Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Psicologia generale (Anolli e Legrenzi), Sintesi del corso di Psicologia Generale

Riassunto di alcuni capitoli del libro di psicologia generale

Tipologia: Sintesi del corso

2015/2016
In offerta
30 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 29/12/2016

Giulia2396
Giulia2396 🇮🇹

4.2

(14)

22 documenti

1 / 26

Toggle sidebar
Discount

In offerta

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Psicologia generale (Anolli e Legrenzi) e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! CAPITOLO 3: SENSAZIONE E PERCEZIONE • L’ambiente fisico produce infiniti stimoli che giungono ai nostri organi di senso. La sensazione è l’impressione oggettiva, immediata e semplice che corrisponde ad uno stimolo fisico. Le sensazioni possono essere comunicate agli altri e spesso , difronte ad uno stimolo, due individui provano le stesse sensazioni. relazioni psicofisiche: a stimoli fisici corrispondono sensazioni sul piano psicologico. Siamo però capaci a rispondere solo a quelle forme fisiche di stimolazione per cui abbiamo a disposizione organi di senso. Inoltre siamo capaci a cogliere lo stimolo solo quando questo ha una certa intensità (soglia assoluta), ma è importante anche la variazione di intensità fra due stimoli, la quale deve essere elevata per essere colta dell’organismo (soglia differenziale). • La psicologia scientifica dimostrò, a differenza di quanto sosteneva Kant, che l’attività psichica fosse misurabile e a tal proposito si parlò di tre diversi metodi psicofisici ( tale termine si occupa della relazione fra sensazione e stimolazione): 1) Metodo dei limiti: al soggetto sono presentati due stimoli, alcuni partono da valori infraliminari fino a raggiungere un livello di intensità che suscita in lui la sensazione. Altri, sono stimoli sovraliminari e non producono nel soggetto la relativa sensazione. 2) Metodo dell’aggiustamento: si chiede al soggetto di aggiustare il livello di intensità dello stimolo in modo da suscitare in lui una risposta. 3) Metodo degli stimoli costanti: viene presentato un certo numero di stimolo che hanno differenti intensità . Per la determinazione della soglia differenziale si presenta una coppia di stimoli di intensità differente: lo stimolo standard e lo stimolo di confronto • La psicofisica è lo studio delle relazioni che intercorrono fra gli attributi soggettivi di una data sensazione e gli attributi fisici controllabili dello stimolo corrispondente. Weber si rese conto che la soglia differenziale dello stimolo ( R) è una proporzione costante(k) dell’intensità dello stimolo iniziale (R): K= Questa proporzione è chiamata legge di Weber. Fechner propose di verificare in che modo la sensazione S potesse variare al variare continuo dell’intensità della stimolazione R: s= c log R + C Legge di Fechner. Stanley Stevens diete origine alla psicofisica soggettiva i soggetti sono in grado di valutare direttamente l’intensità di una sensazione associandola ad un numero. Parlò di “funzione di potenza” : , secondo cui la grandezza soggettiva della sensazione è proporzionale all’intensità dello stimolo elevata a una certa potenza. • Gli individui oltre a rilevare o meno uno stimolo devo decidere la sua presenza o meno ( segnale o rumore) secondo la teoria della detenzione del segnale nello studio del rapporto tra sensazione e stimolazione occorre considerare, oltre alle capacità recettibile dell’organismo anche i fattori mentali legati alla decisione. • Secondo il realismo ingenuo il mondo si presenta a noi così com’è e tra realtà fisica e realtà percettiva vi è coincidenza. Ma già Kant aveva affermato che la realtà in sé è inconoscibile ma che noi conosciamo la realtà fenomenica e inoltre, non siamo capaci di confrontare le nostre percezioni del mondo con il mondo esterno. • Le sensazioni da sole non contengono le informazioni sufficienti per spiegare le nostre percezioni e dunque vanno integrate nei percetti. Tale processo è chiamato catena psicofisica. Gli oggetti presenti nel mondo producono radiazioni che costituiscono le stimolazioni distali, le quali vanno a suscitare negli apparati recettivi precise stimolazioni, definite stimolazioni prossimali. Se la stimolazione prossimale (parte dell’energia ambientale che può essere raccolta dai sensi) è intensa, produce nei recettori interessati eccitamenti nervosi, trasmessi in forma di messaggio nervoso fino ad una regione celebrale, la quale è specificata a ricevere ed elaborare gli stimoli di quel tipo di sensibilità. La stimolazione suscita una rapida successione di eventi fisiologici. Alle fasi terminali di questi, nei livelli centrali dell’organizzazione nervoso, corrisponde la percezione e cioè l’organizzazione immediata delle informazioni sensoriali. • La percezione può operare o dal basso verso l’alto o dall’alto verso il basso: i primi vanno ad attivare specifiche aree celebrali, ma le informazioni sensoriali sono insufficienti a spiegare ciò che percepiamo, mentre i secondi partono da specifiche aree celebrali e influenzano l’attività nervosa dei recettori sensoriali, facendo emergere le conoscenze le quali rendono i processi di percezione più efficaci. • La percezione da vari punti di vista teorici: per gli empiristi, l’esperienza passata fornisce un contributo alla percezione degli oggetti. Per la scuola della gestalt, la percezione non è preceduta da sensazioni ma è un processo primario e immediato data dall’organizzazione interna fra le diverse componenti di uno stimolo. Per il movimento del New Look la percezione dipende anche da processi mentali (es. moneta) in quanto il soggetto quando percepisce uno stimolo compie un’operazione di categorizzazione. Per la teoria ecologica di Gibson le informazioni percettive sono già contenute nella stimolazione. Per la teoria computazionale di Marr l’attività percettiva è distinta in tre fasi: abbozzo primario, abbozzo di due dimensioni e mezzo e modello tridimensionale. • La nostra mente organizza l’attività percettiva in modo da cogliere gli oggetti in maniera unitaria e coerente: -articolazione figura-sfondo: percepiamo gli oggetti sempre immersi in un contesto, distinguendo la figura e lo sfondo. Quando questo non avviene si parla di figure reversibili e cioè figure in cui si ha un’inversione tra la figura e lo sfondo. -organizziamo gli elementi in base al principio di vicinanza, somiglianza, destino comune ( stessa direzione), buona direzione ( continuità di direzione), chiusura, pregnanza ( semplici, regolari, simmetrici e stabili) • Per studiare la profondità e la tridimensionalità si fece ricorso ai meccanismi di convergenza e dell’accomodazione. La convergenza è quando gli occhi convergono di un determinato angolo in modo che l’immagine cada su entrambi gli occhi. L’accomodazione consente la messa a fuoco dell’oggetto. Un altro meccanismo è la disparazione binoculare e cioè, ciò che vede l’occhio sinistro non coincide perfettamente con ciò che vede il destro, e viceversa. • Si parla anche di gradiente di densità della microstruttura che varia in funzione del tipo di superficie che osserviamo cioè se questa è longitudinale, frontale o variamente inclinata. • Indizi pittorici: la distribuzione dell’illuminazione sulle superfici di un corpo. Le parti più illuminate appaiono più vicine e quelle più in ombra, più lontane. Inoltre un’oggetto che si sovrappone fra l’osservatore e un altro oggetto appare più vicino. Gli oggetti si dispongono sulla retina in funzione del movimento dell’osservatore ( se muoviamo la testa le immagini degli oggetti si spostano) • Le costanze percettive sono i processi in base ai quali gli individui percepiscono gli oggetti nel mondo • Costanza di grandezza: tanto più un oggetto si allontana da noi, quanto più piccola diventa la sua immagine sulla retina legge di Euclide: la grandezza dell’immagine retinica è inversamente proporzionale alla distanza dell’oggetto dall’occhio. La costanza di grandezza è una proprietà del campo percettivo ed è generata dalla relazione fra l’oggetto e il contesto immediato danno origine a una forma di coscienza inziale concernente il funzionamento del proprio organismo • Sé nucleare: gli stimoli somatoviscerali dipendono anche dalle informazioni provenienti da stimoli dell’ambiente. Elaborati a livello celebrale, generano immagini mentali che consentono la costruzione dell’enciclopedia delle conoscenze. A volte, influenziamo l’ambiente, incidiamo sulla realtà. • Sé autobiografico: è un livello avanzato di coscienza, è la coscienza che si ha di se. • Quando la coscienza esce dai confini standard entra in zone atipiche che noi chiamiamo gli stati di coscienza. Questi sono: • Il sonno: è uno stato dell’organismo caratterizzato da una ridotta capacità di risposta agli stimoli ambientali. Abbiamo diverse forme di sonno corrispondenti a sei livelli di attività celebrale: veglia attiva, veglia rilassata, stadio 1 del sonno, stadio 2, stadio 3 e 4. Questo ultimo stadio è noto come sonno profondo. Arrivati allo stadio 4 ritorniamo allo stadio 1 per ripetere il ciclo ( durante la notte si svolgono 4-6 cicli di sonno ciascuno di durata di 90 minuti). Possiamo distinguere il sonno REM, che prevale nella fase terminale del sonno, abbiamo rapidi movimenti degli occhi e l’attività celebrale aumenta. E il sonno NREM, presente nelle prime ore del sonno, i ritmi del cuore e della respirazione sono lenti e regolari, i movimenti oculari sono assenti e vi è un rilassamento dei muscoli. Si ci svegliamo durante il sonno REM riusciamo a riferire ciò che stavamo sognando mente se ci svegliamo nel sonno NREM questo avviene solo in pochi casi poiché i sogni ci appaiono pensieri normali. Se non dormiamo non avvengono particolari alterazioni fisiologiche ma possono comparire dei microsonni (cali improvvisi della vigilanza). • L’ipnosi: procedimento in cui l’ipnotizzatore induce il cliente a sperimentare cambiamenti nei propri comportamenti attraverso una sospensione temporanea della coscienza. Una volta raggiunta l’ipnosi, l’ipnotizzatore agisce nel soggetto. I fenomeni più ricorrenti sono: allucinazioni, reazioni ideomotorie, regressioni di età, inibizione del dolore, recupero dei ricordi. Non tutti gli individui sono però ipnotizzabili. Un fenomeno particolare dell’ipnosi è il controllo diretto sul dolore (analgesia ipnotica) • Meditazione: è uno stato modificato di coscienza attraverso esercizi mentali di solito realizzati in un ambiente tranquillo. Il soggetto dirige l’attenzione su un unico stimolo ottenendo un controllo della respirazione. Possiamo distinguere la meditazione di apertura dove il soggetto libera la mente per accogliere nuove esperienze, la meditazione di concentrazione, dove il soggetto si concentra su un unico oggetto e la meditazione trascendentale che consiste nel focalizzare l’attenzione sulla ripetizione mentale di un suono. • L’azione è una sequenza consapevole di movimenti finalizzati al raggiungimento di uno scopo. Tramite le azioni un individuo interviene sulla realtà (agentività) e l’insieme delle azioni costituisce un’attività. Qualsiasi azione che compiamo non è casuale né automatica ma piuttosto si svolge secondo un piano che la organizza nel tempo e nello spazio. Il piano di un’azione consiste in una mappa mentale e l’importante è che il modello pensato corrisponda con l’azione che si svolgerà. Ogni azione è una totalità unitaria. Nella pianificazione dell’azione si deve tenere in considerazione l’ambiente. Le aree celebrali coinvolte in questi processi si trovano nella corteccia prefrontale (PFC), un’area in grado di ricevere le informazioni da tutte le altre regioni corticali percettive e motorie. • Attenzione esecutiva: dirige e governa le operazioni implicate nello svolgimento di un’azione, determina gli standard cui attenersi e determina, in caso di due compiti insieme, quale dei due avrà il sopravvento. • Alternanza del fuoco di attenzione: consente di svolgere in maniera efficace e tempestiva la realizzazione di attività diverse entro la stessa situazione. Inoltre nell’esecuzione di un’azione sono presenti due livelli mentali: processi esecutivi e processi legati al compito • Inibizione di una risposta: è la soppressione di una risposta già preparata altrimenti si cadrebbe nell’impulsività • Nell’esecuzione di un’operazione intervengono molti processi mentali (multifunzione). Importante è il legame intrinseco fra percezione e sistema motorio: consiste nella trasformazione dei modelli percettivi in modelli motori. L’azione è una fonte intrinseca di apprendimento. E’ un apprendimento situato ( avviene in una specifica situazione ed è immerso in un contesto immediato), esperienziale (connesso con esperienze che facciamo), riflessivo (è in grado di stabilire una connessione all’indietro e in avanti). Nell’esecuzione di un’azione interviene la memoria di lavoro. • Lo svolgimento di un’azione implica verifica e valutazione, cioè dobbiamo accertare ciò che stiamo facendo come prestabilito (monitoraggio) • Autoefficacia: credenza di riuscire a controllare un’attività e di svolgerla con una buona riuscita • Agentività: capacità di formulare un piano intenzionale per riuscire a soddisfare i propri desideri CAPITOLO 5: RAPPRESENTAZIONE, CONOSCENZA, SIMULAZIONE MENTALE • Per conoscere e capire gli eventi occorre rappresentarli nella nostra mente. rappresentazione mentale: immagine, simbolo o modello presente nella mente, basato su una mappa celebrale in corrispondenza a un certo oggetto. La rappresentazione può essere: analitica (rapporto arbitrario tra rappresentazione e cosa rappresentata) o analogica (rapporto di somiglianza fra rappresentazione e cosa rappresentata). Inoltre è fondata sull’esperienza • La mente computazionale è in grado di fare calcoli, confronti, scelte, adeguarsi a regole. Questo modo di funzionare delle mante trova fondamento nell’attività celebrale. • Un gruppo di studiosi si interessò allo studio delle strutture mentali elaborando una modellistica mentale e cioè che i processi mentali sono gli stessi per tutti. Fodor parlò di linguaggio della mente, il quale sarebbe costituito da rappresentazioni mentali e cioè combinazioni di concetti semplici innati in grado di esprimere verità necessarie. Tali rappresentazioni sarebbero elaborate secondo regole logiche. Per Fodor la mente è un sistema chiuso che non interagisce con l’ambiente. Searle, fa l’esperimento della stanza cinese, affermando in fine il fondamento dei simboli: s ei simboli sono definiti solo in termini di altri simboli, il loro significato è infondato. • Fodor ha proposto una concezione della mente organizzata in moduli (modularismo), ciascuno dei quali è specializzato in un ambito specifico rispetto all’ambiente. Essi dunque sono dominio-specifici, hanno un’architettura neurale fissa e sono perciò vincolanti, cioè gli individui non possono scegliere di organizzare la loro percezione visiva; sono veloci e incapsulati a livello formativo ovvero che nessuno può accedere a tutte le informazioni dell’organismo. I moduli sono innati e operano sempre nello stesso modo anche se l’individuo si trova in situazioni diverse. • Al modularismo si contrappone una prospettiva che ritiene che la mente sia fondata sull’interazione senso-motoria con l’ambiente. L’ambiente dunque influenza la mente, la quale è una guida di controllo per il comportamento. grazie alla scoperta dei neuroni specchio, le rappresentazioni mentali derivanti da sistemi motori e da sistemi percettivi fanno ricorso a informazioni fra loro commensurabili e compatibili. Nelle scimmie, tali neuroni, si attivano sia quando questa esegue un’azione, sia quando la osserva. L’animale pone dunque in relazione la percezione delle azioni seguite da altri con il proprio repertorio di azioni. Anche in assenza di un’informazione visiva, i neuroni specchio rispondono all’azione osservata. Negli uomini, i neuroni specchio è un sistema di neuroni distribuito in varie aree celebrali e costituisce la base per competenze mentali fondamentali. L’imitazione , permette di ripetere le stesse azioni di qualcun altro o addirittura di anticiparle e questo grazie all’attivazione dei neuroni specchio. • Le rappresentazioni degli oggetti consentono di capire i rapporti tra cervello e mente, in quando esse sono presenti nel primo come “mappe” e nel secondo come “immagini”. Le mappe celebrali, tramite cui il cervello informa se stesso, sono in continuo cambiamento a causa dei cambiamenti nei neuroni coinvolti, a sua volta causati dai cambiamenti dell’ambiente. Nell’elaborazione delle mappe il cervello interviene attivamente attraverso i processi di associazione fra le informazioni sensoriali e motorie. Le immagini celebrali sono generate della mappe in una data situazione. Esse sono connesse tra di loro. Mappe e immagini implicano un processo di influenza reciproca tra cervello e mente e si sviluppano grazie all’interazione con l’ambiente. • Nella percezione visiva di un oggetto ogni neurone risponde a differenti caratteristiche. Le informazioni sono poi integrate fra loro tramite gli interneuroni, i quali interagiscono con gli altri neuroni. Vengono elaborate poi delle mappe, registrate nei depositi della memoria (micronodi). I micronodi costituiscono le zone di convergenza-divergenza (ZCD); ognuna di esse elabora inizialmente in modo selettivo i dati provenienti dall’ambiente per integrarli poi con quelli provenienti da altre modalità. Le ZCD sono gerarchicamente organizzate fra loro. • Stimolo percettivo: registrazione dell’eccitazione di un insieme di neuroni a seguito di un processo percettivo o di un’azione motoria. Barsalou ha introdotto il concetto di simulatore mentale che consente di riprodurre un’oggetto dell’ambiente in modo valido. • La conoscenza è un’attività della nostra mente che ci consente di capire e spiegare le cose. Essa è comprensione. La comprensione è la capacità di intendere e interpretare in modo appropriato una data situazione. Comprendere vuol dire trovare una spiegazione dei fenomeni e degli eventi dell’esperienza. • La conoscenza implica la capacità di disporre oggetti ed eventi in un sistema di categorie. Ma noi procediamo a categorizzare la nostra esperienza e non la realtà, in quanto le categorie non esistono in natura ma sono unicamente convenzionali. Ogni categoria raggruppa unità che hanno alcune proprietà simili e che quindi presentano differenze rispetto ad altre unità, permettendoci di orientarci nelle scelte. • Condizionamento associativo selettivo: scartare le correlazioni casuali e selezionare solo i rapporti causa-effetto interessanti (ratto-caffè) • Apprendimento per insight: (Kolher, scuola della Gestalt),cioè che non avviene in modo casuale ma con intelligenza (simpanzè) • L’apprendimento è un’attività individuale cioè si acquisiscono nuove informazioni a seguito di un’interazione diretta con l’ambiente. Si contrappone a esso l’apprendimento sociale e cioè la capacità di acquisire nuove conoscenze con i propri simili. E’ un apprendimento da modelli. • Imprintig: è un legame sociale tra neonato-modello. Quest’ultimo deve attivare la produzione di endorfine nel cervello del piccolo. • L’apprendimento sociale tende ad imitare le azioni altrui: si parla così di apprendimento osservativo, reso possibile dall’interazione fra gli individui. Il modello, fornisce i criteri da seguire. A sua volta, tale apprendimento conduce all’apprendimento imitativo e cioè quando un individuo riproduce in modo consapevole l’azione di un altro per raggiungere lo stesso scopo. • Nella specie umana l’apprendimento porta all’interazione sociale (fin dall’allattamento si crea un sistema di interazioni fra bambino e adulto) • L’apprendimento di modelli porta all’evoluzione della cultura, grazie all’interazione tra le persone e alla condivisione di esperienze. Avviene in questo modo un accumulo di apprendimenti. • Bateson, facendo riferimento alla teoria dei tipi logici di Russel, ha distinto vari livelli di apprendimento: • Apprendimento zero: quando siamo giunti al massimo dell’apprendimento e l’individuo non è in grado di acquisire nuove informazioni (es. abitudine) • Apprendimento uno: consiste nella modificazione della condotta dell’individuo e implica un miglioramento delle prestazioni, le quali sono lente e con frequenti errori. Mano a mano diventano sempre più efficienti e rapide e vi è una modificazione della curva di apprendimento • Apprendimento due: consiste nell’imparare ad imparare. Per arrivare a tale livello occorre che le situazioni dell’apprendimento uno siano simili tra loro. Occorre che il contesto di apprendimento sia mantenuto stabile • Apprendimento tre: consiste nella modificazione dei contesti di apprendimento dell’individuo. • Apprendimento e-learning: consiste nell’apprendimento a distanza facendo uso delle tecnologie. • Serious-game: consiste in attività digitali interattive che attraverso la simulazione virtuale consentono ai partecipanti di apprendere tramite il gioco, il quale è un forte leva motivazionale. Il virtuale ripropone i processi della realtà e permette una valutazione istantanea . • Per apprendere qualcosa di deve disporre dei dispositivi genetici idonei. CAPITOLO 7: MEMORIA E OBLIO • L’apprendimento sarebbe inutile se non avessimo la capacità di conservare nella mente ciò che abbiamo appreso. La memoria è appunto la capacità di conservare nel tempo le informazioni apprese e di recuperarle quando servono in modo pertinente. La memoria è un processo attivo e dinamico, continua per tutta la vita ed è la nostra storia, come individui (memoria personale) e come comunità (memoria collettiva). Essa non è però la fotocopia della realtà e implica un grado di distorsione rispetto ad una ripresa oggettiva dei fatti. E’ illimitata, soggetta a processi di rielaborazione. La memoria è strettamente connessa con l’oblio e questo non è uno svantaggio perché permette di eliminare dalla mente le informazioni inutili lasciando spazio a quelle nuove. • Memoria di lavoro: (memoria a breve termine), permette di codificare ed elaborare le informazioni provenienti dall’ambiente per renderle disponibili agli archivi della memoria a lungo termine. • La memoria ha una natura multisistemica in quanto è un insieme di sistemi e processi, centrali nella cognizione umana. • Tra i vari sistemi di memoria a lungo termine possiamo distinguere: ▲ La memoria procedurale: riguarda la conservazione delle competenze e procedure con cui fare le cose. Ha sede nei gangli basali nel cervello ▲ La memoria dichiarativa: è la conservazione delle conoscenze sui fatti che possono essere acquisiti una volta sola e che sono direttamente accessibili alla coscienza. Ha sede nell’ippocampo e nella corteccia temporale mediale. La differenza tra i due è data dalla sindrome di Korsaloff: essa è una grave conseguenza celebrale dell’alcolismo prolungato. Chi è affetto di questa malattia soffre di amnesia per i fatti recenti, di confabulazione (inventa), non è in grado di generare nuovi ricordi ma è ancora in grado di conservare ricordi a livello procedurale. • Endel Tulving ha distinto: ▲ memoria episodica: capacità di memorizzare e recuperare eventi specifici e contiene informazioni spaziali che definiscono dove e quando l’evento ha avuto luogo. I ricordi di tale memoria resterebbero per un po’ nell’ippocampo e poi andrebbero nelle aree neocorticali. Le aree prefrontali sono importanti nel recupero di queste informazioni: l’area frontale sinistra nella codificazione, quella di destra nel recupero. Questa memoria è caratterizzata da ricordi chiamati flash di memoria, cioè eventi che ci hanno colpito a livello emotivo e cognitivo. ▲ memoria semantica: organizza le conoscenze che una persona possiede. Secondo alcuni ha sede nei lobi temporali mediali, secondo altri sarebbe distribuita nel cervello. Questa memoria contiene le conoscenze sul mondo in forma astratta. Si parla inoltre di reti semantiche, le quali sono in grado di collegare una parola con altre parole sulla base di relazioni logiche o associative. La memoria episodica ha a che fare con ciò che ricordiamo, mentre quella semantica con ciò che sappiamo. • La memoria ha a che fare con la consapevolezza e ciò ha dato origine alla distinzione tra memoria esplicita e implicita. ▲ Memoria esplicita: è la conservazione di informazioni che riguardano specifici eventi o conoscenza generali. E’ un processo consapevole ed ha sede soprattutto nell’ippocampo. ▲ Memoria implicita: è la capacità di ricordare senza averne la consapevolezza. Varia nel tempo, è indipendente dall’età ed è connessa con l’intelligenza. Ha sede nei gangli basali del cervello. • Memoria autobiografica: capacità di conservare le informazioni legate al sé. • Memoria retrospettiva: è la conservazione e il recupero di ricordi passati. Memoria: prospettica: è il ricordo di compiere un’azione nel futuro. • Per poter collocare le informazioni nella memoria occorre innanzitutto codificarle. La codifica è la trasformazione di un’informazione in una rappresentazione mentale collocata in un deposito di memoria. L’attenzione determina la forza della codifica che presenta tre livelli di elaborazione: a livello superficiale ci fermiamo agli aspetti strutturali e fisici di uno stimolo, a livello intermedio abbiamo gli aspetti fenomenologici di uno stimolo (rime), al terzo livello abbiamo le componenti semantiche (categorie). Se l’informazione presenta interesse le ricordiamo con maggiore frequenza (effetto produzione) e lo stesso vale se la codifica degli stimoli è distribuita nel tempo, altrimenti tendiamo ad annoiarci (effetto distanziamento temporale). Importante è anche riuscire a collegare insieme le diverse caratteristiche degli stimoli (integrazione). • Sistema della doppia codifica (Paivio): gli stimoli figurativi sono più facili da ricordare perché attivano una codifica per le immagini, e se l’oggetto è familiare anche la codifica verbale. • Una volta codificate le informazioni occorre mantenerle nel tempo e la ritenzione è ciò che ci permette di conservare nella memoria le informazioni. Il recupero, consente poi, di riattivare le informazioni nella memoria le quali erano rimaste fuori dalla coscienza. Il recupero delle informazioni si basa su operazioni mentali diverse come la rievocazione (capacità di ricordare in modo spontaneo), il riconoscimento (identificare correttamente le informazioni) e il riapprendimento (appendere materiale già presente in memoria). • Fenomeno della falsa attribuzione: uno stimolo nuovo è simili a uno già codificato (es.parola) l’ipnosi, l’interpretazione dei sogni e la tecnica dell’immaginazione guida favoriscono la produzione di falsi ricordi. • Nel ricordare un breve racconto fatto da altri, le persone tendono a modificarlo, organizzando in maniera diversa le informazioni, tralasciandone alcune e sottolineandone altre, cercando comunque di dare senso al discorso. • Daniel Schacter ha elencato i sette peccati della memoria: labilità (debolezza della memoria, che ci impedisce di ricordare ciò che abbiamo fatto a distanza di tempo), distrazione (mancanza di attenzione, indispensabile per creare il ricordo), blocco (incapacità di recuperare un’informazione), errata attribuzione (riferire un ricordo a una fonte sbagliata), suggestionabilità ( creare ricordi falsi), distorsione (i nostri attuali pensieri modificano le informazioni passate), persistenza (incapacità di dimenticare). immediatamente perciò si suddivide il problema in sottoproblemi e non si usano algoritmi (serie di regole che permettono la risoluzione di un problema) ma euristiche e cioè regole che non danno una descrizione dettagliata delle strategie per giungere alla soluzione ma che ci permettono di risolvere il problema al meglio. Una delle euristiche più potenti è l’analisi mezzi- fini che ci guida nel considerare alternative alla soluzione del problema. E’ opportuno affrontare un problema distinguendo: stato-iniziale, stato-obiettivo, operatori (operazioni), stati intermedi del problema. • Simon ha dimostrato che la risoluzione di un problema da parte dell’uomo avviene per decomposizione, ottenendo sottoproblemi più semplici. • Meccanismo di fissazione: i soggetti non riescono a risolvere un problema in quanto si fissano sulle caratteristiche di un oggetto conosciute. CAPITOLO 9: COMUNICAZIONE E LINGUAGGIO • Comunicazione: scambio interattivo osservabile fra due o più partecipanti, dotato di un certo grado di consapevolezza e di intenzionalità reciproca, capace di partecipare e di far condividere un certo percorso di significati sulla base di sistemi convenzionali secondo la natura di riferimento. • La comunicazione è un vincolo di noi stessi che siamo capaci di governare in funzione delle situazioni. Costituisce una piattaforma mentale, è in stretta connessione con il pensiero ed è un’interazione continua con qualcun altro. • Non coincide con il comportamento, inteso come una qualsiasi azione motoria di un individuo osservabile; fra di essi vi è un rapporto di inclusione: ogni comunicazione è un comportamento ma non ogni comportamento è una comunicazione (tic). In ogni comunicazione è presente un certo grado di intenzionalità. Occorre distinguere fra comunicazione e interazione, cioè qualsiasi contatto anche tra più individui (urto accidentale in un ambiente affollato). Tutto ciò che non è comunicazione è una notizia. • I diversi punti di vista sulla comunicazione: ▲ Modello matematico: la comunicazione va intesa come una trasmissione di informazioni: passaggio di un segnale da una fonte, attraverso un trasmettitore, lungo un canale, a un ricevente, grazie a un recettore. Sia emittente che ricevente devono codificare il codice. La comunicazione avviene se tutto ciò è possibile. Successivamente, fu introdotta la nozione di “feedback” cioè una quantità di informazioni che dal ricevente ritorna all’emittente (termostato). Il pensiero matematico ha introdotto anche la nozione di rumore (interferenza con un altro segnale), ridondanza (ripetizione del messaggio per favorire la sua codifica) e filtro (elementi che modificano il segnale). Per comunicare è importante avere a disposizione un codice e cioè un insieme di regole in grado di associare elementi di un sistema con gli elementi di un altro sistema. ▲ Modello semiotico: la semiotica è la scienza che studia i segni nella vita sociale. Sostengono che la comunicazione deve valutare in che modo avviene il processo di significazione (capacità di produrre significati). Il segno, per la semiotica, può essere inteso come equivalenza o come inferenza. Ferdinand de Saussure, appoggiando la prima, afferma che il segno è l’unione di un’immagine acustica con una mentale. Vi sarebbe una connessione tra espressione e contenuto. Peirce, appoggiò la seconda, sostenendo che il segno va inteso come interferenza poiché costituisce un indizio da cui trarre una conseguenza. ▲ Modello pragmatico: la pragmatica si occupa dell’uso dei significati nelle diverse circostanze. Studia il rapporto che c’è fra il testo e il contesto, prende in esame i processi impliciti della comunicazione. Inoltre pone in evidenza la comunicazione come azione e come fare. Austin propose la teoria degli atti linguistici affermando che dire qualcosa è anche fare sempre qualcosa e vi sono tre tipi di azione: atti di dire qualcosa, atti nel dire qualcosa, atti con il dire qualcosa. Qualsiasi scambio linguistico consiste nell’utilizzo di frasi all’interno di un contesto ed importanti sono i verbi utilizzati, l’ordine delle parole, l’intonazione e la punteggiatura. La comunicazione è possibile solo re realizziamo una conoscenza reciproca principio di cooperazione: dare il proprio contributo al momento opportuno. Si deve individuare l’intenzione comunicativa del parlante, andare cioè oltre le parole impalcatura conversazionale. La pragmtica focalizza i rapporti che ci sono fra testo e contesto. Quest’ultimo va inteso come l’insieme delle restrizioni e delle opportunità biologiche, spazio-temporali, relazionali, istituzionali e culturali che assieme a un dato testo genera un certo messaggio dotato di senso. Esiste dunque un numero indefinito di contesti in riferimento al medesimo testo. ▲ Modello psicologico: Bateson evidenzia come gli individui sono in comunicazione e tramite questa mostrano la propria identità. Osservò che il comunicante procede in ogni messaggio su due piano distinti: il livello di notizia (le cose che dice) e quello di comando (far capire a chi ascolta come prendere le cose che dice). Ogni scambio comunicativo implica un’interazione tra più individui, e la sequenza di scambi costruisce un modello di relazione fra loro. • L’essere umano vive di significati che fin da piccolo ricerca. Importanti sono i significati degli enunciati linguistici che servono ad attribuire un senso al comportamento proprio e altrui. • Secondo la semantica logico-filosofica il significato di una parola o di una frase è dato dal rapporto fra il linguaggio e la realtà. Il significato di un enunciato consiste nell’affermare qualcosa su un certo stato di cose e ogni enunciato è dotato di valore e verità. Il significato è una realtà articolata, scomponibile in unità specifiche. Per la semantica vero-condizionale , il significato sarebbe composto da un insieme limitato di tratti semantici, intesi come condizioni necessarie e sufficienti. La semantica strutturale concepisce il significato come valore, ossia la possibilità per ogni parola di essere confrontata e opposta a qualsiasi altra parola della medesima lingua. E’ una semantica differenziale in negativo cioè il significato di un termine non è definito per quello che è ma per quello che non è. Il significato perciò possiede una dimensione unicamente linguistica ed è sganciato da qualsiasi riferimento alla realtà e da qualsiasi elaborazione mentale dell’individuo. La semantica cognitiva sostiene che il significato è il modo con cui comprendiamo le espressioni linguistiche e con cui rappresentiamo mentalmente la realtà. L’oggetto è quello di stabilire quali relazioni esistono fra un messaggio, il suo contesto e i processi della sua interpretazione. Tale semantica presuppone il realismo psicologico e rinuncia all’autonomia della semantica. Inoltre prevale il principio di somiglianza e di appartenenza: quanto più glie elementi sono simili tanto maggiore sono le probabilità di appartenenza a una certa categoria. Tale appartenenza può esistere se sono presenti le proprietà essenziali e tipiche (proprietà aggiuntive)-. • Il significato è inoltre partecipazione (“essere parte di”). La partecipazione implica la consapevolezza della propria responsabilità nello svolgimento degli scambi comunicativi. I significati sono pubblici, non si può dunque parlare di comunicazione privata. Inoltre sono immersi nelle relazione interpersonali e possiedono numerosi gradi di libertà, applicazioni e interpretazioni. • La comunicazione implica una pianificazione intenzionale, senza intenzionalità non vi è comunicazione. Grice ha distinto fra intenzione informativa (ciò che viene detto) e intenzione comunicativa (ciò che intendiamo dire). Occorre parlare di forza dell’intenzione: tanto più l’intenzione comunicativa è forte quanto più l’atto conseguente tende a essere a fuoco. Il fuoco comunicativo è un processo di attenzione e concentrazione del parlante su certi aspetti della realtà da condividere con il destinatario. Alcuni aspetti diventano più importanti di altri. Il parlante deve selezionare una certa intenzionalità per trasmettere ciò che ha in mente (“pars pro toto”). Grice ha inoltre introdotto il concetto di reciprocità intenzionale e cioè che in uno scambio comunicativo ci deve essere manifestazione di un’intenzione comunicativa da parte del parlante ma anche un riconoscimento da parte del destinatario. • Il linguaggio è regolato dall’area di broca, adiacente alla parte inferiore dell’area motoria dell’emisfero sinistro, e ha il compito di produzione del linguaggio e controllo dei movimenti nell’articolazione della parola e, dall’area di Wernicke, localizzata nella regione posterosuperiore del lobo temporale sinistro. Essa ha il compito di comprensione del linguaggio. Le due aree sono connesse tra loro da un fascio di fibre nervose chiamato fascicolo arcuato. Ogni lingua è un sistema simbolico e manifesta ciò che le persone hanno in mente. Il linguaggio serve ad elaborare, organizzare e trasmettere le conoscenze. • Qualsiasi lingua parlata è un insieme di suoni. In quanto tale è oggetto della fonetica e della fonologia. La fonetica studia la produzione e la percezione dei suoni linguistici prodotti dall’uomo. Possiamo distinguere la fonetica acustica (studia la struttura fisica dei fenomeni linguistici), la fonetica uditiva ( percezione dei fonemi da parte dell’udito) e la fonetica articolatoria (analizza gli organi durante la produzione di foni). In goni fono occorre distinguere la fonetica segmentale che tratta degli elementi dei singoli foni, falla fonetica soprasegmentale che si occupa degli aspetti sonori sovrapposti ai vari foni (intonazione prosodia). La fonologia è lo studio dei suoni di una lingua in rapporto alla comunicazione linguistica, l’elemento di base è il fonema, un’unità fonica indivisibile e astratta. • La morfologia studia la struttura interna delle parole e descrive le varie forme che esse assumono a seconda delle categorie. Le parole sono scomponibili in unità linguistiche più piccole e ognuna di queste unità assume significato. Il morfema è l’unità linguistica minima, non ulteriormente scomponibile. Il morfema si distingue in libero (“infatti”) e legato (“gatto- o”). L’insieme delle parole di una lingua forma il lessico. Al lessico linguistico corrisponde il lessico mentale, cioè le conoscenze di un parlante sulle parole da lui usate. • La sintassi è l’insieme delle regole che governano la formulazione degli enunciati e dei discorsi. Serve a costruire unità di livello superiore: sintagmi, frasi, discorsi. I sintagmi sono le unità minime di una frase (nomi, verbi, aggettivi, preposizioni). La costruzione sintattica si fonda sulla ricorsività, la quale assicura un costante incapsulamento degli elementi. • Chomsky ha sviluppato la teoria della grammatica universale, che unendo fonologia e la morfologia alla sintassi, si propone di descrivere la grammatica di una qualsiasi lingua. Si è servito di un metodo formale, utilizzando la grammatica come se fosse un calcolo matematico in grado di generare una lingua nelle sulle infinite espressioni a partire da pochi elementi semplici. bisogni di sicurezza: garantire all’individuo protezione, tranquillità, libertà bisogni di appartenenza e di attaccamento: sentirsi parte di un gruppo bisogni di stima: bisogno di essere rispettati, apprezzati, competenti bisogni di autorealizzazione: esigenza di realizzare la propria identità • Il bisogno della fame è il bisogno primario indispensabile per la sopravvivenza • Punti di vista sulla motivazione: nessun comportamento può essere considerato come il risultato di un’unica spinta motivazionale ma da un insieme di diverse motivazioni. ▲ Teoria biologica: la scoperta dei meccanismi biologici ha portato a pensare che questi fossero in grado di spiegare il loro svolgimento. In realtà gli aspetti biologici rappresentano condizioni necessarie ma non sono sufficienti per spiegare le condotto motivazionali. ▲ Teoria comportamentista: il comportamentismo propose un modello dei bisogni degli individui fondato sull’interazione fra pulsione e abitudine. La pulsione nasce da una condizione di carenza per la comparsa di un bisogno, fornisce la spinta e determina l’attivazione dell’organismo. L’associazione ripetuta fra stimolo e risposta crea nell’individuo l’abitudine. ▲ Teoria cognitivista: per il cognitivismo motivazioni e bisogni cambiano in rapporto alla quantità e qualità delle informazioni provenienti dall’ambiente. L’individuo si pone traguardi e scopi da perseguire, inoltre tende a raggiungere il successo e ad evitare l’insuccesso. Il successo è dato dall’interazione fra la motivazione, l’incentivo e la probabilità di ottenerlo. ▲ Teoria interazionalista: le motivazioni sono suscitate e regolate dalle interazioni con gli altri. • Nella sua teoria dei bisogni, McClelland ha individuato tre costellazioni di motivazioni secondarie: ▲ Il bisogno di afflizione: consiste nel ricercare la presenza degli altri per la gratificazione che deriva dalla loro compagnia. Questi individui hanno un forte senso di appartenenza al gruppo, ricercano legami profondi, dipendono dagli altri. Si parla di teoria dell’attaccamento. Mary Ainsworth ha classificato l’attaccamento in tre tipi: attaccamento insicuro-evitante (il bambino mostra poca angoscia per la separazione dalla madre), sicuro (il bambino si fida dell’adulto), insicuro-ambivalente (angosciato in caso di separazione ma allo stesso tempo rifiuta il contatto con la madre), attaccamento insicuro-disorganizzato (in caso di separazione il bambino mostra un comportamento contradditorio). I bambini già nel secondo anno di vita mostrano sensibilità nei confronti dei coetanei che soffrono, prestando loro aiuto. Tale comportamento è chiamato comportamento presociale. Interessante è che nello stesso periodo in cui compare questo comportamento si sviluppa nel bambino la competenza opposta, far soffrire gli altri. Nell’adulto, il comportamento presociale consiste nell’assumere il punto di vista altrui. Un comportamento presociale è l’altruismo. Abbiamo l’altruismo spontaneo quando l’azione di un individuo genera vantaggi per gli altri, mentre abbiamo l’altruismo reciproco quando un individuo presta aiuto a un altro in condizione di essere ricambiato. Per Darwin, i gruppi in cui ci sono molti altruisti, sono più efficienti, più uniti e forti per l’esistenza. ▲ Il bisogno di successo: motivazione a fare le cose al meglio per un bisogno di affermazione e di eccellenza. Chi ha un elevato bisogno di successo tende ad assegnarsi scopi impegnativi considerando i propri limiti. Importanti sono le aspettative che i genitori nutrono verso i figli. ▲ Il bisogno di potere: è l’esigenza di esercitare il proprio controllo sulle altre persone. Tale bisogno nascerebbe da uno stato di disagio e di insicurezza interiore che si placa soltanto attraverso la strumentalizzazione degli altri al fine di dimostrare la propria capacità. Il potere è una relazione asimmetrica, nella quale A appare in grado di modificare la condotta di B per la realizzazione dei propri obiettivi. La leadership è l’attività di comando (chi prende le decisioni). Vi sono diversi stili di leadership: autoritario (accertatore), democratico (partecipativo), permissivo. Possiamo inoltre distinguere due profili di leader: quello funzionale, che è attivo e dinamico poiché vuole raggiungere gli obiettivi, e quello socioemotivo che è impegnato e mantenere la coesione di gruppo e propone soluzioni. • Motivazione intrinseca: svolgere un’attività perché è gratificante per se stessa. Motivazione estrinseca: compiere la medesima attività per ricevere un premio. CAPITOLO 11: EMOZIONI E AFFETTI • Le emozioni sono processi emergenti in funzione dell’organismo e degli accadimenti all’interno di un dato contesto. Sono dispositivi mentali di adattamento all’ambiente, in grado di consentire all’individuo di rispondere in modo efficace alle situazioni. • Secondo la teoria periferica di James, la situazione rilevante scatena una serie di risposte fisiologiche del sistema nervoso simpatico. La percezione di tali variazioni fisiologiche è alla base dell’emozione. In contrapposizione alla teoria periferica, Cannon ha fondato la teoria centrale delle emozioni, secondo cui i centri di attivazione e di regolazione dei processi emotivi sono localizzati nella regione talamica del cervello. Inoltre sostiene che le strutture celebrali attivano una configurazione specifica di variazione fisiologiche a secondo delle emozioni. • La teoria dei programmi affettivi : per questi studiosi le emozioni sono associate alla realizzazione di scopi universali connessi con la sopravvivenza dell’individuo. Si pensa inoltre che ogni emozione di base sia regolata da uno specifico “programma affettivo nervoso” per consentire alla nostra specie un adattamento efficace al proprio habitat. Sono state individuate sei emozioni di base, che si svolgono in modo automatico, hanno un’insorgenza spontanea e una durata breve. • Le teorie dell’appraisal: sostengono che le emozioni sono suscitate da un’attività di conoscenza e di valutazione della situazione di riferimento. L’interesse è il centro dell’emozione perché è ciò che attribuisce significato agli eventi. Possiamo distinguere interessi profondi che riguardano gli scopi, le aspettative generali, dagli interessi superficiali cioè i desideri di una singola persona. Inoltre queste teorie mettono in evidenza come le emozioni siano legate ai processi cognitivi poiché la loro attivazione implica l’elaborazione cognitiva della situazione. Le emozioni non compiono senza una ragione. Sono le risposte più efficaci per rispondere a una certa condizione ambientale e perciò cambiano quando cambiano le situazioni di riferimento. Ma è anche vero che la stessa situazione può suscitare emozioni fra loro differenti. Le emozioni sono come dei mediatori tra il mondo esterno e quello interno (configurazione componenziale). • Teoria costruttivistica: le emozioni sono prodotti sociali e culturali e servono a regolare le interazioni fra gli individui. Questa teoria afferma che la emozioni vengono registrate nella memoria perciò la ripetizione del medesimo episodio favorisce il consolidamento della memoria. Inoltre vanno intese come uno standard di condotta sociale che indica come comportarsi in certe situazioni e variano in base alla cultura. Le emozioni sono prodotti culturali che implicano l’attivazione dell’organismo. • Fra i numerosi centri del cervello emotivo troviamo: l’ipotalamo che svolge la funzione di governo del sistema autonomo, organizza l’interno dell’organismo. L’eccitazione dell’ipotalamo posteriore e mediale genera risposte simpatiche nell’organismo (collera e paura), mentre la stimolazione dell’ipotalamo anteriore e laterale produce risposte parasimpatiche ( tristezza, depressione). Nel cervello emotivo è fondamentale l’amigdala, ritenuta il “computer dell’emotività” poiché composta da diversi nuclei. E’ un sistema di connessione di tutte le informazioni sensoriali provenienti dall’ambiente e inoltre rileva l’intensità emotiva. • Le leggi delle emozioni: legge del significato situazionale ( emozioni diversi sorgono in risposta a significati diversi); legge dell’interesse (eventi considerati importanti per gli individui); legge della realtà manifesta (sono intense in base ai riferimenti osservabili); legge del cambiamento (i cambiamenti, soprattutto quelli inattesi, suscitano le emozioni); legge dell’assuefazione (la ripetizione delle stesse condizioni porta a un’attenuazione delle emozioni); legge dell’asimmetria edonica ( è una manifestazione della nostra inclinazione a prestare maggiore attenzione e a imparare di più dalle informazioni negative che da quelle positive distorsione della negatività: siamo influenzati molto più dalle informazioni negative che da quelle positive); legge della precedenza del controllo (le emozioni tendono a prendere il sopravvento sulle azioni in corso); legge della vicinanza (vicinanza delle emozioni con gli eventi che interessano l’individuo); legge dell’attenzione alle conseguenze (l’attivazione delle emozioni sono basate in funzione delle conseguenze percepite); legge del carico minimo e del guadagno massimo . • Le emozioni suscitano un potenziamento della memoria. Possiamo parlare di memoria flash, cioè ricordi connessi con eventi fortemente emotivi. Questa memoria può portare a invenzioni di scene perciò occorre fiducia da parte di chi ascolta. Altre volte i processi emotivi deteriorano la memoria fino a giungere a condizioni di amnesia. Di recente tale deterioramento è attribuito agli effetti negativi del cortisolo (ormone che si produce con l’esperienza di eventi traumatici) su varie strutture celebrali. D’altra parte il rafforzamento della memoria è dovuto da un restringimento dell’attenzione sugli aspetti focali (memoria tunnel). • Diversi ipotesi per spiegare il sorgere delle emozioni: ▲ le emozioni sorgono come conseguenza dell’attivazione di specifici programmi nervosi, a loro volta suscitati da stimoli ambientali. Le emozioni sono dunque forme di adattamento all’ambiente del Pleistocene. ▲ l’emozione è un’interruzione dell’esperienze e costituisce un segnale di allerta per l’organismo, ha valore di precedenza poiché primitivo semantico. ▲ Le emozioni spingono gli individui all’azione. Questa predisposizione all’azione è stata definita da Magda Arnold come la tendenza a muoversi verso qualcosa o allontanarsi da qualcosa. costruire il fiume da cui siamo trasportati. Nello stesso tempo siamo anche osservatori, della nostra cultura e di quella altrui perciò facciamo valutazioni. • Principali dimensioni della cultura: 1) La cultura umana sorge solo quando compaiono sulla terra le condizioni di un clima temperato. La nostra capacità di adattamento è resa possibile dalla nostra capacità di inventare strumenti e organizzare procedimenti. 2)La condivisione, oltre che a creare un senso di appartenenza, consente di identificare una cultura rispetto ad un’altra. Una cultura si differenzia da un’altra perché ha qualcosa che l’altra non ha. 3)la trasmissione culturale è un interesse degli esperti e consiste nel tramandare le forme di vita alle generazioni successive come elemento di stabilità e continuità. • La cultura è l’appropriazione di una reta globale e dinamica attraverso l’apprendimento sociale all’interno di un gruppo umano socialmente organizzato, in modo da adattarsi attivamente al proprio ambiente e dare senso all’esperienza propria e altrui. • La cultura viene vista come una collezione di sindromi culturali, i quali caratterizzano una cultura. Quando un certo aspetto di una sindrome viene attivato è probabile che anche gli altri elementi diventano accessibili nella memoria lavoro. Inoltre le sindromi sono articolate in variabili intermedie. • Radicandosi nella biologia è nata la cultura anche se quest’ultima ha sviluppato dei propri gradi di libertà nel corso del tempo. Ma cultura è biologia presentano un’interdipendenza: la cultura dipende dalla biologia nello stesso tempo in cui la influenza. • All’inizio era biologia ma successivamente sono stati fatti passi in avanti altrimenti non saremmo mai diventati culturali. Da quadrumani siamo diventati bipedi, la posizione eretta ha reso verticale la posizione del foro occipitale con la testa eretta sulla colonna vertebrale. Tale modificazione ha favorito l’aumento della massa celebrale. L’evoluzione dell’apparato vocale ha portato a una definita conformazione del tratto vocale sopralaringeo composto dalla cavità faringea e dalla cavità orale. Le corde vocali (inizialmente nate per impedire che il cibo vomitato fosse inalato nei polmoni) sono essenziali per la comparsa del linguaggio. • Al momento della nascita il cervello del bambino pur essendo già configurato a livello strutturale presenta un numero limitato di circuiti nervosi funzionanti. Alla nascita il cervello del neonato è sostanzialmente subcorticale. • L’uomo nella lotta per la sopravvivenza, dovendo svolgere attività di caccia e raccolta, ha sviluppato un forte grado di cooperazione e forme di altruismo spontaneo. • Ogni cultura è basata sulla mediazione tra individuo e ambiente. Gli artefatti sono elementi del mondo materiale assunti dall’uomo come mezzi e modi per coordinarsi con l’ambiente fisico e sociale. Sono convenzionali e consentono di dare forma all’azione. Possiamo distinguere: gli artefatti primari, cioè strumenti e dispositivi che usiamo abitualmente; gli artefatti secondari cioè modelli e simboli presenti nell’interazione sociale; artefatti terziari che servono a costruire il mondo dell’immaginazione (varietà artistiche). • La cultura, è un’attività collettiva, è partecipazione. Ogni cultura mantiene la propria unità ma nello stesso tempo si arricchisce in modo reciproco con le altre culture. • L’evoluzione della nostra specie ha costruito soggetti né totalmente uguali, né totalmente indifferenti. Troviamo due posizioni: quella universalista secondo cui gli esseri umani condividerebbero la medesima natura, e quella culturalista secondo cui glie esseri umani sono prodotti della cultura perché plasmati da essa. • Le diversità culturali sono l’insieme delle differenze che i gruppi umani percepiscono tra di loro quando entrano in contatto. La cultura va intesa come un’organizzazione delle diversità. Tale diversità arricchisce il nostro modo di vivere • Le diversità culturali fondano l’identità di ogni cultura. L’identità è ciò che siamo. • La cultura di appartenenza diventa l’orizzonte della nostra esperienza, l’esito di una mente monoculturale che porta alla visione dello straniero. La mente monoculturale è un mente al singolare che tende a concepire la propria esperienza come la globalità diventando prigioniera della cultura in cui vive. Quando due o più gruppi umani si incontrano sorgono forme di attrito culturale. Si sono così seguite diverse strategie di acculturazione. Da parte delle minoranza: assimilazione (tendenza ad accogliere il mondo della maggioranza), separazione ( conservare e difendere la propria identità culturale), integrazione (disposizione ad accettare e condividere le forme culturali della comunità maggiore), marginalizzazione (difficoltà a mantenere la propria identità). Da parte della maggioranza: esclusione, multiculturalismo (sostenere che le comunità minoritarie vadano salvaguardate), omologazione (la maggioranza rifiuta il riconoscimento della minoranza), segregazione ( chi ritiene di riconoscere le diversità culturali ma nelle stesso tempo le isola). • La mente monoculturale porta all’etnocentrismo che poi si può configurare come fondamentalismo culturale cioè l’esigenza di stabilire confini netti con le altre culture. • La mente biculturale è una mente versatile, capace di declinarsi a uno specifico ambiente culturale. E’ una mente aperta e complessa, creativa, al plurale. Sa che non vi è un unico modo di vivere. È una mente interculturale in grado di stabilire le relazioni fra culture differenti. Inoltre ha una maggiore competenza comunicativa, maggiori griglie di valutazione ed è in grado di riconoscere le emozioni altrui. Con la mente binoculare si possiedono dispositivi in grado di passare in modo rapido da una cultura a un’altra raggiungendo cos’ una doppia identità culturale.