Scarica Barocco letterario italiano: Giovan Battista Marino e l'elemento edonistico e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Barocco L'etimologia della parola "barocco" è ancora misteriosa, ma si pensa che significa "perla dalla forma irregolare" o si pensa di avere radici nel latino medievale, dove veniva usato per indicare un ragionamento artificioso della filosofia scolastica. In entrambi i casi, la parola è associata all'artificio e all'irregolarità, connotando una ricerca ostentata della meraviglia attraverso approcci bizzarri e inaspettati. Il nuovo ideale estetico del periodo barocco rappresenta una radicale deviazione dagli ideali classici dell'imitazione della natura e della ricerca della perfezione e dell'ordine. La poetica barocca si concentra sull'elemento edonistico e mira a suscitare meraviglia nell'osservatore attraverso l'uso di elementi nuovi, inusuali e sorprendenti. ( l'elemento edonistico nella poetica barocca si riferisce alla volontà degli artisti di creare opere che suscitassero piacere, meraviglia e emozione nel pubblico, piuttosto che concentrarsi esclusivamente sulla rappresentazione della realtà o sulla perfezione formale.) Questo ideale comporta una ridefinizione dei rapporti tra l'antico e il moderno, non tanto un rifiuto del passato, quanto un'esaltazione dell'invenzione personale e del riutilizzo creativo dei materiali precedenti. La metafora diventa il mezzo principale attraverso cui si esprime la nuova concezione artistica barocca. Essa trasfigura la realtà e genera concetti attraverso l'accostamento di immagini incongruenti e l'instaurazione di collegamenti inattesi tra fenomeni apparentemente opposti. Questa ricerca della meraviglia e dell'inaspettato si riflette anche nell'uso di altre figure retoriche, come l'ossimoro e l'accumulazione per asindeto. Parallelamente, la metafora assume anche una funzione conoscitiva, permettendo all'uomo barocco di dare senso e significato all'esistente in un mondo che percepisce come mutevole e caotico. Ciò porta alla valorizzazione dell'esperienza e alla ricerca del possibile significato delle cose, anche se ciò rivela un senso tragico dell'illusorietà e dell'insicurezza della vita. Questo ideale riflette una percezione complessa del mondo, che oscilla tra apertura e novità da un lato e tragedia e incertezza dall'altro. LIRICA BAROCCA Durante l'epoca barocca, la lirica e l'epica mantengono un ruolo di rilievo nella letteratura, soprattutto come forma di intrattenimento per il pubblico aristocratico. Tuttavia, queste forme subiscono un profondo rinnovamento sia nei temi che nelle forme. In particolare, Giovan Battista Marino, uno dei poeti più importanti di questo periodo in Italia, sfida i modelli tradizionali come Petrarca e il petrarchismo cinquecentesco. Anche se l'influenza di Petrarca rimane presente, viene spesso reinterpretata in chiave polemica. Marino e altri poeti barocchi trovano ispirazione soprattutto nelle opere di Torquato Tasso, specialmente nel genere pastorale rappresentato da opere come "Aminta" e "Il Pastor Fido" di Giovan Battista Guarini. Il rinnovamento della lirica coinvolge tutti gli aspetti della scrittura poetica. Vengono preferite forme brevi e musicali come il sonetto, l'ode e il madrigale, oltre a forme più eccentriche come l'epigramma. Anche sul piano retorico, si fa largo uso della metafora e del concettismo prescritti dalle retoriche barocche. Nei temi trattati, si nota un gusto per l'eccentrico e il bizzarro. Ad esempio, il tema della bellezza femminile viene arricchito con dettagli anatomici insoliti o elogiando aspetti considerati brutti o deformi. I poeti barocchi si interessano anche agli oggetti comuni e al mondo animale, trasformandoli in allegorie di temi importanti come l'effimero, la vanità e l'inquietudine umana. GIOVAN BATTISTA MARINO Giovan Battista Marino è una figura chiave nel Barocco letterario italiano. Nato a Napoli nel 1569, abbandona gli studi di giurisprudenza per dedicarsi alla letteratura. Dopo alcuni conflitti familiari e incarcerazioni, si trasferisce a Roma nel 1600 fino a 1605 a servizio del cardinale Pietro Aldobrandini, Qui pubblica le prime Rime (1602). e successivamente a Torino nel 1608 alla corte del duca Carlo Emanuele I , dove un anno dop è coinvolto in una disputa con un altro poeta Murtola che sfocia in un duello a pistole. Diventa poeta ufficiale del duca di Savoia nel 1610 ma viene imprigionato nel 1612 per aver composto dei versi offensivi al duca stesso. Nel 1614 pubblica le sue liriche, seguite dalle "Dicerie sacre". Ottenne successo Dopo un periodo a Parigi, viene chiamato alla corte di Francia da Maria de' Medici e si trasferisce a Parigi, dove resterà dal 1615 al 1623. Pubblica le sue opere tra cui ADONE con una dedica a Luigi XIII . Dopo torna in Italia nel 1623 e muore nel 1625. Nei tre volumi della Lira Marino raccoglie canti d'a- more e canti di guerra, e mostra il suo debito nei confronti di Tasso. La concezione di Marino della poesia è prima di tutto retorica, fondata su una ricerca stilistica orientata allo stile morbido, vezzoso e attrattivo. Nelle sue opere, Marino si distingue per il suo stile retorico e concettuale, mirando a stupire e meravigliare il lettore. La sua poesia è rivolta principalmente al pubblico di corte e riflette il gusto mondano dell'epoca. Anche se tratta temi amorosi, lo fa in modo anticonvenzionale, concentrando l'attenzione sugli oggetti esteriori e non sul sentimento interiore. ---------Marino è noto per la sua audacia tematica e stilistica, tratta la letteratura come un serbatoio da cui attingere liberamente e si ispira spesso all'arte visiva per la sua immaginazione poetica. i testi degli autori classici e moderni costituiscono per lui un serbatoio immenso a cui attingere a piene mani. Si ispira al metaletterario: la letteratura, sembra dire Marino, non può che nascere da altra letteratura. In questo modo il poeta riesce a dare nuova forma alle cose vecchie e a vestire di vecchia maniera le cose nuove, esibendo al tempo stesso. T'artificio letterario, con cui si manifesta la sua creatività e la vastità delle sue letture. ADONE TRAMA PAG 100 L'Adone di Marino, pubblicato nel 1623, è un poema composto da 20 canti e 5033 ottave, rendendolo il poema più lungo della letteratura italiana. La trama si concentra sulla vicenda di Adone e Venere, dall'innamoramento all'amore, dalla partenza alla morte del giovane. Tuttavia, la struttura del poema è caratterizzata da una varietà narrativa e da continui deviazioni dalla linea principale. Giovanni Pozzi ha individuato diversi gruppi di canti che affrontano aspetti specifici della narrazione, come la formazione di Adone, gli elementi romanzi, e i riferimenti encomiastici. L'opera è policentrica e multiforme, riflettendo la sensibilità barocca. Le digressioni e gli episodi secondari sfuggono a una preoccupazione per l'unità, contrariamente alla Liberata di Tasso. L'Adone si presenta come un montaggio di infinite storie autonome, distanti dal vero storico e religioso. Questa struttura riflette una spazialità ellittica, che non ruota intorno a un unico centro ma si muove intorno a più centri, duplicando le funzioni narrative. Marino, nel suo poema "Adone" del 1623, esprime una netta insofferenza verso le regole cinquecentesche, segnando il tramonto dell'epica tradizionale. La narrazione, incentrata sulla vicenda amorosa di Venere e Adone, è caratterizzata da continue deviazioni e digressioni, rendendo l'azione sostanzialmente inesistente e annullando il precettore. Negli anni successivi partecipa a polemiche letterarie e linguistiche, scrivendo anche le sue prime odi. Dal 1763 al 1768 lavora come precettore per la famiglia Imbonati, durante questo periodo pubblica anonimamente due poemetti che gli conferiscono notorietà e l'attenzione di personalità politiche. Nel 1768 ottiene l'incarico di poeta del Regio Ducale Teatro, seguito dalla direzione della "Gazzetta di Milano" nel 1769. In questi anni assume vari incarichi ufficiali e partecipa alle riforme scolastiche. Nel 1771 compone "Ascanio in Alba", festa teatrale messa in musica da Mozart. Dopo aver ottenuto riconoscimenti e pensioni, nel 1776 e 1777 viene accolto nell'Accademia d'Arcadia di Roma. Tuttavia, dopo la morte dell'imperatrice Maria Teresa nel 1780 e quella del suo protettore Carlo di Firmian nel 1782, Parini si allontana dalle attività pubbliche. Continua a insegnare e nel 1791 pubblica una raccolta di odi. Negli ultimi anni, la sua salute si deteriora e muore nel 1799. CLASSICISMO La produzione letteraria di Giuseppe Parini riflette un equilibrio tra classicismo e modernità, manifestando un'adesione moderata all'illuminismo. Le sue opere si estendono su circa quarant'anni, durante i quali Parini integra elementi classici con spinte culturali contemporanee. Il suo classicismo, connotato da una complessa modernità, non si limita alla mera imitazione, ma diventa un motore di cambiamento sociale. Parini attribuisce alla poesia un ruolo pedagogico e etico, vedendola come strumento per promuovere la virtù e il vivere civile. La sua visione della poesia si inserisce in un programma educativo che mira al recupero morale degli aristocratici e al miglioramento della società nel suo complesso. Contrariamente ad alcuni intellettuali milanesi, che privilegiavano le discipline scientifiche e politiche per il progresso sociale, Parini enfatizza il ruolo primario della poesia come veicolo di verità e strumento per il bene comune. Nella sua riflessione sulla lingua, Parini promuove la chiarezza, la razionalità e l'uso del dialetto, in particolare quello milanese, oltre al toscano come lingua nazionale. Questo si collega alla sua visione educativa che mira a trasmettere ai giovani una concezione dell'eloquenza basata sulla ricerca della verità e sulla solidità argomentativa, piuttosto che sull'esteriore culto formale. In sintesi, l'opera di Parini rappresenta un connubio tra classicismo e modernità, dove la poesia assume un ruolo centrale nell'educazione morale e sociale, e la lingua diventa uno strumento per comunicare la verità in modo chiaro e razionale. IL GIORNO L'opera principale di Giuseppe Parini, "Il Giorno", è rimasta incompiuta nonostante diverse fasi di rielaborazione. Originariamente concepita come una serie di tre poemetti legati tra loro - "Il Mattino", "Il Mezzogiorno" e "La Sera" - solo i primi due furono pubblicati, mentre il terzo rimase inedito. Successivamente, Parini decise di unire i tre poemetti in un unico poema intitolato "Il Giorno", suddiviso in quattro parti: "Il Mattino", "Il Meriggio" (la seconda parte fu rinominata in questo modo nella seconda stesura), "Il Vespro" e "La Notte". Tuttavia, delle ultime due parti, conserviamo solo frammenti e abbozzi. Le revisioni tra la prima e la seconda stesura del "Giorno" si concentrano principalmente sulla correzione e limatura della lingua e dello stile, con solo piccole modifiche strutturali. La composizione delle ultime due sezioni rimane parziale. Le fasi redazionali del "Giorno" riflettono il contesto storico-politico mutevole in cui Parini operava. Nella prima redazione, negli anni '60, Parini collaborava con riforme illuminate sotto il governo di Maria Teresa d'Asburgo e del conte Firmian, riflettendo un tono satirico e critico nei confronti della nobiltà. Nella seconda redazione, negli anni '80 e '90, con il governo di Giuseppe II e la delusione circa gli esiti della Rivoluzione francese, Parini si allontana dalla politica e adotta un atteggiamento più distaccato e riflessivo, caratterizzato da toni malinconici e da un ideale di bellezza neoclassica. L'incompiutezza del "Giorno" e la natura frammentaria delle ultime due parti possono essere attribuite alla sfiducia di Parini nella possibilità di riformare la società e alla diminuzione del suo impegno etico-civile, che si manifesta anche nel carattere notturno delle parti mancanti. TEMI L'opera principale di Giuseppe Parini, "Il Giorno", descrive i momenti di una giornata di un giovane nobile attraverso quattro parti: "Il Mattino", "Il Mezzogiorno", "Il Vespro" e "La Notte". Nella prima parte, il protagonista segue le sue vacue attività quotidiane dopo il risveglio, inclusi incontri con artigiani, insegnanti e una dama sposata. Nel Mezzogiorno, si unisce a un banchetto e si immerge nel vacuo scambio di battute e argomenti superficiali. Nel Vespro, il protagonista e la dama si dedicano agli impegni mondani, mentre nella Notte si assiste allo spettacolo di una nobiltà decadente Il poema è narrato da un precettore ambiguo, che, contrariamente alle sue ideologie, guida il giovane nobile attraverso attività futili anziché incoraggiarlo verso la virtù. Questo personaggio offre lezioni ironiche e iperboliche, contrastanti con la frivolezza morale delle attività del giovane. Tuttavia, in alcuni momenti, il precettore esprime l'urgenza di una rigenerazione morale della nobiltà attraverso la poesia. Il ritmo della giornata del giovane è dilatato e privo di scopo, con continui ritardi nell'azione e deviazioni dalla trama principale. Le interruzioni riflettono l'effimero della moda, che determina la rapida sostituzione di abitudini e passatempi. Tutto è destinato all'oblio e alla morte, accelerati dalla volubilità della moda. LINGUA "Il Giorno" di Giuseppe Parini è un poemetto didascalico che, nonostante l'apparente intento pedagogico, in realtà predilige la satira anti-nobilare, sebbene in modo attenuato nella seconda stesura. Parini utilizza strumenti retorici tipici della satira, come l'ironia, l'antifrasi e l'iperbole, insieme a uno stile parodico eroicomico che esalta gesti e abitudini banali dei nobili. L'opera riflette sia il classicismo sia il sensismo, con un interesse per il mito e una descrizione dettagliata degli oggetti e dei luoghi, enfatizzando l'effimero della moda e la vacuità della vita aristocratica. Parini mescola un lessico elegante con termini colloquiali e scientifici e utilizza l'endecasillabo sciolto come metro principale, sfruttando l'enjambement per rompere la monotonia. La lingua e la metrica de "Il Giorno" influenzeranno profondamente la poesia successiva, mostrando la modernità e l'importanza dell'opera di Parini nel panorama culturale dell'Ottocento. NON IMPORTANTE Retorica barocca Durante il primo trentennio del Seicento, gli autori barocchi sviluppano le loro idee sulla creazione artistica mentre pubblicano le loro opere letterarie, esponendo le proprie poetica in modo non sistematico, spesso attraverso epistole, prefazioni o gruppi di versi all'interno delle loro opere. Questo processo di articolazione della poetica avviene contemporaneamente alla sua messa in pratica, con gli autori che sostengono e difendono le loro posizioni. Tuttavia, intorno alla metà del secolo, il gusto barocco diventa consolidato e si diffonde ampiamente, dando origine anche a reazioni e opposizioni radicali. Questo porta alla necessità di organizzare e sistematizzare il panorama poetico, dando vita a trattati di poetica e altre opere in cui si esplicita e organizza il nuovo codice poetico. Un importante contributo a questa riflessione è dato da Baltasar Gracián, un gesuita spagnolo, con il suo trattato "Acutezza e arte dell'ingegno" del 1642. In questo lavoro, Gracián illustra il concetto di acutezza come un procedimento stilistico che consiste nel creare collegamenti sottili tra cose apparentemente distanti o prive di relazione, attraverso paradossi, enigmi o contraddizioni. Questa forma di ingegno è vista come un'espressione di intelligenza pronta e veloce, capace di rivelare i legami nascosti tra le cose. Gracián sostiene che l'uso efficace dell'acutezza richiede anche un'espressione linguistica adeguata e corrispondente. Nel contesto italiano, Matteo Peregrini pubblica il trattato "Delle acutezze" nel 1639, in cui, pur apprezzando la poesia di Giovan Battista Marino, prescrive un uso moderato delle metafore e delle acutezze, che devono servire come mezzi e non come scopi finali dell'opera letteraria. Questo trattato riflette una visione più moderata rispetto all'entusiasmo di Marino per le acutezze. Altre opere influenti includono il "Trattato dello stile e del dialogo" di Pietro Sforza Pallavicino, che promuove il decoro e l'eleganza nella scrittura, e "Uomo di lettere