Scarica Riassunto completo di "Elogio della follia" di Erasmo + cenni biografici dell'autore e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Antropologia Filosofica solo su Docsity! ERASMO DA ROTTERDAM - BIOGRAFIA Nacque nel 1466 (o 1469) a Rotterdam, Olanda; compì i suoi studi in ambito ecclesiastico, studiò i classici e compose un testo “anti barbari” contro i conservatori che volevano impedire lo studio dei classici. Uomo di cultura, studioso. Erasmo viaggiò moltissimo a Parigi, in Inghilterra, in Italia, fu una figura legata in generale all’Europa. A Parigi continua la sua formazione nel 1495, ma in quegli anni non si trovò bene. Strinse delle relazioni con gli umanisti dell’epoca; anche nel regno unito troverà umanisti (come Thomas More) di formazione platonica e avrà da loro molti stimoli ad approfondire i suoi studi; in Italia va nel 1506 per accompagnare due giovani aristocratici inglesi come precettore (questo periodo gli servì per entrare a contatto diretto con la chiesa e nell’Elogio della follia ne criticherà molti aspetti quali la vanità e la ricchezza, il fatto che l’etica cristiana non viene davvero coltivata dagli uomini di chiesa molto più concentrati sull’esteriorità: la chiesa dovrebbe tornare al vero spirito di Cristo). Diventa noto per le sue opere, in particolare per una raccolta di “Adagia” commentati, pubblicata già nel 1500. Stampata anche in Italia a Venezia nel 1508 una versione più ampia della precedente. Lascerà l’Italia nel 1509 dopo aver assistito all’ingresso di papa Giulio II della Rovere come Papa. L’elogio della follia gli venne in mente mentre era in viaggio a cavallo dall’Italia all’Inghilterra. L’ultima fase della vita di Erasmo è molto drammatica: nel 1517 Lutero interviene con le sue tesi di critica della Chiesa suscitando un grande movimento all’interno del mondo religioso del tempo. Erasmo vene da un alto coinvolto come difensore della chiesa contro Lutero, dall’altro lato Lutero vedeva in Erasmo un alleato poiché anche lui aveva criticato la chiesa del tempo: sembra che Erasmo non abbia alla fine parteggiato in modo deciso alla battaglia contro Lutero sebbene difenderà la chiesa. Si rifugia in svizzera dove scriverà le sue ultime opere, viene nominato cardinale ma si rifiuta e morirà lì nel 1537. Fu definito “l’uomo di tutte le stagioni” per sottolineare la sua grande versatilità (caratteristica che apparteneva anche a Moro) L’elogio della follia è sicuramente la sua opera più conosciuta ed ebbe molto successo nel tempo. La prima edizione viene stampata a Parigi nel 1511 o nel 1512, sebbene egli l’abbia composta in Inghilterra quindi non ha potuto controllarla. Venne poi ristampata con commento. L’opera è stata interpretata in tanti modi diversi: Garin ritiene che l’opera non dovrebbe essere considerata un unicum nell’opera di Erasmo ma va collegata agli adagia, al manuale del buon cristiano, a quello che dice parlando del buon re: opera che va inserito nel contesto del pensiero di Erasmo. -Biografia di Erasmo fatta da Stefan Zweig: Erasmo> simbolo dell’umanesimo europeo, promotore di ideali umanistici ripresi poi nell’illuminismo, arrivano nell’800. Il suo grande avversario è Lutero, figura molto diversa da lui: è una forza che si introduce nella storia europea con una violenza tale da scardinare i suoi punti di riferimento, ha una prosa sanguigna, violenta e aggressiva molto diversa da quella di Erasmo. Erasmo si sente un cittadino europeo invece Lutero è localizzato in Germania e resterà quasi sempre lì. Nel suo ultimo capitolo, che si chiama “l’eredità di Erasmo”, vengono paragonate le figure di Erasmo e di Machiavelli (quando il primo muore il secondo pubblica “il principe”) e le loro diverse concezioni politiche: una politica rivolta all’etica, da parte di Erasmo, e una politica autonoma dall’etica di Machiavelli. L’eredità di Erasmo è l’ideale della speranza di pace e l’aver aperto la strada letteraria all’umanismo che giungerà fino all’800 e ‘900 ELOGIO DELLA FOLLIA A parlare in modo libero di sé è la follia stessa e si presenta nella sua attività senza però mai autodefinirsi (come una scena teatrale): la follia è oltre la filosofia e ciò che è oltre la filosofia non può definirsi concettualmente se non attraverso immagini (Platone). DEDICA DI ERASMO A TOMMASO MORO: nella dedica iniziale Erasmo spiega che l’idea di scrivere un elogio della follia gli è venuta quando era in viaggio verso l’Inghilterra e sottolinea il legame tra il nome del suo amico e il termine follia (in greco, “morìa”) sebbene la figura di Moro sia l’esempio della saggezza e di tutto ciò che c’è di lontano dalla follia. Erasmo si appella però a quella capacità di Moro di comprendere la condotta degli insipienti, gente del volgo non sapiente, a cui parlava secondo il loro proprio modo (“puoi trattare familiarmente con uomini di ogni genere”, pag. 4): nella sua sapienza c’è un rapporto con l’insipienza, la sua è una ragione che sa dialogare anche con quello che non lo è, con quegli aspetti che sembrano difficilmente accettabili da un saggio, in grado di tener conto dell’esperienza e di accoglierla, saggezza non astratta ma che si misura con l’esperienza (atteggiamento di apertura). In Moro c’era qualcosa che ad Erasmo ricordava il saper unire la saggezza con la follia, viene paragonato a Democrito, il filosofo ridente: dice Erasmo che a Moro piacciono gli scherzi, il gioco e le risate ed Erasmo è fiducioso che lui possa apprezzare questo suo “esercizio retorico” e trovarlo piacevole. Sembra che nessuno abbia mai pensato di elogiare la follia, sebbene gli antichi abbiano già trattato il genere (Omero, Ovidio, l’apoteosi di una zucca di Seneca, l’asino di Apuleio): ci penserà lui ma presenta da subito la sua come un’opera che ha un suo contenuto profondo, non è un divertimento ma una cosa seria su cui riflettere nonostante il tono divertente: (“trattare argomenti leggeri ma in modo da dare l’impressione di non avere affatto scherzato”). Inoltre specifica che non farà i nomi delle persone di cui pure parlerà, perché il suo intento è quello di denunciarne i vizi in generale: “se dunque ci sarà qualcuno che si lamenterà di essere offeso, sarà segno di cattiva coscienza o per lo meno di paura”. Chiarisce che la follia di cui parla non è qualcosa di scellerato, di crudele o violento, non è una follia oscura che fa uscire di senno che anzi lui condanna e certo la ragione non può dialogare con questa, ma una follia diversa. PAR I Parla la follia: sappiamo che è vestita in modo strano, che potrebbe essere tanto serio quanto buffo, tanto come un retore quanto come un pagliaccio. FOLLIA COME DIMENTICANZA: quando fa ingresso in scena chi la vede inizia a ridere (questione dell’ebrezza): viene subito presentata come ciò che rallegra facendo dimenticare le cose negative che rattristano (tematica che ritorna: follia che si lega a quella dimenticanza del negativo necessaria per intraprendere qualcosa di nuovo e positivo. Anche nel generare sembra intervenire un momento di follia, che è dimenticanza delle cose brutte del mondo). La follia è accompagnata da delle ninfe una delle quali si chiama Lete, appunto dimenticanza. Il discorso viene costruito in modo giocoso o libero (“discorso estemporaneo e non elaborato, ma tanto più vero”) a volte irruento senza connessioni logiche, è la mente che si muove tra un’idea e l’altra. PAR II Annuncia che impersonificherà il ruolo di un sofista, di quelli che celebravano gli eroi con elogi ed encomi: lei elogerà sé stessa, trovando più modesto elogiarsi da soli piuttosto che farsi elogiare da poeti o retori. PAR III In realtà sottolinea anche come siano ingrati gli uomini che verso di lei nutrono indifferenza e non ne hanno mai parlato. PAR IV Dice subito che non definirà la sua essenza e non si analizzerà definendosi, perché è insensato porre dei limiti a qualcosa che è sconfinato: “sono come mi vedete, quell’autentica dispensatrice di beni che i Latini chiamano Stultitia e i Greci Morìa” (PAR V). PAR VI-IX Parla delle sue “origine, educazione e compagne”: nacque dal padre Pluto, dio della ricchezza, che la generò dalla ninfa Neotete, la Giovinezza, in un amplesso d’amore nelle isole Fortunate tra le delizie. Ad allattarla sono state le ninfe Mete L’Ebbrezza e Apedia l’Ignoranza e altre sono state sua amiche. PAR X- XV Dopo questa introduzione la Follia afferma di essere utile sia agli dei che agli uomini e che in generale tutto ciò che di buono dà la vita viene da lei, perché è alla mancanza di senno e all’oblio che si devono la vita stessa. È lei che dà ai bambini grazia e spensieratezza, agli adolescenti la felicità e alla vecchiaia gravosa la possibilità di dimenticare gli affanni e tornare allegri fanciulli bevendo alla fonte della sua ninfa Lete. Allo stesso modo è lei che garantisce la grandezza e lo splendore degli Dei (Cupido è sempre fanciullo grazie alla sua leggerezza e mancanza di