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Riassunto "Archeologia dell’Italia medievale" di A. Augenti, Sintesi del corso di Archeologia

Riassunto del manuale "Archeologia dell’Italia medievale" di A. Augenti per l'esame di archeologia medievale

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 19/05/2020

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Scarica Riassunto "Archeologia dell’Italia medievale" di A. Augenti e più Sintesi del corso in PDF di Archeologia solo su Docsity! Archeologia Medievale (riassunto) Primo Capitolo: Nella percezione comune il Medioevo è un periodo molto ampio di circa un millennio; solitamente si fa cominciare dal V secolo perché è un'epoca in cui succedono molte cose come le migrazioni dei popoli germanici e la fine dell'impero d'Occidente (476 d.C). Le date hanno in molti casi un puro valore simbolico, sono una convenzione (ad esempio il 476 che è un dettaglio di un periodo di crisi iniziato già tempo prima) mentre altre date rappresentano davvero un momento epocale, in cui qualcosa di davvero importante è successo come il 24 agosto 410 (primo saccheggio di Roma da parte dei Goti; Roma smette di essere inattaccabile). Il Medioevo è a sua volta “sottoperiodizzato" in Alto Medioevo (IV-X secolo) e Basso Medioevo (XI-XV secolo), mentre per i secoli che vanno dal IV al VII secolo si parla di tarda Antichità. Quando si parla della fine del Medioevo vengono fatte diverse ipotesi di date come l'Anno Mille, il 1453, il 1492 ecc. e questo conferma la coesistenza di due periodizzazioni, una “abbreviata" e una “estesa”. MAPPE: 1. L'ITALIA TARDOANTICA, TRA L'IMPERO E IL REGNO GOTO L'unica suddivisione del territorio che troviamo ha un carattere amministrativo: a nord abbiamo la provincia dell'Italia Annonaria, al centro sud quella dell'Italia Suburbicaria. Le città, maggiormente ereditate da epoche anteriori, hanno un ruolo importante per l'attività politica e commerciale: Plinio ci ricorda che nel I secolo vi erano circa 370 centri abitati, di cui almeno un terzo vengono abbandonate nell'alto Medioevo. Tra le città esiste una gerarchia: in testa abbiamo la capitale dell'Impero d'Occidente, prima Roma (fino al 286) poi Milano (fino al 402) e poi Ravenna (fino al 751). I Goti che arrivano nel V secolo non sono molti e si concentrano nell'Italia del nord-est e centro senza creare suddivisione a quel territorio unitario: re Teoderico sceglierà Ravenna come capitale, vengono potenziate Pavia e Verona, nel 535 scoppia poi un conflitto tra regno goto e impero bizantino. Nel 540 Ravenna cade in mano ai Bizantini e nel 553 termina la guerra. 2. L'ITALIA TRA BIZANTINI E LONGOBARDI (VI-VIII SECOLO) I Longobardi provengono dalla Pannonia (attuale Ungheria) ed entrano in Italia nel 568/569. Le conquiste portano poi a distinguere la Langobardia Major (area padana e Tuscia) e la Langobardia Minor (ducati di Spoleto e Benevento). Nel 751 si impadroniscono di Ravenna e la zona delle Marche (Pentapoli): la penisola però non viene unificata e alcune zone rimangono in mano ai Bizantini. La capitale del regno longobardo è dapprima Verona, poi Milano e infine Pavia. Città dapprima secondarie diventano molto importanti come Cividale, Spoleto, Benevento e Lucca. Il regno longobardo si interseca con i possedimenti bizantini: la capitale della provincia bizantina d'Italia è Ravenna dove risiede l'Esarca poi per il resto ci sono i ducati (il più importante è Roma). 3. L'ITALIA CAROLINGIA Nel 774 l'esercizio di Carlo Magno sconfigge i Longobardi e il loro regno viene incorporato in quello dei Franchi. Nel corso del tempo prende corpo una tripartizione: i Franchi amministrano l'area padana, la Toscana e il ducato di Spoleto; il papa estende il suo dominio sul Lazio, Romagna e Marche mentre i Longobardi superstiti detengono la maggior parte del Meridione. I Bizantini rimangono in Sicilia e Calabria. Nell'827 gli Arabi conquistano la Sicilia e poi si impossessano di Taranto e Bari. 4. IL REGNO ITALICO, L'IMPERO ROMANO-GERMANICO Dopo la fine dell'impero carolingio nell'888 si verificano tentativi di unificare l'Italia, obiettivo raggiunto solo dal re di Germania, Ottone I che sarà poi proclamato imperatore. Il papa detiene in “Patrimonio di San Pietro" (grosso modo il Lazio attuale). A sud continua l'esperienza longobarda insieme alla rinnovata supremazia bizantina (Puglia, Basilicata e Calabria attuale, i Temi, ripartizioni amministrativo-militari tipiche dell'impero bizantino). Nel X secolo si affermano le città marinare di Venezia, Pisa, Genova e Amalfi. Il X secolo è anche il secolo del fenomeno dell'incastellamento (creazione di fortificazioni per difendere i possedimenti oltre che per fungere da status symbol) che proseguirà fino al XIV secolo. 5. L'ITALIA DEI COMUNI E IL MEZZOGIORNO DEI NORMANNI (XI-XII SECOLO) Affermazione della civiltà comunale nell'Italia centro-settentrionale: dalla fine dell'XI secolo molte città iniziano a rendersi autonome dandosi propri organi di governo e si estendono. Invasione dei Normanni nel Meridione, a partire dagli anni 30-40 dell'XI secolo: il primo insediamento è tra la Puglia e la Campania, tra Trani e Melfi poi proseguirà l'estensione che porta alla unificazione quasi completa del Mezzogiorno, Sicilia compresa (regno unitario, città ruolo assoluto). 6. L'ITALIA DI FEDERICO II, E OLTRE (XIII-XIV SECOLO) Al tempo dell'imperatore Federico II (1220-1250) si ripropone la tripartizione: a nord l'area comunale contraddistinta dai liberi comuni che poi divennero signorie, al centro lo Stato della Chiesa, a sud il Regno di Sicilia. Nel 1268, dopo la morte di Federico II comincia il dominio degli Angiò nell'Italia meridionale. Capitolo secondo ARCHEOLOGIA MEDIEVALE: NASCITA, INFANZIA E SVILUPPI DI UNA DISCIPLINA (già integrato con appunti) 2.1. ORIGINI: TENTATIVI E FALSE SPERANZE (1861-1950) 1878: Claudio e Edoardo Calandra scavano nel cimitero altomedievale di Testona, vicino Torino e questa è stata giudicata “la prima scoperta ‘scientifica’ di una necropoli Longobarda” (usata fino all’VIII secolo) non di sole “tracce" isolate; Gli oggetti più recenti qui ritrovati sono della fine del VII secolo-inizi dell’VIII, ma dopo queste date cessa l’uso di seppellire i defunti con abito e doni funebri e le fasi successive di uso dei cimiteri possono essere quindi individuate soltanto con adeguati metodi di scavo e di datazione dei resti scheletrici. Gli individui indossavano abiti completi di accessori, come le cinture e le borse, ed erano accompagnati dai loro oggetti personali inalienabili: le armi per gli uomini e i gioielli per le donne. La deposizione dei vasi, in relazione alle offerte alimentari, e di oggetti con valore magico e simbolico, come amuleti o anche i pettini, rivela una concezione ancora pagana del mondo ultraterreno. La composizione e la ricchezza del corredo erano inoltre mezzi di ostentazione e affermazione dello stato sociale del defunto durante la cerimonia della sepoltura. Di specifico uso funerario erano le crocette in sottile lamina d’oro che venivano cucite sul velo steso sul volto o sul petto dei defunti di alto rango, sia uomini che donne: purtroppo le quattro croci d’oro di Testona sono andate perdute. Qui ci sono le caratteristiche delle origini dell'Archeologia Medievale in Italia, anzi la falsa partenza: l'archeologia sta iniziando solo ora a diventare una professione e non solo un hobby, è il caso del conte Sozzi, poi i cosiddetti “medievisti per caso" come Pigorini (scavo di Fontanellato), Capitolo terzo ARCHEOLOGIA DELLA CITTÀ MEDIEVALE: (integrato con appunti) (vedere doc. appunti 25/02). Punto di partenza: Notitia Dignitarum documento della tardo-antichità che illustra la struttura dell'impero: le cariche dei funzionari, le legioni e l'articolazione del territorio delle province. Nelle province i soggetti più importanti sono i centri urbani e i castelli; il territorio è punteggiato da città e fortezze, i gangli dell'amministrazione. Un'Italia fatta di città. Il punto di arrivo: Galleria delle carte geografiche nel Palazzo Vaticano che sintetizzano l'Italia in tutt'altro stile ma sempre con la volontà di indicarne prima le città. L'idea dell'Italia dalle molte città aveva preso corpo già molto prima, con i Romani, durante gli anni della Repubblica e dell'impero e si viene a definire una scacchiera urbana molto densa e articolata. Il Medioevo si misura con l’eredità lasciata dai Romani. Cosa lascia alla Roma della tarda antichità e basso medioevo la Roma repubblicana e imperiale: - Un impianto urbanistico regolare - Forte presenza di elementi monumentali: fori, templi, terme, teatri, anfiteatri - Funzionamento regolare di importanti infrastrutture di natura pubblica: acquedotti, fogne, latrine, strade pavimentate. - Edilizia privata di livello medio-alto molto diffusa - Cimiteri rigorosamente extra-urbani - Il tono economico generale è dato dalla presenza in città delle ricche aristocrazie terriere - Attività artigianali inquinanti in zone periurbane o concentrate in edifici specifici. 3.1 LA SCACCHIERA URBANA: CONTINUITÀ E MUTAMENTI A) Le capitali: le città soni luoghi nevralgici rispetto alla sfera sociale, economica, politica ecc. Roma smette di essere la capitale dell'Impero nel 286 che verrà spostata a Milano; nel 402 Onorio sceglie una nuova capitale che ė Ravenna che vanta di una posizione strategica perché come Milano è più vicina al centro dell'impero, è più protetta dai pericoli e si affaccia direttamente sul Mare Adriatico permettendo una più facile comunicazione con Costantinopoli. Fino al 751 infatti continuerà a svolgere il ruolo di capitale. Nel 568/569 i Longobardi entrano in Italia  creano un nuovo stato, regno ripercussioni sulla geografia urbana. L'Italia ora è divisa tra Longobardi e Bizantini, questi ultimi scelgono Ravenna come capoluogo della provincia (sede dell'esarca) i Longobardi cambiano 3 volte la capitale: prima Verona poi Milano e infine Pavia (che diventerà importante anche con i Franchi). Gli stati a mano a mano si moltiplicano, il territorio si frammenta, il concetto di capitale si assottiglia mentre Roma rimane una perenne capitale-ombra per la sua importanza storica e religiosa. B) Le altre città: cambiamenti di status, scomparse e nuove fondazioni: come cambia l'assetto? I fenomeni principali sono tre: lo status, ovvero la loro importanza come lo dimostrano Cividale del Friuli che sotto il dominio longobardo diventa sede di uno dei ducati più importanti, Spoleto, Benevento, Lucca e Rimini (durante il dominio bizantino diventa sede di un duca). Da un'altra parte ci sono però le città che invece perdono importanza come Aquileia, Luni; questa perdita di importanza per Aquileia dipende dall'affermazione di Ravenna e il suo porto mentre per Luni dipende dalla fine dello sfruttamento delle sue cave di marmo proprio in età tardo antica. In altri casi le città scompaiono e basta, fenomeno che ha a che fare con lo sforzo di urbanizzazione dei Romani che avrebbero fondato troppe città rispetto alle esigenze solo per fini politici e propagandistici. Ma una situazione diversa la troviamo a Nord-Est della penisola perché se molte città spariscono, molte nuove nascono come Grado ed Heraclea; queste nuove città sorgono come fortezze perché i Longobardi premono da Nord verso i territori bizantini e l'amministrazione imperiale reagisce creando centri fortificati. Alcune avranno successo, come Ferrara, altre meno. Altre nuove fondazioni tardo antiche sono volute dai sovrani o dai governanti ma queste fondazioni non sono molte (es. la mai ritrovata Theodericopolis voluta de Teoderico presso il fiume Volturno). Se ci spingiamo oltre la tardo-antichità verso l'Alto Medioevo la situazione rimane sempre quella di una scacchiera urbana che rimane la struttura portante dell'urbanesimo altomedievale: le nuove fondazioni sono poche e gli sforzi si concentrano su quelle già esistenti. Ci sono però due eccezioni: Venezia che inizia a prendere corpo nel IX secolo a cui risalgono gli impianti per la lavorazione del vetro e le case in legno presso Torcello e poi la Città Leonina, iniziata nell'847-855 da Leone IV, cioè la fortificazione del Vaticano che non ė esattamente la creazione di una nuova città ma il cerimoniale scelto dal Papa è concepito perché venga percepita come tale. Altre misure analoghe vengono prese nel IX secolo a protezione del santuario di San Paolo sulla via Ostiense (Giovannipoli dal nome di papa Giovanni VII) e di Sant'Aurea ad Ostia (Gregoropoli da Gregorio IV) fortificazioni di importanti edifici di culto che i papi ritenevano a rischio saccheggio e nella zona di Tolfa sempre Leone IV fonda Leopoli-Cencelle, vera e propria città per rimpiazzare Centumcellae, antica Civitavecchia. Ma nessuna di queste nuove fondazioni del IX, segno del rafforzamento papale, sopravvivrà a lungo. Neanche a cavallo dell'anno Mille registriamo modifiche sostanziali, sia Arabi che Normanni si insediano in precedenti città e solo in qualche eccezione i Normanni fondano nuove città tipo Aversa. Un elemento di novità tra il X e XI secolo lo troviamo nelle aree a Sud in mano ai bizantini che per esigenze economiche e organizzative fondano nuovi centri come Troia, in Puglia e Catanzaro. Quindi se da un lato la struttura portante rimane quella antica, dall'altro ci si arricchisce di nuove fondazioni che sono maggiormente castelli, ma più grandi, delle “quasi-città". 3.2 LA CITTÀ NELLA TARDO-ANTICHITÀ (IV-VII SECOLO) A) Le infrastrutture: le MURA diventano ben presto l'elemento principale delle città, fenomeno dovuto alla grande instabilità dell'epoca caratterizzata da invasioni e incursioni. Roma fa da apripista e modello: le vecchie mura (di Tarquinio Prisco, IV sec. a.C.) sono ormai scavalcate dall'espansione urbana e interi quartieri come Campo Marzio sono esposti a seri pericoli quindi sarà Aureliano a costruire nuove mura (fine III secolo). Altre città cominciano ad essere fortificate: in alcuni casi si provvede al restauro dei vecchi circuiti di età repubblicana o si provvede con piccole aggiunte. Ci sono poi alcuni interventi di ampliamento di pure anche ad esempio a Milano e Ravenna, città che quando diverranno capitali affronteranno nuove esigenze e necessità, crescita e sviluppi della popolazione. Altre mura, nuove, risalenti al V secolo, sono quelle di Porto, altro scalo portuale di Roma. Mentre a Bologna e Verona le nuove mura restringono lo spazio urbano. Solo ora le mura hanno vero carattere difensivo e non più solo ideologico. Altre forme di fortificazione è quella del ridotto urbano ovvero vengono costruite delle fortezze urbane, sedi di guarigioni che possano costituire l'ultima possibilità per il centro sotto assedio. Possono trovarsi dentro il centro urbano o esternamente. Un esempio è quella di Cosa-Ansedonia (VI secolo). Altre infrastrutture importanti sono le STRADE: spesso si sono mantenuti in funzione gli assi stradali antichi, magari restaurandoli oppure si sono creati nuovi percorsi, esempio, restauro della Via Emilia. I fondi stradali sono in semplice terra battuta o costituti da frammenti di ceramica pressati a terra. Un altro tipo di strada sono le vie porticate, delle strade monumentali che servono per evidenziare l'importanza del monumento o edificio importante alla quale portano, come la via porticata costruita a Milano. Poi ci sono da ricordare le RETI FOGNARIE dove si registrano i punti di maggiore trasformazione del sistema urbano: si effettua la manutenzione dei condotti. Altro fenomeno legato a quest'ultimo è lo smaltimento dei rifiuti a cui si risponde in vari modi: creando delle discariche o utilizzando come tali ambienti e edifici in disuso. Si verificano degli intasamenti di impianti fognari che devono essere sistemati e liberati (es. fogna del Foro di Traino dove è stato trovato il ritratto marmoreo di Costantino). Alcuni porti vengono interrati perché caduti in disuso e surclassati da altri: esempio del porto di Classe (in seguito allo sviluppo di Ravenna). Altro tipo di infrastrutture, monumentali, da nominare sono gli ACQUEDOTTI. Alcuni vengono restaurati ma visto che non abbiamo molte informazioni su di essi, in questi anni, questo ci porta a pensare che caddero in disuso; la moltiplicazione dei pozzi è un'evidente conseguenza. B) Il paesaggio monumentale: durante la tardo-antichità le città si trovano a ereditare un patrimonio culturale molto vasto: fori, templi, teatri, anfiteatri, terme, stadi, circhi ecc. questi relitti del passato, essenza dell'urbanesimo antico, sono ancora ben presenti. I complessi architettonici però sono lasciati andare in rovina e diventano delle cave di materiale edilizio; le fornaci della calce vengono talvolta proprio impiantate presso i monumenti in disuso e il risultato è che si aprono dei vuoti consistenti. Infatti, sarà proprio il reimpiego edilizio una delle caratteristiche di questa epoca: vengono smantellati edifici antichi, spoliati con conseguente vagliatura e rilavorazione in loco del materiale estratto. Un esempio eclatante sarà anche il rifacimento delle mura di Verona attraverso l’utilizzo di materiali scultorei romani. Si verifica perciò un rimodellamento dell’eredità monumentale antica (un chiaro e diretto esempio è la istituzione della calcara nella Cripta di Balbo): edifici e spazi pubblici antichi che vengono abbandonati o mantenuti ma trasformati (area della Crypta Balbi). Tra i monumenti sui quali si continua ad investire ci sono senza dubbio i palazzi, soprattutto caratteristica delle capitali; essi possono ospitare duchi, conti e vescovi. I palazzi mostrano tutti caratteristiche comuni: sono residenze di alto rango, la cui struttura ricalca quella delle Domus e ville dell'aristocrazia con un elemento però distintivo che è la sala absidata per le udienze. Un chiaro esempio è la costruzione del palazzo di Teodorico a Ravenna oppure il palazzo di Tolosa e quello di Brescia (Curia del Duca). Altro elemento distintivo della monumentalità dell'epoca sono le chiese soprattutto martiriali e cimiteriali suburbane; a partire dal IV secolo gli edifici di culto cristiano sono la nuova categoria che più si diffonde nelle città. Il caso di Roma è emblematico con le sue grandi basiliche presso i santuari dei martiri e la cattedrale di S. Giovanni in Laterano; ma un’attività edilizia così monumentale è possibile solo nelle fasce suburbane (dentro= monumenti antichi) dove si trovano i cimiteri con le tombe dei santi e martiri. Solo in seguito arriveranno dentro le mura le basiliche e le parrocchie urbane (V e VI secolo). C) Il tessuto urbano: per quanto riguarda le abitazioni, in età imperiale abbiamo essenzialmente due tipologie di residenze: le domus private, monofamiliari, più o meno grandi (edilizia aristocratica) e le insulae (edilizia popolare) cioè grandi condomini abitati da molte famiglie, divisi in appartamenti rettangolari a un solo piano (domus terrinea) o a due piani (domus solarata); possono essere in legname, pietra o mattoni di recupero (no laterizio). Sono case semplici, essenziali, sostanzialmente delle scatole. Ma siamo nell’epoca del riuso quindi si sfruttano anche i resti dei monumenti antichi come abitazioni anche teatri e anfiteatri (accade a Verona e al Colosseo). Ma dove vivono invece i nobili? Bisogna scordarci le domus tardoantiche, il concetto dell'abitazione è cambiato, ora i nobili vivono in case non troppo dissimili da quelle dei ceti inferiori: edifici austeri e compatti, generalmente a due piani e si differenziano perché più grandi (es. quelle del Foro di Nerva, di Largo Argentina del IX secolo o quelle del foro di Cesare dove probabilmente vennero costruiti nuovi edifici da parte dell’aristocrazia e la curia fu trasformata nella chiesa di Adriana, ora demolita). Possono essere dotate di portici e solai, segno del ricorso a maestranze specializzate e all'esterno troviamo anche pozzi per acqua, fosse granarie e pozzi neri. Tra gli stati più elevati della società si diffonde la curtis ovvero una serie di edifici che fanno tutti capo alla stessa famiglia e gravitano su uno spazio più o meno ampio; nelle curtes si può trovare anche una piccola chiesa privata o cappella ma anche un balneum ovvero un ambiente termale. Permane comunque l’edilizia lignea (es. delle case a Ferrara e Fidenza). Le tecniche edilizie altomedievali sono varie ma le maestranze che costruiscono case o edifici non sono persone che fanno solo questo di lavoro. Quindi non ci sono maestranze specializzate. Troviamo una situazione variegata: gli elementi che ci fanno capire lo status aristocratico o meno della popolazione li andiamo a perdere. Le sepolture vengono sempre più spesso riunite in cimiteri, sempre più dentro e attorno le chiese e questo addensarsi delle sepolture presso le chiese dipende dall'ingresso delle reliquie in città. L'Alto Medioevo è infatti il periodo d'oro per il commercio e movimento delle reliquie dei martiri presso le cui tombe i fedeli vogliono essere sepolti. Si polverizzano i centri produttivi (es. la zona del Capitolium a Brescia). In città ci sono delle fabbriche urbane, a Roma ad esempio molto diffusa è la cosiddetta Forum Ware (ceramica), le ceramiche a vetrina pesante (rivestimento molto spesso; inizialmente usate solo dall’aristocrazia) e la depurata a “pasta chiara”. La Forum Ware si produce soprattutto nella zona tirrenica e verso il nord, dove vi è quindi la presenza dell’impero carolingio che ha stretto legami con il papato. Gli Emporia invece permettono e sostengono il commercio tra l’area longobarda e bizantina (Emporia di Comacchio, VII secolo). Nel X secolo vi è un periodo di grande instabilità: il “secolo di ferro" è stato definito perché i membri della nobiltà si stanno affermando economicamente e politicamente a prezzo di gravi conflitti. E allora decolla il fenomeno dell'incastellamento nelle campagne, nelle città proliferano le fortezze urbane, sedi fortificate dei clan famigliari in lotta tra loro. A Roma nel X secolo si trasformano in fortezze i mausolei di Augusto e Adriano, le terme di Diocleziano, i teatri di Marcello e Pompeo ecc. Parallelamente cominciano a diffondersi anche le torri, altro tipo di edificio che garantisce la difesa. 3.4 LA CITTÀ NEL BASSO MEDIOEVO (XI-XIV SECOLO) Nel corso dell’XI, ma soprattutto nei secoli XII-XIII avvengono numerosi fenomeni, che danno alle città l’aspetto che spesso ancora oggi conservano: -Costruzione di nuove e più estese mura urbiche -Costruzione di importanti opere pubbliche (palazzi comunali, ospedali, ponti, granai, fontane pubbliche, ecc.). Pavimentazione delle strade e regolamentazione urbanistica -Scomparsa dei dark earth -Intensificazione e sviluppo degli spazi costruiti (prevalere dei pieni sui vuoti) -Pietrificazione e trasformazione tipologica dell’edilizia civile (le torri, i palazzi, le case a schiera......). Affermazione dello stile romanico e quindi di quello gotico -Sviluppo dei luoghi di mercato e dell’artigianato specializzato -Comparsa in città dei monasteri degli ordini mendicanti. A) Le infrastrutture: dopo svariati secoli in cui ci si preoccupa solo di restaurare quelle precedenti, si torna a costruire nuove mura; il fenomeno prende piede dall'XI secolo. Ad esempio, Firenze viene dotata di una nuova cinta muraria a metà XII sec. poi inglobata in una terza, più ampia tra fine XIII e inizio XIV sec. Firenze subisce un aumento della popolazione e il potere comunale si consolida nel XII secolo. Il comune è il corrispettivo della signoria in campagna; il comune si organizza autonomamente e solitamente consiste nella presa di potere dei cittadini (sempre aristocratici). Dovettero farci i conti gli imperatori (es. di Milano dove entrò Federico Barbarossa nel 1162 per ripristinare il potere imperiale; distrusse le mura e torri cittadine che avevano un forte impatto simbolico nella città). Nuove mura anche ad Arezzo, Genova e Pisa nel momento in cui anche qui i cittadini volevano riprendersi i loro diritti ora in mano ai consoli. Anche qui arrivò Federico Barbarossa ma non distrusse come fece a Milano, anzi. Le esigenze di difesa e controllo prevedono la costruzione di un castello urbano (spesso presso i centri normanni); inoltre i regolamenti delle città comunali (gli statuti) dimostrano nuovi investimenti indirizzati verso altre forme di infrastrutture: strade, gestione delle acque, smaltimento dei rifiuti. Le strade, soprattutto dal XIII secolo, cominceranno a essere fatte con laterizi formando un caratteristico disegno a spina di pesce (es. Pisa) mentre le piazze e gli spazi aperti vengono realizzati in pietra. Rispetto alla gestione delle acque invece, sempre a Pisa, l'approvvigionamento sembra garantito da pozzi e cisterne, sia private che pubbliche. Un altro elemento importante è la costruzione delle fontane pubbliche che sono generalmente di due tipi: o con vasca rettangolare o con bacino a pianta centrale concepito per occupare il centro di una piazza. Solitamente vi erano delle iscrizioni che ricordavano i committenti dell'opera, come anche altri monumenti cittadini  livello medio di diffusione dell'alfabetizzazione. Lo smaltimento dei rifiuti invece continua ad essere un problema delegato ai singoli abitanti, lasciati liberi di adottare soluzioni diverse; spesso accanto alle strade si trovano canali per lo scolo oppure si utilizzano delle fosse o discariche a cielo aperto o ancora li gettano tra i viottoli molto stretti che separano le case. B) Il paesaggio monumentale: anche qui grandi cambiamenti; prende piede un nuovo stile architettonico chiamato “romanico" e inizia un processo di rinnovamento che coinvolge molti centri urbani che talvolta si rivela un'operazione propagandistica delle singole città. Dall'XI sec. abbiamo quindi grandi cantieri edilizi che porteranno all'erezione delle cattedrali o altre chiese, dei palazzi comunali (es. Siena, Perugia, Firenze) o legati al potere civile. I committenti sono vari, di estrazione ecclesiastica o civile come conti e marchesi. Le nuove costruzioni sono in pietra o mattoni (boom dell'industria laterizia). I centri del potere comunale sono i palazzi (e le piazze) che hanno una forma comune: semplici parallelepipedi a volte dotati di una torre, con dei porticati e aperture superiori a più piani. Troviamo questo tipo edilizio in molti comuni come a Siena, Perugia (Palazzo dei Priori), Como (Palazzo del Broletto), Brescia (Plzz Broletto), Pistoia, Volterra, Firenze (Palazzo Vecchio 1298 e Palazzo dei Bargello fino al 1255). In seguito, si affiancherà allo schema precedente un altro quadrilatero, con corpi di fabbrica articolati intorno ad un cortile (es. Broletto di Brescia, Pistoia). Le parti più importanti sono i loggiati, il piano nobile, la torre e i cortili. Inoltre, molto importante sarà l’erezione dei castelli urbani come il Castello Sforzesco a Milano, a Pavia, a Pandino (Cremona). Al sud non bisogna dimenticare l'apporto dei Normanni e di Federico II che costruiscono palazzi di grande impatto come il palazzo di Fiorentino (Foggia) composto da due ambienti rettangolari che dominava la città da un'altura. I normanni costruiscono dei castelli urbani come il Castello Svevo di Bari. Anche sulle strade e fontane si fanno degli investimenti; ad esempio Pisa si dota di nuovi manti stradali mentre Siena vedrà la realizzazione di molte fontane. I palazzi vescovili (o dell’Episcopio) anch’essi delle infrastrutture sulle quali si investe molto: i palazzi vescovili sono diversi dai palazzi altomedievali. Nella loro costruzione molte volte vengono reimpiegate colonne romane (in quello a Verona), chiaro richiamo al potere per eccellenza cioè quello imperiale. Questi edifici sono molti grandi, di forte impatti visivo e a differenza dei palazzi altomedievali qui mancano le aule absidate. Troviamo palazzi vescovili a Genova (collina S. Silvestro) a Verona e a Pistoia oltre che in tutta Europa. Il palazzo vescovile rappresenta il luogo in cui risiede il vescovo cittadino che assume sempre maggior potere nel Medioevo. Le chiese si moltiplicano ora in varie forme: una o più navate, una o più absidi. Le cattedrali (cattedrale di Pisa, Alba, Bari  ritorna la pietra squadrata segno della riattivazione delle cave che erano state abbandonate nel corso del V secolo) sono molto più spesso realizzate, in forme grandiose, accanto ai loro battisteri. La cattedrale di Pisa fu finanziata col bottino di guerra che i Pisani riuscirono a prendere nel saccheggio di Palermo nel 1064. Una delle novità è la diffusione dei campanili costruiti a fianco a quasi tutte le chiese cambiando lo “skyline" della città. Aumentano presso i centri abitati anche i monasteri degli ordini mendicanti (francescani, domenicani, che devono anche permettere la permanenza di molte persone, folle, soprattutto in quelli francescani) e perché si costruiscono in città? Questo perché le genti urbane vanno “edificate", poi perché è più facile reperire cibo ecc. da offrire anche a queste persone che arrivavano presso i monasteri e anche per loro stessi e poi anche per un motivo di difesa. Lasciano edifici enormi, es. Santa Croce di Firenze (Francescani) che doveva permettere l'afflusso di tante persone; mentre i domenicani stanno presso S. Maria Novella (espropri per costruirla). Per quanto riguarda le sepolture, già dal VII secolo abbiamo i cimiteri e non tombe sparse; ora quando qualcuno muore può decidere di fare delle donazioni agli ordini mendicanti che diventano sempre più ricchi e gli aristocratici ambiscono ad essere sepolti in queste grandiose chiese frequentate da tante persone (segno di autorappresentazione). Nel corso del ‘300 molte famiglie si dotano di stemmi che decorano anche le chiusure delle tombe (sempre autorappresentazione e autocelebrazione della famiglia). Anche a Napoli troviamo un altro edificio francescano ovvero S. Lorenzo e uno domenicano ovvero s. Domenico. A Roma invece i francescani costruiscono S. Maria in Aracoeli. In molte città si diffonderanno i governi di popolo in questi stessi anni. Grandissimi sforzi per fare tutto ciò e attuare tutte queste novità. (Es. Duomo di Pisa e Orvieto). Ma una conseguenza non trascurabile di questi grandi cantieri è stata l'apertura di immense voragini nel terreno per gettare le fondamenta dei nuovi edifici, cancellando molte tracce delle fasi di occupazioni precedenti. Quindi il romanico ci ha consegnato grandi monumenti ma distrutto molte informazioni preziose. proprio vico. Altre categorie rurali come i fora, conciliabula ecc. li conosciamo soprattutto attraverso fonti scritte. C) Un paesaggio militarizzato: sappiamo che la società tardoantica è ampiamente militarizzata, sotto pressione da diversi attacchi, incursioni, invasioni e questo aspetto lascia un segno tangibile nelle campagne: le fortezze (castra). Il fenomeno si diffonde soprattutto dal III-IV secolo toccando l'apice nel V e VII secolo, secoli in cui arrivano prima i Goti (400-500), poi abbiamo la guerra Goti contro Bizantini (535-553) e infine i Longobardi (568-569) con un'Italia a macchie di leopardo. I castra possono far parte di sistemi difensivi articolati come il Tractus Italiae circa Alpes: una rete di fortificazioni dell'Italia settentrionale a ridosso delle Alpi. Accanto a queste città-fortezze controllate la ampie guarnigioni, il territorio era presidiato da fortificazioni più piccole, funzionali, per intervenire in un secondo momento. I castra vengono in ogni caso costruiti un po' ovunque: i luoghi prescelti sono le anse dei fiumi, al di sopra delle montagne o colline, a difesa delle isole, lungo le strade ecc. Queste fortezze sfruttano poi le difese naturali disponibili affiancando mura, torri, fossati ecc. Ma come sono specificamente gli aspetti materiali di queste fortezze? Innanzitutto le difese principali sono le mura, generalmente in pietra, altre volte l'apparato difensivo è affidato a palizzate e fossati. Oltre le mura, le torri si trovano spesso al centro dei castra, nella zona sommitale: sono utili per gli avvistamenti, segnalazioni, per incutere timore e manifestare dominio sul territorio. Mentre poche risposte abbiamo per quanto riguarda la presenza di caserme, quartier generale, stalle; eccezione: Monte Barro in Lombardia dove è stato trovato un edificio, un probabile quartier generale per le guarnigioni con appartamenti al primo piano per il comandante e una sala. Ma da dove viene questo modello edilizio? Questo modello lo vediamo già in città, a Brescia e questi due esempi trovano modelli di riferimento nell'architettura militare romana: lo schema di un complesso ad ali dispose intorno a uno spazio aperto è quello dei principia o praetorias (nel primo risiedevano le insegne della legione mentre nei secondi i comandanti). In alcuni casi poi nelle fortezze si abitava perché in molti luoghi soni state trovate case, semplici, di uno o due ambienti che abbiamo già visto diffondersi in città. Ultimo elemento importante è la presenza di chiese ed edifici di culto. Ma chi costruisce queste fortezze? Lo stato, i regnanti sono gli unici depositari di questa facoltà. Quindi ricapitolando le fortezze vengono costruite per difendere le frontiere, le vie di comunicazione ecc. e sono costruite direttamente o indirettamente dall'autorità. D) Un paesaggio ideologizzato: le chiese rurali: a partire dal V secolo cominciano a comparire delle chiese nelle campagne  conseguenza della spinta alla conversione delle aree rurali. A costruirle erano i vescovi ma anche i membri dell'aristocrazia a finanziare queste opere dal VI secolo e questo dipendeva sia dalla loro devozione ma anche per la volontà di controllo delle popolazioni rurali. I contesti in cui si inseriscono i nuovi monumenti sono molteplici: - Presso le ville ma molto spesso non sappiamo se la villa era già stata abbandonata quando la chiesa entra in attività oppure se coesistono e funzionano entrambe. Nella maggior parte dei casi le chiese occupano spazi interni delle ville antiche quando queste ultime sono in disuso oppure le chiese possono essere ricostruite adattando altri edifici. Quindi il rapporto tra chiese e ville si configura in vari modi e coinvolge i cimiteri. La chiesa e il cimitero possono trovare posto nell'area della villa, in connessione col nuovo abitato oppure a breve distanza. - Le chiese vengono fondate anche nei vici: a Muralto verso la fine del V secolo una basilica soppianta un edificio a carattere pubblico che attira intorno a sé un grande cimitero. Poi anche altre tipologie di insediamenti accolgono chiese, oltre ai vici (stazione ad Baccanas). - Poi ci sono le chiese costruite dentro le fortificazioni (almeno fino al V secolo): alcune volte le chiese possono essere piccole ma anche molto grandi ed essere dotate di una liturgia più complessa (es. Chiesa di S. Giovanni a Castelseprio che risale al V sec. ed è affiancata da un battistero. - In altri casi le chiese si trovano in aperta campagna, in posizione isolata, lungo le principali vie di comunicazione. Esse non attirano intorno a loro nuove forme di popolamento, anzi forse il contrario. Un altro tipo di edilizia cristiana sono le sedi di diocesi rurali, luoghi toccati da sviluppo particolare soprattutto dal V secolo e sono sedi vescovili extraurbani, vescovati di campagna. Il caso di S. Giusto è quello più studiato; prima vi era qui una villa e poi vengono costruite due chiese affiancate da un battistero, che per dimensione e qualità farebbe pensare ad una sede vescovile. Importanti sono anche i monasteri rurali ed è proprio la tardo-antichità fondativa di questo fenomeno: epoca di Benedetto, Montecassino e redazione della regola e quando Cassiodoro fonda il monastero Vivarium. Ma siccome un'architettura monastica non ha una forma codificata, sfugge all'archeologia; una forma codificata si avrà non prima dell'VIII secolo e a quei tempi i monaci o asceti vari si adattavano alla situazione che trovavano. Il più valido monastero tardoantico rinvenuto in Italia è stato quello di S. Sebastiano presso Alatri del VI secolo, citato da Gregorio Magno. Le chiese sono un elemento di novità che dalla tardo-antichità trasforma le campagne anche se non in modo sensibile; sono centri d'interazione sociale e controllo della popolazione. E) Nuovi orizzonti: il VII secolo e la conquista delle alture: nel VII secolo le novità non sono molte e le caratteristiche precedenti si accentuano solamente. Vi è un'affermazione crescente delle fortezze; si continuano a costruire chiese anche se di dimensioni medie più piccole di quelle precedenza, soprattutto nel centro-nord i committenti sono gli aristocratici che vogliono edifici funerari di carattere familiare, veri e propri mausolei. Mentre comincia a farsi largo una novità: si tratta della tendenza a stabilire nuovi insediamenti sulle alture (es. Montarrenti scavato da Francovich e Hodges qui nel VII secolo nasce un villaggio, un agglomerato di case in legno con due palizzate che cingono la parte alta e bassa. Anche Scarlino è un esempio di villaggio con case in legno su un'altura del VII secolo e idem Casale San Donato (Lazio): ma cosa li differenzia? Montarrenti è un vero villaggio fortificato di una certa ampiezza, Scarlino non presenta traccia di elementi difensivi e Casale San Donato è un piccolissimo insediamento al massimo di qualche nucleo familiare che però nascono nel VII secolo  formazione di un nuovo tipo di paesaggio caratterizzato dalla risalita in altura. Ma perché? Da chi fu voluta? In teoria sarebbe l'esito di un processo spontaneo di aggregazione contadina svincolata dal potere dei signori (dedotta dall'assenza in questi centri di una gerarchizzazione dello spazio) ma per altri questo processo sarebbe stato proprio voluto dai signori, imposto “dall'alto" ai contadini (e quindi il signore o “capo villaggio" poteva risiedere altrove). VII secolo = spartiacque. 4.2 LE CAMPAGNE NELL'ALTO MEDIOEVO (VIII-X SECOLO) in questi secoli cambia la situazione politica, economica e culturale. Grandi trasformazioni: crescita e poi estinzione dei Longobardi, affermazione del dominio carolingio per poi arrivare al regno italico e all'impero degli Ottoni. Quali sono gli effetti sul paesaggio rurale? A) Il peso del passato: ville e fortezze: tracce di passato monumentale non trascurabile come i resti delle ville in cui alcune troviamo ancora forme di insediamento o frequentazione come a Faragola dove durante il VII secolo prevale la funzione di luogo di produzione e durante l'VIII vengono costruite alcune capanne e svariate tombe. Il peso e la consistenza materiale degli insediamenti antichi continua per un altro po'. Ma a partire dall'VIII secolo le fortificazioni subiscono una crescita dimensionale e istituzionale e questo succede a Castelseprio dove la superficie dell'abitato si espande oltre le mura tardoantiche e si crea un borgo e inoltre vengono fondate S. Maria foris portas e il monastero femminile di Torba. Castelseprio è ormai cresciuto ed è come una città, anche se senza sede vescovile. B) Case, villaggi, villaggi curtensi e fattorie: un paesaggio sempre più multiforme: in alcuni contesti geografici piuttosto che in altri i documenti scritti certificano in maniera più esplicita l'esistenza di case isolate. Queste abitazioni possono di media essere molto grandi, in legno (buche di palo) e a partire dall'VIII secolo l'edilizia si orienta verso materiali deperibili (legno e pietra ollare). Mentre i villaggi, spesso già nati sopra delle alture nel VII secolo, come Montarrenti e Scarlino, proseguono la loro esistenza ma gli esempi di questa nuova maniera di abitare sono pochi e non sappiamo dove fosse più diffusa questa tendenza. Ma nella seconda metà dell'VIII secolo , al tempo del dominio carolingio, si afferma il sistema curtense ovvero un nuovo modo di organizzare lo sfruttamento delle risorse: la curtis è l'elemento caratterizzante ed è la proprietà di un dominus (nobili, re, vescovi ecc.). Questo organismo si divide in due parti: il dominicum (la parte signorile) e il massaricium (parte affidata ai contadini, massarii). Il dominicum è direttamente gestito dal signore attraverso i suoi schiavi mentre il massaricium viene dato in affitto e sfruttato indirettamente dal dominus: i contadini devono ciclicamente versagli parte dei loro prodotti. Una curtis in genere, comprende più villaggi e in uno di questi è concentrata la quota più alta del dominicum che è il centro della curtis, e gli scritti definiscono questo villaggio come “caput curtis". Quindi la curtis è un modo per gestire le proprietà con un tasso di frammentazione incardinato sui villaggi dei contadini. Ma come si sfrutta il rapporto di dipendenza tra contadini e dominus? Attraverso la pratica della corvée ovvero una serie di obblighi verso il signore che i contadini sono tenuti a rispettare (es. lavorare presso il dominicum alcuni giorni e lavorare oggetti per il signore). L'indagine archeologica permette di ritrovare i villaggi curtensi, le unità che componevano una curtis: ogni qualvolta si trova un villaggio dell'VIII e X secolo occorre domandarsi se siamo in un villaggio dominico o un villaggio di pars massaricia: in una caput curtis sicuramente troviamo una gerarchizzazione dell'abitato, con la residenza del dominus cosa che non troviamo nell'altro tipo di villaggio. Alcune tracce archeologiche del sistema curtense le abbiamo in Toscana; ritorniamo a Montarrenti e Scarlino: a Montarrenti, nell'VIII secolo la palizzata che difendeva la parte più alta fu sostituita da un muro in pietra, poi è stato trovato nella stessa zona, un forno e un grande edificio in legno, probabile magazzino e accanto alcune abitazioni in legno. Mentre sulla pendice prosegue la vita del resto dell’abitato più antico. Anche Scarlino, nell'VIII secolo comincia a cambiare volto: sulla sommità si inizia a distinguere una casa diversa dalle altre con attorno piccoli magazzini e laboratori artigianali (metallo) e verso la fine del IX secolo verrà fondata una chiesa con grandi blocchi di pietra. Perché quindi questi due villaggi potrebbero essere villaggi curtensi? A Montarrenti ce lo dice l'indagine archeologica, la conformazione del villaggio e il fatto che dall'VIII secolo sia centro di investimenti, come il muro in pietra e la presenza di un grande magazzino nella zona più alta (sarebbe una caput curtis). Mentre a Scarlino i dati archeologici suggeriscono una ristrutturazione del IX secolo e l'esistenza di una gerarchia dell'abitato; la costruzione della chiesa è segno di investimento ma soprattutto per Scarlino abbiamo, a differenza di Montarrenti, un documento che nomina questa località nel 973 usando la formula “curtis cum castello" (dal X secolo infatti i villaggi curtensi si trasformano in castelli. edificio per il resto della navata che sarebbe il refettorio (pg.134) ed è circondato da muri. Si tratta di un monastero fortificato. SAN VINCENZO AL VOLTURNO: il cuore del complesso sono due chiese affiancate, poi vi era un chiostro, un refettorio con accanto cucina e dormitori e forse un possibile palazzo. Le più importanti trasformazioni si hanno tra fine VIII secolo e inizio IX secolo quando San Vincenzo suscita l'interesse dei Franchi che nel 774 conquistano il regno longobardo e all'interno del monastero si aprirà un conflitto tra i monaci fedeli al duca di Benevento e quelli che appoggiavano i Carolingi  tutto si risolse con l'elezione ad abate di Giosuè. Durante questo periodo il monastero assume prestigio e si attuano trasformazioni: il sito del monastero viene trasferito sul lato sud della collina e l'abate fa costruire San Vincenzo Maggiore, edificio enorme il cui modello dovette essere San Pietro (atrio quadrangolare e cripta semianulare) e le architetture longobarde (3 absidi), mentre le torri in facciata sarebbe una citazione di un elemento molto diffuso in nord-europa, un Eastwork ovvero un avancorpo fortificato aggiunto in facciata. A sud della chiesa sono situate officine per la lavorazione del vetro e del metallo; a nord il chiostro attorno cui vi è il dormitorio, i magazzini, cucine e refettorio. Con l'abate Epifanio il monastero tocca l'apice; ma intorno alla metà del IX secolo per S. Vincenzo inizia il declino: nell'847 vi è un terremoto che lo danneggia e poi ci saranno gli attacchi dei Saraceni. NOVALESA: uno dei casi più precoci di adozione dell'impianto articolato intorno ad un chiostro. Vi è una prima fase costruttiva nel VIII secolo a cui fa parte una chiesa abbaziale e poi una seconda fase del IX secolo in cui si cominciano a vedere le prime tracce evidenti di un grande chiostro adiacente alla chiesa. SAN SEVERO A CLASSE (Ravenna): aderisce allo stesso schema ma un po' più tardi e l'impianto già nasce intorno al chiostro a sud della basilica tardoantica. Chi costruisce i monasteri? I regnanti, le alte autorità ecclesiastiche e alcuni esponenti dell'aristocrazia. E dove nascono? Possono sorgere nelle ville romane dismesse che offrono spazi ben adattabili per la vita monastica (potrebbe essere il caso di San Vincenzo al Volturno anche se è stato proposto che l'insediamento su cui insiste il monastero fosse un vicus). Le città abbandonate sono un'altra possibilità come il monastero di San Severo (dove vi era già un mausoleo in cui si venerava questo santo poi traslato in una basilica nel VI secolo, e quando la città lentamente sparisce verrà fondato questo monastero benedettino) fondato nel IX secolo tra le rovine della città di Classe. I monasteri possono nascere anche presso santuari più antichi per tenere vivo il culto di un santo o martire e custodirne le reliquie. Nei monasteri vengono praticate numerose attività: ci sono gli scriptoria (si leggono e copiano testi antichi e producono testi nuovi), attività produttive artigianali come produzione di oggetti per la costruzione degli stessi complessi e le officine hanno in questo caso un carattere temporaneo. Ma ci possono essere alcuni tipi di produzione fissa come per la produzione di oggetti in ceramica, utili per i corredi da tavola, lavorazione dell'osso e avorio (per i pennini da scrittura)oppure la lavorazione della pergamena (per i volumi liturgici ecc.). Il passaggio da laboratori temporanei a fissi è stato individuato a San Vincenzo al Volturno (officine impiantate nell'VIII secolo dove si producono tegole, metalli e vetri). L'attività sarà funzionale per la costruzione della chiesa abbaziale (perché le officine saranno poi soppiantate dall'atrio). In una seconda fase poi nel IX secolo si sono cominciati a produrre oggetti di lusso, raffinati quindi probabilmente alcuni artigiani molto abili si sono trattenuti qui a lavorare. I monaci risultano attivi anche nei commerci con prodotti dei loro artigiani dipendenti o con le derrate agricole raccolte nelle loro proprietà; i testi poi ci parlano di un importante impegno dei monaci nella riorganizzazione del paesaggio con opere di deforestazione, dissodamento, ristrutturazioni ecc.  valorizzazione delle risorse disponibili. I monasteri quindi finiscono col diventare punti di riferimento per le comunità rurali (possono essere lì battezzati, sepolti, lavorarci ecc.) C) Incastellamento: il termine incastellamento è stato proposto dal francese Toubert circa 40 anni fa ed indica uno dei fenomeni più rivoluzionari del Medioevo ovvero la nascita e la proliferazione delle fortezze in tutto il continente a partire dalla fine del IX e nel X secolo, un processo che ha alterato profondamente il paesaggio e il territorio, l'eredità più notevole del Medioevo. Differenze cronologiche: i castra tardoantichi si diffondono tra IV e VII secolo, l'incastellamento viene dopo; differenze numeriche: i castra sono sicuramente di meno; differenze nel contesto della loro nascita: tra i due periodi cambiano molto cose dal punto di vista politico, degli autori, promotori ecc. I castra tardoantichi sono voluti dalle autorità statali mentre i castelli medievali sono resi possibili dopo la frammentazione politica dopo l'impero carolingio (888). I castelli nascono per un processo di privatizzazione e dinastizzazione dei poteri e terre quindi permettono ai ceti dirigenti di proteggere i loro possedimenti. Dal libro di Toubert, “Le strutture del Lazio Medievale" (1973), si arriva ad una conclusione: la fondazione dei castelli avviene dal X secolo, sopra le colline disabitate; sono strutture in pietra e i signori costruttori attirano all'interno dei castelli le popolazioni circostanti modificando così l'assetto territoriale. Essi nascono non tanto per motivi difensivi ma più per motivi economici e di controllo, e sono anche luoghi di raccolta della popolazione che fa anche da forza-lavoro che agisce sotto il controllo del signore. Qui Toubert però sottovaluta il fattore difensivo e generalizza troppo una situazione che su riscontra in realtà solo nel Lazio. Quando si parla di castelli il primo nome che deve saltare alla mente è Riccardo Francovich che lavorò molto su questi castelli, soprattutto con molti scavi in Toscana. Uno degli scavi più significativi è stato quello di Montarrenti (villaggio tardoantico/altomedievale  poi villaggio curtensepoi diventa un castello). Dopo un incendio nel IX secolo, nel X secolo la sommità della collina viene protetta da nuova cinta muraria mentre all'interno si dispongono diversi edifici e forse una attività di produzione di ferro. Il caso di Montarrenti ha creato un modello in cui i castelli non sarebbero altro che il punto d'arrivo di un percorso plurisecolare di trasformazioni del paesaggio e dell'emergere di nuove forme di insediamento (quindi i signori non fanno altro che impossessarsi degli agglomerati e poi li ristrutturano a proprio vantaggio). Lo stesso vale per Scarlino: quindi sono tutti e due castelli che nascono nell'alto medioevo in cui l'archeologia produce dati riguardo la nascita dei castelli dal sistema curtense (Campiglia Marittima e Donoratico). Il castello curtense sembra quindi una categoria sicuramente esistita; tuttavia un altro scavo di Francovich sarà quello di Rocca San Silvestro (Piombino), una delle zone più ricche di giacimenti minerari della Toscana, dove la famiglia dei Della Gherardesca fonda un castello nel X secolo (no ostentazione del potere) e solo nell'XI e XII, l'abitato viene dotato di una torre e una chiesa. Nel Lazio invece abbiamo Caprignano, in Sabina che è uno dei castelli trattati da Toubert: luogo non abitato prima del X secolo quando nasce come villaggio privo di fortificazione e in una seconda fase diventerà castello. Nella stessa zona abbiamo il castello di Castiglione, fondato nel X secolo che fin dalle origini si presenta come residenza signorile e un altro è Castellaccio, presso Monte Gelato che non mostra tracce di occupazione prima dell'XI secolo. Punti deboli delle rispettive argomentazioni (Toubert e Francovich): 1) Su cosa si basa l'idea di Toubert che i castelli nascono in luoghi disabitati? Su sole poche “carte di fondazione” cioè documenti sulla nascita dei castelli su cui non ci si può fidare ciecamente perché i notai e i signori che commissionano le opere non hanno uno sguardo archeologico e quindi se in passato su quel luogo vi erano altri insediamenti potrebbero non essersene accorti o non interessava. Inoltre, molto spesso nei testi medievali si nota una certa enfasi, propagandistica, per accrescere l'effettiva portata delle imprese edilizie, magnificando le loro fondazioni dei castelli. E su cosa si basa l'idea che i castelli sono costruiti in pietra? All'epoca scavi delle fasi più antiche dei castelli non si facevano quindi Toubert ha elaborato le sue teorie a partire da pochi documenti notarili e qualche sopralluogo nei castelli così come si sono conservati fino ad oggi. 2) Il modello di castello curtense elaborato da Francovich, non risulta esclusivo, nemmeno solo in Toscana. Quindi non esiste un unico modello totalizzante, valido per un'intera regione o per l'intera penisola (no unico percorso o ragione). Non esiste nemmeno nel Lazio affrontato da Toubert una standardizzazione dei castelli del X secolo che possono essere veri e propri villaggi con cinta murarie, recinti con poche case o semplici residenze signorili (es. Castiglione). Nel meridione la situazione è diversa: in Campania, per alcuni si avrebbe uno sviluppo come quello per la Toscana (es. Montella in Irpinia), per altri la nascita dei castelli fu un fenomeno più tardivo sviluppatosi con i Normanni soprattutto dall'XI secolo (eccezioni solo di Montecassino e S. Vincenzo che hanno castelli già nel X sec.). In Puglia ma anche come i Basilicata e Calabria, l'incastellamento sembra svilupparsi dai Bizantini già dal X secolo e poi i Normanni ereditarono quel patrimonio e lo ristrutturarono. In Sicilia le fortezze sembrano moltiplicarsi dalla metà del X secolo sotto la dominazione araba (provvedimento del califfo al-Mu'izz (967). E poi c'è la Sardegna: gli archeologi dicono che l'incastellamento abbia avuto inizio tra IX e X secolo e che sia il risultato dell'iniziativa dei giudici ovvero le autorità delle circoscrizioni dell'isola, i Giudicati. Altro aspetto importante è quello materiale; i primi castelli, nel X secolo sappiamo che furono realizzati con legno e terra (Montarrenti e Scarlino). Questo è quindi un primo bilancio, sicuramente sintetico e incompleto, con informazioni disperse e disomogenee e dalla lezione di Francovich apprendiamo che per capire le origini di questo fenomeno di deve scavare in più siti e per estensione e occorre cartografare tutti i castelli e realizzare atlanti. Solo così si arriverà ad un bilancio esaustivo della situazione. 4.3 LE CAMPAGNE DEL BASSO MEDIOEVO (XI-XIV SECOLO) oltrepassato l'anno Mille le cose si fanno più difficili per l'archeologo perché innanzitutto si moltiplicano le fonti scritte con le quali bisogna confrontarsi e poi ora i dati archeologici non sono bilanciati. L'archeologia medievale si è concentrata molto sui castelli, come l'archeologia classica sulle ville, perché sono importanti per ricostruire molti aspetti della vita medievale. A) L'incastellamento: affermazione, diffusione e assestamenti; e successive evoluzioni: dall'XI secolo il fenomeno dei castelli diventa impressionante, è l'epoca dello sviluppo delle signorie territoriali e così le famiglie più potenti fanno perno sui castelli per garantirsi il controllo sui possedimenti rurali. I castelli nella loro fase originaria non hanno una fisionomia chiara, in seguito assumeranno sempre di più le forme di villaggi fortificati e successivamente col trionfo dell'incastellamento nel XII secolo si diffonderà anche l'uso della pietra e la fisionomia comincia a definirsi; al centro o in posizione marginale e/o sopraelevata, protetta da cinta muraria, vi è parte signorile, il resto delle case è protetto da una seconda cerchia di mura (caso di 3 cinte murarie perché il borgo si estese  Rocca San Silvestro in Toscana). C) L'organizzazione ecclesiastica: pievi, parrocchie e monasteri: nel Basso Medioevo si definisce l'organizzazione ecclesiastica delle campagne: strutta semplice a piramide (vescovo che risiede in città e che amministra le diocesi i cui capisaldi sono le pievi da cui dipendono le parrocchie di rango minore). Nel XII secolo si assume definitivamente il significato della parola “diocesi" e vi è quindi una maggiore definizione del controllo dei vescovi e della chiesa sulle aree rurali e questi processi vanno di pari passo con un altro fattore ovvero la spinta alla monumentalizzazione degli edifici (ristrutturazioni, riadattazioni, ricostruzioni o costruzioni ex-novo). Prendiamo 3 esempi: CHIESA DI SAN GIORGIO presso Argenta (in Emilia): costruita nel VI secolo dagli arcivescovi di Ravenna come chiesa rurale non molto grande che non risulta attrezzata nemmeno di una fonte battesimale. Nell'XI secolo viene definita come pieve per la prima volta; e in seguito acquisirà un peso sempre maggiore lo vediamo anche strutturalmente perché la chiesa sarà ampliata e decorata con affreschi e sculture. Progressivamente poi, l'abitato di Argenta a pochi chilometri dalla pieve, assume un ruolo più rilevante finché non diventa un centro con ambizioni urbane e la pieve si trova sempre più isolata tant'è che nel 1252 le funzioni di pieve vengono trasferite in un'altra chiesa. Questo esempio ci fa vedere quindi come gli assetti precedenti vengono definiti e potenziati, anche con investimenti economici e ci illustra i contrasti che possono nascere tra i nuovi paesaggi (affermazione comune di Argenta). Ma attenzione, questo è solo un caso indicativo perché ci sono delle pievi “vincenti” che mantengono le loro funzioni per tutto il Medioevo. CASTELLO DI MONTE DI CROCE (non lontano da Firenze): fortificazione della famiglia Guidi che compare nell'XI secolo; qui è stata fatta una chiesa dedicata ai SS. Miniato e Romolo per la quale sono state identificate due fasi: la prima dell'XI secolo (semplice aula absidata, un cimitero)e un'altra successivamente nel XII secolo, in cui ci sono altre modifiche come il cambiamento dell'orientamento. Questo progetto però non sarà mai realizzato e il castello risulta attaccato da Firenze. Questo esempio ci parla quindi della presenza delle chiese nei castelli e la possibilità che i signori hanno di costruire edifici ecclesiastici per garantirsi un maggiore controllo sulla popolazione del castello. È un progetto ambizioso, spesso riuscito, in cui si tratta di costruire e definire una comunità (in alcuni casi queste chiese divengono addirittura pievi). SAN VINCENZO AL VOLTURNO: fu attaccato dagli arabi nell'881; nel X secolo una comunità monastica ritorna a vivere qui e ristruttura la basilica carolingia (dibattito se l'atrio di fronte la più grande basilica sia stato costruito ora o se già esisteva nel IX secolo). Comunque, anche se non raggiunge i livelli del passato torna ad essere potente; ma sicuro un nuovo momento importante è quando nell'XI secolo viene spostato sulla riva opposta al fiume Volturno mobilitando gli abitanti dei più di 20 castelli dipendenti dall’abbazia (segno del forte potere). Nuovo clima politico, quindi vengino costruite subito delle mura che proteggono l'intero complesso con torri e fossati a proteggere. C'è poi una chiesa abbaziale a 3 navate e absidi, a sud invece vi è il chiostro (modello probabile quello di Montecassino, ricostruita dall'abbate Desiderio). Certe caratteristiche come il quadriportico davanti la facciata, la rendono simile ad altri monumenti campani come le cattedrali di Salerno e Capua. Il monastero dell'XI secolo è sicuramente una creazione unitaria, non progressiva che testimonia la potenza dell'abate anche se le dimensioni e le aspirazioni si siano ridotte sensibilmente. Dopo il Mille, la sua storia è quella di un monastero che ha un importante passato alle spalle e torna ad affermare una vera signoria territoriale (però fuoriuscita di S. Vincenzo al Volturno dal gioco della politica internazionale, l'abbandono dell'elemento che lo aveva reso uno dei monasteri più importanti d'Europa tra VIII e IX secolo. Capitolo quinto ARCHEOLOGIA DELL'ARCHITETTURA E DEI MONUMENTI (integrato con appunti) 5.1 ARCHEOLOGIA DELL'ARCHITETTURA: PERCHÉ NASCE COME DISCIPLINA A partire dagli anni ’70 si è andata quasi a distaccare come disciplina autonoma ma comunque in relazione all’affermazione dell’archeologia medievale e urbana. È chiamata anche archeologia del costruito, degli elevati, edilizia storica, del costruire ecc. Scavi importanti per la disciplina: scavo ad Arezzo presso il colle del Pionta dove sono stati trovati dei pilastri che hanno consentito di indicare e capire come fosse organizzata tutta la zona; scavo a Montecchio, sempre in prov. di Arezzo dove un castello soggetto a scavo in una zona presso le mura che ci fa capire come fossero organizzati gli spazi interni e lo scavo a Castronovo di Sicilia presso Colle San Vitale in cui a ridosso di un castello/torre è stata trovata una chiesa di cui mettendo in relazione l’alzato e alcuni lastricati si è potuto avere un panorama più ampia ed individuare un’ipotetica cronologia. Il contesto è importantissimi per un’archeologia matura. Altri scavi importanti di castelli sono stati quello di Scarlino (curtis con castello dal X secolo, e rocca del XIV secolo; scavo 1979-1983), Montarrenti (di Francovich ed Hodges) e Campiglia Marittima; i castelli cominciano ad essere realizzati nell’VIII secolo in pietra, come altri edifici importanti come chiesa e mura. Nel XII secolo poi vi è il fenomeno del secondo incastellamento e il rafforzamento delle signorie e quindi vi è un potere che controlla e progetta. Dopodiché la signoria sarà sostituita dal comune che gestisce le costruzioni di case, borghi, castelli ecc. facendo arrivare maestranze in campagna importando anche nuove tipologie edilizie. Qual è l’oggetto della disciplina? Sono gli edifici e qualsiasi manufatto archeologico. Le condizioni di contesto solo generalmente 3: edifici stratificati nello scavo, edifici già stratificati e edifici stratificati a continuità di vita. Il medioevo costruito vanta una percentuale di sopravvivenza elevatissima e quindi molti medievisti hanno voluto affrontare questa enorme mole di dati, decodificarla e comprenderla e nasce così l'archeologia dell'architettura. Gli scopi principali sono due: 1. Da un lato accrescere le conoscenze nel campo dell’industria edilizia e delle sue tecniche 2. Rendere possibile la salvaguardia e un restauro intelligente dei monumenti. Bisogna essere lungimiranti e riuscire a restituire la struttura originale. Non sempre è stato così, anzi, prima del XIX secolo si attuavano più “distruzioni” che altro nei “restauri” facendo così perdere patrimoni interi, creando dei falsi storici e non restituendoci la realtà dell’edificio (Le Duc). Esempi: S. Giovanni di Persiceto e Pio Istituto di s. Spirito in Sassia, Tarquinia (“Il cantiere: dietro gli intonaci”) Il monumento come noi oggi lo vediamo è un vero e proprio palinsesto, somma di tantissimi interventi vari. Nel passato, alcuni architetti, quando un edificio doveva essere restaurato si sceglieva una fase giudicata importante e il restauro riconduceva tutto il monumento a quella fase (Viollet-Le-Duc) e l'edificio veniva bloccato come in un fermo immagine; ma chi ci da il diritto di stabilire il momento “migliore” al quale ridurre un monumento che contiene molte informazioni su tanti secoli di storia? E come si seleziona questo momento “migliore"? Oggi invece pensiamo che ogni fase di un edificio abbia la sua importanza e l'archeologia dell'architettura permette di indagare tutte le trasformazioni di un edificio dalle sue origini ad ora, restituendoci una storia completa, permettendo di analizzare le varie fasi senza azzerarle per dare “omogeneità”. 5.2 LEGGERE I MURI: IL METODO R. Krautheimer, grande studioso, aveva già chiaro negli anni ’30, che i monumenti e i loro muri potessero essere letti come palinsesti (sua opera miliare: Corpus Basilicarum Christianarum Romae). Qui la consapevolezza è alta e siamo quasi in presenza del concetto di Unità Stratigrafica Muraria (USM) anche se manca tutta la sistematicità del metodo stratigrafico ma a quel tempo M. Wheeler ancora doveva scrivere Archeology from the Earth, manuale di stratigrafia uscito nel ’54 e manca quindi il riconoscimento delle interfacce negative, le superifici di taglio e distruzione. Quindi si risolve con il metodo stratigrafico e si diffonde l’idea che questo metodo possa essere applicato non solo ai depositi sepolti, ma anche a quelli conservati in elevato. Metodo stratigrafico che può essere attuato anche sugli elevati. Il metodo si diffonderà poi a macchia d’olio  fu questo metodo uno degli elementi che ha promosso lo sviluppo e la nascita dell’archeologia medievale. Mentre chi scava distrugge i depositi archeologici, chi analizza i monumenti col metodo stratigrafico si compie uno smontaggio del suo oggetto di studio che è solo virtuale, non “distrugge" il deposito. I primi a svolgere questo tipo di indagini sono stati i gruppi degli archeologi medievisti liguri e toscani (fino anni 70- inizio anni 80). Quali sono i passaggi? 1. Innanzitutto, il rilievo archeologico. Una volta fatto il rilievo, occorre scomporre il monumento nelle sue Unità Stratigrafiche Murarie (USM) ovvero le zone risultato di azioni differenti, positive o negative: tagli, risarcimenti ecc. Tutte le unità vanno delimitate e numerate e descritte in apposite schede. Le USM possono essere relazionate tra loro per sovrapposizioni, appoggi, tagli, tamponature ecc. Questo permette di ricostruire una cronologia relativa e Ricostruzione della sequenza dei vari interventi che hanno interessato l’edificio. 2. Qui bisogna far entrare in gioco il matrix di Harris ovvero il diagramma stratigrafico che sintetizza sotto forma di numeri ordinati ad albero, l'intera sequenza edilizia. Da qui si passa poi da una cronologia relativa a una assoluta cioè la datazione raggiungibile in base ad elementi intrinseci come i materiali da costruzione: pietre, mattoni ecc. e i vari componenti per le quali possono essere effettuate indagini archeometriche. Oppure la datazione assoluta si può ricavare confrontando il tutto con elementi esterni (es. aperture porte, finestre dell'edificio oggetto di studio o di uno o più di cui si conosce la cronologia certa). I rapporti stratigrafici possono essere indiretti quindi riconoscibili per identità (es. finestre tutte uguali), per tipologia o per funzionalità (quando magari l’apertura di finestre era dovuto ad un cambiamento funzionale dell’edificio) oppure possono esserci rapporti diretti. Gli edifici però erano anche uno status symbol con cui gli aristocratici tentavano di affermare la loro supremazia (con ad esempio torri e castelli) oppure potevano essere uno strumento di competizione. Quindi le architetture possono avere molti significati. Sta all'archeologo studiarle e interpretarle con la giusta profondità storica. Un progetto di restauro che parta da un'analisi di archeologia dell'architettura è il più completo; l'acquisizione di una mentalità stratigrafica nel restauro permette di misurare più concretamente le responsabilità che si assume e rafforza lo statuto etico (cit. Doglioni). L'acquisizione di una mentalità stratigrafica è il punto di partenza più solido per il lavoro di un architetto e il vero punto d'arrivo è un cantiere dove archeologia dell'architettura e scavo coesistono e costituiscono la base per un progetto di restauro; le informazioni sono molto più ampie e il risultato è quindi una conoscenza davvero approfondita del monumento. Questo lo aveva capito bene già Viollet-Le-Duc (cit. libro). diffonde il culto delle reliquie, “frammenti di santità" che diventano trasportabili e commerciabili, e che influisce sulle pratiche funerarie. In città lo si nota meglio, c'è una corsa a raccogliere le reliquie, più una chiesa ne custodisce, più è il suo prestigio (Santa Prassede, 2300 reliquie). Le chiese iniziano a concentrare in maniera sempre più esclusiva, le sepolture al loro interno e nei cimiteri annessi. Nelle campagne l'accertamento delle sepolture presso le chiese inizia nel IX secolo quando si definisce il sistema delle pievi, nuovo modello di organizzazione e controllo ecclesiastico del territorio e delle sepolture, tra le quali prerogative c'è, appunto, il diritto di sepoltura e l’occuparsi dei testamenti: è lì che gli abitanti del territorio di penitenza devono andare a seppellire i loro famigliari. Con il passare del tempo, le pievi perderanno il monopolio sulle sepolture e si affermerà la signoria territoriale che vorrà accaparrarsi il diritto di sepoltura, riservandolo alla parrocchia posta dentro il castello anche se l'archeologia non smetterà di trovare resti di cimiteri nelle pievi. Quindi c'è il fenomeno della moltiplicazione dei luoghi della morte, confermato nelle aree rurali dove vi era sicuramente un conflitto sul controllo di questo aspetto tra signori e autorità ecclesiastiche. Tra VIII e IX secolo spariscono i corredi; il corpo è solo avvolto nel sudario; l’importante era che la tomba fosse in terra consacrata. Nel basso medioevo ritorna invece il concetto di celebrazione del defunto, quindi su quanto fosse pio, devoto ecc. e perciò ritornano anche le iscrizioni e i monumenti funebri. Tra le varie immagini iconografiche che troviamo molto diffuse sono il giacente e l’orante. Ma come si articolano, come sono organizzati e come si sviluppano i cimiteri? Non esiste una organizzazione standard dei cimiteri tardoantichi; ve ne sono due tipi principali, quelli a “righe” e quelli per “nuclei”: i primi vedono le tombe allinearsi per file parallele, ritenuta a lungo una pratica nordica, germanica anche se sono stati trovati anche a Palermo e in area merovingia (Frenouville) dove i defunti sono sepolti con oggetti prodotti in area mediterranea (simboli di potere e autorità dell'impero). Quindi l'ipotesi più convincente è che questi cimiteri siano delle élites locali. Ma le necropoli a righe costituiscono una minoranza in Italia dove prevalgono quelli per nuclei (es. Nocera Umbra e Hegenheim, Francia, di VI-VII secolo) ovvero a sepolture a gruppi disomogenei. Le tipologie sono quindi svariate e convivono in Italia modi diversi di progettare e organizzare una necropoli. Segno di una società che sta cambiando, anche socialmente e politicamente, si incontrano culture diverse e nascono nuovi ideali e pratiche. 6.2 LA TOMBA E DENTRO LA TOMBA: OGGETTI E CORPI La sepoltura è il modo in cui le famiglie dei defunti stabiliscono i modi per trasmettere la memoria ai posteri. Bisogna innanzitutto considerare la forma: non è possibile elencare in modo esaustivo tutte le tipologie di tombe adottate nel Medioevo, ogni zona ha le sue peculiarità. Però a livello generale, le più essenziali sono le tombe scavate nel terreno: semplici fosse che accolgono il cadavere sul fondo (es. tombe a Casale di Calliata in Sicilia, IX secolo: qui tra l’altro vi erano gli arabi che introducono delle novità tra cui l’orientamento dei corpi verso la Mecca e l’assenza di corredo); poi abbiamo le tombe a cassa, nelle quali la fossa è foderata con lastre di pietra o mattoni (es. a Collegno e ad Agrigento), oppure le sepolture a “cappuccina" nei quali il cadavere è coperto da una struttura a doppio spiovente, una sorta di piccolo tetto (es. Colle del Pionta, Arezzo). Un’altra pratica antica e che continuerà nel Medioevo era quella di seppellire ed inserire i corpi all’interno di una o più anfore. Non si interrompe poi la produzione dei sarcofagi, anche se molto sporadica e sono riservati ai personaggi più in vista della società. Nel basso medioevo ritornano in auge i sarcofagi (dopo il IV secolo sono rari) ma soprattutto vi è una pratica del riuso, infatti, la tomba di Ruggero I del XII secolo è un sarcofago di III secolo. Infine, ci sono le casse un legno. Le tombe possono essere segnate da: pali in legno, lastre in pietra conficcate nel terreno a volte scolpite, molto più rare invece le iscrizioni. Oltre semplici casse ci sono le tombe a camera lignea ovvero si scava una stanza di cui si ricoprivano le pareti in legno e all’interno anche lo stesso cadavere poteva essere a sua volta inserito in una cassa di legno. Importante è invece il ritrovamento della tomba di Re Redwald di Sutton Hoo (VII secolo): una tomba a nave, il legno si è decomposto ma è rimasta l’impronta nella sabbia. E dentro? In Italia seppellire i morti assieme a degli oggetti è documentato sin dal passato più remoto; a volte si tratta di uno o pochi oggetti di scarso valore (es. brocca in ceramica di Castronovo di Sicilia). A partire dal tempo dei Longobardi, dalla metà del VI secolo iniziano a diffondersi corredi più ricchi, come la tomba della Dama di Domagnano (VI secolo) e di una presunta giovane ragazza a Colle del Pionta dove in entrambi sono stati rinvenuti gioielli preziosi. Inoltre, vi sono differenze se il defunto è di sesso maschile o sesso femminile e più una donna defunta era giovane più ricco ancora era il corredo perché essendo fertile la perdita era maggiore visto che si andava a perdere una possibilità di perpetuazione della progenie. Nelle tombe delle donne ci sono prevalentemente gioielli, mentre in quelle degli uomini, le armi o accessori dell’abbigliamento. Le tombe con i corredi si rarefanno a partire dal VII secolo e dall'VIII risultano sporadiche probabilmente perché si diffonde la pratica delle donazioni post obitum o pro-anima, sorta di testamenti dei beni da distribuire a parenti ed enti ecclesiastici, creando così vincoli molto stretti tra famiglia e l'esterno. Però si possono trovare tombe con corredi di età più tardo, nel Basso Medioevo, anche accessori del vestiario, fibbie o elementi di cintura. In alcuni cimiteri tutti gli individui sono sepolti con una moneta in bocca, forse una tradizione funeraria dell'area balcanica, probabilmente di funzione magico-religiosa. Oggetti devozionali tipo croci o amuleti sono piuttosto diffusi (es. Conchiglie legate al pellegrinaggio. Infine, anche altri tipi di oggetti possono essere trovati: es. i tre dadi in una tomba presso il cimitero di S. Lorenzo di Nonantola su cui è difficile dare spiegazioni come per le uova trovate presso vari cimiteri tardoantichi. Il concetto di etnicità, cioè l’idea che si possa risalire all’etnia di un defunto solo analizzando il corredo è stato messo in discussione perché la cultura non è statica ma in continua evoluzione e trasformazione e le culture inevitabilmente si influenzano a vicenda. Ci sono infatti tombe longobarde che non hanno corredo oppure è molto povero e un altro esempio è l’anello di Birka del IX secolo ritrovato in una necropoli vichinga dove vi è inciso il nome di Allah e il corredo della dama di Ficarolo a Rovigo di VI secolo con oggetti provenienti da altri posti rispetto a quello della dama (come se questa donna avesse comprato tali oggetti che erano girati nei mercati ecc.) Un ultimo elemento materiale è il sudario, un velo con cui si avvolgeva il corpo, citato in alcune fonti come il Sacramentario di Warmondo prodotto ad Ivrea nel IX secolo dove viene mostrata tutta la preparazione del corpo prima della sepoltura, compreso l'avvolgimento nel sudario. Dal punto di vista archeologico non lasciano molte tracce perché sono materiali organici che si decompongono ma in età tardoantica delle crocette in lamina aurea con dei fori fanno pensare che fossero utilizzate per cucire il sudario. (appunti 18/03) Infine, importanti sono i corpi; grazie ad esse sappiamo età, sesso ma anche la dieta, le malattie, aspetto fisico… sembra che nell'Alto Medioevo l'età della morte si attesta intorno ai 17- 19 anni e che potesse dipendere dalle epidemie quindi per i secoli IV-VIII c'è un ristagno della popolazione grazie ad un buon regime alimentare e l'usanza di risposarsi dopo la morte del primo coniuge (bilanciamento al problema dell'alto tasso di mortalità). Tra IX e XIII la popolazione incrementa, come anche il tasso di sopravvivenza (ora si muore a 23-24 anni). Resti scheletrici: si studiano le ossa, che ci danno molte informazioni importante anche per l’archeologo (paleopatologia); Modalità di deposizione -Sepoltura Primaria: quando l’inumazione del cadavere subito dopo la morte avviene nel luogo di deposizione definitiva, dove avverrà la decomposizione. Il corpo si rinviene nella posizione originaria di deposizione (esclusi agenti tafonomici post deposizionali). - Sepoltura secondaria: deposizione avvenuta in due o più momenti. Il ritrovamento avviene in un luogo diverso da quello dove è avvenuta la decomposizione. -Sepoltura primaria rimaneggiata: quando le ossa di una deposizione sono spostate in seguito alla decomposizione (ad es. riduzione dello scheletro). È perlopiù una cosa rituale. - Decomposizione in spazio vuoto: si decompone in un volume vuoto, come una cassa di legno senza esser coperto dal terreno. Ci sono degli elementi che possono farcelo capire: rotazione cranio, mandibola, femori e cadute rotule; apertura bacino, caduta piedi, caduta interna delle mani e appiattimento cassa toracica. -Sepoltura spazio pieno: quando il corpo viene subito ricoperto di terra e quindi i tessuti molli sono sostituiti dal terreno man mano che si decompongono impedendo alle ossa di spostarsi o cadere. Compressione presenza di sudario/fasciatura. Ci sono sia tombe singole o tombe multiple, collettive. Dalle ossa, oltre che l’antropologo, anche l’archeologo può capire molto e ricavare informazioni: ad esempio il sesso del cadavere che non si riesce a capire se lo scheletro è di un giovane (non presenta ancora dimorfismo sessuale), se mancano alcuni elementi fondamentali. Invece, gli elementi che più consentono un riconoscimento del sesso sono il bacino e il cranio. - Invece, l’età degli individui immaturi si riconosce tramite: gli stadi di maturazione scheletrica e dentaria (i denti sono importanti; perché prima ci sono quelli da latte), le dimensioni delle ossa lunghe e la valutazione dell’età è più attendibile rispetta a quella degli adulti, a volte si riesce anche a capire l’anno preciso. - Ossificazione e fusione elementi ossei: durante la crescita le ossa aumentano le loro dimensioni grazie a alla presenza di centri di ossificazione e di cartilagini di accrescimento, che terminata questa funzione si ossificano definitivamente di solito entro i 20-23 anni di età. L’età di ossificazione/saldatura delle ossa cambia a seconda delle ossa coinvolte e dunque osservando quali ossa sono saldate quali non si può verificare l’età di una persona sub-adulta. Altro elemento che permette di capire l’età sono le suture craniche: il grado di fusione delle suture che iniziano a saldarsi a partire dai 20-30 anni, fino all’obliterazione in età avanzata. - Determinazione età individui adulti: dopo la fine della crescita scheletrica e dentaria avvengono pochi cambiamenti strutturali per lo più degenerativi e legati all’invecchiamento e ci sono più criteri per definire l’età adulta. L’usura dentaria è il metodo più diffuso e permette di valutare l’usura delle superfici dentarie che varia a seconda dell’alimentazione e dalla possibile presenza di patologie dentarie. La paleopatologia ha lo scopo di ricostruire lo stato di salute della popolazione del passato attraverso l’analisi delle ossa. Lo scheletro è un «archivio biologico» e ci dà indicazioni su condizioni di vita e di salute, dieta, tipo di attività praticata in vita (stress funzionali) e vari tipi di malattie che lasciano segni riconoscibili sullo scheletro: malattie articolari, traumi, infezioni (anche forti febbri), malattie metaboliche o nutrizionali; malattie ereditarie. Le fratture: i traumi avvenuti prima della morte si riconoscono perché si vede il processo di ossificazione quelli avvenuti immediatamente prima sono difficili da distinguere rispetto a rotture Se un individuo sempre con DNA associabile a quello africano non mostra variazioni tra infanzia ed età adulta può essere considerato un immigrato di seconda generazione o potrebbe essersi spostato in età infantile. DNA antico: con questo si indentificano i residui di materiale genetico estraibili da un’ampia varietà di materiale biologico come ossa, denti, corpi mummificati e sangue coagulato. IL DNA più utilizzato negli studi sull’evoluzione umana e il DNA mitocondriale (cellule che hanno un proprio DNA interno ed è più estrarlo) ereditato per via matrilineare (quindi si può risalire alla discendenza, da parte delle madri). In conseguenza di ciò, il genoma mitocondriale della prole sarà quasi uguale a quello materno. Mentre gli alleli della regione non ricombinante del cromosoma Y (NRY) viene trasmesso solo per via patrilineare (discendenza da parte di padre). Il DNA è complicato da estrarre. C’è un livello di contaminazione altissima. L’osso più usato per estrarre il DNA, dove è più possibile trovarne tracce è l’osso temporale che forma la base della scatola cranica (zona della tempia). Se no denti, quando è possibile (no anziani o bambini) o costole o in qualsiasi caso un osso duro. Applicazioni (analisi diverse sul DNA): -Riconoscimento individuale: un individuo = un genoma. Ognuno ha un proprio DNA. Le analisi del DNA permettono di assegnare due reperti ad uno stesso o a due individui diversi. -Diagnosi di sesso: quando per incompletezza o età troppo giovane dell’individuo non si può determinare il sesso dalle analisi antropologica diretta il DNA è l’unico metodo che consente di determinare il sesso. -Legami di parentela: profili comuni di RNY (porzione del cromosoma Y) indicano una stretta parentela lungo la linea ereditaria paterna (padre-figlio, nonno-nipote, fratelli, cugini); profili comuni di DNA mitocondriali indicano la linea ereditaria materna. Più porzioni di DNA coincidono più è la possibilità di essere parenti. -Provenienza o migrazioni: nel genoma solo una piccola porzione è specifica per popolazioni di diverse aree. Ma questo permette di individuare il continente di origine e talvolta anche la provenienza regionale. Diversi studi incentrati sul DNA: -(Testo di Estelle Herrscher) Scavo del cimitero presso la chiesa di Saint Laurent a Grenoble il quale sviluppo può essere diviso in 3 fasi: una prima tra XIII e XIV, poi 1320-1430 e infine tra 1430-XVI secolo. Sono stati analizzati 34 adulti + 12 bambini (0-5 anni) + 13 campioni di ossa animali di varie specie prelevati dalle sepolture. Il confronto tra il rapporto isotopico di animali e umani ha mostrato che questi ultimi si nutrivano delle specie locali analizzate: il consumo di pesce appare molto limitato mentre il consumo di carne aumenta significatamene nel corso del tempo – dieta più proteica. A questo cambiamento nella dieta corrisponde un aumento nell’altezza e una diminuzione dell’usura dentale ma un aumento delle patologie dentarie. Dieta più ricca e varia (proteine animali, pane raffinato e cibo contenente glucosio) e quindi condizioni di vita migliori: legato a quest’ultimo aspetto è anche il dimorfismo sessuale (caratteristiche apparato riproduttivo maschile e femminile). Per gli infanti notiamo un calo dell’azoto dopo lo svezzamento; di essi sono stati campionati le ossa (dieta prima della morte) e le radici dei denti in crescita (dieta al momento della morte). -People “on the Margin”: A Medieval Cemetery in Český Brod – Malechov (Central Bohemia): sei tombe rinvenuti nel suburbio di Český Brod (Repubblica Ceca), datate alla s-m del XV secolo, rinvenute raggruppate insieme ma oltre i limiti del cimitero regolare. Ipotesi interpretative: potevano essere un gruppo di soldati (sono tutti uomini e con evidenze di traumi) o gruppo di persone uccise tutte insieme o vittime di un disastro o un gruppo di persone ucciso da una malattia o una minoranza etnica (ebrei o zingari) o eterodossi o persone ai margini della società: mendicanti, vagabondi criminali ecc. Le analisi antropologiche hanno identificato 6 maschi di varie età con molte evidenze di traumi nelle ossa, costole e arti rotti, fratture di vertebre ecc. evidenze di stress fisico e altre patologie. Le analisi del DNA hanno escluso l’origine ebraica o rom e i gradi di parentela tra gli individui. Questo fatto unito alle evidenze di traumi presenti su quasi tutti i corpi farebbe pensare ad individui che hanno vissuto ai margini della società probabilmente testimoni di una violenza maggiore e condizioni di vita disagiate. Emarginati. 6.3 I SIGNIFICATI: STRATEGIE DELLA MEMORIA Uno dei momenti nodali è il funerale quindi tutti i passaggi precedenti alla deposizione del corpo; è il momento in cui la famiglia e la comunità salutano il defunto ed è quindi la migliore occasione per dimostrare alcuni concetti in pubblico, enfatizzarli, confrontarsi con un'altra famiglia o comunità quindi ha un valore simbolico importante in cui sono in gioco rapporti sociali e di forza. Veniamo ora ai simboli e ai loro significati: per molto tempo l'archeologia medievale è incappata nell'idea che le tombe e i loro corredi siano “lo specchio della vita" e che la preoccupazione fosse quella di rendere la stessa immagine che il defunto aveva in vita ma non era così, semmai, le sepolture forniscono riflessi distorti del passato. Secondo alcuni studiosi, a partire dagli oggetti contenuti nelle tombe sarebbe possibile stabilire l'appartenenza etnica del defunto, oggetti quindi riconducibili per le loro caratteristiche ad una cultura piuttosto che a un'altra. Questo ragionamento, che l'identità etnica sia un fenomeno statico, immutabile è sbagliato perché in realtà è dinamico e in continua evoluzione. Degli oggetti possono essere perché magari il defunto li aveva comprati, erano disponibili sul mercato grazie ad uno sviluppo dei commerci oppure li aveva semplicemente avuti in dono. Gli oggetti originano in determinate culture ma poi entrano nell'uso comune, possono essere scambiati, donati, comprati ecc. Gli studiosi che seguono questa linea ritengono che i corredi servissero soprattutto per sottolineare altri aspetti e non l'etnicità; gli altri aspetti possono essere l'età, il genere, il rango sociale… insomma: il funerale e la sepoltura sarebbero soprattutto una occasione in cui viene enfatizzato il valore sociale dell'individuo. C'è però una terza via: è possibile pensare che attraverso le sepolture dotate di corredi con oggetti di matrice germanica, in un primo momento, si sia voluta esprimere un'appartenenza almeno di alcuni dei defunti al popolo longobardo (Italia longobarda, tra VI e VII secolo). I significati degli oggetti saranno poi cambiati nel corso del tempo con la progressiva osmosi tra popolazioni differenti. Un altro equivoco è che il carattere degli oggetti di corredo ci debba parlare sempre dell'attività principale di quel morto quando era in vita (es. Armi di apparente origine germanica allora era un guerriero longobardo), ma ne siamo sicuri? No. I longobardi furono in Italia per circa 200 anni in cui inizia ben presto un processo di ibridazione con la popolazione locale e in questo contesto fluido gli oggetti entrano nell'uso comune, senza limitazione etniche e anche i riturali funerari subiscono trasformazioni (nel VI secolo: no corredi complessi; VII secolo: “stravaganza funeraria" ovvero corredi ricchi, sia maschili sia femminili; metà VII secolo: le tombe con corredo sono sempre meno numerose e si diffondono corredi “neutri"). Cambia l'idea stessa di cosa voglia dire “essere longobardo" e con essa anche il significato dei corredi. Quindi il cimitero di Castel Trosino non è una “necropoli longobarda" come sempre è stata definita ma è un cimitero misto con una maggioranza di romani (popolazione locale) e alcuni individui germanici e a Collegno dove i defunti che avevano pessime condizioni fisiche che sono sepolti con delle armi non può comunque far pensare che fossero guerrieri. Questo nuovo mondo è un mondo in continuo stato di guerra; essere potenti significava essere liberi e armati e le armi sono un simbolo di potere, di status di uomo libero più che una testimonianza dell'attività di guerriero. In questa società seppellire qualcuno con le armi significa asserire il loro rango elevato, in genere proprietari di terre; di questo ci parlano le necropoli di Castel Trosino e Collegno che dobbiamo chiamare “cimiteri di età longobarda" e non “cimiteri longobardi". E le donne? Tra V e VI secolo, le donne con corredi più ricchi sono quelli in età fertile e qui il concetto è semplice: l'investimento nella tomba ė una sorta di compensazione per una perdita notevole subita dal gruppo familiare, perdita che influisce sulla possibilità di perpetuazione dello stesso. Successivamente questa distinzione viene meno (sepolture per nucleo, per antenato comune, corredi di numero inferiore, standardizzati). I cimiteri sono luoghi della memoria, si vuole che il defunto venga ricordato; sono luoghi del rituale e dell'emozione, sono luoghi dove si incontrano mortalità e temporanea permanenza dei vivi e sono luoghi del potere, potere asserito, sottolineato in modi diversi con cui i gruppi sociali ribadiscono la loro supremazia, le loro rivendicazioni e aspirazioni. Capitolo settimo ARCHEOLOGIA DELLA PRODUZIONE E DEI COMMERCI Il grafico dell'andamento dell'economia medievale è semplice: curva discendente che dal V secolo tocca il suo punto minimo nella prima metà dell'VIII secolo, per poi iniziare una lenta risalita a partire dal 750 ca e avere un decollo nel X secolo. L'inizio dell'VIII si può considerare la fine di un mondo, un crollo di un sistema produttivo e commerciale imperiale. Da lì in poi si riparte sull'onda di uno slancio demografico e una rinnovata spinta nel settore dell'agricoltura; poi un afflusso di ricchezze in metalli preziosi, la nascita di reti commerciali alternative e una rinnovata domanda che stimola i commerci. In questo quadro continuano a lavorare gli artigiani, inizialmente meno numerosi rispetto al passato almeno fino al X secolo. La produzione si trasforma e in alcuni casi rallenta, ma poi decolla nuovamente a partire dall'XI-XII secolo. 7.1 VASAI Ci sono diversi motivi per cui la ceramica viene studiata con molto interesse da parte degli archeologi: -In qualsiasi scavo archeologico si ritrovano resti di oggetti in ceramica anche in grosse quantità; non poteva essere rifusa e riutilizzata a differenza del vetro e per questo si accumulava. Non si decompone. -È usata dal qualsiasi classe sociale. Ciò permette di fare molte considerazioni e ci dà molte informazioni di tipo sociale ed economico riguardo lo standard di vita, alimentazione, gusti estetici oltre che sui commerci, produzioni ecc. -Consente di valutare numericamente alcuni fenomeni attraverso un’analisi quantitativa. La produzione di ceramica medievale: manganese serve per fare il colore bruno mentre la ramina il verde. Vengono utilizzate negli ambienti ecclesiastici. 11) Dopo l’Anno Mille, due forti innovazioni a livello tecnologico: l’ingobbio (presenta un rivestimento di argilla molto fine e tendente al bianco, sotto vetrina piombifera, sulla quale vengono poi incisi i motivi decorativi, graffiti, e si fanno quindi a creare dei motivi) i primi esempi di ceramiche ingobbiate sono le graffite arcaiche, cioè con rivestimento di ingobbio e decorazione graffita, che sono molto più diffuse a nord d’Italia a Savona (graffita arcaica savonese), in Liguria e in Veneto, e qualcuna si troverà anche in Toscana (area tirrenica) anche se lì più diffusa sarà la ceramica smaltata. Altro tipo molto simile è la graffita arcaica padana. Ci sono tipologie diverse, rivestite da ingobbio, con decorazione graffita e invetriatura: tipologia Santa Croce dal nome di una sepoltura in questa chiesa, tipologia S. Bartolo dal nome della chiesa, tipologia spirale-cerchio dalla decorazione e la zeuxippus ware, ceramica importata. La graffita arcaica padana invece comincia a diffondersi nel XIV secolo; il nome arcaico è fuorviante anche se è stata trovata prima di quella di Savona. 12) La seconda innovazione tecnologica riguarda lo smalto, ovvero un rivestimento di vetrina con ossido di stagno, dal caratteristico colore bianco lucido); lo smalto ha una maggiore coprenza rispetto all’ingobbio e le superfici risultano di un bianco brillante; lo smalto è vetrina insieme a ossido di stagno. Esempio: la maiolica (cioè ceramica appunto smaltata) arcaica toscana che troviamo dal XII al XV secolo di cui il primo rinvenimento è stato a Pisa; le decorazioni sono più raffinate e di qualità (nuove tecniche). È probabile che queste produzioni tendano ad imitare le ceramiche importate sia quelle spagnole che tunisine (tranne per la decorazione lungo l’orlo che ritroviamo solo nelle produzioni toscane). La decorazione può essere in verde (ramina), bruna (manganese) e blu (cobalto). Le forme variano, soprattutto delle brocche dove la parte rigonfia si abbassa sempre di più mentre lo smalto diventa meno presente e col tempo le ceramiche risultano infatti meno bianche e i colori più diluiti. Questo tipo di ceramica è stata inizialmente prodotta a Pisa e in Toscana ma poi è diventata la prima ceramica italiana ad essere esportata e la troviamo in Sicilia, Provenza e addirittura alcuni resti a Londra. 13) Altra produzione smaltata in Italia: la ceramica laziale (XIII-XIV secolo), è smaltata e invetriata (produzione ibrida); essa varia da quella toscana nelle forme e nelle decorazioni, infatti nonostante delle similitudini non ha niente a che vedere con l’origine della maiolica arcaica. Altra produzione è la ceramica di Orvieto dove notiamo l’applicazione di elementi in rilievo che la differenziano. 14) La Protomaiolica invece è un altro tipo di ceramica smaltata che viene prodotto soprattutto nel sud Italia e si differenzia nelle decorazioni e non ha un rivestimento esterno in vetrina; presenta solo un rivestimento in smalto o la superficie viene lasciata nuda (a differenza della maiolica arcaica). Protomaiolica brindisina: caratterizzata dal blu (più raro, probabilmente usato per la decorazione di chiese), giallo e bruno, il cui motivo principale è un reticolo dentro un cerchio. La protomaiolica veniva esportata ma non al di fuori dell’Italia; vi è una produzione anche in Puglia, a Lucera (decorazioni più complesse) e in Campania. La protomaiolica è stata trovata anche in Sicilia, a Gela (Gela Ware) ma qui la caratteristica principale è la sua policromia; la decorazione presenta sempre gli stessi colori, i motivi sono vari (specie di occhio, una gallina e un pesce). Le brocche sono rare. 15) La ceramica medievale di XIV-XV secolo segna invece il passaggio dall’età medievale all’età moderna; la sua particolarità è la decorazione a rilievo che si realizza con una pasta composta da vetro e cobalto, materiale molto prezioso quest’ultimo. Nuovo prodotto che si potevano permettere soprattutto le classi sociali aristocratiche. Viene prodotta inizialmente nelle botteghe di Firenze. 16) Ultima produzione che troviamo del XIV secolo è la loza dorada valenciana che viene importata e si trova dappertutto. Ha una mole di produzione enorme; le botteghe riescono quasi a produrre in serie queste ceramiche. Esistono tre stili principali: lo stile malagueño (che ricorda ancora le ceramiche islamiche), il tipo Pula (rinvenimento grosso in Puglia ma il nome non deve confonderci: è sempre una produzione spagnola) e lo stile classico-gotico (si stacca dalla decorazione di reminiscenza islamica; produzione prettamente cristiana con quindi una decorazione creata apposta). La produzione ingobbiata e smaltata sembrava diffusa solo nelle aree urbane, poco dopo il XIII secolo invece la produzione si diffonde anche nei centri minori dei contadi, con attività che assumono dimensioni mai raggiunte prima. Gli artigiani iniziano a stringere rapporti tra loro e si fa strada una nuova figura: l'imprenditore che non prende parte al processo di fabbricazione ma investe del capitale per sostenere l'impresa. Nel basso medioevo il modello della produzione isolata rimane ma la produzione si fa più complessa, la domanda più alta e il mercato più vario e vasto: all'interno delle botteghe ai assiste ad una specializzazione degli artigiani, ognuno dedito a fasi diversi del processo e in alcuni casi si arriva al modello degli agglomerati di officine, sistema basato sulla collaborazione tra varie botteghe produzione standardizzata di alta qualità e quantità e con possibilità di supporto reciproco. Un ultimo cenno dobbiamo farlo per i vasai che producono recipienti in pietra ollare (tipo di pietra simile alla giada anche se più polverosa); la produzione in pietra (rocce metamorfiche) decolla tra IV e V secolo e vanta una lunga vita. Gli artigiani usano il tornio grazie al quale producono bicchieri, pentole, tegami e coperchi. Procedimento lavorativo della ceramica: - estrazione del materiale, raccolta (tre tipi più diffusi: caolino, argilla sabbiosa o refrattaria) - viene ripulita dalle impurità con la fase della stagionatura. Infine, subisce un'ulteriore depurazione per eliminare le residue impurità e soprattutto per affinarla, togliendo le particelle a granulometria più grossolana. Passaggio facoltativo è invece la decantazione (l’unione con materiali più pesanti). Se l’argilla invece risulta troppo plastica talvolta si aggiunge altra argilla cotta macinata, per rendere il prodotto più resistente al calore. - poi si procede con la manipolazione (mescolare molto l’argilla, renderla compatta ed eliminare bolle d’aria). La manipolazione e la successiva foggiatura avvivano in diversi modi tra cui col tornio o a mano libera. - dopodiché il manufatto deve essere essiccato all’aria, ciò consente all'oggetto di perdere l'umidità residua e la sua plasticità. Viene così fissata la forma che si è inteso dargli. - solo dopo l’essiccazione si passa alla cottura che avviene in forni appositi (raggiungono anche 1000-1500 gradi e a volte sono necessarie parecchie ore). Poiché la cottura modifica la struttura del prodotto finale, modulandola si possono ottenere risultati diversi. Va ricordato, infine, che la presenza di ossigeno in camera di combustione determina l'ossidazione delle sostanze minerali. Come risultato si ottiene un prodotto di color rosso ruggine per azione dell'ossigeno (ossidante) sul ferro. Si otterrà, invece, un colore nero scuro per azione del vapore e monossido di carbonio (riducente). - dopo la cottura si procedeva al raffreddamento e poi alla sua eventuale decorazione, decorazione che poteva anche avvenire prima della cottura infatti dopo un certo periodo di essiccazione l'argilla raggiunge lo stadio adatto ad essere incisa e decorata. 7.2 FABBRI, ORAFI E FONDITORI I metalli possono essere: ferrosi, tipo nichel, manganese, cromo, cobalto, ferro e carbonio o non ferrosi tipo oro, argento, rame (che sono anche metalli “nobili” ovvero duttili, resistenti e conduttori di energia), stagno, zinco, piombo. Categorie: metalli legati all’edilizia, metalli da lavoro, metalli per uso domestico, per uso militare o per animali, metalli per ornamento (es. fibbie, spille ecc.) e gioielleria (anelli). Gli oggetti metallici possono appartenere contemporaneamente a più categorie (es. coltelli usati sia in vari mestieri che in casa). Tra i primi studi stilistici sul metallo troviamo quello di Paolo Orsi sui corredi bizantini in Sicilia (1942). Molti oggetti in metallo sono stati trovati anche nelle necropoli longobarde (necropoli di Testona), nei corredi dei defunti e molto spesso essi possono individuarne il sesso (solitamente le armi le troviamo nelle tombe dei maschi mentre i gioielli nelle tombe femminili anche se NON è sempre così: infatti in Svezia è stata trovata la tomba di una donna che presenta un corredo caratterizzato da armi). Oreficeria longobarda: -Fibule a disco, S o arco (I stile animalistico: disposizione degli elementi è asimmetrica e scomposta, gli elementi zoomorfi e talvolta umani sono essenziali ma realistici e i temi geometrici sono regolari; II stile animalistico: è simmetrico e i motivi zoomorfi sono più stilizzati in un intreccio a nastro) -Tecniche per lavorazione oro: lamine a sbalzo, filigrana, granulazione (queste ultime due tecniche usate soprattutto per i gioielli come la tecnica cloisonné che prevede l’applicazione su una lamina in metallo di tante piccole lamine per creare degli spazi riempiti, successivamente, con smalti, vetri o pietre dure) -Agemina: tecnica usata per oggetti come cinture, fibbie in cui si incide il ferro e nei solchi creati si inseriscono filamenti d’argento -Matrice: oggetti con motivi a stampo o incisione Vi è un’osmosi culturale tra longobardi e bizantini; a Roma la Crypta Balbi aveva anche un’officina legata alla produzione metallurgica ed era anche in contatto con un monastero. Infatti, i monasteri erano uno dei principali centri di produzione di metalli ed inoltre sono depositari delle tecniche tradizionali orafe ecc.: si ricorda il monastero di S. Vincenzo al Volturno, che nell’VIII secolo ebbe la massima espansione, fu conquistato dai Franchi e vide anche la creazione di officine vitree, di osso, smalti e ceramiche. In città abbiamo una frammentazione nella produzione sia di vetro che di metallo. Si creano tanti piccoli nuclei che rispondono a varie esigenze. Si svuotano molte aree e le officine si installano in zone una volta molto importanti: un produttivo importante a Roma fu l’Athenaeum di Adriano (VI-VII secolo) in zona Piazza Venezia scavato quando c’erano i lavori per la metro C; sono state trovate delle fornaci e attraverso la loro analisi si è giunti a capire che in epoca Giustinianea divenne una sorta di zecca bizantina a Roma, che serviva di monete l’area Suburbicaria (le diocesi del Lazio). Le zecche lavoravano ovviamente soprattutto le leghe di rame. Le problematiche dello studio: -la fragilità del materiale che si distrugge facilmente e viene trovato di meno rispetto magari ad oggetti in ceramica -il riciclo del materiale che è una pratica molto diffusa -antiquariato: il vetro come bene di lusso  oggetti di prestigio e interesse storico-artistico (sbagliato). -ambiguità e limiti di un approccio solo tipologico perché: la soffiatura (tecnica più diffusa) non produce oggetti sempre regolari e alcune parti diagnostiche come piedi ed orli possono essere uguali in prodotti diversi con cronologie diverse. La disciplina e lo studio dei resti in vetro hanno avuto un impulso solo dagli anni ’80-’90 quando vennero fatte delle ricerche nella Crypta Balbi. LA MATERIA: per il 70% è silice sottoforma di ossido che si trova nella sabbia e ciottoli; il 20% è costituito dal fondente cioè un materiale che permette di abbassare la temperatura di fusione della silice e di conservare il vetro nello stato di viscosità (fase in cui la consistenza permette la lavorazione). Il principale fondente dall’età romana è il natron, che si trova naturalmente in Egitto, e poi anche le ceneri delle piante alòfite che crescono in terreni salini (necessità del fondente di essere fonte di sodio). Il 10% del vetro invece è costituito dallo stabilizzante che rende il vetro più resistente: il principale stabilizzante è il calcio sottoforma di ossido (CaO). CICLO PRODUTTIVO: 1) lavorazione della materia prima nelle officine primarie (estrazione minerale grezzo, selezione e frantumazione, lavaggio, preparazione e cottura della fritta con l’aggiunta dei correttivi chimici e stabilizzanti + raffreddamento. 2) Fusione della fritta (sempre con aggiunta di altre componenti come pigmenti, fondenti o stabilizzanti) nelle officine secondarie. Raffreddamento e il prodotto è finito. Le officine primarie era quindi il luogo in cui si faceva la fritta che poteva essere fatta a pezzi e venduta; mentre le officine secondarie presentavano un forno da vetro con camera di raffreddamento dove la fritta veniva fusa e corretta con l’aggiunta di altre componenti tra cui i coloranti o decoloranti. I coloranti consistono in ossidi (es. rame, cobalto) che servono per far cambiare il colore degli ossidi di ferro del vetro, il cui colore naturale è il verde mentre i decoloranti, tra cui ossido di manganese, servono per decolorare. Importante è anche l’atmosfera in cui viene lavorato il vetro che può essere ossidante, cioè ricca di ossigeno, o riducente (povera di ossigeno). Una pratica molto diffusa sin dall’età Flavia era quella dell’utilizzo del vetro riciclato che oltre ad aumentare la massa vetrosa, diminuiva anche la temperatura di fusione. Si testimoniano veri e propri commerci di rottami di vetro: una testimonianza archeologia è stata il ritrovamento del relitto di Serce (serse) Limani. Il commercio di vetro era quindi molto diffuso e si commerciavano, appunto, rottami, semilavorati, scarti (scarti diversi a seconda della fase di lavorazione: tra gli scarti troviamo anche provini, colletti, gocce e masse), sabbia e fondenti ma anche prodotti finiti. Venezia durante l’occupazione di Tiro tra 1124-1191 importa sia rottami che semilavorati e ne vieta l’esportazione altrove. Le forme degli oggetti in vetro cambiano nel corso dei secoli e può essere un importante indicatore cronologico come anche il colore perché anch’esso varia nel tempo (ad. esempio tra V e VIII secolo molto diffuso è il vetro azzurro). Una fornace per il vetro è stata trovata anche nella Crypta Balbi ed è datata tra fine V e inizio VI secolo. Tra V e VI secolo le forme di oggetti in vetro molto diffuse sono: la coppa con piede unico, forma tipica romana (che sparisce nel VI), le lampade, il calice con piede a disco e stelo piccolo (dal VI secolo i calici sono decorati anche con filamenti bianchi) e corni. Tra IX e X secolo ci sono delle novità: vi è una crisi generale che influenza anche la produzione di vetro comportandone una riorganizzazione. Ci si appoggia di più sul riciclo, paesi diversi ora comportano storie diverse e perciò diverse interpretazioni, vi è un calo dei commerci, esigenze e interessi geopolitici diversi e nuove rotte. Vengono utilizzati nuovi e differenti tipi di vetro e tecniche pratiche e ci sono differenziazioni anche nella distribuzione e diffusione del vetro. Quindi fino all’VIII secolo vi era una situazione abbastanza omogenea che cambia però dal IX. Le officine ora si occupano dell’intero ciclo produttivo e si spostano nei boschi dove è più facile reperire combustibile. Di questi secoli si trova anche poco vetro e la maggior parte di vasellame che viene ritrovato è di commissione ecclesiastica; tracce di produzione attestate nell’Altomedioevo: -a Torcello (prod. connessa alla Cattedrale di S. Maria Assunta) -S. Vincenzo al Volturno (Basilica Maggiore) -Crypta Balbi (S. Lorenzo in Pallacinis); a Roma dei resti di vetro di questo periodo sono anche nella domus del Foro di Nerva. Contemporaneamente nel mondo islamico (e in Sicilia) troviamo vasellame di forme diverse rispetto a quelle che si trovato a Roma ma proseguono la tradizione romana. Nel XIII ritroviamo quell’omogeneità passata sia nelle forme che nelle produzioni. Vengono ritrovati un po' ovunque i bicchieri a bugne cioè bicchieri sui quali venivano applicate, a caldo, gocce e filamenti e oltre alle lampade a stelo cavo poi cominceranno a diffondersi le lampade “da moschea” che potevano essere smaltate o non. Venivano appese e si trovano non solo nelle mosche ma anche nelle chiese cristiane. Nel XIV secolo il bicchiere a bugne sarà sostituito dal bicchiere gambassino, una sorta di produzione “in serie” perché è molto facile e veloce realizzarlo (con la semplice soffiatura a matrice della fritta fusa) e soprattutto costava pochissimo. Poteva avere motivi decorativi geometrici. L’officina di Germagnana Gambassi era l’officina medievale di questo tipo di bicchiere per eccellenza e si trovava presso un bosco. Altra forma che troviamo spesso nel XIV secolo è la bottiglia col collo lungo. In questo periodo si produce molto vasellame per pratiche mediche come alambicchi, orinali ecc. ALTRI USI DEL VETRO: -Vetro per decorazione architettonica: opus sectile in vetro e tessere vitree per mosaico (si smontano i mosaici antichi per riciclare le tessere). -Vetro da finestra: vetro traslucido. Tecnica a lastra o tecnica del cilindro e della corona (dal III secolo), -Vetro per ornamento: collane, anelli (imitazione col vetro delle pietre dure) soprattutto di tradizione longobarda e bizantina. Anello del IX di Birka (Svezia) con inciso il nome di Allah. Neanche la produzione in vetro subisce arresti con la fine del mondo antico. Sono altri i fenomeni da segnalare: una “polverizzazione" anche qui delle attività artigianali; nella tarda Antichità si diffondono botteghe piccole che soddisfano le esigenze di singoli quartieri e nuclei insediativi ridotti. Questo lo si vede a Roma dove sono stati trovati impianti di piccole dimensioni in varie zone della città, spesso dentro monumenti antichi abbandonati: la Cripta Balbo…e la stessa situazione anche a Napoli, Firenze, Benevento, Classe ecc. Inoltre, la produzione si semplifica; a partire dalla fine del V e gli inizi del VI secolo non si produce più una notevole varietà di recipienti tra cui bicchieri, coppe e piatti ma diventano più diffuse calici, ampolle e le lampade a stelo tubolare (che si affiancano alle lucerne in ceramica). La situazione cambia nuovamente dall'XI secolo, quando la produzione si intensifica; iniziano a comparire le bottiglie e i bicchieri che sempre più spesso presentano decorazioni applicate (bugne). E ancora, la novità del pieno medioevo è la comparsa della soffiatura a stampo (XIII e forse già XII secolo): il vetro viene soffiato dentro una matrice, il che permette una produzione di tipo seriale di recipienti con decorazioni impresse a rilievo. Sono prodotti standard che invadono il mercato a grandi quantità (origine forse in Toscana dove vengono fabbricati bicchieri di questo tipo detto gambasini, dal villaggio di Gambassi). I vetrai producono però anche elementi per gioielli, vetri, vetrate per finestre, tessere musive (articolazione in più produzioni e su livelli differenti). Sono stati rinvenuti vari impianti, oltre a quelli tardoantichi; si va dell'officina di Torcello (origini del mito della produzione veneziana  Murano) attiva tra VII e VIII secolo; alle fornaci di San Vincenzo al Volturno (IX secolo, Carolingi); a quelle di Pisa ecc. Vi erano maestranze sia stabili che itineranti, nelle aree urbane a anche in quelle rurali; alcuni vetrai viaggiavano spesso e i più intraprendenti sembrano quelli toscani. FENOMENI IN COMUNE TRA VETRO E METALLI: - Riciclo e riuso del materiale - L’ossidazione - Problematiche legate allo studio (categorizzazione ecc.) - Polverizzazione delle attività. Dal V secolo si diffondono botteghe piccole, che in città soddisfano le esigenze dei piccoli quartieri o nuclei insediativi più o meno ridotti - Processo di osmosi tra longobardi e bizantini - Difficoltà di approvvigionamento e riorganizzazione dal X secolo: nuovo fondente per il vetro, officine che si occupano di tutto il processo produttivo e nascita dei castelli minerari. 7.4 FALEGNAMI E INTAGLIATORI Per il suo essere un materiale organico, sopravvive raramente nei depositi e per gli archeologi è un resto molto importante perché soprattutto nel Medioevo era usato tantissimo. Le nostre informazioni sugli oggetti in legno e la loro produzione si basano quindi sulle fonti scritte e su quei pochi resti rinvenuti. Sono i depositi di natura anaerobica, cioè terreni molto umidi o sommersi che hanno permesso la sopravvivenza dei manufatti in legno; nessuna sorpresa quindi se la maggior parte di essi sono stati rinvenuti nella pianura padana (anche se ci sono eccezioni) da cui deriva il 90% di quei pochi resti lignei che abbiamo. Durante l'intero medioevo il legno viene usato in vari modi: in primis nella fabbricazione di stoviglie, oggetti per la mensa (es. posate), mastelli, ciotole, cucchiai ma questo filone continua sino al basso medioevo di fine XIII-primo XIV secolo  ad La calce la calce (mescolata con acqua e sabbia) produce la malta uno dei principali tipi di legante per murature. La calce si produce grazie alla cottura della pietra o del marmo, in apposite fornaci. Gli artigiani hanno lasciato numerose tracce del loro operato. Ecco degli esempi: la calcara (fornace da calce) della Cripta di Balbo a Roma di VIII-IX secolo ed è una sorta di manifesto: si trova in un monumento romano dismesso dove troviamo frammenti di sculture, colonne ecc. romane ( rimpiego) riutilizzate per risparmiare e costruire nuovi edifici. Il secondo esempio sono alcuni castelli della Toscana e Liguria dove sono stati trovati macchinari per il mescolamento della malta. È una testimonianza molto importante che conferma la produzione di questo materiale in loco, nel cantiere da costruzione. Quando i castelli abbandonano la loro struttura iniziale in legno per essere costruiti in pietra (quando si affermano le signorie) e cambia l'idea del castello è allora che c'è bisogno di questa produzione e maestranze. Tracce sono state trovate anche in altri castelli ma anche nei monasteri come a San Vincenzo al Volturno e San Paolo a Roma: IX e XI secolo. Dal XII secolo i miscelatori non vengono più usati perché la signoria è consolidata e quindi può mobilitare la manodopera locale in quantità notevole (senza maestranze lontane né questo tipo di macchinari). Il legno: il legno era molto usato in architettura; nelle fonti scritte si trovano molte testimonianze di case costruite interamente o parzialmente in legno, come anche le chiese e i castelli del primo incastellamento (X-XI secolo). Dal XII secolo si assiste ad una sostituzione del legno con la pietra. In nord Europa il legno continuerà ad essere molto utilizzato. Inoltre, veniva usato in modo intensivo anche per i grandi monumenti, soprattutto per le coperture e le tracce più significative che gli archeologi trovano nelle murature sono quelle per le impalcature. Dalle tracce negative (buche da e di palo ad esempio) si può capire l'assetto e le dinamiche del cantiere edilizio. Il metallo: anche i fabbri o altri artigiani del metallo producono elementi per l'industria edilizia ma questi oggetti sono difficilmente rintracciabili perché rifusi in età moderna (come i rinforzi in ferro delle murature). Ma in alcuni casi hanno lasciato delle tracce, come le tegole in piombo o stagno (es. Ravenna tegola in piombo con il bollo del vescovo Gerardo, XII secolo che proviene dal tetto della cattedrale, raro esempio). I mattoni: l'industria della produzione laterizia è molto attiva in età romana, con il suo ultimo exploit durante l'epoca di Teoderico che finanzia la produzione per i suoi progetti di restauro dei monumenti antichi d'Italia. E dopo? Dopo è quasi esclusivamente una faccenda di riuso: gli edifici antichi dismessi sono smontati e ci si impadronisce dei loro mattoni. Questo è l'andamento generale, ma è segnalata anche una ridotta e circoscritta produzione tra VI e XI. Questa produzione è testimoniata soprattutto grazie ai bolli sui laterizi rinvenuti duranti gli scavi e restauri: era un’industria poco sviluppata o magari attivata solo per la costruzione di un monumento. I committenti che lasciano i loro nomi sui laterizi sono soprattutto papi, vescovi e re; si trovano un po' ovunque e a volte si tratta di attività importanti dal punto di vista quantitativo come i “mattoni giulianei" di Ravenna usati per un ambizioso programma edilizio di fine VI secolo (costr. di San Vitale, S. Apollinare in Classe ecc.). Dal XII secolo le cose cambiano: inizia un'attività su larga scala, controllata soprattutto dell'autorità comunale che stabiliscono le misure di ogni tipologia d’oggetto. Gli artigiani danno vita a produzioni diversificate che faranno diventare i mattoni un materiale pregiato: ad es. inizia la fabbricazione di elementi scolpiti, incisi o con motivi impressi. Le fornaci si trovano soprattutto nelle zone periferiche ma ci sono casi di singoli edifici in cui gli impianti si possono trovare dentro la costruzione. Col passare del tempo le fornaci per laterizi tenderanno a diffondersi notevolmente fuori dalle mura, nelle aree rurali per soddisfare le esigenze di una società che riteneva questo materiale un elemento fondamentale dell'industria edilizia. 7.7 I COMMERCI Mercatores, negociatores… così sono chiamati i mercanti dell'epoca, sono protagonisti di un commercio che non smette mai di esistere ma varia. Non tutti i commerci sono uguali; esiste una differenza netta tra commercio di beni di lusso e uno dedicato ai beni d'uso comune (cibo ecc.). Per il primo tipo, negli scavi si riesce a trovare poco diversamente da come succede per l'altro tipo di commercio. A) La tarda Antichità: il sistema-mondo: in questo periodo la penisola è inserita nel grande circuito commerciale del Mediterraneo. È il “sistema-mondo" (ereditato dall’età romana) che gioca un ruolo fondamentale grazie anche all'annona (istituzione che garantisce approvvigionamento delle capitali ed esercito). Il mare è la principale via di comunicazione, enormi flussi si muovono dai porti africani e orientali e solcano il Mediterraneo; è una rete di cui l'Italia e Roma sono il fulcro fino al IV secolo almeno, con Costantino il sistema diventa ancora più complesso. Le importazioni sono una costante dai IV fino al VII secolo e sono ben diversificate; le città portuali si sviluppano o se ne creano addirittura di nuove e i porti si attrezzano a ricevere enormi quantità di merci, come nel caso di Classe dove file di magazzini occupano i lati di un porto-canale, edifici inseriti nella tradizione costruttiva dei magazzini, quella di Ostia: edifici allungati, a due piani, con portico e spazi per stipare i prodotti. Dai porti le merci vengono poi trasferite in città (e non solo, le merci raggiungono anche le zone rurali) e distribuite. Ma parallelamente ci sono e persistono anche le produzioni locali (es. le ceramiche; continuano ad essere prodotte le sigillate). Ma per alcune merci esistono altri tipi di mercato: è il caso dei recipienti in pietra ollare, pietra lavorata da artigiani specializzati, che viene trasportata attraverso le vie fluviali (soprattutto zona padana ma arriverà dappertutto). Pentole, tegami ecc. riversati sul mercato creando dal V secolo un vasto bacino, approvvigionato attraverso le vie d'acqua, fiumi e mari. Gode di una vasta diffusione su tutta la penisola. Ma nella tarda Antichità non circolano solo prodotti di prima necessità, ma anche prodotti di lusso di cui l'Italia sicuramente è uno dei più importanti importatori: basti pensare ai dittici in avorio, spesso prodotti ad Alessandria d'Egitto, la cattedra di Massimiano probabilmente fabbricata a Costantinopoli ecc. Ma bisogna ritornare a parlare dell'officina della Cripta di Balbo la cui scoperta ha portato alla luce due fenomeni: il fatto che l'officina, di VII secolo, produca molti beni di lusso, fa pensare che la loro produzione non diminuisce nemmeno nei momenti di crisi perché ancora esiste un’aristocrazia la cui esigenze devono essere soddisfatte (le élite sentono ancora il bisogno di affermare il loro potere) e inoltre sono stati ritrovati alcuni stampi, adoperati anche per gli oggetti rinvenuti nelle necropoli di Castel Trosino e Nocera Umbra (territori longobardi) che dimostra come i flussi commerciali non si arrestano davanti a barriere politico-amministrative, frontiere che diventano sempre più permeabili. Comunque, il sistema-mondo della tarda Antichità si sfalderà sempre più fino a scomparire nell'VIII secolo. B) L’alto Medioevo: frammentazione e ripartenza: non c'è dubbio: vi è un cambiamento radicale (a guardare le ceramiche  in particolare le anfore ovvero recipienti di terracotta che servivano per il trasporto di prodotti alimentari liquidi o semiliquidi come olio, vino, sale, conserve ecc., ci permettono di ricostruire l’andamento dei mercati. Ceramiche e anfore rinvenute in Italia come indicatore di produzione e scambi fra V e X secolo). Circolano molte meno merci tra VIII e X secolo, e spesso in aree ben più circoscritte, seppur il commercio non si ferma mai. La situazione a partire dall’VIII secolo cambia notevolmente, anche sotto l’aspetto dei commerci. Ma siamo ben lontani dalla semplicità, adesso i centri di produzione si moltiplicano così come i mercati nella sola Italia settentrionale. Alcune zone grazie alla presenza di potenti istituzioni (come l'amministrazione ecclesiastica a Roma) sono più attive di altre sul mercato. In questo periodo il papato subisce un brutto colpo, nel 726 l’imperatore bizantino Leone III Isaurico confisca la Sicilia e la Chiesa di Roma reagisce con prontezza mettendo in piedi una nuova rete commerciale che trova nella Calabria il suo punto di forza (spostandosi anche verso la Campania, Napoli). Tra VIII e X secolo la rete che fa perno su Roma include alcuni territori bizantini come Pisa, Siena e Lucca. L'altra area attiva sul mercato è quella dei bizantini i cui possedimenti in Italia sono concentrati sulle coste ed hanno quindi sbocchi sul mare. Le fonti scritte permettono di individuare almeno 3 macroaree sul fronte degli scambi: la fascia dell'Alto Adriatico (Pentapoli e Istria), i territori del Centro (Lazio e Sardegna) Sicilia, Calabria e Campania (con Amalfi, Gaeta e Napoli) e la Puglia e tutte zone che mantengono rapporti con l'Oriente (Adriatico mare molto in movimento e spesso solcato). Le reti commerciali sono più corte, vengono esportati e importanti meno prodotti, la produzione di sigillate finisce, le anfore hanno forme diverse tra loro, ora vengono prodotte localmente e prende piede soprattutto l’anfora globulare, prodotto più che altro pugliese e campano che si allinea con i contenitori orientali che arrivano in Italia dall’area egea, solcando il mare. Esse diventano più piccole perché devono contenere di meno e stare in barche più piccole ecc., inoltre, hanno forme abbastanza standardizzate e diffusissime; l’anfora globulare, per la sua forma era più facile da trasportare e fabbricare: cambia completamente il panorama. Esistono poi sostanzialmente due tipi di anfore quelle più grandi e quelle più piccole: le prime sono usate per i commerci via mare, le seconde sono usate per i trasporti nell’entroterra; quindi grandezze diverse a seconda delle direzioni commerciali. Stavolta è poi un documento scritto che ci ricorda che però le merci non vengono bloccate dalle frontiere: un famoso patto (Capitolare di Comacchio) siglato nel 715 da Liutprando e i mercanti di un piccolo centro della costa adriatica vicino Ravenna in cui si dice che i mercanti bizantini di quel centro possono far giungere le loro merci nei più grandi scali della Langobardia Maior perché evidentemente c'è richiesta di specifici prodotti. Comacchio, grazie agli scavi, siamo riusciti a capire che fosse coinvolta tra VIII e X secolo in un traffico ampio con derrate che potevano provenire dall'Oriente, Grecia (Egeo), Turchia ecc. (es. Vino anfore globulari). Ceramica a pasta chiara e anfore globulari caratterizzano il panorama del periodo bizantino e carolingio in quest’area del delta del Po. Importante però è stato il probabile rinvenimento del porto altomedievale, una serie di infrastrutture in legno accanto a dei magazzini, sempre in legno (sarebbe il primo porto costruito nell'Alto medioevo). Comacchio eclisserà con lo sviluppo di Venezia di cui però non rimangono tracce archeologiche di quel periodo. La crescita di Venezia sembra legata ai beni di prestigio, di lusso (che continuano ad essere prodotti nell'Alto Medioevo seppur con una domanda più ristretta) a lunga distanza che dall'Oriente andavano all'élite aristocratica franca (fortuna di Venezia legata più ai franchi che ai bizantini). Nel Meridione abbiamo il Pactum Sicardi, analogo a quello tra Longobardi e Comacchiesi, firmato nell'836 tra il principe di Benevento Sicardo e i Napoletani e sigla una certa attività “senza frontiere” anche per il Sud. Nell'VIII secolo gli Amalfitani commerciano molto con la Tunisia degli Arabi, i Campani giostrano lungo le coste del Mediterraneo operando tra bizantini e arabi (anche Gaeta). Purtroppo, l'archeologia di queste due città ci ha restituito poco ancora: a Napoli sono stati trovati dei magazzini e delle anfore di varie forme e dimensioni (si pensa ad un mercato regionale piuttosto che internazionale). Si parla anche di un commercio con le zone dell’Egeo, perché sono state trovate anfore tipiche egee, che inizialmente veniva considerato più interessato alla zona adriatica, della Puglia mentre delle fonti archeologiche hanno visto che prodotti egei arrivassero anche sulla costa tirrenica. In questo assetto un ruolo importante lo ebbero i monasteri sicuramente, presenti sui mercati per acquisti e vendita dei beni prodotti delle loro proprietà fondiarie (avevano anche delle botteghe