Scarica Relazione finale di tirocinio - Scienze della formazione primaria e più Tesi di laurea in PDF di Scienze dell'educazione solo su Docsity! Università degli studi di Cagliari Facoltà di Studi Umanistici Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria Learning by doing: imparare facendo Relazione finale di tirocinio Anno accademico 2020/2021 Tutor: Elena Moro Tirocinante: Roberta Mascia Numero di matricola: 30/46/61446 Indice Introduzione Capitolo I • Percorso formativo, riflessioni e motivazione professionale. Capitolo II • L'approccio per competenze • Perché le competenze? • Valutare le competenze • Didattica attiva: la scuola si rinnova • La didattica laboratoriale • J. Dewey: learning by doing • Apprendimento cooperativo nella didattica inclusiva • La scuola degli Elfi: una scuola a cielo aperto Capitolo III • Unita di apprendimento • Riflessioni pedagogico-didattiche partendo dal tema dell'unità di apprendimento, e motivazioni della scelta. • Breve considerazione conclusiva meccanismi che permettono di attirare la sua attenzione. Che siano essi punti di interesse o determinati comportamenti, possono essere analizzati per favorire uno scambio di informazioni. Probabilmente gli insegnanti che più mi hanno fatto appassionare alla loro materia, agevolando non di poco il mio percorso didattico sui relativi argomenti, sono stati quelli che più hanno saputo interagire con me, e trovare le leve giuste di volta in volta, rendendo l'apprendimento un piacere, già dalle prime classi. Purtroppo, ho avuto anche delle esperienze scolastiche che col tempo si sono rivelate negative, in quanto alcuni docenti, durante la scuola secondaria di primo e secondo grado, hanno lasciato in me un profondo senso di inadeguatezza che si è protratto negli anni, in particolar modo verso le loro discipline, quali la matematica o la fisica. In effetti posso notare che in questo caso, gli insegnanti in questione si rivelavano, oltre che i più caratterialmente chiusi, un po' più testardi riguardo al loro metodo di insegnamento, che si adattava sicuramente meno alle classi, dal punto di vista umano e contestuale, e più al programma in questione, portato avanti con precisione matematica scadenza dopo scadenza. Non si parla solo di tempi di apprendimento, ma anche di modo di spiegare e verificare i contenuti forniti. Fortunatamente, questi aspetti negativi che hanno causato poi delle lacune, si sono colmati in parte nel percorso universitario, dove ho ritrovato la sicurezza e il piacere di studiare e apprendere nel campo scientifico. Un limite che, entrando poi in contatto con docenti competenti ed entusiasti, si è trasformato quindi in opportunità e voglia di apprendere ciò che avevo magari trascurato nei percorsi precedenti. Per la mia formazione, si è rivelata fondamentale l'esperienza e la guida dei tutors, i quali, nella fase del tirocinio indiretto, mi hanno fornito una solida impalcatura teorica poiché, negli anni, abbiamo affrontato numerose tematiche inerenti lo sviluppo delle pratiche didattiche e dei metodi di insegnamento e apprendimento innovativi che si sono fatti strada dal secolo scorso al giorno d'oggi. Questo mi ha fornito una base per poter sperimentare ciò che attraverso il mio percorso formativo, dalle prime classi a oggi, ho potuto intuire essere punti fondamentali, per facilitare e invogliare i propri alunni ad apprendere concetti ed elaborarli secondo la loro idea. Le attività di tirocinio all'università hanno contribuito a sviluppare e consolidare in me la consapevolezza della complessità che il ruolo docente implica e, grazie all'inserimento nelle scuole, ho potuto partecipare all'attività educativa e didattica e acquisire maggiore pratica e familiarità nel contesto scolastico. Il tirocinio ha promosso in me una riflessione sui metodi di insegnamento e apprendimento e la consapevolezza che cambiamento e innovazione in campo educativo contribuiscono efficacemente alla formazione qualificata dell’insegnante. In questo senso l'esperienza di tirocinio, oltre che un percorso di maturazione di competenze specifiche legate alla professione docente, è anche un'occasione privilegiata di formazione e crescita personale, perché mi ha permesso di apprendere, sperimentare e confrontare nel contesto scuola- comunità, in maniera condivisa tra studenti, tutor, collaboratori e docenti. Fare l'insegnante oggi, in Italia, è difficile. Ci sono molti modi di insegnare, ciascun docente possiede e utilizza il suo metodo e l'esperienza si costruisce giorno dopo giorno, in quanto le dinamiche che si presentano variano a seconda della classe; bisogna dunque sapersi adattare alle esigenze a seconda dei casi. Definirei il mestiere che ho scelto di svolgere come una missione e una sfida, di tipo personale ma anche condivisa, in quanto nessun docente educa da solo. È quindi fondamentale, oltre al possesso di solide competenze disciplinari, psicopedagogiche e metodologico-didattiche, la presenza di motivazione e passione. Passione per la relazione educativa, per il sapere e per la conoscenza. Insegnare è secondo me un privilegio. Lo è stare con i bambini e imparare da loro, poter guardare il mondo con i loro occhi e uscire da scuola sicuramente stanchi, ma sentendosi un po' più giovani. Inoltre, l'insegnamento e la conoscenza vanno di pari passo, e quest'ultima penso sia l'unica vera arma che si possa pensare di dare in mano alle generazioni future. Nell’approccio per competenze l’alunno contribuisce concretamente alla progressione del lavoro collettivo, vi è quindi forte collaborazione tra gli allievi e, per un lavoro o per un progetto complesso, viene mobilitato il gruppo. In un procedimento per progetti l’investimento è a lungo termine, si chiede agli alunni di non perdere di vista l’obiettivo e di rinviare la soddisfazione fino all’esito finale. Inoltre, un approccio per competenze si basa su problemi veri, di vita reale, e riguarda spesso persone che non appartengono alla classe, come destinatari di eventuali progetti. L’alunno assume quindi nuove responsabilità nei confronti di terzi, ma anche riguardo ai suoi compagni, cresce in lui l'abitudine a lavorare insieme, impara a porre domande e dare risposte, a prendere decisioni, discutere e confrontare diverse opinioni, e soprattutto a dare un aiuto ai compagni in modo reciproco. Se non si può contare su di lui, se non fa la sua parte del lavoro, questo condiziona negativamente il gruppo nel suo insieme; mentre un alunno che non fa i compiti a casa danneggia solo sé stesso1. Il lavoro per competenze comporta che gli insegnanti assumano una nuova e più consapevole responsabilità educativa, quella di crescere dei cittadini autonomi e responsabili, coordinando e facilitando l'apprendimento di ciascuno e di tutti. Attraverso la didattica per competenze inoltre ciascun studente ha modo e spazio per apprendere nel modo a lui più adatto e soddisfacente, in quanto questo approccio consente di mettere in gioco le potenziali caratteristiche e doti di ciascuno, valorizzando le eccellenze e non ostacolando gli studenti più deboli o con significativi disturbi di apprendimento. 1 Cfr. P. Perrenoud, (2010). Costruire competenze a partire dalla scuola. Roma. 2.1.1 Perché le competenze? In primo luogo, per ragioni normative. Il 18 dicembre 2006 la Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea ha infatti pubblicato la "Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa a competenze chiave per l'apprendimento permanente". Il documento definisce 8 macro competenze (spesso chiamate per brevità Competenze Europee), ed invita gli Stati membri a svilupparne l’offerta nell’ambito delle loro strategie di apprendimento permanente (che include esplicitamente l’istruzione e la formazione iniziale, ovvero scolastica). Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione, e sono le seguenti: 1. comunicazione nella madrelingua; 2. comunicazione nelle lingue straniere; 3. competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; 4. competenza digitale; 5. imparare a imparare; 6. competenze sociali e civiche; 7. spirito di iniziativa e imprenditorialità; 8. consapevolezza ed espressione culturale. Un importante passaggio del documento stabilisce infine che esse sono considerate ugualmente importanti: non va quindi stabilita tra di esse una gerarchia.2 In secondo luogo, la necessità di un approccio per competenze è nata per ragioni sociali e pedagogiche. Infatti, in un mondo in cui tutti hanno facilmente accesso all’informazione, diventa fondamentale insegnare non solo per trasferire saperi, ma per formare uno studente competente, in grado di diventare un cittadino riflessivo e responsabile, consapevole del proprio 2Cfr. https://didatticapercompetenze.wordpress.com, consultato il 3 luglio 2018. sapere, della propria professionalità e delle proprie scelte di vita, capace di confrontarsi e di interagire con gli altri. La società è cambiata profondamente e la sua complessità richiede competenze; richiede cioè “la capacità di far fronte ad un compito o a un insieme di compiti, riuscendo a mettere in moto e a orchestrare le proprie risorse interne, cognitive, affettive e volitive e a utilizzare le risorse esterne disponibili in modo coerente e fecondo”3. La scuola può attuare il passaggio a una didattica per competenze attraverso delle progettazioni didattiche che ne favoriscano lo sviluppo, parliamo quindi di predisporre apprendimenti significativi e compiti autentici4, di personalizzazione dei percorsi e di approcci e prospettive multiple. Ciò è possibile attraverso un cambio della didattica, che non si concentrerà più solamente su strategie basate sull'insegnamento (e quindi sapere e saper operare), ma anche su didattiche centrate sull'apprendimento (saper agire), che promuovano situazioni in cui gli studenti siano messi nelle condizioni di costruire il proprio sapere in modo attivo, attraverso contesti di apprendimento fondati sull’esperienza5. 2.1.2 Valutare le competenze Dopo la progettazione e l’agire didattico, ci soffermiamo su un'altra dimensione dell’insegnamento: la valutazione. Essa non si esaurisce in un momento circoscritto e isolato, ma si colloca all’interno dell’intero processo attraverso un’osservazione sistematica degli alunni, posti di fronte a diverse situazioni problematiche, reali o simulate. 3Cfr. M. Pellerey, (2004) Le competenze individuali e il portfolio, pag. 17 4Il compito autentico è centrato sull’agire dell’alunno impegnato a realizzare un prodotto materiale, immateriale, a risolvere un problema, a costruire ipotesi. Faccio, quindi conosco. 5Cfr. B. Urdanch, (2017) Strategie e pratiche didattiche che concorrano a un percorso per competenze, inclusivo e cooperativo, significativo per il successo formativo. Pearson Academy. https://it.pearson.com stesso, i propri limiti e le proprie capacità. Al termine del processo, infatti, l’alunno avrà costruito dentro di sé una sorta di biografia cognitiva che si esplicita meglio se è lo stesso alunno a raccontarla9. Essa consiste nella narrazione della propria storia di apprendimento e formazione (contesti educativi, processi, eventi e relazioni, scelte, successi e/o insuccessi), e permette di costruire un percorso e dare significato ad ogni evento formativo, favorendo l'apertura empatica all'altro da sé. 2.2 Didattica attiva: la scuola si rinnova Per un insegnante o aspirante tale, innovare e cercare nuove strade per la didattica e le proprie pratiche d’insegnamento può apparire come un compito difficoltoso, ma allo stesso tempo fondamentale e affascinante. Nel sistema scolastico abbiamo infatti molti docenti eruditi nei diversi ambiti disciplinari, ma con un certo livello di difficoltà quando si tratta di approcci innovativi, lontani dai tradizionali metodi trasmissivi e nozionistici. È importante quindi creare delle condizioni facilitanti e orientate a formare nei docenti le conoscenze necessarie per proporre in classe nuove attività d'insegnamento approfondite. Un esempio di innovazione in ambito scolastico, che in più occasioni ho avuto modo di osservare è, appunto, la Didattica Attiva, molto diffusa negli Stati Uniti, nel nord Europa, in Israele, e da alcuni anni sperimentata anche in Italia10. Si tratta di una metodologia di insegnamento/apprendimento che ha lo scopo di discostarsi dalla lezione classica e trasmissiva, a favore di attività didattiche che responsabilizzano gli studenti nel compito di 9Ivi pag.6 10Cfr. A. Bonavoglia. Il Sole 24 ORE, La didattica attiva e l’apprendimento cooperativo: insieme si impara meglio!, 14 Settembre 2017 apprendere. Possiamo anche delineare alcune caratteristiche generali che è utile tener presente quando si vogliano innovare le metodologie didattiche in una prospettiva attiva: • Focalizzarsi sul discente, lungo l’intero processo di apprendimento. • Orientarsi verso una pluralità di quadri di riferimento con particolare attenzione a quelli di tipo costruttivista o socio/costruttivista. • Prestare attenzione alla qualità delle relazioni, privilegiando relazioni intrinsecamente collaborative: tra docente e discenti, tra discenti, tra docenti, e tra questi e altri esperti. • Propendere verso la risoluzione di problemi in contesto. • Utilizzare, anche se non in modo esclusivo, strumenti tecnologici. • Stimolare l’autonomia e l’autoregolazione dell’apprendimento. Per quanto riguarda la focalizzazione sul discente, sarebbe poi opportuno porre l'attenzione su metodologie e attività didattiche che abbiano caratteristiche atte a migliorare l’atteggiamento complessivo dello studente rispetto all’apprendimento e allo studio. Ciò significa promuovere approcci che possano incidere positivamente sull’autostima dello studente e sulla sua percezione della propria efficacia, influenzando anche gli aspetti di gratificazione personale. Da questo punto di vista, quindi, è appropriato predisporre attività che abbiano determinate prerogative, come le seguenti: • favorire un atteggiamento di curiosità negli studenti; • sviluppare consapevolezza critica, cioè la capacità di porsi domande di fronte alla realtà; • stimolare l’attitudine a porsi e a perseguire obiettivi ed essere capaci di perseguirli (autoefficacia); • rendere esplicite finalità e motivazioni, in modo che possano essere affrontate con maggior consapevolezza; • Promuovere un uso critico e consapevole degli strumenti usati (in particolare, quelli digitali); • favorire la mobilitazione di competenze e conoscenze diverse, quindi l'interdisciplinarietà e la trasversalità; • non avere come obiettivo unicamente il voto, o comunque la valutazione quantitativa. Le metodologie attive utilizzano sia il concetto d'interdipendenza positiva, sia quello di responsabilità individuale. Abbiamo interdipendenza positiva quando per raggiungere uno scopo o svolgere un compito non possiamo agire da soli, anzi, gli altri sono necessari e indispensabili e questo è il fattore più rilevante di una didattica cooperativa. Quest'ultima si manifesta quando gli allievi di un piccolo gruppo comprendono che il raggiungimento di uno scopo richiede la cooperazione tra loro ed esige impegno da parte di tutti. Parliamo invece di responsabilità individuale quando gli studenti sono responsabili del proprio apprendimento e dell’apprendimento degli altri membri del gruppo (per esempio, quando ciascun membro di un gruppo ha compiti e ruoli chiari da svolgere). C’è, a parer mio, un forte bisogno di persone in grado di lavorare in situazioni di interdipendenza positiva, perché solo un approccio sinergico di cooperazione favorisce soluzioni efficaci per quei problemi complessi che, oggi, tutti noi dobbiamo affrontare, sia in ambito professionale che affettivo relazionale. 2.2.2 J. Dewey: Learning by doing Dopo aver portato avanti un discorso sulla didattica attiva, e quella laboratoriale che ne rappresenta un esempio, trovo utile fare un piccolo approfondimento inerente uno degli autori che ne ha fornito le basi, sia teoriche che pratiche. John Dewey è infatti considerato l’iniziatore dell’attivismo pedagogico, corrente che parte dalla concezione del bambino come soggetto attivo e protagonista nei processi di apprendimento. L'organizzazione della scuola da Dewey è concepita come se fosse una comunità democratica che stimola spirito di partecipazione e corresponsabilità. La scuola, di conseguenza, deve essere vita essa stessa e non preparazione ad una vita futura. Per il filosofo, quindi, era fondamentale estrarre in ogni momento il pieno significato di ogni esperienza del presente e solo così ci si prepara a fare altrettanto nel futuro11. Ciò significa innanzitutto che l'azione educativa deve essere gratificante e significativa per l'alunno, in modo da ottenere un suo forte coinvolgimento. Quella di Dewey si potrebbe dire sia la proposta di un nuovo tipo di cultura che non rifiuta il valore del passato, ma tiene conto del peso sempre crescente assunto dalla scienza e dalla tecnica nelle società moderne. Nel processo di apprendimento, non sono centrali le nozioni, ma bensì le attitudini e le capacità ad esse legate. Se l'alunno è riuscito a scuola a far suo il desiderio e la capacità di apprendere, conserverà queste abilità per tutta la 11Cfr. J. Dewey, Esperienza e educazione, Firenze, La Nuova Italia, 1939, pp. 17-35 vita e continuerà ad apprendere in tutte le situazioni. Si potrebbe dire oggi: imparare ad imparare, e di conseguenza, imparare lungo l’intero arco della vita (lifelong learning). Scrive Dewey: "Forse il maggiore degli errori pedagogici è il credere che un individuo impari soltanto quel dato particolare che studia in quel momento. L'apprendimento collaterale, la formazione di attitudini durature o di ripulsioni, può essere e spesso è molto più importante. [...] L'attitudine che più importa sia acquisita è il desiderio di apprendere. Che beneficio c'è ad accumulare... notizie di geografia e di storia, ad apprendere a leggere ed a scrivere, se con questo l'individuo perde il desiderio di applicare ciò che ha appreso e, soprattutto, se ha perduto la capacità di estrarre il significato delle esperienze future in cui via, via si imbatterà? … Il solo possibile adattamento che possiamo dare al fanciullo nelle condizioni esistenti è quello che deriva dal porlo in possesso completo di tutte le sue facoltà. Con l'avvento della democrazia e delle moderne condizioni industriali è impossibile predire con precisione come sarà la civiltà di qui a vent'anni. È perciò impossibile preparare il fanciullo ad un ordine preciso di condizioni. Prepararlo alla vita futura significa dargli la padronanza di se stesso ...12" La pedagogia di Dewey è chiaramente centrata sul principio pedagogico fondamentale secondo cui si apprende facendo: appunto, learning by doing. Secondo la concezione pragmatistica della conoscenza, infatti, conoscere significa modificare l'oggetto, la realtà, e interagire con il mondo; apprendere non significa ricevere passivamente delle nozioni, ma elaborare attivamente delle idee. Dewey accusa quindi la scuola tradizionale di trasformare gli alunni in uditori passivi, dei contenitori da imbottire. Deriva da qui la valorizzazione del lavoro manuale, non inteso come avviamento alle professioni, ma come educazione alla disciplina, alla socialità ed alla progettualità richieste dalle attività di laboratorio. Ad esempio, un bambino 12Cfr. J. Dewey, Esperienza e educazione, Firenze, La Nuova Italia, 1939 che impara a cucinare magari non lo fa per diventare un cuoco di professione, ma perché attraverso il lavoro di cucina può apprendere attivamente nozioni di zoologia, botanica, chimica, storia, e così via. Dewey organizzò così la scuola elementare sperimentale di Chicago in forma di laboratorio permanente, con officine di falegnameria e di lavorazione dei metalli, cucine, laboratori artigiani per la tessitura a mano o la ceramica, laboratori di fisica e di chimica. Prima aula-laboratorio nella scuola elementare di Chicago Laboratorio artigianale per la tessitura a mano, nella scuola di Chicago e si preoccupa di monitorare e intervenire, di verificare e valutare. Il ruolo del docente in questo contesto è quello del moderatore e facilitatore, e il suo lavoro si articola in alcune fasi fondamentali: • favorire l’interazione costruttiva diretta: ossia, durante le attività, gli insegnanti devono accertarsi che gli alunni si stiano sostenendo a vicenda, aiutandosi l’un l’altro nei momenti di difficoltà e senza prevaricazioni; • monitorare il comportamento degli studenti: è utile che il docente osservi attentamente il modo di lavorare degli alunni, aiutandoli se è necessario e registrando i dati significativi emersi durante la sua osservazione; • intervenire per migliorare il lavoro del gruppo e in merito al compito: i docenti però devono intervenire solo se è indispensabile il loro supporto senza condizionare le scelte e le decisioni dei gruppi; • chiudere la lezione: gli insegnanti devono stimolare gli alunni a concludere il lavoro, mettendo in rilievo i punti principali dell’attività e sollecitando una riflessione metacognitiva su ciò che è stato appreso. La fase conclusiva del lavoro è forse la più importante della progettazione perché rappresenta quel nesso tra le azioni compiute da tutti i componenti del gruppo e ciò che è stato invece appreso dall’esperienza concreta vissuta. Si può dunque riconoscere che l’approccio cooperativo è senza dubbio una delle strategie didattiche compensative che meglio riesce a promuovere un clima positivo ed inclusivo per tutti gli studenti nel contesto classe, nel quale ognuno è risorsa per l'altro. Nella mia personale esperienza di tirocinio ho avuto numerose occasioni di osservare e partecipare ad attività di carattere laboratoriale (ad esempio, il laboratorio di lingua sarda, di musica o di altre tematiche connesse al programma), e in particolar modo ho potuto notare l'inclusività del contesto, in quanto la presenza di alunni con disabilità e il loro apporto creativo e personale costituiva il più delle volte, appunto, una risorsa. 2.2.4 La scuola degli Elfi: una scuola a cielo aperto Quest'anno ho avuto l'opportunità di svolgere il tirocinio diretto presso l'istituto comprensivo Satta di Cagliari, in cui è in corso una collaborazione con l'associazione Punti di vista all'interno del progetto "La scuola degli Elfi". Quest'ultimo è un progetto sperimentale di educazione all'aria aperta che ha coinvolto le 6 sezioni della scuola dell'infanzia e le prime classi della primaria. La scuola degli elfi nasce per promuovere una didattica attiva, innovativa e dinamica in un nuovo modello educativo in cui l'ambiente di apprendimento non si limiti esclusivamente all'aula. La conoscenza, infatti, non è basata solamente sul lavoro intellettivo, ma anche sull'esperienza diretta e sull'istinto, che solo il contatto con l'aria e gli spazi aperti possono garantire. Nel 2017, quindi, la proposta di una scuola non più orientata ad un’educazione esclusiva all’interno delle aule scolastiche trova il parere favorevole del Dirigente scolastico e del corpo docente. La scuola dell’infanzia Satta si appresta a diventare pioniera di un nuovo modello educativo dove apprendimento classico ed educazione all’aria aperta vanno di pari passo. Trascorrere ore all'aria aperta senza il limite di quei tempi imposti dal nostro sistema scolastico, senza l’ansia di dover necessariamente produrre materiale cartaceo che dimostri quanto lavoro sia stato svolto è, dal punto di vista educativo e didattico, qualcosa di eccezionalmente stimolante, formativo e funzionale alla costruzione dell'autonomia personale, al superamento delle paure e alla conoscenza e rispetto dell'ambiente. Per educare i bambini all'esterno delle aule scolastiche non è sufficiente amare la natura, il progetto infatti ha previsto una fase iniziale di formazione del corpo docente nella quale sono state predisposte una serie di uscite all'aria aperta alla scoperta dei parchi cittadini e del mare che circonda la città. Cagliari e il suo circondario offrono davvero tanti spazi in cui poter educare i bambini, stimolarli, incuriosirli e renderli rispettosi dell’ambiente che li circonda. Parchi di naturalistici, aree archeologiche di valore inestimabile e tutto ciò che possa stimolare l’apprendimento, la curiosità e il rispetto per l’ambiente. All'interno del progetto, dunque, la scuola ha definito un programma di cui vengono resi partecipi anche i genitori all'inizio dell'anno scolastico, che include una serie di uscite elfiche all'aperto e i genitori, quel giorno, dovranno accompagnare i bambini al mare, o al parco archeologico anziché a scuola. Per un bambino nato e cresciuto in città, poter affondare le mani nella terra, curare e vedere germogliare piante e verdure è estremamente raro ed entusiasmante. I bambini della scuola elfica Satta hanno questa immensa fortuna, nonostante l'edificio si trovi in pieno centro città. Infatti, oltre alle varie uscite programmate durante l'anno scolastico, l'Orto Botanico di Cagliari ha messo a loro disposizione una porzione di terra all'interno dell'orto botanico stesso, dove i bambini si occupano di coltivare e curare le verdure più comuni, della raccolta e della loro rielaborazione in golose pietanze a base di verdure. Mostrando ai bambini il ciclo della vita delle piante e coinvolgendoli attivamente nella loro cura cresce in loro la coscienza della provenienza di ciò che mangiamo tutti i giorni e imparano dal vivo anche un diverso approccio, più sostenibile e rispettoso, nei confronti dell’ambiente. Il tutto in perfetta sintonia con la scuola.16 16 G. Bacchetta "All'Orto Botanico nasce l’Orto Elfico” Vistanet.it 11 aprile 2018. Capitolo III 3.1 Esperienza pratica nella scuola dell'infanzia Unità di apprendimento Denominazione: Le forme geometriche in natura e i frattali Ordine di scuola: Infanzia Destinatari: sezione eterogenea 3-5 anni Risorse umane coinvolte: docenti della classe Campo di esperienza/disciplina: La conoscenza del mondo Possibili raccordi interdisciplinari: • i discorsi e le parole • il corpo e il movimento • il sé e l'altro • immagini, suoni, colori Nucleo fondante: Spazio e figure Competenze chiave: • Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia • Imparare ad imparare • Competenze digitali Abilità: • Progettare e costruire con materiali diversi • Utilizzare i cinque sensi per acquisire una prima conoscenza dell'ambiente naturale, attraverso la manipolazione di materiali diversi • Formulare semplici domande, esprimere emozioni, raccontare, utilizzando le varie possibilità che il linguaggio del corpo consente • Osservare ed esplorare attraverso l'uso di tutti i sensi,e porre domande sulle cose e la natura Traguardi per lo sviluppo delle competenze: • Il bambino osserva il suo corpo, gli organismi viventi e i loro ambienti, i fenomeni naturali, accorgendosi dei loro cambiamenti. • Osserva le trasformazioni dell'ambiente accorgendosi dei suoi cambiamenti e ne coglie le diverse relazioni. • Rileva le caratteristiche principali di eventi, oggetti, situazioni, ricerca soluzioni a situazioni problematiche di vita quotidiana. • Riconosce le principali figure geometriche e ne coglie peculiarità, analogie e differenze. • Utilizza le forme in modo appropriato e creativo. Obiettivi di apprendimento: Anni 3-4 • Scoprire le proprietà degli elementi • Favorire l'approccio logico e avviare all'idea di casualità e di tempo • Operare confronti di forma, lunghezza, grandezza e uso • Raggruppare e ordinare oggetti e materiali secondo criteri diversi • Riconoscere e denominare forme geometriche elementari • Riconoscere insiemi, confrontarli e valutarne le quantità (tanti, pochi, uno, niente) Anni 5 • Osservare ed analizzare fenomeni • Riconoscere nel mondo circostante le forme geometriche Contenuti: Le forme geometriche di base; I frattali Fase di applicazione: secondo periodo dell'anno scolastico Tempi: 2 ore Metodologie: • Circle time • Brainstorming • Semplici percorsi metacognitivi • Ascolto attivo fino alla maturità queste due materie erano per me alla stregua di un incubo, mentre oggi - dopo aver frequentato i corsi di matematica e fisica all'università, e aver conosciuto metodi di insegnamento originali, sia nella teoria che nella pratica dei docenti e dei tutors – rappresentano per me uno strumento dalle grandi potenzialità per la conoscenza profonda del mondo che ci circonda, fin dai primi anni dell'infanzia. L'obiettivo generale dell'attività è quello di dare inizio a un percorso che porti i bambini a scoprire gradualmente che la geometria e la matematica sono presenti in natura, e la loro relazione con tutto ciò che non è creato artificialmente dall'uomo. È proprio questo particolare aspetto che suggerisce la presenza di uno schema di base presente in tutte le cose, sia a livello matematico/geometrico che filosofico. Essendo questo schema in continuo studio ed evoluzione, ed essendo un argomento che può facilmente portare alle domande di base sull'esistenza dell'uomo e della materia, entra in gioco il fattore di "curiosità ancestrale". Un desiderio generale di avere risposte a domande primarie, la cui risposta non è ancora certa, come ad esempio il "perché e come esista uno schema geometrico e una matrice matematica secondo cui la natura crea tutte le sue forme". Questo stimolo parallelo all'argomento curricolare delle forme geometriche, è stata la leva giusta per avvicinarmi, quasi inconsapevolmente a un mondo che, per vari motivi durante il mio percorso di studi è stato presentato come complesso e difficile da comprendere, sia per il modo in cui veniva posto, ovvero tramite i rigidi settori dei classici moduli di matematica e geometria, sia per l'appunto, per i presupposti da cui si partiva o da cui "non si partiva". Non si tratta solo di indorare la pillola. Riguardo la mia personale esperienza, si è trattato proprio di trasformare una pillola in una caramella. Di rendere ciò che prima si presentava "un lavoro da fare" come qualcosa che avrei continuato ad approfondire anche nel tempo libero, per semplice passione. Come già citato nel primo capitolo, gli insegnanti che più mi hanno motivata e appassionata all'apprendimento, sono quelli che hanno prestato attenzione a cosa avrebbe potuto rendere interessante l'argomento di turno agli occhi e alle menti di noi alunni. Nel caso della matematica e della geometria, questo non è successo, ma per mia fortuna, ho trovato in altre situazioni il veicolo giusto, per un approccio non convenzionale a queste materie. Nel documentarmi sull'argomento inerente l'attività, i Frattali e la geometria in natura, e la loro relazione con la sezione aurea e i numeri della Sequenza di Fibonacci, ho avuto bisogno di colmare lacune lasciate nelle precedenti scuole. Ma l'ho fatto quasi inconsapevolmente. Come quando si legge un articolo di giornale su un argomento che ci interessa particolarmente, piuttosto che come quando si sta sui libri a studiare tutto il piano di studi strutturato per un esame, con concetti che richiamano il nostro interesse alternati a parti difficili da apprendere, seppur necessarie. In questo particolare frangente, è facile far notare ai bambini dell'infanzia, attraverso semplici foto, analisi diretta con lenti di ingrandimento, giochi di manipolazione ed esplorazione nel giardino della scuola, come oggetti e forme che vedono tutti i giorni, apparentemente appartenenti a un mondo caotico e senza schemi, abbiano invece una solida struttura matematica e un ordine. Dal broccolo romanesco al fiocco di neve. Dalla tela del ragno alla struttura degli alveoli polmonari. Ogni oggetto organico, a partire dal suo presentarsi nella sua interezza a scala naturale, per finire con la sua struttura molecolare, la forma e la disposizione delle cellule che compongono i tessuti delle sue forme, ha uno schema geometrico per nascere, crescere e deteriorarsi, salvato all'interno del proprio Dna. Si parla di una struttura che si ripete su diverse scale, in modo che, guardando una parte del frattale, se ne vede anche l’insieme. Ovvero non cambia aspetto anche se visto con una lente di ingrandimento. Questa caratteristica è spesso chiamata «auto similarità». Il termine frattale venne coniato nel 1975 da Benoît Mandelbrot, e deriva dal latino «fractus» (rotto, spezzato), così come il termine frazione; infatti, le immagini frattali sono considerate dalla matematica oggetti di dimensione frazionaria. Si dividono in varie tipologie, contraddistinte per il modo in cui la loro struttura si crea, come per esempio ripetizione della forma in rotazione, ripetizione per simmetrie come i fiocchi di neve, o riduzione in scala, come negli alveoli polmonari o nella struttura del broccolo romanesco. Attraverso questi esempi, è facile far notare la presenza di uno schema di base in natura a livello matematico, visto che nello stesso modo in cui si sviluppano le protuberanze di un ortaggio, si sviluppa la struttura delle cellule dei nostri polmoni, e di quelli di tutti i mammiferi in natura. Essendo veri e propri "oggetti matematici" reperibili ovunque al di fuori della classe, consentono un approccio interdisciplinare molto fluido, vista la quantità di esempi reperibili con una semplice gita in campagna, e di immagini e video reperibili sul web, oltre una vastissima bibliografia a riguardo. Attraverso la LIM o semplice matita, righello e colori, è possibile predisporre attività di laboratorio che prevedono la ripetizione delle forme in questione, creando oggetti esteticamente molto stimolanti, che coinvolgono soprattutto l'intelligenza emotiva. Questo tipo di approccio, oltre a stimolare la curiosità dal punto di vista dell'"infinito", come precedentemente citato, fa facilmente intuire ai bambini dell'infanzia, che i numeri sono uno strumento per inventare e creare, esattamente come le forme geometriche che compongono le costruzioni che utilizzano giocando. Inoltre, nella scuola dell’infanzia, quest'argomento è un ottimo veicolo per poter avere un approccio più laterale, ad argomenti di base quali la Bibliografia e sitografia BONAVOGLIA A., La didattica attiva e l'apprendimento cooperativo: insieme si impara meglio! Il Sole 24ORE 14 Settembre 2017 DEWEY J., Esperienza e educazione, Firenze, La Nuova Italia, 1939 IANES D., CRAMEROTTI S., Alunni con BES - Bisogni Educativi Speciali – Indicazioni operative per promuovere l'inclusione scolastica sulla base della D.M 27/12/2012 e della CM n°8, Erickson, Trento, 2013 IANES D., CRAMEROTTI S., CAPALDO N., RONDANINI L., Insegnare domani nella scuola primaria, Erickson, Trento, 2016 MIUR Linee guida per la certificazione delle competenze nel primo ciclo di istruzione, D.M 742/2017 PELLEREY M., Le competenze individuali e il portfolio, Etas, 2004 PERRENOUD Ph., Costruire competenze a partire dalla scuola, Roma, Anicia 2010 URDANCH B., Strategie e pratiche didattiche che concorrano a un percorso per competenze, inclusivo e cooperativo, significativo per il successo formativo, Pearson Academy https://it.pearson.com https://it.pearson.com https://didatticapercompetenze.wordpress.com/