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Relazione tirocinio tfa sostegno, Tesine universitarie di TFA Sostegno

Relazione tirocinio tfa sostegno secondaria secondo grado

Tipologia: Tesine universitarie

2019/2020

Caricato il 10/08/2020

ariannapula
ariannapula 🇮🇹

4.7

(261)

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Scarica Relazione tirocinio tfa sostegno e più Tesine universitarie in PDF di TFA Sostegno solo su Docsity! PREMESSA Prima di affrontare qualsiasi altro discorso, ritengo opportuno interrogarci su ciò che rappresenta, all’interno dell’istituzione scolastica, il docente di sostegno e quale sia il ruolo che esso è chiamato a svolgere. Spesso la figura dell’insegnante di sostegno viene percepita dal sentire comune come meno importante rispetto agli altri docenti, mentre, al contrario, essa esprime un valore aggiunto che non si limita a contribuire al successo formativo e scolastico del solo alunno disabile ma che estende il proprio intervento a tutta la classe; importante, altresì, è il ruolo di filtro e mediatore tra le varie componenti scolastiche e non (docenti curriculari, genitori, dirigenza e alunni con bisogni educativi speciali e i loro compagni). Il campo principe dell’intervento dell’insegnante di sostegno si esprime nella forma di interventi educativo-didattici che consentano agli alunni di uscire dalla scuola con un bagaglio di conoscenze, competenze e abilità che consentano loro di essere membri attivi e produttivi della società che li circonda. Preparare alla vita dopo la scuola è un percorso che non può riguardare esclusivamente l’alunno disabile ma è un percorso che richiede il coinvolgimento di tutta la comunità educante. Supportando l’alunno con disabilità, contestualmente, il docente di sostegno sostiene la crescita e la maturazione anche dei compagni di classe, rendendoli partecipi del valore profondo e intrinseco che si cela dietro la diversità come componente di ricchezza e aggregazione e non come muro insormontabile che divide e isola. Il vecchio e oramai superato concetto di “integrazione” lascia il posto all’ “inclusione”, che prescinde dalla presenza o meno di soggetti con difficoltà ai quali la società deve aiuto e supporto, per promuovere una comunità che sia già pronta a ricevere chiunque, quali che siano i bisogni che di volta in volta dovessero essere soddisfatti. Inclusione, quindi, come atteggiamento pervasivo e diffuso, che caratterizza l’agire e il sentire di tutti e che a tutti si rivolge; non dimentichiamoci mai, infatti, che in qualsiasi momento della nostra vita, ognuno di noi può trovarsi in una situazione di difficoltà o svantaggio e non per questo ci si dovrebbe trovare soli, esclusi o emarginati. Promuovere l’inclusione, come faro nell’attività del docente di sostegno, non può prescindere da una profonda conoscenza del “materiale umano” con cui si è chiamati a lavorare. La conoscenza abbraccia vari aspetti, che ineriscono non solo ai vissuti pregressi degli individui ma che abbracciano anche la natura delle relazioni affettive ed emotive. La competenza emotiva è forse una delle doti più importanti che il docente di sostegno è chiamato ad acquisire, al fine di poterla promuovere con efficacia. Spesso infatti la disabilità viene costretta nell’ambito dell’impossibilità di fare delle cose, o nell’aiuto di cui si ha bisogno; al contrario, invece, guardando oltre alla disabilità ci si deve spostare nell’alveo della possibilità, delle risorse cui è possibile attingere anche in un’ottica di autonomia più o meno ampia. L’emancipazione dal concetto di dipendenza è un percorso prima di tutto personale e che solo dopo può essere esteso a ciò che ci circonda. In quest’ottica, l’attività del docente di sostegno non dovrà mai essere equiparata a quella di un medico che di volta in volta interviene per permettere all’alunno in difficoltà di superare questo o quell’ostacolo, ma, al contrario, il docente specializzato è chiamato a tracciare un percorso educativo 1 rispettoso delle caratteristiche individuali che, coinvolgendo tutta la comunità educante, permetta all’alunno di sperimentare sé stesso, attingendo alle proprie risorse, come soggetto autonomo, in grado di analizzare i problemi e giungendo di volta in volta alla soluzione ottimale degli stessi. Ciò che si propone non dovrà mai essere confuso con la ricerca di una pseudo-normalità che compensi la diversità in un’ottica omologante, ma, al contrario, è proprio il valore della diversità l’elemento da cui il docente di sostegno deve partire per sviluppare le potenzialità e le risorse cui gli allievi potranno attingere nell’affrontare le sfide che la vita metterà loro davanti, non solo a scuola, come detto in precedenza, ma per il resto della loro vita. Nella mia esperienza di tirocinio ho cercato di attuare, insieme alla mia tutor scolastica e con gli insegnanti curriculari, un percorso peculiare per la mia crescita professionale. All’inizio ho analizzato tutti i documenti programmatici che la scuola mi ha messo a disposizione, per avere una visione generale del contesto in cui mi sarei trovata ad interagire. Nella prima fase del tirocinio ho osservato M., gli insegnanti e i compagni che lo circondano in un’ottica di visione inclusiva. In una seconda fase, grazie alla mia tutor, ho potuto osservare metodologie e strategie mirate, che consentissero a M. e contemporaneamente a tutti gli alunni di sviluppare le loro potenzialità e gestire correttamente le proprie emozioni. Il tirocinio è stata un’esperienza estremamente positiva, fonte di numerose riflessioni sulla fondamentale importanza del ruolo svolto dall’insegnante specializzato per le attività di sostegno. Il tirocinio (abbinato alle lezioni universitarie, che mi hanno permesso di collegare e fissare in modo ben chiaro e definito i principi teorici agli aspetti pratici) mi ha permesso di conoscere da vicino l’enorme sfida, ma allo stesso tempo stimolante e prezioso lavoro, che ogni giorno l’insegnante specializzato affronta con l’alunno, con i compagni di classe, con i colleghi, con gli operatori scolastici, con i servizi sanitari e con i genitori. Un autentico mediatore di equilibri, molto delicati, per un supporto reticolare fondamentale al progetto di vita del giovane alunno. Mi auguro di poter avere emettere in pratica anche io questa preziosa capacità, che è imprescindibile per la professione che andremo a svolgere. Come già detto, le lezioni universitarie che hanno accompagnato l’intero percorso di tirocinio sono state fondamentali per raggiungere l’obiettivo finale, cioè il raggiungimento di una maturità professionale. La conoscenza, l’osservazione scrupolosa e la riflessione nel corso dell’agire permettono di accompagnare lo sviluppo dell’alunno in modo competente e positivo in un contesto sempre più inclusivo, in cui si è attenti ai bisogni e alle potenzialità di tutti, in cui si valorizzano le diversità come valore e risorsa e in cui si promuovono competenze utili fuori e dentro il contesto scolastico. La scuola si pone l’obiettivo di consentire a ciascun alunno il pieno sviluppo delle proprie potenzialità e l’inclusione è finalizzata ad offrire a tutti gli alunni ogni possibile attività formativa. L’alunno arriva a scuola con un proprio “bagaglio” di competenze e di esperienze e l’insegnante, come guida autentica, deve aggiungere a questa preesistente dotazione altri contenuti pedagogici e didattici atti a valorizzare e potenziare ogni singola capacità del proprio alunno. L’insegnante ha il compito di costruire contesti che favoriscano lo sviluppo e l’evoluzione delle diverse originalità, per realizzare l’autonomia di organizzazione dell’alunno e di conseguenza i processi di inclusione. L’osservazione attenta e scrupolosa è un mezzo di cui l’insegnante non può fare a 2 dunque, si collocano in una rete di significati e di relazioni, in un contesto ecologico di casi, di co-costruzione di senso, la cui attendibilità è data non dalla mera quantificazione meccanicistica, ma dalla interazione riflessiva. In questo senso il dualismo quantitativo-misurativo, opposto a quello qualitativo-descrittivo, non costituisce una opposizione ideologica, ma rappresenta una consapevole opzione metodologica. Il tirocinante è accompagnato in una dimensione operativa di chiara impostazione epistemologica e metodologica, che definisce l'inclusione non come modello di normalizzazione, ma come processo di riconoscimento di complessità eco- sociale. Da un punto di vista operativo gli indicatori orientano: - La costruibilità e co-costruzione dell'osservazione, cioè l'individuazione dei nodi relazionali dell'organizzazione scolastica (famiglie, docenti, ambiente, extrascuola, rete, strumenti). - L'affidabilità, non registrazione quantitativa dei risultati, ma capacità di rilevare e interpretare i cambiamenti del e nel processo. - La comprensibilità dei processi (dinamiche di apprendimento e relazione, di contesto, dei ruoli dei diversi attori). - La progettazione integrata degli interventi nella logica della rete. - La valutazione, il monitoraggio costante della evoluzione degli apprendimenti e dei fattori di partecipazione e di contesto. Essenziale, per una formazione efficace come preludio al lavoro in classe, è l’attività di tirocinio, da svolgersi a scuola affiancando un docente di ruolo con una pluriennale esperienza sul campo. È nella pratica di tutti i giorni che è possibile rendersi conto di come i principi oggetto di studio si traducano nelle diverse forme di azione messe in campo dai docenti e di come queste vengano percepite e interiorizzate da tutti gli alunni. L’inclusione, da concetto astratto e faro del nostro agire, supera il concetto medico assistenzialista, retaggio di un vecchio sistema di approccio alla disabilità, per trasformare i ragazzi da passivi spettatori in soggetti attivi della comunità, con diritti e doveri riconosciuti e riconoscibili. Il punto da cui ogni insegnante di sostegno deve far partire la propria azione educativa non può prescindere da un medio-lungo periodo di osservazione. Quest’ultima non può essere circoscritta all’alunno disabile ma abbraccia tutto il contesto nel quale l’alunno è inserito. L’insegnante di sostegno, più di ogni altro, verrà chiamato a svolgere attività di mediazione tra una molteplicità di soggetti, tutti diversi e con differenti istanze: si pensi ad esempio ai genitori dell’alunno, spesso carichi di tensioni, preoccupazioni e aspettative più o meno connesse alla realtà dei fatti; importante è altresì non trascurare un’attenta osservazione della classe, poiché anche i compagni comprendano il valore della diversità e dell’inclusione, non solo per loro stessi ma anche per rappresentare una risorsa cui l’alunno speciale possa attingere ogni volta che ne abbia bisogno senza essere percepito come un peso. Si pensi anche ai colleghi curriculari, spesso poco preparati a gestire la disabilità in modo inclusivo; la Dirigenza e il personale Amministrativo, di cui spesso si può avere bisogno perché da essi provengono input di indirizzo per la scuola tutta o per la gestione delle pratiche burocratiche; infine l’extra scuola, importante per creare quei collegamenti con la realtà di ogni giorno nella quale, alla fine del percorso di studi, l’alunno dovrà trovare spazio. In tutto questo, il 5 docente di sostegno deve imparare a muoversi come un equilibrista, che se da un canto spesso potrà essere costretto a richiamare e a correggere, dall’altro dovrà essere pronto a riconoscere il buon lavoro svolto, catturando il massimo livello di fiducia da parte di tutti. L’osservazione connessa all’attività di tirocinio, risulta quindi determinante nel comprendere il reticolo di istanze e dati inerenti l’attività di sostegno all’alunno con disabilità. Avere un quadro chiaro di ciò che avviene giorno per giorno aiuta a capire l’evolversi di un sistema sempre in movimento ed in continuo divenire. Questo è possibile anche grazie a tutta una serie di indicatori che sono direttamente collegati ai contenuti che un corretto diario di tirocinio consente di misurare ed evidenziare; tra questi ricordo: l’affidabilità dei dati, intesa non come registrazione quantitativa dei risultati ma come capacità di rilevare e interpretare i cambiamenti; la progettazione integrata di tutti gli interventi messi in campo all’interno di un sistema reticolare; la valutazione come momento di riflessione su ciò che e stato fatto e di conseguenza su ciò che si è prodotto. L’esperienza di tirocinio, inoltre, consente di attingere concretamente e di sperimentare quanto appreso durante il corso di specializzazione per le attività di sostegno in un’ottica critica e personale. L’apprendimento relativo ai contenuti del corso andrà a modellarsi ed integrarsi con le risorse già in possesso e con le proprie inclinazioni, diventando sapere pratico ed esperienza concreta; insomma si attiverà quel meccanismo per cui impareremo facendo. A mio parere l’insegnamento, che sia rivolto ad un alunno speciale o al resto della classe, se anche rimane fortemente connesso ad alcuni principi cardine, richiede una profonda riflessione ed una buona dose di inventiva; i contesti mutano continuamente e la capacità del docente dovrà essere improntata ad un adeguamento continuo basato anche su prove ed errori. I risultati dell’azione educativa spesso potranno essere percepiti come incerti, ma è solo in questo modo che si potrà dare vita e scoprire nuove buone pratiche, così come potranno essere accantonate quelle poco produttive o deficitarie. In questo senso, il docente dovrà imparare a gioire e a condividere i propri successi, così come dovrà sviluppare una forte resistenza alle frustrazioni quando non sarà riuscito ad ottenere i risultati sperati. Proprio questo è il contenuto cardine che si esprime nel diario di tirocinio; in questo andrò ad annotare cosa e come ho osservato, da che prospettiva andrò ad agire, valutare, riflettere; ed infine, sempre nel diario, indicherò le modalità, il sostegno e l’attuazione del percorso didattico che si andrà ad attivare. Sarà necessario agire con la massima serenità d’animo, consapevoli che in campo educativo non esistono ricette perfette ed infallibili; l’agire didattico è quanto di più indefinito e vario si possa trovare, poiché abbiamo sempre a che fare con persone, ognuna delle quali ha caratteristiche personali e culturali proprie e differenti l’una dalle altre. Certo non si tratta di tirare un dado sperando che esca il numero fortunato: ricordiamoci sempre che il docente avrà successo nella misura in cui sarà stato capace di adottare uno stile d’insegnamento efficace accanto al ruolo di regista dell’azione che sarà riuscito a ritagliare su sé stesso. Sbaglia chi vede nel diario di tirocinio una semplice relazione di quanto osservato o fatto, perché questo strumento serve prima di tutto a migliorare le proprie capacità di osservazione, riflessione e organizzazione in un’ottica di flessibilità che porti alla crescita personale. La crescita sarà tanto più significativa quanto maggiori saranno le azioni poste in essere, queste ultime fondate su congrui periodi di ricerca. L’attività di ricerca accompagnerà sempre il docente, perché cosi come sono infinite le 6 variabili che si potranno evidenziare nei nostri alunni, tanto infiniti possono essere i modi per realizzare azioni significative e produttive. Il dizionario della lingua italiana (G. DEVOTO, G. C. OLI, Il dizionario della lingua italiana, Le Monnier, Milano 2003, p. 2154) alla voce tirocinio riporta: «Iniziazione pratica a un mestiere, a un’arte, a una professione». È proprio questo ciò che abbiamo fatto durante il percorso del TFA, in cui i docenti ci hanno preparati affinché potessimo intraprendere il mestiere d’insegnante. In particolare, il tirocinio sostegno permetterà a noi studenti, insegnanti in formazione, di addentrarci nel complesso mondo della disabilità, fornendoci conoscenze e competenze per raggiungere una comprensione adeguata di tale fenomeno. Essere disabili equivale, nonostante siamo nel XXI secolo, a essere diversi; inoltre, tale diversità può essere paradossalmente accentuata dall’avere un insegnante di sostegno. Non è raro, infatti, incontrare delle famiglie che nonostante l’evidente bisogno del figlio rifiutano la certificazione di handicap e di conseguenza l’insegnante di sostegno, quasi come se non accettarlo equivalesse al non essere una realtà. Per queste ragioni, l’insegnante di sostegno che vorrei essere dovrà avere specifiche caratteristiche. Vorrei essere in grado di creare, nella classe e con il mio allievo speciale, un’atmosfera serena, affinché questa possa far crescere e motivare in lui una profonda fiducia in sé stesso, con lo scopo di aiutarlo non solo in classe ma di prepararlo adeguatamente ad affrontare le numerose avversità che incontrerà nel corso della vita. Cercherò d’intervenire anche all’interno del gruppo classe con lo scopo di promuovere la specificità di ognuno e soprattutto il rispetto per la diversità, facendo capire che tutti siamo diversi l’uno dall’altro e non per questo meritiamo una qualche forma di discriminazione. E, soprattutto, cercherò di essere un valido supporto per le famiglie, le quali hanno bisogno di un sostegno non solo materiale ma anche affettivo. Credo che il loro cammino sia già irto di difficoltà, dunque a loro andrà tutta la mia comprensione, il mio affetto e il mio appoggio. Questo non per pietà ma per aiutare in tutto e per tutto il mio alunno! Credo che i miei timori e le mie paure, che provo oggi che sono all’inizio del mio tirocinio, si dissolveranno durante il percorso, man mano che conoscerò meglio il mondo del sostegno a scuola, anche grazie alla professionalità e alla preparazione del mio docente tutor, che mi seguirà e mi fornirà conoscenze, indicazioni e consigli su come poter affrontare nel migliore dei modi le diverse situazioni di handicap, non solo attraverso le nozioni teoriche sulle patologie più comuni e sull’iter burocratico da seguire, ma anche (e soprattutto) suggerendomi le modalità d’intervento. 1. Attività osservative Le attività osservative sono finalizzate a: - Maturare sensibilità per gli aspetti della relazione, della comunicazione, della mediazione didattica, dell’accoglienza e cura, della resilienza e del coping. - Acquisire capacità di lettura della realtà scolastica inclusiva nelle sue varie componenti. - Avere consapevolezza del ruolo e della funzione del docente specializzato (e non solo) nella scuola dell’autonomia. - Documentare le esperienze, problematizzare, riflettere criticamente. - Contestualizzare le attività osservative sopra elencate in uno sfondo più ampio 7 utilizzando di volta in volta quelli che ritiene più confacenti al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Il concetto di costruzione di percorsi e situazioni di apprendimento che risponda al criterio della progettazione rappresenta il centro motore della nuova scuola, dopo la normativa sull’autonomia degli istituti scolastici e la pubblicazione delle Indicazioni Nazionali per il curriculo (D.M. 31 luglio 2007). La caratteristica peculiare del curriculo è diventata così proprio quella di essere uno strumento fortemente localizzato, che legge ed interpreta in chiave pedagogica e didattica la realtà sociale e culturale nella quale la scuola opera. L. Cottini distingue tra: - Concetto di programmazione: inteso come la pianificazione del processo di insegnamento-apprendimento in prospettiva curriculare. La funzione del programmare comporta la capacità di prevedere i risultati dell’insegnamento e di regolarne in itinere i processi, al fine di realizzare le finalità formative prefissate; - Concetto di progettazione: azioni che gli operatori scolastici mettono in atto al fine di garantire all’istituzione scolastica il raggiungimento dei parametri formativi fissati a livello nazionale. Caratteristiche della programmazione didattica sono: l’intenzionalità (essa deve essere motivata e consapevolmente orientata in vista del raggiungimento di finalità precise e definite); la contestualizzazione (essa si inserisce in un contesto concreto che tende ad orientarla e a conferirle caratteri di aderenza alla situazione concreta); la razionalità o sistemicità (alto livello di coerenza e concatenazione logica che deve esistere fra obiettivi, contenuti, metodi e sistemi di valutazione); la flessibilità (progetto elaborato visto come linea d’azione soggetta ad aggiustamenti); la collegialità (ogni procedura di programmazione deve vedere la partecipazione di tutte le figure impegnate nel processo educativo); la pubblicazione (una volta elaborati i documenti procedurali devono essere pubblicizzati, in modo da essere condivisi da tutti). Occorre che la programmazione sia commisurata alla situazione della classe e alle specificità disciplinari, infatti secondo la logica dell’inclusione bisogna costruire contesti in grado di accogliere tutti e consente a ognuno di avere le migliori opportunità per raggiungere il proprio successo formativo. In tale prospettiva, un ruolo centrale lo riveste la programmazione dei curricoli didattici. Si possono percorrere 2 strade: 1. Costruire un programma per la classe da modificare poi per coloro che non riescono a seguirlo compiutamente; la finalità è adattare i curricoli ai bisogni speciali dei singoli allievi e quindi si ha differenziazione degli obiettivi, delle metodologie e delle valutazioni. 2. Progettare da subito i curricoli didattici per affrontare le differenze individuali. È la logica sviluppata dalla UDL (trasferire i principi della progettazione per tutti dal piano architettonico a quello dell’istruzione, attraverso un’azione centrata sui programmi di studio, i quali risultano eccessivamente rigidi). Progettare un curricolo flessibile fin dall’inizio offre molte più opportunità a ogni allievo di una classe di sentirsi accolto e stimolato, perché non presuppone il 10 programma standard per tutti. Bisogna lavorare per modificare il curricolo comune, ampliandolo e differenziandolo dal punto di vista didattico, così che possa accogliere le esigenze del più alto numero di allievi possibile. In particolare con il termine “curricolo didattico” ci si riferisce all’itinerario formativo indirizzato ai campi di esperienza o alle discipline, che viene considerato sia sotto il profilo dei contenuti formativi (il programma), che sotto quello della sua organizzazione didattica (la programmazione). Il riferimento normativo di fondo della prospettiva curricolare è rappresentato dalle disposizioni sull’autonomia delle istituzioni scolastiche (art. 21 della legge 59/1997) e dall’art. 8 del regolamento sull’autonomia (DPR 275/1999). Esso rappresenta il dispositivo didattico di riferimento per una scuola che voglia essere sempre più inclusiva e capace di valorizzare le differenze, nel momento in cui persegue i suoi obiettivi di fondo che sono quelli di istruire e educare. L’orientamento UDL offre un supporto prezioso a questo fine, per promuovere un’organizzazione della didattica aperta e flessibile, capace di considerare le caratteristiche diversificate degli allievi e di perseguire per tutti il successo formativo. Al docente viene altresì richiesto l’uso coordinato degli spazi organizzativi sia fisici che virtuali, le cosiddette tecnologie plurali (laboratori, sfondi integratori). Il docente dovrà anche proporre momenti di riflessione e auto-riflessione, cui dovranno necessariamente seguire parentesi valutative e auto-valutative che prescinderanno dall’attribuzione di un voto numerico, per spostarsi su concetti totalmente differenti quali report di natura non lineare ma reticolare, espressione di una qualità che non può essere ridotta ad una semplice griglia di valori predefiniti. Obiettivi personali, auto-formativi, da individuare nel percorso2 Le categorie/bussole orientative non sono collocate in relazione antinomica ma racchiuse in un modello nel quale l’una richiama l'altra (il riferimento è al pensiero dialogico e reticolare di E. Morin). Costruire un protocollo di sperimentazione in un monitoraggio non dovrebbe avvenire in maniera rigida, ma utilizzando categorie interdipendenti capaci di orientare la Ricerca e di rispondere alla complessità, non alla linearità. Il tirocinante ha il compito di tracciare un quadro conclusivo d'insieme che permetta di comprendere se il livello qualitativo inclusivo è stato complessivamente raggiunto. Come messo in luce nel pensiero di E. Morin, credo che oggi per il docente si renda indispensabile di avvalersi di bussole di orientamento, di categorie volte a fornire coordinate per intessere riflessioni e progettare in modo consapevole e integrato basandosi sul pensiero reticolare e dialogico. Nello svolgere il proprio compito, il docente oggi non può prescindere da alcuni elementi che rappresentino un faro dell’azione e il suo agire non può in nessun caso essere frutto di approssimazione e impulsività, ma deve rispondere alle concrete esigenze degli alunni, rappresentati all’interno del proprio specifico contesto. In questo senso il lavoro del docente muta nel tempo al mutare delle nuove condizioni, cambia in funzione del cambiamento degli alunni e delle nuove istanze poste dalla società. Oggi la scuola chiede ai propri operatori un apprendimento continuo, istanza che va trasmessa anche agli alunni, così che questi ultimi non si trovino in difficoltà una volta concluso il ciclo di studi 2 utilizzare modalità narrative 11 nell’affrontare la vita dopo la scuola, ma siano in grado di apprendere in modo autonomo, di osservare i cambiamenti, analizzarli per tradurli in modalità operative utili da spendere, non solo in riferimento al mondo del lavoro ma più in generale in tutti quei contesti che li possano rendere partecipi della vita sociale e personale. Per questi motivi il docente, che sia o meno specializzato, deve continuamente mettere in dubbio l’efficacia della propria azione agendo sul gruppo classe in funzione delle caratteristiche specifiche dello stesso; deve dosare la leva competitiva; deve modificare continuamente i programmi in funzione del livello di maturazione dei singoli alunni; deve infine rilevare i risultati ottenuti in base ai feedback ricevuti. Tutto ciò rappresenterebbe un superamento delle consuetudini di un determinato contesto scolastico a favore di un’emancipazione del sistema scuola, a tutto vantaggio degli alunni speciali e non, che verrebbero guidati ed educati in funzione del loro livello di sviluppo personale e sociale. Interpretare il contesto sociale ci permetterà solo in seguito di progettare un intervento a carattere inclusivo, magari utilizzando risorse, anche multimediali, che più di altre potrebbero mettere l’alunno disabile in condizione di attingere a tutte le proprie risorse. Senza dubbio le risorse multimediali hanno aperto scenari operativi innovativi per ciò che concerne la didattica, non solo per l’utilità che in esse è intrinseca, ma anche se pensiamo che i ragazzi di oggi vedono nei canali comunicativi digitali la prima forma di informazione e di comunicazione, rappresentata dall’uso continuo di smartphone e strumenti analoghi. Indirizzare in modo produttivo l’uso di tutta questa tecnologia è una sfida da vincere per contrapporsi ai disvalori che spesso le tecnologie celano e al bombardamento mediatico, che spesso può confondere anziché aiutare a crescere. La guida dell’insegnante dovrà cercare di mettere ordine, in modo da sviluppare il pensiero autonomo di una testa “ben fatta” anziché di una testa piena di dubbi, incertezze, o immotivate convinzioni. Il rischio di fallire si esprime con una gioventù che non attribuisce valore al proprio tempo, concentrata a vivere la vita di altri, magari dell’influencer del momento, deprivata della capacità e della gioia di prendere le proprie decisioni in modo autonomo e consapevole e di assumersene le rispettive responsabilità. Prigionieri di luoghi comuni e schiavi del pensiero precostituito, le nuove generazioni rischiano di vivere una vita da automi, vittime inconsapevoli di un sistema che cerca di rinchiuderli entro i ristretti limiti di utilizzatori del gadget di ultima generazione, soffocandone le aspirazioni e le speranze. La complessità cui si riferisce Morin è un pensare al plurale, interpretativo e pluralistico che ci permette di trovare più chiavi di lettura e possibili soluzioni ad una eventuale problematica. L'insegnante specializzato di sostegno si deve costruire il bagaglio formativo di competenze teorico-pratiche dove i saperi, le conoscenze, capacità, abilità siano sempre in costante dinamismo e in evoluzione proprio perché nel momento in cui si raggiunge la consapevolezza di traguardi conoscitivi, si dovrebbe pensare che ancora non si sappia nulla, e quindi si dovrebbe continuare a studiare, impegnarsi, aggiornarsi nell'ottica del Long Life Learning. Inoltre le conoscenze non devono mai essere chiuse e di conseguenza i saperi devono saper aprire le menti attraverso un approccio ecologico-sistemico che permetta all'insegnante specializzato di essere un operatore di frontiera, cioè di essere un ponte di collegamento tra le risorse esistenti in ambito famigliare, scolastico ed extra scolastico. Si potrebbe definire l'insegnante 12 o le alleanze e i rapporti con il territorio Parlando di “uguaglianza” nella scuola, generalmente, s’intende uguaglianza delle opportunità, ma quale significato assume nelle pratiche scolastiche questa espressione? Per rispondere è necessario delineare brevemente il ruolo che ha assunto l’istituzione scolastica, nel tempo, a livello politico e sociale. La scuola, prima della riforma ad opera del ministro Casati, intorno alla metà dell’800, era riservata a pochi eletti, e questa situazione è perdurata per un lunghissimo periodo, anche dopo il riordino statale mirante a combattere il diffuso analfabetismo. Sia pur con declinazioni diverse, a seconda della situazione politica e del momento storico, la scuola ha continuato a svolgere il ruolo, altamente selettivo, di formare la futura classe dirigente. Con la sempre più diffusa industrializzazione e la conseguente trasformazione dei sistemi di produzione e dei consumi sono intervenuti profondi cambiamenti a livello sociale, politico e culturale. Accanto alla nuova classe dirigente, la società ha posto alla scuola l’istanza di formazione del futuro lavoratore e cittadino. La necessità di una scolarizzazione per tutti si afferma parallelamente alla crescita della considerazione, da parte della società, verso la scuola, la quale nel tempo assume un ruolo sempre più centrale per l’educazione, la formazione e la qualificazione delle giovani generazioni. Così si fa strada il concetto di uguaglianza nella scuola inteso come possibilità per tutti ad averne accesso. Ma uguaglianza negli accessi significa uguaglianza di opportunità? A prima vista la domanda sembrerebbe scontata, perché fornire pari opportunità è una delle finalità primarie della scuola, in quanto organismo istituzionale incaricato di dare risposta al dettato costituzionale (l’articolo 3 e 34 della Costituzione sanciscono questo diritto e lo concretizzano attraverso la previsione di sostegno anche economico). Tuttavia, ancora oggi, spesso rimane alla scuola un carattere di selettività velato ma che influenza fortemente i risultati scolastici degli studenti. Numerose ricerche di tipo statistico mostrano come, mediamente, l’istruzione dei genitori favorisca la carriera scolastica dei figli e influenzi la scelta del corso di studi. Più è alto il livello d’istruzione delle famiglie e più frequentemente i figli vengono indirizzati verso percorsi liceali, generalmente ritenuti più formativi. Anche gli esiti del percorso scolastico sono inversamente proporzionali al grado di istruzione delle famiglie: il tasso di abbandoni, in media, tende ad abbassarsi in relazione ad un titolo di studio dei genitori più elevato. La scuola registra, come confermato da ricerche correlazionali, episodi di selettività derivanti dall’ “effetto alone” prodotto dall’ambiente di provenienza degli studenti. Il ragazzo cresciuto in un ambiente ricco di stimoli e di opportunità, anche se non particolarmente dotato, avrà una capacità di espressione, un modo di porsi e di relazionarsi sicuramente diverso dal suo collega che proviene da un ambiente culturalmente povero. La stessa disparità di trattamento può essere riservata a ragazzi e ragazze. Le studentesse, generalmente, risultano essere più ordinate e puntuali nell’organizzare il proprio lavoro scolastico e, spesso, adottano delle modalità relazionali che possono indurre i docenti a valutarle con maggiore positività rispetto ai loro colleghi maschi. Il sociologo francese Pierre Bordieau, a questo proposito, ha formulato la “teoria della riproduzione culturale della scuola”, secondo la quale i ragazzi ricevono dalle loro famiglie un’eredità culturale che portano con sé anche a scuola e in virtù della quale il merito conferito va a mascherare dei privilegi: è questo un quadro estremizzato che, tuttavia, è possibile riscontrare. Lo strumento a disposizione delle scuole per garantire l’uguaglianza delle opportunità educative è il 15 curricolo, come affermato dal sociologo francese James Coleman. Il dettato costituzionale, art. 117, assicura a tutti i livelli essenziali di prestazione concernenti i diritti civili e sociali; nella scuola i LEP si sostanziano, come indicato nella legge 53/03, nelle Indicazioni Nazionali. L’istituzione scolastica ha come mandato specifico quello del successo formativo attraverso il raggiungimento di obiettivi di carattere generale garantiti su tutto il territorio nazionale. Da questo concetto parte la mission fondamentale della scuola che, come primaria agenzia formativa ed educativa, deve offrire pari opportunità, non coincidenti con l’uguaglianza negli esiti. Occorre porre attenzione a questo aspetto per non ridurre l’istituzione scolastica ad una “fabbrica di diplomi”. Alla luce di queste riflessioni, sarebbe più corretto sostituire il termine uguaglianza, con quello di equità, che si concretizza nel rendere possibile a tutti l’accesso a scuola, garantendo i livelli essenziali delle prestazioni, ma non ignorare differenze e diversità. In questo senso risulta ancora attuale il pensiero di Don Milani, il quale, nel suo libro “Lettera a una professoressa”, scriveva che non c’è nulla di più ingiusto che fare parti uguali fra diseguali. Don Milani rivendicava allora, e la stessa istanza è valida ancora oggi, il diritto alla differenza e il diritto alle pari opportunità e all’equità. La scuola di oggi si è avviata, con decisione e ormai da decenni, su questa strada, sia pure con molte difficoltà, attraverso scelte inclusive ed accoglienti in particolare verso gli alunni con bisogni educativi speciali e i sempre più numerosi alunni stranieri. Il concetto di pari opportunità e di equità si accompagna a quello di merito. La scuola ha necessità di adottare un trattamento dis-eguale, cioè di mettere in campo un’azione di sostegno e accompagnamento volta a far emergere le potenzialità di tutti, anche degli alunni dotati che risentono di situazioni deprivanti dal punto di vista ambientale, economico e familiare. Il riconoscimento del merito è funzionale a far emergere le eccellenze, dando loro il dovuto riconoscimento. Parlare di equità e di merito significa, per la scuola, porsi l’obiettivo di mettere al centro del suo operato la persona; per ogni docente implica una duplice responsabilità: la necessità di tenere sotto controllo il processo globale dell’azione di insegnamento/apprendimento e, contemporaneamente, di individuare percorsi personalizzabili strutturati e orientati alla costruzione di competenze. La “coltivazione dei talenti” e la valorizzazione personale può concretizzarsi se si riesce a liberare il merito da tutti i condizionamenti culturali e sociali d’origine e ci si concentra sulle reali capacità di ognuno. L’istituzione scolastica, nel rispondere a criteri di efficienza e di efficacia, ha l’impegno primario di utilizzare le sue risorse in modo da ottenere un bilancio positivo rispetto agli scopi che si è data e di agire in modo da incidere positivamente rispetto alle situazioni di partenza: pari opportunità e risultati collegabili ai talenti personali, è questa la via dell’equità. Il Dlgs 165/01, all’articolo 25, stabilisce che il DS “organizza l’attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formative”. Una scuola che si muove alla ricerca dell’equità vede il suo DS mettere in campo una serie di azioni volte a valorizzare le peculiarità di tutti gli alunni. L’adozione di una politica di formazione dei docenti, soprattutto nell’approfondimento di particolari metodologie, come ad esempio la didattica multimediale, il cooperative learning, il mastery learning, possono produrre buoni risultati nelle attività con la classe. L’apertura al territorio, la ricerca di alleanze, di contatti con l’esterno (ad esempio oltre che con gli enti locali che costituiscono gli interlocutori primari con il mondo del 16 volontariato, dell’associazionismo, dell’imprenditoria), possono essere fondamentali per costruire opportunità extrascolastiche di studio e aggregazione e per reperire fondi destinati all’arricchimento dell’offerta formativa della scuola. L’azione del DS di sostegno e di indirizzo potrà orientare il collegio ad un’attenta analisi della realtà scolastica per operare scelte, adottare mezzi e strategie arricchenti e facilitatori nel far emergere talenti, passioni e potenzialità. L’elaborazione del PTOF dovrà, allora, esplicitare la mission della scuola attraverso progetti ed iniziative orientate all’accoglienza, all’inclusione e alla ricerca di equità e merito. La cura delle relazioni interne e con il territorio, l’attenzione alla persona come elemento centrale dell’azione educativa, l’arricchimento di opportunità, la disponibilità di strumenti, strategie, tecnologie, anche nel tempo dell’extrascuola, contribuiscono a dare la percezione di una scuola attiva e attenta ai bisogni educativi e alle istanze sociali e determinano una crescita umana e culturale per tutti coloro che ne fanno parte. La prospettiva inclusiva rappresenta un pensare corale, che necessita del continuo intreccio di attori, linguaggi, ambienti. Perché una rete di alleanze funzioni è necessaria la distinzione ma anche la congiunzione delle competenze, perché il tutto non si traduca nel mero stare uno accanto all’altro in certi momenti e spazi. Essenziali sono le reti sociali, che sono composte da più livelli. Come mette in luce A. Canevaro, se un soggetto si trova a strappare il primo livello di rete sociale dovrebbe avere poi la possibilità di non precipitare ma di cadere su un livello che attenui il colpo e permetta la risalita. Il problema della nostra epoca è che le reti sociali “semplici” (composte dagli elementi di socialità più spontanea, più legata alla possibilità di servirsi nel negozio accanto a casa, di avere rapporti di vicinato, etc) sono molto in crisi. Infatti spesso si torna a casa solo per dormire, si lavora lontano etc, e quindi viene a mancare questa rete sociale semplice. Le reti sociali semplici sono quelle che aiutano anche ad essere resilienti. o le dinamiche relazionali o il pluralismo metodologico o i processi di mediazione e/o negoziazione o i differenti punti di vista o la risoluzione dei conflitti o la continuità verticale ed orizzontale o l'autostima e l’efficacia L’autostima negli alunni è cruciale per l’apprendimento e la formazione. Stimarsi positivamente è un valutare sé stessi dotati di particolari qualità, che si costruiscono sulla base delle proprie esperienze e dal confronto dei propri elementi distintivi con quelli degli altri. L’autostima rappresenta quindi il rapporto tra quello che un soggetto è e quello che, invece, vorrebbe essere. Tutti questi aspetti dovrebbero concorrere a creare un generale e positivo clima all’interno della scuola, poiché le ricerche mostrano come nell’ambito delle attività educative un’interdipendenza tra il livello di aspettativa, di ansia e di prestazioni. Ogni individuo, fin dalla nascita, si autoforma e si autoeduca, organizzando, attraverso il processo di socializzazione e di acquisizione delle conoscenze, un certo livello di aspettative. Spesso le aspettative sono “profezie” che si autoadempiono. Gli esseri umani, in base alle reazioni degli altri al proprio comportamento, s’immedesimano e acquisiscono autostima. Quando l’ambiente in cui il soggetto vive lo stima poco intelligente, egli tenderà ad acquisire tale considerazione di sé e a 17 legate alla situazione sociale, culturale, economica. L’Incontro con alcune storie di vita ci permette di dimostrare la possibilità di un'organizzazione positiva degli apprendimenti, trasformando così costruttivamente un'esperienza di difficoltà; favorire quindi la lettura nella dimensione della risorsa, permettendole di esprimersi al di là della mancanza. In questa prospettiva la resilienza affronta lo studio dell'handicap, facendo dialogare la componente del limite con quello della risorsa. Il processo di resilienza e di riuscita personale/sociale è dunque particolarmente legato all’ambiente, alla famiglia, al gruppo e alla collettività, ai servizi territoriali, specialmente in riferimento alle persone con disabilità. L’OMS con il modello dell’ICF promuove l’idea che la salute sia la risultante di fattori complessi ed interconnessi. La reciprocità e lo scambio collettivo dei professionisti e di tutte le persone coinvolte producono cambiamenti all'interno di una relazione di aiuto, che promuove l'ascolto, attivando il cosiddetto processo di resilienza nella persona con disabilità. Per Zimmerman, con empowerment si intende un processo dell’azione sociale attraverso il quale le persone, le organizzazioni e le comunità acquisiscono competenza sulle proprie vite, al fine di cambiare il proprio ambiente sociale e politico per migliorare l’equità e la qualità di vita. Si distinguono tre tipi di empowerment: - Individuale: processo attraverso il quale gli individui acquisiscono competenze, accrescono la capacità di controllare attivamente la propria vita e sviluppano la consapevolezza critica del loro ambiente sociale, politico e culturale; - Organizzativo: processo attraverso il quale individui appartenenti ad un gruppo sono coinvolti attivamente, si sentono responsabili di ciò che accade ed esercitano un’influenza sui rappresentanti eletti e sui servizi erogati; - Di comunità: processo attraverso il quale individui appartenenti ad una comunità, ovvero i cittadini, si attivano nei confronti delle strutture socio- politiche e sviluppano la capacità si incidere sulle trasformazioni sociali. Il concetto di empowerment è applicato in molti ambiti, come la politica, la psicologia, le aziende e, sempre più spesso, legato alla salute. Come ho messo in luce parlando di resilienza, secondo l’OMS la salute è “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente assenza di malattia e di infermità”. Salute dunque come "stato emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale che consente alle persone di raggiungere e mantenere il loro potenziale personale nella società". Essere in salute non è quindi il semplice prodotto di una organizzazione sanitaria efficiente, ma il risultato di una serie di fattori di tipo sociale, ambientale, economico e genetico. La salute da “stato” diventa così “processo”, del quale l’individuo e la comunità sono attori: è infatti attraverso il rafforzamento delle loro capacità e competenze che possono aumentare il controllo sulla propria salute e migliorarla, divenendo cioè “empowered”. L'Organizzazione Mondiale per la Sanità ha più volte affermato che l'azione di comunità e l'empowerment sono pre-requisiti per la salute. o l’accettazione e il rifiuto, gli ostacoli barriere o la partecipazione e la comunicazione Per il docente, il saper comunicare è una delle capacità imprescindibili della propria professione. Per questo motivo, egli dovrà essere un esperto nell’arte della comunicazione, dovrà cioè saper comunicare attraverso una corretta combinazione di 20 contenuto e di strategia/e, tenendo sempre in considerazione il contesto nel quale si svolge la relazione comunicativa. Il modello a cui la pragmatica fa riferimento considera la comunicazione come un evento complesso: l’attenzione viene spostata dall’analisi del testo e della struttura del linguaggio all’evento, all’atto comunicativo in sé. Ogni persona comunica con il linguaggio verbale e con il linguaggio analogico. Il verbale è dotato di un vocabolario e di una sintassi completa, li linguaggio analogico invece non ha alcun vocabolario di riferimento, né una sintassi adeguata, poiché è costituito da un insieme di segni non codificati, relativi all’uso del corpo. Si possono definire analogiche tutte le espressioni non verbali di cui l’organismo è capace. Inoltre il linguaggio verbale trasmette notizie e contenuti ed è costituito da un alto grado di complessità e astrazione. Quello analogico invece veicola sentimenti e relazioni, riuscendo a esprimere ciò che la parola fatica a definire. Esso è caratterizzato da un basso livello di astrazione. Per quanto questi due modi della comunicazione siano diversi, non possono essere intesi come opposti e in contrapposizione tra loro. Il linguaggio analogico e quello verbale sono facce di un’unica medaglia, parti interagenti nello stesso processo comunicativo. Durante una conversazione normale, il linguaggio non verbale ha l’impatto maggiore nel successo della comunicazione: gesti, atteggiamenti, espressioni del volto, la postura… Un insegnante che si ponga di fronte all’allievo con una postura rigida e impettita mostra attraverso questa disposizione nello spazio qualcosa di sé che appartiene alla propria struttura interna, di personalità. La comunicazione non verbale riguarda poi anche la prossemica, cioè lo studio delle distanze interpersonali. Ad esempio è stato dimostrato che le distanze ideali per la relazione didattica sono quella personale (45/120 cm) e sociale (120/359 cm), che meglio si prestano a garantire un’attività di sostegno efficace. La distanza personale costituisce una buona condizione per operare in affiancamento al soggetto con disabilità durante un’ora di lezione ordinaria in classe, in cui bisogna interagire verbalmente con lui senza tuttavia disturbare il resto della classe o il docente mentre sta spiegando. Anche le espressioni del viso costituiscono un insieme di segni manifestati in modo involontario che rivelano alcune condizioni emotive: particolarmente significativi sono i movimenti della bocca e degli occhi. Quando l’alunno evita continuamente lo sguardo, è sfuggente e mostra difficoltà nel mantenere il contatto visivo, sta esprimendo difficoltà nello stare in relazione con l’interlocutore. Tenendo conto di quanto si è detto, è importante che il docente sappia cogliere ed interpretare questa moltitudine di segnali, sapendo anche calibrare i propri gesti in modo da renderli opportuni e significativi. Il docente dovrà possedere una competenza paralinguistica, dovrà essere in grado di modulare il proprio tono di voce, il volume e il timbro. L’utilizzo adeguato di questi elementi potrà essere un utile strumento per la didattica, nel senso che tono, volume, timbro e tempo potranno rimarcare il contenuto ed evidenziarne gli aspetti essenziali. o le dinamiche di involuzione-esclusione Il bambino “diverso” vive di frequente una situazione di rifiuto a scuola e fuori da essa. In generale la formazione di un gruppo è un momento carico di tensione per tutti i componenti, in modo particolare all’inizio. All’inizio ogni membro sa di affrontare un’incognita. La dinamica fondamentale si può sintetizzare nel binomio “io e gli altri”, 21 dove gli altri spaventano. La questione si complica quando il bambino è diverso, in cui il soggetto si sente debole e vulnerabile. Il bisogno di appartenere e di esistere è stato studiato da Erikson. L’autore mette in evidenza che il bisogno di esistere si ha per la prima volta quando il bambino viene al mondo e dipende dal rapporto con la madre. La fase iniziale può avere due risvolti: - Se la madre riesce a trasmettere sicurezza al bambino tale esperienza viene cristallizzata dall’individuo, che acquista fiducia e speranza di potere realizzare i suoi desideri e vede il mondo “buono”; - Se la madre non riesce a trasmettere sicurezza il bambino avrà un senso di sfiducia e nel tempo si potrà manifestare estraniazione, ripiegamento su sé stesso… La dinamica del permesso di esistere e di appartenere si ripresenterà molte volte nel corso della vita, ogni qualvolta si tenta di entrare in un nuovo gruppo. In base a come si è risolta la fase iniziale l’individuo attiverà comportamenti diversi. In particolare, se egli ha sviluppato un’idea negativa del sé, riproporrà quello che ha appreso mettendo in atto comportamenti scenici a lui familiari. La frustrazione del bisogno di essere visti si può manifestare in vario modo, per esempio disturbando. Il docente di fronte a tale situazione può reagire: ignorando il ragazzo, avendo un atteggiamento persecutore con rimproveri e richiami continui, accettando tutti incondizionatamente. Questi tre comportamenti non permettono di cogliere i meccanismi di disagio e molto spesso riescono solo a celarlo momentaneamente in quanto poi si ripresenteranno. Un approccio per poter interpretare il disagio e intervenire su di esso è quello della lettura del disagio secondo un doppio livello: superficiale e nascosto, sociale e psicologico. A livello sociale si vede solo il comportamento che esibisce l’individuo, a livello psicologico si cercherà di capire il motivo del suo comportamento, il bisogno sotteso. o la natura socializzata degli apprendimenti o la cooperazione Nell’attuale società, caratterizzata dall’esplosione tecnologico-digitale e dalla internazionalizzazione della generalità dei contesti sociali, il soggetto deve essere in grado di adattarsi velocemente al cambiamento e rendersi conto del fatto che gli uomini sono legati l’uno all’atro ormai a livello planetario. Comportarsi in modo individualistico e competitivo non aiuta ad affrontare le situazioni che viviamo ogni giorno e che il più delle volte possono essere risolte solo in modo cooperativo. Compito del professionista dell’apprendimento è di aiutare il soggetto ad accrescere le proprie abilità di gestione delle relazioni interpersonali utilizzando strumenti e modalità più adeguate al raggiungimento di tale obiettivo. Si tratta di utilizzare metodi di insegnamento (come il cooperative learning o il learning by doing) che valorizzino simultaneamente gli aspetti cognitivi e sociali, affettivi e relazionali di qualsiasi apprendimento. Pertanto compito prioritario della scuola è la creazione di ambienti idonei all’apprendimento che abbandonino la sequenza tradizionale lezione-studio individuale-interrogazione, per dare vita a comunità di discenti e docenti impegnati collettivamente nell’analisi e nell’approfondimento degli oggetti di studio e nella costruzione di saperi condivisi. Ogni alunno può raggiungere risultati formativi positivi se nel curricolo scolastico si pone in primo piano l'obiettivo dell'inclusione e della 22 resilienza, del prendersi cura di noi stessi e della nostra esistenza; è legata al desiderio e alla progettualità. Nei contesti del diverso, l'educatore deve saper costruire un rapporto educativo orientato ad aiutarlo ed aiutarsi, poiché l'aiuto autentico consiste nell'apprezzamento della persona e nel riconoscimento dell'identità. Inoltre il ruolo dell'educatore ha una funzionalità ermeneutica (essere interprete) dei bisogni dell'altro; agisce nell'ottica di scomporre e ricomporre insieme all'altro gli elementi essenziali nel progetto di vita, per cui il bravo insegnate deve acquisire una mentalità ermeneutica agendo tra limiti e risorse. Quando interpreta la diversità dell'altro deve valorizzarla e non annullarla o normalizzarla. L'azione di riconoscimento della diversità dell'altro cambia contestualmente sia sé stesso, sia il contesto all'interno della quale la relazione di aiuto e cura si realizzano, perché esiste uno stretto legame di reciprocità tra educatore, insegnate ed educando. o lo stato di benessere individuale e collettivo Occorre dedicare tempo alla costruzione del gruppo come entità super-individuale, capace di sostenere e motivare il singolo, di assorbire i disagi relazionali e di restituire fiducia e senso di appartenenza. Viceversa, un gruppo che non funziona, può esasperare le tensioni dei singoli, creare malessere e disagi, i cui effetti si fanno sentire sull’apprendimento. Il gruppo va continuamente osservato, coltivato e gestito e il docente deve attenzionare le dinamiche di gruppo, la posizione personale dei singoli e i propri vissuti emotivi. Abilità sociali e relazionali, imparare a stare con gli altri, sono un contenuto di apprendimento e vanno progettate ed intenzionalmente insegnate per promuovere il benessere individuale e collettivo degli allievi. Insegnamento cooperativo, didattica laboratoriale, circle time e metodologie di problem-solving sono certamente strategie didattiche tra le più efficaci per costruire e mantenere relazioni quantitativamente e qualitativamente ricche e stimolanti. o la cura di materiali, ambienti, contesti, l’accoglienza. o l'accessibilità culturale comunicativa, spaziale e psicologica o l’individualizzazione o la personalizzazione di tempi, spazi, attività e strategie o i modelli progettuali e le attività laboratoriali e di ricerca o le modifiche e cambiamenti apportati a livello istituzionale, strutturale 25 Attività operative-progettuali A. Progettazione di un percorso inclusivo B. Lettura/analisi del piano dell’offerta formativa (P.T.O.F.) in relazione ai processi inclusivi C. Dati relativi alle politiche inclusive della scuola D. Storia di un “caso” e rielaborazione dell’esperienza E. Bibliografia di riferimento sulle aree specifiche della Pedagogia Speciale e Didattica Speciale 1. Dati personali Dati anagrafici dello studente Nome Arianna Cognome Pula Data di nascita 04/05/1990 Residenza Santarcangelo di Romagna (RN) E-mail [email protected] Laurea in Lettere Moderne Scuola sede di Tirocinio ITC R. Molari - Santarcangelo di Romagna (RN) Classe/sezione 2 C Dirigente scolastico Dott.ssa Maria Rosa Pasini Tutor scolastico Prof.ssa Donatella Girolomini Tutor universitario Prof. Gaetano Maiorano Classe di concorso A011, A012, A022 Altre Informazioni 26 3. Fase osservativa delle dinamiche inclusive 3.1 Osservazione dell’Istituto Scolastico Denominazione e tipologia dell’Istituto I.S.I.S.S. "L. EINAUDI - R. MOLARI" Collocazione territoriale L’Istituto ha due sedi: la sede Molari (di indirizzo tecnico), dove si è svolto il mio tirocinio, e la sede Einaudi (di indirizzo professionale). La sede Molari si trova nel comune di Santarcangelo di Romagna (zona nord della Provincia di Rimini, al confine con la Provincia di Forlì-Cesena), mentre la sede Einaudi nella zona sud della provincia di Rimini. La vocazione economica della zona nord è caratterizzata dalla presenza di piccole e medie aziende, soprattutto di stampo artigianale e rurale. La città di Santarcangelo è ricca di attività commerciali e servizi la cui spinta propulsiva è data da una intensa attività culturale. Negli anni il tessuto produttivo della periferia ha mantenuto la sua connotazione agricola, sviluppando nel contempo zone artigianali e piccoli complessi industriali. Nel corso degli anni il territorio ha subito una forte urbanizzazione dovuta alle favorevoli condizioni economiche del contesto. Di conseguenza l'affluenza di cittadini, provenienti da altre zone sia italiane che estere, ha portato ad un sostanziale cambiamento della precedente situazione socio-culturale. Il tessuto sociale attuale, pur nella sua complessità, rappresenta una risorsa per la convivenza e la reciprocità. Il territorio, pur avendo sofferto la crisi economica, riesce a mantenere standard sociali di livello medio anche grazie alla capacità imprenditoriale che fa leva sulle risorse paesaggistiche e culturali del luogo. Sul territorio operano istituzioni, enti ed associazioni con cui la scuola collabora per portare avanti progetti di interesse comune: Amministrazione Comunale, Rete dei Musei Comunali (MUSAS), Pro Loco, Biblioteca, Comunità̀ Educativa Territoriale, Centro per le famiglie, associazioni di volontariato e culturali. Gli studenti della sede Molari provengono prevalentemente dai Comuni dell’Alta Valmarecchia (Santarcangelo, Poggio Torriana, Verucchio) e da paesi limitrofi (Bellaria Igea Marina, Savignano). Per alcune fasce di studenti - soprattutto del biennio - la motivazione allo studio è bassa e gli studenti devono essere ancora seguiti ed accompagnati in un percorso di orientamento e di autovalutazione. Il contesto socio economico delle famiglie di provenienza è medio. Input osservativi 27 Indubbiamente i docenti che non si limitino alla semplice trasmissione dei contenuti curriculari ma che, al contrario, trovino piacere nel conoscere veramente tutti gli alunni e i loro bisogni, hanno la possibilità di scoprire mondi bellissimi. Naturalmente questi mondi non sono a sé stanti ma si intrecciano tra di loro creando multiformi processi dinamici. Riuscire a comprendere questi processi e introdursi negli stessi come guida o punto di riferimento è un risultato cui ogni docente dovrebbe ambire, non solo perché così facendo acquisirebbe l’autorevolezza necessaria per essere riconosciuto come meritevole di attenzioni e rispetto, ma anche perché l’arricchimento personale che ne conseguirebbe non avrebbe uguali. 3.2 Osservazione di un incontro collegiale (Collegio docenti o consiglio di classe, incontro per la programmazione, consiglio di istituto, commissione, incontro con la famiglia o gli operatori di riferimento, etc.) Descrivi il grado di inclusività rilevato nell’incontro collegiale osservato. Prende la parola la Neuropsichiatra infantile che chiede sia alla famiglia sia al docente le problematiche riscontrate in questo periodo. I genitori espongono i problemi di gestione di M. per le fissazione a non volere più andare a scuola il prossimo anno e recarsi a Milano a lavorare. I genitori e il docente evidenziano che tali problematiche sono sorte in seguito a delle bugie dagli stessi raccontati. La Neuropsichiatra spiega alle parti interessate che a causa del ritardo mentale M. ha una certa rigidità mentale e quando gli viene detto qualcosa lui la acquisisce ma successivamente non è in grado di cambiare idea. Continuare a dire bugie potrebbe portare M. verso un comportamento ossessivo-compulsivo. La Neuropsichiatra consiglia di dire la verità al ragazzo, seppur presentandola in maniera edulcorata. La riunione prosegue leggendo gli assi del PEI e attraverso un confronto critico tra insegnate, famiglia e Neuropsichiatra si apportano le dovute correzioni. Si nota un miglioramento nell’asse affettivo relazione: l’acquisizione dell’io. L’allievo, infatti, parla in prima persona. Non ha difficoltà a relazionarsi, il ragazzo è infatti abbastanza integrato nell’istituto. Per l’asse del linguaggio si richiede di aggiungere che l’allievo si esprime molto con la pittura. La Neuropsichiatra evidenzia la legittima richiesta di M. di andare a lavorare e come il sistema italiano non preveda delle misure di aiuto per un futuro inserimento nel mondo del lavoro. Viene presentato il modello tedesco come esempio di inserimento di ragazzi disabili in cooperative e case alloggio che permettano loro di lavorare. La mamma di M. spiega che per molto tempo ha vissuto in Germania e l’esperienza nelle scuole speciali per il figlio è stata disastrosa. M., infatti, non migliorava ma acquisiva le stesse modalità comunicative degli altri allievi. La famiglia si è trasferita in Italia per dare opportunità migliori al figlio. Adesso, i genitori stanno prendendo in considerazione l’idea di ritornare in Germania per potere dare un futuro migliore al figlio. Concludendo esprimo un mio personale rammarico riguardo alla mancata 30 partecipazione alla stesura del PEI da parte dei docenti curriculari, indice di come i processi inclusivi siano ancora delegati al docente di sostegno. 3.3 Lettura critica del piano dell’offerta formativa (P.T.O.F.) in relazione ai processi inclusivi  Riflessione sul PTOF in relazione al livello e al gradiente di inclusività presente secondo gli indicatori:  politiche e azioni inclusive  tempi e spazi inclusivi  senso di appartenenza  cultura partecipata e cooperativa  cura e accoglienza  atmosfera educativa  assetto organizzativo inclusivo  partnership e logiche di rete  ostacoli, barriere e risorse in relazione all'apprendimento, alla comunicazione, alla partecipazione  accessibilità in senso lato  rispetto e valorizzazione delle differenze, diversità, eterogeneità, storie personali, interessi, capacità, orientamenti culturali, di genere, etc.  sostegni e aiuti, oggetti mediatori ed agenti facilitanti  modelli di progettazione inclusiva Se si rileva un'ottica non inclusiva, illustrare quante e quali forme di mutamento si possono attivare e con quali modalità, per realizzare l'inclusione Estratto dal Ptof: Tra le iniziative di ampliamento curriculare rivolte all’INCLUSIONE (descrizione sintetica dell'attività con eventuale indicazione dell'area tematica di riferimento): PROGETTO: TUTOR JUNIOR E SENIOR Contrastare l’abbandono scolastico in particolare nel biennio e favorire il successo scolastico. Costituire un gruppo di docenti che si forma per divenire Tutor e seguire nel percorso i ragazzi in difficoltà; viene sottoscritto un Patto e stretto un legame di aiuto e di vicinanza. Nell’ottica dell’educazione peer to peer vengono individuati anche studenti di classe quarta che seguiranno anch’essi un breve corso di formazione e per consigliare ed aiutare i 31 compagni più giovani. Le azioni sono di consiglio, incoraggiamento ma anche di aiuto nello studio. Organizzazione di Scuola aperta-aiuto compiti nel pomeriggio gestita dai docenti interni e dagli studenti Peer. INTEGRAZIONE DEGLI ALUNNI STRANIERI Favorire gli inserimenti di alunni non alfabetizzati nella lingua italiana. Favorire percorsi culturali di conoscenza reciproca all’interno delle classi e dell’Istituto Imparare ad esprimersi nella lingua italiana, anche con semplici frasi ed acquisire le nozioni disciplinari essenziali. Stesura da parte del C.d.C. del PDP. Collaborare con i centri di mediazione o di intercultura sul territorio. Lezioni interattive tramite la mediatrice, supporto nei colloqui con le famiglie; attuazione del protocollo relativo all’accoglienza; compilazione del Piano didattico personalizzato (PDP); lezioni e sportelli di potenziamento durante l’anno scolastico con docenti. PAI Il PAI è il documento di riferimento per i Consigli di classe e le famiglie. Una filosofia dell’inclusione che diventi cultura e modo di essere nel quotidiano, uno sguardo per integrare tutte le diversità, una modalità d’approccio che non sia centrata solo sugli obiettivi (i programmi), ma anche sulle relazioni (gli aspetti affettivi). L’approccio deve intendersi il più possibile individualizzato, un equilibrio e un senso della misura nel fornire quel sostegno necessario, svolto con intensità, frequenza e durata commisurate al bisogno di ciascun alunno. È necessario attivare il potenziamento delle risorse residue esistenti in ciascuno, il perseguimento dell’autonomia e dell’autostima attraverso la lettura dei desideri, delle attitudini in progetto che guarda già oltre alla scuola, che persegue gli obiettivi di un progetto di vita rispettoso delle individualità. Per gli studenti certificati nel PAI sono esposte proposte per arrivare ad un sempre maggiore coinvolgimento tra studenti, anche attraverso iniziative annuali che coinvolgano le classi sui temi della disabilità. PROGETTO POI percorso didattico educativo finalizzato a certificazione di credito studenti certificati H. LABORATORI MANUALI ED ESPRESSIVI, DI TIPO CURRICOLARE E PER L’ACQUISIZIONE DELLE AUTONOMIE rivolto agli alunni certificati. TEATRO I laboratori teatrali, uno in ogni sede, attraverso l’espressione del corpo offrono un contributo fondamentale alla relazione, e attraverso l’espressività corporea, accrescono la percezione di se stessi, educando alla collaborazione e all’empatia. I laboratori offrono la possibilità di sperimentare le proprie capacità accrescendo nel contempo autostima personale e sociale; agli studenti certificati offrono l’opportunità di mettersi in gioco con i loro coetanei dell’istituto, occasione “unica” per fare integrazione. SPAZIO D’ASCOLTO La funzione dello spazio d’ascolto è quella di offrire ai ragazzi che spontaneamente richiedano un incontro con lo psicologo per: 1.Ascolto delle problematiche adolescenziali e dove necessario indicazioni sull’intervento terapeutico 2. Ri- orientamento scolastico con il coinvolgimento dei C.d.C. Lo “Spazio d’ascolto” rientra nel piano di interventi previsto dalla legge 285/97 per promuovere diritti e opportunità a favore dell’infanzia e dell’adolescenza, e per offrire un sostegno alle funzioni educative dei genitori. Consulenza orientativa e di sostegno agli studenti dell’istituto che lo richiedono e ai loro genitori. L’intervento dello psicologo è interamente finanziato dal comune di Santarcangelo. ISTRUZIONE DOMICILIARE Obiettivo prevalente del progetto: Consentire agli studenti iscritti, che per motivi di salute non possono frequentare le lezioni, a proseguire la loro istruzione attraverso un continuo scambio con i docenti del consiglio di classe e utilizzando le nuove tecnologie; sono previste lezioni domiciliari. 32 terminato il percorso di studi.  La rete per l’inclusione (Famiglie, Educatori, Comune, Servizio Sanitario Nazionale, Associazioni, Centri Specialistici, Sportello di ascolto, etc.) Da quali soggetti/enti è composta la rete per l’inclusione dell’istituto? La rete per l’inclusione è costituita da Famiglia, Servizi Sanitari e Sociali, Istituzioni territoriali, Enti Locali (Comuni e Provincia), soggetti ed istituzioni extrascolastiche, gli ordini di scuola precedenti, docenti curricolari, C.D.C., docenti di sostegno, Educatori, Personale ATA. Durante i primi mesi di scuola nelle classi prime vengono svolte attività di accoglienza finalizzate alla continuità educativa: il primo giorno di scuola è prevista la partecipazione dei genitori degli alunni delle classi prime per la presentazione della scuola (differenze di approccio e lavoro tra I e II grado; invito alle famiglie alla partecipazione attiva come risorsa della scuola). Si effettuano incontri per illustrare i piani didattici e la logistica della scuola ai genitori e alunni del I grado e momenti specifici (mattina per i ragazzi, sera per i genitori) per la scelta dell'indirizzo. Per il monitoraggio delle attività di orientamento in entrata la scuola partecipa al progetto Rimini in Rete. Le famiglie sono invitate a scuola ancora prima dell'iscrizione degli alunni durante i lavori di orientamento in entrata, così come il primo giorno di scuola vengono invitati i genitori delle classi prime per la presentazione dell'istituto, dei corsi, delle modalità di lavoro e la firma del patto di corresponsabilità. Queste costituiscono occasioni di scambio importanti per l'osservazione delle esigenze del territorio. La comunicazione resta poi aperta attraverso canali tradizionali (ricevimenti settimanali e udienze generali due volte all'anno) e strumenti on line (registro elettronico e sito della scuola). Il coinvolgimento delle famiglie prosegue nelle componenti rappresentative nei vari organi di istituto e con conferenze a tema d'interesse comune (docenti e genitori) anche con l'apporto di professionisti. La scuola partecipa in modo attivo o coordina reti e ha collaborazioni diverse con soggetti esterni. Le collaborazioni attivate contribuiscono in modo significativo a migliorare la qualità dell'offerta formativa. Tra le cooperative con cui la scuola collabora con continuità da diversi anni ci sono l’Ancora e il Millepiedi, da cui provengono gli educatori inseriti nell’organico dei due plessi. Vengono organizzati incontri con le realtà universitarie, produttive e professionali del territorio comprese le forze dell'ordine; tale attività coinvolge tutte le sezioni. La scuola ha stipulato 264 convenzioni con imprese, associazioni, enti o altri soggetti. Le tipologie 35 di realtà con cui vengono stipulate convenzioni sono diversificate per aree produttive, pubblico e privato ecc. rispondendo ai fabbisogni formativi del territorio. La progettazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro è coordinata da un referente per ogni plesso, in collaborazione con un tutor per ogni classe del secondo biennio e dell'ultimo anno coinvolgendo comunque tutto il C.d.C. al fine di integrare ogni disciplina nel processo formativo. La scuola partecipa a progetto Erasmus k1 e K+ per orientare le eccellenze e gli studenti con bisogni educativi speciali. Il Programma Erasmus “TNT 2020 : Training New Talents with Special Needs to Build an Inlcusive Europe” ha lo scopo di formare nuovi talenti con Bisogni Speciali per costruire un’Europa inclusiva, per permettere a 80 studenti provenienti da Istituti Tecnici e Professionali dei territori provinciali di Rimini e di Forlì-Cesena la possibilità di svolgere gratuitamente un’esperienza di studio e tirocinio formativo di tre settimane in quattro paesi dell’Unione europea: Spagna, Lituania, Irlanda e Grecia. Gli studenti che potranno partecipare al bando saranno studenti con BES riconducibili a 3 macro aree di svantaggio: 1. disabilità mentale, ritardo mentale, sindrome di Down, autismo…; 2. situazione di disagio, emarginazione sociale, dipendenza, drop out…; 3. bisogni speciali quali il disturbo specifico dell’apprendimento. In estate è stato attivato un progetto STEM che coinvolge studenti e studentesse del Molari e della scuola media di Santarcangelo in un percorso anche di continuità e conoscenza reciproca. La scuola si caratterizza per una propensione all'apertura all'esterno; accordi di rete e collaborazioni con soggetti pubblici e privati sono finalizzati a svariati aspetti della vita scolastica: progettazione dell'offerta formativa, orientamento in entrata e in uscita, formazione sia in termini squisitamente professionalizzanti che finalizzata a competenze più generali, feedback e raccolta delle esigenze del territorio, comunicazione con l'esterno ecc. I rapporti con i due comuni (Rimini e Santarcangelo) sono ottimi e improntati alla collaborazione, gli spazi delle due sedi (aule, laboratori, palestre e aule magne) sono disponibili ad accogliere le esigenze degli enti territoriali. La scuola viene coinvolta negli eventi e in incontri da parte dei comuni e della provincia, con ricadute tematiche di interesse per gli studenti. Progetti quali "Scritture migranti" e "Progetto Legalità" sono stati richiesti per mostre all'Università aperta e in Prefettura. Con aziende esterne sono attive coprogettazioni di percorsi formativi (es. con Banca Malatestiana e Tecnocasa), Corso di marketing strategico tenuto da Zona Moka, azienda di Santarcangelo. Attive convenzioni, collaborazioni e co-finanziamenti di progetti con la Fondazione ENAIP, UNIBO sede di Rimini, Università di Urbino, Fondazione Francolini Franceschi e Famiglie in cammino e Centro per le Famiglie, Biblioteche (Biblioteca A. Baldini di Santarcangelo e Gambalunga di Rimini), VOLONTARIMINI, AGESCI, AVIS, l’Associazione Libera, la Parrocchia di Santarcangelo (che ha creato una borsa di studio per un alunno meritevole della scuola), Santarcangelo dei Teatri, ANPI. La scuola ha assunto un ruolo di servizio per le altre scuole della provincia scuola Polo ambito 21. 36 3.4 Osservazione del gruppo classe  Descrizione del gruppo classe, clima relazionale I processi inclusivi comportano vantaggi di apprendimento per tutto il gruppo classe? Illustrare le motivazioni della propria osservazione La classe di M. è una classe tranquilla, con una buona acquisizione dei prerequisiti di base e con pochi problemi dal punto di vista comportamentale. È composta da 20 alunni equamente ripartiti tra maschi e femmine; non ci sono ripetenti e i ragazzi si conoscono bene, anche perché per la gran parte hanno frequentato la stessa scuola secondaria di primo grado (a Santarcangelo). Il livello generale di maturità che ho riscontrato in loro è molto al di sopra della media, e presto mi sono resa conto che determinante, in questo senso, è la presenza di M. Noto fin da subito la compostezza e l’educazione di tutti nello stare in classe, M. viene trattato con il massimo rispetto ed è oggetto di continue attenzioni che non scadono mai in forme di pietismo o infantilismo. Ogni momento è buono per prendersi una pausa e ridere e scherzare insieme a M. I compagni mostrano elevate competenze rispetto alla disabilità di M, nel rapportarsi con lui, nel limitarne l’esuberanza e nel comprenderne gli stati d’animo, e, a mio avviso, in modo inconsapevole, colgono il valore della diversità insita e accentuata in M. M. è una risorsa cui tutti attingono, prima di tutto i compagni, che grazie a lui sono riusciti a raggiungere altissimi livelli di sviluppo personale, sociale e umano. È forte il legame tra M. e i compagni, e di questo mi rendo conto giorno dopo giorno, ciò rende piacevole lo stare in classe; si respira un clima rilassato, come in famiglia, pieno di sorrisi e attenzioni reciproche; tutto questo ha ricadute sul rendimento scolastico che risulta essere molto alto. Persino quelli che possono apparire più svogliati, profondono nello studio un impegno che li porta a superare senza problemi il limite della sufficienza. I rapporti tra i compagni e M. non sono gli stessi per tutti; M. come un qualsiasi altro compagno, manifesta preferenze e si mostra più legato ad alcuni che ad altri. I rapporti con l’altro sesso sono privi di qualsiasi malizia, pur essendo presenti in M. le tipiche pulsioni legate alla sua età. M. non è solo il compagno di scuola disabile, ma è per tutti un amico da invitare alle feste di compleanno, alle scampagnate, con cui uscire in piazza la sera o con cui passare del tempo a scuola o durante le uscite didattiche. M., d’altro canto, è consapevole di questo, per cui quasi pretende di essere sempre informato sui vari progetti al fine di potervi partecipare. Diversi sono stati i momenti nei quali M. si è trovato al centro dell’attenzione, e questo non solo per scelta dei compagni, ma anche e soprattutto perché, come già detto, M. è un leader dentro e fuori dalla classe; egli ne è consapevole e sa già come fare per mettere tutti in riga e farsi ascoltare. 37 e brevissimi testi relativi ad esperienze personali o ad un argomento assegnato, oltreché esprimersi correttamente nella produzione scritta ed orale. Nelle ore di matematica e di economia aziendale si dispone alla cattedra a copiare alla lavagna quanto spiegato dai docenti. Nelle ore di storia e di diritto i docenti curriculari danno all’allievo delle dispense che possono avere come contenuto: storia dei romani, usi e costumi di diverse civiltà. L’allievo copia il contenuto di tali documenti ed esegue dei disegni con oggetto “Topolino e Paperino”. Durante lo svolgimento di tutte le attività si cerca per quanto possibile di affiancare ad M. un compagno di volta in volta diverso a seconda della padronanza personale dell’argomento trattato per cementare i rapporti e accrescere l’impegno profuso nello svolgimento del compito. Ad M. verrà richiesto di migliorare l’aspetto della vita di relazione, riconoscendo la necessità del rispetto delle regole sociali e di comportamento in funzione dell’ambiente in cui si trova; questo si traduce nell’acquisizione di regole, anche formali, grazie al rispetto delle quali M. potrà seguire percorsi di integrazione corretti e positivi. Il rispetto delle regole prefissate si proietterà rispetto al comportamento da tenere a scuola, alle forme di espressione dei propri bisogni, all’interazione con i docenti e i compagni; il tutto, nelle previsioni, consentirà al ragazzo di potersi adattare e sapersi comportare anche in contesti nuovi e diversi. Le componenti emozionali sono considerate nella progettazione del processo inclusivo? La competenza emotiva è un obiettivo ricercato continuamente nell’agire didattico da parte dei docenti. M spesso reagisce in modo inappropriato al sorgere di determinati stimoli, riguardanti principalmente l’aspetto relazionale e comportamentale. Spiegare all’alunno ciò che prova non è un’attività semplice, in quanto gli schemi che si è precostituito nel tempo si caratterizzano per una forte rigidità. L’agire finalizzato al cambiamento si caratterizza di una molteplicità di sfaccettature costituite da sguardi, brevi commenti o gesti che rappresentino il riflesso di ciò che il ragazzo dovrebbe provare ed in contrasto con ciò che il ragazzo è abituato a provare. Un ruolo fondamentale è ricoperto dai compagni di classe, che resi consapevoli non deridono o emarginano M. come conseguenza dei suoi comportamenti impropri ed inopportuni, ma, con grande comprensione spiegano di continuo e lo richiamano ai giusti modi. Contemporaneamente l’educazione emotiva si riflette sui ragazzi stessi, nei quali si rinforzano i comportamenti positivi che se anche conosciuti talvolta vengono dimenticati.  Osservazione di momenti inclusivi Sono state efficacemente promosse attività inclusive quali laboratori, progetti, esperienze per classi aperte? L’allievo segue il laboratorio di psicomotricità, di musicoterapia e la “Fattoria 40 didattica”. Nell’attività l’alunno non si ritrova da solo ma in compagnia di altri alunni disabili e di compagni normodotati. L’attività di musicoterapia prevede di esplorare modalità comunicative diverse da quelle verbali. Attraverso attività di carattere musicale si mira a sensibilizzare l’allievo alla musica e indirizzarlo all’uso di uno strumento musicale, con la possibilità di scegliere quello a lui più congeniale. Inoltre M. gradisce particolarmente il laboratorio di psicomotricità. Le attività riguardavano esercizi di palestra per migliorare le abilità motorie di base, giochi con percorsi ad ostacoli, tavoli da ping pong e calcetto. Nello svolgimento di molte attività motorie M. presenta difficoltà notevoli. Il docente che si è occupato del progetto ha dovuto suddividere il compito complessivo in alcuni sottocompiti elementari, al fine di far sviluppare la giusta esecuzione dell’esercizio motorio. Immagini relative alle attività sportive svolte durante il laboratorio di Psicomotricità Il progetto “Fattoria didattica” punta all’interazione dell’allievo con l’animale, per favorire esperienze emotive che apportino benefici sul piano relazionale e socio- affettivo. M. si rivela felice di vivere questa esperienza come dimostra l’entusiasmo nell’accudire gli animali e i gesti di affetti nei loro confronti. Immagini relative al progetto “Fattoria Didattica” L’allievo è stato inserito in altri progetti seguiti dalla classe (come il corso di fotografia e il progetto di Sreet Art a scuola) al fine di farlo sentire parte integrante del gruppo classe, che per brevità ometto. 41 Immagini relative al progetto “Street Art” La disabilità viene sistematicamente considerata come risorsa? La disabilità in tante occasioni si è manifestata come una risorsa. Soprattutto tengo a precisare che i soggetti più deboli e più svogliati nel momento in cui agli stessi è stato richiesto di partecipare a lavori di gruppo in cui era coinvolto il compagno disabile sono stati capaci di collaborare proficuamente attingendo a risorse inaspettate e che non si pensava potessero essere nelle loro capacità. Dire che la disabilità sia vissuta in ogni momento come risorsa è ancora oggi eccessivo. Spesso, anzi, viene vissuta come un impegno ulteriore, un sacrificio in più, qualcosa di cui tenere conto e che complica l’agire scolastico, ma questo a mio avviso dipende essenzialmente da come essa venga vissuta da tutti i soggetti che gravitano nell’istituzione scolastica. La disabilità come risorsa è una presa di coscienza personale cui tutti dovremmo aspirare. Vi è da dire che ad oggi grandi passi in avanti in questo senso sono stati fatti, ma chiunque viva la scuola può rendersi facilmente conto che tanto ancora c’è da fare. 3.6. Osservazione del caso L’esperienza professionale di tirocinio a scuola si è espletata con l’alunno disabile Marco. M. è un allievo di sedici anni, affetto da “Ritardo mentale moderato in soggetto con disturbo pervasivo dello sviluppo NAS” codice ICD10 F71.9[318.0] F84.9 [299.80], così come accertato dall’unità multidisciplinare dell’ASL. La patologia assume la connotazione di particolare gravità ed è, pertanto, suscettibile di tutte le garanzie previste dall’art.3 comma 3 della legge 104/92. Nella diagnosi funzionale si evidenzia che la patologia, di eziologia sconosciuta, comporta compromissioni funzionali a livello cognitivo, nella comunicazione e nella relazione sociale. In particolare, a livello cognitivo presenta scarsa evoluzione e non è in grado di integrare le competenze finalizzate all’autonomia. In campo affettivo- relazionale risultano compromessi i rapporti interpersonali sia con gli adulti che con i coetanei, evidenziando difficoltà nell’aggancio visivo. La produzione verbale è stereotipata, essenziale, ripetitiva, spesso ecolalica, mentre la comprensione dei messaggi verbali è limitata a quelli elementari e altamente strutturati. 42 scuola e nei luoghi a lui familiari, mentre fuori da essi non è in grado di essere autonomo. Presenta una certa goffaggine motoria mentre la motricità fine risulta discreta e potrebbe essere migliorata attraverso opportune attività, nuoto e sport da palestra… Il ragazzo è in grado di soddisfare i bisogni primari mentre l’autonomia sociale e la vita di relazione sono compromessi. L’autonomia sociale, infatti, è limitata al gruppo familiare, all’ambiente scolastico e alle associazioni per disabili da lui frequentate. Le capacità mnesiche sono stereotipate e non procedurali. Legge e scrive sia lo stampato minuscolo che quello maiuscolo. Le parole sono immagini presenti nella sua testa tanto che è capace di scriverle, indifferentemente, cominciando dalla fine, dal centro o dall’inizio. Per esempio per scrivere TOPOLINO può seguire le seguenti modalità: cominciare dal centro “-OLI-” e continuare i lati. Tuttavia presenta difficoltà nella produzione scritta e nella comprensione. Spesso si isola, e svolge dei lavori da lui scelti, a volte poco proficui, e non accetta volentieri le regole e l’essere guidato nella scelta delle attività. Durante le ore di lezione gradisce copiare le parti scritte di libri e dispense ed eseguire disegni di fumetti. In ultimo si sottolinea la presenza di alcuni comportamenti problema, che, in genere, evidenzia in seguito alla scoperta di bugie che gli vengono dette per farlo stare calmo. La neuropsichiatra infantile ha suggerito alla famiglia e ai docenti di edulcorare la verità al fine di fargliela accettare, per evitare possibili comportamenti ossessivo- compulsivi. 4. Report narrativo Narrazione dell'esperienza di tirocinio che sintetizzi gli aspetti emotivi e didattico-pedagogici, in relazione a: - incontri e trame, sinergie, sfondi - memorie - approcci metodologici - differenze - risorse, cura educativa, sguardi e prospettive - storie di vita - eventuali problematicità - evoluzioni Comincio col dire che l’esperienza di tirocinio è stata tra le più significative tra quelle che abbia mai fatto nella mia carriera in ambito scolastico. Tale esperienza non rileva solo ed esclusivamente sotto il profilo tecnico della didattica ma coinvolge anche e soprattutto gli aspetti umani e di relazione che, posso dirlo, sono molto più intensi quando si ha a che fare con la disabilità. Naturalmente, quanto più è delicato l’oggetto di intervento tanto più è importante un atteggiamento di grande responsabilità; in questo senso molto c’è da dire su ciò che ho potuto osservare a scuola rispetto al 45 personale umano che a vario titolo si rapporta con la disabilità-diversità. Accanto a persone veramente motivate che si spendono con grande passione e impegno nella cura dei disabili, ho constatato la presenza di altri che, al contrario, vedono nel disabile solo un problema o un ostacolo allo svolgimento delle loro didattiche di tipo esclusivamente trasmissivo, privando non solo il disabile ma tutta la classe dell’apporto valoriale che è insito nella disabilità. Per mia fortuna la mia tutor sfugge a quest’ultima categoria, impegnata in ogni momento della giornata nel modulare i percorsi più rispondenti alle necessità dell’alunno, si rapporta alla programmazione di inizio anno con grande flessibilità. Seguirla nel lavoro mi ha fatto comprendere quanto possa essere determinante, per il successo formativo ed educativo dell’alunno, un docente serio, paziente e sempre pronto a dare sostegno nelle difficoltà che ogni giorno si presentano. A fronte di una, purtroppo, consistente indifferenza da parte dei colleghi curriculari, la mia tutor, dando sfoggio di una navigata diplomazia, in più di un’occasione è riuscita a strappare consensi determinanti per la riuscita di alcuni progetti. Più volte, mi ha ricordato che è importante evitare i conflitti, perché questi ultimi rischiano non tanto di rovinare i rapporti con i colleghi, ma di tradursi nel venir meno di significative occasioni di apprendimento per gli alunni. Con dispiacere ho notato che la scuola, che dovrebbe essere in prima linea nella lotta ai pregiudizi ed all’emarginazione, spesso non assolve a questo delicato compito, demandando ogni impegno e responsabilità alla cura esclusiva del docente di sostegno. La mia esperienza con M. mi ha fatto conoscere il mondo dell’autismo e, devo dire, che questo è un mondo difficile, per il ragazzo ma anche per chi gli sta intorno ed è chiamato ad occuparsi di lui. I problemi di origine relazionale che caratterizzano il soggetto con autismo possono essere superati solo nella misura in cui si riesca a trovare un canale comunicativo adeguato e rispondente alle caratteristiche del ragazzo stesso. L’autistico vive in un mondo del quale rappresenta il centro assoluto e sapere che non ci saranno mai forme di gratitudine diretta può essere frustrante; io, personalmente ho imparato a sentirmi felice ed appagata quando ho letto nei suoi occhi la felicità per ciò che avevo fatto per lui. Per ragazzi come lui, è importantissimo un contesto inclusivo ed accogliente che eviti turbamenti inutili. Sono stata accolta in una classe dove il rispetto per la disabilità andava a braccetto con la diversità, alunni molto maturi rispetto all’età, un docente di sostegno assai preparato e sensibile, un soggetto con disabilità protagonista non solo per concessione degli altri ma anche per capacità sue proprie, alcuni docenti curriculari illuminati, mi hanno fatto conoscere un mondo “speciale”, quasi tutto rose e fiori. La sensazione assai frequente di ritrovarmi in famiglia, in un ambiente ricco di emozioni pulite, pregno di segnali e messaggi educativi, culturalmente elevato, ha reso la mia esperienza gradevole oltre che formativa. Ma a questo non mi sono fermata, la mia voglia di conoscere ogni aspetto di questo lavoro, la possibilità di assistere alle riunioni di diversi organi collegiali, e l’osservazione attenta delle realtà estranee alla classe di mia pertinenza, mi hanno permesso di rilevare tutte le criticità di una scuola che, a mio avviso, ancora non riesce, sempre e comunque, ad incarnare quegli ideali inclusivi, cui dovremmo tendere. Spesso le migliori strategie sono state adottate a singhiozzo, senza seguire un percorso logico o organico, quasi tanto per fare qualcosa che “potrebbe essere utile”; non ho 46 notato una visione chiara di ciò che è la disabilità-diversità e di ciò che bisogna fare perché questa sia valorizzata se non addirittura promossa. Rimango sempre più convinta che, rispetto alla disabilità, lo strumento di cura migliore sia rappresentato dal capitale umano che si ha a disposizione. Ecco perché il docente di sostegno porta sulle spalle una grande responsabilità, come unico baluardo posto a difesa della possibilità che l’allievo possa trovare un posto, dopo la scuola, in questo mondo. Ho potuto vedere come la mia tutor cercasse di muovere mari e monti per evitare che all’allievo venissero illegittimamente sottratte occasioni educative e di crescita, ho assistito anche ad alcuni episodi di attrito con colleghi e dirigenza, ma , per sua stessa ammissione, le cose stanno così; se si ha a cuore il futuro dei nostri ragazzi e soprattutto di quelli affetti da disabilità, i docenti devono prepararsi a vincere forti resistenze, e il docente di sostegno è il primo fra i colleghi cui è demandato il compito di esporsi, con tutte le conseguenze che questo comporta. Della mia esperienza, porto con me il sorriso e la forza dell’alunno M., la maturità di una classe che prova sincera amicizia per lui, l’amorevolezza e le attenzioni che il docente di sostegno era solito usare verso tutti i suoi alunni, nonché la sua determinazione nel perseguire gli obiettivi, la cooperazione attiva e fattiva di qualche docente curriculare, le parole illuminate e competenti della dirigenza. Purtroppo, la scuola di oggi resta una scuola che, nonostante gli enormi progressi di carattere normativo e pedagogico, non è ancora in grado di fornire risposte adeguate sempre e comunque; un’ignoranza diffusa, ancora carica di pregiudizi e preconcetti verso la disabilità e la vergognosa condizione di privazione cui vengono relegati i disabili sotto il profilo delle risorse disponibili sono ancora realtà molto diffuse. Dell’esperienza di certo porterò nel cuore gli aspetti positivi che ho potuto riscontrare durante il tirocinio ma, nella mente, terrò sempre presente ciò che è mancato e si poteva avere, non tanto ciò che si poteva fare è non è stato fatto; questo perché credo che la disabilità richieda il massimo che una società, che ama definirsi civile, può offrire. Attività operative-progettuali (approccio qualitativo) A. Progettazione di un intervento inclusivo (PDP, PEI, PAI) L’intervento progettato durante il tirocinio trova il suo momento inclusivo nell’uso di una metodologia in particolare, il peer tutoring, che a mio avviso risulta particolarmente efficace per il caso specifico. Il ragazzo è molto propenso a lavorare in gruppo e profonde il massimo dello sforzo nel momento in cui si rende conto che il compagno ha compreso e spinto da una sana competizione cerca di eguagliarlo per quanto gli è possibile. Allo stesso vengono coltivate non soltanto squisite competenze didattiche ma anche capacità comunicative e relazionali che se vogliamo sono anche più importanti. Inoltre nello scegliere il tutor tra i pari potranno essere privilegiati coloro i quali si trovino più difficoltà rispetto ai 47 “La ceramica Greca” “Un tempio greco” Colonna ordine dorico e corinzio 50 “Il cavallo di Troia” “Eserciti e guerre ad Atene” “La Polis. Tra città e campagna” B. Dati relativi alle politiche inclusive della scuola 51 Studenti per cui i consigli di classe adottano il PEI o il PDP (dsa, bes, Stranieri) Sede Einaudi Sede Molari (diumo) BES disabilità certificate (Legge 104/92 art. 3, commi 42 20 1e3) Studenti con programmazione differenziata 22 15 Studenti con programmazione semplificata 20 5 minorati vista 0 1 minorati udito 2 1 Disabilità motoria 5 16 ADHD/DOP 4 0 DSA 100 28 Stranieri 96 49 Risorse professionali specifiche Attività Attività laboratoriali GLHOM Stesura PEI- individualizzate integrate (piccolo PDP | | gruppo, laboratori .) | Insegnanti di x x x x sostegno Educatori x x x x Docenti x x x x Studenti x x Studenti tirocinanti | | x x Attività di counseling Coordinatore | x x Mediatore culturale x x Psicologo d’istituto x Funzione x x x strumentale Esperti esterni per x laboratori Docenti potenziatori | x x Tipologia di azioni attuate per l’ Inclusione Tecnico SL Provinciale % Regionale pn ‘RNIS006001 RIMINI EMILIA ROMAGNA Percorsi formativi specifici in funzione delle No 833 820 80,7 52 che tutti almeno una volta nella vita abbiamo pensato dovrebbe essere. Vivo le nuove competenze acquisite non solo pensando alla scuola, ma anche e soprattutto pensando alla mia vita. Spesso si sente dire “fare il docente di sostegno è una missione”: ebbene, io penso che l’insegnante di sostegno sia uno stile di vita, in cui si è circondati da persone per le quali vivere non è sempre semplice, persone che hanno bisogno di aiuto e sostegno, cui vorrei restituire l’immagine di me come essere umano che dà in modo gratuito, libero, mettendo in ogni gesto rispetto, tenerezza e amore. Potrei occupare diverse pagine facendo cenno alla enorme mole di contenuti didattici che, durante il corso, ci sono stati proposti, ma non credo sia necessario; trattare ogni disabilità, con tutte le implicazioni, sarebbe stato troppo anche per un corso anche lungo come questo. È per questo che anziché soffermarmi su concetti come metacognizione, intelligenza emotiva, la relazione d’aiuto, le scienze del comportamento (ABA), strategie laboratoriali e tanto altro ancora, preferisco offrire la mia visione d’insieme. Oggi divento una specialista nella disabilità, e sono consapevole delle grandi responsabilità che dovrò avere la forza di portare sulle spalle, ma questo, credetemi, non rappresenterà un peso. Ad inizio corso, onestamente, pensavo che il sostegno mi avrebbe impedito di dare un contributo alla crescita di tanti alunni, pensavo che il mio ruolo si sarebbe dovuto fermare all’alunno con disabilità; oggi invece comprendo che il docente di sostegno è un privilegiato, perché libero dai contenuti strettamente curriculari, può invece occuparsi anche degli aspetti dello sviluppo umano dei ragazzi più di ogni altro docente. Come docente di sostegno potrò parlare e dare valore a principi strettamente connessi all’essere umano, potrò attingere a piene mani a tutta la mia esperienza come donna e cercare di trasmettere tutto ciò che di buono riconosco esserci in me stessa. Sogno di poter far crescere alunni che si accettano per quello che sono, ma ancora di più alunni capaci di cambiare nel momento in cui ritengono che sia giusto farlo. Allo stesso modo vorrei educare i ragazzi ad accettare le differenze dell’altro, liberi dai pregiudizi che la nostra società, malata, insinua in loro. Sogno ragazzi consapevoli, che non subiscono le scelte fatte da qualcun altro ma che hanno la forza anche di alzare la voce e ribellarsi se vengono negati loro i propri diritti. Credo nello splendore dell’unicità di ognuno di noi, come risorsa che in un qualsiasi momento potrebbe essere in grado di cambiare il mondo intero. Io credo molto in ciò che posso fare, e questo corso mi ha fornito gli strumenti che mi servivano per dare inizio al mio disegno. Se qualcuno mi chiedesse qual è il regalo più grande che vorrei fare ai miei alunni prima che completino il loro percorso di studi, risponderei che è proprio il credere in sé stessi e nella possibilità di poter raggiungere qualsiasi meta e, paradossalmente, ho capito che portare un ragazzo disabile a questo livello è più facile rispetto ad un ragazzo con sviluppo normotipico. La società in cui viviamo, consumistica e basata sull’apparire, ostacola in tutti i modi questo processo, ci vuole schiavi e chini, pronti ad accettare ogni angheria in nome di una democrazia che sa tanto di dittatura. Mentre il disabile lotta per una vita più umana, ed in qualche modo non viene centrato in pieno da questa logica, il ragazzino a sviluppo normotipico, è preda facile di questi meccanismi perversi, e senza accorgersene giunge a sentirsi libero nel sacrificare la sua vita in nome di un obiettivo (seguito sui social, adeguamento a standard fisici, status symbol come una macchina potente, villa al mare, viaggi da lusso, spreco continuo, denaro, potere sugli altri) che di umano hanno ben poco. Noi come insegnanti siamo in trincea contro la vacuità morale del sistema poiché forgiamo gli 55 uomini di domani, e se questo paese un giorno saprà riscattarsi il merito andrà anche a quegli insegnanti che con sacrificio e dedizione avranno svolto al meglio il loro compito. Io, personalmente, farò della diversità il mio cavallo di battaglia, ed ho già cominciato a farlo con tutte quelle persone che si siano mostrate aperte o che in qualche modo abbiano manifestato una sensibilità rispetto all’argomento. Anche se è possibile, anzi frequente, avere a che fare con ipocriti questo non mi scoraggia: desidero ardentemente un mondo nel quale non sia più necessario spiegare a nessuno come comportarsi con una persona ritenuta diversa o con una persona con disabilità; voglio e darò il mio contributo a creare un mondo in cui il ragazzo con disabilità abbia davvero le stesse possibilità degli altri e possa realizzare appieno il suo Progetto di Vita. D. Bibliografia e sitografia di riferimento sulle aree specifiche della Pedagogia Speciale e Didattica Speciale Bandini C., Gallo M. (2010). Gesti di cura: elementi introduttivi per una pedagogia delle relazioni d’aiuto. Trento: Tangram Edizioni Scientifiche. Canevaro, A. (2001). Insegnante specializzato. Cooperazione Educativa, 2(L), 22-26. Canevaro, A. (2008). Pietre che affiorano. I mediatori efficaci in educazione con la logica del domino. Trento: Erickson. Canevaro, A. (2015). Nascere fragili. Processi educativi e pratiche di cura. Bologna: EDB. Canevaro, A. (2017). Fuori dai margini. Superare la condizione di vittimismo e cambiare in modo consapevole. Trento: Erickson. Cottini, L. (2002). L’integrazione scolastica del bambino autistico. Roma: Carocci. Cottini, L. (2002). Che cos’è l’autismo infantile. Roma: Carocci. Cottini, L. (2004). Didattica speciale e integrazione scolastica. Roma: Carocci. Cottini, L. (2008) (a cura di). Progettare la didattica in una scuola in movimento: modelli a confronto. Roma: Carocci. Cottini, L., Lani, B. (2009). Il lavoro educativo con i bambini con sindrome autistica. In A. Lascioli, R. Saccomani (a cura di), Una introduzione all’educazione speciale 56 (pp. 179-214). Milano Cortina. Cottini, L. (2011). L’autismo a scuola. Parole chiave per l’integrazione. Roma: Carocci. Cottini, L., Morganti, A. (2015). Evidence-Based Education e pedagogia speciale. Principi e modelli per l‟inclusione. Roma: Carocci. Cottini, L. (2016). L’autodeterminazione nelle persone con disabilità. Percorsi educativi per svilupparla. Trento: Erickson. Gelati, M. (2004). Pedagogia speciale e integrazione. Roma: Carocci. Gordon, T. (2013) Insegnanti efficaci. Firenze: Giunti. Gaspari, P. (1995). Vietato escludere. Per una pedagogia di frontiera. Roma: Anicia. Gaspari, P. (2002). Aver cura. Pedagogia speciale e territori di confine. Milano: Guerini e Associati. Gaspari, P. (2011). Sotto il segno dell’inclusione. Roma: Anicia. Gaspari, P. (2012). La Pedagogia speciale e l’educatore professionale in prospettiva Inclusiva. Roma: Anicia. Gaspari, P. (2012), Pedagogia speciale: questioni epistemologiche. Roma: Anicia. Gaspari, P. (2015). L’insegnante specializzato al bivio. Riflessioni critiche per un nuovo identikit professionale. Milano: FrancoAngeli. Gaspari, P. (2017). Per una pedagogia speciale oltre la medicalizzazione. Milano: Guerini Scientifica. Giaconi, C. (2015). Qualità della vita e adulti con disabilità. Percorsi di ricerca e prospettive inclusive. Milano: FrancoAngeli. Moderato, P., Copelli, C. (2010). L’analisi comportamentale applicata. Parte prima: teoria, metateoria, fondamenti. Autismo e disturbi dello sviluppo, 8(1), 9-36. Myers, D. (2014). Psicologia Generale. Un'introduzione al pensiero critico e all'indagine scientifica. Bologna: Zanichelli. Occhionero, M. (2018) (a cura di). Introduzione alla psicologia generale. Roma: Carocci. Pavarin, D., Scorzani, P. (2000). L’apprendimento cooperativo. Documentoreperibile al link: http://www.abilidendi.it/ meterialeCooperativeLearningBreveGuida.pdf, consultato il 15/01/2020. SITOGRAFIA www.altalex.com 57