Scarica Riassunto utile a sostenere l'esame di Geografia. e più Dispense in PDF di Geografia solo su Docsity! 1 MATERIALI DI DIDATTICA DELLA GEOGRAFIA CAPITOLO 1: Insegnare geografia oggi: ambiente, territorio e paesaggio tra teorie, scritture e pratiche 1.INTRODUZIONE Nel corso dell’evoluzione dell’uomo le necessità, i bisogni e i desideri hanno portato a innescare interventi nello spazio, trasformando strutture ambientali, territoriali e paesaggistiche. In particolare, negli ultimi anni, l’aumento dei livelli di industrializzazione, l’aumento dei consumi individuali, la crescita demografica, ecc.… hanno compromesso molti ambienti, territori e paesaggi. D’altro lato, tali atteggiamenti distruttivi hanno dato avvio a pratiche di protezione e conservazione del patrimonio esistente. Oggi si ritiene fondamentale un’educazione all’ambiente, al territorio, al paesaggio e alla cittadinanza, per poter raggiungere un nuovo modello di sviluppo capace di integrare la protezione ambientale con lo sviluppo economico. La geografia può aiutare, piccoli e adulti, nel delineare percorsi responsabili nell’uso del territorio. Questo primo capitolo si occuperà di riflettere intorno a tre concetti centrali per la ricerca e la didattica della geografia: i concetti di AMBIENTE, TERRITORIO e PAESAGGIO, che già in passato hanno alimentato vivaci dibattiti teorici e pratici. 2. AMBIENTE L’ambiente è uno dei primi argomenti geografici che gli insegnanti propongono agli studenti nella scuola primaria. È fondamentale non confondersi tra “ambiente” e “natura” secondo il pensiero comune l’ambiente è il contesto naturale in cui opera l’uomo e la natura è l’oggetto di trasformazione delle attività umane. Tale confusione porta molti insegnanti a sovrapporre il concetto di “ambiente” con quello di “ambiente naturale”(privo dell’azione trasformatrice dell’uomo). In realtà, con il termine ambiente, ci si dovrebbe riferire solo al complesso sistema costituito da tutti gli elementi presenti sul pianeta Terra ed alle loro relazioni chimiche, fisiche e biologiche. Quindi, non ci si limita solo all’ambiente naturale, ma a qualsiasi tipo di ambiente caratterizzato da: - Uno spazio fisico; - Insieme di energia e di materia presente in tale spazio; - Condizioni chimiche, fisiche e biologiche in tale spazio; - Interrelazioni che sussistono tra tutti i fenomeni fisici, chimici e biologici presenti in tale spazio. Riferendosi all’ambiente ci si riferisce, perciò, anche all’ambiente costruito dalle attività umane, è impossibile infatti trovare ambiente assolutamente naturali sulla superficie terrestre. È importante permettere agli studenti di apprendere l’ambiente direttamente, con esperienze concrete (rotolando da un pendio); tali esperienze non possono essere spiegate, è bene lasciare la spiegazione teorica agli anni successivi. 3.TERRITORIO Il territorio è considerato il prodotto dei processi di insediamento umano combinati con la dimensione fisica e naturale. Perciò, esso si trasforma ogni qualvolta un nuovo gruppo umano procede con le sue azioni per realizzare un proprio progetto culturale e materiale. Risulta quindi molto difficile la trattazione a scuola di un concetto così versatile ed è necessaria, a causa delle poche ore disponibili, una selezione degli argomenti. Ci si potrebbe concentrare, per esempio, sui grandi processi che caratterizzano il mondo contemporaneo (globalizzazione, dinamiche demografiche, 2 cambiamento climatico). In questo modo sarebbe possibile un’educazione al territorio, che ancora oggi continua a trovare scarso spazio all’interno dei libri di testo, prevalentemente rivolti al passato. La didattica della geografia riguardante il territorio, fa riferimento ad un’analisi transcalare! Nell’educazione al territorio non solo si ritrovano relazioni transcalari verticali, ma anche le relazioni transcalari orizzontali tra: - Elementi omogenei → attraverso i quali è possibile riconoscere e classificare i fenomeni più regolari come i climi, idrografia, ecc. - Elementi diversi → attraverso i quali si incontrano e si scoprono le diversità che ci fanno appassionare alla varietà del mondo. È attraverso l’educazione al territorio che è possibile comprendere come avendo cura del proprio spazio quotidiano si ha anche cura del pianeta. La didattica della geografia deve mettere in luce il territorio come esperienza di relazioni transcalari, cittadinanza attiva e cura dei luoghi e del pianeta in questo modo essa permette di affrontare le complesse sfide della sostenibilità e della responsabilità. È in quest’ottica che le “banali” attività di raccolta differenziata, corretta alimentazione, ecc.… acquistano un senso profondo e diventano utili per responsabilizzare studenti e famiglie nella loro vita quotidiana. Infine, l’educazione al territorio richiede una pratica diretta ed attiva, per conoscere lo spazio naturale, chi lo abita e chi lo ha abitato, indagando sul campo i significati storici e culturali delle comunità che lo trasformano quotidianamente. 4.PAESAGGIO Il paesaggio, concetto messo da parte per decenni, è ora rientrato stabilmente a far parte dei percorsi educativi all’interno della scuola. Il paesaggio è un concetto transdisciplinare, che rientra in numerosi discorsi teorici e attività pratiche. Si possono individuare diversi modi di trattare il paesaggio: 1. Una prima posizione associa il paesaggio alle forme materiali e oggettive presenti nell’ambiente fisico e nel territorio designato da diversi gruppi umani. In questo senso, la geografia rimanda continuamente al concetto di paesaggio come realtà materiale e oggettiva, nei suoi aspetti naturali, biologici, fisici, geologici, climatici, antropici, sociali, economici e culturali. 2. Una seconda posizione considera il paesaggio come una manifestazione culturale e dello spirito; esso, quindi, può essere oggetto di studio non solo delle scienza naturali, ma anche dell’arte, delle scienze umane, ecc. Si sottolinea quindi come il paesaggio sia il prodotto di un’invenzione storica e culturale. 3. Una terza posizione considera il paesaggio come relazione dialettica tra le die dimensioni precedenti. In quest’ottica il fattuale e il sensibile non sono opposti tra loro, ma rappresentano due dimensioni del paesaggio tra loro inscindibili. Questa terza posizione pone una sfida considerevole sul piano metodologico: la complessità del termine necessita il ricorso a una diversità di approcci pluridisciplinari. Il concetto di paesaggio, infatti, riesce ad unire esperti e cultori di varie discipline che arricchiscono il concetto stesso. Paesaggio e scuola Alla luce di quanto detto prima, il paesaggio diventa un’ottima occasione per fare geografia e per 5 La competenza è la capacità generale di agire in modo unico, ogni volta potenzialmente diverso, di fronte a uno stimolo, a una situazione, a una condizione, a un problema. Ancor più complesso è circoscrivere competenze disciplinari, ben sapendo che una competenza può richiedere conoscenze e abilità generali, interdisciplinari e prese in prestito a discipline diverse. 2. DOVE CI PORTA QUESTA DOMANDA IN GEOGRAFIA L’idea intorno alla quale vorrei far convergere tutti è: se vogliamo trasferire efficacemente il problema dell’insegnamento per competenze nella didattica della geografia, dobbiamo riuscire a integrare tre elementi: conoscenza, abilità e creatività. Questa creatività ha già nel campo geografico l’efficace denominazione di IMMAGINAZIONE GEOGRAFICA. Questa può rendersi efficace solo in una dimensione educativa di geografia attiva. Ma cosa fa la geografia? Spazializza: pensa, ordina e interpreta il mondo, la realtà, in modo spazializzato. La geografia si muove oggi in questa complessità, la spazializza e tenta di raccontare tanto continuo movimento in cartografie diversificate e interattive, da quelle economiche a quelle emozionali, che nel tempo illudono di poter sostituire il territorio con la sua potente rappresentazione. Come facciamo a raccogliere tutto questo senso della geografia in un obiettivo di appartenenza? Una buona traccia ce la fornisce proprio l’esperienza di insegnamento con quell’alunno che non sarà mai sereno, il primo giorno di scuola, finché non controllerà a sufficienza il suo nuovo spazio di vita. Conoscere tutti gli spazi della scuola e sapersi muovere consapevolmente in essi è una competenza geografica. Se riportiamo questa dinamica alla vita individuale e osserviamo questa competenza in un’ottica multiscalare, vediamo che a mano a mano che si allunga il tempo di vita lo stare al mondo coincide con il conoscere e controllare spazi sempre più vasti. Anche da adulti, è una competenza che incessantemente si rinnova: perché cambiano i luoghi e perché si può continuamente ampliare conoscendo e approfondendo nuovi territori. Il curricolo verticale è tutto nella nostra capacità di cogliere questa competenza e di declinarla per età, per conoscenze e per abilità. Ma anche che il suo sviluppo nell’educazione geografica deve passare per la creatività e l’immaginazione geografica, intese come il saper pensare e risolvere problemi spaziali che possono riguardare la propria vita ma anche la società di cui facciamo parte e l’ambiente. L’utilizzo delle competenze geografiche nella vita reale sarà poi il risultato di un insieme di condizioni aggiuntive, tra le quali contano i vissuti individuali e sociali, la famiglia, la cultural, gli incontri, le cose viste e le potenzialità individuali. La conquista più importante del pensiero geografico sarà insegnarci che siamo nel mondo proprio nel senso che alla nostra vita e le sue scelte sono il risultato di innumerevoli condizioni, vissuti, esperienze, di generazioni passate e di relazioni attuali, di scelte individuali e condizionamento e limiti dati dai luoghi. Spazializzare includendo l’esperienza individuale ha molto a che fare con tutti gli obiettivi dell’educazione geografica. Si può dare un elenco di declinazioni di competenza geografica, un insieme esteso che va inteso come una sintesi, ma si aggiunge anche un elenco delle declinazioni educative della competenza geografica: - Sviluppare una visione geografica dei luoghi al fine di pensare spazialmente al mondo contemporaneo, di agirvi consapevolmente; - Analizzare i cambiamenti spaziali per comprendere l’evoluzione dei fenomeni, del territorio, della società; - Gestire le risorse del pianeta in un’ottica individuale e sociale 6 - Governare la complessità del mondo contemporaneo sviluppando idee e azioni per migliorare le condizioni di vita; - Comprendere il valore della diversità culturale e della sua diffusione nel mondo contemporaneo 3. LA COSTRUZIONE DEL CURRICOLO VERTICALE Si localizza per iniziare un ragionamento sui luoghi e loro valori. Si passa da abilità molto tecniche e operative per arrivare ad abilità complesse di tipo superiore. Per il bambino di tre anni, la geografia è sapere dove sono la sua classe, il bagno, la mensa, il cortile- ed è sapere che anche se non le vede, da qualche parte, ci sono anche ancora la sua casa, la sua famiglia e i suoi giochi. Che fra questi due spazi ce ne sono altri. E per l’adulto la geografia è sapersi muovere fra più luoghi, nell’intero spazio terrestre, per cogliere le migliori opportunità per la propria vita. Chi impara a fare questo ha una potenzialità in più. Cosa esprime il valore della competenza geografica? L’educazione a comprendere che il dove sono le cose non può essere separato dal capire cosa sono le cose, quali rapporti hanno tra loro e con noi, come possiamo disporne per la vita nostra, quella della comunità e di chi abiterà il pianeta in futuro. Ecco dove questo ragionamento si indirizza verso la verticalità del curricolo: programmando per competenze non ci poniamo il problema nell’ordine dei contenuti, piuttosto quello della loro rilevanza. In ogni caso, tutti i contenuti devono concorrere allo sviluppo della competenza geografica: questo è l’obiettivo unificante, in verticale, di tutto il percorso. Le ultime Indicazioni Nazionali per il curricolo identificano quattro temi che si ripetono in continuità tra scuola primaria e secondaria di primo grado (orientamento, linguaggio della geo-graficità, paesaggio, regione e sistema territoriale). Si può partire da qui per articolare una programmazione nella quale tutto concorre a strutturare una forma di pensiero geografico che progressivamente accompagna la crescita fino all’età adulta, formando una mappa di connessioni che rendono ogni conoscenza spendibile in un contesto attivo. CAPITOLO 4: LE COMPETENZE PRE-GEOGRAFICHE NELLA SCUOLA DELL’INFANZIA 1. CONSIDERAZIONI DI CORNICE Prima di poter affrontare il tema dell’educazione spaziale e pre-geografica in relazione alla scuola dell’infanzia, è necessario fare un inquadramento generale. Secondo Jhon Dewey, il processo educativo non deve essere associato solamente all’istituzione scolastica, perché si correrebbe il rischio di sovraccaricare il ruolo della scuola. Bisogna cogliere le opportunità che la quotidianità offre. Questa considerazione è fondamentale secondo J. D. dato che si corre il rischio che le nozioni scolastiche rimangano tali, evitando di trasformarsi e unirsi alla vita quotidiana diventando esperienze di vita. Una seconda riflessione riguarda l’insegnamento geografico; questa disciplina si colloca a cavallo tra i saperi umanistici e scientifici, ma soprattutto è connessa all’extra-scuola: il territorio. Grazie a questa collocazione è possibile dare all’educazione geografica una responsabilità: fare in modo che l’educazione scolastica si trasformi e diventi rilevante sul piano sociale. Queste riflessioni solo la chiave per capire lo sforzo che fa Dewey per superare “l’idea ordinaria dell’educazione”: idea che ignora la necessità sociale di essa. Semplficando il concetto: “l’insegnamento della geografia è costitutivo della cittadinanza, in quanto la vita delle popolazioni è strettamente connessa allo spazio in cui esse abitano. L’educazione alla cittadinanza permette di collocarsi in tale spazio, non solo fisico, ormai profondamente mutato a causa dei fenomeni legati alla globalizzazione” (Santerini, 2010, p.31). terza riflessione: data la tenera età presa in considerazione, non verrà più utilizzata la parola geografia, bensì la parola educazione pre-geografica 7 2. CONCETTO E VALORE DELLE COMPETENZE IN CAMPO PRE-GEOGRAFICO NEL CONTESTO DELLA CONTINUITÀ CURRICOLARE Si afferma che per ottenere dei risultati significativi c’è la necessità di trasformare le conoscenze acquisite a scuola in competenze: (usare le conoscenze in contesti esterni al sistema scolastico e affrontare sempre nuove soluzioni ai problemi). Si trova in maniera significativa questa necessità alla scuola dell’infanzia, ove non c‘è una vera e propria offerta didattica, ma una formazione porosa nei vari campi di esperienza del bambino. Il sapere spazio-geografico risulta fondamentale come “palestra addestrativa di vita”, un valore che dovrebbe essere centrale nella gestione della spazialità del bambino. In definitiva bisogna rispettare e soprattutto valorizzare le richieste di autonomia nella gestione degli spazi di ogni bambino. L’idea del curricolo verticale modellato sul valore assegnato alla competenza che supera la visione della programmazione curricolare basata sul binomio conoscenza e abilità, prospetta il rischio di prefigurare occasioni di esperienza future senza però considerare le dinamiche spaziali del presente: i bambini e le bambine sono costruttori attivi delle proprie geografie del quotidiano. L’orientamento permette una mobilità affina il controllo del linguaggio della geo-graficità che permette di ottenere una maggiore autonomia nella gestione quotidiana delle dinamiche spaziali, elementi necessari per poter leggere e comprendere lo spazio organizzato, il territorio e relazionarsi adeguatamente con le altre persone. 3. “PICCOLI” ATTORI TERRITORIALI E “PICCOLI” CITTADINI I bambini si possono definire piccoli dal punto di vista anagrafico, sul piano della spazialità e dell’interazione con gli spazi organizzati sono i protagonisti proprio come gli adulti, soprattutto cittadini allo stesso livello. Sono proprio gli adulti ad ostacolare e limitare, in maniera inconscia, l’esercizio della cittadinanza territoriale ai più piccoli, giustificandosi con l’attenzione alla salute; così facendo vengono vincolate e contenute anche le esperienze spaziali dei bambini portando come conseguenza la limitazione alle potenzialità di apprendimento e sviluppo della personalità. La scuola delle competenze per evitare che il termine competenza rimanga solamente un conetto dovrebbe come prima cosa, facendo riferimento alla scuola dell’infanzia, prevedere più attività all’aperto, ricche e stimolanti, intese come un diverso approccio nei confronti degli impulsi che possono pervenire dalle diverse strutture spazio-territoriali che si trovano all’esterno delle pareti dell’edificio scolastico. Gli spazi esterni, identificati come eccellenti aule decentrate hanno il merito di garantire maggior efficacia alle proposte didattiche che mirano a prendere in considerazione lo spazio geografico. Viene proposta la pedagogia outdoor, sempre più indispensabile nel contesto della modernità che per i più piccoli ha spesso l’amaro significato di una vita circoscritta in spazi limitati e in prevalenza chiusi. In termini di educazione pre-geografica , se da un lato è interessante procedere analizzando dei concetti dei dati reali riproposizionandoli poi sotto forma di rappresentazione geografica, dall’altro lato risulta fondamentale fissare queste progettualità didattiche su effettive esperienze in altri contesti che non siano le stanze dell’edificio scolastico. L’esperienza, ragionare sull’esperienza e rappresentare l’esperienza sono momenti fondamentali e irrinunciabili della pratica educativa pre-geografica. Si sottolinea il fatto che i progetti di educazione pre-geografica che la scuola dell’infanzia elabora non possono avere come unico scopo la creazione di pre-requisiti, affinché i bambini possano affrontare lo studio dei temi geografici una volta inseriti alla scuola primaria, trascurando le importantissime geografie quotidiane reali e del presente. La conoscenza del mondo si ritrova evidenziata come “muovendosi nello spazio, i bambini scelgono ed eseguono i percorsi più idonei per raggiungere una meta prefissata”. Il rischio è che lo spazio all’interno del quale i bambini mettono in atto la loro mobilità sia il salone/cortile della scuola e che le mete da raggiungere siano immaginarie e fittizie rappresenti la normalità delle esperienze. Il territorio al di la del perimetro della scuola presenta una pluralità reale di mete da guadagnare; un campo di esperienza. 10 La geografia (in Italia) è considerata una semplice materia scolastica “un compito banale” diversi anni di dialogo costante tra la ricerca e la didattica ha portato a importanti progressi. La collaborazione tra didattica e ricerca sta dando forza ad una concezione dell’insegnamento della geografia sempre più orientato a una progettazione per competenze. Il dibattito tra didattica e ricerca è fecondo e non è infondato l’auspicio che possa portare ad un miglioramento del ruolo sociale della geografia. Nel dimostrare che la geografia è un catalogo enciclopedico ci si dimentica di quanto questo catalogo sia fondamentale è imprescindibile. Il passaggio da una concezione della questione localizzativa intesa in termini di conoscenze a una invece intesa in termini di competenza è decisivo. Compiere tale transizione significa passare da una concezione spaziale della dimensione localizzativa ad una territoriale, in virtù della quale gli elementi geo-localizzati cessano di essere oggetti e diventano luoghi, dotati di significati specifici e di un potenziale narrativo. La necessità di stimolare interesse nei confronti della questione localiz-zativa potrebbe in realtà apparire banale, in quanto la tendenza a chiedersi "dove si trova' o 'verso quale direzione si dirige' è innata nell'essere umano, costantemente in cerca di punti di riferimento ai quali ancorare il proprio orientamento. Molti individui, infatti, hanno la necessità di dare un valore di realtà alle conoscenze localizzative, inserirle in un contesto e proble-matizzarle, per dare loro significato. La competenza localizzativa è quindi quella che porta a interrogarsi su quale sia la posizione relativa e la posizione assoluta di un luogo dotato di significato. La rappresentazione mentale inoltre non deve necessariamente presentare caratteri di perfezione matematica dal punto di vista della proiezione e ci rappresenta un fondamentale vantaggio nella didattica della geografia. Ovviamente questa carta mentale è molto più efficace per il territorio vi-cino, o quantomeno per quello conosciuto per esperienza diretta; tuttavia, può essere costruita anche alla scala regionale o mondiale, al fine di localizzare luoghi remoti e che probabilmente non verranno mai fisicamente esperiti. Al fine di realizzare tale obiettivo risulta necessario proporre una didattica della geografia in grado di trasformare «una serie di noiosi esercizi di memoria in una stimolante avventura di scoperta» In sintesi, si tratta di attivare la dimensione esplorativa della geografia, quella che da sempre le conferisce fascino, che nella storia ha mosso le carovane e le navi, gli esploratori per terra e per mare, spinti dall'innata umana curiosità di conoscere l'altro e di scoprire l'altrove 2. IL TEMPO E LO SPAZIO IN UNA DIDATTICA "ROVESCIATA" DELLA GEOGRAFIA La competenza localizzativa può essere attivata a partire da una molteplicità di strumenti, che permettono di accendere. Il riferimento allo stretto rapporto tra geografia e storia pare espli-cito, così come la proposta di una visione delle due discipline come espressione rispettivamente delle variabili spazio e tempo, integrate ma distinte. Numerosi studi sulla didattica hanno dimostrato come una didattica frontale sia inefficace a causa di una sorta di gap che si è venuto a creare tra i nuovi stili di apprendimento delle nuove generazioni e le modalità di esposizione appartenenti alle generazioni più anziane. La ricerca di nuove modalità di insegnamento è ormai indispensabile al fine di rendere utile e proficuo l’apprendimento. Tra le nuove modalità di insegnamento ricordiamo la flipped classroom -> si tratta di un sistema che grazie all’uso delle nuove tecnologie inverte il tradizionale sistema di insegnamento/apprendimento e quindi anche il conseguente rapporto docente/discente. Con questa metodologia la classe non è più il luogo di trasmissione delle nozioni, ma diviene uno spazio di discussione dove le conoscenze vengono utilizzate grazie al confronto tra pari e con il docente. Il processo di costruzione della conoscenza viene così affidato al lavoro domestico degli alunni (sempre con la supervisione dell’insegnante) mentre il tempo scolastico viene sfruttato al fine di rafforzare la capacità di utilizzare le conoscenze acquisite autonomamente per applicarle a contesti reali. La classe diviene così il luogo in cui si lavora secondo il metodo del problem solving cooperativo dove l’insegnante ha il ruolo di gestore del gruppo che adotta modalità di apprendimento basate su 11 learning by doing. L’insegnante diviene quindi una sorta di guida che indirizza le attività degli alunni che acquisiscono un ruolo attivo. Al fine di adottare la metodologia della flipped classroom e di coniugare le discipline di geografia e storia è utile fare riferimento all’archivio prodotto dall’Istituto Alcide Cervi denominato “Memorie in cammino”, si tratta di un archivio storico che rende disponibile online materiale d’archivio-> ciò che rende questo portale interessante per una didattica della storia e della geografia è l’organizzazione dell’archivio, ben studiato per essere facilmente accessibile. L’archivio può infatti essere esplorato seguendo il tempo e lo spazio, integrando quindi la storia e la geografia grazie alla cartografia digitale che propone non solo una georeferenziazione delle fonti, ma anche video dei testimoni della storia, anch’essi georeferenziati. Il portale “Memorie in cammino” offre quindi la possibilità di proporre attività didattiche organizzate secondo la modalità della flipped classroom, permettendo agli studenti di lavorare al fine di incentivare la curiosità esplorativa. La storia risulta quindi utile perché contribuisce a dare significato ai luoghi, arricchendoli con immagini e voci del passato. CAPITOLO 7: Educazione al territorio: una metodologia per la formazione geografica 1.INTRODUZIONE EaT= educazione al territorio Su cosa si basa l’EaT? L’EaT è utile per l’elaborazione di progetti e per lo sviluppo di percorsi educativi e didattici. Cosa individua? → Individua le r2. → Lezioni tra territorio e scala geografiche più ampie come quella nazionale e globale. → Individuare gli elementi del passato che nel tempo hanno dato un’impronta ancora visibile sul territorio. Fondamentale per imparare a riconoscere il patrimonio e le risorse del territorio, ma anche per imparare ad averne cura. Cittadinanza attiva. → Riconoscere il territorio come spazio di un’intenzionalità educativa. 1.1 Come è nata l’EaT? L’EaT nasce dall’idea di riunire intorno ad un’unica struttura tutte le diverse dimensioni dell’educazione geografica: educazione interculturale, educazione civile, educazione alla pace ecc. Si occupa di riunire quindi tutto ciò che riguarda il concetto di territorio, ovvero lo spazio nel quale le società umane esprimono il proprio progetto di vita. Nasce, quindi, con l’idea di trovare un punto di convergenza tra l’educazione al territorio, intesa come esercizio della cittadinanza attiva, e nell’educazione all’ambiente e allo sviluppo. Diventa il legame tra le discipline sociali e quelle scientifiche. 1.2 L’importanza dei valori territoriali Il primo fondamentale dell’educazione al territorio riguarda il concetto di valore territoriale. Il territorio è il prodotto delle forme dell’abitare il pianeta da parte degli uomini; il risultato degli adattamenti, delle trasformazioni e delle progettualità umane. Questo è molto importante anche per apprendere l’incidenza delle pluralità territoriali. Comprendere che quasi tutti i problemi, da quelli ambientali a quelli economici, riguardano processi che non si esauriscono sulla scala locale ma hanno a che fare con tutte le comunità. Il secondo aspetto fondamentale è legato ai valori, detti “beni”. I valori territoriali sono quei beni condivisi dalle comunità umane, che li riconoscono come proprie risorse e le utilizzano per migliorare le loro condizioni di vita; tutti questi valori (geologici, faunistici, luoghi legati alla memoria ecc.) che hanno a che fare con aspetti 12 che riguardano l’identità personale e comunitaria, avendo a che fare con il benessere personale, l’inclusione sociale, culturale e affettiva. 2.DALL’IDEA AL PROGETTO. UNA METODOLOGIA IN QUATTRO PASSAGGI Il contesto di partenza è quello di un compito di realtà consistente nell’immaginare casi esemplificativi di territorio da sviluppare attraverso quattro passaggi tra loro strettamente intrecciati: → Individuare il globale nel locale; → Riconoscere nelle radici il futuro; → Identificare i valori del territorio; → Tradurre i valori in azione. Di seguito si potranno vedere approcci metodologici e tecniche di analisi differenti che combinano attività individuali, attività di gruppo, lavoro in classe, uscite sul territorio ecc. Di seguito la metodologia EaT viene applicata a tre contesti differenti: → Istituto storico → Mercato storico (es. mercato di Porta Palazzo) → Parco (urbano e extra urbano) 2.1 Primo passaggio. Individuare il globale nel locale Il primo obiettivo dell’EaT consiste nell’allenare la mente a pensare in termini di scale geografiche tra loro collegate, partendo dal presupposto che la dimensione locale sia sempre influenzata da scale superiori. Nessun territorio può essere isolato da tutti gli altri. Un territorio non può essere descritto senza far riferimento ai territori che si sono coevoluti con esso. ISTITUTO SCOLASTICO • Alunni che hanno storie familiari differenti e provenienze territoriali differenti • Scambi scolastici, gemellaggi MERCATO STORICO • Spazio dove vengono venduti prodotti che hanno provenienze geografiche differenti • Spazio sociale condiviso da più persone con diversi orientamenti culturali PARCO • Spazio fisico soggetto all’impatto di fenomeni quali cambiamento climatico sulla flora, fauna e sulle modalità di gestione del parco • Spazio sociale gestito dall’uomo 2.2 Secondo passaggio. Individuare nelle radici il futuro Le radici, il passato costituiscono una base imprescindibile per qualsiasi progetto di trasformazione. Dal passato possono emergere nuove idee e progettualità. ISTITUTO SCOLASTICO • Istituto scolastico come luogo di memoria per tutti coloro che l’hanno frequentato • La scuola come archivio di storie personali come testimonianze di studenti che hanno vissuto l’istituto MERCATO STORICO • Mercato sottoposto a forme di tutela ed eventualmente di valorizzazione PARCO • Parco come ambiente ecologico in continua evoluzione per cause naturali e dell’uomo • Parco come sistema che si adatta all’inquinamento, ai cambiamenti climatici 2.3 Terzo passaggio. Individuare i valori del territorio 15 psicofisico. Per evitare il degrado dell’attenzione le neuroscienze riconoscono iol ruolo della natura e degli ambienti naturali, con i loro paesaggi. Vi sono due teorie che fanno riferimento a questa tematica: • L’ATTENTIONRESTORATIONTHEORY (ART) redata da Kaplan secondo la quale l’ambiente naturale, in presenza di quattro specifiche caratteristiche è in grado di rigenerare l’attenzione nell’individuo. • LA STRESS RECOVERYTHEORY(SRT) sostiene che l’esposizione e il contatto con l’ambiente naturale possano abbassare lo stress di un individuo, riducendo il livello di CORTISOLO (ormone dello stress) nel sangue. E’ importante sottolineare che se un insegnante utilizza l’ambiente naturale nella propria azione didattica per permettere ai suoi alunni di fare esperienze dirette e emozionarsi, donerà loro anche un senso di benessere che può incidere qualitativamente sulla resa dell’azione didattica stessa. Anche L’EPIGENTETICA, una ramificazione della biologia, spiega il legame tra umanità e natura. L’affermazione principale dell’epigenetica è che un nuovo organismo eredita anche il contesto cellulare nel quale si opera l’interpretazione del messaggio genetico, senza cambiamenti della sequenza di DNA. Quindi i luoghi ci formano non solo psicologicamente attraverso l’esperienza, ma anche attraverso la genetica. Per i geografi questo può avere molte connessioni. La più semplice è la conferma dello SPAZIO VISSUTO E DEI LUOGHI NELLA VITA UMANA. 4. LA PLACE-BASED EDUCATION La place- Based Education, metodologia nata negli stati Uniti e diffusa nell’area anglosassone. Place-Based education si riferisce ad un movimento crescente per ridefinire la scuola e l’educazione. Il suo obiettivo è quello di sviluppare un processo di utilizzo della comunità locale e dell’ambiente per insegnare concetti di tutte le materie. Questa didattica induce gli studenti alla conoscenza di modelli di comportamento associati all’impegno responsabile della comunità. Le scuole devono sfruttare le potenzialità del luogo e creare delle esperienze da proporre agli alunni come occasioni di apprendimento. La metodologia Place- Based è molto efficace anche sui bambini con disturbi specifici dell’apprendimento, essi dimostrano meno fatica, mantengono l’attenzione e ottengono risultati migliori. Il luogo e la sua comunità acquisiscono un valore nuovo nel determinare cosa, come, quando e dove gli studenti apprendono nuove conoscenze. 5. OUTDOOR EDUCATION: LE ESPERIENZE DEI RESTORATIVE GARDENS E DEI GIARDINI SCOLASTICI. Un contributo all’uso didattico degli spazi aperti, viene dai giardini terapeutici (restorative gardens) degli ospedali pediatrici, nelle cliniche e nelle case di riposo degli Stati Uniti. Il giardino infatti aiuta il malato a gestire lo stress psicofisico e la natura ha un effetto calmante e rigenerante. Quando parliamo di benefici scaturiti dalla natura si parla di Bioenergetic Landscape, tecnica Studia e utilizza le proprietà energetiche degli alberi per creare aree verdi favorevoli al benessere dell’organismo umano. Ogni genere di pianta possiede caratteristiche bioelettromagnetiche differenti che influenzano con intensità diversa lo stato dei nostri organi. Nasce da qui l’idea di costruire dei giardini anche nelle scuole e permettere così ai bambini di sperimentare e provare esperienze con i cinque sensi. 6. RITORNO AI LUOGHI Ritorno ai luoghi e la relazione con la natura vuol dire giovare all’apprendimento e alla qualità della vita personale ma anche della comunità in cui si abita e del suo sistema territoriale. 16 CAPITOLO 9: FOLLOW THE THINGS. UNA METODOLOGIA DI RICERCA E DI DIDATTICA PER LE GEOGRAFIE DEL CONSUMO 2.0 – INTRODUZIONE ALLE GEOGRAFIE DEL CONSUMO Fino all’inizio degli anni ’90 i geografi pensavano alla spesa, all’acquisito di servizi come delle pratiche banali. Con gli anni gli studiosi si sono occupati del consumo esaminando i centri commerciali, gli spazi dello shopping, etc., l’immondizia e lo smaltimento delle commodities, il piacere di consumare… Cinque motivi per descrivere le ragioni del perché il consumo sia considerato “nuova ortodossia”: 1. Si è intensificato il dialogo tra geografia economica e quella sociale; 2. L’interesse per il consumo è nato come risposta all’appello di alcuni geografi; 3. Fino a metà degli anni ’80 si è analizzata la produzione e distribuzione di merci e servizi. Partendo dalla Cultural turn lo shopping viene riconosciuto come una pratica che impiega tempo nelle vite e spazi quotidiani (Nord del Mondo). Con l’inizio della de- industrializzazione e l’avanzare del Post-Fordismo, emergono nuovi “paesaggi del consumo”. La possibilità di fare acquisti a distanza ha permesso la trasformazione del consumo in una pratica che si diffonde tra le mura domestiche, in un luogo intimo; 4. Lo shopping e la pubblicità rappresentano un campo di ricerca adatto all’esplorazione di concetti quali: rappresentazione, luogo, paesaggio, ambiente, genere, ruolo delle immagini nella geografia e nella società; 5. L’interesse dei geografi (secondo Goss – critico) per il consumo è stato soprattutto una “moda” e un modo per “auto-promuovere” i consuption studies britannici. 3.0 – CONTESTUALIZZARE IL CONSUMO: UNA PROSPETTIVA GEOGRAFICA Cinque modi con i quali è stato interpretato il CONSUMO in geografia: 1. Processo che aiuta a dare forma e comunicare le nostre identità sociali (concettualizzazione articolata tramite prospettive teoretiche, quali psicoanalitica, semiotica e del costruttivismo sociale). Tutto ciò che si acquista, i luoghi nei quali consumiamo ci dicono qualcosa rispetto chi siamo e che posizione sociale abbiamo. Secondo Douglas e Isherwood dovremmo “dimenticarci del fatto che le commodity siano beni utili a nutrirsi, vestirci e ripararci: dimentichiamo la loro utilità e proviamo a vederle come oggetti per pensare; trattiamole come mezzi non verbali utili ad esprimere la nostra creatività”. 2. Molti geografi della città hanno esplorato spazi spettacolari del consumo. Da qui si pensa che il consumo sia una serie di pratiche che illudono le persone. 3. I geografi che hanno utilizzato l’approccio dell’economia politica hanno percepito il consumo come un momento chiave nella riproduzione del capitalismo e come una pratica che ci divide dalle condizioni in cui le commodity che compriamo vengono prodotte. 4. Gregson e Crew, Cook e Woodyer hanno definito il consumo come delle pratiche creative tramite le quali è possibile creare delle forme di resistenza al capitalismo (boicottaggio di alcune marche, riuso di oggetti, l’autoproduzione, etc. 5. I geografi hanno cercato d’interpretare il consumo come una serie di processi inevitabilmente intrecciati con la produzione. 17 4.0 – FOLLOW THE THINGS: INTRECCIARE LA PRODUZIONE E IL CONSUMO ADOTTANDO UN APPROCCIO CRITICO. Nel 1990, Harvey scriveva: “Chiedo speso agli studenti che iniziano a studiare geografia di pensare da dove venga l'ultimo pasto che hanno consumato. Rintracciare, a ritroso, tuti gli elementi usati per la produzione di quel pasto rivela (la nostra) dipendenza da un intero mondo di relazioni sociali e condizioni di produzione. Questa dipendenza si amplia ancora di più se consideriamo i materiali e i beni utilizzati per la produzione dei prodotti che consumiamo. In pratica, possiamo mangiare un pasto senza avere la minima conoscenza dell'intricata geografia di produzione e delle miriadi di relazioni sociali radicate nel sistema che quel pasto porta sul nostro tavolo” (p. 422). L’approccio della produzione/consumo è stato preso in atto dai geografi che hanno incoraggiato i ricercatori a guardare oltre il “velo” del feticismo della merce. L’approccio, invece, chiamato Global Commodity Chain (GCC) rappresenta un impianto teorico importante utilizzato per esplorare la produzione e il consumo delle merci. Questi due approcci concepiscono il consumo come la conseguenza della produzione e come una pratica semplice. Gli approcci dell’economia politica tendono a privilegiare il momento della produzione, mentre quello della GCC pensa al valore come il risultato di un processo lineare. Entrambe le prospettive sono concentrate sul valore di scambio dimenticando il valore d’uso. “Follow the things” (Ian Cook e colleghi) pone l’attenzione su come il consumo sia connesso alla produzione e su come sia una pratica importante. Le commodity sono intese come oggetti mobili. A livello empirico, FTT implica una tecnica basata sull’etnografia multi-sito che prevede il rintracciare la circolazione di oggetti come commodities, regali, opere d’arte, etc. FTT è un approccio laterale allo studio del consumo, si contrappone alla prospettiva verticale propria delle analisi delle GCC. Cosa significa “getting with the fetish” (Cook e Woodyer) e “lavorare con il feticismo della merce” (Cook e Crang)? Significa sottolineare le dimensioni contradditorie proprie del consumo. Siamo affascinati e sedotti da oggetti e li acquistiamo. Lavorare con il feticismo della merce significa evitare di assumere a priori che tutte le merci incorporino solo e soltanto delle relazioni di sfruttamento. FTT è una metodologia di ricerca e d’insegnamento che si pone come obiettivo quello di andare oltre l’approccio marxista, il quale mira a scoprire il mondo di sfruttamento e inquietamente che sta dietro le commodity che acquistiamo. FTT è un approccio che incoraggia a sperimentare forme di scrittura e comunicazione creativa e provocatoria. Negli ultimi vent’anni FTT ha incoraggiato attività di ricerca e di didattica che hanno esplorato le complicate geografiche della produzione e del consumo di una vasta varietà di commodity. Come sottolineato da Foster questo approccio comporta un paradosso metodologico. Foster sembra basare il proprio suggerimento di intensificare la collaborazione tra team internazionali sul presupposto che sia possibile conoscere e scoprire la vita intera di una commodity se si allarga la 20 • Distruggi questo diario: si entra in contatto con la realtà fino alla distruzione. L’idea è quindi quella di allenare la creatività per distruggere il diario, usando le risorse che l’ambiente offre. Per esempio nascondere dei pezzettini di pagina durante un viaggio o bucare il foglio con un materiale trovato in un viaggio. Oppure come supporto all’indagine, usati quindi per documentare, ad esempio segnare tutti i nomi delle vie nei paraggi. • Come diventare esploratore del mondo: raccoglie varie esplorazioni da vivere come azioni liberamente interpretabili. Troviamo consigli su come arricchire i nostri sguardi. • Questi consigli uniti alle esperienze rappresentano uno strumento molto potente nello stile e nell’originalità. Infatti nel libro l’autrice utilizza un tono di sfida e complicità che portano un senso di responsabilità. Ci sono vari libri, ogni libro propone attività diverse con metodi diversi e modi diversi di vedere la missione. 5.MISSION: EXPLORE. LE MISSIONI GEOGRAFICHE PER ECCELLENZA I vari progetti visti nei capitoli precedenti non sono materiali con l’obiettivo di sostenere l’educazione geografica dell’edutainment. È il caso invece di un progetto ideato nel Regno Unito, the geography collective. Il primo prodotto fu un giornalino di viaggio con domande e spazi da riempire. Il testo più rappresentativo è “mission: explore”. Presenta molti spunti operativi presentati come missioni. Il libro sfida i lettori a riscoprire il proprio mondo. Un insegnante leggendo i capitoli potrebbe non ritrovare in tutti i capitoli missioni geografiche che provocano invece disorientamento. →questo è utile per far si che il bambino impari a vivere col disagio dell’incertezza e accolga il disorientamento come un elemento emotivo utile per rafforzare l’arte dell’ascolto. Alla fine sono quelle senza un esplicito contenuto geografico ad essere più stimolanti. Il successo di questo libro, ha portato ad aprire un sito web per condividere le varie missioni svolte e successivamente alla creazione di un gioco. 6.MISSIONI GEOGRAFICHE il museo di geografia di Padova, ha deciso di donare alle classi che partecipano ad una delle attività proposte dal museo, varie missioni geografiche. Le missioni sono state pensate per essere svolte in due luoghi principali della città, facilmente raggiungibili dal museo: prato della valle e la basilica di Sant’Antonio. Per ogni destinazione, è stato creato del materiale di supporto all’esplorazione. Breve descrizione introduttiva, immagini di supporto per approfondire e 4 missioni che propongono alle classi di osservare, intervistare, immaginare, disegnare la realtà circostante. Il museo ha in programma di portare nuove modifiche, nuove missioni con l’obiettivo di sfruttare le missioni per alimentare un flusso di comunicazione sui social per mettere in relazione tra di loro i partecipanti. 7.CONCLUSIONI In educazione il termine missione è associato ad un’azione piacevole, coinvolgente e sfidante. In ambito geografico richiama il lavoro di campo associandovi uno stile accattivante. Ispirato alle esperienze di Keri Smith e da The geography collective, si mostra la potenzialità delle missioni come intrattenimento educativo molto collaborativo e interdisciplinare. Alla luce delle varie esperienze si ritiene che il format della missione possa contribuire a promuovere l’introduzione di processi di edutainment in contesti di formazione formale, non formale e informale, geografica ma non solo. Bisogna essere consapevoli che anche se la scelta di utilizzare le missioni come format non potrà semplificare le sfide del nostro tempo, può rappresentare una metodologia efficace e sostenibile per promuovere un contesto d’apprendimento sfidante, coinvolgente ed entusiasmante. 21 CAPITOLO 11: CARTOGRAFIA E DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO. SUPERARE I LIMITI. 1.PREMESSA In questo capitolo si esaminano metodi e strategie didattiche che possano aiutare gli allievi con Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA), ad acquisire competenze e abilità sull’orientamento spaziale, la lettura e l’interpretazione della carta geografica. Partendo dalle Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con Disturbi Specifici di Apprendimento, si puntualizza quali siano le difficoltà che incontrano questi ragazzi nelle prassi didattiche, e quali possano essere le misure dispensative e compensative da adottare nella quotidianità scolastica. 2.I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO (DSA) Interessano alcune abilità di apprendimento scolastico, in un contesto di funzionamento intellettivo adeguato all’età anagrafica. Sono coinvolte in tali disturbi: l’abilità di lettura (dislessia), di scrittura (disgrafia e disortografia), di fare calcoli (discalculia). I DSA sono di origine neurobiologica con matrice evolutiva e si mostrano con un’atipia dello sviluppo, modificabili attraverso interventi mirati. Le “Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA”, formulate dal MIUR nel 2011, aiutano i docenti ad affrontare tali problematiche: - La dislessia si manifesta attraverso una minore correttezza (di lettere, parole, brani) e rapidità della lettura a voce alta rispetto a quanto atteso per età anagrafica, classe frequentata e istruzione ricevuta. - La disgrafia è collegata al momento motorio esecutivo della prestazione, mentre la disortografia riguarda l’utilizzo, in fase di scrittura del codice linguistico. La disgrafia si manifesta in una minore fluenza dell’aspetto grafico, la disortografia si riferisce ad una minore correttezza del testo scritto. - La discalculia riguarda l’abilità di calcolo, sia nella componente dell’organizzazione della cognizione numerica (intelligenza numerica basale), sia in quella delle procedure esecutive e del calcolo. Le linee guida puntualizzano che pur interessando abilità diverse, i disturbi sopra descritti possono coesistere in una stessa persona. La Legge 170/2010 dispone che le Istituzioni scolastiche garantiscano “l’uso di una didattica individualizzata e personalizzata, con forme efficaci e flessibili di lavoro che tengano conto delle peculiarità del soggetto”. Il compito del docente è quello di aiutare l’alunno nel percorso didattico al fine di condurlo alla conquista delle competenze e delle autonomie personali. (Fogarolo, Scapin, 2010). 3. DSA E ORIENTAMENTO SPAZIALE Come si acquisisce un orientamento sicuro che consenta di essere cittadini del mondo, curiosi e attivi? Attraverso i principi cartografici, la pratica cartografica, e soprattutto la conquista di buone competenze spaziali. I traguardi per lo sviluppo delle competenze del Primo Ciclo di Istruzione richiedono che ogni allievo, al termine del percorso formativo obbligatorio, sappia: orientarsi nello spazio e sulle carte in base ai punti cardinali e alle coordinate geografiche, utilizzare carte geografiche, fotografie attuali e d’epoca, elaborazioni digitali, grafici, dati statistici per comunicare informazioni spaziali (MIUR, 2012). Questi obiettivi possono risultare ostici per un alunno che presenta DSA, se intrapresi solo a livello teorico; risulta importante avvicinare la carta geografica alla realtà, arricchendola di praticità. 4. LA CARTOGRAFIA PER I DSA La cartografia per sua natura è inclusiva, in quanto possiede un linguaggio iconico. La capacità di interpretare la realtà rappresentata sulla carta non è innata, si apprende con la pratica e l’acquisizione di un metodo. Gli studenti DSA si servirebbero di un approccio cartografico multisensoriale, in 22 cui usare la vista, il movimento, il suono, il tatto. Le “Linee guida”, consigliano di proporre testi con una scrittura sintattica semplice e diretta; prediligendo un linguaggio iconico, animato da mediatori didattici, quali immagini, strumenti audiovisivi e software specifici. Per queste ragioni, risulta vincente come supporto didattico per lo studio dello spazio geografico, la cartografia multimediale. Il WEB fornisce molte risorse cartografiche, satellitari, fotografiche.. Google Maps, Google Earth, GeoWeb 2.0, WikiGIS, Youtube, Social Network permettono alla cartografia di animarsi e prendere forma. La carta oggi è entrata nell’era dei Sistemi di Informazione Geografica (GIS), delineando una nuova cartografia, non più rappresentativa, ma identificativa. Le nuove sperimentazioni orientano la cartografia verso uno spazio reticolare fatto di tre dimensioni (3D), che restituisce al territorio la sua vera forma. Esse permettono di recuperare un senso sociale del mondo per giungere a una spazializzazione cognitiva. L’obiettivo è animare il sapere geografico, in ogni ordine e grado di scuola, con le nuove carte tridimensionali e multimediali. 5. DALLA TEORIA ALLA PRATICA: UN PERCORSO DIDATTICO DI CARTOGRAFIA FANTASY. 5.1 Descrizione di un caso personalmente sperimentato Gioele è un ragazzo di 14 anni, iscritto al 3°anno della scuola secondaria di primo grado, che presenta un DSA. È dislessico, disgrafico e disortografico e privilegia lo stampato al corsivo. A causa di tali difficoltà Gioele appare svogliato e poco motivato all’apprendimento. I docenti di ogni disciplina devono progettare delle attività didattiche, i cui contenuti metodologie e strategie, risultino idonee ad accompagnare l’alunno nella conquista della autonomia. 5.2 Motivazione e finalità del progetto Gioele necessita di un approccio didattico multisensoriale, che non lo ponga di fronte alle sue difficoltà specifiche e gli permetta di accedere alla conoscenza (anche della geografia) attraverso canali alternativi. Egli ed i suoi compagni hanno una passione per il genere fantasy, che li porta a commentare fumetti, videogiochi, film e gadget. Da questi input è nato il percorso: “Alla scoperta del Regno di Erebor!”, intraprendendo un viaggio tra quei luoghi dell’immaginazione e della fantasia. 5.3 Planning delle attività Il progetto concretizzato in un quadrimestre scolastico, si è articolato in sei momenti: 1. la consapevolezza del territorio attraverso la carta geografica; 2. la conoscenza degli aspetti generali; 3. l’attualizzazione dell’argomento; 4. l’approfondimento di un aspetto particolare; 5. la ricerca in gruppo di un aspetto generale; 6. la selezione e l’organizzazione di tutti i materiali prodotti in un scrapbook personale. Sono stati numerosi i laboratori interdisciplinari che hanno favorito l’apprendimento. Le risorse impiegate sono: tablet, pc, software didattici, audiovisivi, materiali manipolativi e giochi didattici. 5.4 Diario dell’insegnante Il percorso didattico “Alla scoperta del Regno di Erebor!” è iniziato con l’analisi della “mappa di Erebor”. A seguire, hanno prodotto la loro mappa Erebor, una carta immaginaria che doveva ricostruire tutti gli elementi della loro fantasia. Alcuni hanno realizzato la mappa su carta, chi su tela e qualcun altro utilizzando Kidlandia: un sito con cui è possibile creare mappe geografiche fantastiche. Gioele ha disegnato su carta la mappa, ed è stato curioso notare come le località che conducevano al tesoro portassero i nomi di alcuni dei compagni di classe. Ciò ha significato aprire le porte ad un approccio relazionale e di socializzazione.