapeuta esca dal proprio ruolo e li usi per fini diversi. Anche quelli che sviluppano intensi transfert idealizzanti e dichiarano di desiderare un’amicizia con il terapeuta possono reagire con terrore se ci si comporta in modo insolitamente aperto. Infine, è fondamentale trasmettere ai pazienti paranoidi la propria forza personale e la propria inequivocabile lealtà: poiché sono così pieni di impulsi ostili e aggressivi e così tormentati da sentimenti di onnipotenza distruttiva, la loro più grande preoccupazione nella relazione terapeutica è che i loro 91 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 perversi processi interiori possano ferire o distruggere il terapeuta: hanno quindi bisogno di sapere che la persona che li ha in trattamento è forte. Il fine ultimo del lavoro psicoterapeutico con i pazienti paranoidi e aiutarli a spostare le percezioni sull'origine dei loro problemi da una fonte esterna a interna. Questo cambiamento può verificarsi soltanto in un programma non affrettato e specifico per ciascun paziente. Un Secondo cambiamento, consistente nella trasformazione della modalità di pensiero paranoide in una modalità depressiva, nella quale il paziente si permette di vivere sentimenti di vulnerabilità, debolezza, inserita e imperfezione. Prevenzione della violenza Sebbene molti pazienti che soffrono di un disturbo psichiatrico possano diventare violenti, i pazienti paranoidi costituiscono una particolare minaccia. Per prevenire una crescita dell'aggressività, gli psichiatri dovrebbero tenere a mente alcuni principi di conduzione della terapia. - Fare tutto il possibile per aiutare il paziente a salvare la faccia. Il nucleo centrale della paranoia e la bassa stima di Sé, per cui gli psichiatri dovrebbero empatizzare con l'esperienza del paziente e non mettere in discussione la veridicità delle sue affermazioni. - Evitare di accrescere ulteriormente la sospettosità. Si dovrebbe anche evitare di essere apertamente amichevoli verso questi pazienti, poiché è un simile comportamento sarebbe in netto contrasto con la loro abituale esperienza e finirebbe semplicemente per accrescere ulteriormente i loro sospetti. - Aiutare il paziente a mantenere un Senso di controllo. Il terapeuta deve evitare il panico a tutti i costi. Un terapeuta che mostri paura finirà per alimentare il timore del paziente di perdere il controllo. - Incoraggiare il paziente a verbalizzare piuttosto che ad agire la rabbia. Indurre il paziente a parlare della sua rabbia nel modo più dettagliato possibile. Incoraggiare la valutazione delle conseguenze logiche connesse al divenire violenti. Se possibile, proporre valide alternative alla violenza. - Lasciare sempre al paziente uno spazio fisico adeguato. Nel paziente paranoide alla paura della resa passiva di fronte agli altri è accentuata dalla vicinanza fisica. Si deve quindi evitare una disposizione delle sedie che possa farlo sentire intrappolato nello studio del terapeuta. - Prestare attenzione al proprio controtransfert nel trattare con un paziente potenzialmente violento. Un diniego del controtransfert è comune nei clinici e nei terapeuti che lavorano con individui paranoidi. Essi possono omettere di chiedere importanti dati anamnestici per paura di trovare confermati loro peggiori timori a proposito del potenziale di violenza dei pazienti. Gli operatori devono riconoscere le proprie paure e quindi evitare situazioni di rischio con pazienti che siano stati violenti in passato. La diagnosi differenziale ➢ Personalità paranoide e personalità psicopatica Esiste un notevole grado di sovrapposizione tra le psicologie prevalentemente psicopatiche e quelle organizzate più nel Senso della paranoia: molte persone hanno forti disposizioni per entrambi i tipi di orientamento. I paranoici e gli antisociali sono entrambi fortemente interessati alle questioni di potere, ma da prospettive diverse: a differenza degli psicopatici, le persone con una struttura di carattere essenzialmente paranoide provano profondi sensi di colpa, la cui analisi è cruciale per liberarle dalla sofferenza. ➢ Personalità paranoide e personalità ossessiva Gli individui ossessivi condividono con i paranoidi una particolare sensibilità a problemi di regole e giustizia, rigidità e diniego rispetto alle emozioni più morbide, preoccupazioni per problemi di controllo, vulnerabilità alla vergogna. Tuttavia, le persone appartenenti a queste due categorie diagnostiche differiscono quanto al ruolo occupato dall’umiliazione nella loro storia e nelle loro sensibilità; l’individuo ossessivo teme di essere controllato ma non ha la stessa paura di quello paranoide rispetto ai danni fisici e alle mortificazioni emotive. I pazienti ossessivi cercano di collaborare molto di più con il clinico, nonostante i loro atteggiamenti oppositivi, e lavorando con loro i terapeuti non soffrono lo stesso grado di angoscia indotto dai paranoidi. 92 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Disturbo schizoide e schizotipico di personalità La decisione di distinguere i disturbi schizoide e schizotipico è derivata in gran parte da studi che indicano una correlazione genetica con la schizofrenia per il disturbo schizotipico di personalità, ma non per il disturbo schizoide. Il disturbo schizotipico di personalità è una versione attenuata della schizofrenia, caratterizzata da un esame di realtà più o meno conservato, difficoltà nelle relazioni interpersonali e lievi disturbi del pensiero. Inoltre, gli studi di follow-up a lungo termine mostrano che gli esiti di pazienti con disturbi schizotipico di personalità risultano simili a quelli di pazienti schizofrenici. Gli individui con disturbo schizotipico di personalità sono molto simili a quelli con disturbo schizoide, anche se la definizione del primo disturbo include alcuni sintomi indicativi di una forma attenuata di schizofrenia. In realtà i disturbi schizoide e schizotipico di personalità costituiscono un continuum, per cui è in un certo senso arbitrario tracciare una linea divisoria tra le due entità. Comprensione psicodinamica I pazienti schizoidi e schizotipici spesso vivono ai margini della società. Possono essere ridicolizzati come strambi, disadattati, oppure possono essere semplicemente lasciati soli a condurre un'esistenza eccentrica e appartata. I familiari possono diventare così esasperati da costringere i loro parenti schizoidi a mettersi in cura. I genitori di adolescenti e giovani adulti possono portare i figli da uno psichiatra spinti dalla preoccupazione che conducano una vita misera. Altri pazienti schizoidi schizotipici accedono al trattamento psichiatrico per libera scelta a causa della loro dolorosa solitudine. CRITERI DSM-5 PER DISTURBO SCHIZOIDE DI PERSONALITÀ A. Una modalità pervasiva di distacco dalle relazioni Sociali e una gamma ristretta di espressività emotiva nel Contesto interpersonale, comparse entro la prima età Adulta e presenti in diversi contesti come indicato da Almeno quattro dei seguenti criteri: 1) non desidera né prova piacere nelle relazioni strette, Incluso il far parte di una famiglia; 2) quasi sempre sceglie attività solitarie; 3) dimostra poco o nessun desiderio di avere esperienze Sessuali con un’altra persona; 4) trae piacere, ammesso che ciò accada, in poche Attività; 5) non ha amici stretti o confidenti a parte i parenti Stretti; 6) appare indifferente nei confronti delle lodi o Delle critiche degli altri; 7) mostra freddezza e distacco emozionale, o Un’affettività ristretta; B. Non compare esclusivamente durante il decorso Della schizofrenia, di un disturbo dell’umore con Manifestazioni psicotiche, di un altro disturbo Psicotico, o di un disturbo evolutivo pervasivo, e non È causato dagli effetti fisiologici diretti di una Condizione di interesse internistico. Nota: se i Criteri vengono incontrati prima dell’esordio della Schizofrenia, aggiungere “premorboso”, ad es. “disturbo premorboso di personalità schizoide”. CRITERI DSM-5 PER DISTURBO SCHIZOTIPICO DI PERSONALITÀ A. Una modalità pervasiva di deficitarie relazioni interpersonali e sociali caratterizzata da un disagio acuto e da una ridotta capacità nelle relazioni intime così come da distorsioni cognitive o percettive ed eccentricità comportamentali, comparse entro la prima età adulta e presenti in una grande varietà di contesti, come indicato da almeno cinque dei seguenti criteri: 1) idee di riferimento (con esclusione del delirio di riferimento); 2) strane credenze o pensiero magico che influenzano il comportamento e sono in contrasto con le norme subculturali (ad esempio: superstizione, credere nella chiaroveggenza, nella telepatia o nel “sesto senso”; nei bambini e negli adolescenti fantasie e pensieri bizzarri); 3) esperienze percettive insolite, comprese le illusioni corporee; 4) pensiero e linguaggio strani (ad esempio: bizzarro, circostanziato, metaforico, iperelaborato o stereotipato); 5) sospettosità o ideazione paranoide; 6) affettività inappropriata o coartata; 7) comportamento o aspetto strano, eccentrico o bizzarro; 8) nessun amico stretto o confidente oltre ai parenti di primo grado; 9) eccessiva ansia sociale, che non diminuisce con la familiarità e che tende ad essere associata con paure paranoidi piuttosto che con una autovalutazione negativa; Nota: se i criteri vengono soddisfatti prima dell’esordio di schizofrenia, aggiungere “premorboso” (ad es. “disturbo premorboso schizotipico di personalità”). 95 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Questi pazienti hanno spesso un’acuta percezione delle proprie reazioni interiori e sono grati di avere un luogo in cui la loro espressione non susciti allarme, sdegno o derisione. La sfida iniziale sul piano del transfert-controtransfert per il terapeuta che lavora con un paziente schizoide è trovare un modo di entrare nel mondo soggettivo del paziente senza suscitare eccessive ansie di intrusione. Individui caratterologicamente schizoidi non a rischio di rottura psicotica provocano nei terapeuti meno incomprensione e distacco affettivo rispetto agli schizofrenici ospedalizzati. Il terapeuta deve tenere in mente che la freddezza del paziente schizoide è una difesa elaborabile e non una barriera che impedisce la relazione. Se il clinico riesce a evitare le tentazioni controtransferali di sollecitare prematuramente il paziente ad aprirsi, può svilupparsi una solida alleanza di lavoro. Intense percezioni del paziente come genio incompreso, unico, eccezionale, o non riconosciuto nella sua saggezza, possono dominare le risposte interne del terapeuta, che probabilmente ricalcano l’atteggiamento di un genitore troppo coinvolto che fantasticava grandi cose per questo figlio speciale. Psicoterapia dinamica di gruppo In generale i pazienti schizoidi sono ottimi candidati alla psicoterapia dinamica di gruppo. La terapia di gruppo è orientata ad aiutare i pazienti con la socializzazione, che rappresenta il punto di maggior sofferenza dei pazienti schizoidi. I pazienti possono trarre significativi benefici dal Semplice fatto di essere regolarmente posti in contatto con degli altri. Alcuni pazienti schizoidi non hanno letteralmente alcun altro momento sociale al di là delle sedute di terapia di gruppo. Quando incominciano a sentirsi accettati e a scoprire che le loro paure non vengono confermate, si sentono sempre più a loro agio con degli altri. Le reazioni degli altri membri del gruppo possono servire da esperienza correttiva che contrasta con tutte le precedenti esperienze relazionali. Le difficoltà che emergono nella psicoterapia di gruppo dei pazienti schizoidi comprendono il risentimento di altri pazienti che si ritrovano a tirare fuori l'anima mentre il paziente schizoide rimane in silenzio. Questi sentimenti possono portare il paziente schizoide a parlare. In tali circostanze il terapeuta deve sostenere lo schizoide del gruppo e aiutare altri ad accettare il suo bisogno di stare in silenzio. Gli altri pazienti possono anche semplicemente ignorare il paziente schizoide silenzioso e proseguire come sei chi non ci fosse. In questi casi, il compito del terapeuta è quello di riportare il paziente all'interno del gruppo, sottolineando come una modalità di comportamento che si verifica all'esterno del gruppo si stia ripetendo il suo interno. I pazienti schizotipici spesso traggono notevoli benefici dalla terapia di gruppo, a quelli che presentano comportamenti bizzarri o pensiero psicotico possono diventare dei capri espiatori per il Semplice fatto di essere troppo diversi dagli altri membri del gruppo. Con pazienti di questo tipo può essere preferibile la sola terapia individuale. Per molti pazienti schizoidi l'ideale è una combinazione di psicoterapia di gruppo è individuale, perché lo spazio sociale che incontrano nel gruppo può essere discusso ed elaborato con lo psicoterapeuta individuale. La diagnosi differenziale ➢ Grado di patologia Prima di ogni altra cosa, è fondamentale valutare il grado di patologia della persona all’interno della gamma schizoide. L’indagine su allucinazioni e deliri, l’attenzione alla presenza o assenza di un disturbo del pensiero sono operazioni giustificate con persone che presentano uno stile schizoide. Quando i risultati di tali indagini denunciano una condizione psicotica, può essere consigliabile una cura farmacologica unita alla psicoterapia. Scambiare una personalità schizoide non psicotica per una persona schizofrenica può essere un errore molto costoso. Ammirare l’originalità e l’integrità della persona schizoide è un atteggiamento terapeutico che si adotta facilmente quando si riconosce che i processi schizoidi non sono necessariamente infausti. Alcuni individui schizoidi sani che arrivano alla terapia per un problema non strettamente legato alla loro personalità non desiderano che le loro eccentricità vengano messe in discussione. 96 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 ➢ Personalità schizoide e personalità ossessivo-compulsiva Gli schizoidi spesso si isolano e passano la maggior parte del tempo a riflettere, perfino a rimuginare, su problemi importanti per il loro mondo interiore; alcuni hanno comportamenti che sembrano compulsivi, oppure usano difese compulsive che permettono loro di organizzare la propria vita in base a una serie del tutto personale di rituali. Di conseguenza, è facile commettere l’errore di pensare che abbiano una struttura di personalità ossessivo-compulsiva. Gli individui ossessivi, al contrario degli schizoidi, sono abbastanza sociali e possono essere molto preoccupati dell’adeguatezza personale, dell’approvazione degli altri e della propria reputazione. Gli schizoidi non sono particolarmente impegnati in questioni convenzionali. 97 PSICHIATRIA PSICODINAMICA – QUINTA EDIZ. BASATA SUL DSM-5 Capitolo 15 *Disturbi di personalità del gruppo B* Il paziente borderline Evoluzione del termine Nella storia della psichiatria e della psicologia ci si è accorti che c’erano dei pazienti che avevano delle caratteristiche inusuali: c’erano dei pazienti che dimostravano delle caratteristiche tipiche del classico malato mentale, il classico folle, per antonomasia lo schizofrenico; questi pazienti avevano delle caratteristiche psicotiche, ma non si potevano inquadrare come schizofrenici: avevano alcuni funzionamenti tipici della schizofrenia, ma non erano totalmente inquadrabili con la schizofrenia. Allo stesso tempo però presentavano una certa capacità riflessiva, tipica dei soggetti nevrotici, ma anche in questo caso c’era una difficoltà sostanziale perché sembravano nevrotici, ma non lo erano. Quello che caratterizzava questi soggetti era quello di essere “come se” fossero schizofrenici, ma non lo erano, e “come se” fossero nevrotici, ma non lo erano. Possiamo dire che questi soggetti oscillano dal campo della nevrosi al campo della psicosi. Inizialmente questi pazienti venivano definiti come “schizofrenici pseudo nevrotici”, nel Senso che avevano delle caratteristiche schizofreniche – come ad esempio un pensiero disintegrato – ma non avevano un funzionamento fondamentalmente schizofrenico. Schizofrenia pseudo nevrotica perché avevano alcuni aspetti tipici del funzionamento schizofrenico, ma avevano anche un certo esame di realtà, riuscivano a distinguere quello che riguardava il loro malessere, avevano una certa, seppur non perfettamente integrata, idea della propria identità; avevano tutta una serie di caratteristiche che potevano farli sembrare nevrotici, ma non lo erano. Nell’evoluzione concettuale di quello che poi oggi noi chiamiamo borderline si è passati dalla schizofrenia pseudo nevrotica a una certa considerazione di questi soggetti che non essendo pienamente né nevrotici né psicotici venivano chiamati “soggetti con personalità ‘come sé”. Negli anni ’60 e ’70 si cominciarono a dettagliare meglio quelle che venivano considerate le “invarianti sintomatiche”, cioè le caratteristiche che venivano riconosciute a questi soggetti che non erano né nevrotici né psicotici: - una difficoltà nella gestione della rabbia; - una instabilità nella percezione soggettiva, un Senso non coerente di Sé; - la difficoltà nella gestione degli impulsi; - una difficoltà nella gestione o instabilità nelle relazioni interpersonali. Questi soggetti sembravano funzionare “a fisarmonica”: tendevano ad avvicinarsi così come ad allontanarsi. Si vide che queste caratteristiche erano invarianti. CRITERI DSM-5 PER DISTURBO BORDERLINE DI PERSONALITÀ Una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di Sé, e dell’affettività con impulsività marcata, comparsa entro la prima età adulta e presente in vari contesti come indicato da almeno cinque dei seguenti criteri: 1) sforzi disperati di evitare l’abbandono reale o immaginario; 2) modalità di relazioni interpersonali instabili e intense, caratterizzate da alternanza fra gli estremi di iperidealizzazione e svalutazione; 3) disturbo dell’identità: l’immagine di Sé o il Senso di Sé sono marcatamente e persistentemente instabili 4) impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto quali spendere, sesso, uso di sostanze, guida spericolata, abbuffate (non includere i comportamenti automutilanti e suicidari considerati al punto 5); 5) ricorrenti minacce, gesti o comportamenti suicidari, o comportamento automutilante; 6) instabilità affettiva causata da marcata reattività dell’umore (ad esempio, intensa disforia episodica, irritabilità o ansia che di solito dura poche ore e soltanto di rado supera pochi giorni); 7) sentimenti cronici di vuoto; 8) rabbia immotivata e intensa o mancanza di controllo della rabbia (ad esempio, frequenti accessi di ira, rabbia costante, ricorrenti scontri fisici); 9) gravi sintomi dissociativi o transitoria ideazione paranoide correlata a eventi stressanti.