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Relazione finale TFA sostegno, Tesi di laurea di TFA Sostegno

Relazione finale del corso di specializzazione nelle attività di sostegno didattico (secondaria di I grado)

Tipologia: Tesi di laurea

2019/2020

Caricato il 11/06/2020

francesca_clemeno
francesca_clemeno 🇮🇹

4.5

(156)

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Scarica Relazione finale TFA sostegno e più Tesi di laurea in PDF di TFA Sostegno solo su Docsity! Corso di Formazione per il conseguimento della Specializzazione per le attività di Sostegno D.M. del 30.09.2011 ELABORATO FINALE Intelligenza emotiva in classe: un mezzo per coltivare l’inclusione scolastica CORSISTA Francesca Clemeno Matricola 210580 TUTOR COORDINATORE Prof.ssa Alfonsa Marzia G. Arabia A. A. 2018-2019 5 INTRODUZIONE Emozioni, disabilità e scuola: tre mondi complessi, ricchi di sfumature e significati che però, accostati l’uno all’altro, possono diventare sinonimo di reale inclusione per chi vive una situazione di bisogno educativo speciale. La motivazione che mi ha spinto a concludere questo Corso di Specializzazione per le attività di Sostegno parlando di intelligenza emotiva sta proprio qui, nella convinzione del grande potenziale inclusivo che lo sviluppo di programmi educativi socio-emotivi può apportare in ambito scolastico. Quello dell’educazione emotiva può essere considerato un framework che attraversa tutto il sistema di istruzione e che riguarda lo sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo di ogni attore coinvolto nel contesto scolastico, dagli insegnanti agli studenti. Non sono solo gli alunni con disabilità, infatti, a presentare problematiche e difficoltà nella sfera affettivo-relazionale ma ogni studente, dall’età prescolare a quella adolescenziale, porta con sé tensioni, pressioni, bisogni che possono essere limati attraverso un buon uso della propria intelligenza emotiva. In questo senso, includere diventa partire da difficoltà comuni, avere lo stesso problema, significa riconoscere che gli stessi scatti d’ira, la stessa aggressività, la stessa tristezza, lo stesso attaccamento o lo stesso isolamento che manifesta un ragazzo con disabilità può riguardare, magari con atteggiamenti e comportamenti diversi, anche un alunno con sviluppo tipico. Lavorare sulle proprie emozioni, sull’autoconsapevolezza emotiva e sul legame tra emozioni e comportamento rappresenta, poi, un passo importante verso la definizione della propria identità, un costrutto che nelle persone con disabilità non è mai così scontato. La frustrazione provocata dal sentirsi esclusi, dal mancato adattamento con l’ambiente circostante, il senso di inferiorità e di non accettazione della diversità può inficiare la costruzione della propria identità e del proprio progetto esistenziale. Per questo, lavorare sull’intelligenza emotiva significa riconoscere i propri punti di forza e di debolezza, individuare i bisogni, i valori e le priorità per definire quanto più chiari possibili i contorni del proprio essere. Il lavoro è stato, quindi, suddiviso in tre parti. Il primo capitolo consiste in una trattazione teorica in cui sono stati indagati i concetti e i legami tra intelligenza emotiva, disabilità intellettiva e contesto scolastico. Si è partiti, in particolare, dalla definizione di intelligenza emotiva, una definizione costruita attraverso le parole degli studiosi che, negli ultimi anni, si sono occupati di 6 questo argomento. Al tema dell’intelligenza emotiva è stato, poi, accostato quello della disabilità intellettiva: dopo una breve e generica digressione su quest’ultima, si è approfondito l’argomento cercando di individuare le caratteristiche emotive e affettive che riguardano le persone con tale diagnosi, anche se è risultato complicato delineare un modello totalmente chiaro e univoco vista l’ampiezza, la dinamicità e la variabilità che riguarda questo tipo di disabilità. Il primo capitolo si conclude, quindi, con il trasferimento di questi due grandi temi (emozioni e disabilità) nel contesto scolastico, per capire come e quanto i programmi di educazione socio-emotiva possano migliorare competenze e capacità ma soprattutto promuovere un’efficace inclusione scolastica. La seconda parte dell’elaborato è stata incentrata sull’esperienza professionale di tirocinio, svolta nella classe seconda di una Scuola Secondaria di I grado accanto a Giacomo (nome di fantasia), la cui diagnosi è proprio quella di disabilità intellettiva di grado lieve. Il capitolo in questione parte dall’analisi del contesto socio-ambientale e dei bisogni del territorio per scendere via via più nel dettaglio con la descrizione della scuola, della classe, delle relazioni tra i vari attori coinvolti nel contesto educativo fino a soffermarsi su Giacomo: tramite l’analisi della documentazione e l’osservazione condotta sono stati individuati punti di forza e di debolezza del ragazzo definendo un’attività da condurre in classe; quest’ultima ha riguardato la sfera emotivo- relazionale ed è stata redatta partendo dagli obiettivi presenti nel PEI in un’ottica fortemente inclusiva che potesse coinvolgere l’intera classe. Infine, la terza parte ha riguardato lo sviluppo di un prodotto multimediale che, in continuità con quanto svolto nei capitoli precedenti, unisse la tematica emotiva e l’inclusione mediante il supporto delle nuove tecnologie. Dopo aver chiarito il ruolo delle TIC nella didattica e nel sostegno ai bisogni educativi speciali, è stato descritto il prodotto costruito: un e-book interattivo sulle emozioni in cui si alternano schede teoriche e attività di verifica. Nel dettaglio, sono stati illustrati gli obiettivi per competenze e le varie fasi di realizzazione del prodotto digitale, dalla ricerca del materiale fino all’editing e allo sharing completando il tutto con lo storyboard progettuale e le immagini delle attività più interessanti e stimolanti. PARTE PRIMA: APPROFONDIMENTO TEORICO 10 definite come un tassello importante dell’individualità umana e l’Intelligenza Emotiva vista come una forma di intelligenza vera e propria che, al pari della ragione, consente di migliorare la vita umana agendo attivamente sulle emozioni. Oltre alla definizione, i due studiosi elaborarono un vero e proprio modello, il Mental Model Ability, in cui individuarono le tre abilità principali racchiuse nell’Intelligenza Emotiva: valutazione ed espressione, regolazione ed utilizzazione delle emozioni9. Successivamente, gli autori modificarono questa concettualizzazione arrivando alla formulazione del Four Branch Model, un modello gerarchico caratterizzato da quattro macro-dimensioni10: 1. percezione delle emozioni con cui si fa riferimento alla capacità di identificare, esprimere accuratamente e discriminare le emozioni proprie e altrui; 2. uso delle emozioni per facilitare il pensiero, con cui si fa riferimento alla capacità di impiegare le emozioni in altri processi cognitivi e di utilizzarle per dirigere il pensiero e favorire il problem solving; 3. comprensione e analisi delle informazioni emotive, con cui si fa riferimento alle abilità nel comprendere le emozioni e le complesse relazioni tra queste; 4. regolazione delle emozioni, con cui si fa riferimento all’abilità di regolare le emozioni proprie e degli altri, in favore di una crescita personale. Il modello di Salovey e Mayer venne successivamente rivisitato dai cosiddetti Mixed Model, i quali allargarono il dominio dell’Intelligenza Emotiva ad aspetti non cognitivi e considerarono le differenze individuali di personalità come elementi cruciali per il trattamento e la gestione delle emozioni11; uno degli autori di riferimento di questo approccio è Reuven Bar-On, psicologo e docente universitario americano, ricordato per aver pensato per primo a un test di valutazione specifico per l’Intelligenza Emotiva. Egli la definì come un ‹‹insieme di competenze e capacità non cognitive che svolgono un ruolo rilevante nel fronteggiare le pressioni e le richieste dell’ambiente››12. Tali facilitatori emotivi vennero raggruppati dallo studioso in cinque fattori chiave13: 9 Mayer J. D., Salovey P., op. cit., p. 200 10 Di Santo D., Rullo M., Lisi F., op. cit., pp. 12-13 11 Ibidem 12 Bar-On R., The Bar-On Model of Emotional-Social Intelligence, in “Psicothema”, a. XVIII, n. 1, settembre 2006, p. 14 13 Ivi, pp. 13-25 11 1. capacità intrapersonali (considerazione di sé, autoconsapevolezza emotiva, assertività, indipendenza e realizzazione di sé); 2. capacità interpersonali (empatia, responsabilità sociale, capacità di costruire relazioni interpersonali soddisfacenti); 3. adattabilità (capacità di effettuare un esame di realtà, flessibilità e problem solving); 4. gestione dello stress (tolleranza allo stress e controllo degli impulsi); 5. fattori motivazionali (capacità di sentirsi felici e ottimismo). La vera popolarità del concetto di Intelligenza Emotiva è, però, attribuibile a Daniel Goleman che nel libro Emotional Intelligence: Why it can matter more than IQ la descrisse come ‹‹la capacità di motivare se stessi e di persistere nel perseguire un obiettivo nonostante le frustrazioni, controllare gli impulsi e rimandare la gratificazione, modulare i propri stati d’animo evitando che la sofferenza ci impedisca di pensare ed essere empatici››14. Secondo Goleman, quindi, l’Intelligenza Emotiva è una meta-abilità in grado di facilitare od ostacolare lo svolgimento delle attività quotidiane: gli individui emotivamente competenti sono più efficienti ed efficaci in tutti i campi, da quello relazionale a quello lavorativo; al contrario, chi non riesce a esercitare un controllo sulla propria vita emotiva verrà sopraffatto dalle emozioni stesse15. Le competenze di Intelligenza Emotiva individuate dallo studioso furono cinque16: 1. la consapevolezza di sé, riguardante la capacità di riconoscere le proprie emozioni, l’autovalutazione, la fiducia in sé stessi; 2. la padronanza di sé, riguardante la capacità di controllo e gestione delle proprie emozioni, l’affidabilità e l’adattabilità; 3. la motivazione, riferita alla capacità di gestire le emozioni in virtù del raggiungimento di determinati obiettivi, perseguiti con costanza nonostante gli ostacoli; 4. l’empatia, riguardante la capacità di comprendere le emozioni e i sentimenti di altri individui fino a stabilire con essi una sintonia emotiva; 14 Goleman D., Intelligenza Emotiva. Che cos’è e perché può renderci felici, BUR, Milano, 2011, p. 10 15 Di Santo D., Rullo M., Lisi F., op. cit., p. 14 16 Ibidem 12 5. le abilità sociali, che fanno riferimento alla capacità di saper gestire in modo vantaggioso le proprie emozioni nei diversi contesti, stabilendo buone relazioni interpersonali. Tali abilità comprendono le dimensioni di influenza sociale, la comunicazione, la leadership, la gestione del conflitto, la collaborazione e la cooperazione. 1.2 LA DISABILITÀ INTELLETTIVA Quello di disabilità intellettiva è un concetto dinamico, in profonda evoluzione che indica una condizione clinica eterogenea, caratterizzata da un deficit del funzionamento intellettivo, da una ridotta capacità a far fronte alle richieste del contesto ambientale e sociale e da un esordio in età evolutiva17. Per alcuni decenni la ricerca scientifica, le classificazioni cliniche e internazionali hanno parlato unicamente di persone con ritardo mentale; da dieci anni a questa parte, invece, si è imposto il termine “disabilità intellettiva” che oggi è diventato quello maggiormente accettato e condiviso. Una distinzione che non è semplicemente terminologica ma anche teorica e culturale, con ripercussioni sia sulla definizione delle caratteristiche delle persone con disabilità intellettiva sia sulle procedure diagnostiche e di valutazione18; tale cambiamento, infatti, indica il passaggio dall’identificazione del deficit unicamente con le prestazioni carenti dell’individuo in termini di intelligenza, a un approccio multidimensionale e bio-psico-sociale in cui i fattori individuali concorrono con quelli culturali e sociali19. La transizione da ritardo mentale a disabilità intellettiva, tuttavia, è ancora in divenire e i termini usati nel mondo per riferire la stessa condizione sono diversi; in ogni caso, pur riconoscendo le problematicità ancora aperte, sia la sezione di psichiatria della WPA sia l’Associazione Europea per la Salute Mentale hanno adottato come espressione ufficiale quella di “disabilità intellettiva”. In accordo con il DSM-V, per poter formulare una diagnosi di disabilità intellettiva devono essere soddisfatti tre criteri20: 17 Viola D., La disabilità intellettiva, Edizioni Ferrari Sinibaldi, Milano, 2015, p. 4 18 Zambotti F. (a cura di), Disabilità intellettiva a scuola, Erickson, Trento, p. 2 19 Ibidem 20 Viola D., op. cit., p. 5 15 conseguenti a tale caratteristica sono l’interruzione continua dell’eloquio altrui, per specificare meglio il problema o per intromettersi con argomenti totalmente diversi, il non aspettare il proprio turno e intervenire con un tono emotivamente carico. Altre dimensioni connesse all’immaturità affettiva sono alterazioni emozionali improvvise, bassa tolleranza della frustrazione, disforia25. Sempre nell’ambito dell’immaturità affettiva vale la pena, poi, capire come le persone con disabilità intellettiva percepiscano l’amicizia; secondo un recente studio di Venuti e De Falco il livello di concezione dell’amicizia nei soggetti con disabilità intellettiva è strettamente connesso al grado di sviluppo mentale effettivamente raggiunto; le ricerche hanno messo in evidenza che i soggetti con età mentale di circa sei anni presentano una concezione elementare dell’amicizia, improntata su parametri fisici quali l’attività comune e la prossimità26; l’amico viene concepito come qualcuno con cui giocare e divertirsi mentre manca il riferimento a un legame permanente e reciproco. Accanto all’immaturità vi è poi l’ipocontrollo emozionale: mentre normalmente rispondiamo agli eventi con reazioni emozionali anche intense che però controlliamo, evitando di farle emergere con comportamenti poco corretti, il soggetto con disabilità tende a manifestare queste reazioni direttamente, a esempio con agitazione motoria, crisi di riso o di pianto ecc.27: il controllo emotivo che viene raggiunto, di solito, verso i 10-11 anni manca nel soggetto della stessa età con un danno neurologico in quanto le sue barriere nei confronti della realtà sono più fragili, è più grossolano il modo di interpretare gli eventi e il vissuto prevale sul passato28. Gli errori presenti nella rappresentazione della realtà portano, quindi, il soggetto a provare emozioni spiacevoli, le percezioni non riescono a essere generalizzate, il ragionamento è imitativo e, di conseguenza, la risposta agli eventi è abnorme. Le modalità di risposta si possono presentare schematicamente sotto forma di29: - reattività, risposta indiretta e immediata, a volte esplosiva, espressa in termini di ribellione e intolleranza; 25 Fedeli D., Affettività e rischio psicopatologico della disabilità, in “Health & Medicine”, a. IV, n. 5, giugno 2015, p. 15 26 Zambrotti F. (a cura di), op. cit., p. 76 27 Cannao M., Moretti A., op. cit., p. 154 28 Ibidem 29 Ivi, p. 155 16 - inibizione, quindi chiusura in sé stessi e rinuncia a manifestare il proprio vissuto; - imitazione, cioè aderenza emozionale passiva a un modello esterno. In tutti e tre i casi è presente una problematica adattiva, derivante dalla difficoltà di comprendere, interpretare e comunicare i dati della realtà. La terza evenienza, tuttavia, benché meno clamorosa delle altre, riflette un importante bisogno di aiuto educativo: limitandosi a imitare i sentimenti e le emozioni altrui, il ragazzo con disabilità rischia di vivere un’esistenza inautentica, che in psicoanalisi è definita un “falso Sé”. In effetti, altra caratteristica tipica delle persone con disabilità intellettiva è proprio un’immagine di sé stessi molto debole che provoca difficoltà sul piano dell’identità. Su questo tema il pedagogista Andrea Canevaro ha sottolineato che la propria identità è spesso vista come qualcosa di oscuro e misterioso, tale da non permettere di percepirsi in una dimensione storica: è un non riconoscere la disabilità nel gruppo umano che non permette la relazione e impedisce anche la comunicazione e l’apprendimento30. Questo mancato riconoscimento, tuttavia, avviene anche in direzione inversa: molto spesso, infatti, nelle persone con disabilità, la componente emotiva è completamente tralasciata; si dà molto peso alla classificazione nosografica dimenticando che il soggetto, assieme alla sua patologia, va inquadrato in una prospettiva di funzione/disfunzione globale in cui entrano in gioco anche altre componenti. Le funzioni fondamentali di un individuo, infatti, possono essere schematicamente riferite a tre grandi aree: motoria, intellettiva e affettiva; è chiaro tuttavia che, ragionando secondo un parametro meramente clinico-descrittivo, l’insufficienza mentale andrà collocata nell’ambito delle patologie intellettive, la spasticità in quello delle patologie neuromotorie e le carenze affettive o le alterazioni del carattere in quello dei disturbi psicologici: in tal modo, però, non sarà mai possibile trattare l’individuo nella sua interezza. Considerando, invece, l’individuo come espressione di tutte e tre le aree si pongono le premesse per una sua ricostruzione totale31: un ragazzo che presenta difficoltà nel controllo motorio presenterà anche difficoltà cognitive e affettive derivanti da una mancata integrazione fra sé e l’ambiente; di conseguenza, non sarà sufficiente trattarlo con la fisioterapia, ma bisognerà completare l’approccio 30 Canevaro A., Handicap e identità, Cappelli, Bologna, 1986, p. 64 31 Cannao M., Moretti A., op. cit., p. 153 17 terapeutico fornendogli le facilitazioni necessarie per un corretto contatto con l’esterno32. Le tre aree, peraltro, sono strettamente correlate l’una all’altra; quella affettiva, in particolare, riguarda il comportamento, la relazione con gli altri e la vita sociale ma il suo sviluppo è intrinsecamente legato alla motricità e all’intelligenza: la maggior parte dei ricercatori rileva, infatti, che molte problematiche legate alla sfera emotiva nelle persone con disabilità intellettiva siano legate alla forte rigidità cognitiva che caratterizza il ritardo e a deficit in quella che viene definita “teoria della mente”, cioè nella capacità di attribuire stati mentali, credenze, intenzioni, desideri, emozioni, a sé stessi e agli altri33. Questa rigidità ha effetti negativi sulle prestazioni sociali determinando la messa in atto di comportamenti disfunzionali che vanno dall’iperdipendenza all’isolamento. Quando si parla di soggetti con disabilità intellettiva, dunque, accanto all’aspetto clinico bisogna sempre considerare quello psicologico ed esistenziale, bisogna sempre ricordarsi dell’inevitabile globale mortificazione della personalità che si accompagna al danno neurologico34: i fallimenti di fronte alle richieste dell’ambiente, la frustrazione, l’emarginazione, il senso d’impotenza e di inadeguatezza porta a costruire un’immagine negativa di sé e a sviluppare stati emotivi e comportamenti che compromettono le relazioni interpersonali. Per questo, l’Intelligenza Emotiva è una risorsa da misurare e potenziare in questi soggetti per sfruttare al meglio le competenze residue, combattere lo scoraggiamento, la depressione e promuovere il benessere personale e l’inclusione sociale. 1.3 L’EDUCAZIONE SOCIO-EMOTIVA A SCUOLA Un programma di educazione socio-emotiva parte dal presupposto che è possibile insegnare a ogni ragazzo come affrontare costruttivamente le difficoltà che può incontrare nella vita di tutti i giorni; ha un carattere essenzialmente preventivo in quanto lo scopo è di mettere l’allievo in grado di ridurre, il più possibile, l’insorgere di stati d’animo eccessivamente negativi e di facilitare il potenziamento di emozioni 32 Ibidem 33 Ritardo mentale o disabilità intellettiva, in studicognitivi.it 34 Ibidem 20 - la conoscenza delle emozioni dal punto di vista linguistico, corporeo e visivo, per imparare la loro comunicazione e riconoscerle su sé stessi e nell’altro; - la comprensione delle emozioni per come si strutturano, come agiscono, da dove vengono e cosa producono; - l’espressione delle emozioni, per regolarle al meglio modulando le interazioni empatiche. Obiettivo di tale alfabetizzazione è aiutare i ragazzi a riconoscere i propri stati d’animo e a comunicarli in modo adeguato, gestendo l’eventuale disagio emotivo42. Accanto alla dimensione basata sui protoapprendimenti specifici, la scuola deve lavorare sulle emozioni in modo trasversale e collaterale a ogni disciplina; la crescita emotiva, infatti, non è mai disgiunta da quella cognitiva e l’educazione affettiva la si può sviluppare anche lavorandoci indirettamente, attraverso i contenuti disciplinari: secondo questa prospettiva l’educazione emozionale risulta perfettamente integrata nei processi di istruzione43, li accompagna, diventando un ingrediente costante in ogni contenuto cognitivo veicolato. L’intenzionalità pertinente all’area affettiva si manifesterà, in questo caso, in termini di finalità educative generali, cioè secondo criteri educativi di più alto livello a cui ispirarsi, indipendentemente dal traguardo specifico che si sta perseguendo. Perciò se un’attività è indirizzata al raggiungimento di specifici obiettivi, sarà allo stesso tempo guidata da finalità educative più ampie, di natura sia intellettuale che, appunto, affettiva44: se le modalità d’istruzione e il suo contesto di svolgimento sono coerenti con le finalità educative, a lungo andare tenderanno a svilupparsi gli abiti mentali corrispondenti. Questo tipo di approccio, proprio per il suo carattere permanente e pervasivo, aiuta i soggetti con disabilità intellettiva a generalizzare le competenze emotive apprese: in ogni diverso compito proposto, infatti, l’alunno sarà chiamato a comportarsi secondo gli stessi modelli affettivi che rispecchiano le finalità educative generali impostate in partenza. Per esempio, se come finalità ci si pone l’educazione alla ragionevolezza, allora i criteri a cui rifarsi costantemente, nel compito di italiano come in quello di matematica, di inglese o di storia, saranno la riflessività, il buon senso, la pacatezza45. In altre parole, 42 Viola D., op. cit., p. 43 43 Buccolo M., op. cit., p. 90 44 Baldacci M., op. cit., p. 145 45 Ivi., p. 146 21 se al variare delle diverse materie e attività didattiche le relazioni educative rimangono improntate alla ragione, all’equilibrio, alla disponibilità allora è più probabile che, a lungo termine, la forma mentis dell’alunno risulti incline alla ragionevolezza e all’equilibrio emozionale. Elaborare questi programmi all’interno delle scuole sviluppando competenze socio- emotive è indispensabile alla creazione di contesti inclusivi in quanto permetterà di avvicinarsi alle problematiche inerenti la disabilità, fornendo chiavi di lettura adeguate che responsabilizzino tutti gli attori coinvolti all’interno della classe; diversi progetti di ricerca, in effetti, hanno evidenziato come programmi di educazione socio-emotiva a scuola permettono di raggiungere46: - una maggiore consapevolezza emotiva da parte degli insegnanti, con una conseguente crescita delle loro capacità personali e professionali e una modifica nelle loro pratiche didattiche orientate a essere sempre più inclusive in termini di metodologie e di livello di partecipazione dei propri allievi; - un miglioramento del clima di classe con la capacità di trasporre i concetti di inclusione dal piano dei principi a quello della pratica tramite azioni concrete, messe in atto quotidianamente; - un’accresciuta consapevolezza da parte degli studenti delle proprie emozioni e di quelle altrui; - una maggiore attenzione ai bisogni degli altri con un deciso incremento di atteggiamenti prosociali e responsabili. 1.3.1 L’EDUCAZIONE RAZIONALE-EMOTIVA Un modello socio-emotivo che può essere implementato a scuola è l’educazione razionale emotiva, derivante dalla Terapia Razionale Emotiva Comportamentale ideata verso la fine degli anni Cinquanta dallo psicologo statunitense Albert Ellis. Questo tipo di educazione può trovare spazio in ambito scolastico proprio secondo quel doppio canale di cui si parlava più sopra47: uno formale (protoapprendimento) in cui l’insegnante organizza delle lezioni strutturate attraverso una serie di incontri settimanali, e uno informale (deuteroapprendimenti) in cui, invece, si introducono 46 Signorelli A., op. cit., p. 67 47 Di Pietro M., op. cit., p. 15 22 argomenti e procedure sulla gestione delle emozioni all’interno delle varie discipline, affrontando le eventuali situazioni problematiche che in quel dato contesto si possono presentare. Sono molte, in effetti, le materie che possono integrarsi con l’educazione emotiva; basti pensare ai correlati fisiologici delle emozioni che richiamano le discipline scientifiche e motorie, al potere evocativo delle immagini e delle arti figurative, alla possibilità di mettere in parole le emozioni e gli eventi a cui esse sono associate. L’espressione “razionale-emotiva” si riferisce al fatto che, facendo ricorso alla propria capacità di pensare in modo razionale, diventa possibile prevenire e superare difficoltà di natura emozionale in un modello olistico che vede dimensione cognitiva ed emotiva strettamente interdipendenti; in questo contesto il termine razionale non si riferisce certo a un modo di pensare e agire distaccato, freddo, cerebrale ma vuole intendere un modo di affrontare la realtà costruttivo, in grado di facilitare il conseguimento dei propri scopi in accordo col proprio sistema di valori. L’educazione razionale-emotiva è basata sulla sequenza ABC. Il punto A sta a indicare qualsiasi evento, interno o esterno, su cui l’individuo dirige la sua attenzione, comprende quindi anche ricordi o immagini mentali. Il punto B contiene i pensieri razionali o irrazionali che l’individuo attiva in base all’evento A; riguarda il sistema di convinzioni, la base mentale, nonché le cognizioni valutative dell’individuo collegate all’evento. Il punto C sta a indicare, infine, le reazioni emotive e comportamentali dell’individuo determinate dalle precedenti elaborazioni cognitive.48 I tre stadi sono tra loro consequenziali, per cui è il punto B, cioè le convinzioni, l’atteggiamento mentale a provocare determinate emozioni e comportamenti: se prevalgono pensieri realistici e oggettivi la reazione emotiva risulterà adeguata, se invece vi sono distorsioni della realtà o valutazioni esagerate e assolutistiche la reazione emotiva e comportamentale sarà disturbata. Questo modello può essere usato in classe anche con gli alunni che presentano disabilità intellettiva lieve; si possono preparare attività semplificate, legate o meno a una specifica materia scolastica, in cui indicare le affermazioni che descrivono l’evento, le loro interpretazioni e valutazioni e, subito dopo, le emozioni provate. A questo punto si possono affrontare le problematiche emerse confrontando quella 48 Ivi, p. 12 25 2.1 LA SCUOLA La scuola presso la quale ho svolto il mio tirocinio è un Istituto comprensivo in provincia di Reggio Calabria, nella zona della Locride. Le attività scolastiche dell’Istituto si svolgono in cinque plessi, dislocati in più Comuni e frazioni del posto. In totale fanno parte dell’Istituto tre Scuole dell’Infanzia, quattro Scuole Primarie e tre Scuole Secondarie di I grado. In particolare, io sono stata accolta nella secondaria di I grado della sede centrale. Tale edificio comprende 9 classi per un totale di 177 alunni divisi in due sezioni; il modello- orario seguito è il tempo normale per complessive 30 ore settimanali. Qui Giacomo (nome di fantasia), alunno con disabilità, frequenta la classe seconda. 2.1.1 IL CONTESTO SOCIO-AMBIENTALE La scuola abbraccia un territorio geograficamente ampio e variegato che comprende aree montane, collinari e marine. I centri abitati sono posizionati a distanza fra di loro, alcuni sono isolati e difficilmente raggiungibili vista anche la mancanza di un adeguato servizio di collegamento pubblico: dai centri abitati più lontani gli studenti possono raggiungere la scuola tramite il servizio Scuolabus fornito dal comune ma, al di fuori dell’orario scolastico, la possibilità di muoversi è legata quasi esclusivamente al possesso di un’auto. Alla vastità geografica corrisponde una certa eterogeneità culturale e sociale; gli alunni, infatti, provengono da contesti familiari molto diversi tra loro ma l’incidenza di studenti con cittadinanza non italiana o di provenienza particolarmente svantaggiata non è elevata. Inoltre, nonostante le condizioni socio-economiche difficili e l’alto livello di disoccupazione, la popolazione scolastica è ben seguita, nel complesso, dalle famiglie. La scuola non è l’unica agenzia presente sul territorio ma è sicuramente una delle più importanti. Esistono aziende di artigianato quali quelle per la lavorazione del ferro, del legno e della ceramica; è presente un centro gestito dalle suore, dove vengono svolte attività manuali iconografiche e dove vengono accolti giovani cui viene fornita una possibilità di inserimento nel mondo del lavoro. Alta è la percentuale di commercianti, liberi professionisti e impiegati e diverse sono anche le aziende agricole di prodotti alimentari del posto che abbonda di agrumeti, oliveti e orti. A livello sociale e ricreativo, esistono, poi, alcuni punti di aggregazione per giovani e adulti guidati da 26 gruppi di genitori e associazioni di volontariato come gli Scout e la Protezione civile. Attiguo alla sede centrale dell’Istituto, inoltre, vi è un Auditorium comunale usato, spesso, per lo svolgimento degli spettacoli natalizi e di fine anno scolastico e per altre attività artistico-musicali. Tali strutture, tuttavia, non sono in grado di soddisfare pienamente i bisogni dell’utenza giovanile sia perché non rispecchiano in toto le necessità relazionali e ricreative dei ragazzi della fascia d’età in questione sia perché si tratta di attività svolte prevalentemente nel comune capoluogo da cui restano tagliati fuori le zone più lontane e periferiche. La qualità dell’istruzione rappresenta, dunque, una priorità imprescindibile per un integro sviluppo dei giovani e tutte le attività organizzate dall’Istituto in orario scolastico ed extra-scolastico sono una risorsa preziosa quale volano dello sviluppo sociale e culturale della popolazione locridea. 2.1.2 ANALISI DEI BISOGNI Dall’analisi del PTOF e conseguentemente all’osservazione svolta in questi mesi, sono emersi bisogni e priorità riconducibili a tre categorie di soggetti: il territorio, gli alunni e i docenti dell’Istituto. Come si è visto, il territorio su cui la scuola insiste è molto vasto e frammentato, costituito da centri abitati di modeste dimensioni, distanti e mal collegati tra di loro. Da tale situazione si profila un forte bisogno di aggregazione a cui la scuola è chiamata a rispondere; il territorio necessita, cioè, di un attore in grado di innalzare i livelli di integrazione e socializzazione, di promuovere la qualità dei rapporti e della convivenza sopperendo alle ridotte opportunità di una realtà fortemente decentrata. Oltre a ciò, va poi ricordato che il territorio della Locride soffre della presenza pervasiva della criminalità organizzata che, al di là dell’azione criminosa vera e propria, contribuisce a sviluppare una mentalità chiusa e omertosa, spesso riversata in una gestione politica e amministrativa fortemente distorta; tale situazione, unita a una burocrazia lenta e farraginosa nonché a un alto tasso di disoccupazione giovanile, costituisce un fattore di rischio per la popolazione. L’azione della scuola è fondamentale: essa deve porsi come un faro per i più giovani, in modo da far capire che ogni problema può essere risolto ricorrendo alle vie maestre della legalità e del buon senso. 27 L’Istituto serve una popolazione scolastica che va dai 3 ai 14 anni d’età; all’interno di un arco temporale così ampio i bisogni degli alunni sono molto differenziati e devono essere formulati secondo obiettivi, metodologie e contenuti appropriati. La scuola deve organizzare le varie unità di apprendimento tenendo conto del livello evolutivo di ogni alunno e realizzando condizioni favorevoli per una partecipazione attiva di tutti al lavoro della classe e, in generale, della scuola. Tale didattica necessita di un potenziamento strutturale della scuola in termini di tecnologia e strumentazione multimediale; bisogno degli alunni è, infatti, una metodologia d’insegnamento al passo con i tempi, soprattutto in termini di adeguamento digitale. Per questo emerge l’esigenza di rafforzare le infrastrutture e le attrezzature tecnologiche (collegamenti Internet, Lim, laboratori informatici aggiornati e performanti) nonché di utilizzare le stesse in maniera intensiva e didatticamente funzionale. Le competenze digitali, pressoché innate negli studenti odierni, non solo verranno ulteriormente sviluppate ma se ne promuoverà un uso critico e consapevole. Come riportato nel PTOF, poi, per raggiungere il successo formativo è necessario attivare metodologie laboratoriali e collaborative che coinvolgano pienamente gli studenti facendoli diventare protagonisti di ogni attività. Altra priorità sottolineata nel Piano Triennale è la realizzazione del diritto all’apprendimento per tutti gli alunni in situazione di difficoltà e disabilità; necessario diventa, quindi, la creazione di piani ad hoc, più o meno personalizzati, che tengano conto delle diverse esigenze degli alunni. Anche il corpo docente, impegnato in prima persona ad offrire un servizio formativo di qualità, ha espresso delle esigenze; in particolare quello di lavorare in un ambiente sereno e motivante con regole ben definite, la possibilità di condividere metodologie, finalità educative ma anche dubbi, incertezze e perplessità con colleghi, esperti ed enti locali nonché con le famiglie e gli stessi alunni. 2.1.3 RISORSE STRUTTURALI E PROFESSIONALI L’Istituto conta, in totale, 4 laboratori di informatica e 3 di scienze, 1 biblioteca e 2 palestre; tali attrezzature, però, sono distribuite in modo totalmente disomogeneo tra i vari plessi della scuola. Nello stesso PTOF si legge che le sedi scolastiche non hanno uno spazio adeguato per lo svolgimento delle attività sportive, che alcune aule godono 30 attrezzature tecnologiche esistono in numero ridotto ma esse sono anche usate in maniera non del tutto adeguata: i computer servono quasi esclusivamente a compilare i registri elettronici e a sbrigare pratiche burocratiche, mentre la LIM, utilizzata solo in alcune ore, è ridotta a un mero sostituto della lavagna tradizionale. Anche la mancanza di laboratori e di palestre è estremamente riduttiva per le attività: nell’ora di educazione fisica i ragazzi, se le condizioni meteo lo permettono, escono in un piazzale adibito a cortile mentre le possibilità di sperimentare concretamente la lezione di scienze sono del tutto inesistenti. Anche le classi sono piccole e poco spaziose, il che rende difficile un’organizzazione efficiente dello spazio rispetto alle attività da svolgere. Altrettanto critica è poi la situazione relativa all’inclusione che, in verità, è ancora ferma a uno stadio integrativo: gli alunni con disabilità stanno, per la maggior parte, in classe ma restano relegati al loro posto, “accuditi” dal proprio insegnante di sostegno. I PDP andrebbero aggiornati con maggiore frequenza; le attività di accoglienza, seppur previste, non sono sempre praticabili anche per la carenza di figure di supporto e di mediatori linguistici; gli interventi individualizzati vengono realizzati attraverso attività mirate, ma il loro utilizzo è spesso sporadico e non sistematico; mancano le figure di supporto adatte che costituirebbero un valido aiuto nelle classi con alunni in difficoltà. Anche se il Dirigente Scolastico si dimostra molto attento alle necessità degli studenti manca un adeguamento architettonico dell’edificio; per esempio non c’è un ascensore né esistono bagni adeguati. Anche la concezione dell’insegnante di sostegno non è propriamente quella che dovrebbe essere: esso è percepito come il professore personale dell’alunno con disabilità che, in caso di assenza di tale docente, quasi mai partecipa alle attività didattiche della classe. 2.2 LA CLASSE 2.2.1 CARATTERISTICHE STRUTTURALI La classe in cui ho svolto il tirocinio è ubicata al piano terra, affaccia su uno stretto corridoio ma è abbastanza vicina ai servizi igienici e all’uscita. Ha un solo ingresso ed è poco spaziosa, ma gode di molta luce ed è ben areata grazie a due finestre abbastanza grandi situate sul lato opposto alla porta d’ingresso. Dispone di LIM e del PC a essa collegato. 31 L’aula al mio arrivo si presentava tendenzialmente asettica; le pareti erano per lo più bianche e gli unici cartelloni appesi consistevano in una cartina geografica e in un lavoro sull’acqua realizzato da una classe precedente: essa non era, dunque, rappresentante dell’identità della classe che ospita. Tale situazione è, tuttavia, cambiata negli ultimi mesi di tirocinio; i ragazzi, infatti, hanno realizzato diversi lavori come quello sulla violenza contro le donne, sugli elementi della terra e sull’antisemitismo che sono stati attaccati alle pareti dell’aula. 2.2.2 GLI ALLIEVI La classe è composta da 17 alunni, 12 maschi e 5 femmine; è presente un alunno con DSA per il quale è stato elaborato un Piano Didattico Personalizzato e un alunno con disabilità, Giacomo appunto. Non sono, invece, presenti ragazzi di provenienza straniera né alunni ripetenti. Gli studenti sono disposti in maniera tradizionale su tre file di banchi con la cattedra di fronte. Giacomo siede in fondo a destra, lontano dalle finestre e dalla porta che costituiscono per lui fonte di distrazione; la posizione in ultima fila, tuttavia, lo rende facilmente distraibile quando la classe è irrequieta. Accanto a lui siede solitamente l’insegnante di sostegno. La classe è di livello medio e ha un ritmo di lavoro abbastanza regolare. Nella programmazione coordinata gli alunni sono stati suddivisi in 4 fasce di livello: - medio-alta, ne fanno parte 4 alunni che presentano conoscenze e abilità acquisite in modo soddisfacente, impegno costante e un metodo di studio produttivo ed efficace; - media, con 5 alunni dalle conoscenze e abilità sufficienti e un impegno abbastanza costante; - medio-bassa, ne fanno parte 3 alunni con conoscenze lacunose e abilità carenti; - bassa, con 3 alunni che presentano gravi lacune nella preparazione di base e uno scarso impegno, oltre che un metodo di lavoro non ancora acquisito. Per la prima fascia si prevedono attività di potenziamento, di consolidamento per la seconda e di recupero per la terza e la quarta. Da tali fasce è escluso Giacomo, alunno con disabilità, per cui si segue la programmazione contenuta nel P.E.I. 32 2.2.3 DINAMICHE RELAZIONALI E CLIMA DI CLASSE La classe è vivace e collaborativa e il clima relazionale fra i compagni è positivo; quasi tutti i ragazzi, oltre ad aver frequentato insieme la scuola primaria, provengono dallo stesso paese e si vedono anche fuori dall’orario scolastico. Grazie a questo e dato il livello medio generalizzato della classe stessa, c’è disponibilità e aiuto reciproco tra compagni mentre la competitività fra più e meno bravi è scarsa; i ragazzi lavorano volentieri in gruppo, riescono a collaborare in vista di un obiettivo comune e possono trovare insieme un accordo per risolvere eventuali problemi. Il rapporto con Giacomo, invece, è più controverso. Egli ha frequentato con i suoi attuali compagni anche la scuola primaria, tuttavia, non tutti hanno instaurato con lui un buon rapporto. Solo due, infatti, sono i compagni che se ne prendono cura e che hanno nei suoi confronti dimostrazioni di affetto; gli altri, invece, tendono ad ignorarlo e a evitarlo soprattutto quando i suoi comportamenti diventano problematici. I rapporti tra alunni e docenti sono distesi e collaborativi; gli allievi hanno una buona osservanza delle regole e dimostrano rispetto verso docenti e collaboratori; portano il materiale necessario allo svolgimento delle attività e tendono a eseguire le consegne date nonché a rispettare gli orari delle lezioni. Anche i professori sono abbastanza aperti e attenti a raccogliere le esigenze degli alunni cercando di valorizzare il positivo che si trova in ognuno di loro. Nei confronti di Giacomo il discorso, però, ancora una volta cambia: sebbene la sua personalità e sensibilità siano rispettate da tutti i docenti e non vengano messi in atto comportamenti discriminatori, egli viene spesso trattato con atteggiamenti pietisti e paternalistici; è considerato, inoltre, l’alunno della sola insegnante di sostegno per cui, tranne qualche raro caso, la lezione viene svolta senza prestargli da un punto di vista didattico un’adeguata attenzione. Tra i docenti vigono rapporti positivi, tesi a condividere obiettivi educativi e a individuare comportamenti comuni per evitare contraddizioni nella relazione educativa; collaborano tra di loro per favorire una migliore organizzazione dell’attività didattica e, generalmente, adottano comuni modalità di relazione con gli alunni e con le famiglie. Anche con l’insegnante di sostegno i rapporti sono sereni ma, purtroppo, poco collaborativi; tranne pochi casi, le attività e i programmi proposti dall’insegnante di sostegno vengono passivamente accettati dal resto dei docenti senza mettere nulla in discussione o aggiungere altre idee. 35 linguistica, comunicativa e all’immaturità nei rapporti interpersonali che compromettono lo sviluppo delle potenzialità e i ritmi di apprendimento. Vengono sottolineate le difficoltà in ambito neuropsicologico relativamente all’attenzione, breve e discontinua, e alla difficoltà nell’acquisizione dei concetti di relazione spazio- temporale: in merito a quest’ultimo punto permangono difficoltà nell’orientamento temporale, mentre sono stati acquisiti i concetti topologici sopra, sotto, destra, sinistra. Anche nell’area dell’autonomia personale il Profilo denuncia il costante bisogno dell’adulto in determinati compiti che, invece, appaiono oggi decisamente migliorati. Per Giacomo è stato redatto un Piano Educativo Individualizzato che, calibrato sulle esigenze dell’alunno, mira a fissare obiettivi, a scegliere strumenti e criteri di valutazione per creare una didattica realmente inclusiva. Il P.E.I. redatto per Giacomo è suddiviso in aree e presenta, prima di tutto, un’analisi della situazione di partenza; qui, oltre ai dati anagrafici dell’alunno e alla scuola di appartenenza, è specificata la diagnosi con riferimento ai codici ICD-10 e una dettagliata descrizione delle funzionalità dell’alunno secondo i vari assi: cognitivo, relazionale-affettivo, comunicazionale-linguistico, neuropsicologico (capacità mnesiche, attentive e organizzazione spazio-temporale), dell’autonomia, degli apprendimenti e motorio-prassico. La seconda parte del Piano, invece, è dedicata alla presentazione del progetto educativo programmato per l’alunno; questo, in continuità con le linee direttive intraprese l’anno precedente, si prefigge di - migliorare l’interazione sociale; - arricchire la comunicazione; - favorire nuovi interessi e una maggiore flessibilità degli schemi di azione così da allargare le conoscenze e l’adattamento all’ambiente circostante. Di seguito, sempre seguendo una suddivisione per aree, vengono specificati gli obiettivi da raggiungere nel corso dell’anno scolastico. Una prima parte è dedicata agli Obiettivi Operativi Trasversali; per ogni area individuata (cognitiva, neuropsicologica, relazionale-affettiva, dell’autonomia, motorio-prassica, degli apprendimenti) sono specificati obiettivi a lungo, medio e breve termine, le strategie e le attività per raggiungerli e punti di forza e debolezza dell’alunno. Successivamente vi sono gli Obiettivi Didattici; qui, per ogni ambito (linguistico-espressivo, storico-geografico, delle lingue straniere, logico-matematico, 36 motorio-tecnico-artistico e musicale) sono specificati i traguardi per lo sviluppo delle competenze, gli obiettivi specifici di apprendimento, i contenuti, le attività e le strategie. Nella sezione conclusiva è definita l’organizzazione degli interventi in base alle ore di compresenza con l’insegnante di sostegno; vengono, infine, specificati strumenti e modalità di verifica. Il Piano, in complesso, è ben strutturato e organizzato; anche gli obiettivi da raggiungere sono chiari ed essenziali, calibrati sulla reale situazione dell’alunno. I punti di forza e le risorse di Giacomo sono ben valorizzate; per esempio si sfrutta molto lo stile d’apprendimento dell’alunno, prevalentemente visivo, si punta a progettare attività di ordine pratico e manipolativo, a usare strumenti che incontrino l’interesse dell’alunno come il computer e altri supporti multimediali, a prendere continuo spunto dalla realtà e dalla quotidianità così da rendere comprensibili i concetti più astratti e complessi. L’insegnante mette in pratica i propositi esposti nel progetto presentando le attività in maniera metodica e specifica, attraverso una gradualità di proposte che possano facilitare l’acquisizione e la generalizzazione dei concetti in altri contesti. 2.4 OSSERVAZIONE 2.4.1 OSSERVAZIONE NON STRUTTURATA Giacomo ha 12 anni, è il secondogenito della famiglia composta da padre, madre e da un fratello maggiore. Vive in una piccola frazione lontana dal centro abitato dove i punti di aggregazione per ragazzi sono quasi del tutto assenti. Il padre è impiegato, la madre casalinga; inoltre, anche se non vivono con lui, Giacomo frequenta assiduamente i nonni materni di cui riferisce spesso in classe. Entrambi i genitori si occupano di lui in un clima abbastanza sereno, ma è la madre la figura che lo supporta e lo sollecita nel lavoro scolastico a casa, mentre il papà, che Giacomo sembra temere maggiormente, svolge il ruolo più autorevole. Le condizioni socio-economiche della famiglia sono abbastanza buone, mentre il livello socio-culturale è più basso: limitati sono gli stimoli formativi e culturali. Giacomo ha frequentato con regolarità la scuola dell’infanzia e quella primaria. Attualmente frequenta la classe seconda della secondaria di I grado svolgendo un orario scolastico con entrata alle 8.00 e uscita alle 13; solo due giorni a settimana l’orario di uscita è anticipato alle 12 per permettergli di seguire la terapia riabilitativa. 37 È seguito dall’insegnante di sostegno in rapporto 1:1 per complessive 18 ore settimanali; segue una programmazione personalizzata nei contenuti e nei tempi in tutte le discipline, con il raggiungimento di obiettivi minimi, calibrati alle sue capacità. Accompagnato quotidianamente in auto dalla madre, dimostra di venire volentieri a scuola dove ricerca i suoi ormai noti punti di riferimento: l’insegnante di sostegno, i professori con cui è entrato più in sintonia e alcuni suoi compagni, due in particolare. Dimostra di essere autonomo sul piano personale in quanto attende senza l’aiuto degli adulti al soddisfacimento dei propri bisogni: va in bagno, mangia e beve da solo, organizza autonomamente il materiale scolastico che porta in classe con regolarità. Si orienta abbastanza bene nell’edificio scolastico e in classe e sa dove recarsi quando ha bisogno di qualcosa che lo interessa particolarmente: per esempio, conosce il posto in cui è depositato il computer che gli è concesso di usare in alcune ore della giornata; ama utilizzare tale strumento per giocare con alcuni CD incentrati su un personaggio animato, “Maddy”, di cui riferisce continuamente durante la giornata. Notevoli difficoltà emergono nel rapporto con gli altri, sia coetanei che adulti. Accetta la presenza dei compagni in classe, ma con la maggior parte di loro i rapporti si limitano alla serena convivenza; ha un rapporto privilegiato solo con due compagni che lo cercano e hanno verso di lui dimostrazioni di affetto, anche se tende a distaccarsi e a rifuggire da essi subito dopo aver ricevuto una coccola o un abbraccio. Con il resto della classe, invece, è tendenzialmente indifferente, non partecipa alle attività che fanno gli altri e preferisce giocare da solo. È estremamente geloso delle sue cose mentre pretende gli oggetti degli altri: se questi glieli negano si arrabbia e piange. Gli approcci nei confronti dei coetanei risultano, quindi, inadeguati e immaturi ai fini di un rapporto amicale. Più distesi appaiono i rapporti con gli adulti, alcuni dei quali sono diventati ormai i suoi punti di riferimento; tuttavia, anche in questo caso gli affetti non sono gestiti con equilibrio: passa dalla totale indifferenza e apatia al morboso attaccamento. Quando i professori con cui è entrato in maggior sintonia, al momento del proprio orario d’uscita, si allontanano da lui e dall’aula manifesta insofferenza e tristezza, continuando a chiedere quando faranno ritorno e, in alcuni casi, anche uscendo dalla classe per andare a cercarli. Davanti ai dinieghi degli adulti, invece, si ribella e, qualora ciò che vuole non gli viene concesso, piange sommessamente interrompendo le attività che sta eseguendo; questo accade di frequente quando non gli si permette di usare il 40 continuamente sollecitarlo e motivarlo sebbene ciò risulti faticoso, non riuscendo sempre ad avere la sua collaborazione. Conosce le regole della convivenza scolastica ma non sempre le rispetta; spesso, durante le ore di lezione, canticchia, fischia e parla disturbando i compagni e, qualora nel piazzale adiacente la classe scruti auto o persone, si alza dal suo posto per guardare dalla finestra cosa sta succedendo. 2.5 ORGANIZZAZIONE DIDATTICA Come è stato più volte detto, nell’istituto l’insegnante di sostegno è concepita come la docente personale dell’alunno con disabilità e non dell’intera classe. Tuttavia quando, per svariati motivi, la classe è affidata a lei, il tempo viene prontamente sfruttato da quest’ultima per promuovere, con un linguaggio accattivante e attuale, tematiche trasversali che risveglino lo spirito critico degli alunni: interviene laddove si riscontrano difficoltà relazionali e ricerca un dialogo personale con i ragazzi, prestando attenzione agli aspetti di comunicazione non verbale e cercando di creare in classe un’atmosfera serena in cui i ragazzi partecipino alle iniziative didattiche e coinvolgano affettivamente e attivamente Giacomo, modulando le dinamiche relazionali sulla base della collaborazione, del rispetto e dell’inclusione. Con Giacomo l’insegnante ha scelto di operare prevalentemente in classe inserendo, però, anche qualche occasionale e raro intervento fuori, in un’aula apposita o nel laboratorio di informatica, soprattutto quando si deve ottenere maggiore attenzione e concentrazione dall’alunno o quando è necessario ricorrere a strumentazioni specifiche. L’organizzazione delle attività didattiche parte sempre dagli interessi di Giacomo e sceglie modalità accattivanti che coinvolgano l’alunno su compiti-gioco con materiale di vario genere che possa stimolare la curiosità su nuovi apprendimenti e conoscenze. Vengono utilizzati rinforzi per ottenere meglio la sua collaborazione e soprattutto per infondere regole semplici ma precise, che lo abituino al rispetto delle cose altrui e gli facciano acquisire comportamenti adeguati all’approccio interpersonale. Lo stile di insegnamento attuato asseconda lo stile visivo di Giacomo; l’insegnante, infatti, si serve di schede strutturate, immagini, mappe, ausili multimediali per lavorare sul recupero delle abilità compromesse. 41 Ma tenere in piedi l’architettura dell’inclusione significa anche una continua collaborazione con le figure che ruotano intorno alla scuola e all’alunno con disabilità: famiglia, educatori, assistenti, operatori socio-sanitari. Con la famiglia di Giacomo l’insegnante di sostegno ha condiviso, fin dall’ingresso del ragazzo nella scuola secondaria, obiettivi educativi e azione didattica. Tra di loro c’è un rapporto di dialogo e confronto, un continuo scambio di informazioni su comportamenti e atteggiamenti di Giacomo a scuola e in società, soprattutto per evitare la comunicazione di messaggi contradditori al ragazzo. Gli incontri con la famiglia sono frequenti e sistematici in modo da aggiornarsi reciprocamente sulle difficoltà riscontrate negli apprendimenti e nelle relazioni interpersonali e sugli strumenti e metodologie da adottare per superarle. Anche con gli operatori dei servizi socio-sanitari l’insegnante di sostegno intrattiene rapporti di collaborazione e interazione che permettano un costante contatto tra strutture diverse, nel rispetto dei ruoli e delle competenze di ciascuno. 2.6 DESCRIZIONE DELL’ATTIVITÀ SVOLTA IN CLASSE Il P.E.I. redatto per Giacomo dedica una notevole attenzione all’area relazionale- affettiva: stabilisce obiettivi, strategie e attività per incrementare nel ragazzo il controllo di determinate emozioni che influenzano negativamente anche altri ambiti (abilità sociali, comunicazione non verbale) impedendogli di condurre serenamente la giornata scolastica e di stabilire solide relazioni interpersonali. Per questo, in linea con gli obiettivi previsti nel P.E.I. e in accordo con la docente di sostegno, si è deciso di sviluppare in classe un’attività trasversale alle varie discipline, incentrata sulla conoscenza e la regolazione delle emozioni. L’attività interesserà, in un’ottica inclusiva, tutta la classe: frustrazione, rabbia, senso d’impotenza e d’inferiorità, aggressività, timidezza sono emozioni con cui tutti i preadolescenti, non solo quelli con disabilità, hanno a che fare quotidianamente; il progetto, flessibile e concreto nel suo svolgimento, ha tentato di offrire uno strumento di decodifica della personale realtà di ognuno, così da riuscire ad affrontarla in modo consapevole piuttosto che subirla con senso di impotenza. 42 OBIETTIVI A LUNGO TERMINE 1. Autoconsapevolezza del proprio stato emotivo; 2. Controllo del comportamento in relazione alle proprie emozioni e a quelle altrui; 3. Sviluppo dell’empatia. OBIETTIVI A MEDIO TERMINE 1. Saper controllare la frustrazione e la rabbia causata dal diniego delle proprie pretese/richieste; 2. Partecipare ad attività di gruppo e collaborare con i compagni; 3. Adottare comportamenti consoni all’attività scolastica come non disturbare durante la visione di un film, non prendere senza autorizzazione il materiale altrui. PREREQUISITI 1. Capacità di usare adeguatamente materiali e strumenti per attività grafiche. 2. Riconoscimento di un’espressione facciale e dell’emozione che esprime. DISCIPLINE COINVOLTE Arte e immagine; Italiano. CONTENUTI Emozioni primarie (rabbia, gioia, tristezza, paura, disgusto) METODI E STRUMENTI Utilizzare uno stile prevalentemente visivo attraverso immagini che possano trasportare su un piano più concreto i concetti LIM Cooperative Learning TEMPI Mese: Gennaio - Febbraio. 5 incontri da un’ora e mezza a settimana. VALUTAZIONE Valutazione in itinere: Conversazione sulle emozioni primarie (fine prima fase). Valutazione sommativa: Compito di realtà (fine terza fase). Autovalutazione: Test sul grado di soddisfazione e gradimento dell’attività. L’attività è stata articolata in tre fasi. PARTE TERZA: DESCRIZIONE DEL PRODOTTO MULTIMEDIALE 3.1 LE TIC E LA SCUOLA Fluida, partecipativa, interattiva: sono queste le caratteristiche della società odierna; una società fatta di innumerevoli informazioni, spesso poco attendibili o addirittura false, una società mutevole in cui si chiede di riconfigurare continuamente il proprio background culturale e le proprie abilità professionali, una società in cui l’intero scenario dei saperi e delle abitudini umani nel giro di pochi decenni si è radicalmente trasformato. Portatrice di questo cambiamento è l’innovazione tecnologica: televisione e computer sono diventati potenti apparati di conoscenza, Internet ha permesso la diffusione e l’accessibilità di questa tecnologia, i Social Network hanno reso il tutto un mezzo di comunicazione di massa interattivo. I nuovi media, insomma, sono diventati una vera e propria finestra sul mondo, quasi indispensabili in ogni ambito di vita. Davanti a questo scenario un attore importante della vita sociale come la scuola non può certo restare indifferente ma, al contrario, deve insegnare ai suoi discenti un uso consapevole e critico di questi strumenti e, allo stesso tempo, usufruire di quegli stessi mezzi per migliorare la propria offerta didattica. E questo la scuola può farlo affiancando all’apprendimento formale, tipicamente scolastico, che richiede sforzo, impegno, astrazione, uno informale, quello dei nuovi media appunto, centrato su logiche quali la partecipazione, la complicità, l’immersione; due binari che si fondono per creare un sapere più aperto e flessibile, una didattica più dinamica e reticolare. Ecco che le TIC, cioè le Tecnologie per l’Informazione e la Comunicazione, entrano in classe rivoluzionando la classica lezione frontale. A questo punto bisogna, però, fare una differenza tra le tecnologie didattiche e l’uso delle TIC nella didattica; mentre quest’ultima espressione indica gli strumenti usati o utilizzabili nella didattica la cui connotazione è prevalentemente tecnologico-digitale, la definizione di tecnologie didattiche è più ampia e indica aspetti di metodo, di organizzazione, di progetto; è un settore interdisciplinare centrato sui processi didattici la cui finalità è quella di ottimizzare i processi formativi. In questo senso, dunque, le TIC sono la parte più consistente degli strumenti tecnologici che le tecnologie didattiche hanno a disposizione per la progettazione, lo sviluppo, l’utilizzazione, la gestione e la valutazione dei processi e delle risorse destinate all’insegnamento e all’apprendimento50. 50 Tic e Didattica, in www.centrostudiulisse.it 47 Oltre ai più classici tablet e PC, gli strumenti tecnologici sono, per esempio, la LIM, la Lavagna Interattiva Multimediale che permette di trasferire su una grande superficie interattiva materiali attivi che possono essere editati, cliccati, spostati; lo strumento e- book, non solo un semplice libro in formato PDF ma un oggetto in costante divenire che oltre al semplice testo può accogliere immagini, registrazioni sonore, filmati. Strumenti sempre connessi in rete con cui sviluppare lezioni interattive e multimediali magari in modalità e-learning, svolgere esercitazioni e verifiche al computer, chiarire i dubbi attraverso contatti via e-mail, social o attraverso risorse web, approfondire e ricercare i contenuti in tempo reale, sviluppare progetti in rete. Bisogna, comunque, ricordare che la rivoluzione digitale a scuola non mette in discussione significati e contenuti, ma propone metodi di comprensione e azione alternativi secondo più dimensioni: emotiva e cognitiva per cui il soggetto arricchisce la sua personalità sperimentando più media, linguaggi e codici; attiva e interattiva, che si traduce in stimolanti opportunità di apprendimento per gli studenti e in nuove strategie organizzative della didattica per i docenti; reticolare, per cui il sistema scolastico si apre al contesto circostante. Naturalmente, l’adeguamento della scuola al digitale non riguarda solo il sistema italiano ma si inserisce in un contesto di più ampio respiro; è stato proprio il Parlamento Europeo con la Raccomandazione del 2006, ribadita nel 2018 con il nuovo testo, a inserire nelle competenze chiave quella digitale; essa consiste nel saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione per ogni ambito di vita, dal lavoro, al tempo libero alla comunicazione. Tale competenza è supportata da abilità di base nelle TIC come l’uso del computer per reperire, valutare, produrre e scambiare informazioni nonché per comunicare e partecipare a reti collaborative tramite Internet. Anche se non direttamente di competenze digitali, anche il più recente quadro strategico promosso dall’Unione Europea “Istruzione e formazione 2020” tra i quattro obiettivi fissati per il rinnovamento della scuola, fa rientrare a ogni livello di istruzione e formazione l’incoraggiamento della creatività e dell’innovazione, termini che rimandano inevitabilmente al paradigma digitale. 50 clima della classe affinché siano i compagni stessi a coinvolgere attivamente Giacomo collaborando a creare un ambiente favorevole e sereno. 3.4 SCELTA DELLA TEMATICA Proprio a partire dal contesto analizzato si è scelto di lavorare su una tematica trasversale alle varie discipline scolastiche, le emozioni. Data la vastità del tema trattato, esso è stato articolato in più sezioni ognuna delle quali è connessa al raggiungimento di determinati obiettivi: 1. le emozioni di base; 2. da dove derivano e cosa producono le nostre emozioni secondo la sequenza pensiero – emozione – comportamento; 3. le emozioni come mezzo per costruire la nostra personalità e identità. Come si può notare la prima sezione è quella che tocca il tema in maniera più diretta, in quanto si occupa di presentare all’alunno le emozioni primarie; le altre due, invece, permettono di indagare come le emozioni agiscono sull’individuo condizionando i suoi comportamenti e definendone uno specifico modo di essere. In particolare la triade pensiero-emozione-comportamento vuole mostrare, riprendendo i concetti base dell’educazione razionale emotiva, che agendo su pensieri e convinzioni si può modulare l’emozione provata e cambiare di conseguenza anche il comportamento. Infine, la terza sezione è basata sul fatto che il vissuto emotivo del soggetto ricopre un ruolo fondamentale nel determinare la propria personalità e identità; per questo diventa necessario agire per costruire emozioni sane che determineranno, a loro volta, una personalità equilibrata e un’identità definita. 3.5 OBIETTIVI PER COMPETENZE CHIAVE Per competenze chiave si intende un mix di conoscenze, abilità e attitudini che permette di adattarsi ai costanti cambiamenti della società; attraverso la loro acquisizione ogni individuo può realizzarsi, perseguire obiettivi di cittadinanza attiva nonché ottenere la propria inclusione sociale. A tal proposito la Raccomandazione del Parlamento e del Consiglio Europeo ha individuato otto competenze chiave finalizzate all’acquisizione di conoscenze che permangono nel tempo e che sono necessarie a ognuno per realizzarsi in ambito sociale e lavorativo; a sua volta tali competenze sono state declinate in ambito italiano con le cosiddette otto competenze chiave per la 51 cittadinanza. In riferimento sia alle competenze europee che a quelle italiane, gli obiettivi che si pone questo progetto multimediale sono: - comunicazione nella madrelingua; - competenza digitale; - competenze sociali e civiche; - agire in modo autonomo e responsabile; - individuare collegamenti e relazioni. 3.6 FASI DI REALIZZAZIONE La prima fase di realizzazione del lavoro è coincisa con l’esplorazione del materiale già realizzato sul tema in questione. In effetti, la tematica delle emozioni è stata affrontata più volte da molti studiosi che, oltre ad argomentare sui benefici di una buona intelligenza emotiva, hanno creato diverse attività sulla gestione e sul controllo delle emozioni dall’infanzia fino all’adolescenza. Tuttavia, poco è il materiale relativo a un’implementazione interattiva di tali attività che restano, per la maggior parte, in modalità unplugged. Per questo si è deciso di realizzare un e-book in cui combinare argomentazioni teoriche e attività pratiche per lavorare in classe attraverso le tecnologie digitali. L’e-book è stato creato seguendo la storia e i personaggi del film animato “Inside Out”. In particolare, il progetto ruota attorno ad alcuni personaggi chiave del film: la protagonista Riley, una ragazzina di 11 anni che vive nel Minnesota, e altri 5 personaggi che vivono nella mente della ragazza e rappresentano le emozioni di base: Gioia, Tristezza, Paura, Rabbia e Disgusto. Inoltre, ci si è focalizzati soprattutto su una scena del film, quella centrale, riguardante il trasferimento di Riley e della sua famiglia dal Minnesota a San Francisco. La decisione di lavorare su una storia è stata determinata dalla possibilità di mitigare le difficoltà connesse ai processi di generalizzazione e astrazione: le emozioni, infatti, sono dei concetti astratti che nel film hanno un diretto raffronto visivo e concreto in quanto vengono rappresentati come dei simpatici personaggi che abitano il quartier generale della mente influenzando il comportamento della persona. Di seguito lo storyboard dell’e-book: TITOLO TITOLO TITOLO TESTO I Ces 0] VIDEO È IMMAGINE CON ATTIVITÀ HOTSPOTS TIT_: *VERIFICHIAMO" TIT. : “ECCO A VOI GIDIA" IT. :* Le 5 emozioni Li een TESTO 1: Associa il TESTO 1: Caratteristiche t0nse < | personaggio all'emozio-| «| e funzione di ogni emo- ne che rappresenta zione VIDEO: Le 5 emozioni di IMM. :“IMABE HOTSPOTS" base secondo il film ATT.:*DRAG ANO DROP" ‘con personaggio "GIOIA" el INSIDE OUT" (realizzato con HSP) 3 HOTSPOTS (fonte YOU TUBE) {Fealizzato con HSP) TITOLO TITOLO TITOLO IMMAGINE CON IMMAGINE CON IMMAGINE CON HOTSPOTS HOTSPOTS HOTSPOTS TIT.: “È IL TURNO DI TIT_: “VI PRESENTO TIT. : “E ORA..TRISTEZZA” DISGUSTO* Ò RABBIA” pa IMM. : "IMAGE HOTSPOTS® IMM. "IMAGE HOTSPOTS" IMM, : "IMAGE HOTSPOTS" con personaggio “DISGU- icon personaggio “RABBIA" con personaggio “TRI- STO" @ 3 HOTSPOTS le 3 HOTSPOTS ISTEZZA” e 3 HOTSPOTS (realizzato con HSP} (realizzato con HSP) (rentzzato con HSP] TITOLO TITOLO TITOLO IMMAGINE X ATTIVITÀ ATTIVITÀ CON HOTSPOTS UNPLUGGED TIT. :* A OGNI EMOZIONE " [TIT “ ARRIVA PAURA” à (TIT_: "IL CRUCIVERBA «|usuo coLore ’ DELLE EMOZIONI" IMM. : IMAGE HOTSPOTS ‘con personaggio "PAURA'| ATT.:" MEMORY GAME” MATT. : SCHEMA DI CRUCI- e 3 HOTSPOTS TRA EMOZIONE E COLORE [VERBA CON DEFINIZIONE] CORRISPONDENTE E IMMAGINI DELLE (realizzato con #9P) EMOZIONI {realizzato con HSP) 1 TITOLO TITOLO TITOLO TESTO 1 TESIOI GN + ma ATTIVITÀ ATTIVITÀ ent Cao è a IT. "come ni seNTI sE. TIT: ‘COSA PROVA (e vee [7 rie» [ri Siuazione Riley fece [L1: Scegli l'emozione che TI: Abbina situazione ed [E RLEY OCA con ENTO provi emozione î 2, Situazione Riley iste (AI *RIEMPI GLI SPAZI" ATI IMAGE PAIRING” [itata. 3: RILEY SUL PULLMAN (realizzato con E-PUB EDITOR) Croalizzato con HSP] (vie. 2 TRISTEZZA 1 55 Le schede che vanno dalla terza alla settima sono tra di loro simili; anche queste sono state realizzate inserendo nella pagina di E-Pub Editor delle attività realizzate con H5P. In ognuna di esse viene presentato nel dettaglio un personaggio-emozione del film attraverso la definizione delle qualità fisiche e caratteriali e della funzione svolta nel cartone. Ogni emozione è stata realizzata con la funzione Image Hotspots di H5P che permette di inserire un’immagine e porre su di essa degli Hotspots i quali, una volta cliccati, aprono delle finestre contenenti specifiche informazioni. Nell’ordine abbiamo: “Ecco a voi…Gioia!”, “E ora…Tristezza”, “Vi presento Rabbia”, “È il turno di Disgusto!”, “Arriva Paura…” a topomna LLSLMOZIONI Li Vasi. MALINCONICA E INCERTA visresovio sasso fn ÉILTURNO DI DISBUISTO! anniva AURA A OGNI EMNZIONE I SUO CoLoREI ORUENERRADELIF LNaZONI PER CCNI AmIAzIONE otra LNLUGZIONE Frazceosa Camino d È DSS eta Lom.iusitzzi vl è 1 TURNO DI NISGUSTOI x ARZIVA PAURA È ROSSO COME IL FUOCO A 06N Lazio Gai ORA ILORUGVERBA DELLE FNOZONI PER ACRI STAZIONE LNLUGZIONE 56 57 In modalità Fullscreen invece l’attività appare così: Dopo la presentazione di ogni personaggio-emozione e delle sue caratteristiche, vengono presentate due attività di verifiche. La prima è un Memory Game; “A ogni emozione il suo colore”, anch’esso realizzato su H5P e poi trasferito su E-Pub Editor; il Memory è strutturato secondo l’associazione di emozione e colore. In questo caso è possibile visionare il numero di carte girate e il tempo trascorso. 60 date in verde mentre quelle sbagliate in rosso. È possibile rifare l’attività e si accumula un punto per ogni risposta giusta. L’attività successiva si intitola “Cambia il pensiero, cambia l’emozione” e vuole mostrare come, modulando quello che si pensa, si riesce a cambiare anche quello che si prova; a titolo esemplificativo viene riportata una scena del film in cui la protagonista riesce a cambiare il suo pensiero in una situazione di partenza negativa assumendo alla fine un atteggiamento positivo. La scheda è stata realizzata alternando testi esplicativi e immagini raffiguranti scene del film. Successivamente è stata inserita un’attività di verifica (“Indovina il pensiero”) in cui viene presentata una situazione scolastica e richiesto di abbinare l’emozione 61 esemplificata attraverso i volti della protagonista del film con il probabile pensiero provato. Si tratta di un Image Pairing realizzato su H5P e incorporato successivamente su E-Pub Editor. La triade dell’educazione razionale-emotiva è completata dal comportamento; ecco perché, dopo aver approfondito la conoscenza delle emozioni e il suo legame con il pensiero, si passa al comportamento analizzandolo sempre attraverso una scena del film. In questo caso la scheda “Come si comporta Riley?” propone un video interattivo realizzato con H5P che in determinati punti si ferma e pone delle verifiche all’alunno; in particolare la scena trattata riguarda il trasferimento a San Francisco e le verifiche inserite sono un quesito a riposta multipla, un testo da completare, un altro quesito a risposta multipla e, infine, un’attività finale in cui scegliere la frase riassuntiva che si addice di più al video visto. Alla fine del video appare il report che riporta le domande completate e il punteggio ottenuto. 62 Le ultime due schede di cui si compone l’e-book sono incentrate sulle Isole della Personalità che nel film servono a rappresentare le sfaccettature di un individuo, i suoi interessi e l’identità costruita nel tempo. La prima scheda, “Le isole della Personalità”, riguarda proprio la descrizione delle varie isole che si incontrano nel film e consiste in un Agamotto realizzato su H5P; quest’attività permette di inserire in successione più immagini corredando ognuno di una didascalia. L’e-book si conclude con un Personality Quiz anch’esso realizzato su H5P e incorporato su E-pub Editor. Il test prevede una serie di 5 domande e alla fine, in base alle risposte date, restituisce come risultato l’isola prevalente (Isola della Famiglia, dell’Onestà, dello Sport, dell’Amicizia, della Stupidera) nella propria persona. 65 all’interno delle scuole mainstream, potrà supportare, prima al suo interno e poi fuori, allievi e insegnanti, in modo da plasmare quei cittadini responsabili e partecipi di cui parlano le Raccomandazioni nazionali ed europee. 66 BIBLIOGRAFIA Baldacci M., La dimensione emozionale del curricolo, Franco Angeli, Milano, 2008 Baldacci M., La pedagogia come attività razionale, Editori Riuniti, Roma Bar-On R., The Bar-On Model of Emotional-Social Intelligence, in “Psicothema”, a. XVIII, n. 1, settembre 2006 Bembich C., Uso delle tecnologie nel sostegno: il punto di vista di un gruppo di insegnanti in formazione, in “Open Journal per la formazione in rete”, a. 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Che cos’è e perché può renderci felici, BUR, Milano, 2011 Heidrun D., Ianes D., Educare all’affettività, Erickson, Trento Mayer J. D., Salovey P., Emotional intelligence, in “Imagination, Cognition and Personality”, a. IX, n.3, ottobre-dicembre 1990 Morganti A., Le competenze socio-emotive di allievi ed insegnanti per una didattica inclusiva, atti del convegno di studi, Ostellato, 23-24 febbraio 2018 Signorelli A., Inclusione scolastica ed educazione socio emotiva: risultati di una ricerca europea, in “Italiana Journal of Special Education for Inclusion”, a. V, n. 2, settembre 2017 Viola D., La disabilità intellettiva, Edizioni Ferrari Sinibaldi, Milano, 2015 67 Zambotti F. (a cura di), Disabilità intellettiva a scuola, Erickson, Trento SITOGRAFIA Tic e Didattica, in www.centrostudiulisse.it Ritardo mentale o disabilità intellettiva, in www.studicognitivi.it