Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

TOP

Psicologia generale - Anolli e Legrenzi, Sintesi del corso di Psicologia Generale

Riassunto completo del libro Psicologia generale di Anolli e Legrenzi

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 31/01/2022

andrea-giulia-25
andrea-giulia-25 🇮🇹

4.6

(29)

29 documenti

1 / 139

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Psicologia generale - Anolli e Legrenzi e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! MANUAUEDI h OLO y - Psicologia ingenua e psicologia scientifica - Nascita della psicologia scientifica - Reazioni allo strutturalismo in Europa e negli Stati Uniti - Cognitivismo e intelligenza artificiale - Modularismo, psicologia evoluzionistica e connessionismo - Mente situata e radicata nel corpo - Direzioni future - Oggetto e metodo della psicologia scientifica - Ricerca psicologica in pratica - Sensazione - Percezione - Principali fenomeni percettivi della visione - Attenzione - Coscienza - Azione - Rappresentazione mentale - Conoscenza - Simulazione mentale - Limiti della simulazione - Esperienza come fonte dell'apprendimento - Apprendimento associativo - Apprendimento da modelli - Organizzazione gerarchica dell'apprendimento - Apprendimento da mondi virtuali - Fondamenti biologici dell'apprendimento - Natura della memoria - Memoria come processo - Oblio e dimenticanza - Memoria di lavoro - La memoria in pratica: come preparare gli esami - Esperienza diretta e pensiero - La decisione INDICE ANALITICO CAPITOLO 1: ORIGINI E SVILUPPI DELLA PSICOLOGIA SCIENTIFICA CAPITOLO 2: METODI DELLA RICERCA PSICOLOGICA CAPITOLO 3: SENSAZIONE E PERCEZIONE CAPITOLO 4: ATTENZIONE, COSCIENZA, AZIONE CAPITOLO 5: RAPPRESENTAZIONE, CONOSCENZA, SIMULAZIONE MENTALE CAPITOLO 6: APPRENDIMENTO ED ESPERIENZA CAPITOLO 7: MEMORIA E OBLIO CAPITOLO 8: DECISIONE, RAGIONAMENTO, CREATIVITÁ diverse forme e manifestazioni. La cultura e i suoi artefatti vanno a modificare la configurazione delle connessioni nervose a nostra disposizione. Oggi, la “cassetta degli attrezzi mentali” è impiegata sia dalla psicologia ingenua sia da quella scientifica. ESPERIENZA, PSICOLOGIA DEL SENSO COMUNE E SCIENZE PSICOLOGICHE Gli empiristi inglesi sostenevano che ogni forma di conoscenza a nostra disposizione deriva dall’esperienza per il tramite delle sensazioni. Non vi sono idee innate. Questo è un punto di vista che la psicologia contemporanea ha abbracciato in pieno. Il termine esperienza ha numerose accezioni. In questo caso parliamo di esperienza come la totalità delle singole esperienze. È l’enciclopedia delle conoscenze esplicite (formali) e implicite (tacite), acquisite tramite il coinvolgimento personale nelle azioni (parliamo di apprendimento individuale) e l’imitazione dei comportamenti altrui (apprendimento sociale culturale). È la percezione di tutto ciò che accade. Le conoscenze acquisite tramite l’esperienza hanno un valore eminentemente pragmatico: sono utili per prendere decisioni e agire in modo efficace. Consento di elaborare teorie ingenue. Le teorie ingenue applicate alla spiegazione della condotta umana conducono alla psicologia del senso comune (psicologia ingenua). È una forma indispensabile di sapere che ci permetti di capire ed interpretare i comportamenti nostri e altrui grazie al ragionamento pratico. Si estende a tutti gli ambiti dell’esistenza, fornendo una spiegazione plausibile, anche se inattendibile. Le teorie della psicologia ingenua non sono in grado di accertare in modo collaudato le conoscenze che forniscono. Se introduciamo processi di verifica rigorosi, allora possiamo parlare di psicologia scientifica, fondata sul metodo sperimentale. Quali sono le connessioni fra psicologia ingenua e psicologia scientifica? La psicologia scientifica non parte da zero, perché si fonda sul sapere della psicologia ingenua. Dunque, la psicologia scientifica ha un carattere di contingenza. I criteri scientifici da essa ammessi valgono per tutti gli studiosi che vi si riconoscono. Chiunque accetti questi criteri e sia in grado di usare gli strumenti pertinenti è nella possibilità di procedere alla verifica di quanto sostenuto da un altro studioso. Partita dal sapere psicologico del senso comune, la psicologia scientifica deve ritornare a esso. È la divulgazione scientifica a rappresentare un vincolo per gli studiosi. PRESUPPOSTI MODERNI PER LA COMPARSA DELLA PSICOLOGIA SCIENTIFICA Il termine psicologia in età moderna è inteso come “discorso sull’anima”. Bisogna attendere il Settecento affinché si parli di psicologia nel senso attualmente inteso. Christian Wolff operò la distinzione fra psicologia razionale e psicologia empirica. La prima è basata su riflessioni teoriche; la seconda è fondata su osservazioni concrete, ed è stata la radice da cui è sorta la psicologia scientifica contemporanea come scienza naturale. IL CONTIBUTO FILOSOFICO La filosofia classica e quella moderna hanno fornito un rilevante contributo alla psicologia. Il primo trattato sistematico di psicologia risale ad Aristotele con il De anima, in cui procede ad una descrizione dei processi cognitivi. Ippocrate fornisce una prima classificazione della personalità, individuandone 4 tipi. Erasistrato fu in grado di distinguere fra nervi sensoriali e nervi motori. Nel Medioevo, la riflessione sull’anima procedette in sede filosofica con la Scolastica, ma si arrestò qualsiasi osservazione “naturalistica” del funzionamento corporeo. René Descartes introduce la distinzione fra il pensiero e il corpo. Sono due entità irriducibili l’una all’altra. Il pensiero racchiude le idee innate; il corpo è concepito come una macchina. Questo dualismo prevede il primato della ragione (da qui il razionalismo). A questa posizione filosofico di contrappone chi pone in evidenza l’importanza dell’esperienza per acquisire le conoscenze. Non vi sono idee innate, ma ogni informazione deriva dagli organi di senso. Questa è la prospettiva dell’empirismo. DALL’ARCO RIFLESSO ALLA FRENOLOGIA L’ideologia di Descartes fece da premessa per l’avvio degli studi naturalistici sul sistema nervoso e sul cervello. Robert Whytt, asportando il cervello della rana, osservò che rimanevano ancora i movimenti riflessi di contrazione ed estensione. Charles Bell e François Magendie scoprirono che nei nervi periferici, le vie sensoriali erano indipendenti da quelle motorie. Se recidiamo le prime, perdiamo la sensibilità; se recidiamo le seconde, abbiamo una paralisi dei muscoli. Nasce così la nozione di arco riflesso, come forma fondamentale di connessione fra sensazioni e movimenti, fra organismo e ambiente. Franz Gall e Johann Spurzheim avanzarono per primi la frenologia, ovvero la concezione localizzatrice delle strutture cerebrali. Secondo loro, le varie funzioni mentali dipendevano da aree del cervello ben delimitate e l’efficienza delle funzioni mentali traeva origine dal grado di sviluppo raggiunto delle corrispondenti aree cerebrali. Più si esercitava una facoltà, più aumentava il volume cerebrale corrispondente, fino a modificare la scatola cranica. La concezione di Gall trovò conferma con le scoperte di Paul Broca (afasia di Broca) e di Carl Wernicke (afasia di Wernicke). LA MISURAZIONE DEI PROCESSI MENTALI: CRONOMETRIA MENTALE E PSICOFISICA Kant aveva negato la possibilità di una psicologia empirica, poiché la matematica non è applicabile ai fenomeni del “senso interno”. Fu individuato un parametro fisico idoneo a valutare il funzionamento mentale: il tempo. Verso la metà dell’Ottocento, Hermann von Helmholtz fu in grado di misurare il tempo che intercorreva fra la stimolazione e la contrazione del nervo. Questa prima misurazione fu perfezionata da Sigmund Exner, che introdusse la nozione di “tempo di reazione” e fu in grado di misurare le diverse durate fra la stimolazione della cute in un certo punto del corpo e la sua rilevazione in un altro punto del corpo. Franz Cornelis Donders giudicava i metodi impiegati da Helmholtz poco attendibili e mise a punto il metodo della sottrazione per misurare i tempi di reazione nel loro complesso. Individuò 3 tipi di tempi di reazione: Tempi a -> tempi semplici: situazione in cui a uno stimolo deve seguire una risposta Tempi b -> tempi composti: al soggetto è somministrato uno stimolo in un insieme di due o più stimoli prefissati e gli viene richiesto di fornire risposte differenziate in funzione dello stimolo presentato Tempi c -> tempi composti: al soggetto è somministrato uno stimolo in un insieme di due o più stimoli prefissati ed è invitato a rispondere a un solo degli stimoli presentati. I tempi a sono i più brevi, seguono i tempi c e i tempi b. La differenza fra a e c indica la lunghezza del processo mentale necessario a discriminare tra gli stimoli. La differenza fra c e b indica la lunghezza dell’operazione mentale necessaria a discriminare tra le risposte. Nasceva in tal modo la cronometria mentale. Per la prima volta, a definiti processi mentali corrispondevano misure osservabili in termini di parametri fisici. Fu applicato anche alla sensibilità, grazie al lavoro di Gustav Theodor Fechner. Intuì che doveva esistere una connessione misurabile fra gli stimoli fisici e le risposte sensoriali del nostro organismo. A un dato fisico (stimolo) corrispondeva una definita risposta psichica (sensazione). Questo è l’oggetto della psicofisica. sopravvivenza (fitness). Si riproduce di più (fitness assoluta) e sopravvive più a lungo (fitness relativa) una popolazione in grado di fitness superiore alle altre. È la sopravvivenza dei migliori nella “lotta per l’esistenza”. IL MODELLO DEGLI EQUILIBRI PUNTEGGIATI E L’”EXAPTATION” A fronte dell’irrigidimento teorico della Sintesi moderna alla fine del solo, si è introdotta una nuova linea di ricerca per illustrare l’evoluzione delle specie. È stato elaborato il modello degli equilibri punteggiati. Le specie presentano lunghi periodi di stati, seguiti da salti, da cambiamenti bruschi e dalla repentina comparsa di nuove forme di esistenza. Questi “salti evolutivi” implicano spesso forme di “exaptation”: una struttura biologica destinata a una certa funzione e “cooptata” a svolgere una funzione nuova assieme a quella originaria. LA SINTESI ESTESA A partire dai primi anni Duemila, è stata proposta la teoria della Sintesi estesa, che introduce nuovi concetti, come la plasticità del fenotipo, la selezione multilivello, l’evoluzione del genoma, la contingenza, l’ereditarietà epigenetica. Il modello evo- devo studia la relazione fra lo sviluppo embrionale e fetale di un organismo e l’evoluzione della sua popolazione di appartenenza. Il modello della costruzione di una nicchia in relazione al proprio habitat modifica l’idea stessa di selezione naturale. Il concetto di “nicchia” riguarda le trasformazioni che gli organismi di una specie pongono in atto nei riguardi del loro ambiente di vita. L’evoluzione degli organismi dipende dalla selezione naturale e dalla costruzione di una nicchia. La prima concerne l’ereditarietà genetica, la seconda l’ereditarietà ecologica. Il concetto di evolvibilità è la capacità di dare origine a variazioni fenotipiche in risposta a variazioni genotipiche. Prima che scoppiasse la Prima guerra mondiale in Europa e negli Stati Uniti furono delineate nuove traiettorie di studio che condussero a un rilevante sviluppo delle scienze psicologiche. DALLA PSICOLOGIA DELL’ATTO ALLA SCUOLA DI WÜRZBURG La psicologia dell’atto entra in contrasto con i contenuti elementari dello strutturalismo. La tendenza in-esistenza intenzionale pone in evidenza come i contenuti siano in funzione degli atti. Gli atti REAZIONI ALLO STRUTTURALISMO IN EUROPA E NEGLI STATI UNITI mentali sono dotati di intenzionalità, intesa come direzionalità verso qualcosa d’altro nell’interazione con l’ambiente. L’intenzione è l’architrave della causalità psicologica. Gli atti mentali appaiono sempre unitari, mentre solo quelli fisici sono scomponibili. La scuola di Graz pone le basi per la nascita della scuola della Gestalt attraverso lo studio della “qualità figurale”. Le figure percettive restano invarianti nella loro organizzazione pur al variare degli stimoli che le compongono. La scuola di Würzburg riteneva che anche i processi mentali superiori potessero essere studiati in modo rigoroso con metodi simili a quelli con cui venivano studiati i processi sensoriali e percettivi. SCUOLA DELLA GESTALT La scuola della Gestalt fu costituita da un gruppo di eminenti studiosi che si occuparono in modo prevalente dei processi cognitivi, con particolare riferimento alla percezione e al pensiero. La scuola della Gestalt utilizza il metodo fenomenologico, che consiste nel definire il campo percettivo in cui il soggetto si trova e nel rilevare ciò che in esso gli appare (fenomeno). Per “campo percettivo” si intende l’insieme dei suoi percetti, ciò che vede, non ciò che sa o pensa di sapere. In tale modo è prestata particolare attenzione a evitare l’errore dello stimolo: descrivere non ciò che vediamo (percetto) ma ciò che sappiamo (concetto). COMPORTAMENTISMO E NEOCOMPORTAMENTISMO IL COMPORTAMENTISMO CLASSICO James Watson sosteneva che la psicologia doveva essere una scienza rigorosa e “oggettiva” al pari delle altre scienze naturali. Oggetto di studio della psicologia sono, dunque, le manifestazioni del comportamento, studiate con metodi rigorosamente obiettivi, in quanto osservabili dall’esterno in modo intersoggettivo per via diretta o con l’ausilio di appositi strumenti -> comportamentismo. Il comportamento è inteso come insieme delle risposte muscolare o ghiandolari dell’organismo in risposta a un dato stimolo. Lo stimolo è un dato fisico; la risposta è un dato fisiologico. La psicologia assume il compito di occuparsi di come l’individuo agisca, adottando un orientamento descrittivo piuttosto che interpretativo. Lo psicologo comportamentista esamina le associazioni S-R, in particolare come il variare delle risposte (variabile dipendente) dipende dal variare degli stimoli (variabile indipendente). Watson attribuì particolare importanza ai processi di apprendimento, atti a istruire nuove associazioni S-R in funzione dell’adattamento all’ambiente. IL NEOCOMPORTAMENTISMO Negli anni successivi furono prese in considerazione anche variabili intermedie assieme a quelle S e R. Fu introdotto il principio della riduzione del bisogno che si esprime direttamente come spinta all’azione. Grazie alla contiguità temporale, la risposta comporta un rapido decremento dell’eccitazione corrispondente a un bisogno. Quanto più la connessione fra bisogno e risposta è stretta, tanto più l’abitudine diventa forte. Il comportamento appare orientato al raggiungimento di uno scopo, ossia intenzionale. LE SCIENZE COGNITIVE A partire dagli anni Settanta, sono sorte le scienze cognitive, che si sono prefissate il traguardo di capire il funzionamento di un sistema di conoscenza in grado di riprodurre una serie di operazioni che indichiamo come percepire, ragionare, calcolare, memorizzare, immaginare o progettare. Si parla di modello HIP (Human Information Processing) che rientra nel paradigma dell’intelligenza artificiale. Un apporto rilevante alla nascita del cognitivismo venne fornito dall’analisi del processo di feedback applicato al funzionamento della mente umana secondo l’unità TOTE. INTELLIGENZA ARTIFICIALE All’intelligenza artificiale si era assegnato lo scopo di indagare i processi computazionali della mente considerandoli come “corrispondenti” a quelli effettuati con i computer. In questa prospettiva il computer era considerato come un “simulatore” della mente umana. Come prerequisito fondamentale per arrivare a questo traguardo occorreva disporre di un’elaborazione digitale delle informazioni, poiché i processori dei computer sono in grado di elaborare solo in modo binario. Secondo la teoria della computabilità, un insieme finito di elementi semplici può essere impiegato per costruire una varietà illimitata di processi complessi a livello mentale o digitale. Questa logica integrata va integrata con la logica sfocata, in riferimento a numerosi processi che risultano sfumati e imprecisi, continuamente variabili. COGNITIVISMO E INTELLIGENZA ARTIFICIALE In che modo possiamo “misurare” il pensiero, il desiderio, la memoria, le emozioni ecc.? Com’è possibile “valutare” l’andamento ritmico dell’attenzione: dalla concentrazione massima alla distrazione e alla divagazione? In che modo “calcolare” l’intensità delle sensazioni? Come “determinare” i flussi continui e variabili della coscienza? La psicologia come scienza sperimentale si è proposta di affrontare queste domande e di dare loro una risposta soddisfacente, per quanto possibile. TEORIA INGENUA E TEORIA SCIENTIFICA L’enciclopedia delle conoscenze psicologiche di cui dispone una persona in base alla propria esperienza costituisce la sua psicologia ingenua. È adeguata per vivere in pratica la nostra vita quotidiana, ma non per elaborare conoscenze esplicite, idonee a spiegare in modo attendibile i processi sottesi ad un dato comportamento. Per giungere a tale spiegazione, occorre elaborare una teoria. Una teoria è un insieme coerente e parsimonioso di proposizione, fondate su criteri espliciti, verificabili sul piano empirico tramite opportune operazioni, in grado di dare ragione di certe evenienze, delle regolarità osservate, nonché di fare previsioni attendibili sull’evoluzione dell’attuale stato di cose. Qual è la differenza fra una teoria ingenua e una teoria scientifica? La differenza fondamentale risiede nei metodi di controllo delle spiegazioni e nella capacità di impiegare criteri espliciti per acquisire conoscenze e fare previsioni. La psicologia scientifica adotta il metodo sperimentale, ignorato nella psicologia ingenua. PERCORSO STANDARD NELLA RICERCA IN PSICOLOGIA Qualsiasi metodo si svolge nel momento stesso in cui è applicato allo studio di un fenomeno. A tal fine, occorre che il ricercatore predisponga un disegno di ricerca: è la mappa delle attività del ricercatore che consente di apportare eventuali variazioni e correzioni. CAPITOLO 2: METODI DELLA RICERCA IN PSICOLOGIA OGGETTO E METODO DELLA PSICOLOGIA SCIENTIFICA L’INTERESSE DI PARTENZA L’interesse di avvio implica la domanda di ricerca; “che cosa voglio studiare? Perché? Qual è il traguardo che desidero raggiungere?”. Questi interrogativi servono a fornire un’impostazioni globale alla successiva attività di indagine e a delineare una traiettoria di massima (percorso di senso della ricerca). Servono altresì a delimitare i confini dell’ambito di ricerca (campo di ricerca). Ogni ricerca parte sempre da altre ricerche e si fonda su una piattaforma di conoscenze, competenze e apprendimenti compiuti dai ricercatori precedenti (contingenza della ricerca). L’IPOTESI DI RICERCA La domanda di ricerca va tradotta in ipotesi di ricerca, ovvero in enunciati provvisori che, sia pure in forma probabilistica, stabiliscono una relazione esplicita e accurata fra più fatti osservati. Le ipotesi non vanno formulate in modo generale e vago, bensì definite in modo chiaro e preciso, facendo riferimento a fenomeni circoscritti, registrabili mediante opportune operazioni sperimentali (protocolli sperimentali). Le operazioni consistono in azioni documentabili, osservabili da più ricercatori indipendenti, rispettose dei criteri di protocollarità ammessi da una data scienza. Per esaminare la validità (o meno) delle ipotesi di ricerca, il ricercatore deve procedere alla loro verifica sperimentale. Gli scienziati hanno fatto ricorso a una via indiretta di verifica delle ipotesi. Essi si sentono autorizzati ad accettarla solo se riescono a dimostrare che l’ipotesi opposta (ipotesi nulla) è falsa. La totalità dei risultati in base ai quali ci sentiamo giustificati a rigettare l’ipotesi nulla si chiama regione critica. IL METODO SCIENTIFICO Precisate le ipotesi, occorre verificare la loro accettabilità facendo ricordo ad accurati esperimenti, condotti in condizioni di elevato controllo. Essi sono organizzati e realizzati secondo la grammatica e la sintassi del metodo scientifico. In numerosi esperimenti è prevista la presenza di un gruppo di controllo per verificare l’entità degli scostamenti fra il comportamento “guidato” dei soggetti sperimentali e quello “naturale” dei soggetti di controllo. I soggetti sono invitati a eseguire una serie di operazioni nel corso dell’esperimento in una condizione artificiale o naturale. La situazione sperimentale prevede diverse fasi che variano grandemente da esperimento a esperimento. Il ricercatore si serve del controllo di manipolazione, che consiste nel verificare la coerenza e la congruenza fra gli obiettivi dell’esperimento, le istruzioni fornite e il comportamento dei soggetti sperimentali. LA RACCOLTA E L’ANALISI DEI PROTOCOLLI SPERIMENTALI Ogni partecipante produce comportamenti che sono riportati in uno specifico protocollo di ricerca, che, a sua volta, diventa oggetti di misurazione secondo i parametri adottati. I dati ottenuti sono sottoposti a elaborazioni scientifica descrittiva e inferenziale. LA DIFFUSIONE DEI RISULTATI Se i risultati della ricerca risultano soddisfacenti e innovativi, il ricercatore è interessato a documentare la sua ricerca e a comunicarla alla comunità degli studiosi con un’apposita pubblicazione. SPIEGAZIONE E PRINCIPIO DI CASUALITÁ L’illusione del potere esplicativo promuove forme efficaci di adattamento attivo al nostro habitat. Tale illusione conduce al principio di casualità, in grado di rispondere al perché si verificano certe connessioni fra due o più fenomeni. Possiamo parlare di causalità fisica, ma anche di causalità psicologica. Il fondamento della causalità psicologica è l’intenzione. Gli umani avvertono l’esigenza di raggiungere uno scopo e di mettere in atto le funzioni indispensabili a tal fine. IL METODO SPERIMENTALE Tale metodo dispone di una grammatica codificata e condivisa, basata su regole e standard, in grado di condurre a conclusioni dettagliate, precise e fondate su evidenze empiriche. A questo riguardo, parliamo di vero esperimento quando il ricercatore è in grado di controllare sia l’assegnazione casuale dei soggetti alle condizioni sperimentali, sia la manipolazione delle variabili grazie alla presenza di un gruppo di controllo. Quando uno di questi requisiti non può essere soddisfatto, parliamo di quasi-esperimento. LE VARIABILI Occorre distinguere tra variabili indipendenti e variabili dipendenti. Le prime sono controllate dallo scienziato; le secondo variano in dipendenza delle variazioni delle prime. Le variabili estranee si distinguono in sistematiche e asistematiche. Le prime esercitano un’influenza costante e ineliminabile sulla variabile dipendente. Le seconde consistono in interferenze casuali imprevedibili. Sono pressoché infinite e variano da situazione a situazione. LA MISURAZIONE Le variabili, in quanto tali, presentano valori diversi in termini quantitativi o qualitativi. Occorre la loro determinazione RICERCA PSICOLOGICA IN PRATICA RILEVAZIONE DI MODELLI NASCOSTI DI COMPORTAMENTO Ogni interazione presenta modelli temporali che vanno considerati come manifestazione della struttura temporale reale. Il tempo, oltre a costituire una dimensione lineare per esaminare la successione degli eventi, consente altresì di rilevare la loro durata, la loro ripetizione nel flusso dell’interazione, così come il ritmo con cui essi si svolgono e si organizzano. Sono stati scoperti modelli nascosti di comportamento, che sono ripetuti in modo regolare nel tempo. Tale procedura di individuazione di modelli nascosti può essere applicata a una gamma assai estesa di fenomeni. TECNICHE NEUROPSICOLOGICHE È possibile indagare con neuroimmagini l’attività di specifiche regioni del cervello in associazione a specifiche operazioni mentali. Il flusso ematico cerebrale regionale varia in funzione del livello di attivazione delle diverse regioni cerebrali: tanto più sono attive, quanto più sangue richiamano, poiché i neuroni che le compongono consumano una quantità maggiore di ossigeno, trasportato dal sangue. Oggi, oltre alla PET (tomografia a emissione di positroni), che rivela la distribuzione di un isotopo radioattivo nel circolo ematico cerebrale, la risonanza magnetica funzionale stima come risuonano le molecole d’acqua immerse in un campo magnetico. LA RISONANZA MAGNETICA FUNZIONALE Consiste nell’impiego di neuroimmagini a risonanza magnetica per valutare il livello di attivazione di una data regione cerebrale in connessione con specifiche attività cerebrali. È sostanzialmente una tecnica di localizzazione cerebrale: consente di individuare le regioni cerebrali attivate in corrispondenza di specifiche attività mentali. LA STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANIALE È una tecnica non invasiva in grado di causare la depolarizzazione e l’iperpolarizzazione dei neuroni cerebrali. Consente di localizzare dove si svolge l’attivazione di una data popolazione di neuroni e di progredire nella comprensione del come si svolge una certa attività mentale a livello cerebrale. ATTENDIBILITÁ E VALIDITÁ DELLE MISURE Una volta acquisiti i protocolli, occorre procedere alla loro misurazione in base ai livelli sopra descritti. L’obiettivo di questa operazione è disporre di un insieme di dati validi e degni di fiducia, da sottoporre successivamente a un’elaborazione statistica. ATTENDIBILITÁ DELLE MISURE L’attendibilità è intesa come possibilità di ottenere gli stessi risultati sia in prove ripetute, sia con strumenti equivalenti. VALIDITÁ DELLE MISURE La validità esprime il livello di pertinenza con cui una prova riesce a misurare ciò che si propone di misurare. ELABORAZIONE DEI DATI Dopo aver raccolto i protocolli in modo rigoroso, il ricercatore ha il compito di elaborarli. Bisogna disporre in ordine i dati grezzi. A tal fine, il ricercatore fa ricorso alla distribuzione delle frequenze: si registra quanti soggetti di ogni gruppo si distribuiscono nella gamma dei valori di una data variabile. Sulla base della distribuzione delle frequenze, il ricercatore può procedere a descrivere in termini statistici i fenomeni osservati (statistica descrittiva), come pure a verificare l’ipotesi sperimentale e a fare le opportune induzioni (statistica inferenziale). STATISTICA DESCRITTIVA La statistica descrittiva fornisce un quadro sintetico dell’insieme dei dati grezzi ottenuti con le misure sia della tendenza centrale sia della variabilità. Le prime sono il centro di gravità dei fenomeni e consistono classicamente nella moda, mediana e media. Le seconde sintetizzano la dispersione dei dati, poiché il valore della prestazione di ogni soggetto si discosta dal valore medio del gruppo. La principale misura della variabilità di un fenomeno è la deviazione standard -> indica il valore medio delle differenze fra i risultati di ogni partecipante e la media osservata. Nella statistica descrittiva è utile altresì verificare se e quanto una certa variabile X sia connessa con un’altra Y -> correlazione positiva o correlazione negativa. Il coefficiente di correlazione misura l’entità della connessione fra due variabili. STATISTICA INFERENZIALE Consente di verificare se sia possibile fare induzioni dai risultati ottenuto, al fine di convalidare (o meno) l’ipotesi sperimentale e di fare delle previsioni. L’insieme dei risultati che ci consente di rigettare l’ipotesi nulla, chiamata regione critica, è regolato dalle leggi della probabilità. Occorre stabilire la probabilità di rischio con cui decidiamo di commettere un errore. Tramite le sensazioni e le percezioni il nostro organismo è costantemente informato sullo stato delle cose che ci riguardano. Ma cosa sono le sensazioni? In che modo passiamo dalle sensazioni alle percezioni? Quali sono le principali proprietà della percezione umana? CHE COSA È UNA SENSAZIONE L’ambiente fisico in cui viviamo produce una varietà e una moltitudine pressoché infinita di stimoli che giungono ai nostri organi di senso. La sensazione può essere definita come l’impressione, soggettiva, immediata e semplice che corrisponde a una data intensità dello stimolo fisico. Le sensazioni possono essere comunicate agli altri e sono da loro agevolmente comprese. Quando parliamo di relazioni psicofisiche intendiamo date configurazioni di stimoli fisici che corrispondono a determinate sensazioni sul piano psicologico. Costituiscono una sorta di interfaccia fra la realtà esterna e la realtà interna. Siamo capaci di rispondere solo a quelle forme fisiche di stimolazione, per cui abbiamo a disposizione particolare apparati recettivi in grado di captarle e riceverle. Due limiti intrinseci della sensibilità umana -> siamo in grado di cogliere solo una parte molto piccola della varietà e della massa degli stimoli fisici dell’ambiente; siamo capaci di cogliere gli stimoli solo quando questi ultimi hanno una certa intensità. Il livello chiamato soglia assoluta segna il confine tra gli stimoli che vengono percepiti dall’organismo (stimoli sovraliminari) e gli stimoli che non sono avvertiti dall’individuo (stimoli infraliminari). La soglia assoluta è il valore di uno stimolo che nel 50% dei casi ha la probabilità di suscitare la sensazione corrispondente. Occorre distinguere tra: - soglia assoluta iniziale -> è la quantità minima di energia capace di produrre una sensazione; - soglia assoluta terminale -> è il limite superiore al di sopra del quale la sensazione viene a cessare. La soglia differenziale è il valore della differenza minima fra due stimoli di diversa intensità che è rilevata nel 50% dei casi. MISURAZIONE DELLA SOGLIA Kant sosteneva che la psicologia sperimentale non potesse essere realizzata, poiché non era possibile procedere alla misurazione dell’attività psichica. Uno dei primi obiettivi della psicologia scientifica fu appunto CAPITOLO 3: SENSAZIONE E PERCEZIONE SENSAZIONE possiamo vedere ciò che non può esistere nella realtà. Talvolta vediamo cose differenti da quelle che esistono. Questi fenomeni pongono in evidenza che la corrispondenza fra realtà fisica e realtà percepita è il risultato dell’interdipendenza fra i dati sensoriali provenienti dall’esterno e le conoscenze già disponibili per l’individuo. CHE COSA È LA PERCEZIONE Le sensazioni, da sole, non contengono le informazioni sufficienti per spiegare le nostre percezioni. Vanno integrate in modo coerente nei percetti attraverso articolati processi di associazione ed elaborazione. A loro volta, i percetti costituiscono la base per ulteriori e articolati processi mentali associati alle immagini mentali, alle categorie, ai concetti. Il passaggio dalle sensazioni ai percetti è il risultato di una sequenza di mediazioni fisiche, fisiologiche e psicologiche, nota come catena psicofisica. Gli oggetti del mondo circostante producono in continuazione una molteplicità indefinita di radiazioni di varia intensità e frequenza. Queste radiazioni, che costituiscono le stimolazioni distali, vanno a suscitare negli apparati recettivi precise sollecitazioni, definite stimolazioni prossimali. Se la stimolazione prossimale è sufficientemente intensa, produce nei recettori interessati una serie di eccitamenti nervosi, trasmessi in forma di messaggio nervoso fino a una definita regione cerebrale specificamente deputata a ricevere ed elaborare gli stimoli concernenti quel particolare tipo di sensibilità. Dunque, la stimolazione (evento fisico) suscita una rapida successione di eventi fisiologici. Alle fasi terminali di questi accadimenti fisiologici, corrisponde sul piano soggettivo la percezione: l’impressione diretta e immediata della presenza di determinate forme della realtà ambientale. A determinate mappe sensoriali cerebrali corrispondono definite immagini mentali di oggetti o eventi. La percezione può essere intesa come l’organizzazione dinamica, significativa delle informazioni sensoriali. PROCESSI DAL BASSO VERSO L’ALTO E DALL’ALTO VERSO IL BASSO PROCESSI DAL BASSO VERSO L’ALTO In funzione delle informazioni sensoriali associate agli stimoli ambientali, i processi dal basso verso l’alto vanno ad attivare specifiche aree cerebrali. Le informazioni sensoriali sono, quindi, necessarie, ma sono insufficienti a spiegare ciò che percepiamo, poiché sono disperse e caotiche. In altri casi, le informazioni sensoriali sono eccessive per essere incluse in modo coerente e istantaneo in un singolo atto percettivo. PROCESSI DALL’ALTO VERSO IL BASSO Questi processi partono da specifiche aree cerebrali e influenzano l’attività nervosa dei recettori sensoriali delle diverse modalità in relazione a ciò che già sappiamo. La conoscenza influenza i processi della percezione, poiché è in grado di colmare gli elementi mancanti degli stimoli sensoriali sulla base delle informazioni già immagazzinate. La percezione è una funzione altamente dinamica, in cui i flussi delle informazioni dal basso verso l’alto e dall’alto verso il basso presentano un forte grado di interdipendenza, al fine di assicurare un elevato livello di attendibilità, di validità e di finezza discriminativa. È la convergenza fra l’insieme delle informazioni genetiche e l’apprendimento percettivo. PRINCIPALI TEORIE La percezione rappresenta un dominio psicologico complesso che è stato considerato da diversi punti di vista teorici. TEORIA EMPIRISTICA Le ripetute esperienze con la realtà ambientale e l’apprendimento che ne consegue forniscono un contributo essenziale alla percezione degli oggetti. Per loro natura i dati sensoriali sono parcellari e danno origine a un mosaico di sensazioni elementari che sono integrate con altre informazioni e sintetizzate nella percezione dell’oggetto grazie ai meccanismi dell’associazione e dell’esperienza. SCUOLA DELLA GESTALT Sostenne che la percezione non è preceduta da sensazioni, ma è un processo primario e immediato. È data dall’organizzazione interna delle “forze” che si vengono a creare fra le diverse componenti di uno stimolo. L’esperienza passata non influisce direttamente sui processi di organizzazione del campo fenomenico. MOVIMENTO DEL NEW LOOK L’organizzazione della percezione, oltre che da fattori intrinseci, dipende anche da altri processi mentali. Il soggetto, quando percepisce uno stimolo, compie un’operazione di categorizzazione: a partire da certi indizi, provvede all’identificazione e classificazione dello stimolo medesimo. TEORIA ECOLOGICA DI GIBSON Secondo Gibson, le informazioni percettive sono già contenuto nella stimolazione così come essa si presenta al soggetto. Una ricca informazione è già contenuta nella distribuzione spaziale e temporale degli stimoli e resa disponibile per il soggetto. Gibson ha chiamato “affordance” l’insieme di azioni che un oggetto “consente” e “invita” a compiere da parte di un certo organismo. Il soggetto deve solo riuscire a cogliere queste informazioni percettive già esistenti nell’ambiente circostante -> approccio ecologico. TEORIA COMPUTAZIONALE DI MARR Secondo Marr, il soggetto codifica le immagini in funzione delle continue variazioni di intensità luminosa. L’attività percettiva è distinta in fasi successive: l’abbozzo primario e il modello tridimensionale. L’abbozzo primario è formato da linee, punti e barre sulla base degli scarti di luminosità dell’immagine ordinati in maniera gerarchica. Sulla base delle informazioni raccolte nell’abbozzo primario, l’organismo prosegue con l’integrazione di informazioni fornite dalla stereopsi, dal movimento e dalle ombre e termina con una descrizione completa della struttura tridimensionale dell’oggetto. ORGANIZZAZIONE PERCETTIVA La nostra mente organizza costantemente l’attività percettiva così da cogliere gli oggetti in modo unitario e coerente. Questa segmentazione del flusso continuo delle stimolazioni consente a tutti noi di orientarci e muoverci correttamente nello spazio, di distinguere in modo appropriato gli oggetti gli uni dagli altri, di procedere agli opportuni confronti fra di essi individuando eguaglianze e differenze, nonché di fare previsioni attendibili sullo svolgimento futuro degli avvenimenti. La percezione visiva è resa possibile sia dalla presenza di energia luminosa sia dall’informazione ottica proveniente dall’ambiente. ARTICOLAZIONE FIGURA- SFONDO La prima segmentazione del flusso delle stimolazioni consiste nell’articolazione figura-sfondo. È un processo universale e costante. Il rapporto figura- sfondo implica un’interdipendenza intrinseca fra stimolo e contesto. Percepiamo gli oggetti non in assoluto, ma sempre in quanto immersi in un contesto immediato. Diversi fattori sono alla base di questa articolazione figura-sfondo: 1. inclusione -> a parità delle altre condizioni, diventa figura la regione inclusa; 2. convessità -> a parità delle altre condizioni, diventa figura la regione convessa rispetto a quella concava; 3. area relativa -> a parità delle altre condizioni, diventa figura la regione di area minore; 4. orientamento -> a parità delle altre condizioni, diventa figura la regione i cui assi sono PRINCIPALI FENOMENI PERCETTIVI DELLA VISIONE appaiono nel vuoto, ma sono regolarmente inseriti in un contesto che genera schemi di riferimento e in una scala costante della distanza, data dalla densità delle unità microstrutturali dell’ambiente. In sintesi, la costanza di grandezza è una proprietà del campo percettivo ed è generata dalla relazione fra l’oggetto e il contesto immediato. COSTANZA DI FORMA La costanza di forma è la tendenza ad attribuire agli oggetti la medesima forma, nonostante la varietà di forme che essi proiettano nel tempo sulla retina. È una proprietà di campo. COSTANZA CROMATICA Gli oggetti hanno anche un colore stabile, per quanto grandi possano essere le variazioni dell’illuminazione. Infatti, la luce riflessa da un oggetto varia in continuazione secondo il tipo e l’intensità d’illuminazione; ciò nonostante, lo percepiamo come dotato delle medesime proprietà cromatiche. È il fenomeno della costanza di colore. In esso i corpi opachi sono quelli che riflettono tutte le radiazioni luminose. Per spiegare questo processo, la teoria quadricromatica appare la più fondata. Nella retina vi sarebbero 3 sostanze che funzionano secondo processi biochimici di assimilazione e dissimilazione sotto l’azione delle radiazioni luminose. Vi sarebbe una sostanza fotosensibile rosso-verde, una sostanza giallo-blu e una sostanza bianco-nera. Sarebbero in atto processi antagonisti: quando si percepisce un colore di una coppia, non si può percepire altro. Questa teoria è compatibile con le 3 dimensioni percettive fondamentali dei colori: la tonalità, la chiarezza e la saturazione. Da questa teoria deriva il quadrato delle tonalità cromatiche, in base al quale i colori fondamentali sono disposti al vertice del quadrato e i colori intermedi sono collocati lungo i lati del quadrato. Ogni colore angolare costituisce una svolta, poiché viene a escludere le tonalità del colore angolare precedente. I colori angolari opposti si dicono complementari. La costanza cromatica è di natura relazionale. In sintesi, le costanze percettive pongono in evidenza il fatto che le nostre capacità percettive, si basano sul confronto simultaneo fra più stimoli adiacenti, interconnessi a costituire un sistema di riferimento unitario. Il nostro organismo è predisposto a rilevare i rapporti tra diversi stimoli, a cogliere le differenze e le loro somiglianze, nonché a istituire gli opportuni confronti tra essi. PERCEZIONE DEL MOVIMENTO La percezione del movimento è un processo complesso, regolato da precisi meccanismi fisiologici. Anche nel caso del movimento non vi è necessariamente una corrispondenza fra il movimento reale e il movimento percepito e fenomenico. PERCEZIONE DEL MOVIMENTO REALE E DEL MOVIMENTO INDOTTO Secondo la psicologia classica la percezione del movimento reale consiste nella capacità di cogliere nel tempo gli spostamenti reali di un oggetto lungo una traiettoria rispetto ad altri oggetti che restano immobili nello spazio percepito. L’oggetto in movimento proietta successivi spostamenti della propria immagine sulla retina. Questa concezione non risulta più sufficiente non appena si prende in considerazione la percezione del movimento indotto. Direzione e velocità del movimento dipendono dal sistema di riferimento e dal rapporto fra elemento inducente ed elemento indotto. MOVIMENTO APPARENTE Il movimento apparente o movimento beta consiste nella percezione di oggetti in movimento a partire da stimoli statici presentati a intervalli regolari di tempo. È anche detto movimento stroboscopico. MOVIMENTO AUTOCINETICO Il movimento autocinetico è l’incapacità di mantenere a lungo la traccia dell’esatta direzione verso cui si guarda, in combinazione con l’assenza di ogni sistema di riferimento. L’attenzione è l’insieme dei dispositivi che consentono di a) orientare le risorse mentali disponibili verso gli oggetti e gli eventi, b) ricercare e individuare in modo selettivo le informazioni per focalizzare e dirigere la nostra condotta, c) mantenere in modo vigile una condizione di controllo su ciò che stiamo facendo. RILEVAZIONE DEGLI STIMOLI ATTENZIONE ENDOGENA E ATTENZIONE ESOGENA L’attenzione endogena è avviata dalle nostre esigenze personali ed è governata da processi mentali dall’alto verso il basso. Implica un orientamento volontario verso uno specifico oggetto o evento dell’ambiente. L’attenzione esogena è attivata da uno stimolo esterno e regolata da processi mentali dal basso verso l’alto. ATTENZIONE SPAZIALE E ATTENZIONE BASATA SUGLI OGGETTI Nell’attenzione spaziale, di solito, vi è coincidenza fra la direzione dello sguardo e quella dell’attenzione. Tuttavia, questi processi possono essere separati. Quando prestiamo attenzione a un oggetto, le sue varie parti sono selezionate nello stesso tempo per dare luogo alla sua percezione nella sua interezza. Vi è un’immediata integrazione delle sue caratteristiche secondo le leggi della percezione. L’attenzione basata sugli oggetti trova un fondamento a livello cerebrale. È il bersaglio dell’attenzione, ciò che mettiamo a fuoco in quella data circostanza. Il fuoco dell’attenzione consente di concentrare le risorse attentive su uno specifico stimolo ambientale. Ha dimensioni variabili; presenta una relazione inversa con l’efficienza di rivelazione degli stimoli; si muove nello spazio a velocità costante lungo la traiettoria prescelta per raggiungere il bersaglio. VELOCITÁ E ACCURATEZZA DELLA RILEVAZIONE Nella rilevazione di uno stimolo, fattori importanti riguardano sia il tempo di esecuzione, sia in grado di accuratezza. La velocità e la precisione nell’individuazione di un bersaglio sono indici rilevanti di efficacia mentali. Quando parliamo di validità degli stimoli ricercati si intende l’effettiva individuazione del bersaglio ricercato. Abbiamo un notevole CAPITOLO 4: ATTENZIONE, COSCIENZA, AZIONE ATTENZIONE numero dei distrattori. Se ricerchiamo un bersaglio in relazione a due caratteristiche, occorre confrontarle in modo sistematico e incrociarle fra loro. Tale operazione richiede un dispendio assai più elevato di risorse attentive rispetto all’individuazione di un bersaglio semplice. COMPETIZIONE FRA STIMOLI ATTENZIONE FOCALIZZATA E ATTENZIONE DIVISA Quando parliamo di attenzione focalizzata facciamo riferimento alla concentrazione su una fonte informativa che conduce all’esclusione di ogni altra. Nell’attenzione divisa, invece, prestiamo attenzione a entrambi gli stimoli, ma la loro elaborazione è parziale e mediocre per la quantità limitata delle risorse attentive e vi è un costo supplementare per assicurare accuratezza o efficienza nei tempi di reazione delle risposte. INTERFERENZE DA DOPPIO COMPITO Ci troviamo di fronte ad una interferenza da doppio compito nel momento in cui siamo incapaci di gestire una quantità eccessiva di informazioni, nel momento in cui i compiti da eseguire allo stesso tempo condividono il medesimo canale di elaborazione. Ci troviamo nella stessa situazione anche quando le attività mentali da svolgere sono impegnative e assorbono una quota elevata di risorse attentive disponibili per svolgere un compito principale, lasciano una quantità limitata di risorse per l’esecuzione del compito accessorio. In questa interferenza da risorse la ripartizione dell’attenzione fra i compiti è inversa. Effetto Stroop -> siete posti di fronte alle parole “rosso”, “giallo”, “verde” e “blu”, collocate su uno sfondo rosso, giallo, verde e blu. La parola e lo sfondo possono essere coerenti. Si è invitati a pronunciare a voce alta il nome del colore dello sfondo. Nell’eseguire questo compito, si avranno dei tempi di reazione assai più brevi per gli stimoli congruenti rispetto a quelli incongruenti. Effetti Navon -> sono presentate lettere grandi composte da lettere piccole. Si ottengono in tal modo 4 combinazione: 2 congruenti e 2 incongruenti. Quando il soggetto, posto di fronte a stimoli incongruenti, è invitato a prestare attenzione alle lettere locali, la presenza di una lettera incongruente a livello globale produce un netto rallentamento nei suoi tempi di risposta. COMPETIZIONE SEMPLICE E COMPETIZIONE POLARIZZATA Nella competizione semplice lo stimolo che riceve la maggior quantità di risorse per la sua salienza è analizzato in modo più dettagliato, ha la priorità e conduce all’attenzione focalizzata. Tale competizione può essere influenzata altresì da altri sistemi cognitivi, soggetta a distorsioni in funzione sia delle caratteristiche dello stimolo ambientali, sia della sua pertinenza e rilevanza rispetto agli scopi e alle aspettative del soggetto. In questo caso si parla di competizione polarizzata. Essa emerge quando gli stimoli sono presentati simultaneamente anziché in serie, uno dopo l’altro. L’attenzione produce in ogni situazione una distorsione dei fenomeni in funzione sia delle loro caratteristiche, sia della loro pertinenza agli scopi e agli interessi degli individui. Questa interdipendenza genera la forza degli stimoli che entrano in competizione fra loro. Gli stimoli più “forti” hanno la preminenza rispetto a quelli più “deboli”. Tale forza è contingente, poiché varia da momento a momento, da soggetto a soggetto. L’attenzione è un’attività mentale emergente e dinamica, immersa nella situazione immediata, in grado di fornire, in condizioni standard, le informazioni utili per gli individui. La coscienza è una condizione necessaria per poter divenire una specie simbolica e rimane tutt’ora necessaria per svolgere la regia delle nostre attività quotidiane. Illumina e dà senso alla nostra esistenza. È coinvolta in tutte le nostre funzioni mentali ed è una qualità emergente che si radica su una base molto ampia e profonda di processi inconsci senza i quali non potrebbe affiorare. DEFINIZIONE DI COSCIENZA COSCIENZA E VIGILANZA La coscienza può essere definita come uno stato particolare della mente in cui si ha conoscenza dell’esistenza di sé e dell’ambiente. Ha sempre un contenuto in una condizione di vigilanza, fondato su una grande quantità di informazioni provenienti dagli organi di senso, situata in un ambiente circostante in un dato momento. Legata al concetto di coscienza, troviamo la soggettività. È l’esperienza della prospettiva esclusiva e privata di ciascuno di noi. È il baricentro di noi stessi, attribuisce COSCIENZA unitarietà alla nostra esperienza e dà senso alla nostra identità. In modo inevitabile rinvia il concetto di sé nelle sue diverse forme, Coscienza e vigilanza non sono la stessa cosa. La vigilanza consente la rappresentazione mentale degli oggetti, la pianificazione di ciò che intendiamo fare, come pure di monitorare e controllare in continuazione lo svolgimento delle nostre azioni. PRINCIPALI PROPRIETÁ DELLA COSCIENZA In quanto condizione necessaria per svolgere le operazioni mentali, la coscienza presenta diverse proprietà. CONSAPEVOLEZZA COGNITIVA La coscienza consiste nella capacità di rispondere agli stimoli provenienti dall’ambiente “qui e ora”. La coscienza svolge una funzione di comparatore, poiché consente di confrontare, istante per istante, lo stato attuale del mondo con quello previsto in base alla propria esperienza e alle proprie conoscenze e aspettative (consapevolezza cognitiva). CONTROLLO La coscienza esercita un controllo sui processi cognitivi. È un monitoraggio costante, che consente di organizzare e pianificare le nostre attività mentali, dare loro inizio, interromperle o modificarle in funzione della continua variazione delle condizioni soggettive e ambientali. Svolge la funzione di sistema rilevatore degli errori: se qualcosa non va bene nell’esecuzione di un’operazione, la coscienza è in grado di scoprire l’errore e di interrompere la sua esecuzione o modificarla profondamente in base alle nuove condizioni. Per quanto concerne le azioni future, siamo capaci di prefigurare in modo consapevole eventi probabili, prevedendo soluzioni alternative e pianificando le scelte più opportune. AUTORIFLESSIONE La coscienza può essere consapevole di sé stessa, in un processo teoricamente senza fine (consapevolezza metacognitiva). La capacità di autoriflessione è alla base sia dell’evoluzione della nostra specie, sia dello sviluppo psicologico di ogni individuo. LIVELLI DI COSCIENZA La coscienza oscilla nella sua intensità in modo incessante. Va da un minimo a un massimo. Pur essendo un processo continuo, occorre distinguere alcuni livelli qualitativi al suo interno. SÉ ORIGINARIO Abbiamo dei processi che riguardano l’organismo e che forniscono una descrizione dei corpo praticamente paralizzato. GUFI E ALLODOLE Abbiamo individui mattutini (allodole) caratterizzati da un precoce addormentamento serale e da un risveglio mattutino a ore precoci. I soggetti serotini (gufi) riescono ad addormentarsi solo a tarda ora e tendono a svegliarsi a mattino avanzato. Mentre il ritmo sonno-veglia del neonato e del bambino piccolo è polifasico, nell’adulto è monofasico. PERCHÉ DORMIAMO? Secondo la teoria ristorativa, il sonno consente un recupero delle risorse a livello sia somatico sia cerebrale. Per la teoria circadiana, il sonno sarebbe comparso durante l’evoluzione delle specie per mantenere gli animali inattivi durante i periodi in cui non hanno bisogno di impegnarsi nelle attività necessarie per la sopravvivenza. PRIVAZIONE DEL SONNO Dopo alcuni giorni di privazione di sonno compaiono i microsonni: cali improvvisi della vigilanza della durata di pochi secondi, durante i quali le palpebre di chiudono e i soggetti non rispondono agli stimoli ambientali. Nella privazione parziale, osserviamo un incremento nell’efficienza del sonno. IPNOSI È un procedimento in cui un operatore, nella funzione di iptnotizzare, induce il cliente a sperimentare significativi cambiamenti nei propri comportamenti in connessione con una sospensione temporanea della coscienza. La situazione ipnotica è costituita da una fase di induzione che conduce a obnubilare la coscienza dell’ipnotizzato e a fargli compiere una serie di azioni atipiche. INDUZIONE IPNOTICA Nell’ipnosi un soggetto collaborante abbandona un certo grado di controllo sulla propria coscienza all’ipnotizzare e accetta le sue indicazioni (suggestioni), che possono condure a distorsioni della realtà. Il soggetto è posto in una condizione di rilassamento e gli vengono impartite progressivamente diverse suggestioni. Alla fine, segue l’ordine di non ricordare più che cosa è successo durante l’ipnosi medesima. Le tecniche ipnotiche utilizzate attualmente sono molto più fini e basate sul linguaggio. Una volta raggiunta la condizione di ipnosi, l’ipnotizzatore può inviare le suggestioni per ottenere specifiche e anomale risposte da parte del soggetto ipnotizzato. I fenomeni più ricorrenti sono: a) allucinazioni positive e negativa; b) reazioni ideomotorie; c) regressione di età; d) inibizione del dolore; e) incremento nel recupero dei ricordi. SUSCETTIBILITÁ IPNOTICA Non tutti gli individui sono ipnotizzabili e anche quelli che lo sono, non lo sono nello stesso modo e con la medesima facilità. La suscettibilità ipnotica costituisce un tratto stabile della personalità, con una predisposizione genetica e un’evoluzione nel corso della vita che ha un picco durante l’adolescenza. ANALGESIA IPNOTICA Un fenomeno particolare dell’ipnosi degno di rilievo è costituito dalla possibilità di esercitare un controllo diretto sul dolore, senza la necessità di interventi farmacologici -> analgesia ipnotica. L’analgesia ipnotica si fonda sulle modificazioni dell’attività nervosa della corteccia cerebrale a seguito delle suggestioni ipnotiche e comporta una sorta di separazione fra la stimolazione dolorosa e l’esperienza “affettiva” della medesima. Di solito, si fa ricorso a tecniche di autoipnosi, attraverso cui ci convinciamo che la parte dolorante non sia collegata al corpo o che gli stimoli dolorosi siano trasformati. MEDITAZIONE La meditazione costituisce uno stato modificato di coscienza attraverso l’esecuzione ripetitiva e sequenziale di alcuni esercizi mentali, di solito realizzati in un ambiente tranquillo. È un metodo di rilassamento durante il quale il soggetto, dirigendo l’attenzione in modo fisso e invariabile su un unico stimolo, ottiene un elevato controllo nella regolazione della respirazione, e giunge a limitare grandemente il proprio campo di attenzione e la ricezione degli stimoli ambientali. La meditazione trascendentale consiste nel focalizzare l’attenzione sulla ripetizione mentale di un suono speciale o sulla respirazione nasale. A livello psicologico, la meditazione trascendentale risulta opportuna per combattere lo stress negativo e superare gli stati di ansia cronica. È efficace, inoltre, nell’aumentare le capacità di memoria e l’efficienza mentale, nonché per migliorare il livello di autostima. L’azione è una sequenza consapevole e deliberata di movimenti finalizzati al raggiungimento di uno scopo, svolta in base a un piano e AZIONE controllata dall’attenzione esecutiva, idonea a generare specifici effetti sull’ambiente. Un insieme di azioni fra loro diversificate ma coordinate in modo sufficientemente coerente per il raggiungimento di un unico scopo primario costituisce un’attività. Siamo in grado di far accadere delle cose nel corso degli avvenimenti. È il concetto di agentività (agency) come capacità di esercitare un potere causale sugli accadimenti e di influenzare il loro andamento. Siamo convinti di poter ottenere i risultati desiderati mediante le nostre azioni (senso di autoefficacia). PIANIFICAZIONE DELL’AZIONE Qualsiasi azione che compiamo non è un evento casuale, né totalmente automatico. I movimenti in sequenza implicati in un’azione sono volontari, idonei a realizzare uno scopo, delineato precedentemente secondo un progetto formulato in modo consapevole e intenzionale. Ogni azione si svolge secondo un piano che, in modo gerarchico, controlla l’ordine di una sequenza di operazioni motorie per consentire il raggiungimento dello scopo predefinito. La pianificazione dell’azione comporta la sua organizzazione nel tempo e nello spazio. Il piano d’azione consiste in una mappa mentale della traiettoria delle operazioni da svolgere una dopo l’altra, prefigurando gli effetti di un’operazione su quella successiva, in modo da apportare le opportune correzioni nello svolgimento stesso dell’azione. Un piano è, quindi, la simulazione mentale che, in base a un modello, riproduce e prefigura in modo dinamico quanto avverrà nel corso dell’azione. Ogni azione è una totalità unitaria, organizzata in modo gerarchico in una sequenza di operazioni, ciascuna delle quali, a sua volta, è composta da una serie di movimenti volontari. Tra azione e operazioni vi è uno stretto rapporto mezzi-fine. Le singole operazioni sono mezzi per realizzare l’azione nel suo insieme. A sua volta, ogni operazione diventa fine rispetto ai movimenti che la compongono. Nella pianificazione di qualsiasi azione, dobbiamo tenere conto delle condizioni dell’ambiente in modo adeguato. Ogni azione è situata, radicata in un contesto immediato. Le condizioni ambientali definiscono le opportunità e i vincoli per l’esecuzione di una data azione. Le opportunità rinviano alle affordances ambientali. AGENTIVITÁ E AUTOEFFICACIA L’autoefficacia è la credenza e verifica di riuscire a controllare un’attività e di svolgerla con una buona riuscita. L’autoefficacia dipende dalla consapevolezza di essere protagonisti, in grado di causare degli effetti nell’ambiente in cui viviamo e di “far accadere delle cose”, influenzando la direzione degli avvenimenti, possibilmente in modo a noi favorevole. È il costrutto psicologico dell’agentività (agency). Attivata dai propri interessi e desideri come leve motivazionali, implica la capacità di formulare un piano intenzionale per riuscire a soddisfarli, di individuare le azioni opportune, di presiedere alla loro esecuzione sia tenendo presenti le condizioni del contesto immediato, sia svolgendo una funzione di regia e guida, nonché di attivare emozioni sociali positive al fine di alimentare i livelli di autostima. L’agentività è, quindi, la competenza nel compiere azioni efficaci, associata alla consapevolezza di ascrivere tale competenza a sé stessi in quanto protagonisti. Per conoscere e capire gli eventi, occorre rappresentarli nella nostra mente. La rappresentazione di un oggetto o evento è un’entità che sta per quell’oggetto e trasmette informazioni a esso congruenti. Può essere analitica quando vi è un rapporto arbitrario fra rappresentazione e cosa rappresenta; oppure analogica quando vi è un rapporto di somiglianza fra rappresentazione e cosa rappresenta. Per rappresentazione mentale intendiamo un’immagine simbolo o modello presente nella mente, basato su una mappa cerebrale, in corrispondenza a un certo oggetto o evento. È fondata sull’esperienza. MENTE COMPUTAZIONALE La mente computazionale è in grado di fare calcoli, confronti, combinazioni logiche, manipolazioni di simboli, operazioni di misura e di classificazione, equivalenze e graduatorie, capace di scelta fra alternative, di adeguamento a regole prefissate. Le rappresentazioni mentali consentono di svolgere queste operazioni mentali in modo agevole, talvolta servendosi di automatismi associati alle abitudini apprese, talvolta richiedendo un notevole impegno di risorse attentive. In tempi recenti, il funzionamento della mente è stato “spiegato” da due prospettive fra loro opposte: la mente modulare e la mente radicata nel corpo. IL “LINGUAGGIO” DELLA MENTE È stata elaborata, concentrandosi fortemente sullo studio delle strutture mentali rispetto alle funzioni, una modellistica mentale che va dai moduli ai modelli, alle “reti semantiche”, al frame e al “linguaggio della mente”. Ipotizzando l’esistenza di una “natura umana”, questa impostazione assume che i processi mentali siano gli stessi per tutti. Le eventuali differenze, da attribuire alle diverse situazioni ambientali, vanno considerate come semplici “increspature di un’identità comune”. Fodor ha CAPITOLO 5: RAPPRESENTAZIONE, CONOSCENZA, SIMULAZIONE MENTALE RAPPRESENTAZIONE MENTALE proposto l’ipotesi di un linguaggio della mente, costituito da rappresentazioni che: a) hanno parti costituenti che si combinano fra loro secondo le regole della logica; b) sono composte da parti atomiche innate corrispondenti a proprietà del mondo; c) sono composizionali, poiché le proprietà semantiche di una rappresentazione complessa dipendono dalle proprietà semantiche degli elementi atomici; d) sono regolate secondo le condizioni di verità e le relazioni di implicazione. Nella prospettiva di Fodor, la mente è un sistema chiuso che non interagisce con l’ambiente né sul piano percettivo né su quello motorio. Essa procede a compiere sofisticate computazioni su simboli amodali (non provenienti dalle diverse modalità sensoriali e propriocettive, ma già presenti in modo innato) mediante il ricorso a regole logiche. IL MODULARISMO In base all’ipotesi del linguaggio della mente, Fodor ha proposto una concezione fortemente localizzatrice della mente, organizzata in moduli, ciascuno dei quali con una struttura specializzata che lo rende un sistema esperto in un ambito specifico rispetto all’ambiente - > modularismo. I moduli sono dominio-specifici, in grado di elaborare informazioni concernenti un ambito ristretto della realtà. Hanno un’architettura neurale fissa, poiché si sviluppano in assenza di qualsiasi istituzione derivante dall’esperienza. I moduli sono innati e operano allo stesso modo nei vari contesti in cui l’individuo viene a trovarsi. I moduli sono vincolanti perché gli individui non possono scegliere di organizzare la loro percezione visiva come desiderano. I moduli sono veloci, sono in grado di risolvere i problemi nel loro specifico dominio in tempi assai più rapidi dei processi cognitivi generali. I moduli sono incapsulati a livello informativo. Sono isolati e nessuno di essi ha accesso a tutta la gamma delle informazioni disponibili all’organismo. MENTE RADICATA NEL CORPO Una mente situata e radicata nel corpo è costantemente immersa in un contesto immediato. L’ambiente è considerato come realtà dinamica, in grado di influenzare e dirigere l’attività della mente stessa in funzione degli stimoli che esso offre. La provenienti dall’ambiente per integrarsi successivamente mediante una serie di connessioni ricorsive con quelli provenienti da altre modalità nelle regioni associative di ordine superiore. Grazie a importanti circuiti nervosi di interconnessione, presenti nella corteccia frontale, parietale, temporale e occipitale del cervello, le diverse ZCD partecipano in modo sinergico all’elaborazione congiunta della rappresentazione di un oggetto, senza la necessità di prevedere uno specifico modulo dedicato a questo scopo. Si viene a creare così una rappresentazione multimodale, unitaria e globale dell’evento o oggetto. SIMBOLI PERCETTIVI, SIMULATORI E SIMULAZIONI MENTALI È necessario indagare in che modo le rappresentazioni mentali sono elaborate a livello mentale. Un simbolo percettivo è la registrazione dell’eccitazione di una popolazione di neuroni a seguito di un processo percettivo o di un’azione motoria. È una rappresentazione inconsapevole, di natura schematica e parziale, dinamica e componenziale, indeterminata e generica. Sono simboli in quanto “corrispondenza” fra due entità appartenenti ad ambiti diversi, e “percettivi” in quanto basati sulle modalità sensoriali e motorie. La formazione di simboli percettivi procede dal basso verso l’alto per ogni aspetto dell’esperienza. Sono multimodali perché generati da tutti i modi in cui viviamo l’esperienza. Barsalou ha definito simulatore mentale il sistema distribuito e unitario, corrispondente al contenuto mentale del “concetto” di un oggetto. Tale sistema è in grado di funzionare secondo 2 livelli: a) funge da cornice che integra i simboli percettivi relativi a un dato oggetto in base all’esperienza di molte sue occorrenze; b) opera come un dispositivo generatore in grado di produrre un numero pressoché indefinito di simulazioni mentali a partire dalla cornice a disposizione. Il simulatore mentale consente di riprodurre un oggetto dell’ambiente in modo sufficientemente attendibile e valido. Una volta elaborato, un simulatore mentale è in grado di riattivare parte dei simboli percettivi in esso contenuti per dare origine a specifiche operazioni mentali. Pur in assenza di stimoli reali, queste operazioni mentali sono in grado di riportare in modo relativamente attendibile proprietà percettive, motorie e introspettive disponibili nei simboli percettivi del simulatore e depositate nelle memorie senso-motorie. Tali operazioni mentali sono chiamate simulazioni mentali. Le simulazioni mentali sono processi dall’alto verso il basso. La simulazione mentale fa riferimento a una circostanza particolare dell’esperienza. È contingente perché in ogni situazione assume una configurazione della stessa esperienza. CONOSCENZA COME COMPRENSIONE La conoscenza è un’attività fondamentale della nostra mente che ci consente di capire e spiegare le cose. È un vincolo per la nostra sopravvivenza. La conoscenza è comprensione degli accadimenti che fanno parte della nostra esperienza. La comprensione è la capacità di intendere e interpretare in modo appropriato una data situazione, stabilendo le dovute connessioni e relazioni fra le sue varie componenti. Comprendere vuol dire cogliere il significato e la traiettoria di senso di un certo evento. Il significato è una realtà non monolitica, bensì complessa e analizzabile, scomponibile in un ventaglio definito di proprietà. Comprendere vuol dire trovare una spiegazione plausibile e sufficientemente attendibile dei fenomeni e degli eventi dell’esperienza. CONOSCENZA COME CATEGORIZZAZIONE La categorizzazione è un’attività mentale universale, basilare per gli esseri umani, presente in ogni cultura. Va intesa come “la capacità di rendere equivalenti entità differenti fra loro discriminabili, di raggruppare oggetti, eventi e persone in classi, nonché di rispondere a essi in quanto componenti di una classe piuttosto che per la loro unicità”. LE CATEGORIE ESISTONO IN NATURA? Le categorie non esistono in natura. Sono unicamente convenzionali, esito di un “accordo” stabilito nel tempo in modo più o meno esplicito in una comunità di individui. In quanto risultato di una convenzione, le categorie dipendono dalla cultura di riferimento. COME FUNZIONANO LE CATEGORIE MENTALI I raggruppamenti in cui separiamo il magma della CONOSCENZA nostra esperienza corrispondono alle categorie, intese come classi di identità, relativamente omogenee al loro interno ed eterogenee rispetto a quelle delle altre classi. Ogni categoria raggruppa unità che hanno alcune proprietà simili (omogeneità interna) e che presentano alcune differenze discriminanti rispetto alle entità delle altre categorie (eterogeneità esterna). In tal modo ogni categoria è in grado di rilevare ed enfatizzare le differenze rintracciabili fra le singole esperienze. Di solito, procediamo a raggruppare entità diverse all’interno della stessa categoria facendo riferimento a regole o alla somiglianza. Le categorie definiscono le coordinate per il nostro pensiero e comportamento e consentono di orientarci nelle scelte e decisioni in base alla differenziazione che istituiscono fra oggetti ed eventi. Tale processo conduce all’inclusione di entità fra loro simili in una classe e, allo stesso tempo, alla sua separazione rispetto alle classi che racchiudono entità diverse. Le categorie sono etichettabili, esaustive e mutualmente esclusive, costituiscono un sistema di differenze. È la differenza il motore che genera la conoscenza, la comprensione e l’intelligibilità delle cose, il pensiero e il mondo dei significati. In tal modo abbiamo una tassonomia, intesa come un sistema gerarchicamente organizzato di categorie fra loro intrecciate e inserite l’una nell’altra in funzione del livello di astrazione. Le categorie possono essere impiegate per fare delle inferenze sulla base di loro proprietà implicite. Il processo dell’induzione basato su categorie rende possibile estendere la conoscenza al di là dell’esperienza immediata. Le relazioni di somiglianza fra categorie costituiscono la guida per fare inferenze e consentono di valutarne la forza. VARI TIPI DI CATEGORIA Le categorie mentali implicano un processo mentale assai esteso e articolato che si configura in una gamma tipologica. CONCEZIONE NATURALISTICA DELLE CATEGORIE La struttura dell’ambiente fisico determinerebbe la configurazione delle categorie poiché le caratteristiche sensoriali del mondo non sarebbero distribuite in modo casuale, bensì in costellazioni ricorrenti di indizi. Le categorie presentano 2 dimensioni: una verticale e una orizzontale. La dimensione verticale consente di collegare fra loro diverse categorie attraverso il processo modelli. La simulazione consiste in un modello -> rappresentazione proporzionale di un aspetto dell’ambiente. Fra modello e fenomeno esiste una struttura equivalente e dinamica di rapporti, ossia il modello funziona in modo corrispondente al fenomeno considerato. La simulazione è una rappresentazione dei fenomeni che hanno luogo nella realtà così come siamo in grado di osservarla. Accanto al mondo del reale e al mondo del fantastico esiste il mondo del possibile. Ciò che non è in questo momento, ma che può accadere in futuro. Occorre distinguere fra simulazione analogica e simulazione virtuale. La prima si avvale di qualche dispositivo che ricrea “fisicamente” gli aspetti della realtà oggetto di studio e di analisi. La seconda, avvalendosi del supporto di un computer, si pone in un mondo virtuale. In quanto riproduzione, la simulazione non è la realtà. La simulazione è una mappa della realtà. VANTAGGI DELLA SIMULAZIONE La simulazione ha enormi vantaggi per la conoscenza e la comprensione dell’esperienza, poiché consente di esplorare un numero elevato di funzioni e processi mentali. VERSATILITÁ, FLESSIBILITÁ E COMPLESSITÁ La simulazione rende possibile una versatilità illimitata di studio e di applicazione poiché non esiste fenomeno che non possa oggi essere oggetto di simulazione. La simulazione si dimostra una strada percorribile per analizzare, capire e spiegare meglio i sistemi complessi, di qualunque genere essi siano. La simulazione è in grado di analizzare anche le situazioni estreme di funzionamento di un sistema complesso, quelle prossima alla rottura del sistema medesimo. LA CULTURA COME “PRODOTTO” DELLA SIMULAZIONE La cultura si fonda sull’evoluzione biologica della specie umana ed è un “prodotto” della biologia. In che modo è stato possibile il passaggio dalla biologia alla cultura? Il sistema dei neuroni specchio ha promosso l’attività della simulazione a tutti i livelli. A un cervello simulativo corrisponde una mente simulativa. La mente simulativa è in grado di riprodurre i fenomeni naturali, anticiparli e prevenirli. È altresì capace di individuare i percorsi più efficaci per adattarsi attivamente alle opportunità e vincoli dell’habitat. La cultura costituisce l’esito principale di siffatta attività. È l’espressione più alta della creatività umana. Senza simulazione, la cultura non sarebbe possibile. TEORIA E FATTI NELLA SIMULAZIONE Il rapporto fra teoria e fatti trova nella simulazione un’impostazione innovativa. La teoria è “immersa” nella simulazione, poiché ogni variazione introdotta o ipotizzata deve rispondere alla domanda “Perché?”. Questa connessione permette alla simulazione di fare previsioni in modo attendibile. Che cosa succede quando nello stabilire connessioni fra teoria e fatti compaiono distorsioni mentali? Nel formulare dei giudizi e prendere delle decisioni siamo soggetti a distorsioni ricorrenti, come quella della conoscenza retrospettiva (lo sapevo che andava a finire così!). è una distorsione nel giudizio delle probabilità dovuta a forme diverse di simulazione della situazione. La simulazione consente di considerare possibili alternative e seguire percorsi diversi. Per converso, pensare alle alternative attraverso la simulazione comporta una forte riduzione della possibilità di andare incontro a distorsioni e a fare errori. INVENZIONE DI MONDI POSSIBILI La simulazione appartiene al mondo del possibile: ciò che ancora non c’è ma che, date certe condizioni, può esistere e diventare reale. Esempi di mondi possibili: realtà virtuale, romanzi -> fenomeno dell’illusione della soggettività indipendente. SIMULAZIONE E PRESTAZIONI MOTORIE L’intervallo di tempo per compiere dei movimenti simulati mentalmente non differisce in modo significativo da quello impiegato per i movimenti fisicamente eseguiti. Legge di Fitts: il tempo di un movimento è una funzione logaritmica della distanza e delle dimensioni del bersaglio, poiché il tempo del movimento aumenta con la distanza, ma diminuisce con le dimensioni del bersaglio. Quando dobbiamo fare dei movimenti ampi ed estesi, l’intervallo temporale di programmazione mentale diventa più lungo rispetto al compito di eseguire piccoli movimenti. PENSIERO CONTROFATTUALE E ANTICIPAZIONE DELLA PROPRIA IDENTITÁ La simulazione è un dispositivo mentale molto potente per “ricostruire” eventi del passato (pensiero controfattuale) e per “anticipare” eventi del futuro (pensiero prefattuale). Nel primo caso ci riferiamo ad avvenimenti accaduti e ipotizziamo che cosa sarebbe potuto accadere se ci fossimo comportati in modo diverso. È una forma di pensiero condizionale, in cui siamo di fronte al modo congiuntivo della possibilità. Oltre che rivolgersi al passato, la simulazione è in grado di raffigurarsi anche in futuro. Entrano in gioco le simulazioni prefattuali, ovvero anticipazione di come attuali condizioni reali potrebbero essere nel futuro. Le simulazioni concernenti il proprio futuro servono a disegnare il futuro del proprio sé (sé possibile). Perché facciamo queste “fughe in avanti”? perché la pianificazione del proprio futuro consolida il senso della nostra identità, precisa la traiettoria della nostra vita e migliora il benessere del nostro presente sotto diversi versanti. Innalza il livello di fiducia in noi stessi e il sentimento di autoefficacia. Soddisfa in modo efficace il bisogno di sentirsi preparati, capaci di governare l’incertezza del futuro in caso sia di opportunità sia di minacce. Oscillano fra la desiderabilità e la fattibilità. È in gioco il contrasto mentale. INNOVAZIONE E CREATIVITÁ La simulazione è un motore potente della creatività umana. Prendendo avvio da alcuni indizi, la mente umana è in grado di creare attraverso la simulazione nuove combinazioni mai considerate prima grazie ad accostamenti insoliti e ad associazioni impreviste. La simulazione mentale è basilare anche per il pensiero produttivo e per la programmazione. TENDENZA ALLA DISTORSIONE E SEMPLIFICAZIONE La simulazione è una prospettiva epistemica e un metodo di lavoro che può essere usato anche in modo poco soddisfacente. I motivi di tale scontentezza concernono fondamentalmente 2 dimensioni: il livello di costruzione delle simulazioni da parte degli esperti e il livello di impiego da parte dei destinatari. A livello di architettura, la simulazione può consistere in una riproduzione distorta o lontana dai fenomeni che intende rappresentare. In altri casi, l’architettura della simulazione può essere troppo semplificata rispetto ai fenomeni reali. A livello di LIMITI DELLA SIMULAZIONE esistono nell’ambiente in base a indizi. Tale rilevazione conduce alla costruzione di mappe cognitive, facilitando l’uomo a trovare la soluzione più breve ed efficace (principio del minimo sforzo). Ciò che è appreso è la mappa cognitiva del territorio. L’apprendimento latente è il fondamento della conoscenza tacita, che è una conoscenza “in pratica”, di solito automatizzata, difficile da esplicitare. Per uscire dall’opacità della conoscenza tacita, occorre promuovere forme di apprendimento riflessivo: partire dall’esperienza per ritornare all’esperienza. Questa “riflessione” dell’apprendimento consente di stabilire una serie di connessioni “all’indietro” per apportare opportuni correttivi all’esperienza in corso ed è in grado di condurre a conoscenze riflessive, ossia esplicite e oggetto di comunicazione. APPRENDIMENTO FISIOLOGICO L’apprendimento fisiologico è un vincolo per la nostra sopravvivenza e per il mantenimento della salute fisica e del benessere mentale, poiché fornisce le conoscenze indispensabili e i criteri per conseguire un efficace governo del nostro corpo. Tale apprendimento trova fondamento nell’esperienza diretta che facciamo in continuazione del nostro corpo in connessione con gli stimoli somatoviscerali e le sensazioni propriocettive. Riguarda sia lo stato di salute sia la malattia. Sono due condizioni non in alternativa fra loro, del tipo on- off. Il funzionamento fisiologico è regolato da dispositivi biologici automatici, svincolati dalle nostre decisioni. Accanto a essi abbiamo a disposizione un certo numero di gradi di libertà che ci consentono di intervenire in modo deliberato, direttamente o indirettamente, sul funzionamento del nostro organismo. Oltre all’apprendimento fisiopatologico, l’apprendimento motorio merita particolare attenzione. Esiste una stretta corrispondenza fra azioni motorie e simulazione mentale dei movimenti. Questo tipo di apprendimento riguarda le conoscenze procedurali e le competenze esecutive, implica la consapevolezza di conoscere le potenzialità e i limiti del nostro organismo. Parimenti, riveste una grande importanza l’apprendimento respiratorio. Pur essendo una funzione fisiologica automatica e inconsapevole, in numerose circostanze può diventare consapevole e oggetto di un’attività respiratorio deliberata. CONDIZIONAMENTO CLASSICO Nell’evoluzione della specie, la comparsa dei neuroni ha consentito di immagazzinare le informazioni in forme semplici di memoria e di compiere previsioni riguardo a: a) quali eventi seguono ad altri eventi dell’ambiente; b) quali eventi sono governabili e quindi modificabili. Tramite queste 2 operazioni, un individuo può adattarsi all’ambiente e ai suoi cambiamenti. Per giungere a questo traguardo, occorre essere in grado di associare due o più eventi fra loro. È l’apprendimento associativo, dimostrato da Pavlov. Esperimento cane-saliva-cibo- campanella. Il processo di condizionamento pavloviano, o classico, comporta tipicamente l’associazione ripetuta fra SC (stimolo condizionato) e SI (stimolo incondizionato). Tale associazione alla fine condiziona lo SC a evocare una RC (risposta condizionata) simile alla RI (risposta incondizionata). Nella prima fase dell’apprendimento, si forma l’associazione SC+SI: Pavlov chiama questo processo acquisizione. Nella fase 2, detta estinzione, si continua a presentare lo SC senza lo SI: la RI scompare gradualmente. Nella fase 3 lo SC viene presentato da solo ed evoca RC piuttosto forti. Pavlov chiama recupero spontaneo questo parziale recupero dell’apprendimento, dopo un periodo di riposo. A questo punto, viene presentato nuovamente un rinforzo costituito dalla coppia SC+SI, il riapprendimento è molto rapido ed è chiamato riacquisizione. Pavlov osservò anche la comparsa del fenomeno dell’assuefazione quando la RI diminuisce progressivamente nel tempo. Con questo esperimento Pavlov aveva avviato lo studio dell’apprendimento associativo, fondato sull’associazione fra due o più stimoli fra loro diversi. Esso non avviene sulla base della somiglianza, bensì sulla contiguità temporale e spaziale nella connessione fra stimoli e risposte. GENERALIZZAZIONE E DISCRIMINAZIONE Quando a un dato SC è stata associata una risposta condizionata, gli stimoli simili APPRENDIMENTO ASSOCIATIVO allo SC tendono anch’essi a suscitare la RC. Questo fenomeno è noto come generalizzazione dello stimolo. Quanto più lo stimolo è simile a quello originario, tanto più forte è la risposta. È possibile anche condizionare un animale a non rispondere a stimoli simili allo SC, pur continuando a rispondere allo SC. È l’addestramento alla discriminazione. SKINNER E IL CONDIZIONAMENTO OPERANTE L’estensione del condizionamento classico fu realizzata da Skinner, che riprese le ricerche pioneristiche di Thorndike, il cui nome è legato all’apprendimento per prove ed errori. Per Thorndike “apprendere è connettere”: creare una rete di connessioni fra situazioni e stimoli da una parte e risposte dall’altra. Con legge dell’effetto, Thorndike sosteneva che i legami associativi fra stimolo e risposta non dipendono solo dalla loro contiguità temporale, ma anche dagli effetti che seguono la risposta. Thorndike scoprì anche la legge dell’esercizio, secondo cui la ripetizione di una risposta diventa tanto più probabile quanto più spesso è ripetuta. Skinner riprese l’impostazione di Thorndike e la tradizione pavloviana, introducendo la distinzione tra: a) comportamenti corrispondenti, derivati da riflessi innati o appresi tramite il condizionamento pavloviano; b) comportamenti operanti, non derivati da riflessi innati ma emessi spontaneamente dall’animale. Skinner definì così il condizionamento operante -> il soggetto agisce nell’ambiente e lo modifica emettendo dei comportamenti in risposta a stimoli. Il rinforzo è una ricompensa in grado di aumentare la probabilità di produrre il comportamento in oggetto. I rinforzi possono essere positivi o negativi e hanno lo scopo di aumentare la probabilità della frequenza del comportamento in oggetto. Skinner distingue nettamente fra rinforzo e punizione: quest’ultima consiste nella realizzazione di una situazione spiacevole con lo scopo di diminuire la probabilità della frequenza di un certo comportamento. Anche la punizione va distinta in positiva e negativa: è positiva quando consiste in uno stimolo doloroso per il soggetto; è negativa quando consiste nella sottrazione di qualcosa di gratificante. I rinforzi possono essere ulteriormente distinti in primari o secondari. Nel primo caso abbiamo eventi che irreversibile. Il concetto di “periodo critico” è stato successivamente rinominato come periodo sensibile, per indicare il periodo nel quale le influenze ambientali sono più efficaci per l’apprendimento di conoscenze e abilità. APPRENDIMENTO OSSERVATIVO E IMITATIVO L’apprendimento osservativo si basa su una rete complessa e robusta di dispositivi che comprendono l’attività dei neuroni specchio, l’interdipendenza fra percezione e azione, il ricorso a processi cognitivi. La funzione principale è svolta dal modello, che fornisce gli standard e i criteri della condotta da seguire. L’apprendimento osservativo avviene grazie all’interazione fra individui. Questo tipo di apprendimento conduce all’apprendimento imitativo, quando un individuo riproduce in modo consapevole l’azione di un altro per raggiungere il medesimo scopo perseguito da quest’ultimo. APPRENDIMENTO TRAMITE L’INTERAZIONE SOCIALE Nella specie umana l’apprendimento previlegia l’interazione sociale. Si ritiene che il bambino piccolo sia soggetto attivo e competente, dotato di capacità cognitive ed emotive specifiche, di meccanismi di autoregolazione, in grado di ricevere ed elaborare, di volta in volta in modo pertinente, le informazioni provenienti dall’ambiente. La percezione precoce degli stati emotivi dell’adulto sono soltanto alcuni aspetti della competenza sociale dimostrata dal bambino piccolo fin dalla nascita. Questo sistema delle interazioni fra adulto e bambino costituisce lo spazio elettivo per l’apprendimento da parte del bambino stesso. Il sistema delle interazioni adulto-bambino costituisce un sistema aperto, idoneo ad autoregolarsi e autocorreggersi in funzione degli scopi, norme e modelli di comportamento. Le cornici consensuali, in cui ci si “mette d’accordo” sul come fare le cose, consentono al bambino di procedere rapidamente all’apprendimento di convenzioni, significati e norme come premesse rilevanti per diventare esperto nella cultura di appartenenza. APPRENDIMENTO CULTURALE L’apprendimento da modelli costituisce un dispositivo centrale per la formazione ed evoluzione della cultura. L’apprendimento culturale è visto come la capacità di acquisire nuove informazioni in modo indipendente dalla dotazione genetica. Per evitare una concezione puramente associativa di apprendimento, tale processo è stato definito da Barbara Rogoff come appropriazione: acquisizione non solo di soluzioni e artefatti, ma soprattutto di processi di adattamento attivo agli ambienti. Entrano in gioco i fattori connessi con l’apprendimento sociale. Quando parliamo di accumulo degli apprendimenti, facciamo riferimento alla capacità della nostra specie di incrementare i vecchi apprendimenti con quelli nuovi attraverso un processo di sedimentazione e integrazione che consente una crescita costante di conoscenze e competenze. La teoria dei tipi logici di Bertrand Russel prevede che esista una gerarchia di livelli logici fra concetti, predicati e simboli. In base a questa distinzione, abbiamo l’apprendimento zero quando siamo giunti al massimo dell’apprendimento di una certa competenza e l’individuo non è più in grado di acquisire nuove informazioni. L’apprendimento uno consiste in una modificazione della condotta dell’individuo e implica un miglioramento delle prestazioni in oggetto. Le prestazioni iniziali sono piuttosto lente, con la presenza abbastanza frequente di errori. Man mano che proseguiamo nell’apprendere quella certa competenza, le prestazioni diventano più rapide, più efficienti e più corrette. Impariamo a imparare, ottenendo una modificazione nella curva di apprendimento. L’apprendimento due consiste nell’imparare a imparare ed è un cambiamento nel processo di apprendimento uno. Per giungere a tale livello di apprendimento, occorre che le situazioni di un certo apprendimento uno siano simili e comparabili fra loro. Occorre che il contesto di apprendimento sia mantenuto stabile, regolare e prevedibile. L’apprendimento tre è un cambiamento nel processo di apprendimento due e consiste nella modificazione dei contesti di apprendimento dell’individuo. Esempio tipico di tale apprendimento è la conversione, che comporta una ristrutturazione profonda e ORGANIZZAZIONE GERARCHICA DELL’APPRENDIMENTO globale degli apprendimenti fino ad allora fatti. Esempio di apprendimento tre è la psicoterapia. “E-LEARNING” L’e-learning è un metodo di formazione a distanza attraverso il computer con l’applicazione di “pacchetti” o programmi di apprendimento specifici, progressivi, selezionati in funzione dei bisogni dei destinatari. È un sistema versatile, poiché può essere rivolto alla promozione delle varie competenze. Ha l’opportunità di giungere a una notevole personalizzazione attraverso la multimedialità. Oggi l’e-learning appare un metodo di formazione datato, in quanto sostenuto da un livello motivazionale modesto e da un grado di coinvolgimento altrettanto ridotto, “SERIOUS GAMES” Sono attività digitali interattive che attraverso la simulazione virtuale consentono ai partecipanti di fare esperienze precise e accurate, in grado di promuovere attraverso la forma del fico percorsi attivi, partecipati e coinvolgenti di apprendimento nei vari domini dell’esistenza umana. I serious games rappresentano oggi la nuova frontiera dell’apprendimento per la loro potenza formidabile, e perché sono in grado di coniugare la validità dei contenuti, la grande forza motivazionale, le enormi opportunità dei mezzi digitali, nonché il ricorso alle simulazioni mentali. Nei serious games convergono in modo unitario e coerente la componente formativa, quella ludica e quella digitale. È un imparare facendo, poiché nello svolgimento dei serious games occorre compiere una serie di operazioni, molte di grande precisione. Per apprendere qualcosa, è necessario in primo luogo disporre dei dispositivi genetici idonei ad affrontare tale attività. I geni, da soli, non conducono all’apprendimento, bensì alla maturazione. Tuttavia. Le informazioni genetiche assumono percorsi differenti di sviluppo in funzione delle condizioni dell’ambiente. È l’epigenetica che esplora le APPRENDIMENTO DA MONDI VIRTUALI FONDAMENTI BIOLOGICI DELL’APPRENDIMENTO distinzione fra memoria procedurale e memoria dichiarativa è stata riferita alla differenza fra il “sapere cosa” e il “sapere come”. MEMORIA SEMANTICA E MEMORIA EPISODICA La memoria episodica si riferisce alla capacità di memorizzare e recuperare eventi specifici e contiene informazioni spaziale e temporali che definiscono il dove e il quando l’evento ha avuto luogo. La memoria episodica è talvolta caratterizzata da ricordi particolari, denominati flash di memoria. Sono ricordi particolarmente vivi, dettagliati, concreti e permanenti di eventi sorprendenti che ci hanno colpito in modo profondo a livello emotivo e cognitivo. La memoria semantica va considerata come un lessico mentale che organizza le conoscenze che una persona possiede circa le parole e i simboli, i significati e i concetti, nonché le relazioni fra loro esistenti. Si è ipotizzata l’esistenza di reti semantiche, in grado di collegare una parola con altre parole sulla base di relazioni logiche o associative. Mentre l’emisfero sinistro attiva una rete semantica in modo distinto selezionando le proprietà essenziali della parola (selettività semantica), l’emisfero destro attiva tale rete in modo indistinto includendo proprietà semantiche anche distanti (polivalenza semantica). MEMORIA ESPLICITA E MEMORIA IMPLICITA La memoria esplicita è la conservazione di informazioni che riguardano specifici eventi o conoscenze generali. È un processo consapevole, poiché sappiamo di ricordare. Ha sede nell’ippocampo. La memoria implicita riguarda la capacità di ricordare senza averne consapevolezza, poiché è una conoscenza che si manifesta in prestazioni senza che il soggetto ne abbia conoscenza. MEMORIA AUTOBIOGRAFICA La memoria è una componente essenziale dell’identità personale e sociale. Parliamo di memoria autobiografica per indicare la capacità di conservare le informazioni e le conoscenze legate al sé a partire dagli inizi della seconda infanzia (verso i 3 anni). La memoria autobiografica è una sorta di regia che attribuisce unitarietà e distintività alla nostra persona. È connessa con il cortisolo, poiché i livelli di questo ormone provocano un deterioramento della memoria autobiografica, come avviene nella depressione. MEMORIA DEL PASSATO E MEMORIA DEL FUTURO La memoria retrospettiva concerne la conservazione e il recupero dei ricordi riguardanti fatti, episodi e conoscenze del passato. Esiste anche una memoria per gli eventi futuri, e parliamo dunque di memoria prospettica. Ricordarsi di compiere un’azione nel futuro non è un’operazione scontata ma comporta un piano mentale complesso distinto in 6 fasi: a) formazione delle intenzioni; b) ricordare che cosa fare; c) ricordare quando farlo; d) ricordare di compiere l’azione; e) compiere l’azione nel modo stabilito; f) ricordare di aver compiuto l’azione per non ripeterla. La memoria è un’organizzazione articolata e dinamica delle informazioni che implica una sequenza continua di processi: la codifica e l’elaborazione delle informazioni, il loro consolidamento nel tempo e il loro recupero in un tempo successivo in funzione delle nostre esigenze. CODIFICA ED ELABORAZIONE DELLE INFORMAZIONI La codifica consiste nel trasformare un’informazione in una rappresentazione mentale collocata in un dispositivo di memoria. È un processo in cui sono coinvolti diversi fattori. L’attenzione, insieme ad altri fattori emotivi e motivazionali, determina la forza della codifica, che presenta 3 livelli di elaborazione. Teoria dei livelli di elaborazione -> A un livello superficiale, ci fermiamo agli aspetti strutturali e fisici di uno stimolo; al livello intermedio abbiamo gli aspetti fonologici di uno stimolo; al terzo livello abbiamo le componenti semantiche. Quali sono i fattori che potenziano il processo di codifica? Numerosi e diversi. Fra essi, possiamo ricordare la partecipazione attiva nella produzione dell’informazioni da ricordare (effetto produzione). La codifica degli stimoli è assai più potente se è distribuita nel tempo in differenti periodi, anziché essere concentrata in un periodo unico (effetto distanziamento temporale). Un fattore robusto nella codifica consiste nella capacità di collegare insieme le diverse caratteristiche di uno stimolo o evento in una rappresentazione unitarie e coerente. Questa MEMORIA COME PROCESSO integrazione consente di ricordare un oggetto come unità. Allan Paivio ha sottolineato l’importanza del sistema della doppia codifica, una verbale e l’altra immaginativa. Il diverso ricordo dipende dal tipo di codifica. Gli stimoli figurali sono più facili da ricordare, poiché attivano immediatamente una codifica per immagini e, se l’oggetto è familiare, anche la codifica verbale. RITENZIONE E RECUPERO La ritenzione consiste nel conservare nei magazzini di memoria le informazioni acquisite. Di solito, per favorire il processo di ritenzione facciamo ricorso alla reiterazione, che favorisce la fissazione delle informazioni che intendiamo trattenere. Le informazioni immagazzinate nei depositi della memoria sono disponibili a essere recuperate al momento opportuno in funzione delle nostre esigenze. Il recupero consiste nel riattivare informazioni depositate nei magazzini di memoria, rimaste fuori dal campo della nostra coscienza fino a quel momento. È la riattualizzazione nel presente di ciò che è stato ed è un processo che avviene in base a degli indizi. Possono essere contestuali, in quanto indipendenti dalle informazioni reperibili dalla situazione. Gli indizi utili per il recupero possono essere connessi anche con stati interni dell’individuo. Il recupero delle informazioni è sotteso a operazioni mentali diverse come la rievocazione (capacità di ricordare in modo spontaneo la quantità massima possibile del materiale prima esposto), il riconoscimento (capacità di identificare correttamente le informazioni presentate in precedenza distinguendole da altre informazioni non pertinenti, note come distrattori) e il riapprendimento (capacità di apprendere nuovamente un materiale già presente in memoria in un tempo minore rispetto all’apprendimento iniziale). Nel riconoscimento assume una particolare importanza la familiarità dello stimolo considerato. DISTORSIONI DELLA MEMORIA DEL PASSATO RICORDI FALSI Si ha una falsa attribuzione quando uno stimolo nuovo è simile a uno stimolo già codificato. La somiglianza induce uno scambio fra ciò che pensiamo di aver ricordato e ciò che di fatto abbiamo ricordato. Questa distorsione (bias) della rievocazione) aumenta. Essendo basata sullo scorrere del tempo, la curva di Ebbinghaus è stata interpretata come effetto del decadimento: i ricordi più distanti nel tempo sarebbero i primi a essere dimenticati. Tale ipotesi, tuttavia, non si è dimostrata attendibile, poiché la memoria è una struttura organizzata e il trascorrere del tempo non è la causa diretta dell’oblio. Gli anziani hanno molti ricordi validi della loro giovinezza, mentre hanno difficoltà a ricordare gli eventi del giorno prima. NATURA DELL’OBLIO L’oblio è l’eliminazione volontaria o involontaria di informazioni già memorizzate. Va inteso come una parte integrante della memoria. L’oblio costituisce una componente adattiva della memoria e va distino dall’amnesia, che rappresenta una condizione patologica della memoria legata a danni cerebrali o a forti traumi emotivi. L’oblio svolge un lavoro di selezione. Dato che la memoria ha dei limiti di capienza, se vogliamo che funzioni nel presente, occorre che certi ricordi del passato siano eliminati. Tale selezione riguarda anche il materiale da conservare. Nella mente umana questi due processi si intrecciano fra loro e la cesura dei filtri non è sempre netta. Non siamo consapevoli dell’azione dei filtri, ed è stato lungo e difficile scoprire come funzionano. LE RAGIONI DELL’OBLIO Perché dimentichiamo? Possiamo pensare che l’oblio sia indotto dal fatto che, se un ricordo non è rievocato per molto tempo, a poco a poco va perduto. È l’ipotesi del disuso. Esso non spiega per quale motivo certi ricordi lontani possono riaffiorare dopo molto tempo, a volte in modo spontaneo, a volte in seguito di un lavoro personale (psicoterapia). L’oblio può essere dovuto al fatto che la memoria funziona in continuazione. Succede così che il nuovo materiale acquisito venga a interferire con quello già conservato e viceversa. È la teoria dell’interferenza. Abbiamo un’interferenza proattiva quando i ricordi più remoti interferiscono con la memoria di informazioni acquisite successivamente; abbiamo un’interferenza retroattiva quando i ricordi più recenti limitano o danneggiano la memoria di quelli registrati in precedenza. Nella vita quotidiana, agiscono sempre insieme. L’oblio può essere provocato altresì dal blocco di un’informazione già depositata in memoria. È un impedimento che si verifica quando vi sono diverse associazioni riferite a un indizio e una di esse è più forte delle altre, ostacolando il recupero dell’informazione target. La distinzione fra memoria a lungo termine e memoria di lavoro (ML) è compatibile con la metafora del computer, suddiviso in hard disk (informazioni immagazzinate in modo permanente) e RAM (consente di riattivare i file depositati nel disco fisso e di usarli in modo utile in un dato momento). Al pari della RAM, la memoria di lavoro è completamente flessibile rispetto ai contenuti. La capacità della ML è direttamente proporzionale alle nostre competenze mentali. DALLA MEMORIA PRIMARIA ALLA MEMORIA A BREVE TERMINE James aveva distino fra memoria primaria e memoria secondaria. La prima è un deposito iniziale provvisorio in cui le informazioni non vanno mai perse. La seconda è la memoria a lungo termine, da cui le informazioni non possono essere recuperate senza il contributo di un processo mentale attivo. Nello studio sulle capacità di immagazzinare informazioni nel breve termine, Miller scoprì il “magico numero 7 più o meno 2” per indicare la portata limitata della memoria a breve termine (MBT): siamo in grado di conservare circa 7 unità di informazioni diverse dopo una singola presentazione e in assenza di ripetizioni. Nel codificare e “trattare” le informazioni, possiamo procedere per informazioni elementari singole separate o raggrupparle a due o a tre. La valutazione della portata della MBT è data da un test noto come span di cifre. Di solito, una serie crescente di cifre da ripetere nel medesimo ordine o in ordine inverso. La volatilità della MBT può diventare molto elevata, con una durata di appena 2 secondi. Se desideriamo evitare il rapido deterioramento delle informazioni, occorre ripeterle con frequenza per mantenerle presenti nel tampone di reiterazione. È una “memoria tampone” perché per un certo periodo di tempo mantiene “vive” le tracce del materiale da ricordare. MEMORIA DI LAVORO IL MODELLO DI ATKINSON E SHIFFRIN: MEMORIA COME ELABORAZIONE IN SEQUENZA DI INFORMAZIONI Richard Atkinson e Richard Shiffrin ritennero che la memoria fosse un sistema complesso, composto da diversi stadi, dotati di funzioni distinte. Proposero un modello multiprocesso della memoria, basato sullo scambio input- output: ogni stadio riceve input che trasforma in output, che diventano input per lo stadio successivo. Gli stadi principali sono 3: a) il registro sensoriale; b) la memoria a breve termine; c) la memoria a lungo termine. MEMORIA SENSORIALE La memoria sensoriale è la capacità di mantenere in modo sostanzialmente fedele le informazioni ambientali. È una memoria modale, poiché corrisponde alle varie modalità sensoriali. Per questo tipo di memoria, occorre un registro sensoriale in grado di captare e trattenere per il tempo necessario le informazioni sensoriali. L’esistenza del registro sensoriale è stata provata da George Sperling. IL MODELLO DI BADDELEY E HITCH: LA MEMORIA DI LAVORO La concezione della memoria di lavoro, elaborata da Alan Baddeley e Graham Hitch, delinea un sistema della MBT composto da 2 magazzini di item e un dispositivo centrale di controllo. La ML non è considerata una stazione di passaggio verso la MLT, ma uno spazio in cui si svolgono importanti attività mentali di integrazione, coordinazione e manipolazione delle informazioni in ingresso. Come lavora la ML? Partiamo dall’esecutivo centrale. È un sistema flessibile per il controllo e la regolazione dei processi cognitivi richiesti dalla situazione. Collega le informazioni proveniente dalle diverse fonti di episodi coerenti, coordina i sottosistemi, orienta le risorse attentive a disposizione in modo selettivo. Il circuito fonologico concerne il parlato e conserva l’ordine in cui le parole sono presentate. È suddiviso in 2 componenti: il magazzino fonologico, in grado di trattenere le tracce acustiche per circa 2 secondi, e il sistema articolatorio, che ha la funzione di reiterare tali tracce a livello subvocale. Il circuito fonologico è caratterizzato da diversi fenomeni, come l’effetto della similarità fonologica, l’effetto Quando siamo per la prima volta di fronte a uno stato di cose fino a quel momento sconosciuto, i tentativi di comprensione avvengono in modo consapevole. Si agisce per induzioni. Si tratti di ragionamento che producono generalizzazione a partire da esperienze, ma che non conducono a conclusioni necessarie. La scoperta della spiegazione di un evento è un processo chiamato abduzione. Un altro sistema potente per produrre conoscenze di fronte a situazioni nuove è il ricorso all’analogia. Così come nel caso delle abduzioni, le analogie non garantiscono conclusioni certe. Con il ragionamento analogico usiamo come “sorgente” la conoscenza specifica di un certo dominio e la trasferiamo a un dominio diverso. 5 sottoprocessi caratterizzano il ragionamento analogico: 1) Recupero: va tenuto nella moria di lavoro un bersaglio, mentre si accede a un caso più familiare che troviamo nella memoria a lungo termine; 2) Corrispondenze: tenendo nella memoria di lavoro sia la sorgente sia il bersaglio, bisogna allineare sorgente e bersaglio; 3) Valutazione: decidere se l’analogia è utilizzabile ed efficace; 4) Astrazione: isolare le invarianti tra sorgente e obiettivo; 5) Spiegazione e predizione: sviluppare ipotesi sul comportamento o sulle caratteristiche del bersaglio basandosi su quello che si sa della sorgente. La deduzione è la capacità di ricavare conoscenze “vere” a partire da altre conoscenze “vere”, solamente pensandoci su. La logica consiste nel precisare le regole che permettono di ricavare conclusioni da premesse, indipendentemente dal fatto che queste siano vere o false. Solo nell’ultimo mezzo secolo è nata la psicologia sperimentale del ragionamento. Per molto tempo si è pensato che l’uomo avesse in testa una sorta di logica naturale, cioè un insieme di regole che “producevano” le prestazioni corrette e spiegavano quelle erronee. Poi si è scoperto che le cose non stanno così, dato che la variabile cruciale non è la INDUZIONI, ABDUZIONI, ANALOGIE E CREATIVITÁ DEDUZIONI struttura logica, bensì il contenuto del ragionamento. Nel corso della vita quotidiana viene spesso denunciata come forma di irrazionalità l’accettazione di due credenze o informazioni che sono incoerenti, nel senso che se è vera l’uno, non può esserlo l’altra e viceversa. L’incoerenza si ha quando le premesse sono incompatibili con la conclusione implicita. Succede che siamo indotti a credere che possano essere simultaneamente vere descrizioni del mondo che sono in realtà tra loro incompatibili e che riteniamo incoerenti stati di cose che in realtà possono benissimo coesistere. Parliamo così di focalizzazione. Molte soluzioni di problemi non emergono grazie a un processo per “prove ed errori”, per apprendimenti graduali, ma improvvisamente, quando il problema viene considerato da un nuovo punto di vista -> ristrutturazione cognitiva. Molto spesso i problemi sono troppo complessi per venire risolti immediatamente. In questi casi noi siamo soliti ricorrere a due strategie: 1. suddividere il problema in sottoproblemi; 2. non usare algoritmi di soluzioni, ma euristiche. Gli algoritmi sono una serie di regole che, se adottate esplicitamente, permettono di risolvere il problema. Le euristiche sono regole che non riescono a dare una descrizione dettagliata ed esaustiva delle strategie per giungere alla soluzione, ma ci permettono di affrontare e risolvere il problema “al meglio”. Una delle euristiche più potenti è l’analisi mezzi-fini, che ci guida nel considerare approcci alternativi alla soluzione. A tale scopo è opportuno affrontare un problema distinguendo: - stato iniziale; - stato obiettivo; - operatori; - stati intermedi del problema. RAGIONAMENTO E ATTIVITÁ DI PROGETTAZIONE Simon ha più volte comparato l’attività di soluzione dei problemi alle attività di progettazione. Simon ha mostrato che la risoluzione di problemi da parte di agenti a razionalità limitata procede necessariamente tramite la L’INCOERENZA E LA FOCALIZZAZIONE SOLUZIONE DI PROBLEMI E CREATIVITÁ decomposizione di un problema complesso. Si ottengono così sottoproblemi di dimensioni minori che si possono risolvere l’uno indipendentemente dall’altro. LA SOLUZIONE CREATIVE DEI PROBLEMI La soluzione dei problemi può essere più o meno efficace. In casi limite, possiamo parlare di soluzioni “creative”, nel senso che inventiamo qualcosa di nuovo a cui, magari, nessuno aveva pensato prima di noi. Con meccanismo di fissazione intendiamo il fatto che i soggetti non riescono a risolvere dei problemi, in quanto si fissano sulle caratteristiche o funzioni di un oggetto che sono note, conosciute e familiari. Noi siamo talmente abituati a delle funzioni di un oggetto che non riusciamo a concepire funzioni alternative che permetterebbero di risolvere il problema. inferenza, poiché costituisce un indizio da cui trarre una conseguenza. In entrambe le accezioni, occorre parlare di segno come funzione segnica, poiché va inteso come una relazione fra due funzioni: espressione e contenuto nella prospettiva strutturalista, indizio e rimando nella prospettiva inferenziale. IL PUNTO DI VISTA PRAGMATICO: LA COMUNICAZIONE COME INTERAZIONE FRA TESTO E CONTESTO Charles Morris propose la distinzione fra semantica e pragmatica. La pragmatica si occupa dell’uso dei significati. Studia i rapporti che intercorrono fra un testo e il contesto in cui esso è manifestato. La pragmatica prende in esame i processi impliciti della comunicazione, che comportano rilevanti dispositivi induttivi per inferire dal contesto ciò che il testo dice, anche se non espressamente. TEORIA DEGLI ATTI LINGUISTICI Secondo la teoria degli atti linguistici di Austin, dire qualcosa è anche fare sempre qualcosa. Vi sono 3 tipi di azione che compiamo quando parliamo: 1. atti di dire qualcosa: azioni che compiamo per il fatto stesso di parlare e che comprendono gli atti fonetici, gli atti fatici, gli atti retici; 2. atti nel dire qualcosa: atti che compiamo tramite il parlare medesimo; 3. atti con il dire qualcosa: è la produzione di determinati effetti da parte del parlante sulle credenze, sentimenti e condotte dell’interlocutore. Austin e poi Searle procedono alla distinzione fra atto e forza dell’atto stesso. Il modo con cui è interpretato un enunciato e il risultato di un atto linguistico dipendono dalla forza contenuta nell’atto (forza illocutoria) e dai suoi effetti sull’interlocutore (effetti perlocutori). PRINCIPIO DI COOPERAZIONE E IMPLICATURE CONVERSAZIONALI Paul Grice distingue fra significato naturale e significato convenzionale, inteso come il “voler dire” qualcosa da parte del parlante a qualcun altro. Il successo della comunicazione si fonda sul principio di cooperazione. Procede alla distinzione fra logica del linguaggio e logica della comunicazione. La prima si applica al livello superficiale dei significati; la seconda considera i processi che gli individui usano per ingerire ciò che il parlante intende comunicare. La logica della conversazione implica la differenza fondamentale tra il dire e il significare. L’implicatura conversazionale costituisce un impegno comunicativo aggiunto per andare oltre le parole dette, in modo da individuare l’intenzione comunicativa del parlante. CONTESTO E SUE FUNZIONI Esiste un numero indefinito di contesti a disposizione in riferimento al medesimo testo e viceversa. Da una parte, il testo contribuisce in modo efficace a definire il contesto. Dall’altra, il contesto attribuisce una certa forma e interpretazione al teso. La regolarità dei significati (e la loro prevedibilità) si fondano sulla regolarità (e prevedibilità) dei contesti. IL PUNTO DI VISTA PSICOLOGICO: LA COMUNICAZIONE COME GIOCO DELLE RELAZIONI La comunicazione si articola su più piani: il piano della comunicazione (i contenuti che si scambiano) e quello della metacomunicazione (comunicazione sulla comunicazione, la “cornice” con cui interpretare i messaggi). Ogni scambio comunicativo implica un’interazione concreta fra 2 o più individui; a sua volta, una sequenza di scambi che si ripetono nel tempo costruisce un modello di relazione fra loro. La comunicazione diventa lo spazio che crea, mantiene, modifica e rinnova i legami fra i soggetti. La comunicazione diventa la base costitutive dell’identità personale e della rete di relazioni in cui ciascuno è inserito. L’essere umano vive di significati e non può fare a meno della ragnatela di significati che egli stesso ha tessuto insieme con i suoi simili. IL SIGNIFICATO DI SIGNIFICATO IL SIGNIFICATO COME INSIEME DI CONDIZIONI NECESSARIE E SUFFICIENTI Secondo la semantica logico- filosofica, il significato di una parola o di una frase è dato dal rapporto che esiste fra il linguaggio e la realtà. Il significato di un enunciato consiste nell’affermare qualcosa su un certo stato di cose che può essere vero o falso. Il significato non è un monolite, ma una realtà articolata, scomponibile in unità specifiche. Il significato sarebbe composto da un insieme limitato di tratti semantici, intesi come NATURA DEL SIGNIFICATO condizioni necessarie e sufficienti (CNS). IL SIGNIFICATO COME VALORE La semantica strutturale si prefigge di giungere a una definizione esclusivamente linguistica di significato. Concepisce il significato come valore, ossia la possibilità per ogni parola di essere confrontata e opposta a qualsiasi altra parola della medesima lingua. Il significato di un termine non è definito per quello che è, ma per quello che non è. Il significato possiede una dimensione unicamente linguistica ed è sganciato da qualsiasi riferimento alla realtà e da qualsiasi elaborazione concettuale e rappresentazione mentale dell’individuo. IL SIGNIFICATO COME PROTOTIPO La semantica cognitiva ha interpretato il significato come il modo con cui comprendiamo le espressioni linguistiche e con cui rappresentiamo mentalmente la conoscenza della realtà. Il significato assume il valore di prototipo. Prevale il principio di somiglianza e di appartenenza. Gli esemplari prototipici costituiscono il cuore di una categoria e altre entità possono farvi parte se e nella misura in cui sono simili a essi. Con il modello esteso del prototipo si intende quest’ultimo come insieme delle proprietà tipiche possedute. Le proprietà tipiche sono proprietà specifiche aggiuntive, soggette a eccezioni e cancellabili. PARTECIPAZIONE E CONDIVISIONE DEI SIGNIFICATI Con partecipazione si intende l’essere parte di uno scambio interpersonale. Va considerata come il fondamento per l’elaborazione, la condivisione e l’evoluzione dei significati. L’elaborazione dei significati costituisce l’attività congiunta e condivisa da parte di più interlocutori. I significati vengono attivati in modo contingente nel flusso degli scambi comunicativi. Ogni significato è in parte determinato e in parte indeterminato. È in parte determinato dai vincoli posti dai modelli culturali di appartenenza, dalla struttura della mente, dalle convenzioni locali di quella comunità di parlanti, dal patrimonio precedente di conoscenze. È in parte indeterminato, poiché l’attribuzione di un certo valore semantico a una parola da parte del comunicante in una certa circostanza e la sua interpretazione da parte dell’interlocutore non sono del tutto prevedibili né conosciute in anticipo. SEMANTICA E SINTASSI La sintassi è l’insieme organico delle regole che governano la formulazione degli enunciati e dei discorsi. Sono procedimenti computazionali che consentono di disporre in ordine gerarchico gli elementi del lessico per costruire unità di livello superiore. TRA UNIVERSALITÁ E RELATIVITÁ UNIVERSALI LINGUISTICI: LA GRAMMATICA GENERATIVA DI CHOMSKY Per spiegare la natura specie- specifica del linguaggio, Chomsky ha sviluppato la teoria della grammatica universale che si propone di descrivere la grammatica di una qualsiasi lingua naturale sulla base di un insieme limitato di regole. RELATIVITÁ LINGUISTICA: L’IPOTESI SAPIR E WHORF La concezione della relatività linguistica sostiene che il linguaggio è un prodotto storico, culturalmente definito, in grado di influenzare il modo in cui noi pensiamo. Le misure semantiche delle diverse lingue sono fra loro incommensurabili e i parlanti elaborano modalità di pensiero diverse fra loro, giungendo a una differente visione del mondo. È l’ipotesi del determinismo linguistico, secondo cui la lingua determinerà le forme del pensiero dei parlanti nei riguardi dell’esperienza. DIVERSI SISTEMI DI COMUNICAZIONE NON VERBALE Nel corso dell’evoluzione della nostra specie, abbiamo avuto modo di arricchire la nostra “cassetta degli attrezzi” con la dotazione di diversi sistemi di comunicazione non verbale. Anzitutto, abbiamo il sistema vocale, composto dall’insieme delle caratteristiche paralinguistica e quello delle caratteristiche extralinguistica. Il sistema cinesico comprende l’insieme dei movimenti del corpo, del volto e degli occhi. La mimica facciale costituisce un sistema semiotico privilegiato, poiché è una regione focale del corpo per attirare l’attenzione e l’interesse degli altri. Anche i gesti costituiscono un sistema non verbale distino, articolato in diverse categorie. I sistemi prossemico e aptico sono dei sistemi di contatto. La prossemica concerne la percezione, l’organizzazione e l’uso dello spazio, della distanza e del territorio nei confronti degli altri. L’aptica fa COMUNICAZIONE NON VERBALE riferimento all’insieme di azioni di contatto corporeo con un altro. SINTONIA SEMANTICA E PRAGMATICA La molteplicità e la diversità dei sistemi di significazione e di segnalazione concorrono congiuntamente alla produzione del significato finale di un enunciato o di un certo atto comunicativo, contribuendo in modo autonomo a determinarlo e a definirlo. Questa unitarietà finale del significato è resa possibile dal processo di sintonia Semantica e pragmatica, che coordina in modo convergente i diversi sistemi di significazione e di segnalazione. Grazie a questo processo giungiamo a elaborare il significato modale di un certo messaggio: il significato prevalente in situazioni convenzionalmente stabilite all’interno di una data cultura. Per comunicazione mediata (dai new media) si intende una forma di comunicazione tra più persone ottenuta attraverso l’impiego di strumenti tecnologici che effettuano un’elaborazione digitale dell’informazione. La codifica digitale dell’informazione presenta numerosi vantaggi: 1. Facile modificazione; 2. Facile memorizzazione; 3. Trasmissione fedele; 4. Facile integrazione fra canali. VOCALE VERBALE PARALINGUISTICO EXTRALINGUISTICO PROSODICO QUALITÁ VOCALI NON VOCALE CINESICO a) MIMICA FACCIALE b) SGUARDO - direzione - durata - reciprocità - fissazione oculare c) GESTI E POSTURA - gesticolazione (gesti iconici) - pantomima - emblemi (gesti simbolici) - gesti deittici - gesti motori - linguaggio dei segni - postura del corpo d) PROSSEMICA E APTICA - territorialità - contatto corporeo - distanza spaziale NUOVE FRONTIERE DELLA COMUNICAZIONE CENTRALITÁ DEI VALORI Il valore è una convenzione. Ha valore ciò che molte persone considerano degno di attenzione e di investimento, oggetto dei loro interessi e delle loro aspettative, meritevole di essere posseduto. La cultura di appartenenza fornisce i criteri in base a cui assegnare valore a un dato oggetto o evento. I valori sono costrutti motivazionali che definiscono ciò che consideriamo importante e che indicano quali scopi siano da raggiungere. È opportuno parlare di costellazione più che di sistema di valori, poiché siamo in presenza di confini sfumati e di un continuo processo di rinnovamento. IL DESIDERIO COME RADICI DEI VALORI I valori non esistono in natura. I valori sono prodotti culturali e presentano un’organizzazione articolata. Da una parte, hanno una struttura globale, sottesa a bisogni generali della nostra specie; dall’altra, hanno configurazioni intermedie robuste in quanto prodotti culturali; dall’altra ancora, presentano profili individuali assai differenziati in funzione dell’enciclopedia delle proprie esperienze. Possiamo definire come valore ciò che per noi è desiderabile (oggetto del desiderio) e positivo. È un motore molto potente, poiché alimenta e sostiene i significati, le credenze, le norme, i comportamenti ecc. Abbiamo valori perché abbiamo desideri. Il desiderio è un potente attivatore delle competenze e delle energie dell’organismo e attribuisce salienza a ciò che desideriamo. I valori si suddividono in valori in positivo e in negativo, centrali e periferici. Essi hanno altresì una natura selettiva. La selettività delle situazioni cui attribuire valore è alla base della gerarchia dei valori. Alcuni di essi diventano ideali. Senza ideali non avremmo aspirazioni. DESIDERIO E SPERANZA La psicologia positiva ha focalizzato la sua attenzione sul benessere soggettivo e sulla qualità della vita secondo una CAPITOLO 10: VALORI, DESIDERI, MOTIVAZIONI VALORI E DESIDERI pluralismo come via intermedia fra assolutismo e relativismo. I valori sono al plurale, organizzati in un insieme riconoscibile e definito, oggetto di possibile confronto. Segue il principio di tolleranza: è la disponibilità degli individui ad accettare la diversità come risorsa quale condizione per raggiungere forme soddisfacenti di convivenza fra i gruppi umani. È la comprensione e il governo delle diversità all’interno del parametro della pari dignità. Il nostro comportamento non è casuale, ma motivato da una serie di cause ed è orientato alla realizzazione di determinati scopi, nonché alla soddisfazione di specifici bisogni. La motivazione è una spinta a svolgere una certa attività e si può definire come un processo di attivazione dell’organismo finalizzato alla realizzazione di un dato scopo in relazione alle condizioni ambientali. LIVELLI DI MOTIVAZIONE La motivazione prevede la presenza di livelli di complessità assai diversi fra loro, ordinati in modo gerarchico: da risposte automatiche semplice e spinte elementari giungiamo sino a condotte molto articolate ed elaborate. I RIFLESSI I riflessi rappresentano il sistema più semplice di risposta dell’organismo come reazione a stimoli esterni o interni. Sono meccanismi innati, automatici e involontari, determinati e regolati da dispositivi neurofisiologici a base genetica. Svolgono una funzione di difesa nei riguardi di stimoli nocivi o una funzione di regolazione che ha lo scopo di riportare l’organismo al suo equilibrio. Esempio: riflesso di ritrazione. GLI ISTINTI Gli istinti costituiscono sequenze congenite, fisse e stereotipate di comportamenti specie-specifici su base genetica in relazione a date sollecitazioni ambientali. Più che di istinti, si parla con l’etologia di predisposizioni istintive, intese come condotte specie- specifiche, regolate da uno schema fisso di azione. Lorenz specificò il concetto di “imprinting” inteso come la predisposizione istintiva del neonato a seguire, subito dopo la nascita, qualsiasi oggetto in movimento che emetta un richiamo definito. Di solito il primo “oggetto” che il piccolo incontra è la madre. Il periodo dell’imprinting è piuttosto MOTIVAZIONE ristretto e limitato, nel quale si crea il legame fra lo stimolo e la condotta istintiva dall’animale. BISOGNI E PULSIONI Il bisogno indica una condizione fisiologica di carenza e necessità. La pulsione esprime uno stato di disagio e di tensione interne che l’individuo tende a eliminare o a ridurre, qualora i bisogni non siano soddisfatti. Le pulsioni sono fattrici interne all’organismo e vanno distinte dagli incentivi, che rappresentano gli oggetti e gli eventi in grado di venire incontro ai bisogni dell’individuo. Gli incentivi sono stati declinati come rinforzi, poiché possiedono la proprietà della ricompensa, in quanto capaci di soddisfare un certo bisogno. Distinguiamo fra rinforzi primari e rinforzi secondari. I primi sono indipendenti dall’apprendimento e si fondano su processi fisiologici. I secondi sono appresi e si basano sull’appartenenza a una determinata cultura. MOTIVAZIONI PRIMARIE E MOTIVAZIONI SECONDARIE Le motivazioni connesse con i bisogni fisiologici sono state chiamate motivazioni primarie, mentre le motivazioni che fanno prevalente riferimento ai processi di apprendimento e di influenzamento sociale sono dette motivazioni secondarie. La connessione fra motivazioni primarie e motivazioni secondarie lascia spazio allo sviluppo di nuove forme di motivazione. È in gioco il processo dell’autonomia funzionale dei bisogni. GERARCHIA DELLE MOTIVAZIONI Le motivazioni sono organizzate in modo gerarchico. Abraham Maslow ha proposto una gerarchia dei bisogni in base alla quale alcuni bisogni devono essere soddisfatti prima che altri possano essere presi in considerazione. Alla base si trovano i bisogni i bisogni fisiologici, connessi con la sopravvivenza dell’organismo. Su questa base si innestano i bisogni di sicurezza, che devono garantire all’individuo protezione, prevedibilità, tranquillità, libertà dalla paura ed evitamento delle condizioni di precarietà. Una volta soddisfatte queste esigenze, emergono i bisogni di appartenenza e di attaccamento, come il sentirsi parte di un gruppo, il bisogno di essere amati e di amare, l’esigenza di cooperare con altri ecc. Quando questi bisogni sono appagati, compaiono i bisogni di stima, che riguardano il bisogno di essere rispettati, apprezzati e approvati, il bisogno di sentirsi competenti e di essere produttivi. Seguono i bisogni di autorealizzazione, intesi come l’esigenza di realizzare la propria identità, di portare a compimento le proprie aspettative e potenzialità, nonché di occupare una posizione significativa all’interno del proprio contesto sociale. A questi, si dovrebbero aggiungere i bisogni di trascendenza, intesi come la tendenza ad andare oltre se stessi per sentirsi parte di una realtà più vasta, cosmica o divina. La motivazione primaria della fame non è regolata solo dai processi neurofisiologici, ma si manifesta in una gamma assai estesa di comportamenti. IL BUONO DA MANGIARE Quello che è buono da mangiare è in primo luogo buono da pensare. La psicologia alimentare si prefigge di individuare gli aspetti e i processi psicologici, individuali e collettivi, sottesi all’alimentazione. Si può parlare di apprendimento alimentare poiché ciascuno di noi, fin da piccolo, impara ad apprezzare certi gusti, a consumare i cibi con una certa consistenza, forma, colore e dimensione, ad avere un certo ritmo nella regolazione dei pasti. Ogni cultura elabora e definisce un sistema di pratiche alimentare che regola i gusti, distingue i cibi che fanno bene da quelli che fanno male, definisce le modalità di cottura e di conservazione degli alimenti, indica le proprietà nell’importanza delle ricette, fornisce norme sociali precise nel consumo dei cibi. Ogni cultura favorisce la prosecuzione e lo sviluppo della propria tradizione gastronomica come fattore di identità e di appartenenza. Sulla base di queste tradizioni e pratiche ogni cultura innesca la genesi di determinate disposizioni o abitudini alimentari. La molteplicità e la diversità delle motivazioni sottese all’agire umano sottolineano come essa sia influenzata da una combinazione e da una concatenazione di diverse motivazioni. La comprensione di ESEMPIO DI MOTIVAZIONE PRIMARIA: LA FAME PUNTI DI VISTA SULLA MOTIVAZIONE