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Riassunto completo sulla storia degli ebrei nell'Italia moderna, Sbobinature di Storia Moderna

Questo lavoro integra le informazioni contenute nella monografia "Storia degli ebrei nell'Italia moderna. Dal Rinascimento alla Restaurazione" con le lezioni del professore.

Tipologia: Sbobinature

2020/2021

In vendita dal 21/02/2023

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Scarica Riassunto completo sulla storia degli ebrei nell'Italia moderna e più Sbobinature in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! [ebrei sefarditi = provenienti dalla penisola iberica (Spagna e Portogallo); ebrei askenaziti = provenienti dall’Europa centrale (Francia e Germania); ebrei levantini = provenienti dall’Impero ottomano; ebrei italiani = residenti nella penisola italiana da molto tempo; marrani = ebrei che si sono convertiti al cristianesimo per convenienza e che professano in segreto il giudaismo; apostati = marrani che, arrivati in un luogo in cui vengono concesse libertà, tornano all’ebraismo] INTRODUZIONE Le 3 fasi del complesso rapporto tra il potere politico e la presenza ebraica sono: 1°) i tentativi di integrazione→ durante il rinascimento. 2°) l’età dei ghetti→ dal 1555 all’Unità d’Italia. 3°) i tentativi di emancipazione→ dall’arrivo di Napoleone in Italia con la campagna d’Italia all’Unità d’Italia. In questo arco di tempo il tema della presenza ebraica divenne simbolica nelle riflessioni politiche perché da un lato c’è chi difendeva l’idea di libertà e dall’altro lato c’è chi sosteneva il mantenimento dell’ordine attraverso la continua ghettizzazione degli ebrei. LA DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA La presenza degli ebrei nella penisola italiana fu ininterrotta per oltre 22 secoli. Tra ‘300 e ‘500, nell’Italia centro-settentrionale la popolazione ebraica aumentò rapidamente perché molti ebrei furono costretti ad emigrare da: - Europa centrale→ Francia, Provenza e Germania espulsero gli ebrei a partire dal ‘300. - penisola iberica→ prima Spagna e poi Portogallo espulsero gli ebrei a partire dal 1492. - Sud Italia→ Regno di Sicilia e Regno di Napoli espulsero gli ebrei perché erano passati sotto il dominio spagnolo. Gli ebrei che emigravano da questi territori non si spostavano solo verso l’Italia. Spesso il loro obiettivo principale era quello di raggiungere l’Impero ottomano, e in particolare Costantinopoli, perché qui il sultano garantiva una libertà e tolleranza che altrove non era concessa. Le occupazioni degli ebrei erano: - l’attività feneratizia (prestito su pegno/prestito a usura)→ era la loro principale attività di cui avevano il monopolio perché da un lato essa non poteva essere svolta dai cristiani in quanto il suo esercizio era vietato dalla chiesa e dall’altro lato essa era molto richiesta nelle città per favorire la crescita dell’economia locale. Da metà ‘400, molte autorità pubbliche affiancarono nelle città in cui erano presenti i banchi ebraici anche una concorrenza denominata “Monte di pietà” (uffici pubblici senza scopo di lucro che prestavano piccole/medie somme di denaro ai cittadini privati) che aveva una chiara funzione antiebraica per impedire agli ebrei di guadagnare prestando denaro ai cittadini. - l’agricoltura→ molti erano proprietari terrieri. - il commercio→ alcuni mercanti ebrei avevano enormi patrimoni e controllavano grandi traffici internazionali. - la medicina→ altro settore in cui gli ebrei eccellevano (es. c’erano papi antiebraici che si facevano curare solo dagli ebrei perché li consideravano i più bravi di tutti). Queste attività venivano regolamentate e tutelate attraverso la “condotta”, un contratto che riconosceva alcuni privilegi agli ebrei tra cui: - il diritto di residenza temporanea→ prevedeva la possibilità di risiedere in un determinato luogo per l’arco di tempo in cui l’ebreo aveva ricevuto il permesso di praticare l’attività feneratizia. - la possibilità di praticare il proprio credo religioso→ nelle sinagoghe. - la possibilità di essere processati da tribunali statali con ampie garanzie giuridiche→ anzichè dai tribunali dell’Inquisizione romana. - la possibilità di unirsi in gruppi corporativi, detti “università”. - il diritto di spostarsi da un luogo all’altro per svolgere l’attività economica→ questo era di particolare importanza per gli ebrei perché rappresentava per loro un grande vantaggio nel caso in cui il territorio in cui risiedevano introducesse un atteggiamento non favorevole nei loro confronti. Nonostante questi privilegi, gli stati mantenevano pur sempre un atteggiamento di discriminazione nei confronti degli ebrei attraverso: - tassazioni straordinarie. - l’imposizione della conversione al cristianesimo→ es. Case dei catecumeni e battesimi forzati, in quanto la conversione del popolo ebraico era considerata necessaria e da incoraggiare in qualsiasi modo per la salvezza di tutta l’umanità. - l’impossibilità di unirsi in matrimoni misti con i cristiani. - la proibizione del proselitismo della religione ebraica. - l’esclusione dalle cariche pubbliche. - l’istituzione di quartieri separati→ allo scopo di separare fisicamente gli ebrei dalla comunità cristiana per evitare che essa venisse contaminata dalla presenza ebraica. - il segno distintivo→ per essere identificati e facilmente riconoscibili. - la proibizione ai medici ebrei di curare i pazienti cristiani→ spesso però erano gli stessi cristiani a voler essere curati dai medici ebrei perché li consideravano molto abili in materia. Quindi se da un lato si cercava di favorire e consentire agli ebrei lo svolgimento delle loro attività economiche che erano necessarie per le città, dall’altro lato si cercava di impedire la loro completa integrazione rendendoli riconoscibili e distinguibili all’interno della società così da mantenere la loro condizione di stranieri interni. INSEDIAMENTI e NETWORKS L’espansione dei “networks” (reti) commerciali degli ebrei non rispondeva solo alle esigenze economiche delle città, ma fu anche una strategia di radicamento territoriale che veniva messa in atto dagli stessi ebrei attraverso i matrimoni endogamici per auto-garantirsi la possibilità di spostarsi da un luogo all’altro nel caso in cui la politica del luogo in cui risiedevano scegliesse di cambiare negativamente atteggiamento nei loro confronti. Durante l’età moderna, nella penisola italiana la convivenza tra le religioni fu molto complessa a causa: - della multipolarità delle esperienze politiche→ non c’era un’unica autorità politica unitaria, quindi ogni potere territoriale poteva comportarsi in modo differente. - del potere temporale, oltre che spirituale, del papa→ la presenza fisica del papa determinava la forte presenza della cristianità. [potere temporale = è limitato nel tempo e viene esercitato su un territorio; potere spirituale = viene esercitato sulle religioni/culto/fede] Stato della Chiesa Fino a metà ‘400, il papa fu molto tollerante nei confronti degli ebrei che risiedevano nello Stato pontificio. Infatti egli non attuò espulsioni e scelse la segregazione per 2 motivi: - separarli fisicamente dalla comunità cristiana→ per evitare che essa venisse contaminata dalla religione ebraica. - mantenere la loro presenza nella città→ per ricavare vantaggi economici, spingerli alla conversione e testimoniare la dottrina di sant’Agostino secondo cui gli ebrei non devevano essere né sterminati né cacciati perché la loro condizione di esilio e di discriminazione era la prova vivente del castigo divino (= Dio ha punito gli ebrei attraverso la distruzione del Tempio di Gerusalemme e la deportazione perchè loro hanno rifiutato Cristo e sono responsabili della sua morte) e quindi della verità del cristianesimo. A metà ‘500, però, la politica papale cambiò completamente direzione perché il papato iniziò ad attuare una rigida politica antiebraica in accordo con la nascente ideologia della Controriforma. In particolare, venne insegnamento divino derivava dalla dottrina della “trasmigrazione delle anime”, secondo cui l’anima del marito morto risiedeva temporaneamente nel corpo del fratello vivo fino a quando questi non l’avesse rilasciata nel corpo della cognata per procreare con lei un bambino, il quale sarebbe stato la reincarnazione del marito morto. - la bigamia→ consisteva nella possibilità di prendere una seconda moglie nel caso in cui questa fosse sterile per almeno 10 anni. Queste 2 pratiche erano vietate nelle comunità ebraiche askenatize, mentre erano consentite nelle comunità ebraiche sefardite e vennero praticate molto durante il periodo della diaspora sefardita per evitare la restituzione dei beni familiari nel caso di vedovanza del marito o nel caso di un nuovo matrimonio della vedova. Beatriz Mendes de Luna/Gracia Nasi Anche nella diaspora marrana il ruolo delle donne fu molto importante. Gracia Nasi era nata in Portogallo con il nome cristiano di Beatriz Mendes de Luna. Fu educata occultamente al giudaismo e si sposò con il cugino Francisco, un ricco erede con cui ebbe una figlia di nome Ana. Una volta rimasta vedova, Gracia acquisì tutte le ricchezze del marito. Con l’avvio del tribunale dell’Inquisizione in Portogallo, Gracia si trasferì insieme alla sorella Brianda dal cognato/cugino Diogo che viveva ad Anversa e Brianda si sposò con lui. Servendosi delle loro relazioni familiari e commerciali, la famiglia Nasi aiutò molti ebrei a lasciare il Portogallo e Anversa per trasferirsi in altri paesi più tolleranti insieme ai loro capitali. Alla morte di Diogo, Gracia e la sua famiglia lasciarono Anversa in quanto essa stava diventando una città sempre meno sicura. Dopo un lungo viaggio Gracia raggiunse Venezia, dove riuscì ad ottenere un salvacondotto per sé e la sua famiglia. Il ruolo predominante di Gracia nella politica familiare, raggiunto con il testamento di Diogo in cui egli l’aveva nominata tutrice di sua figlia e unica erede del vastissimo patrimonio familiare, inasprì i rapporti con Brianda, tanto che le due sorelle ricorsero a vie giudiziarie. La sentenza fu sfavorevole a Gracia, perciò ella decise di trasferirsi a Ferrara sotto la protezione degli Este. Con l’espulsione dei marrani da Venezia, anche Brianda arrivò a Ferrara. Con la cacciata dei marrani da Ferrara, entrambe dovettero tornare a Venezia. Qui riprese la loro lite giudiziaria e finalmente si arrivò ad un compromesso. Gracia si diresse verso Costantinopoli dove poté ritornare apertamente al giudaismo. Qui venne raggiunta dal nipote di Francisco, il quale sposò Ana. Nel frattempo, Brianda e sua figlia si dichiararono pubblicamente ebree a Venezia e così furono costrette a lasciare la città per tornare a Ferrara. Qui Brianda morì, perciò Gracia si occupò della nipote e la fece sposare con il fratello del marito di Ana. In questo modo si fortificarono ulteriormente i rapporti intrafamiliari e il patrimonio fu ancora più al sicuro. A Costantinopoli la presenza di Gracia fu significativa perché lei si dedicò intensamente all’assistenza dei poveri e alle istituzioni di carità, senza trascurare gli affari dell’azienda. Inoltre, fu attiva anche sul piano politico in quanto, dopo il rogo dei marrani avvenuto ad Ancona, lei cercò di reagire organizzando il boicottaggio del porto di Ancona e facendo intervenire il sultano contro il papa per bloccare le dure condanne. Ma questa impresa fallì. Gli elementi che emergono dalla storia di Gracia Nasi sono: - i continui spostamenti alla ricerca di un posto sicuro. - il funzionamento delle nozze endogamiche. - una società fondata sull’identità ibrida. LA DIASPORA SEFARDITA Già a partire dal ‘300, in Spagna ebbe inizio una politica antiebraica caratterizzata da persecuzioni, episodi di violenza e accuse contro gli ebrei (tra cui la più nota era “l’accusa del sangue”, secondo la quale gli ebrei uccidevano i bambini cristiani perché si servivano del loro sangue per impastare il pane durante la Pasqua ebraica). Questo provocò delle conversioni di massa che consentì agli ebrei di accedere a tutte quelle professioni dalle quali erano sempre stati esclusi. Per impedire la loro ascesa economica e sociale, i cristiani spagnoli iniziarono ad accusarli di marranesimo (di professare in segreto il giudaismo mentre si dichiarano pubblicamente come cristiani). Così vennero introdotte le leggi di “limpieza de sangre” che impedivano agli ebrei convertiti di accedere a molte cariche e professioni in quanto, secondo queste leggi, il battesimo non cancellava la macchia biologica della loro origine ebraica. Questa politica antiebraica raggiunse il culmine quando i reyes católicos Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona decisero di emanare l’editto di Granada il 31 marzo 1492, che imponeva a tutti gli ebrei di lasciare il regno entro 90 giorni allo scopo di omogeneizzare la nazione e la religione all’interno del nuovo regno spagnolo. Questo atteggiamento portò anche i marrani spagnoli ad emigrare perché si stava diffondendo l’idea che essi si fossero convertiti al cristianesimo per convenienza. Gli ebrei spagnoli che lasciarono la Spagna non si trovavano tutti nelle stesse condizioni economiche: - i grandi mercanti ebrei→ erano avvantaggiati perché avevano già accumulato ricchezze in altri paesi al di fuori della Spagna e potevano tranquillamente pagare le navi per spostarsi verso altri luoghi. - gli ebrei più umili e poveri→ erano svantaggiati perché furono costretti a dover abbandonare i pochi possedimenti che avevano in Spagna e avevano una limitata disponibilità economica per potersi spostare verso altri luoghi. Quindi, essi potevano migrare solo verso terre non molto lontane ed è per questo che in molti si diressero verso Genova. La Francia aveva chiuso le frontiere, mentre raggiungere l’Inghilterra era molto complicato. Perciò, le principali mete dell’emigrazione sefardita furono: - il Portogallo→ facile da raggiungere perché era il luogo più vicino alla Spagna. Tuttavia, l’emigrazione verso il Portogallo durò poco perché la corona portoghese emanò nel 1496 un decreto di espulsione simile a quello spagnolo. Ma gli ebrei che avevano violato il decreto furono costretti ai battesimi forzati e la loro presenza nel territorio portoghese come marrani durò per diversi decenni perché l’Inquisizione venne istituita solo nel 1536*. - i Paesi Bassi→ soprattutto Anversa perché era una grande città commerciale. - il Nord Africa→ altro territorio facile da raggiungere per la vicinanza geografica rispetto alla Spagna. - l’Impero ottomano→ era l’obiettivo principale di molti sefarditi perché qui il sultano garantiva una libertà e tolleranza che altrove non era concessa. Il problema risiedeva nella considerevole lontananza geografica di questo territorio dalla Spagna. - l’Italia→ raggiunsero principalmente Genova la quale, essendo molto numerosi, si occupò di distribuirli nei vari stati italiani che erano disposti ad accoglierli: Stato pontificio, Venezia, Ducato di Ferrara e Granducato di Toscana, Napoli (fino a quando non passa sotto il dominio spagnolo). Però, nascono ostilità tra ebrei italiani e sefarditi, perché i primi temono la concorrenza finanziaria e commerciale dei nuovi arrivati. Questo accadde soprattutto a Roma, città in cui risiedeva la più antica e numerosa comunità ebraica. Gli ebrei romani chiesero al pontefice Alessandro VI Borgia di respingere i sefarditi e, per convincerlo, gli offrirono una notevole somma di denaro. Con il passare degli anni, le controversie tra ebrei romani e stranieri continuarono a persistere fino a quando Daniel da Pisa venne incaricato dal papa per trovare una soluzione. Daniel riuscì ad allentare le controversie nel 1524 quando compilò una serie di “Capitoli”, che ridisegnavano il governo della comunità ebraica così da includere sia gli ebrei romani che gli ebrei stranieri. A Roma giunsero anche alcuni marrani portoghesi che volevano ostacolare il funzionamento dell’Inquisizione in Portogallo per difendere i loro corregionali. Essi tentarono di inserirsi nelle trattative diplomatiche tra la corona portoghese ed il papato, ma riuscirono ad influire sulla politica papale solo fino al 1536, anno in cui venne istituita l’Inquisizione in Portogallo. L’ETA’ DEI GHETTI Il termine “ghetto” si riferisce tutt’oggi al quartiere di una città in cui si concentra, forzatamente o spontaneamente, una minoranza che è accomunata da caratteri etnici, sociali, religiosi ed economici e che viene emarginata dalla comunità locale. Nell’antichità e nel Medioevo gli ebrei erano soliti concentrarsi volontariamente in alcune aree delle città o addirittura erano loro stessi a chiedere alle autorità locali di creare un quartiere ebraico separato. Questa segregazione spontanea rappresentava una strategia di autodifesa che gli ebrei mettevano in attuo per difendersi dai possibili attacchi e massacri del mondo cristiano. Fu verso la fine del Medioevo che si avviò il processo di “ghettizzazione coatta”, quando Spagna, Francia e Germania iniziarono a segregare la minoranza ebraica all’interno di specifiche zone delimitate da barriere fisiche che consentivano loro di avere pochi contatti con l’esterno. Nonostante ciò, in questi territori il ghetto era presente in maniera assai meno sistematica rispetto a quanto accadde nella penisola italiana ed è per questo motivo che può essere considerato un fenomeno tipicamente italiano. In Italia, il 1° ghetto comparve a Venezia nel 1516 quando venne istituito il “Ghetto Nuovo”. Tuttavia, fu l’escalation di provvedimenti antiebraici attuati dal papato a partire da metà ‘500 che scatenò la diffusione del sistema dei ghetti all’interno della penisola italiana. Inizialmente il processo segregazionista coinvolse soltanto alcune città dello Stato pontificio, ma tra ‘600 e ‘700 questo processo si estese anche nella maggior parte delle città dell’Italia centro-settentrionale. La maggior parte dei ghetti italiani furono realizzati nei quartieri in cui risiedeva già la maggioranza degli ebrei; inoltre, la rigidità delle restrizioni variava da zona a zona. In linea generale, questi ghetti non determinarono una totale segregazione che impediva agli ebrei di avere contatti con l’esterno. Infatti, essi continuarono la loro partecipazione alla vita cittadina fuori dai ghetti perché: - alcuni luoghi della città erano specificatamente destinati agli ebrei→ es. i cimiteri situati sull’Aventino. - spesso ottenevano permessi e licenze→ che consentivano loro di spostarsi verso la città e le province per svolgere i loro affari commerciali e mercantili. - potevano partecipare ad alcuni eventi celebrati nella città→ es. la cerimonia del “possesso” papale (lungo corteo per celebrare il pontefice appena eletto) e i giochi di Carnevale. La presenza dei ghetti in Italia durò fino al 1870, anno in cui venne abolito il ghetto di Roma. Case dei catecumeni Questi istituti avevano il compito di convertire tutti gli infedeli (non solo ebrei, ma anche musulmani e pagani) alla religione cattolica: - coloro che venivano rinchiusi forzatamente→ furono sottoposti ad una forte pressione morale e psicologica di 40 giorni affinché accettassero il battesimo. - coloro che avevano richiesto spontaneamente il battesimo→ furono istruiti fin da subito più facilmente alla dottrina cattolica. Esse prevedevano una serie di provvedimenti tra cui: - la stretta vigilanza dei catecumeni all’interno dell’istituto. - le limitazioni di movimento dei catecumeni all’esterno dell’istituto. - il divieto rivolto agli ebrei di avvicinarsi all’istituto→ perché c’era il timore che potessero convincere alcuni corregionali ospitati nell’istituto a non convertirsi. - la vigilanza dei convertiti per attestare la fedeltà alla nuova religione→ un volta ottenuto il sussidio (privilegio economico e sociale; es. il diritto di cittadinanza e l’esenzione dal pagamento di alcune tasse) insieme al battesimo, i convertiti non potevano allontanarsi dalla città prima che fossero passati 3 anni dal battesimo e venivano obbligati a praticare settimanalmente la dottrina cristiana per evitare che fuggissero dalla città per apostatare (ripudiare totalmente il proprio credo religioso). Soprattutto gli uomini ebrei sceglievano di convertirsi al cristianesimo; invece era raro che questa scelta venisse presa dalle donne ebree, perché esse svolgevano un ruolo centrale all’interno della famiglia ebraica e godevano già dei beni dotali. Le motivazioni della conversione potevano essere legate: - ai sussidi che si ricevevano con il battesimo. questo conflitto, gli stati illuminati utilizzarono la questione ebraica come strumento politico per opporsi alla Chiesa di Roma. Questo accadde ad esempio: - nel Regno di Napoli→ il nuovo re Carlo di Borbone tentò di riammettere gli ebrei all’interno del proprio regno attraverso la promozione di una politica riformatrice tollerante e allo scopo di favorire la ripresa economica dello stato, ma fallì. - nello Stato sabaudo→ gli organismi statali che si occupavano della giurisdizione sulla minoranza ebraica furono costretti a lasciare questo compito alle autorità ecclesiastiche. - nei domini italiani degli Asburgo→ molti ebrei raggiunsero questi territori perché l’imperatore Giuseppe II aveva emanato un editto in cui riconosceva la piena tolleranza globale allo scopo di smantellare i privilegi del clero cattolico. - nel dibattito sull’annullamento del matrimonio→ il pontefice riconosceva la rottura del matrimonio ebraico e la possibilità di contrarre un altro matrimonio nel caso in cui un ebreo si fosse convertito e il coniuge rifiutasse di fare altrettanto; invece, i sovrani gli stati italiani erano contrari a questa pratica. Le riforme illuministiche promosse da molti stati italiani, però, si contrapponevano all’emancipazione ebraica perché il principio illuminista dell’uguaglianza comportava il rischio dell’assimilazione (acculturazione, cancellazione) dell’identità ebraica. Queste riforme provocarono la nascita di tensioni interne: - alle comunità ebraiche→ in quanto c’era una contrapposizione tra gli ebrei poveri favorevoli all’assimilazione e gli ebrei ricchi fautori del mantenimento della struttura comunitaria in quanto detentori di alcuni privilegi. - al mondo illuminista italiano→ in quanto alcuni rivoluzionari erano antiebraici, mentre altri erano favorevoli al riconoscimento dell’uguaglianza dei diritti civili agli ebrei, soprattutto per questioni di utilitarismo economico. LE CONTRADDIZIONI DELLA “FELICE RIGENERAZIONE” Periodo rivoluzionario (1796-99) Gli anni del triennio repubblicano in Italia avevano introdotto l’acquisizione della piena cittadinanza e dei diritti politici e civili per gli ebrei. Questo inasprì ulteriormente i conflitti: - nel mondo ebraico→ il sistema comunitario, che si era già indebolito in precedenza, entrò definitivamente in crisi accentuando la disapprovazione da parte di coloro che detenevano il controllo e il monopolio delle comunità. - nel mondo cristiano→ anche i rivoluzionari, favorevoli all’emancipazione ebraica, disapprovarono l’autonomia organizzativa che era stata concessa alle comunità ebraiche a causa della propaganda cattolica antiebraica che accentuò le accuse di antipatriottismo (voler creare uno stato nello stato) e di egoismo economico (l’usuraio di preoccupa di far soldi e non della comunità). Inoltre, in questo periodo i controrivoluzionari, tra cui lo Stato e la Chiesa che nel frattempo si erano ricongiunti contro il pericolo rivoluzionario, rafforzarono lo stereotipo antiebraico che attribuiva agli ebrei la responsabilità dello scoppio della Rivoluzione. Si scatenarono così violenze contro gli ebrei, che finirono per trasformarsi in veri e propri pogrom (persecuzioni sanguinose contro una minoranza) nel momento in cui le comunità ebraiche erano rimaste indifese a causa del ritiro delle armate francesi dalla penisola. Età napoleonica (1802-14) Nella fase di dominazione diretta di Napoleone in Italia, nonostante la disposizione di abbattere tutti i ghetti, gli ordinamenti napoleonici furono assai ambigui rispetto al concetto di emancipazione in quanto miravano all’assimilazione della popolazione ebraica. Questo si verificò a causa degli stereotipi ‘700teschi, soprattutto in materia economica, che condizionarono la politica napoleonica nei confronti degli ebrei. Dunque, la presenza di Napoleone in Italia creò da un lato il mito del filoebraismo napoleonico, ma dall’altro favorì la penetrazione dell’idea secondo cui gli ebrei ordissero ad un complotto anticattolico e antipatriottico. Età della Restaurazione (1814-30) Con la Restaurazione il governo in Italia torna in mano all’Antico regime e al potere pontificio. Questo determinò la fine della breve parentesi democratica ed emancipatrice degli ebrei perché il fenomeno dell’antiebraismo riprese in maniera ancora più rigida. Più precisamente, si richiusero le porte dei ghetti e ogni diritto di cittadinanza e di libero commercio venne negato agli ebrei se prima non si fossero convertiti al cristianesimo. Dunque, l’unica strada che consentiva agli ebrei di ottenere l’emancipazione civile e politica era la “rigenerazione”, ossia il completo abbandono della propria identità con l’integrazione totale all’interno della società maggioritaria che poteva avvenire solo attraverso la conversione. Fu soprattutto durante il pontificato di Leone XII che si attuò una rigidissima politica antiebraica sia per questioni religiose che economiche. Il 1825 rappresentò una data importantissima per il mondo cattolico: - il papa stava progettando un nuovo ghetto romano→ da edificare in un’altra parte della città e in cui rinchiudere forzatamente gli ebrei. - venne pubblicato il “Degli ebrei nel loro rapporto colle nazioni cristiane”→ uno scritto diffamatorio che ribadiva tutti i tradizionali stereotipi antisemiti (es. accusa di deicidio, di egoismo economico, di complotto anticattolico, di antipatriottismo, …) e criticava coloro che sostenevano l’emancipazione ebraica come una soluzione vantaggiosa per la società maggioritaria e sufficiente per l'assimilazione degli ebrei. L’800 rappresenta un secolo molto importante della storia ebraica perché si verifica un mutamento nella terminologia usata per indicare l’odio nei confronti degli ebrei. Infatti, il concetto di “antiebraismo”, che caratterizza l’età moderna, si trasformerà a fine ‘800 in “antisemitismo”. Questa variazione terminologica è legata al cambiamento della società stessa, perché si passa da una mentalità religiosa a una mentalità laica e secolare in cui l’odio nei confronti degli ebrei si fonda sulla componente biologica e non più sulla componente religiosa.