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relazione finale TFA sostegno, Sintesi del corso di TFA Sostegno

Questo operato è stato redatto in conclusione del percorso formativo del TFA sostegno.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021
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Caricato il 21/07/2021

marialma-cellamare
marialma-cellamare 🇮🇹

4.5

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Scarica relazione finale TFA sostegno e più Sintesi del corso in PDF di TFA Sostegno solo su Docsity! UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI “ALDO MORO” te L /A DIPARTIMENTO DI ostegno SCIENZE DELLA FORMAZIONE, PSICOLOGIA, COMUNICAZIONE CORSO DI FORMAZIONE PER IL CONSEGUIMENTO DELLA SPECIALIZZAZIONE PER LE ATTIVITÀ DI SOSTEGNO DIDATTICO AGLI ALUNNI CON DISABILITÀ V CICLO INDIRIZZO: SCUOLA PRIMARIA RELAZIONE FINALE Vivere la disabilità: la bellezza della differenza Direttore del corso Prof.ssa Rosa GALLELLI Tutor del tirocinio Dott.ssa Maria Antonietta LAVIOLA Tutor delle TIC Prof. Michele BALDASSARRE Corsista Jessica LAERA Matr. n. 745389 ANNO ACCADEMICO 2019/2020 INDICE PARTEI >» ELABORATO DI APPROFONDIMENTO TEORICO La sindrome di DOWn................errrer ter rerrerienienieniezio e zizi een ionionionionionionionionionioe pag. 3 1. Metodologie e strategie didattiche..................... 2. Dialogo, collaborazione e sinergia: le tre parole chiave del percorso educativo riabilitativo. ........... pag.9 PARTE II >» L’ESPERIENZA PROFESSIONALE DI TIROCINIO: RESOCONTO TESTIMONIALE CAP. 1 Io oggi CAP. 2 Io/Iui: Il contesto scuola CAP. 3 Io/lui: Il contesto classi CAP. 4 Io/lui: L'alunno CAP. 5 Io/lui: La progettazione dei PEI.. CAP. 6 Io/loro: La valutazione CAP.7 Io/loro: Le relazioni per organizzare le misure di sostegno... CAP 8: Io domani PARTE HI > TECNOLOGIE DELLA COMUNICAZIONE E DELL’INFORMAZIONE 1. L'utilizzo delle TIC e la didattica speciale: evoluzioni nel tempo... 2. Osservazione di B. nel suo contesto 3. Impariamo divertendoci: una nuova strategia inclusiva per gruppo il classe............... pag. 52 4. Alcune riflessioni conclusive circa l’intervento didattico realizzato......................... pag. 59 >» RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI E SITOGRAFICI.. Per valutare il rischio che il futuro bambino possa essere affetto da sindrome di Down i futuri genitori possono rivolgersi al genetista per un counseling e l'eventuale prescrizione di: v esame del cariotipo di entrambi i genitori, per escludere che uno dei due genitori sia portatore di traslocazione bilanciata (l’assenza di traslocazione non esclude però il rischio della trisomia libera); Y test per la diagnosi prenatale, gratuiti per le donne >35 anni di età al parto. La sindrome di Down può essere diagnosticata prima della nascita grazie ad un insieme di indagini di laboratorio e strumentali, di cui le più comuni sono: BITEST: si esegue su un prelievo effettuato fra 1°11° e la 13° settimana di gestazione e prevede il dosaggio nel sangue di due proteine: Free-B-hCG (frazione libera della gonadotropina corionica) e PAPP-A (proteina A plasmatica associata alla gravidanza). Tali valori vengono confrontati con dei valori di riferimento, insieme ad altri parametri, come l’età materna, e rivelano il 65% dei feti affetti da sindrome di Down, con un 5% di falsi positivi. TRASLUCENZA NUCALE (TN): consiste in un esame ecografico che si esegue fra 111° e la 13° settimana di gravidanza (da 11+4 a 13+5, ovvero su un feto fra i 46 e gli 84 mm di lunghezza), durante il quale si effettua la misurazione dello spessore di uno spazio liquido che si trova in corrispondenza della nuca fetale. La TN di per sé consente di individuare circa il 75% dei casi di sindrome di Down con un 5% di falsi positivi. ULTRASCREEN: L’ultrascreen combina, tramite un apposito software, i dati derivanti dal bitest e dalla TN, fornendo un valore di rischio più accurato in grado di identificare il 90% dei feti affetti (con 5% di falsi positivi). TRITEST (o triplo test): Il tritest consiste in un prelievo di sangue effettuato fra la 15° e la 17° settimana di gestazione. In questo caso si effettua il dosaggio di tre proteine nel sangue materno: l’alfafetoproteina, la gonadotropina corionica e l’estriolo non coniugato. Le concentrazioni rilevate vengono analizzate al computer con un apposito programma che valuta età materna, peso della madre, l’esatta settimana di gestazione (che dovrebbe essere ricavata ecograficamente in prossimità dell’esame), eventuali patologie materne. Queste indagini sono esami di tipo probabilistico, che forniscono un valore di rischio in forma di frazione (ad esempio 1/1000). Non vengono valutati in modo quantitativo, ma sulla base di un “valore soglia” al di sopra del quale il test è considerato positivo e si consigliano analisi più approfondite e il ricorso alle tecniche che permettono di esaminare direttamente il patrimonio genetico del feto. VILLOCENTESI: consiste nel prelievo dei villi coriali, una porzione della placenta di origine fetale (le cui cellule, dunque, hanno lo stesso materiale genetico del feto). Il prelievo si effettua dalla 10° alla 13° settimana di gestazione, tramite l’inserimento di un ago nell’addome della donna, sotto controllo ecografico, o per via transcervicale, tramite l’inserimento di un catetere che, dalla cervice uterina, raggiunge la placenta. AMNIOCENTESI: L’amniocentesi consiste nel prelievo di 15-30 ml del liquido in cui è immerso il feto (liquido amniotico) tramite l’introduzione di un ago apposito (lungo circa 10 cm) nell’addome materno, sotto controllo ecografico per verificare l'esatta posizione dell’ago in ogni momento e per evitare di danneggiare il feto. Il liquido amniotico viene inviato al laboratorio per l’analisi. Le cellule vengono fatte crescere su un apposito terreno di coltura, questo richiede un certo tempo (generalmente intorno a 2 settimane). Si evidenzia la presenza di anomalie del cariotipo, quali la sindrome di Down, e la presenza di riarrangiamenti cromosomici visibili al microscopio. CORDONOCENTESI: La cordocentesi è un prelievo di sangue fetale, che viene eseguito a scopo diagnostico e/o terapeutico, dopo la 18° settimana di gestazione. Si esegue introducendo un ago attraverso la parete addominale materna. Il medico sceglierà il punto più idoneo per l'inserimento dell’ago, di solito a livello dell’inserzione placentare del cordone, in un’ansa libera o nella parte intraepatica della vena ombelicale. La cordonocentesi ha il vantaggio di dare una determinazione rapida del cariotipo fetale (la risposta si ottiene in circa 48 ore). Alla nascita la diagnosi di sindrome di Down si basa sulla valutazione di determinate caratteristiche, chiamate fenotipo, e sull’obiettività clinica e neurologica del neonato. I segni clinici che caratterizzano il fenotipo di un neonato con la sindrome di Down sono: Ritardo della crescita ( Viso agpiatito Occhi obliqui Ritardo mentale 7) Epicanto Fronte 0 testa Mese cl appiattita lg Mani corte e ni & larghe orecchi 2 Y ( Palato piccolo ed piccoli Z di Pao) Solco trasversale I 4 Lingua ingrossata unico e nigosa Assenza di una | Anomalie dentali costa . Malattie cardiache Ostruzione congenite intestinale \ Emnia ombelicale Colon allargato Anomalie della pei , Grosse dita / separate da ampi Calo del tono c , ) spazi muscolare e lassità Î NI ligamentosa () La facies caratteristica, con viso tondeggiante a profilo piatto e naso corto con radice piatta, orecchie piccole e tonde con piega dell’elice e lobulo piccolo ed aderente; rime palpebrali ad andamento obliquo dall’alto in basso e dall’esterno all’interno; plica cutanea a livello dell’angolo interno dell’occhio (epicanto); iride con caratteristiche macchie biancastre disposte a formare una corona radiale, dette macchie di Brushfield. La bocca è piccola, il palato è alto e stretto (ogivale), i denti sono piccoli ed irregolari; la lingua è grande (macroglossia) e presenta profonde fissurazioni (lingua scrotale). Il cranio è piccolo e presenta un appiattimento a livello occipitale; le fontanelle sono larghe e si chiudono in ritardo rispetto alla norma. La nuca è corta, larga e piatta e la cute sovrastante è ispessita. Sul palmo della mano può essere presente un solco trasversale unico. I metacarpi e le falangi hanno lunghezza inferiore alla norma, in particolare la falange media del 5° dito, che presenta una unica plica di flessione. L’aspetto generale alla nascita è caratterizzato da una marcata ipotonia muscolare, con lassità legamentosa; l’ipotonia tende però generalmente a normalizzarsi con l’età. E? frequente il riscontro di anomalie viscerali, specie a livello cardiaco e gastrointestinale. Le principali anomalie cardiache associate alla sindrome sono il canale atrioventricolare, la comunicazione interventricolare o interatriale e la persistenza del dotto arterioso; le anomalie gastrointestinali sono rappresentate soprattutto da stenosi o atresia duodenale, ano imperforato e malattia di Hirschsprung. Il ritardo mentale è costantemente presente, ma di grado variabile. Poiché i singoli segni morfologici non sono patognomonici della sindrome di Down, la diagnosi di certezza può essere fatta solo tramite l'esecuzione del cariogramma, che mostra la mappa del corredo cromosomico dell’individuo. Il più importante carattere clinico della sindrome di Down è il Ritardo Mentale, che non si avverte immediatamente alla nascita (i neonati hanno un comportamento normale). Nei primi mesi di vita il ritardo medio di un bambino affetto da sindrome di Down è di circa due mesi rispetto a un bambino normale. Gradualmente tale ritardo aumenta e i caratteri normalmente acquisiti intorno ai 2 anni sono osservabili nei bambini Down non prima dei 4 anni. Il problema principale è la mancanza di abilità nella gestione di strategie e di processi cognitivi avanzati. In qualsiasi area di sviluppo, l’inabilità a comprendere istruzioni, a pianificare approcci alternativi al problema, gestire diverse variabili allo stesso tempo, o esprimersi chiaramente verso gli altri, rappresentano difficoltà talmente serie da impedire una vita normale. Le persone con tale sindrome hanno difficoltà a ricordare sequenze verbali orali, deficit nella struttura linguistica, nella capacità comunicativa e nella conoscenza di parole. Nei bambini Down è presente con particolare frequenza delle dinamiche — problema e, se messi nelle condizioni di conoscere metodologie e strategie d’intervento, svolgono un ruolo determinante per la crescita armonica della persona. A questo scopo la scuola e le istituzioni socio — sanitarie devono rendere edotti tutti i componenti della famiglia sugli strumenti di osservazione e di azione che possono essere utilizzati a livello familiare: anche la predisposizione di materiale valutativo, come schede di rilevazione da compilare, risulta molto utile per una fattiva collaborazione tra le diverse figure educative di riferimento. In molti casi, la stesura del diario giornaliero per favorire meglio il dialogo, la collaborazione e la sinergia nella pianificazione degli interventi mirati, è risultato particolarmente efficace. PARTE II L’ESPERIENZA PROFESSIONALE DI TIROCINIO: RESOCONTO TESTIMONIALE CAPITOLO I Io oggi Per spiegare al meglio quella che è la visione di me stessa oggi, credo sia necessario fare un salto indietro di quindici anni e spendere qualche parola su ciò che ero prima che mi abilitassi all’insegnamento per la scuola primaria, quando, stando in un banco di scuola, osservavo, il più delle volte con ammirazione, la professionalità dei docenti incontrati. Prima di capire quale fosse la mia strada lavorativa ero una ragazza dal carattere espansivo, determinata e molto empatica. Ho sempre apprezzato i docenti più sensibili ma allo stesso tempo più schietti, quelli con cui il confronto era realmente formativo. Sarà per questo che la docente che ho amato di più è stata la mia Professoressa di matematica del liceo, con la quale ho stretto un rapporto che tuttora dura e che mi ha fatto comprendere l’importanza di un metodo di insegnamento basato sullo scambio reciproco, sul pathos, sul mettere in atto momenti di affinità e di ratio combinati con momenti di ironia e leggerezza. Prima di scegliere di intraprendere la strada della specializzazione per il sostegno, ho conseguito tre lauree che mi hanno formato ampliamente: la laurea triennale in Scienze dell’educazione, la laurea specialistica in Scienze Pedagogiche e la laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della Formazione Primaria, divenuta fondamentale per l’accesso a questo corso di specializzazione. Se avessi modo di riflettere sulla mia esperienza di formazione più profonda vissuta, sicuramente il mio ricordo verrebbe catapultato nel 2014, anno in cui ho svolto il servizio civile presso l’UICI (UNIONE ITALIANA CIECHI E IPOVEDENTI), un’associazione no profit che da sempre si è occupata dell’integrazione dei non vedenti e ipovedenti nella società, a partire dai più piccoli. La scelta di intraprendere questa esperienza è nata dalla personale voglia di mettermi in gioco e di acquisire competenze nel campo della formazione e dell’educazione, partendo da una cruda realtà trascurata, quella della minorazione visiva. Questo percorso mi ha permesso non solo di acquisire un’esperienza diretta tramite lo stretto contatto coni bambino non vedenti ma anche in maniera indiretta attraverso lo sviluppo di competenze certificate quali l’uso del Braille e di software educativi. Ciò mi ha consentito di entrare anche in contatto con progettazioni e gestioni di attività educative e didattiche utili; ime soprattutto per il mio percorso professionale poi intrapreso. Durante questa esperienza di servizio civile mi è stato affidato un bambino di dodici anni pluriminorato ipovedente, residente nel mio stesso paese. Il mio compito sarebbe stato quello di programmare un itinerario educativo, nel rispetto delle caratteristiche specifiche e tiflodidattiche del piccolo, per poi metterlo in pratica attraverso diverse attività. Ammetto che il mio intervento non è stato finalizzato solo al raggiungimento di questo obiettivo ma soprattutto si è incentrato nel creare un rapporto di fiducia con la famiglia, di dialogo, di empatia, di ascolto, individuando anche strategie comportamentali da mettere in atto per mediare un rapporto conflittuale tra bambino e contesto familiare stesso. Inizialmente sono stata colta da insicurezza, incertezza e timore circa le modalità di relazionare con la famiglia. All’inizio non è stato semplice relazionarmi con la stessa, soprattutto perché essa si è dimostrata contraria rispetto all’utilizzo di alcune strategie relazionali, mostrando una piena sfiducia nel mio operato. Il tempo però è stato saggio e mi ha permesso di comprendere da vicino cosa significhi davvero “prendersi cura di qualcuno”, una cura capace non solo di “liberare profonde potenzialità”, ma soprattutto di dare spazio a quelle voci che, il più delle volte, vengono ignorate e zittite. Oggi, soprattutto grazie al mio lavoro e al tirocinio diretto effettuato in questo percorso, ho compreso di aver fatto la scelta giusta perché quello del sostegno se da un lato è un mondo pieno di difficoltà (strutture scolastiche non adeguate, indifferenza di alcuni colleghi, scarso valore sociale), dall’altro però è rigonfio di umanità e soddisfazioni per i risultati che si ottengono con preparazione e determinazione. Da questo percorso formativo mi aspetto, quindi, di ottenere le basi di una solida preparazione, conscia del fatto che nel corso della mia carriera dovrò studiare e perfezionarmi continuamente per poter compiere al meglio questo lavoro così carico di aspettative. Proprio per questo, il ruolo del docente ingloba molteplici qualità e competenze, laddove, in una società sempre più complessa, i discenti manifestano esigenze e bisogni disparati. Si impegna, quindi, a rispondere ai differenti bisogni educativi speciali degli alunni cercando di garantire la continuità educativa con l’utilizzo di strategie educative e didattiche finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno. Pertanto diviene fondamentale il coinvolgimento e la partecipazione attiva delle famiglie e di tutti i soggetti, pubblici e privati, operanti sul territorio, così come previsto dal Decreto Legislativo n.66 del 13 aprile 2017. Nella complessa realtà delle classi, sono sempre più numerosi gli alunni che possono manifestare, anche solo per un determinato periodo e per cause diverse, dei Bisogni Educativi Speciali (BES), di diversa tipologia e gravità. La presenza di ciascuno di questi alunni è vissuta all’interno della scuola come reale possibilità di arricchimento per l'intero gruppo-classe: - nella dimensione relazionale, in quanto favorisce la sensibilizzazione, la riflessione personale, lo sviluppo della solidarietà e la valorizzazione delle differenze; - nella dimensione didattica, poiché offre la possibilità di compresenza in classe dell'insegnante di sostegno e dell'insegnante curricolare, favorendo l'attuazione di varie modalità di co-teaching e la realizzazione di attività didattiche e laboratoriali aggiuntive (manipolative, teatrali, grafico espressive, musicoterapia, psicomotricità, ecc.). In particolare, nel caso degli alunni con disabilità certificata, ascolto e accoglienza sono i capisaldi necessari per una scuola di qualità nella quale sia possibile incontrare l'umanità di tutti gli alunni, affermando i diritti civili delle persone diversamente abili promulgati dalla Legge-quadro 104/92. L'accettazione del deficit, la sua conoscenza, la costruzione di un progetto di vita che parte dalle condizioni della persona ma che è connotato di fiducia e speranza (componenti fondamentali per promuovere il cambiamento educativo), conducono alla riduzione dello degli ostacoli ambientali che determinano la disabilità. L’Istituto tiene conto di tutto ciò e lavora assiduamente per realizzare una scuola inclusiva in cui le diversità e le differenze siano un'occasione di valorizzazione del soggetto, offrendo possibilità di successo nel rispetto dell'eterogeneità. Nell'Istituto è operativo, inoltre, il Gruppo di lavoro per l'inclusione (GLI), nominato e presieduto dal Dirigente scolas ico e composto dai referenti dell'area inclusione, da docenti curricolari e di sostegno, da specialisti dell'ASL, rappresentante dell'Ente territoriale. In fase operativa, si avvale della consulenza dei genitori e delle associazioni delle persone con disabilità maggiormente rappresentative del territorio nel campo dell'inclusione scolastica (come previsto dal D.L. 66 del 13/04/2017). Il gruppo cura e favorisce la continuità e l'orientamento per tutti gli alunni con bisogni educativi speciali; organizza percorsi di formazione e progetti sfruttando le risorse che il territorio (Comune, enti locali, associazioni, ecc.) offre, secondo una logica inclusiva; si occupa della stesura del Piano per l'Inclusione (PI). Dall’analisi del RAV, nonché dalla mia esperienza all’interno della scuola in qualità di tirocinante, emerge che nella scuola la partecipazione alle responsabilità e ai compiti dell’organizzazione scolastica è largamente diffusa tra i docenti. Gli incarichi di responsabilità sono suddivisi tra diversi figure, evitando attribuzioni solo a pochi. L’organizzazione della scuola in organi collegiali, dipartimenti per aree disciplinari e consigli di interclasse è abbastanza funzionale alla progettazione, al monitoraggio e alla valutazione. La quasi totalità del personale ATA ritiene importante il proprio ruolo per offrire all’utenza un servizio sempre più efficiente ed efficace. L’istituto comprensivo impiega bene le risorse economiche e materiali. I fondi provenienti dal FESR sono investiti positivamente nell’innovazione tecnologica e nella ristrutturazione degli spazi. Le attività progettate che rientrano nel FIS risultano rispondenti alla necessità del conseguimento di alcune competenze chiave. AI fine di supportare docenti e genitori, nonché alunni, dei tre ordini di scuola, presso lo stesso plesso, sono stati attivati gratuitamente lo sportello “BES” e quello per “VIDEOLE SI’(in accordo con l’UICI del territorio locale), utili per: - accogliere le problematiche generali e specifiche portate da genitori e insegnanti rispetto a bisogni educativi speciali e rispetto alle difficoltà in relazione alla disabilità visiva; - dare indicazioni didattiche e metodologiche agli insegnanti in relazione al tipo di problema segnalato, in presenza o meno di una diagnosi; - progettare percorsi di lavoro che tengano conto di esigenze educative speciali attraverso la stesura del PDP e dei PEI; - suggerire l’utilizzo di eventuali misure dispensative e/o strumenti compensativi; - dare informazioni riguardanti: la normativa, le risorse del territorio, la bibliografia, i siti web. La scuola elabora annualmente il P.I. Il GLI d'Istituto vede coinvolti oltre ai rappresentanti della scuola (DS, referenti alunni H e alunni BES e DSA, funzioni strumentali) anche operatori della ASL e dei servizi sociali del territorio. Oltre a quanto già detto la scuola realizza numerose attività per favorire l'inclusione degli studenti con disabilità nel gruppo dei pari quali: progetti sportivi (vela, basket, pis cina), musicali ed espressivi; in particolare quest'anno 2020/21 è stato sviluppato il progetto "PiantiAMO", destinato alla Primaria, quale ampliamento dell'offerta formativa approvato in sede di Collegio Docenti del 27/11/2020. Il progetto "INCLUSIVAMENTE" ha fornito, invece, la possibilità di supporto didattico agli alunni con disabilità durante le attività di particolari progetti quali i PON, che mirano al potenziamento dell'inclusività. Una scuola che include è una scuola che pensa e progetta considerando tutti, pertanto si può concludere affermando che l’istituto in questione, grazie ai suoi interventi e alle sue strategie organizzative e metodologiche può considerarsi a pieno titolo una scuola aperta, inclusiva e innovativa, capace di fornire percorsi personalizzati ed inclusivi sempre più efficaci. Viene data particolare attenzione al rispetto delle peculiarità di ogni allievo, i suoi vissuti, le sue predisposizioni, il contesto familiare e sociale di provenienza, attraverso una didattica personalizzata che valorizzi le specificità di ognuno. Importante diviene in questo contesto anche il ruolo rivestito dall’assistente alla comunicazione, la quale creando un rapporto quasi “familiare” con l’allieva, riesce a coinvolgerla nei momenti in cui rifiuta qualsiasi approccio e metodologia didattica, senza sostituirsi al ruolo dell’insegnante, ma al contrario facilitando una relazione positiva tra l’allieva e il gruppo classe. Ho potuto constatare, grazie ad un’accurata osservazione, che, in sostanza, la normale attività giornaliera in classe ha previsto, oltre alla lezione frontale, l’alternanza di lavoro individuale, a coppie, a piccoli gruppi collettivi (ciò è stato possibile perché l’intero gruppo - classe ha sempre fatto richiesta di usufruire della didattica in presenza durante questa emergenza sanitaria, per bisogni educativi speciali). Attraverso questa modalità di lezione i bambini hanno operato una ricognizione nel proprio repertorio di informazioni già in possesso, ponendo delle domande. Il lavoro a gruppi ha favorito la formazione delle idee, lo sviluppo di pensiero autonomo, l’iniziativa e la responsabilità individuale: all’interno di piccoli gruppi le interazioni sono state più facilitate e frequenti. Per quanto riguarda le attività laboratoriali, invece, esse hanno mirato allo sviluppo della creatività e delle potenzialità correlate alle attitudini di ciascuna personalità. Le strategie didattiche adottate dagli insegnanti della classe sono differenti. La presenza della LIM ha consentito agli insegnanti di adottare, oltre che alla lezione tradizionale di tipo frontale, metodologie didattiche più invitanti per gli alunni, come per esempio la visione di filmati o più in generale lezioni multimediali. Molte volte nelle lingue straniere la LIM è risultata molto utile per svolgere esercizi in modalità multimediale e per l’ascolto della pronuncia. In altre situazioni gli insegnanti hanno utilizzato metodologie didattiche cooperative o di brainstorming. Nelle discipline quali scienze e tecnologie, grazie anche alla presenza del Laboratorio di scienze e tecnologia, è stata adottata la didattica laboratoriale, consentendo agli studenti di fare esperienza sul campo di quanto appreso teoricamente. Tutte le docenti di interclasse hanno dimostrato fin da subito l’apprezzamento verso la mia presenza. I primi giorni di tirocinio si sono basati essenzialmente sull’osservazione non solo della bambina a me affidata ma soprattutto sul ruolo che le maestre ricoprono all’interno del contesto classe — e sull’ambiente fisico. L'aula — classe è sembrata molto accogliente e ben curata, ricca di cartelloni colorati e strumenti utili per le attività didattiche inclusive. Spesso ho temuto di essere d’intralcio al lavoro delle insegnanti. Tutto inizialmente è risultato vago e impreciso, ma con il tempo, il supporto e la pazienza della mia tutor, ho compreso il mio ruolo all’interno della classe, imparando così a muovermi nell’ambiente e a conoscere nel profondo ogni bambino, in particolare B. Già dal primo giorno mi è stato concesso di interagire con tutti i bambini e quest’ atmosfera accogliente mi ha incoraggiata a proseguire il percorso con più sicurezza, carica ed entusiasmo. I bambini sin da subito si sono mostrati molto entusiasti e curiosi nei miei confronti, capaci di trasmettere molto affetto. Tra le attività disciplinari di interesse maggiore si è posta in “pole position”, una lezione di Tecnologia effettuata attraverso l’utilizzo anche di video multimediali. Questa è stata incentrata sulla riflessione collettiva inerente il buco dell’Ozono e l’inquinamento atmosferico. Ciò che ha destato meraviglia è stato il chiaro interesse e la partecipazione attiva dei bambini alla discussione, capaci di analizzare anche interventi negativi e trasformazioni che l’uomo ha operato nei confronti dell’ambiente in tutti questi anni. Con queste attività l’insegnante ha voluto favorire e stimolare la generale attitudine umana a porre e a trattare problemi, facendo dialogare e collaborare attività di tipo cognitivo, operativo, metodologico e sociale, promuovendo così nei bambini forme di pensiero e atteggiamenti che portano beneficio sull’ambiente. Pertanto la maestra ha voluto favorire l’esplorazione e la scoperta in cui la problematizzazione svolge una funzione insostenibile perché sollecita gli alunni ad individuare problemi, a sollevare domande, a trovare soluzioni originali. L’esperienza del tirocinio effettuata si è caratterizzata da diversi momenti formativi, da materiali raccolti e da diverse difficoltà incontrate che sono state colte come stimoli e suggerimenti per il futuro professionale. In questa ottica il tirocinio è divenuto quasi un apprendistato cognitivo in cui sono state potenziate le competenze acquisite nell’ambito delle attività o dell’organizzazione da mettere in atto in classe (non solo riguardo attività didattiche ma soprattutto organizzazione degli spazi e dei tempi in modo tale che tutto diventi inclusivo). CAPITOLO IV To/lui: L’ alunno B. è una bambina di dieci anni che frequenta la classe quarta della Scuola primaria. L’alunna proviene da una famiglia benestante composta dal padre, medico veterinario e dalla madre, impiegata postale. Tale condizione permette a B. di essere seguita da numerosi specialisti, nonché di essere affiancata costantemente da una governante di origine indiana che vive in casa con lei. La famiglia è molto collaborativa ed ha trovato nell’istituzione scolastica un’ottima accoglienza, ma soprattutto un ottimo interlocutore con cui lavorare in sinergia. Come si evince dalla diagnosi funzionale osservata, l’alunna è affetta da sindrome di Down con ritardo mentale di grado grave e disturbo del linguaggio espressivo. Pertanto la disabilità è di tipo psicofisica (con disabilità prevalente intellettiva — relazionale) che porta a possedere un livello di sviluppo cognitivo di tipo operatorio concreto. B. svolge per 2 ore a settimana logopedia presso l’Osmairm di Castellaneta (TA) e per 1 ora è sottoposta ad intervento educativo presso la medesima struttura. L’alunna possiede una motricità generale e fine sufficientemente adeguata, che la porta a frequentare due volte a settimana una palestra, al fine di migliorarla e potenziarla. Risulta buona la comprensione di messaggi chiari e semplici riferiti al suo campo esperienziale. I suoi tempi di attenzione e concentrazione sono molto brevi, infatti nello svolgimento delle attività didattiche ha sempre bisogno di sollecitazioni da parte dell’insegnante per recuperare l’attenzione adeguata allo svolgimento dell’attività didattica. B, ha una buona autonomia personale, si muove con relativa sicurezza all’interno degli ambienti scolastici. E’ autonoma nell’utilizzo del materiale scolastico, ma non nello svolgimento delle attività didattiche. Grazie alla guida e al supporto delle docenti, partecipa alle attività di classe, alla realizzazione di cartelloni, ad attività preparatorie legate alle principali festività del calendario, a giochi e attività motorie. Inoltre è integrata positivamente nel gruppo classe, socializza con tutti i compagni e con tutti gli insegnanti, ed a volte cerca di superare la timidezza chiamando i compagni per nome. Durante i momenti ricreativi sceglie una compagna a cui avvicinarsi (sempre rispettando le norme di sicurezza previste per l’attuale emergenza sanitaria) e, durante alcune attività, i compagni svolgono il ruolo di tutor e la sostengono verbalmente e fisicamente. abilità e nuovi strumenti è opportuno avvalersi della funzione di raccordo e di rassicurazione dei concetti “vecchi”. ® Potenziare il linguaggio: spesso, i bambini dimostravano di aver capito, ma di non riuscire a spiegarlo a parole. Molte volte sono risuonate espressioni del tipo “non so come spiegarmi!”’. Spiegare dei fenomeni scientifici senza possedere un linguaggio appropriato è abbastanza difficile. Pertanto si è potuto puntare molto sull’uso dei termini corretti: poche frasi ma chiare e concise. ® Discussione come punto di forza: a conclusione di ogni esperienza è stata svolta una discussione per favorire la concettualizzazione e la capacità di articolare ragionamenti di causa -effetto e di connessione. La collaborazione e il confronto del proprio punto di vista con quello altrui, a mio parere, sono da stimolo a colmare la distanza fra i livelli di sviluppo prossimale di tutti i bimbi, in particolare di B. L’esperienza ha fornito la possibilità di realizzare attività pratiche, volte a sollecitare la capacità di osservare, di riflettere, di formulare ipotesi e di arrivare alle conclusioni, a partire dalle cose e dai fenomeni che i bambini hanno sotto gli occhi e dalle attività che possono svolgere con le mani. Le scienze, a mio avviso, vanno “fatte” e non raccontate, mettendo gli alunni “in situazione”. In tal modo, possono essere coinvolti tutti membri della classe, anche quelli come B, che presentano difficoltà di attenzione e di concentrazione o con difficoltà nella comprensione della lingua di studio. La didattica del fare è una didattica inclusiva per antonomasia. Le esperienze pratiche comportano, altresì, lo sviluppo del senso di responsabilità, attraverso la condivisione di compiti e di ruoli. E’ stato molto stimolante vedere docenti che hanno tentato, nonostante tutte le difficoltà del periodo, di disancorare quell’abitudinarietà che spesso nella vita quotidiana porta ad appiattire la realtà circostante in un quadro statico, incolore, inodore, per munire i bambini di una lente di ingrandimento attenta e critica attraverso la quale sbirciare e scoprire l’essenza dei fenomeni. CAPITOLO V To/lui: La progettazione del PEI L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità ha conosciuto fasi importanti nella storia della scuola e degli Ordinamenti in Italia: dalla situazione originaria di esclusione da qualsiasi intervento educativo, alla separazione in scuole speciali, all'inserimento e integrazione nella scuola di tutti, fino alla nuova prospettiva di inclusione nella scuola per tutti, secondo approcci più aperti progressivamente alla cura educativa di bisogni differenti e alle integrazioni di tutte le diversità. La storia ci insegna che l’integrazione e l’inclusione scolastica del bambino diversabile sono stati condizionati dal livello di emancipazione sociale e culturale di una società. Spesso il concetto di inclusione viene sovrapposto a quello di integrazione e i due termini vengono utilizzati come sinonimi, ma l'inclusione non deve essere considerato come assimilazione e né tanto meno integrazione: inclusione significa piuttosto che i confini della comunità sono aperti a tutti. Dall’antichità fino agli anni del XX secolo la menomazione fisica è stata considerata come fattore discriminante nell’integrazione sociale e quindi motivo di forte emarginazione. Solo a partire dagli anni Settanta fino ad oggi sono stati attuati interventi di carattere legislativo, sociale e pedagogico in favore dei diversabili attraverso un processo lungo e complesso che ha riguardato diverse fasi. In Italia l’inserimento degli alunni disabili nelle classi comuni avviene con ritardo, solo a partire dagli anni Settanta, grazia alla legge n. 118 del 30 marzo 1971 che afferma nello specifico: ....“l’istruzione dell’obbligo degli alunni in situazioni di handicap deve avvenire nelle classi normali della scuola pubblica, salvo i casi in cui i soggetti siano affetti da grave deficienze intellettive o menomazioni fisiche di tali gravità da impedire o rendere molto difficoltoso l’apprendimento o l’inserimento nelle predette classi normali”. Nel 1975 con la Relazione Falcucci vengono fuori le carenze della legge n. 118/71 e si definisce una vera e propria “Magna Carta dell’integrazione scolastica. L'inserimento degli alunni con handicap si può attuare solo attraverso un nuovo modo di fare scuola, legato per altro alla preparazione e all’aggiornamento degli insegnanti. L’abolizione definitiva delle classi differenziali si ha con la legge 517/1977, che individua modelli didattici flessibili in cui attivare forme di integrazione trasversali, esperienze di 3 COTTINI L., ROSATI L., BOVI O., Per una didattica speciale di qualità. Dalla conoscenza del deficit all'intervento inclusivo, Morlacchi Editore, Perugia, 2008 interclasse o attività organizzate in gruppi di alunni ed affidate ad insegnanti specializzati. Questo costituisce un nuovo modo di “fare scuola” che si allontana dai tratti spontaneistici del passato, per acquisire caratteri nuovi di intenzionalità dell’intervento, di pianificazione delle azioni, di previsione delle mete, dei percorsi, delle attività, di organizzazione degli ambienti di apprendimento. Il percorso verso la vera integrazione scolastica si afferma con la legge 5 febbraio 1992, n. 104, e con l’introduzione del Piano Educativo Individualizzato (PED. All’interno di questa legge si ribadisce l’importanza del diritto allo studio e all’istruzione (art.12) che non può essere negato a causa di difficoltà di apprendimento o da altre difficoltà derivanti dalle disabilità, per cui si garantisce, con l’art.1, il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona diversamente abile e si promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel contesto lavorativo e nella società. Diviene così fondamentale la programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari, socioassistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e l’assegnazione di personale docente e di operatori specializzati. In seguito alla legge 104/92 ci sono stati altri numerosi interventi che hanno inteso consolidare la strategia dell’integrazione scolastica: tra quelli rilevanti troviamo /’Atto di indirizzo e coordinamento relativo ai compiti delle unità sanitarie locali in materia di alunni portatori di handicap del 1994 che richiama le competenze degli Enti locali, delle Aziende Sanitarie Locali e delle istituzioni scolastiche autonome nella definizione del Profilo Dinamico Funzionale e del Piano Educativo Individualizzato. Essendo un atto di programmazione, il PEI deve tenere conto di tutti gli elementi informativi contenuti in altri atti che la legge pone pure come obbligatori e cioè la Diagnosi Funzionale e il Profilo Dinamico Funzionale (PDF), entrambi sostituiti oggi dal profilo di funzionamento ai sensi del DIgs 66/2017 (decreto attuativo della legge 107/2015). La legge n.107 del 13 Luglio 2015 rappresenta, invece, la riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione, ovvero nasce per affermare il ruolo centrale che ricopre la scuola nella società della conoscenza e intende innalzare i livelli di istruzione e le competenze degli studenti, rispettandone i tempi e gli stili di approfondimento, contrastando le diseguaglianze socio — culturali e territoriali. Tanti sono i punti che tale Riforma vuole prendere in considerazione: agli studenti viene garantita un’offerta formativa alquanto ricca che guarda alla tradizione ma anche al futuro, inoltre dà alle scuole gli strumenti finanziari e operativi per dare piena attuazione al processo di realizzazione dell’autonomia e di riorganizzazione dell’intero sistema di istruzione e garantisce anche più risorse umane. I dirigenti scolastici, invece, diventano leader educativi: meno burocrazia e più attenzione Per ciascuna dimensione vanno poi individuati gli obiettivi ed esiti attesi, gli interventi didattici e metodologici articolati in attività e le strategie e gli strumenti da attuare. In quest’ottica il PEI, oltre ad avere una funzione inclusiva, acquisisce anche una funzione ecologica, cioè cerca di creare una sinergia tra tutti i micromondi che gravitano attorno alla figura dello studente con disabilità, proprio per questo Ianes definisce il PEI una delle istituzioni inclusive più importanti. Nell’ipotizzare una progettazione delle dimensioni del nuovo Pei per l’alunna B. con la quale ho svolto il tirocinio diretto, ho tenuto conto soprattutto delle sue potenzialità e dei suoi interessi che diventano “impalcatura” per quegli aspetti da potenziare e sviluppare (motricità fine, produzione e comprensione del linguaggio verbale). Riporto nella pagina seguente un’esercitazione effettuata su una proposta di progettazione da attuare per B. che tenga conto soprattutto della dimensione dell’autonomia e dell’orientamento, ipotizzando per essa degli interventi didattici e metodologie adeguate. PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO (ART. 7, D. LGS. 13 APRILE 2017, N. 66 e s.m.i.) Anno Scolastico 2020/2021 Ottobre 2020 ALUNNA BP. Classe 44 Plesso o sede IC. “ PASCOLI — GIOVINAZZI” ACCERTAMENTO DELLA CONDIZIONE DI DISABILITÀ IN ETÀ EVOLUTIVA AI FINI DELL'INCLUSIONE SCOLASTICA rilasciato in data XXX Data scadenza o rivedibilità: xxxxxx Non indicata PROFILO DI FUNZIONAMENTO redatto in data XXXXX Nella fase transitoria: [I] PROFILO DI FUNZIONAMENTO NON DISPONIBILE DIAGNOSI FUNZIONALE redatta in data XXXXX PROFILO DINAMICO FUNZIONALE IN VIGORE approvato in data XXXXXXXXXXX (Omissis...) 4. Osservazioni sull’alunno/a per progettare gli interventi di sostegno didattico Punti di forza sui quali costruire gli interventi educativi e didattici a. Dimensione dell'autonomia e dell’orientamento B. possiede una motricità globale generale sufficientemente adeguata: sale e scende le scale, cammina. Corre, si dirige da sola in diversi luoghi dell'ambiente scolastico, ma i suoi movimenti sono poco coordinati. La motricità fine è poco sviluppata: afferra un pennarello, ma in maniera inadeguata, colora immagini senza rispettare i margini e con tratti frettolosi, per ripassare un percorso tratteggiato ha necessità dell'aiuto dell'insegnante. Ha raggiunto però un'autonomia di base efficace: riordina opportunatamente il proprio materiale di scuola anche se mostra difficoltà nei processi di vestizione e svestizione. L'alunno ha difficoltà, nella vita domestica, a provvedere ai suoi bisogni in maniera autonoma. Non riesce a preparare un semplice pasto: prepararsi un panino, fare una spremuta). B. non si inserisce spontaneamente in gruppi di gioco ma, incoraggiato e sostenuto, si lascia guidare nella partecipazione. La stessa non riconosce i diversi rumori presenti nell'ambiente: li percepisce, infatti, si volta e dirige lo sguardo verso di essi, chiedendo però delucidazioni ai docenti sull'origine. Inoltre dimostra di non possedere padronanza del mezzo informatico avendo difficoltà nell'adoperare le periferiche informatiche, come il mouse e i tasti di accensione e della tastiera. (Omissis...) 5. Interventi per l'alunna: obiettivi educativi e didattici, strumenti, strategie e modalità A. Dimensione: autonomia e orientamento — si facaa riferimento all'autonomia della persona e all'autonomia sociale, alle dimensioni motorio-prassica (motricità globale, motricità fine, prassie semplici e complesse) e sensoriale (funzionalità visiva, uditiva, tattile) OBIETTIVI Obiettivi ed esiti attesi d440 Migliorare la motricità fine d115 Ascoltare d2100 Affidare dei compiti minimi da svolgere autonomamente all'interno della classe d415 Potenziare il controllo, la coordinazione e la differenziazione dei movimenti INTERVENTI DIDATTICI e METODOLOGICI Attività Attività manuali: modellare materiale morbido (creta, pongo, das, colori a dita, plastilina); Completare puzzle con tessere di diverse dimensioni; Percorsi fino/motori; Percorsi grafici (ripassare linee tratteggiate, comporre immagini); Attività di disegno guidato; Attività di coloritura di figure (rispettando i confini Attività di imitazione degli animali e utilizzo di figurine per riconoscerli; Gioco il suono....suona (ascolto di suoni e rumori da diversi luoghi dell'ambiente); Uso della Lim(touch/screen): associare immagini di animali e immagini che rappresentano i loro ambienti e cibi Strategie e Strumenti Uso di materiale strutturato (parti del corpo di animali ad incastro, puzzle); Manipolazione di diverso materiale scolastico per imparame l'uso corretto; Utilizzo del pc e dispositivi periferici per potenziare motricità fine (strategia del rinforzo) Procedure-Tecniche: cooperative leaming; prompt verbali e fisici; training comunicativi; giochi interattivi di ascolto; laboratorio T.I.C: lavoro individuale su software didattici specifici; laboratori sensoriali; didattico creato dalle Indicazioni nazionali richiede l’utilizzo di strategie di insegnamento che perseguano apprendimenti significativi attraverso una didattica learner-centred, che vede gli alunni costruttori attivi di conoscenza in un processo che li impegna cognitivamente e relazionalmente. In queste si prevede che la certificazione delle competenze avvenga “al termine della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, attraverso i modelli che verranno adottati a livello nazionale”.” Tali modelli sono stati emanati con il D.M. 7 ottobre 2017 n. 742. Secondo lo stesso, la certificazione non va intesa come semplice trasposizione degli esiti degli apprendimenti disciplinari, ma come valutazione complessiva in ordine alla capacità degli studenti di utilizzare i saperi acquisiti per affrontare compiti e problemi, complessi e nuovi, reali o simulati. Questa capacità è, appunto, la competenza. I singoli contenuti di apprendimento sono i mattoni con cui si costruisce la competenza personale. La certificazione delle competenze non sostituisce quindi la valutazione disciplinare, ma la accompagna e la integra: lavorando per valutare le competenze, infatti, si generano tanti dati sugli apprendimenti degli studenti, che consentono di raccogliere elementi anche per la valutazione dei contenuti disciplinari. La valutazione nella Scuola primaria, in applicazione della legge n° 41 del 6 giugno 2020, trova oggi un suo completo indirizzo attraverso l’emanazione del Decreto Ministeriale n° 172 del 4 dicembre 2020, a cui sono state allegate le Linee guida per la formulazione dei giudizi descrittivi nella valutazione periodica e finale della scuola primaria. A partire dall’anno scolastico 2020/2021, la valutazione periodica e finale degli apprendimenti nella scuola primaria non avviene più attraverso il voto numerico, ma è espressa attraverso un giudizio descrittivo riportato nel documento di valutazione (pagella o scheda di valutazione) e formulato attraverso i livelli raggiunti dall’alunno nell’acquisizione degli obiettivi di apprendimento di ciascuna disciplina e di ciascun anno. Sono previsti 4 livelli di apprendimento definiti sulla base delle dimensioni (o descrittori) che caratterizzano lo stesso. I giudizi descrittivi consentono di descrivere in modo analitico il livello raggiunto e il percorso di apprendimento effettuato dall’alunno. Per ciascun alunno, i docenti valuteranno il livello di acquisizione raggiunto nei singoli obiettivi di apprendimento definiti nel curricolo d’istituto e nella programmazione annuale delle classi, per ciascun anno di corso e per ogni disciplina, compreso l’insegnamento trasversale di educazione civica. La valutazione degli apprendimenti degli alunni con disabilità viene effettuata secondo i criteri evidenziati dall’art. 4 dell’O.M. 172/2020: la valutazione delle alunne e degli alunni con ? https://online.scuola.zanichelli.it/competenze/scuola-secondaria-di-primo-grado/che-cose-la-certificazione-delle- competenze/ (consultati il 13/06/2021). disabilità certificata è correlata agli obiettivi individuati nel piano educativo individualizzato (PEI) predisposto ai sensi del dal Decreto Legislativo 66/2017. Nel documento di valutazione potrà essere utilizzata, laddove lo si ritenga utile, una “nota aggiuntiva” a supporto della descrizione del livello di apprendimento raggiunto, al fine di annotare in maniera più adeguata o dettagliata il percorso di apprendimento svolto dall’alunno, per suggerire strategie, per evidenziare novità funzionali del processo cognitivo, ecc. Durante il tirocinio diretto ho notato come, già a partire dal primo quadrimestre, l’istituzione scolastica ha adottato, in un’ottica di sperimentazione, i muovi criteri di valutazione, stilando delle rubriche valutative per i bambini diversabili accompagnate da giudizi sintetici coerenti con il PEI predisposto. In situazioni di disabilità grave le quattro dimensioni dei livelli (autonomia, tipologia della situazione, risorse mobilitate e continuità) sono state prese in considerazione in modo diverso, in base all’effettiva situazione e ai bisogni, e anche l'applicazione dei quattro indicatori dei livelli di apprendimento (avanzato, intermedio, base, in via di prima acquisizione) è stata diversa rispetto alla classe. Per quanto riguarda le valutazioni periodiche e in itinere, tutte lutto il team docente della classe di B. hanno osservato e compreso più che misurato i livelli di maturazione raggiunti da ciascun bambino. L’ osservazione, nelle sue diverse modalità, ha rappresentato uno strumento di verifica fondamentale per conoscere e accompagnare il bambino in tutte le dimensioni del suo sviluppo, rispettandone l’originalità, l’unicità, e potenziando, attraverso un atteggiamento di ascolto, di empatia e rassicurazione, le abilità sommerse ed emergenti. La valutazione, ha accompagnato e seguito i percorsi curricolari, assumendo una preminente funzione formativa, di accompagnamento dei processi di apprendimento e di stimolo al miglioramento continuo. La progettazione e la valutazione sono state, così, due facce della stessa medaglia, l'una senza l'altra. La valutazione ha avuto, infatti, lo scopo di verificare l'efficacia dell'azione educativa e i dati che sono emersi da tale valutazione sono stati utilizzati per ricalibrare la programmazione in base alle esigenze, individualizzando i proc i di insegnamento soprattutto per B. Pertanto una particolare attenzione è stata incentrata sulla valutazione di quest’ultima. Tale valutazione è stata indirizzata al percorso individuale dell'alunna evidenziandone i progressi. Ma cosa è stato valutato nello specifico in B.? Qui di seguito si evidenziano gli aspetti valutati: - Comunicazione (formulazione di domande, esposizioni orali: risposta a domande precise, narrazione della storia, capacità di inserirsi in un semplice dialogo....); - Esercitazioni pratiche (composizioni con materiale strutturato e non, organizzazione autonoma di materiali, abilità in attività quali: scollare, incollare, strappare, tagliare, )i - Capacità relazionali e sociali (capacità di relazionarsi ed interagire positivamente con il colorare, infilare, capacità di eseguire percorsi motori più o meno comples: gruppo di pari e con gli adulti, conoscenza e rispetto delle regole scolastiche, capacità di instaurare rapporti, collaborazione cooperazione, capacità di gestire le emozioni e tollerare le frustrazioni). Con l’introduzione di un nuovo argomento è stata effettuata una valutazione diagnostica (attraverso domande guida, brainstorming), finalizzata a rilevare la situazione iniziale degli alunni circa il grado di conoscenze già acquisite. Successivamente è stata attuata la valutazione formativa, che si è compiuta in itinere per rilevare come B, insieme al suo gruppo classe ha recepito le nuove conoscenze. Pertanto questa è stata utile per “aggiustare il tiro” e ad adeguare l’attività didattica alle diverse esigenze e caratteristiche degli alunni. Alla fine di ogni percorso didattico si è fatto uso della valutazione sommativa, utile per rilevare le conoscenze e le competenze apprese. La valutazione formativa ha acquisito carattere di oggettività ed imparzialità, pertanto la docente di sostegno, in accordo con tutto il team docente, si è avvalsa di una molteplicità di strumenti come: - Osservazioni sistematiche con griglie adeguate alla registrazione di comportamenti agiti in relazione all’argomento di lavoro (comprensione e adeguatezza al compito, organizzazione e gestione degli spazi e dei materiali...); - - Osservazioni occasionali con l’annotazione, nel corso dell’attività, del mumero e della qualità degli interventi (domande e/o risposte pertinenti, interventi coerenti al contesto...). Inoltre a conclusione di ogni unità d'apprendimento, ogni docente ha verificato gli apprendimenti, utilizzando prove strutturate, semi- strutturate e non strutturate che, una volta corrette, sono state date in visione alle famiglie. Per esprimere un giudizio la docente di sostegno ha preso come riferimento le rubriche valutative identificate all’interno del PEI dell’alunna. Pertanto lo scopo della valutazione non è stato quello di classificare gli alunni per selezionarli, ma quello di capirli e aiutarli nella loro formazione mediante esperienze di apprendimento significative e motivanti. Prendendo in esame, invece, il Progetto “Facciamo scienze... sperimentando”, per verificare e valutare le conoscenze e le competenze apprese, ho proposto alle docenti di accompagnare questa fase utilizzando non solo le solite prove strutturate e semistrutturate, ma sorpresa dalla sua grande umanità dimostrata nei miei confronti. Da subito si è mostrata disponibile e accogliente e questo suo modo di essere mi ha aiutata a proseguire questo percorso in serenità e armonia. In diverse occasioni ho potuto constatare come la D.S sia davvero un leader educativo capace di intrattenere rapporti collaborativi ed equilibrati con i docenti e con la comunità tutta. stico è stato Durante questa emergenza sanitaria compito principale della Dirigente Scol quello di risolvere i conflitti e stimolare le docenti a progettare e sperimentare soluzioni sempre nuove, coordinandole e motivandole, per realizzare sempre nuovi obiettivi comuni. La stessa è stata capace di essere credibile, affidabile, onesta e leale, ma soprattutto empatica, cioè capace di ridurre le incomprensioni e saper puntare sulle giuste leve motivazionali delle persone che fanno parte della sua “comunità”, sviluppando per giunta un’ottima capacità di comunicazione, sia nell’esprimersi che nella capacità di ascoltare e capire in modo “attivo”. In questo ambiente sereno i collaboratori si sono sentiti più apprezzati e connessi all’organizzazione e sono stati incoraggiati a esprimere e condividere le proprie emozioni dando il meglio di sé al lavoro a beneficio delle persone, del team e dell’intera organizzazione. Con le famiglie invece la D.S ha utilizzato una comunicazione assertiva, costituita da un metodo d’interazione ponderato e responsabile, attraverso cui ha manifestato pienamente le proprie convinzioni senza entrare in conflitto con loro, rispettandoli nel proprio ruolo educativo. In questo modo, le famiglie sono state chiamate a esser di supporto nel rafforzamento delle competenze scolastiche e, al contempo, tutta l’istituzione scolastica ha incentivato a coltivare quella relazione affettiva che è prerogativa del nucleo familiare. Proseguendo la riflessione, considero necessario incentrare l’attenzione sulla “relazione di cura” nata all’interno del gruppo classe e tra docenti. Nel corso dell’osservazione effettuata si è constatato come la reale inclusione diventa un beneficio sia per i docenti che per gli studenti, laddove i compagni di cl; e dell'alunno disabile hanno un ruolo essenziale. In questo senso la classe di B. ha rappresentato un ottimo esempio di inclusione: la maggior parti dei componenti del gruppo classe proviene dalla stessa sezione della scuola dell’infanzia e ciò ha sicuramente influito positivamente nella creazione di un clima sereno e collaborativo. I compagni di B. hanno interagito volentieri e spontaneamente durante le attività didattiche, interessandosi alla stessa durante i suoi comportamenti - problema, riuscendola a calmare. Come affermato in precedenza, B. ha sempre mostrato una spiccata propensione alle relazioni sociali e ciò mi ha fatto comprendere l’importanza di considerare i compagni della classe una risorsa su cui puntare in maniera vincente. Ho avuto modo di osservare come le attività in cooperazione sono state svolte con minore difficoltà e con un sensibile aumento dei tempi di attenzione. In questo contesto il mio inserimento è stato quindi felice, laddove la classe, a cui è stato spiegato il mio ruolo e la mia qualifica, si è mostrata rispettosa, ma soprattutto curiosa forse anche per la mia giovane età (giovane rispetto all’età media delle insegnanti). Anche i colleghi hanno dimostrato piena collaborazione e vivo interesse per il mio percorso, costituendo così una solida base di fiducia e reciproco rispetto. In tutto questo ha influito l’immenso fattore umano rappresentato dalla mia tutor, in primis, e l’aver frequentato, da piccola, la Scuola Primaria “Giovanni Pascoli”. Da un punto di vista relazionale la totalità dei componenti operanti nel sistema scolastico, hanno mostrano interesse, dedizione e affetto nei confronti di B., in particolar modo la vicepreside Leonarda Pancallo e la collaboratrice scolastica, la Signora Marta, premurosa e efficiente. In un ambiente siffatto è stato facile sentirsi a casa, ma soprattutto essere stata spronata a non risultare un semplice spettatore passivo. In questa sede vorrei ricordare la splendida lezione offerta dalla mia tutor, Patrizia De Vietro, in collaborazione con tutto il team docente, che mi hanno mostrato la bellezza di una vera integrazione, laddove il “programma da terminare” non sia l’obiettivo finale, ma si pensi alla reale convivenza (nel senso latino di “vivere con”) tra diverse realtà che reciprocamente si influenzano e si migliorano. I compagni che hanno lavorato con B. hanno mostrato miglioramenti dal punto di vista della loro competenza metacognitiva, nel mediare cognitivamente i contenuti, le informazioni e le azioni. Così hanno imparato a mettersi nella sua mente, a graduare le proposte sulla base delle sue possibilità, a fornire gli aiuti realmente necessari e sufficienti. Costruire le proprie competenze assieme ad altri, di cui alcuni in difficoltà, cooperare e fare da tutor sviluppa competenze di pensiero di ordine superiore, non accessibili in uno studio esclusivamente individuale. I genitori sono stati ben contenti di sapere che i loro figlioli "bravi" sono diventati metacognitivamente ancora più bravi nell'apprendere assieme a B., formandosi così in modo completo e non come hard disk esterni di nozioni. Questi alunni saranno in grado, domani, di pensare meglio in contesti collaborativi, di spiegarsi meglio, di insegnare meglio, di risolvere meglio problemi: insomma, di vivere e far vivere meglio. A tal proposito un altro protagonista dell’integrazione è sicuramente la famiglia. Instaurare un rapporto di collaborazione, ma soprattutto di fiducia, stima e comprensione è stato essenziale per la creazione di un proficuo ambiente di lavoro per i docenti curricolari e il docente di sostegno. Gli st si sono sentono investiti dalla fiducia della famiglia di B. che ha sempre affidato alla loro professionalità la delicata formazione della stessa. Questi sono fattori da non sottovalutare: mi riferisco al fatto che molti insegnanti dicono che gran parte dei genitori di tali alunni "rifiutano l'handicap del figlio" in quanto non ammettono le sue difficoltà, si stupiscono di eventuali insuccessi, affermano che il figlio a casa fornisce prestazioni superiori (ad esempio sul piano della comunicazione), si illudono, hanno attese eccessive ecc. Forse però: i genitori offrono un quadro ben più complesso ed articolato in cui sono compresenti aspetti di speranza e di timore, sopravvalutazioni e sottovalutazioni, preoccupazioni per le prestazioni scolastiche, ma anche per quelle sociali. La ricerca di un rapporto sincero e di fiduciosa collaborazione dovrebbe quindi essere l’obiettivo di ogni docente di sostegno, ma, in generale, dell’intera istituzione scolastica. Nel caso di B., la famiglia si è mostrata collaborativa, mettendo in luce i punti di forza e di criticità della propria figlia e si è adoperata incessantemente per realizzare le migliori condizioni possibili per produrre progressi sensibili. I genitori della discente si spendono nel contesto sociale castellanetano, non mancando di organizzare, all’interno di iniziative di natura diversa, spazi per la sensibilizzazione alla disabilità in generale e, in particolare, alle metodologie di comunicazione ed interazione con i ragazzi affetti da sindrome di down. Ciò influisce positivamente nei rapporti con il gruppo docente: gli stessi sono spronati a dare il meglio, mentre la famiglia ripone fiducia in essi. In particolare, la madre di B. ha organizzato incontri tra la mia Tutor e l’equipe che che segue la discente, composta da neuropsicologa e logopedista, per facilitarne l’inserimento nell’ ambiente scolastico. Anche nei miei riguardi la famiglia si è mostrata rispettosa: la mia tutor mi ha presentato ai genitori che sono stati i primi a chiedere quale fosse il mio ruolo in classe ed ad informarsi su come B. si comportasse nei miei confronti. Laddove, dopo un primo momento in cui si poteva evincere il timore che io avessi potuto rappresentare un distrattore, è subentrata la fiducia derivante dal mio impegno e dal legame affettivo che sono riuscito ad instaurare con B. Una forte presenza della famiglia ed una buona collaborazione con la scuola sono punti di forza molto importanti specialmente nei casi di disabilità come quella di B., per favorire il processo di apprendimento e rendere più proficuo il lavoro svolto in classe dai docenti. L’assenza di un rapporto di fiducia e collaborazione tra genitori e docente di sostegno, si ripercuote negativamente nelle attività didattiche quotidianamente svolte, poiché l’alunna ne risente e tende a non accettare la figura stessa del docente. La ricerca di un rapporto sincero e di fiduciosa collaborazione dovrebbe quindi essere l’obiettivo di ogni docente di sostegno, ma, in generale, dell’intera istituzione scolastica. Questa esperienza mi ha permesso di comprendere da vicino cosa significa davvero “prendersi cura di qualcuno”, una cura capace non solo di “liberare profonde potenzialità” in noi, ma soprattutto di dare spazio a quelle voci che vengono ignorate e zittite. sperimentazione, la didattica differenziata progettata secondo approcci che risaltano la Peer education e la responsabilità del bambino a fronte della “lateralità” dell’insegnante. Grazie all’esperienza vissuta ho compreso che il compito primario di chi educa dovrà essere quello del far crescere, anche se ciò si realizzerà nel conflitto e nell’esperienza del limite: dalla difficoltà frequente di educatori, insegnanti e genitori, nel distaccarsi dall’immagine del bambino da proteggere o dell’ammalato da curare, deriva un operato basato sull’attaccamento, sulla dipendenza, finalizzato al soddisfare un’esigenza narcisistica, piuttosto che l’autonomia personale di chi è in difficoltà. Tra le mie priorità didattiche inserirò l’uso di metodologie che preservino l’importanza di una didattica di laboratorio e che aiutino ad integrare il saper fare con il saper essere. L'obiettivo di tale proposta rimane quello di osservare e trovare metodologie idonee per far emergere una scuola inclusiva che affermi e riconosca la singolarità di ognuno all’interno di uno spazio sociale di accesso comune. Ciò deve essere fortemente condiviso e compartecipato dal gruppo dei docenti e di tutti gli operatori scolastici. Ognuno deve considerarsi responsabile del buon esito dell’integrazione e deve inoltre inserire le proprie programmazioni didattiche ed educative nel quadro di un lavoro collettivo i cui tempi e modi, maturati e consolidati nel tempo, siano continuamente verificati e riadattati alle situazioni nuove. Ammetto di essermi fatta completamente travolgere da questo mondo, quello del sostegno, verso cui nutro sempre maggiore curiosità. Per natura personale cerco di non concentrare eccessive energie sul domani, per allontanare da me aspettative o modelli che potrebbero condizionare in negativo il mio presente. Ciò nonostante spero di essere una docente capace di adattarsi alla contemporaneità, ma soprattutto spero di conservare questa energia e determinazione nell’apprendere con umiltà, questa voglia di fare sempre meglio per i miei alunni, tutte doti che alcuni colleghi dicono svaniscano dopo molti anni di lavoro. Mi è doveroso dedicare questo spazio del mio elaborato alle persone che hanno contribuito, con il loro instancabile supporto, alla realizzazione dello stesso. In primis, un ringraziamento speciale alla mia relatrice, prof.ssa LAVIOLA Maria Antonietta, e alla mia tutor di tirocinio diretto, DE VIETRO Patrizia, per la loro immensa pazienza, per i loro indispensabili consigli, per le conoscenze trasmesse durante tutto il percorso e per la stesura dell’elaborato. Ringrazio infinitamente i miei genitori e il mio compagno che mi hanno sempre sostenuto, appoggiando ogni mia decisione, fin dalla scelta del mio percorso di vita. Un grazie di cuore alle mie colleghe di corso del fatidico “GRUPPO 7”, con cui ho condiviso l’intero percorso. È grazie a loro che ho superato i momenti più difficili. Senza i loro consigli e supporti, non ce l’avrei mai fatta. Infine, dedico questa specializzazione a me stessa, ai miei sacrifici e alla mia tenacia che mi hanno permesso di arrivare fin qui e realizzare finalmente il mio sogno di sempre. PARTE II TECNOLOGIE DELLA COMUNICAZIONE E DELL’INFORMA ZIONE Negli ultimi anni si è andati sempre più verso la messa in atto di politiche educative orientate all’accesso degli alunni diversabili nelle scuole ordinarie, favorito dal supporto di figure professionali di sostegno opportunamente formate e dalla disponibilità di strumentazioni didattiche e tecniche di diversa natura. Il diritto di tutti all’istruzione è oggi un valore fortemente condiviso, in Italia come nel resto dei paesi europei. Oggi il sistema scolastico italiano è chiamato ad affrontare una nuova sfida, quella dell’inclusione, che consiste nel considerare la diversità come condizione naturale dei processi scolastici, e nel concepire un’educazione adeguata ad ogni singolo alunno. La Commissione europea ha visto nelle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC) uno strumento valido a sostenere gli insegnanti nel difficile compito di personalizzare l'apprendimento, rendere cooperativo l’insegnamento, puntare sull’autonomia e sullo sviluppo delle competenze, anche in contesti estremamente eterogenei ed in presenza di alunni con esigenze speciali, in definitiva di lavorare per e nella scuola dell'inclusione, per ridurre l’ineguaglianza e sostenere l’inclusione scolastica. 1. L’utilizzo delle TIC e la didattica speciale: evoluzioni nel tempo L’utilizzo delle TIC nella didattica speciale ha avuto una lunga storia. Nel sistema scolastico italiano le tecnologie educative si sono inserite gradualmente nell’offerta formativa. Questa gradualità è stata caratterizzata da tappe differenti che hanno coinciso con il cambiamento della società. Nel /980-85 si è inaugurata una prima fase, in cui è stato concesso l’uso del calcolatore in classe e l’utilizzo di alcuni programmi per attività di recupero. Questa fase pioneristica però è stata caratterizzata da una tecnologia povera con una impostazione grafica inesistente e una scarsa interattività, per questo tale l’innovazione ha generato un impatto poco efficace sulla scuola. numerose sono le scuole che partecipano a progetti comunitari orientati all’innovazione didattica che vedono il coinvolgimento e la partecipazione attiva di un numero sempre crescente di insegnanti. 2. Osservazione di B. nel suo contesto B. frequenta la classe quarta della Scuola Primaria “G. Pascoli” di Castellaneta ed è affetta da Sindrome di Down con ritardo mentale di grado grave e disturbo del linguaggio espressivo. Pertanto la sua è una disabilità di tipo psicofisica che la porta a possedere un livello di sviluppo cognitivo di tipo operatorio concreto. La bambina proviene da un contesto familiare agiato, composto dal padre, medico veterinario e dalla madre, impiegata postale. Tale condizione permette a B. di essere seguita da numerosi specialisti. La stessa famiglia risulta molto collaborativa ed ha trovato nell’istituzione scolastica un’ottima accoglienza, ma soprattutto un ottimo interlocutore con cui lavorare in sinergia. La scuola è ben radicata nel territorio, dove opera da oltre 60 anni in un eterogeneo contesto socio-culturale. L'edificio è una struttura idonea alla vita scolastica, curata attraverso una adeguata manutenzione. Le aule sono confortevoli e molto luminose, e gli ampi spazi interni favoriscono la vita di collettività, anche per gestire momenti assembleari con mezzi audiovisivi e multimediali all'avanguardia. Per quanto concerne l’area dell’apprendimento di B., il processo di letto - scrittura è in via di acquisizione. Scrive sotto dettatura sillabica utilizzando lo stampato maiuscolo, ricopia parole in autonomia pur con una grafia che si presenta ancora poco chiara ma, se evidenziati, vengono rispettati righi e quadretti per la produzione di numeri e lettere. Con il supporto dell'insegnante risolve semplici situazioni problematiche concrete e rappresentate. L’alunna possiede una motricità generale e fine sufficientemente adeguata, che la porta a frequentare due volte a settimana una palestra, al fine di migliorarla e potenziarla. Risulta buona la comprensione di messaggi chiari e semplici riferiti al suo campo esperienziale. I suoi tempi di attenzione e concentrazione sono molto brevi, infatti nello svolgimento delle attività didattiche ha sempre bisogno di sollecitazioni da parte dell’insegnante e percorsi motivanti al fine di recuperare l’attenzione adeguata allo svolgimento dell’attività didattica. Inoltre è integrata positivamente nel gruppo classe, socializza con tutti i compagni e con tutti gli insegnanti, ed a volte cerca di superare la timidezza chiamando i compagni durante la ricreazione. Per rendere la sua partecipazione più attiva l’insegnante di sostegno tende a personalizzare quasi sempre l’intervento educativo didattico attraverso l’utilizzo di strumenti compensativi e dispensativi nel rispetto dei tempi dell’alunna. Inoltre molto spesso, in accordo con le sue colleghe di classe, propone attività ludiche che possano creare situazioni di apprendimento e di condivisione delle esperienze, attraverso lavori cooperativi. Pertanto per favorire un apprendimento legato alla concretezza del “fare”, le docenti curriculari, in sinergia con la docente di sostegno e l’assistente alla comunicazione, hanno progettato e attuato “laboratori” di esperienze, anche mediante l’uso delle tecnologie informatiche e di spazi strutturati, per differenziare le strategie didattiche in relazione al diverso stile di apprendimento dell’alunna. Fin da subito B. ha mostrato particolare interesse per le attività manipolative, grafico- pittoriche e attività libere, mostrando propensione verso tutto ciò che riguarda il mondo degli animali. A tal proposito è stato fondamentale la partecipazione della stessa con il gruppo - classe al progetto “Facciamo scienze... sperimentando” che ha avuto come tema di approfondimento il regno degli animali e delle piante, rimanendo fedele agli obiettivi e ai contenuti della progettazione educativa individualizzata, elaborata all’inizio dell’anno scolastico. Al progetto, svolto nello spazio aula, in laboratorio di informatica e di scienze, e/o nel cortile della scuola, è stato dedicato il giorno di Sabato. Per introdurre a tutto il contesto classe l’argomento inerente il progetto, per verificare le conoscenze apprese in itinere alle attività, per valutare le competenze acquisite alla fine del progetto e nello specifico per potenziare la motricità fine di B., ho proposto alle docenti di accompagnare questa fase utilizzando non solo le solite attività e prove strutturate e semistrutturate, ma soprattutto strumenti tecnologici quali LIM e PC/Tablet. Nello specifico si è deciso di realizzare video coinvolgenti che introducano l’argomento, somministrazioni di simpatici quiz interattivi e giochi didattici, adatti per tutto il gruppo classe, al fine di rendere l’attività più coinvolgente e accattivante. La progettazione del mio intervento tecnologico ha preso le mosse dall’osservazione del contesto in cui B. è inserita, tenendo conto delle potenzialità che il gruppo classe rappresenta. Grazie alla mia tutor ho potuto apprendere come gli altri alunni siano da considerare una risorsa fondamentale per l’apprendimento da parte di alunni con disabilità, in quanto mediatori ludici e tutor impareggiabili; inoltre, la spiccata sensibilità di B. verso le relazioni sociali, mi ha indotto a progettare un'attività tecnologica e interattiva che potesse far intervenire in maniera diretta diversi alunni, al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati, da una parte, e lavorare sulla percezione dell’altro della classe, dall’altra. 3. Impariamo divertendoci: una nuova strategia inclusiva per gruppo il classe Come già accennato nei capitoli precedenti, fin dall’inizio di questo anno scolastico B. ha mostrato particolare interesse per le attività manipolative, grafico-pittoriche e attività libere, mostrando propensione verso tutto ciò che riguarda il mondo degli animali. Il programma di Scienze del quarto anno è molto meticoloso e si bas sugli ecosistemi, la biosfera e tutto ciò che riguarda l’ecologia. Nella primo quadrimestre la docente della stessa disciplina ha introdotto e approfondito aspetti importanti del regno delle piante attraverso l’uso del libro di testo, della LIM per la proiezione di materiale didattico appositamente preparato e di materiale di facile reperibilità a supporto delle varie esperienze pratiche (la semina, la costruzione dell’erbario.etc...). A partire dal secondo quadrimestre, invece, l’attenzione è stata posta sul regno degli animali, argomento amato da tutta la classe, in particolare da B. Nello specifico in accordo con la docente curriculare e quella di sostegno, ho proposto di realizzare il progetto attraverso la creazione di “gruppi di esperti”, i quali avrebbero approfondito e presentato alla classe una specie animale tra quelle scelte in modo da condividere le conoscenze con i compagni. Il progetto ha permesso di ampliare le informazioni presenti nel libro di testo attraverso le ricerche dei bambini, condividere con loro altri materiali, imparare ad utilizzare gli strumenti tecnologici con consapevolezza, come risorsa per l’apprendimento, e lavorare in cooperazione, nel rispetto delle diversità di ciascuno. Questi ultimi mesi sono stati destinati alla riflessione circa l’importanza della cla ificazione degli animali. Essendo questo regno molto ricco e variegato (si pensa che conosciamo solo una piccola percentuale di specie animali presenti nel nostro pianeta) si è concentrati sulle caratteristiche che permettono di operare delle distinzioni tra loro: la classificazione degli animali prendendo in considerazione la conformazione fisica (vertebrati e invertebrati) ma anche le caratteristiche vitali (alimentazione, riproduzione, respirazione, risposta all’ambiente). o sulla ricerca; dall’apprendimento collaborativo a quello personalizzato; dalla realizzazione di compiti autentici alla media education. Durante il laboratorio TIC, grazie al Prof. Baldassarre e alle sue collaboratrici ho avuto modo di interfacciarmi per la prima volta con diversi applicativi educativi e didattici, molto utili per questa meravigliosa professione. Personalmente ho scelto di utilizzare per le verifiche in itinere Learning Apps perché innanzitutto è un’applicazione con una organizzazione simile a giochi interattivi svolti da B. nelle ore di logopedia; inoltre queste attività permettono di utilizzarle anche se la letto — scrittura è ancora in fase di acquisizione, grazie all’associazione immagini — parole (come nel caso di B). Tra gli esercizi disponibili ho preferito utilizzare ORDINAMENTO DI COPPIE, ASSOCIAZIONE DI ELEMENTI E PUZZLE DA RIORDINARE. Di seguito i riferimenti degli esercizi realizzati: Compito Associa ogni animale al suo ambiente. 1 Compito Abbina la parola all'immagine corrispondente. SCOIATTOLO ” https://learningapps.org/watch?v=pgan2n95n21 gli animali della savana 3 LearningApps.org associa le coppie https://learningapps. Compito Ciassiica gli animali in vertebrati 0 Invertebrati https://learningapps.org/watch?v=pmexvvzsk21 Compito Con questo gloco covete divertirvi ad abbinare gli animali all'ambiente in cui vivono: TERRA, ACQUA, ARIA. Vinocrete quando vedrete l'immagine dietro il puzzie passero Q le gabbiano rondine tartatia Du Du Du Du libellula stella marina Gallina https://learninga Per verificare le conoscenze sommative apprese di B. ho utilizzato l’applicativo PanQuiz, realizzando e somministrando un quiz online a tutto il gruppo — classe, sotto forma di gara, per rendere la prova di verifica accattivante e inclusiva. PanQuiz è un'applicazione gratuita per insegnanti che permette di creare questionari formativi in forma ludica: gli alunni, stando insieme, rispondono alle domande e partecipano ad una sorta di gara tra di loro: chi risponde correttamente guadagna punti, scala la classifica ed arriva in alto. Le domande sono proiettate in classe attraverso LIm o monitor interattivo e gli studenti risponderanno utilizzando Tablet. E? presente la sintesi vocale per domande e risposte e una grafica con blocchi ben spaziati, comandi lineari in bella vista, tali da rendere amichevole l’esperienza di composizione di un quiz anche da parte di chi non ha competenze digitali ben mature. Tra i punti di forza, certamente l’adozione della sintesi vocale con la scelta tra una voce maschile ed una femminile convincenti in grado di effettuare la lettura in audio dei quesiti e delle risposte. Inoltre è possibile somministrare il quiz per lo svolgimento in asincrono tramite un comodo link o un gr code, potendo utilizzare lo specifico comando assegna e prevedendo un tempo massimo per la compilazione dell’intero quiz. Il docente, cliccando sull’apposita icona a forma di grafico presente sul blocco corrispondente al quiz creato, potrà consultare l’andamento della classe mediante la funzione denominata non a so a colpo d’occhio ed esportare, al termine dell’attività, in un unico file o files separati gli esiti ai fini dell’archiviazione e della valutazione mediante apposita rubrica di valutazione da lui definita. La gamification diviene un pretesto ed un medium per dialogare con i discenti tramite il linguaggio contemporaneo di web ed app in grado di stimolare e mantenere quanto più possibile elevata la curva di apprendimento. PanQuiz concorre al raggiungimento di tali obiettivi facendo della semplicità di utilizzo il suo punto di forza. Per la realizzazione del Panquiz ho formulato le domande in modo semplice e chiaro, definendo 3 o 4 opzioni di risposta. Successivamente ho abbinato alle domande le relative immagini di poligoni; ho attribuito ad ogni domanda un punteggio adeguato, ho predisposto una sintesi vocale femminile alla lettura della domanda, nella progettazione ho immaginato la somministrazione di Panquiz come momento di verifica per tutta la classe. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI E SITOGRAFICI BIBLIOGRAFIA BEVILACQUA A.,, Principi di biologia e genetica del comportamento, Scione Editore, Roma 2009. CASTOLDI M., Didattica generale, Mondadori Università, Milano 2010. CHIAPPETTA CAJOLA L,, Didattica e valutazione tra continuità e innovazione, in G. Domenici (a cura di), Nuove indicazioni per il curricolo, Anicia, Roma, 2008. COTTINI L., ROSATI L., BOVIO., Per una didattica speciale di qualità. Dalla conoscenza del deficit all’intervento inclusivo, Morlacchi Editore, Perugia, 2008 ELIA G., Questioni di pedagogia speciale, Progedit, Bari, 2012. FOGAROLO F., ONGER G., La nuova legge sull'inclusione. 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