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RIASSUNTO "dall'EMERGENZA alla normalità" C.Iacolino, Appunti di Psicopatologia

riassunto ben fatto della psicologia dell'emergenza, fasi dell'emergenza intervento di emergenza, tecniche dintervento e scheda di valutazione "Triage"

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 17/04/2021

soray
soray 🇮🇹

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Scarica RIASSUNTO "dall'EMERGENZA alla normalità" C.Iacolino e più Appunti in PDF di Psicopatologia solo su Docsity! LA PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA: è un ambito della psicologia che opera a seguito di eventi critici e improvvisi, che possono essere: eventi naturali (disastri, terremoti, eruzioni, alluvioni) eventi derivati dall’azione dell’uomo (atti terroristici) sanitarie (pandemie, epidemie) e cosi via… ossia in tutte quelle situazioni fortemente stressanti che mettono a repentaglio il benessere psicologico, psicofisico dell’individuo o dell’intera comunità. PER TALE MOTIVO.. la psicologia dell’emergenza si fa portatrice di intervenire e soccorrere non solo le persone direttamente coinvolte (VITTIME 1) ma anche i familiari (VITTIME SECONDARIE) i soccorritori (VITTIME TERZIARIE) e l’intera comunità la psicologia dell’emergenza italiana ha goduto di una specifica attenzione e di un’adeguata considerazione nell’ambito della protezione civile come dimostrano alcune norme. In italia è stato istituito nel 1992 il SERVIZIO NAZIONALE DELLA PROTEZIONE CIVILE, e sono state emanate le prime linee generali di programmazione del soccorso sanitario all’interno dei quali si trova un cap intitolato “Aspetti di Psicologia” in cui si esamina il comportamento umano nelle emergenze e gli interventi da effettuare. Per tener conto queste linee generali ripercorriamo il cap. “Aspetti di Psicologia” • Premessa: in tutte le catastrofi si verificano traumi psichici che possono essere associati a truami fisici o meno ma in generale I traumi psichici determinano la sfera emotiva e si deve tenere conto di alcune possibili reazioni: - reazioni emotive abnormi -reazioni nevrotiche su base ansiosa o depressiva - reazioni psicotiche gravi confusionali o deliranti con mancanza di percezione • Misure preventive a lungo termine: occorre far familiarizzare la popolazione con l’idea dell’evento catastrofico la popolazione cosi si abituerà a convivere con l’idea del possibile evento calamitoso. • Misure preventive: nelle regioni particolarmente minacciate da rischi,è più facile l’esplosione del panico quindi in queste regioni si rafforzerà la prevenzione e la frequenza di esercitazioni. Ancora di più quando vi siano situazioni di tipo pre-critico; si porrà particolarmente attenzione alla gestione della fase di preallarme con l’obiettivo di creare delle attività di preparazione al pericolo. • Intervento in fase di emergenza: una volta avvenuta la catastrofe, informazioni immediate alla popolazione possono placare il senso di vulnerabilità e produrre un effetto rassicurante. Nella primissima fase va organizzata l’evacuazione; e occorre sedare le persone in preda a stati di agitazione. CEMP : Centri mobili di psicologia dell’emergenza sono quelle strutture mobili in grado di raggiungere i luoghi dove si è verificata l’emergenza e fungono da base logistica per effettuare gli interventi La direttiva del presidente del consiglio dei ministri del 13 giugno 2006 intitolata criteri di massima sugli interventi psicosociali nelle catastrofi, rappresenta una preziosa direttiva nazionale che definisce tutto ciò che riguarda il ruolo dello psicologo e della psicologia dell’emergenza in Italia. Riporteremo adesso i stralci più importanti di essa: Introduzione: è opportuno osservare che le catastrofi possono produrre sugli individui effetti di lunga durata e mettere a dura prova il singolo e l’intera comunità. Da ciò scaturisce l’esigenza di fronteggiare i bisogni psicosociali che si manifestano a seguito di emergenze nazionali. A questo fine sono stati redatti i seguenti criteri di massima. • Equipe psicosociale per le emergenze: la direttiva obbliga regioni e province ad istituire nuclei operativi di supporto psicologico definendoli equipe psicosociale per le emergenze (EPE) • Obiettivi: l’equipe in rapporto alle varie fasi dell’intervento deve consentire la realizzazione di manovre prioritarie per la sopravvivenza fisica dei destinatari dell’intervento e provvedere alla tutela della salute psichica. • Organizzazione: l’equipe per poter rispondere immediatamente in situazioni di emergenza deve inquadrarsi all’interno dell’organizzazione sanitaria (i suoi operai dovranno essere riconoscibili attraverso casacche o giubbotti verdi) • destinatari degli interventi: i destinatari 1primari degli interventi =sono le vittime i testimoni diretti, i familiari delle vittime, i soccorritori volontari... • contesti di intervento ex= gravi incidenti stradali, disastri aerei e ferroviari terremoti alluvioni ecc. • interventi a breve medio termine: nella fase acuta, gli interventi sono rivolti all’adozione di tutte le misure sanitarie di primo soccorso. Nella fase a breve-medio termine, l’equipe svolge funzioni volte a promuovere il ripristino delle reti di supporto sociale o la creazione di reti alternative per il rafforzamento delle risorse locali. • formazione: la conoscenza diffusa degli scenari di rischio, delle procedure organizzative può infatti migliorare i livelli di vigilanza ridurre i tempi di risposta. (Le ricerche dimostrando infatti che una parte degli stress individuali che si sviluppano a seguito dei disastri può essere ridotta da un’adeguata formazione di tutti gli attori coinvolti.) • Triage: un altro aspetto importante è quello del triage psicologico. >>INTERVENTI di supporto psicologico : ossia le AZIONI TERAPEUTICHE mirate al recupero: funzionalità psichica  Proteggere: i superstiti da ulteriori danni  Guidare : Possono essere storditi, sotto shock…. Guidare i superstiti lontano dal luogo di distruzione, lontano da altri feriti  Triage Interventi di defusing: <<processo di aiuto, attraverso l’uso di una breve conversazione >> OBB di questo intervento: è cercare di iniziare a rielaborare collettivamente il significato dell’evento e a ridurre l’impatto emotivo dell’evento traumatico Per FASE di POST-EMERENZA/ RIORGANIZZAZIONE: dobbiamo intendere la fase successiva all’impatto ---> quindi il periodo dopo il 3 giorno, dopo le 72 ore fino al terzo mese successivo. Al sostegno pratico (cibo, vestiario, riparo) e gli interventi psicosociali ( proteggere, guidare, defusing, triage) in questa fase devono prendere avvio le azioni di empowerment : << ossia le azioni specifiche che devono facilitare la capacità di reazione, e migliorare le strategie di fronteggiamento>> In particolare in questa fase si devono avviare interventi volti a promuovere le” modalita di coping adattivo”:  Si aiutano i superstiti a porsi nell’ottica del progressivo ritorno alle consuetudini, il che li aiuta a collocare l’evento traumatico alle spalle, e portare l’attenzione al presente  Promuovere interventi di prevenzione ( attraverso le tecniche di rilassamento : tese a ridurre le tensioni, lo stato di ansia, paura, panico e insonnia)  Effettuare interventi di screening (durante questa fase si tengono in continua osservazione le persone a rischio di problemi psicologici a medio-lungo termine, e in particolare si presta attenzione a persone che hanno fatto uso di psicofarmaci, alcool, droghe)  Valutare l’opportunità di avviare la terapia farmacologica (soltanto quando il paziente non ha rispsoto al debrefing, all’intervento psicoeducativo, o alle strategie di prevenzione e gestione dello stress) FASE DI RIABILITAZIONE/ RICOSTRUZIONE dobbiamo intendere il periodo che va dall’8 alla 12settimana -questa fase è destinata ad interventi a lungo termine -si puo dire pero che la maggioranza delle persone che richiedono interventi protratti nei primi 12/18 mesi recuperano un ragionevole equilibrio. OBB: portare a compimento gli interventi di fronteggiamento, tesi a far recuperare quanto piu rapidamente possibile i livelli di adattamento e funzionamento psicologico e sociale dopo aver sperimentato stress e paura in situazioni con un forte impatto emotivo. In questa fase l’attenzione deve concentrarsi in maniera particolare su persone che presentano ancora problemi psicopatologici che sono comparsi/ ricomparsi o che si sono accentuati (Disturbi post-traumatici, Disturbi di panico; Disturbi di ansia, Disturbi dell’adattamento, Depressione)  in questa fase com’è evidente si procede verso interventi erogati in contesti clinici, per sintomi persistenti correlati allo stress-post traumatico. si effettuano colloqui piu accurati, per valutare il funzionamento psicologico, le risorse di fronteggiamento, i danni determinati dal trauma ecc per stilare programmi di trattamento in base ai bisogni della persona (la psicologia dell’emergenza entra in una fase in cui si sposta dalla collettività----> all’individuo) DEBREFING e DEFUSING: sono due delle strategie di intervento di 1 soccorso psicologico inquadrate nel (CISM) critical incident stress menagment DEBRiEFING (CISD): è un intervento psicologico-clinico strutturato e di 2gruppo, condotto da uno psicologo esperto di situazioni di emergenza, che si tiene a seguito di un avvenimento potenzialmente traumatico, allo scopo di mitigare i sintomi e ridurre l’impatto dell’evento critico. -normalmente viene svolto tra le 24/96 ore che seguono l’avvenimento (cioe quando l’esperienza di è potuta almeno un minimo strutturare, ma non si è comunque “cristalliazzata”) LE 7 FASi DEL PROTOCOLLO DI MITCHELL il protocollo include anche un momento pre-liminare  “preparazione all’incontro” ed un momento successivo a debriefing  “riunione post-debriefing” 1. INTRODUZIONE lo psicologo si presenta, vengono illustrati ai partecipanti gli obb, e il funzionamento del debriefing, vengono invitati a parlare per raccontare i propri vissuti ma si chiarisce che non c’è alcun obbligo, e viene raccomandata la privacy 2. FASE DEL FATTO Ricostruzione degli eventi, attraverso le “narrazioni” dei partecipanti durante questa fase ciascuno dei partecipanti comunica la sua esperienza e i fatti dal suo punto di vista, e lo psicologo interviene proponendo delle semplici domande dove si trovava? Cosa ha richiamato la sua attenzione? Il baricentro di questa fase è: il racconto del fatto, pero puo avvenire che vengono espresse delle emozioni: paura, impotenza, e lo psicologo deve coglierle e memorizzarle perche materiale prezioso 3. FASE DEL PENSIERO: questa fase inizia quando lo psicologo chiede quali sono stati i loro pensieri questa fase è importante, perche <media> la fase2 dei fatti a quella delle emozioni4 in questa fase l’attenzione si pone quindi ai pensieri, che si sono determinati quando il partecipante si è reso conto che qualcosa di grave stava accadendo 4. FASE DELLE EMOZIONI descrive gli aspetti dell’evento che hanno provocato maggiore malessere, e gli aspetti che sono stati piu difficili da tollerare dopo la fine dell’evento esternare e condividere le emozioni, favorisce un vissuto di normalità ed uguaglianza 5. FASE DEI SINTOMI discussione dei sintomi eventualmente provati, durante-immediatamente-dopo l’incidente (I membri possono raccontare reazioni fobiche, paure, tremori, tachicardia, confusione, trasalimenti e molti altri sintomi da stress emotivo, e psicosomatici) 6. FASE DELL’INSEGNAMENTO Dopo aver chiesto di manifestare i propri sintomi, si passa a questa fase, che è la fase successiva dell’insegnamento, durante la quale chi conduce il colloquio ha il compito di spiegare le normali reazioni allo stress, e insegnare le tecniche piu utili al fine di : fronteggiare e ridurre lo stress Lo psicologo: -sottolinea che i sintomi manifestati sono normali -fornisce indicazioni utili al superamento (+strategie di coping) che facilitano il ritorno alla normalità 7. RE-ENTRY infine si riepiloga lo svolgimento della seduta, si tirano le conclusioni, e si da spazio ad eventuali domande Post-debriefing: è un momento che fluisce liberamente se nonn viene fatto le persone potrebbero tornare a casa stressate. gli incontri post debriefing sono una delle protezioni piu importanti per prevenire lo stress dei membri. le principali cose da fare: -stringere la mano alla chiusura dell’incontro, e rivolgersi in particolare a coloro che hanno mostrato segni di disagio, o rimasti troppo silenziosi durante il debriefing -avvicinarsi a coloro che sembrano avere un supporto -attuare servizi di follow-up per chi ne avesse bisogno  ex: chiamata telefonica subito dopo il debriefing e sono cruciali per completare il lavoro iniziato con il debriefing, la finalità del follow up è valutare se prosegue l’elaborazione dell’esperienza traumatica, o si è interrotta (il che porterebbe alla nascita di un trauma che è cio che proprio si vuole prevenire) TIPOLOGIA: degli interventi Emergenziali  Interventi terapeutici (psicoterapia) lo scopo terapeutico è primariamente rivolto all’individuo, ma la psicoterapia puo svolgersi anche in gruppo, il suo scopo finale è: la riduzione della sofferenza e della malattia psichica individuale  Interventi psicosociali: è rivolto a una comunità (si tratta di interventi terapeutici ma non psicoterapeutici perché sono mirati alla ricostruzione del benessere del gruppo sociale colpito) l’intervento psicosociale è in sostanza un intervento mirato al benessere e alla riduzione della sofferenza psicologica è dell’intero gruppo sociale  Interventi psicoeducativi: --> mirati all’individuo quando lo scopo è primariamente comunicativo possiamo avere interventi di tipo psicoeducativo mirati all’individuo. In sostanza l’intervento tende ad inserire nella mente di chi lo riceve informazioni che gli consentano di migliorare il fronteggiamento personale della situazione di emergenza.  Interventi di formazione : tale formazione viene fornita dallo psicologo dell’emergenza esperto: nei risvolti psicologici conseguenti al disastro e si rivolge a tutte quelle figure che hanno avuto un ruolo nella riduzione o gestione di un disastro (forze dell’ordine, vigili del fuoco, protezione civile) La formazione può essere fatta in molti modi e può riguardare anche i cittadini nelle fasi di non emergenza per far acquisire loro il cosa fare e il come fare per fronteggiare al meglio l’emergenza. - tutela della salute psicofisica del soccorritore Tra i molti compiti della psicologia dell’emergenza, quello della tutela de soccorritore è uno dei compiti che viene persino sollecitato dalla normativa in vigore. Tutto questo perché il soccorritore è tra le persone maggiormente a rischio di sviluppare disordini psichici nelle situazioni di emergenza, tanto che sulla scala di livelli di vittimizzazione il soccorritore è collocato al terzo livello subito dopo le vittime dirette. LA PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA DI COMPONE DI 2 DIVERSI COMPARTI 1. INDIVIDUALE 2. COLLETTIVO Alla psicologia dell’emergenza che guarda alla comunità, va affiancato anche il settore della psi. Dell’Emergenza che guarda all’individuo (o al macro sistema individuale-fam) : con cui la persona si confronta con eventi capaci di compromettere gravemente gli equilibri individuali o del soggetto colpito. Volendo considerare quest’aspetto bisogna dire che questo settore si occupa degli eventi traumatici che colpiscono :  Le persone che subiscono direttamente il danno  Le persone che si trovano ad assistere all’evento traumatico  Le persone che ne vengono a conoscenza (pers care) Gli Ambiti Principali in cui possiamo riunire gli: eventi traumatici individuali sono 2  Gravi eventi esistenziali : aggressioni fisiche, stupro, sequestro di persona, incidenti sul lavoro  Gravi situazioni cliniche : venire a conoscenza della morte di una persona cara/ che è stata fatta una diagnosi di male incurabile In tutti questi casi l’obiettivo della psicologia dell’emergenza individuale è ripristinare il modo di sentire , pensare ed agire della singola persona ossia tutelare il suo assetto psichico globale. CAPITOLO 2 IL PRIMO COLLOQUIO IN EMERGENZA Il colloquio è uno dei principali strumenti della “cassetta” dello psicologo, che seguono il verificarsi di un evento traumatico. Intervenire nella fase di codifica, consolidamento e immagazzinamento dell’esperienza traumatica significa avere la possibilità di operare sull’esperienza soggettiva del ricordo, (prima) che i contenuti traumatici si siano sedimentati. In ambito “emergenziale” le persona da soccorrere viene raggiunta dallo psicologo sul luogo del crash; un’adeguata e attenta valutazione sarà importante per determinare l’efficacia del trattamento. IL COLLOQUIO VS IL COLLOQUIO IN EMERGENZA Le principali caratteristiche che differenziano il colloquio in situazioni di emergenza da quello tradizionale riguardano il setting e gli obiettivi. In ambito emergenziale la persona da soccorrere viene raggiunta dallo psicologo direttamente sul luogo dell’evento e nei centri di prima accoglienza. L’assenza di usa situazione ambientale controllata come quella che troviamo nello studio professionale non è di ostacolo e permette di inseguire quegli importanti obiettivi di primo soccorso. CONDURRE IL 1 COLLOQUIO OBB del colloquio:  Stabilizzare e prevenire altri micro-traumi che possono avvenire a ridosso dell’evento  Agevolare l’apertura alla vita interiore, per far fronte in maniera positiva all’evento traumatico CONDURRE IL PRIMO COLLOQUIO IN EMERGENZA >Il primo approccio alla vittima deve essere preceduto da un’autopresentazione, completa di informazioni sul ruolo dello psicologo e sul mandato a lui affidato. > Nel corso del primo colloquio è importante mettere le basi per una relazione di fiducia della persona coinvolta con il mondo del soccorso. Si tratta di avviare <un’alleanza> > Qualora siano altri soccorritori ad accompagnare la persona soccorsa al colloquio sarà opportuno incoraggiarli alla presentazione della vittima. >è IMPORTANTE curare l’accoglienza , agevolare i ricongiungimenti familiari e ascoltare le richieste sostenendo le persone nell’espressione dei bisogni e nell’elaborazione delle domande, attività che va constantemente accompagnata da una attenta valutazione delle loro condizioni psichiche. IL TRIAGE il termine TRIAGE significa “operare una scelta” Il termine entra in ambito clinico durante le campagne napoleoniche in italia quando il capo chirurgo della guardia imperiale pianificò l’organizzazione dei soccorsi durante le battaglie tramite > una selezione che garantiva il trattamento di quelli meno gravi per consentire loro di ritornare a combattere A questo primo utilizzo del concetto di triage ha fatto seguito una rivalutazione del concetto in ambito sanitario ospedaliero e territoriale Infatti le regole che sono oggi alla base del triagesi basano su criteri che sono completamente opposti a quelle in epoca napoleonica. > Mentre allora venivano soccorsi per prima i feriti meno gravi che con poche cure potevano tornare a combattere > oggi avviene l’esatto contrario OGGI SECONDO I CRITERI PRESTABILITI SI SELEZIONANANO LE PERSONE CHE PER LA LORO SITUAZIONE CLINICA HANNO PIU URGENZA DI TRATTAMENTO, E SI ASSISTONO PER PRIME , E POI VIA VIA QUELLE CON SITUAZIONI CLINICHE MENO GRAVI Possiamo affermare quindi che per il sistema nazionale di emergenza il triage consiste “in una procedura di valutazione” delle condizioni cliniche di un gruppo di pazienti per stimare l’urgenza e le rispettive priorità di trattamento dando precedenza a quelli che presentano un quadro clinico più grave. Questa nuova concezione di “triage” ha sovvertito quelli che erano i principi della filosofia precedente STORIA: la moderna concezione del triage si delinea negli anni 60/70 degli stati untiti. cosa succedeva pero? Ogni pronto soccorso era in condizioni di sovraffollamento per le numerose richieste di interventi. A causa del sovraffollamento non fu possibile prestare cure immediate a chi ne aveva realmente bisogno. e da questo nacque la necessità di creare un sistema di cernita che permettesse di accedere a visite e cure in base: al grado di urgenza. Per poter raggiungere lo stesso obb, anche in ITALIA, nel 1996 vennero emanate “Le linee guida per il Sistema Emergenza/Urgenza nelle quali si afferma che all’interno dei dipartimenti di emergenza deve essere prevista la funzione triage come primo momento di accoglienza e valutazione dei pazienti in conformità a criteri definiti che consentono di stabilire le priorità di intervento. TRIAGE MEDICO=TRIAGE PSICOLOGICO !* un’altra considerazione importante ne il triage medico ne quello psicologico sostituiscono, l’intervento e il trattamento , infatti il Triage non è la cura ma è la procedura che ci permette di stimare con quale urgenza il paziente può accedere alle cure del medico o dello psicologo CONCETTO E OBIETTIVO DEL TRIAGE in pratica possiamo dire: che il “TRIAGE psicologico” è un intervento di prima accoglienza e valutazione dei pazienti, in cui attraverso un processo ACCOGLITIVO-VALUTATIVO-DECISIONALE basato sull’USO di criteri prestabiliti, si accoglie la persona, si accerta il suo bisogno di assistenza e si individua il livello di differibilità/indifferibilità del trattamento ..e infine si determina il suo ordine di accesso alla cure psicologiche assegnandolo ad una : specifica classe di priorità quanto + elevata è la classe  tanto + sarà necessario trattare il paziente con urgenza Il triage psicologico è un processo ACCOGLITIVO-VALUTATIVO-DECISIONALE che si effettua attraverso l’uso di criteri che sono:  Accoglienza  Riconoscimento (sintomi)  Attribuzione (del codice di priorità) Differenze tra triage psicologico- psicodiagnosi -screening :è opportuno sottolineare le differenti finalità di questi 3 tipi di interventi Il triage psicologico non deve essere considerato come un processo psicodiagnostico ma va considerato come un processo valutativo che ci fornisce una stima del grado di urgenza di quella persona, individuando chi ha bisogno di un intervento (urgente) e chi no. (in modo da concentrare l’attenzione clinica su chi ha piu urgenza ad essere trattato) (è quindi un processo prelimanare dell’effettuazzione della diagnosi e della terapia) Il triage tende a valutare se c’è bisogno di assistenza e con quale urgenza; la psicodiagnostica invece individua i meccanismi di funzionamento psichico. La psicodiagnostica mira a delineare un quadro psichico il triage a rilevare se è urgente o no screening: valutazione che si effettua su persone che al momento non mostrano nessuna urgenza di trattamento, ma che rispetto alle quali noi supponiamo che in tempi successivi potrebbero sviluppare alcune difficoltà psicologiche correlate all’evento emergenziale. e quindi il ---> successivo il bisogno di trattamento a diff del triage: si attiva subito lo screening: non si attiva subito, ma in tempi successivi TRiAGE: mira a selezionare le urgenze di trattamento SCREENING: individuare chi in tempi successivi potrebbe sviluppare difficolta psicologiche che al momento non presenta NECESSITA DEL TRIAGE: se consideriamo che in situazioni di MAXI-emergenze si crea la sproporzione tra risorse umane disponibili/bisogno di assistenza ex: dopo un disastro di dimensioni consistenti, è possibile che non ci siano risorse sufficienti per garantire un trattamento a tutte le persone esposte, questo implica la necessità di identificare chi aiutare prima e chi dopo questa condizione rende evidente l’assoluta necessità di uno strumento che consenta di svolgere questo compito nel miglior modo possibile, tale strumento è il TRIAGE. ACCOGLIENZA : rappresenta la 1FASE del Triage, che prende avvio con l’incontro tra lo psicologo e la vittima, e va sempre considerata come un momento delicato in cui l’operatore si pone in modo empatic ed accogliente ed importante per la” buona” riuscita del triage. È necessario qualificarsi, chiarire al soggetto il proprio ruolo, e l’ente di associazione con cui si collabora, subito dopo è necessario rassicurare il soggetto Non sempre pero è possibile condurre la fase di accoglienza nel modo descritto. Infatti quando il quadro clinico è particolarmente grave, il soggetto viene osservato in moro molto sommario, ma tutto questo però non inficia la possibilità di pervenire ad una valutazione adeguata. LA CONCENTRAZIONE SUL PRESENTE: lo psicologo deve concentrarsi sul presente e porre l’attenzione a tutti i segni e i sintomi che la persona manifesta, questo può aiutarlo a inquadrare meglio lo stato psichico e il suo bisogno di intervento. IL SUPPORTO PSICOLOGICO: bisogna intervenire con atteggiamenti, chiarificazioni ecc che possono dare sollievo alla persona e al suo assetto psicologico. quindi il momento del triage deve essere anche, un primo spazio relazionale in cui la persona trova rassicurazione ed accoglienza, uno spazio che tranquillizza la persona e gli da fiducia sulla possibilità che tutto ciò che prova sarà supportato e poi superato.