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riassunti di comunicazione pubblicitaria, Dispense di Comunicazione Grafica

riassunti di comunicazione pubblicitaria

Tipologia: Dispense

2022/2023

Caricato il 06/06/2023

fabio-finocchiaro-3
fabio-finocchiaro-3 🇮🇹

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Scarica riassunti di comunicazione pubblicitaria e più Dispense in PDF di Comunicazione Grafica solo su Docsity! Hapù. Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria Capitolo 1 - L’ambito pubblicitario 1.1 - Alla ricerca di una definizione La pubblicità è un’attività umana nota a chi abita nel mondo capitalista (e non), che esplica con forza persuasiva nella vita di ognuno di noi, che ci circonda lungo le strade e sui mezzi di comunicazione di massa. Dare una definizione precisa diventa una questione complessa, ed è difficile incontrare una formulazione che sia veramente soddisfacente. 1.1.1 - La pubblicità è una forma di comunicazione Watzlavick dice “In qualsiasi momento in cui ci si trovi in presenza di altri individui, non si può non comunicare”.La comunicazione è l’attività che occupa più tempo nella vita di un uomo. La comunicazione pubblicitaria, per poter esistere, richiede: · Emittente, dà inizio al processo comunicativo lanciando un · Messaggio, che attraverso un · Canale (l’aria se si sta parlando, una lettera se si sta scrivendo), raggiunge un · Destinatario, il soggetto a cui la comunicazione è indirizzata. Affinchè la comunicazione funzioni, occorre che egli formuli il messaggio utilizzando un · Codice (una lingua, dei gesti), condiviso dal destinatario e che non vi sia del · Rumore a disturbare il canale e impedire la ricezione del messaggio · Un contesto, una situazione, un ambiente circostante, racchiude tutto ciò ch’è stato visto sopra. Vi è un altro elemento che viene spesso inserito nello schema, ed è quello del feedback, che può voler dire reazione, retroazione o anche risposta da parte del destinatario. Per applicare alla pubblicità il modello di base, è funzionale inserire all’inizio della catena, la figura di un committente, tipica della comunicazione pubblicitaria, che serve a distinguere questa comunicazione da molte altre. L’utente pubblicitario è colui che sente la necessità o l’utilità di promuovere un’iniziativa pubblicitaria e ne paga i costi. 1.1.2 - La pubblicità è una forma di comunicazione argomentativa L’argomentazione è una tecnica atta a provocare o accrescere l’adesione delle menti alle tesi che vengono presentate al loro consenso. Perelman sottolinea poi come sia difficile tracciare un confine tra persuasione e convinzione come risultati auspicati del discorso argomentativo: · Persuasiva, argomentazione che pretende di valere solo per un uditorio particolare; · Convincente, argomentazione che si ritiene possa ottenere l’adesione di qualunque essere ragionevole. Il discorso pubblicitario è fondamentalmente di tipo argomentativo, in quanto prefigge come obiettivo quello di provocare o accrescere l’adesione delle menti a una tesi (eccellenza prodotto, positività programma politico). L’unico obiettivo delle produzioni pubblicitarie è di tipo persuasivo, in quanto nessuno si illude che un messaggio pubblicitario possa avere validità universale per qualsiasi essere ragionevole. 1.1.3 - La pubblicità è una forma di comunicazione argomentativa di massa La pubblicità è una forma di comunicazione, la sua funzione è quella di argomentare a fini persuasivi una condivisibile base di partenza. Si potrebbe discutere dicendo che questa comunicazione non è altro che una comunicazione di massa, che abbia come destinatario un certo numero di persone descrivibili nel loro insieme, indistinguibili tra loro. Il destinatario di questa forma di comunicazione è un certo numero di persone descrivibili nel loro insieme, ma indistinguibili fra loro, una massa. Se si accetta questo punto, si può escludere dalla comunicazione pubblicitaria qualsiasi forma di argomentazione individuale, ad personam. Questo aiuta a differenziare la pubblicità dall’oratoria legale: l’avvocato sa chi sono i giudici a cui si rivolge, il pubblicitario, il politico o il missionario non sanno chi sono individualmente gli ascoltatori a cui si rivolgono. 1.1.4 - La pubblicità è una forma di comunicazione argomentativa di massa, funzionale a un progetto più vasto A differenza del missionario il quale, raggiunta la persuasione, ha contemporaneamente raggiunto lo scopo finale, la conversione, per il candidato alle elezioni e per il pubblicitario la cosa è diversa, ottenuti i voti degli elettori, occorrerà una complessa manovra politica per ottenere il consenso, ottenuto l’apprezzamento dei consumatori, sarà necessaria una precisa organizzazione di distribuzione dei prezzi per vendere il prodotto. Nei due casi, la comunicazione argomentativa è solo un gradino verso un risultato finale, un compimento di un piano più vasto al raggiungimento del vero obiettivo. Nel caso della pubblicità questo piano più vasto può essere un piano marketing. La pubblicità da sola non fa vendere il prodotto, occorre una complessa strategia che preveda un piano d’azione, della quale, uno dei punti fondamentali è la comunicazione. È importante quindi distinguere tra obiettivo di comunicazione e obiettivo finale. Una confusione tra questi due obiettivi è la causa di tanti fallimenti commerciali. 1.1.5 - La pubblicità è una forma di comunicazione argomentativa di massa, funzionale a un progetto più vasto e in cui l’uso del canale presuppone un pagamento. Il politico, l’avvocato o il missionario non devono pagare il diritto di parola, il pubblicitario che parla ai consumatori sì. Questa è la principale differenza tra la comunicazione pubblicitaria e le altre forme di comunicazione argomentative di massa. 1.2 - La pubblicità è l’anima del commercio? Anche nella più commerciale delle visioni non si può definire la pubblicità come uno strumento il cui esclusivo obiettivo immediato sia l’azione all’acquisto, ma solo come una comunicazione di massa che tende prioritariamente a provocare una disposizione favorevole all’acquisto. Se da un punto di vista puramente quantitativo è innegabile che la funzione legata al commercio sia prevalentemente nell’esistenza e nello sviluppo della pubblicità, questa realtà non ci deve però fare dimenticare due elementi fondamentali: 1. La propaganda politica, la pubblicità sociale, la propaganda religiosa, ecc, sono comunicazioni di tipo pubblicitario a tutti gli effetti, hanno le stesse basi teoriche, utilizzano gli stessi procedimenti tecnici, eppure poco hanno a che vedere con il commercio; 2. Anche all’interno della comunicazione commerciale, la pubblicità non fa vendere, se con questo s’intende il suo scopo esclusivo ed immediato ma, occorre sempre ricordare che lo scopo di ogni argomentazione (Perelman) è quello di provocare o accrescere l’adesione delle menti alle tesi che vengono presentate al loro consenso. 1.3 - La pubblicità è un’espressione artistica? 1818, Pierre Lorilleux inventa l’inchiostro da stampa. Dopo la metà del secolo, grazie alle rotative a più cilindri, la stampa dei quotidiani diventa 25 volte più veloce. I due mezzi che dominano il secolo di storia pubblicitaria dell’‘800 sono la stampa periodica e i manifesti. Il manifesto si colloca a metà strada tra la comunicazione pubblicitaria e la produzione artistica, dando origine al fenomeno del cartellonismo. Artisti famosi dell’epoca: Julius Chéret, Henry de Toulouse-Lautrec, Beardsley, Nicholson, Leopoldo Melticoviz, Marcello Dudovic, Mario Sironi. Nel 1837, nasce la fotografia, inventata per motivi pratici dal litografo Joseph Nicephore Niepece. La pubblicità incominciò ad utilizzarla verso la fine dell’‘800. 2.5.1 - Le “Patent Medicines” e P.T. Barnum I principali utenti della pubblicità in questo periodo sono i promotori di medicine di dubbia fattura e dubbia efficacia, le cosiddette patent de medicines. Un protagonista dei tempi è un uomo di marketing, imprenditore e comunicatore, chiamato lo Shakespeare della pubblicità, P.T. Barnum. Per spiegare il proprio successo Barnum dichiarava di avere accuratamente studiato l’arte pubblicitaria. “Credo fortemente nella pubblicità per attirare il mio pubblico, ma non ho mai creduto che una quantità di pubblicità per quanto enorme possa dare successo duraturo ad un prodotto che non funziona”. 2.5.2 - La nascita delle agenzie La prima agenzia di pubblicità fu la Volney B. Palmer fondata a Philadelfia nel 1843. A seguito del grandissimo successo, nel 1861 a New York si contavano già venti diverse agenzie. Nel 1863, in Italia un farmaceutico, Bresciano Attilio Manzoni, fonda la prima concessionaria a Milano. Il moltiplicarsi di queste strutture fece nascere una forte concorrenza. Nel 1868, N.W. Ayer & Son, fondata a Philadelphia, iniziò ad offrire gratuitamente il lavoro di redazione ed illustrazione, commissionando il lavoro a free-lance esterni: la creatività incomincia a far parte dei servizi di agenzia. Francis Wayland Ayer formula il contratto tra agenzia ed utente che stabilisce la commissione al 15%. Ayer inoltre fu il primo ad organizzare una pubblicazione periodica di argomento pubblicitario, “The advertiser’s Guide”. Nel 1878, James Walter Thompson comprando l’agenzia in cui lavorava, la trasforma in quella che ancor oggi porta il suo nome. A lui si deve la creazione di quella figura centrale nella struttura delle agenzie, l’account executive, che segue come responsabile un certo numero di clienti: nasce l’agenzia moderna. Molte di queste agenzie ebbero vita difficile e scomparvero rapidamente. Nel 1899, la JWT, attraversando l’Atlantico, apre la sede di Londra diventando la prima agenzia globale. 2.5.3 - John E. Powers e la “honest advertising” J.E. Powers, conosciuto come il padre della pubblicità onesta, è un capofila sia di coloro che credono nella reason why che di coloro che seguono la strada della creativity. Lui credeva fondamentalmente che la pubblicità invece di imbonire il pubblico come faceva Barnum, dovesse essere semplice, fattuale, sincera fino all’estremo limite. Concepisce un annuncio per i grandi magazzini Wanamaker: “Abbiamo un sacco di brutte cianfrusaglie e di roba di cui ci vogliamo sbarazzare”. 2.6 - Prima metà del XX secolo – La Fase Fondante Dall’inizio del nuovo secolo e ben oltre la seconda guerra mondiale, tutto ciò che è innovativo, interessante, importante lo si deve agli Stati Uniti. Negli USA nasce la pubblicità contemporanea, qui nascono tendenze e stili che saranno poi alla base della pubblicità anche in Europa. Qui nascono le grandi multinazionali dell’industria e della pubblicità. Segue uno sviluppo discontinuo e disordinato ma almeno si possono distinguere due tendenze parallele: la corrente scientifica, hard selling, che sarà predominante fra gli anni ‘30 e ’40 e la corrente estetica, sof selling, che darà origine ad un ribaltamento culturale. Dibattito che continua ancor oggi a dividere i sostenitori delle due correnti. 2.6.1 - La corrente scientifica St. Elmo Lewis formula uno schema di successo: · Attirare l’Attenzione del consumatore; · Suscitare il suo Interesse per il prodotto pubblicizzato; · Stimolare il suo Desiderio di possederlo; · Il desiderio si deve trasformare in una Azione concreta di acquisto. AIDA, diviene il modello che guida i pubblicitari fino alla fine degli anni ’50. Un ricercatore, Daniel Starch, propone il primo test di efficacia che riflette in un certo senso il modello di Lewis. Un annuncio pubblicitario per essere giudicato positivamente deve: · Essere stato visto; · Essere stato letto; · Essere stato creduto; · Essere ricordato; · Indurre all’azione. Questa è la formula adottata dal mondo dei pubblicitari che si sentono obbligati a dare ai loro clienti una risposta che sia la più precisa possibile, illudendosi di poterla trovare in queste formule, in questi studi. Questo è il momento in cui inizia lo sviluppo delle ricerche di mercato. Kennedy e LasketJohn E. Kennedy era un grande uomo d’affari, affascinato dalle idee formula la frase: “Advertising is salemanship on paper”. Kennedy si prodiga in speculazioni teoriche e nel 1905 scrive “The book of Advertising Tests”. Lasker è considerato il padre fondatore della pubblicità moderna. Lavorò alla Lord&Thomas per 44 anni, di cui diventò anche uno dei proprietari. Senza di lui però, l’azienda aveva perso il proprio primato e, nel 1938, essa venne ceduta e l’azienda cambiò nome (F.C.B.). Hopkins, Barton, Caples La corrente produce grandi copywriters, Claude C. Kopkins pubblica nel 1923 il libro “ScientificAdvertising” e nel 1927 “My life in advertising”. Bruce Barton scrisse una lista di sei ingredienti per cucinare la pubblicità: · Il tema, deve basarsi su due principi: l’interesse di ogni uomo per sé stesso ed il suo interesse per gli altri; · Titoli interessanti · Il visual · Il testo, in cui l’introduzione può quasi sempre essere eliminata, deve adattarsi allo spazio · Gli aggettivi, vanno eliminati · Uno scopo, poiché un articolo non va mai scritto senza l’idea che qualcosa succederà. John Caples esordisce con un annuncio di successo, “They laughed…”.Anche lui scrive i sette punti da tenere in considerazione, che riecheggiano la AIDA: Il tuo annuncio attira il pubblico giusto? Il tuo annuncio blocca l’attenzione del pubblico? Il tuo annuncio suscita desiderio? Riesci a provare che c’è un vantaggio economico? Riesci a stabilire un rapporto di fiducia? Dai la sensazione che sia tutto facile? Riesci a motivare i potenziali clienti ad agire subito? Scrisse l’elenco delle quattro qualità che deve avere una headline: · Far leva sull’egoismo del lettore · Essere informativa · Incuriosire · Suggerire l’idea che i risultati saranno rapidi e facili. E scrisse le sedici formule per scrivere titoli: · Iniziare con la parola “come” nel senso di “come riuscire a” (come imparare a ballare) · Iniziare con la parola “come” nel senso di “in quale maniera” (come la vostra curva di energia reagisce alla prima colazione calda più rapida da preparare) · Introdurre una novità (presentiamo un nuovo aiuto per risolvere i problemi delle massaie) · Iniziare con la parola “nuovo” (nuovo radiogrammofono modernizzato) · Iniziare con la parola “ora” (ora in un solo volume i più bei racconti gialli) · Usare una sola parola (dimagrire) · Iniziare con la parola “quale” (quale di questi 45 lavori vorreste avere subito?) · Fare leva sul desiderio di denaro (guadagnare denaro a casa vostra) · Usare la parola “gratis” (gratis, un rimedio contro i capelli grigi) · Inserire un elemento di stupore (lo stupore si dipinse su tutti i visi) · Iniziare con la parola “cercasi” (cercasi uomini duri per tempi difficili) · Iniziare con la parola “finalmente” (finalmente: uno spazzolino da denti gratis per sei mesi) · Iniziare con la parola “questo” (questo bagno di bellezza è una meravigliosa sorpresa per ogni donna esigente) · Iniziare con la predisposizione “per” (per le donne i cui i mariti non pensano al lavoro) · Iniziare con le parole “essi risero” (essi sogghignarono quando il cameriere mi parlò in francese – ma il loro riso si trasformò in stupore quando risposi);16. Iniziare con le parole “avviso” o “consiglio” (avviso alle donne i cui mariti non risparmiano). Reeves Rosser Reeves chiude (finalmente) la fase scientifica, ma fu famoso per avere contribuito a fare eleggere Eisenhower a presidente degli Stati Uniti. Inventa lo slogan “Eisenhower answers America”. Egli è soprattutto il promotore della famosa USP (Unique Selling Proposition), che guida ancora oggi alcuni pubblicitari. L’USP è un termine preciso e richiede una definizione precisa. Si divide in tre parti: · Ogni avviso pubblicitario deve offrire una cosa precisa al consumatore. Non soltanto parole, non soltanto lodi sprecate del prodotto, non una semplice pubblicità da vetrina. Ogni messaggio deve dire al lettore: “Compra questo prodotto e otterrai questo specifico vantaggio” · L’offerta deve essere tale che la concorrenza non ne proponga o non possa proporne al consumatore una uguale. Deve essere esclusiva · L’offerta deve essere così forte da far muovere la massa: vale a dire, deve attirare nuovi consumatori verso il vostro prodotto. 2.6.2 - La corrente “estetica” Contemporaneamente alla scientificità delle campagne alla Hopkins, si affianca anche la corrente estetica in cui più che l’informazione, la precisione, la reason why si cerca l’emozione e la simpatia. Nonostante la pretesa degli “scientifici” di essere i soli depositari della ricetta del successo, in realtà anche una pubblicità più libera era in grado di assicurare soddisfacenti risultati commerciali. L’illustratrice Grace Drayton crea dei bambini con lo stile dei libri infantili per Campbell’s Soup; James K. Fraser, creatore della “spotless Town” per il detersivo Sapolio; la famosissima e lunga campagna di Ayer vince.In meno di 10 anni la DDB diventa una delle maggiori 10 agenzie nel mondo e la migliore.La caratteristica di Bill era quella di scoprire e trasformare una debolezza in pregio, con arguzia, ironia, freschezza ed intelligenza.Ohrnbach’s, il primo piccolo cliente; Bernbach propose di trasformarli in grandi magazzini di moda, a prezzi popolari, e lo fece cambiando il linguaggio della pubblicità.Levy’s, il coraggio di dichiararsi ebrei; la creatività si applicò alla strategia. Bisognava stravolgere le consuetudini e indirizzarsi a un pubblico di non ebrei, interessati a un pane etnico, in un periodo in cui iniziava a diffondersi l’interesse per le esperienze gastronomiche diverse. Da vero pane di segale a vero pane di segale ebreo: “Con un nome come Levy’s pensa di essere scambiatoper un episcopale?”El Al, Israel Airlines, una piccola compagnia aerea etnica, sconosciuta, considerata inaffidabile consente a Bill di stravolgere gli standard della pubblicità del settore di quei tempi. In un anno le vendite dei biglietti triplicarono. E consentirono a DDB di acquisire il budget del colosso AmericanAirlines.Volkswagen, la più famosa campagna pubblicitaria creata da Bernbach. 800 mila dollari contro i megabudget dei giganti dell’automobile di Detroit. La sua strategia fu quella di trasformare i difetti in virtù, i punti di debolezza in punti di forza. Campagna ideata da due creativi assunti da Bill, Julian Koening e Helmut Krone.1963, campagna di noleggio Avis.Nel 1962 il capo di Avis, Peter Townsend, una delle tante compagnie rent-a- car, si rivolse a Bill peraffrontare la concorrenza e rimettere in piedi un’azienda in crisi economica. Il mercato americanoe globale era dominato da Hertz. Malgrado il budget modesto, Bernbach accettò a patto che non cambiasse nemmeno una virgola e 90 giorni di tempo per formulare le sue proposte.I testi furono scritti dalla copywriter Paula Green, che ricorda che la campagna si rivelò estremamente spinosa sin dall’inizio, e che tutto sembrava combattere contro di lei, mancanza di eleganza, mostrare al pubblico l’azienda nuda con una irritante franchezza.Malgrado i test disastrosi, e l’irritazione di molti, Bill ebbe l’ostinatezza di proporla, ed il Cliente il coraggio di accettarla. Il numeroduismo si era così trasformato da ideologia dei perdenti in quella dei futuri vincitori. 2.7.3 - David Ogilvy e la reazione conservatrice Dalla Gran Bretagna Arrivò un personaggio che restituì visibilità e vigore alla corrente “scientifica”, David McKenzie Ogilvy. Fonda una piccola agenzia a New York, la Ogilvy Benson & Mather. Diventa cognato di Rosser Reeves, che non stima affatto. Nel 1963 scrive Confessions of an Advertising Man.Molte cose lo distanziano da Bernbach e dalla sua creativity. Grande teorico scientifico arriva a dettare undici comandamenti, uno più di Dio: · Quello che si dice è più importante di come lo si dice; · Se la campagna non si basa su una grande idea non venderà · Esponete i fatti; · Non stancate il pubblico per fargli comprare il prodotto; · Bisogna essere beneducati e non fare mai i pagliacci; · Bisogna fare pubblicità contemporanea · I comitati possono giudicare gli annunci, ma non farli; · Se un annuncio ha successo, bisogna ripeterlo fino a quando avrà smesso di interessare · Non scrivete mai un annuncio che non vorreste venisse letto dalla vostra famiglia; · La marca è la sua immagine · Non copiare. La sua frase più famosa fu: “Il consumatore non è stupido. Il consumatore è tua moglie”.Ogilvy, da bravo inglese, ossessionato dalla “classe”, percepiva un’immagine positiva come necessariamente di classe superiore. Tendeva a dare ad ogni prodotto un’immagine elitaria, “un biglietto di prima classe attraverso la vita”. Convinto assertore della tecnica dello snob appeal.Le sue campagne più famose riflettono esattamente questa propensione. 2.7.4 - Howard Luck Gossage e l’estremismo etico Mentre l’annuncio della Rolls per farsi notare dovette essere pubblicato un infinito numero di volte, quello della Land Rover bastò che apparisse una sola volta per generare tanto rumore presso la stampa che ne amplificò l’efficacia presso il pubblico. Howard Luck Gossage disse: “Non è necessario crivellare un elefante con centinaia di fucili, bastaun colpo solo nel punto giusto”. Colto e sagace fu sempre guidato da un forte codice etico. Fu un grande sostenitore e promotore delle teorie di Marshall McLuhan.Collaborò con la GGK tedesca e scrisse un libro: “Is there any Hope for Advertising?”Gossage ha l’idea per una promozione estremamente provocatoria, che lanciò con un annuncio diventato storico. Naturalmente un grande successo poiché all’interno di uno schema scherzoso, Gossage riesce a comunicare tutto ciò che si deve dire sulla qualità dei prodotti Fina, senza esagerazione ma con una tonalità critica nei confronti del linguaggio pubblicitario corrente 2.8 - La fase internazionale 2.8.1 - La nascita dello strategic planning Fino alla metà del ‘900, capacità creative e capacità strategiche erano generalmente riunite in una sola persona: Kennedy, Hopkins, Caples, Reeves, Rubicam o Burnett, fino a Benbach, Ogilvie,Gossage.Nella seconda metà degli anni ‘60 nasce a Londra in due agenzie, J.W.T. e Boase Massimi Pollitt, lafigura dello strategic planner o account planner.Per via di questa nuova impostazione l’asse dell’innovazione pubblicitaria si sposta con gli anni ‘70 al di qua dell’Atlantico.Gli strateghi si occupano di applicare le regole lasciando liberi i creativi di ideare messaggi fortemente suggestivi. Sul piano delle ricerche e dello strategic planning (in Europa) viene in uso sempre più frequente l’applicazione delle ricerche psicografiche per una conoscenza sempre più articolata del consumatore e del suo stile di vita.Proliferano gli studi a partire dal 1980 sul fenomeno della persuasione, sul cambio di atteggiamento e comportamento, lo sviluppo della grid di Vaughn consentirebbe una più precisa valutazione dei rapporti fra consumatore, prodotto e comunicazione.Di questo periodo vanno ricordate la lunga serie di spot della Pepsi-Cola indirizzati contro la Coca-Cola ma in realtà costruiti per affermare un posizionamento alternativo. 2.8.2 - Lontano da Madison Avenue Intanto a Londra si affermano agenzie come: · BMP, la Boase Massimi Pollit; · CDP, la Collett Dickenson Pearce & Partners; · BBH, la Bartle Bogle Hegarty; · Lowe & Partners; · AMV, la Abbott Mead Vickers; · Saatchi & Saatchi che esordisce con una auto-pubblicità: il 15% è morto; Nella intenzione dei fratelli Saatchi, si sarebbe dovuta costruire una scala di tariffe pagata dai clienti e non più dai mezzi di comunicazione, basata sulla teoria che i grandi clienti, che investonomolto sempre sulle stesse campagne, avrebbero avuto diritto a pagare una percentuale inferiore poiché richiedevano meno lavoro, mentre i piccoli clienti, che desideravano comunque essere assistiti dalle migliori agenzie, avrebbero dovuto pagare una percentuale maggiore, corrispondente al maggior lavoro che richiedevano.Iniziava così quella distruttiva crisi che oggi si sta sempre più aggravando e che sta causando la fusione fra agenzie singolarmente sempre più deboli, che cercano di sopperire alla mancanza di qualità con la quantità e che si illudono che due debolezze facciano una forza. 2.9 - E intanto in Italia 2.9.1 - Dal cartellonismo alla nuova creatività Nel 1920, Giuseppe Magagnali fondò la Maga a Milano un primo tentativo di passaggio dal lavoro artigianale ad un impegno più professionale. Nel 1922 Luigi Dal Monte Casoni fonda la prima vera agenzia dalle dimensioni interessanti, L’Acme Dal Monte, ideatrice di famosi concorsi fra cui il più memorabile “diecimila lire per uno slogan per il dentifricio KaliKor” di cui frase rimasta celebre“a dir le mie virtù basta un sorriso”.Nel 1922 veniva aperta a Milano la prima scuola di pubblicità. La Erwa fu la prima filiale in Italia diun’agenzia Americana aperta da Nino Caimi che avendo vissuto negli stati uniti era diventato un sincero ammiratore di quella cultura pubblicitaria.Nel 1930 dopo la chiusura della sede dovuta alla crisi economica Caimi apre la Ennecci a cui si deve un notissimo slogan: “Chi beve birra, campa cent’anni”.Una sorta di innovatore a quel tempo fu Dino Villani, a lui si devono campagne per Motta Visconti di Modrone.Nel 1939 fu l’ideatore dell’evento “Cinquemila lire per un sorriso”, da cui deriva il concorso di missItalia.Nel 1946 Villani edita un manuale che ci fa capire oggi cosa fosse la pubblicità di quei tempi che riflette la chiusura culturale provocata dall’isolamento del regime fascista.Nel dopoguerra l’apertura delle frontiere porterà in Italia professionisti stranieri come il grafico svizzero Max Huber. Subito dopo le prime agenzie nel 1948 la Lintas, nel 1951 la J.W.T., nel 1952 la CPV, nel 1963 la Young & Rubicam e man mano tutte le più importanti agenzie internazionali aprirono una loro sede in Italia. A questo punto si verificò una sorta di dicotomia tutta italiana fra rappresentanti della cultura locale e innovatori con gli occhi ai paesi anglosassoni e soprattutto gli Stati Uniti. In bilico tra i dueestremi agivano uomini come Gino Pesavento, fondatore dell’agenzia Spinta autore di molte campagne tra cui il lancio del doppio brodo Star. A suo modo convinto assertore della creatività libera. Mario Bellavista, figlio del fondatore dello Studio Sigla nel 1948, mantenendo posizioni più rigide,fu fra i primi italiani a fare incontrare pubblicità e marketing. Nel 1957 nasce il Carosello, un assurdo meccanismo che obbligava chi volesse utilizzarlo a: · Premettere ai 35” di comunicazione commerciale (codino) uno spettacolino di 100” in cui era rigidamente vietato alcun cenno o allusione al prodotto; · Non riutilizzare la parte spettacolare, producendone una nuova ad ogni passaggio (rappresentante circa il 60% della produzione cinematografica Italiana di quel tempo); · Sottostare alla censura di un organismo chiamato SACIS, dominato da democristiani e cattolici. Il personaggio chiave degli anni ‘50-‘60 fu Armando Testa che, erede della tradizione cartellonistica, seppe trasformare lo studio, fondato nel 1946, nella più grande agenzia Italiana, sfruttando la propria capacità di creare affissioni di grande impatto e traendo tutto il possibile dal linguaggio popolare di Carosello. Sulla sua scia si avviarono altre agenzie come la Leader di Firenze: “Chi Vespa mangia le mele”.Le grandi agenzie internazionali nel frattempo tra le quali si era aggiunta la McCann-Erickson e la FCB stavano prendendo il sopravvento e diffondevano sempre più anche in Italia la copy strategy di impostazione statunitense e si munivano all’interno della struttura di validi creativi moderni.Tra questi Emanuele Pirella capace di coniugare professionalità anglosassone e cultura italiana.Nel 1969, Luigi Montani Anelli, proveniente direttamente dalla scuola di Bernbach, la DDB, riprendeva nella maniera più fedele possibile i dettami della creatività americana.Negli anni ’70 sono anni di grande fermento, si sviluppa una vivace dialettica tra la tendenza cartellonistica alla Testa, la creatività neo-italiana di Pirella, quella americana di Montani e lo strategismo da reason why delle grandi multinazionali.A partire da questi anni viene importato in Italia lo strategic planning trapiantato in un terreno giàmolto fertile creato da veri e propri cenacoli propiziati dall’editore Enrico Robbiati intorno alle sue riviste Mediaforum e · Beni semidurevoli, per quei prodotti la cui durata è limitata nel tempo (un set di lenzuola); · Beni non durevoli, per quei prodotti che esauriscono la propria funzione e la propria esistenza nel momento in cui soddisfano il bisogno (un alimento). Si parla di: · Beni materiali o tangibili, per indicare i prodotti veri e propri, che “si possono toccare conmano”; · Beni immateriali o intangibili, per indicare i servizi o i prodotti culturali;e così via.Nel momento in cui i bisogni e bani entrano in azione sul mercato si crea la dinamica di domanda e offerta. 3.3 - Mercato, domanda, offerta Il mercato è l’Insieme complesso in cui agiscono produttori, distributori e acquirenti di un bene. Ambiente in cui opera il marketing e in cui agiscono due forze: domanda e offerta.Il terzo elemento è il prezzo del bene, influisce sulla domanda ed è influenzato dalla consistenza Domanda/Offerta. Il quarto elemento è la distribuzione, struttura che permette l’incontro Domanda/Offerta.In questo panorama, il marketing ha il compito di influire sulla domanda operando con le cosiddette otto P del marketing: · Prodotto (prestazioni, qualità); · Packaging (presentazione); · Prezzo; · Place (dove e come trovare il prodotto, distribuzione); · Personal selling (vendita diretta); · Pubblicità; · Promozione; · Publicity (pubbliche relazioni, eventi). La costruzione della strategia di marketing deve tener conto della tipologia della domanda, della situazione del mercato, dell’ambiente in cui si opera e della tipologia e consistenza dei consumatori. 3.3.1 - Tipologie della domanda La situazione della domanda da parte di potenziali consumatori può essere di diversi tipi, che condizionano le politiche del marketing.La domanda può essere: · Negativa, il consumatore è disposto a pagare qualunque costo per evitare l’offerta; · Latente, se il bisogno non si è rivelato in maniera cosciente, in mancanza di un prodotto che lo soddisfi; · Insoddisfacente, se il bisogno non riceve una risposta soddisfacente dal mercato; · Declinante, se la domanda cala nel tempo; · Periodica, se la domanda non è costante nel tempo, ma segue ritmi stagionali; · Stabile, se non si manifestano variazioni in una situazione di domanda considerata soddisfacente; · Crescente, se la domanda cresce con una certa costanza nel tempo; · Eccessiva, se la domanda supera l’offerta che l’azienda propone; · Riprovevole, se la domanda si indirizza a beni che soddisferebbero bisogni condannati dall’etica o dalla legge. Va precisato che, quando si parla di quantità della domanda, ci si può riferire sia al numero di consumatori sia alla quantità di prodotto acquistata da un singolo individuo. 3.3.2 - I diversi mercati e la posizione del prodotto nel mercato Dal punto di vista della sua storia e della sua potenzialità di sviluppo un mercato può essere: · Statico, se le sue dimensioni restano costanti; · In fase di sviluppo o nascente, se le sue dimensioni sono in crescita; · Di declino, se le sue dimensioni calano con una certa costanza; · Saturo, se non ha potenzialità di sviluppo. All’interno di un mercato i prodotti delle diverse aziende possono assumere diverse posizioni: · Market leader, quota più alta; · Challenger, quote minori al leader, a cui insediano posizione; · Follower, quote minori al leader e crescono imitandolo; · Nicchia, quote limitate, soddisfano bisogni particolari. 3.3.3 - Ciclo di vita del prodotto Come il mercato, anche ogni prodotto all’interno del mercato ha un proprio ciclo di vita: · Introduzione, quando il prodotto è appena nato; · Crescita, quando deve farsi largo tra la concorrenza per affermarsi nel mercato; · Maturità, quando il prodotto ha raggiunto il massimo della quota; · Declino, quando le innovazioni del mercato cominciano a far invecchiare il prodotto ed è necessario sfruttarne le ultime potenzialità; · Eventuale rivitalizzazione, quando un prodotto viene fatto riprendere dal declino. Un’altra maniera di descrivere la collocazione del prodotto all’interno del mercato è nota come Boston Box o Matrice di Boston. Classifica i prodotti collocandoli su un piano cartesiano i cui gli assi sono la quota di mercato e il tasso di crescita. Secondo questa matrice i prodotti possono essere: · Dogs, prodotti a bassa quota, basso tasso di crescita e in fase di declino; · Question marks, bassa quota, alto tasso di crescita e in fase di introduzione; · Stars, alta quota, alto tasso di crescita e in crescita o in fase di maturità; · Cash cows, alta quota, basso tasso di crescita e in fase di maturità ma destinati al declino 3.3.4 - L’ambiente e l’analisi SWOT Il prodotto vive in un ambiente complesso, la strategia di marketing deve tenere conto di queste entità che possono influire in maniera decisiva sul prodotto cercando di prevedere quali saranno imutamenti di ciascuna di queste realtà e come essi condizioneranno il destino del prodotto.Questa analisi viene chiamata SWOT e indica i quattro punti da tener presenti nello sviluppare questo tipo di studio: strenghts (forze), weaknesses (debolezze), opportunities (opportunità) e threats (minacce). 3.4 - Il piano e la strategia di marketing Lo schema abituale di un piano marketing prevede: · Uno scenario della situazione attuale; · Un’analisi SWOT; · Una definizione di obiettivo di marketing, in termini di vendite, quota di mercato, profitto; · La determinazione del prezzo del prodotto di marketing; · Un’eventuale modifica al prodotto; · Una scelta canali di distribuzione; · Una definizione del servizio offerto al consumatore; · Un’assegnazione delle quote di investimento e dei ruoli al communicationmix (ossia alle varie forme di comunicazione: packaging, pubblicità, promozioni, sponsorizzazioni); · Una definizione dei tempi e costi; · Una previsione dei risultati finanziari; · La specifica dei controlli per verificare l’attuazione del piano e il raggiungimento degli obiettivi. 3.4.1 - La tipologia delle strategie di marketing Esistono diverse strategie dell’obiettivo di marketing (risultati vendite, quota mercato, profitto): · Difesa delle posizioni, tipica del leader, mantiene i profitti e sostiene la quota di mercato contro gli attacchi dei concorrenti: · Rinnovando costantemente il prodotto; · Prezzi economici e concorrenziali, da non poter essere superati al ribasso da parte della concorrenza; · Studiando varianti del prodotto che precedano eventuali novità dei concorrenti; · Mantenendo la fedeltà dei consumatori con azioni promozionali e campagne d’immagine. · Di attacco, l’azienda challenger cerca di impadronirsi di parte delle quote dei concorrenti. 1. Prezzi più bassi; 2. Operando in aree di consumatori dove il concorrente è più debole; 3. Investendo in comunicazione più del concorrente; 4. Promozioni intense; 5. Rinnovando in maniera decisa il prodotto. · Di espansione del mercato, quando l’azienda si propone di aumentare i profitti pur mantenendo la stessa quota di mercato. a. Di tipo estensivo, se ci si propone di aumentare il numero dei nuovi consumatori e quindi le dimensioni del mercato: ⦁ Facendo conoscere il prodotto a chi non lo conosceva; 1. Abbassando il prezzo sotto la soglia che prima teneva lontani certi consumatori; 2. Migliorando il prodotto per attirare chi finora era restio; 3. Proponendo nuovi usi dello stesso prodotto (il chewing-gum non solo contro il nervosismo, ma anche contro l’alitosi). 6. Di tipo intensivo, se ci si propone di aumentare le quantità di ogni singolo consumatore: · Proponendo nuovi usi dello stesso prodotto e un maggior uso. · Di imitazione, quando l’azienda (in genere un follower) si limita a ripetere ciò che l’azienda leader sta facendo con successo. · Di nicchia, quando l’azienda si concentra su una specializzazione che sia sufficientemente remunerativa e difficilmente attaccata da concorrenti più grandi: · Offrendo solo un tipo speciale di prodotto o servizio; · Rivolgendosi a un solo tipo di consumatore; · Dominando una singola area geografica; · Offrendo un particolare rapporto qualità/prezzo (alta qualità/alto prezzo o solo prodotti a bassissimo prezzo). La strategia di marketing è il punto di partenza per la costruzione del brief aziendale da cui deriva successivamente la strategia di comunicazione. E’ importante che nella strategia del lavoro del pubblicitario siano definiti: · Lo scenario della situazione; · L’analisi SWOT; · L’obiettivo che ci si prefigge; · La determinazione di che cosa dovrà dare la controparte; · La definizione tempi e costi; · La definizione delle azioni di comunicazione; · La previsione dei risultati. · Interno, i dipendenti sono il primo e più importante pubblico per la costruzione dell’identity; · Locale, la città, la regione, l’ambiente in cui l’azienda opera; 4.3 - Il posizionamento · Gruppi d’influenza, gli opinion leader, comunicatori dell’identità aziendale; · Trade, i rivenditori; · Governo e rappresentanti politici; · Clienti e consumatori; · Grande pubblico, anche i non consumatori. Sempre secondo Bernstein, nella costruzione della company image da parte del pubblico, un ruolo molto importante lo giocano anche il settore di mercato e la nazione d’origine, tramite pregiudizi. Per posizionamento s’intende l’operazione che ha come obiettivo quello di fare in modo che il consumatore differenzi il proprio marchio da quello dei concorrenti e lo faccia in modo possibilmente favorevole a noi. Per ottenere ciò è necessario che l’elemento differenziante: · Sia interessante per un segmento di consumatori sufficientemente ampio; · Non sia proposto dai concorrenti; · Se è proposto dai concorrenti, che il proprio sia credibilmente sensibilmente superiore al loro; · Chiaramente comunicabile e percepibile dai consumatori. Come indica Kotler, il posizionamento può essere costruito sulla base di diverse tipologie di elementi: · Le caratteristiche del prodotto; · Un vantaggio o benefit che si può promettere al consumatore (solitamente il più efficace); · La specializzazione per certe occasioni d’uso; · La contrapposizione a uno specifico concorrente; · La differenziazione del settore di mercato. 4.4 - Le mappe percettive, diagnosi e progetto Poiché l’operazione di posizionamento avviene nella mente del consumatore, occorre avere una mappa di questa mente, trovare le coordinate che definiscono il campo d’azione e sulle quali è strutturato lo spazio nella mente del proprio target group e come si collocano i concorrenti.In pratica, attraverso ricerche del consumatore e procedure statistiche, si evidenziano i fattori cheinfluenzano le opinioni del pubblici nei confronti dei marchi che operano in un determinato settore. Questi settori saranno gli assi su cui verrà costruito il piano cartesiano della nostra mappa.La mappa può avere due funzioni di utilizzo generalmente successive nel tempo: · Diagnosi, permette di capire la situazione del momento. · Progetto, quadro delle opportunità, punto più promettente per posizionare il prodotto. 4.5 - Il posizionamento e la progettazione del target group Per posizionamento si intende la collocazione del proprio prodotto su mappe che rappresentano gli effettivi comportamenti dei consumatori. 4.6 - La strategia di comunicazione e il copy brief Al brief, il documento preparato dall’azienda cliente e passato all’agenzia di pubblicità, questa risponde con un altro documento formale che è la strategia di comunicazione. 4.6.1 - Lo scenario del mercato della comunicazione Occorrerà capire e illustrare quale sia lo scenario che la nostra comunicazione e quella dei concorrenti ha costruito nella mente dei consumatori.Bisognerà analizzare per affrontare una vera costruzione della strategia: · Gli investimenti in comunicazione delle varie aziende operanti in quel settore di mercato; · Le varie share-of-voice, percentuale investita da ogni singola azienda; · Le politiche della pianificazione dei mezzi; · Quali segmenti di pubblico sono stati raggiunti dalla comunicazione e risultati; · Quali strategie si possono leggere dietro i messaggi dei concorrenti; · Quali premesse fatte da ciascuno appoggio di quali reason why; · Quali mezzi linguistici hanno utilizzato per costruire i loro messaggi. 4.6.2 - Problema, soluzione, obiettivo di comunicazione La domanda fondamentale da cui deve partire la strategia di comunicazione è:“Dato l’obiettivo di marketing esposto nel brief, perché il prodotto non riesce a raggiungerlo spontaneamente; qual è l’ostacolo insito nella mente dei consumatori che impedisce loro di comportarsi o pensare come noi desidereremmo?”La formulazione corretta del problema è vitale perché da essa derivano, quasi spontaneamente, la sua soluzione e la definizione dell’obiettivo di comunicazione. Obiettivo di marketing, obiettivo di comunicazione, consumer insight Uno degli errori più frequenti è confondere l’obiettivo di marketing con quello di comunicazione.Il secondo è assolutamente funzionale al primo e la sua funzione è solo quella di permettere il suo raggiungimento. Non può esistere un obiettivo di comunicazione senza un obiettivo di marketing, che è il vero scopo finale di qualsiasi azione di comunicazione aziendale.L’obiettivo di una strategia di comunicazione corrisponde dunque alla soluzione del problema, alla rimozione dell’ostacolo che si oppone alla realizzazione dei propri piani.Sono necessarie ricerche specifiche, di tipo qualitativo, esplorare la maniera di pensare dei consumatori. Il risultato di questa esplorazione viene chiamato consumer insight, e consiste nellascoperta di quale sia la chiave psicologica che fa comportare e pensare il consumatore in un determinato modo e non in un altro. Motivazione e freni Nell’identificazione del migliore obiettivo di comunicazione occorre tener ben presente quali sono, nella psicologia del target group, le motivazioni che lo possono spingere verso l’acquisto di un determinato prodotto e quali invece sono i freni che lo possono allontanare da esso ricordandosi che i due campi spesso sono collegati tra loro. Un secondo elemento va considerato al momento di formulare l’obiettivo di comunicazione: in ogni settore di mercato esiste abitualmente una conditio sine qua non, una prestazione minimale richiesta al prodotto per essere riconosciuto come parte di quel mercato e accettato dal consumatore. 4.6.3 - La formalizzazione della strategia Il nucleo centrale della strategia di comunicazione è il copy strategy (parte della strategia di marketing di un prodotto, e indica cosa ci si aspetta che il target abbia in mente come motivo per acquistare il proprio prodotto invece di quello della concorrenza).L’elemento di partenza è la definizione del target group, l’azienda cliente inizialmente verifica cosìcome i creativi hanno le prime direttive verso cui muoversi. Va poi formalizzato l’obiettivo di comunicazione che può anche prendere la forma di desired consumer answer, ossia di esplicitazione di ciò che si vuole che il consumatore pensi del prodotto dopo aver recepito il messaggio. Gli elementi principali del discorso creativo sono cinque: · La main promise o promessa principale, qual è il vantaggio o benefit che il consumatore deve aspettarsi dal fatto di aderire alle nostre proposte e di pensare o agire come noi gli suggeriamo con la nostra pubblicità? Deve rispondere pienamente ai bisogni del consumatore, motivazioni, attese (materiali o immateriali). Ovviamente questa promessa va poi mantenuta e deve rimanere una e una sola per non generare confusione nel pubblico; · La reason why, ossia la ragione per cui il destinatario dovrebbe credere alla nostra promessa. Se la main promise può avere un carattere emotivo, la reason why deve essere il più possibile logico e razionale. Le reason why possono anche essere molte, per costruire una base informativa: -Supporting evidence, un elemento materiale che serva da supporto alla promessa in maniera evidente; -Subsidiary appeal, promessa secondaria che però non deve mai essere prevaricante sulla promessa principale e che è più opportuno sia di carattere diverso rispetto a quella; -Tone of voice o tone and manner, il tono di voce che i creativi dovranno adottare nella costruzione della campagna sia per la sua parte verbale che su quella iconica. Tutte queste indicazioni, una volta condivise da tutto il gruppo responsabile, prendono la forma del creative brief, documento che presentato ai creativi indica gli elementi di base per il loro lavoro. Capitolo 5 - Il vero protagonista 5.1 - La progettazione del target group Al momento di pianificare e costruire una campagna pubblicitaria il passo fondamentale è quello di studiare quale sarà il pubblico da porre come obiettivo del messaggio: questo sarà il nostro target group (la quale traduzione è gruppo bersaglio). 5.1.1 - Target di marketing, target di comunicazione, focus target Due target group, uno corrisponde all’obiettivo di marketing, l’altro a quello di comunicazione.I due gruppi a volte possono coincidere esattamente ma spesso lo fanno solo in parte. Nella maggior parte dei casi, il target di comunicazione è più ampio del target di marketing. Altra distinzione da tenere presente è quella tra target totale e focus target: il primo indica l’insieme globale degli individui che prevedo di raggiungere attraverso la comunicazione; il secondo indica il sottogruppo più interessante all’interno del target totale (per esempio, per una compagnia aerea, i cosiddetti frequent flyers, coloro che volano spesso). 5.1.2 Le tipologie di target group Al di là dei consumatori attuali, occorre considerare altre possibilità: · I consumatori potenziali, che non consumano il prodotto, ma che potrebbero farlo se conla pubblicità si riesce a persuaderli; · I responsabili degli acquisti, chi non consuma, però acquista; · I decisori, i consumatori che indicano al responsabile degli acquisti quale marca comprare; · I prescrittori, non consumano ma obbligano a comprare; · I consiglieri, coloro che senza essere direttamente coinvolti nell’acquisto o consumo, indirizzano in comportamento altrui; · I rivenditori; · Gli opinion leader, punto di riferimento nel comportamento della società. 5.2. La segmentazione: ricominciamo da Aristotele, anzi da Antistene Aristotele già intuisce questa necessità di segmentare il pubblico in base a età, origine familiare, ricchezza, potere, fortuna. La retorica antica consiglia di costruire messaggi che riescano a persuadere il particolare uditorio sfruttandone i diversi caratteri, i diversi vizi, le diverse opinioni, giuste o sbagliate che siano. 5.3. La segmentazione del pubblico