Scarica Riassunto degli autori di Letteratura latina dal manuale G.B. Conte e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! FRANCESCA DE GAETANIS Letteratura latina Livio Andronico Nasce intorno al III secolo a.C. a Taranto. Nel 272 arriva a Roma insieme al suo capo, molto probabilmente Livio Salinatore. Svolge la mansione di grammaticus, cioè professore di latino e greco. La sua opera più significativa è l’Odusia. Verso la fine della sua vita gli venne chiesto di scrivere un partenio in onore di Giunone, il quale sarebbe stato destinato poi all’esecuzione pubblica nelle cerimonie religiose. E la sua associazione professionale: collegium scribarum historiumque venne insediata in un edificio pubblico, il tempo di Minerva sull’Aventino. Per quanto riguarda le sue opere secondarie ricordiamo le tragedie che fanno parte del ciclo troiano come l’Achilles. Sembra conoscere bene la tradizione dei tragediografi greci: Eschilo, Sofocle, Euripide. Ricordiamo inoltre le commedie, Livio fu autore di palliate, tra le più importanti sicuramente è Gladious: commedia il cui protagonista è un solato fanfarone che poi verrà ripresa da Plauto. L’Odusia è la prima opera che apre la letteratura latina e scritta in verso latino, il saturnio. Traducendo l’Odissea di Omero diede la possibilità ai Romani di conoscere le fondamenta della cultura greca. Ovviamente l’Odissea nell’élite aristocratica era già conosciuto, ma la traduzione diede la possibilità di essere considerato anche un testo scolastico pur avendo un carattere difficile e arcaico. L’opera doveva essere sicuramente simile all’originale, ma anche fruibile autonomamente. Tra i principali problemi che Livio dovette affrontare ci furono sicurante quello di creare una nuova lingua che potesse arrivare a quella dell’epica greca, cercando di lasciare gli stessi ritmi, stesse risonanze e stessi effetti. Gli scarsi frammenti dell’Odusia mostrano da questo punto di vista una grossa originalità. Sicuramente Livio ha cercato di creare degli adattamenti in casi in cui dei concetti greci non rispettavano la mentalità romana, come nel caso della rappresentazione degli eroi, che in Omero erano paragonati a degli dei, e in Livio vengono definiti ‘grandissimi e di primo rango’. Gneno Nevio Nasce nel terzo secolo a.C. e la sua morte viene collocata intorno al 204 o 201 a.C. Nevio, al contrario di Livio, è romano e di origine campana. Combatté contro i Cartaginesi nella prima guerra punica probabilmente negli ultimi anni del conflitto. E fu attivo nella vita politica, sappiamo dal miles Gloriousus di Plauto che fu anche incarcerato dai suoi avversari. Il suo impegno politico, lo spinse a scrivere un poema epico impegnato, Bellum Poenicum, dedicato alla narrazione delle prima guerra punica. L’autore non si limita soltanto a narrare i fatti correnti, ma anche della nascita di Roma e le sue origini leggendarie. Infatti parte dalla caduta di Troia. Infatti non sappiamo come avvenisse il passaggio dalla narrazione mitica a Cartagine. Forse il collegamento può essere FRANCESCA DE GAETANIS fatto dall’incontro di Enea con Didone. Nevio utilizza per il metro il saturnio ma introduce anche un nuovo linguaggio formato da composti e da nuove combinazioni sintattiche che vogliono rispondere alle varietà sintattiche greche. Per quanto riguarda invece le sue opere minori ricordiamo le tragedie, principalmente praetextae, tragedie di argomento romano, come Romulus, che trattava la drammatica storia della nascita di Roma. Nevio compare tra dieci commediografi latini. Nevio comico era vicino al livello di Plauto. Ricordiamo la commedia Tarentilla ‘la ragazza di Taranto’. Plauto La palliata, la commedia romana d’ambientazione greca, ebbe un enorme successo di pubblico alimentò un forte dibattito. Sicuramente di grande impulso fu la Commedia Nuova di Menandro. Plauto non era di origine romana né apparteneva ad un’area culturale totalmente grecizzata infatti era nativo di Sarsina. La data di morte è sicura, 184 a.C. in quanto Cicerone afferma che Plauto da senex abbia scritto Pseudolus. Poiché questa risulta essere scritta nel 91 e la vecchiaia per i romani corrispondeva con settant’anni la sua nascita deve essere collocata tra il 255 e il 250. Possediamo 130 commedie con il suo nome, ma Varrone ritagliò nell’imponente corpus solo 21 opere autenticamente sue (il canone varoniano). Come l’Amphitruo, Aulularia, Miles Gloriosus, Captivi, Casina, Curculio…queste erano opere accettate da Varrone nel De Comoediis Plautinis. È molto difficile però dare una giusta datazione cronologica delle commedie. Sicuramente quelle con più dettagli e rappresentazioni sono le più tarde. La commedia più lunga è il Miles Gloriosus con più di 1000 versi e quella più corta è il Curculio con 729 versi. Si tratta comunque di una prevedibilità delle trame di una rappresentazione di tipi fissi: il servo astuto, il vecchio e il giovane innamorato, il parassita. Questo perché l’unico scopo di Plauto era quello di scaturire la risata. Infatti la sua era una commedia per tutto il pubblico, non c’erano elementi che potessero portare alla riflessione. Gli schemi plautini si possono ridurre a un semplice schema: la lotta tra due protagonisti per un bene o per una donna o per semplice denaro. La lotta finisce con un vincitore da una parte il perdente dall’altro. A vincere sarà sempre il giovane, che possiede già quelle caratteristiche all’inizio della commedia e a perdere sarà quello che in sé le giustificazioni del suo essere perdente. Di gran lunga interessante è la commedia del servo, come nel caso di Palestrione nel Miles. All’inizio delle commedie di Plauto il servo è descritto quasi sempre come un ingannatore, pronto ad aiutare il giovane e creare dell’inganni. Successivamente diventa anche come un demiurgo, un poeta che sotto gli occhi di tutti sceneggia la vicenda. Non di rado Plauto ricorre a procedimenti di metateatro, ovvero interrompe FRANCESCA DE GAETANIS elementi spettacolari: come profezie, naufragi. Enfasi su pathos e tragicità. Utilizzano anche uno sperimentalismo linguistico, per ottenere uno stile aulico e alto. Catone Marco Porcio Catone nasce a Tusculum nel 234 a.C. e muore nel 149 a.C. Molto attivo nella politica romana, ha seguito tutto il suo cursus honorum. Fu impiegato come accusatore in una serie di processi politici contro esponenti della fazione aristocratica ellenizzante, il partito degli Scipioni. Quando Atene mandò a Roma un’ambasciata di tre filosofi, Catone ne pretese subito l’espulsione, temendo che i loro insegnamenti potessero insinuare nella mentalità romana colti dubbi sulla validità dei modelli romani. Le Origines sono la prima opera storica in latino: Catone derideva e disprezzava l’annalistica romana in greco. E Roma era ormai la prima potenza sul Mediterraneo. Cicerone era un personaggio politico tra i più eminenti che decideva di dedicarsi anche alla composizione di opere storiche. All’interno dell’opera Catone espone le proprie preoccupazioni circa la corruzione dei costumi e la rievocazioni di battaglie che lui stesso aveva condotto in nome dello stato, contro l’emergere di singoli personaggi di prestigio. Elaborò una concezione naturale di Roma che insisteva soprattutto sulla lenta formazione dello stato e delle sue istituzioni attraverso i secoli e le generazioni; la creazione dello stato era vista come l’opera collettiva del populus Romanus stretto intorno alla classe dirigente senatoria. Catone non faceva i nomi dei condottieri, né romani, né stranieri. Anche Annibale era chiamato dictator Carthaginiensium. Catone si appresta a raccontare le storie delle popolazioni italiche e metteva in rilievo il loro contributo alla grandezza del dominio romano. Dimostrava inoltre interesse per i popoli stranieri e per le loro usanze. Utilizza una scrittura piena di arcaismi lessicali e morfologici, ma soprattutto a livello sintattico, nella netta prevalenza di paratassi, cioè nella giustapposizione di coordinate. Un’altra sua opera è il De agri cultura. Catone vuole dare una precettistica generale da applicarsi al comportamento del proprietario terriero. Rappresentato dal pater familias, il quale deve dedicarsi all’agricoltura come attività più sicura ed onesta per diventare un buon cittadino. Ma il tipo di proprietà che Catone descrive non è più il piccolo appezzamento di terra. L’impresa agricola è ormai un’impresa a vasta scala: il proprietario dovrà avere grandi magazzini, vendere molto e compare il meno possibile. Un’altra opera è il Precepta ad filium. In cui esprime le giuste caratteristiche di un buon cittadino: vir bonus dicendi peritus. L’operatore è un galantuomo esperto nel parlare. FRANCESCA DE GAETANIS Catone rifiuta di educarsi ai precetti retorici dei diversi manuali greci, allora circolanti. Una famosa massima è presente nell’opereretta morale dedicata al figlio in cui afferma: abbi chiaro il contenuto, le parole verranno da sole. Questo rifiuto di ogni elaborazione stilistica va interpretato alla luce della costante polemica contro la raffinata cultura retorica greca. Inoltre ritiene che il razionalismo greco è una minaccia per la res publica e in quest’ottica si comprende la battaglia di Catone in favore delle leggi suntuarie, le quali limitando i consumi dei ricchi aristocratici, limitano anche le manifestazioni di sfarzo, e cercando di impedire di perdere i patrimoni di famiglia. Terenzio È originario di Cartagine, è certo in quanto il suo cognome ‘Afer’ indica Africano. La data di nascita è indicata dalla tradizione 185-184 a.C. è famoso l’aneddoto secondo il quale abbia letto la sua prima commedia a Stazio, e quindi con riferimento a Plauto deve essere anticipata di circa dieci anni. E muore nel 159 a.c. durante un viaggio in Grecia. Non si conoscono i motivi, ma per collegarlo a Menandro, viene tramandato che sia morto a causa di un naufragio proprio come lui. A Roma deve essere giunto come schiavo del senatore Lucano alla fine della seconda guerra punica ed entra a far parte del circolo degli Scipioni. Possediamo sei commedie integre: Hecyra (la suocera) fu un fiasco per ben due volte, alla prima gli spettatori scelsero uno spettacolo di funamboli, alla seconda uno spettacolo di mimi, alla terza riuscì finalmente a terminare. Ricordiamo anche l’Heautontimorumenos (il punitore di sé stesso), Adelfoe, Andria, Enuchus, Phormio. Il rinnovamento di Terenzio sul teatro ha una portata molto elevata. Sicuramente a cambiare prima di tutto è il pubblico, il quale si restringe alla sola élite di aristocratici. Si tratta di un teatro meditativo nonostante rimanga il genere della palliata e con gli intrecci simili a quelli plautini. Tratta quindi temi etici e sociali. Si tratta di un teatro fatto di individui e non di maschere. I personaggi risultano essere anticonvenzionali, non sono dei tipi fissi, la suocera ad esempio risulta essere preoccupata per la felicità della nuora ecc… introduce un nuovo valore: quello dell’humanitas, in greco la philantropia. (Homo sum, humani nihil a me alienum puto). L’Enuchus è l’unica commedia di Terenzio che ha riscontrato maggior successo ed è quella che più di tutte si discosta dal tipo di commedia terenziana, e molto più simile a quella plautina. La commedia mette in scena un romanzesco travestimento e un burlesco personaggio di soldato fanfarone. All’interesse per i contenuti morali e culturali, Terenzio unisce una profonda consapevolezza della propria vocazione letteraria. La coesistenza di questi due aspetti è evidente nel rapporto con i modelli greci. Terenzio abolisce ogni forma di FRANCESCA DE GAETANIS metateatro per ristabilire la coerenza dell’illusione scenica. Ma la più grande novità ed importanza è data dal prologo come istituzione letteraria: qui Terenzio chiarisce il rapporto con i suoi modelli, discute questioni di poetica e tecnica drammaturgica in ciò avvicinandosi molto all’ideale alessandrino del poeta-filologo. In Plauto invece il prologo era utilizzato per rappresentare l’antefatto, l’intreccio e anche quello che sarebbe successo dopo, in modo da tenere il pubblico a conoscenza di ciò che veniva rappresentato. Utilizza uno stile molto simile al parlato quotidiano, ma delle classi colte ed educate, in Plauto era invece fantasiosa e inesauribile. Il lessico è selezionato, misurato e censurato al contrario di Plauto che è molto vario, ricco di giochi di parole, doppi sensi, allusioni. La metrica in Terenzio: ci sono numerosi dialoghi, in Plauto varia e ricca di cantica. Cecilio Stazio Autore di commedie non inferiore a Plauto e a Terenzio, ma le sue opere sono andate perdute nella loro integrità e ci restano solo scarsi frammenti. Era un liberto di origine straniera, nato probabilmente tra il 230 e il 220, fu portato probabilmente giovanissimo a Roma e divenne amico di Ennio. Di lui ci restano una quarantina di titoli di palliate e frammenti per quasi 300 versi. E i titoli hanno sia forme greche, che forme latine. Rispetto a Plauto sembra più vincolato al modello della Commedia Nuova e la figura dello schiavo, almeno dai titoli scompare. Il frammento più interessante dell’opera di Cecilio ci è riportato dal dotto del II secolo Aulo Gellio, che lo confronta con l’originale greco di Menandro: si tratta del Plocium (la collana). Cecilio trasforma il monologo originale in un canticum farsesco in cui un marito lamenta l’invadenza della moglie tecnica del vertere. Lucilio Nasce nel 168 a.C. a Suessa e muore nel 102 a.C. È il primo letterato che si trova in una posizione agiata a condurre una vita da scrittore. Scrisse trenta libri di Satire di cui ci restano circa 1300 versi in frammenti. Nei primi libri c’erano satire scritte in dattili, dal 22-25 in distici elegiaci e nei libri 26-30 in versi vari, scritti molto probabilmente prima di tutti gli altri. Lucilio si orientò verso l’esametro e dopo di lui nessun altro cambierà il metro satirico. Il libro conteneva una vasta composizione nota come Concilium deorum, una parodia di concili divini tipici della poesia epica, in cui gli dei decidevano di far morire di indigestione Lentulo Lupo, personaggio inviso agli Scipioni. Il tono utilizzato è sicuramente quello del moralismo, spirito polemico e realismo contro il lusso e le manie grecizzanti. Lo stile utilizzato è quello di una parodia dello stile epico, si tratta di un lessico tecnico che ha a che fare con la retorica, medicina, gastronomia, diritto e FRANCESCA DE GAETANIS Un altro è il Cato Maior: si ironizzano in maniera perfetta il gusto per l’otium e la tecnica dell’impegno politico. L’ultimo è Laelius sul tema dell’amicizia. A Roma molto spesso l’amicizia era intesa sempre da un punto di vista politico, ma il dialogo cerca di superare questo legame analizzando le dottrine greche. Sebbene non destinato alla pubblicazione non si può infine non ricordare l’epistolario, che ci ha trasmesso notizie essenziali per la ricostruzione della figura di Cicerone. In base ai destinatari le lettere vengono così definite: Ad familiares, ad Atticum, ad Quintum fratem, Ad Marcum Brutum. Cicerone va elaborando un percorso ideologico complesso e ricco di sfumature, che si può ricostruire attraverso le sue opere. Egli concepisce sempre l’attività forense come naturale completamento di quella politica e nella sua produzione letteraria ha come centro essenziale il tentativo di fondare una solida base ideale, etica e politica, per la formazione di una classe dirigente capace di governare efficacemente la complessa e variegata situazione politica romana. Cicerone si rende presto conto che pur senza perdere di vista la morale tradizionale romana, non è possibile trincerarsi in una acritica difesa del passato e che invece è necessario aprirsi alle istanze di rinnovamento culturale che provengono soprattutto dalle recenti trasformazioni sociali legate all’espansione dei domini romani. Attraverso un costante e approfondito confronto con la mutevole realtà socio-politica, che lo vede protagonista, Cicerone ritiene inizialmente che per uscire dalla crisi che grava sulla repubblica, sia necessario un accordo fra i ceti abbienti, ovvero senatori e cavalieri. È questo ciò che egli chiama concordia ordiunum, concetto che, pur rimanendo il fondamento del progetto politico ciceroniano, assume progressivamente una nuova fisionomia, per dilatarsi in una visone più ampia e articolata. Per superare i limiti strutturali che caratterizzano una semplice intesa fra ceto senatorio e ceto equestre, Cicerone comincia a pensare che sia inevitabile coinvolgere in un impegno più ampio e fattivo tutti i boni, ovvero tutte le persone agiate e possidenti, a prescindere dalla classe sociale di appartenenza, amanti dell’ordine politico e sociale, pronte all’adempimento dei propri doveri nei confronti della patria e della famiglia. Si tratta di quello che egli chiama il consensum omnium bonorum, tentativo di superare le divisioni fra i vari strati sociali chiamando a raccolta tutti i boni. Marco Terenzio Varrone Nato a Rieti nel 116 a.C. e morto nel 27 a.C. Fu molto attivo nella vita politica prima al fianco di Pompeo e poi al fianco di Cesare. Tra le opere antiquarie particolarmente importanti erano le Antiquitates, divise in due parti: Res humanae e una Res divinae. Quest’opera ci è per lo più nota dalle citazioni dei cristiani, che videro in lui il massimo teorico di quel paganesimo contro cui si battevano e secondo i quali Varrone distingueva tre tipi di teologia: 1. Favolosa FRANCESCA DE GAETANIS mitologica, 2. Naturale insieme delle teorie filosofiche sulla divinità, 3. Civile concepisce la divinità nel rispetto di un’esigenza politica, ed è utile allo stato. Il De lingua latina era una trattazione sistematica ed esaustiva che muoveva dai problemi di origine della lingua e di etimologia per affrontare successivamente la morfologia, la sintassi e la stilistica. Dei libri che restano tre sono dedicati all’etimologia e tre alla questione dell’analogia e dell’anomalia. Verrone non fu soltanto raccoglitore e ordinatore, ma fu anche autore di opere originali. Un esempio sono le Saturae Menippae: operette scherzose in versi e in prosa, perdute. Un’altra opera è il De re rustica unica opera che è rimasta completa. È un dialogo in cui intervengono persaggi come Tito Pomponio, Varrone stesso. Si parla di agricoltura in generale, dell’allevamento del bestiame e dell’allevamento di animali da cortile. Il vero proposito dell’opera è quello di dare un’immagine del vero signorotto di campagna, desideroso di vedere realizzato un modello di vita dignitoso e comodo che si imparare le tecniche minute dell’allevamento e dell’agricoltura. Cornelio Nepote Nasce nel 100 a.C. e muore poco dopo il 27 a.C. Si stabilì a Roma diventando amico di Tito Pomponio Attico, Cicerone e Catullo. La sua opera principale è il De Viris Illustribus, una raccolta della vita dei personaggi come aveva fatto Plutarco nelle Vite Parallele. Raccolto in sedici libri e ci rimangono quelle dei generali stranieri e quelle di Attico e di Catone. L’opera era costruita con l’intento di creare un confronto sistematico tra mondo latino e mondo greco. Non si basava su pregiudizi, anche Annibale era descritto come una persona positiva, nonostante fosse un acerrimo nemico. A parte ciò Nepote crede nei valori come la pietas, diligentia e prudentia. La Vita di Attico è un’altra opera molto importante. Ed esalta Attico. In Attico, Nepote vede incarnarsi una felice quanto difficile conciliazione tra virtù arcaiche e valori modernizzanti, fra fedeltà alla tradizione e ricerca della tranquillità personale. Caio Giulio Cesare Cesare è il principale protagonista dello scenario politico che caratterizza la seconda metà del I secolo a.C. con lui la repubblica giunge al tramonto e si creano le premesse per l’affermazione del principato. Percorso l’intero cursus honorum fino al consolato, nel 58 a.C. Cesare inizia la lunga campagna di conquista della Gallia, che si conclude nel 52 con la presa di Alesia. L’enorme prestigio derivato dai successi militari si traduce in uno straordinario potere politico, che l’opposizione dei suoi avversari, Pompeo in primis, non riesce ad arginare: il risultato è una lunga guerra civile sanguinosa che tocca l’Italia, la Grecia, l’Africa, la Spagna, dove Cesare insegue e FRANCESCA DE GAETANIS sconfigge gli ultimi pompeiani. Proclamandosi dittatore perpetuo, viene ucciso in una congiura alle Idi di Marzo del 44 a.C. Cesare affida il resoconto della propria epopea al De Bello Gallico e il De bello civili. Il primo narra la conquista della Gallia e il secondo narra la guerra civile contro Pompeo e i suoi. In realtà il loro nome intero è quello di Commentarii che letteralmente vogliono significare ‘ritorno alla memoria’. Indicava la narrazione a metà tra la raccolta di materiali grezzi e la loro rielaborazione letteraria, come accadeva con la storiografia. Per il De bello Gallico, otto libri, manca una vera e propria datazione, che ci ritiene che fosse scritto di getto nell’inverno del 52 e del 51 c’è chi invece ritiene essere stato scritto passo per passo. Si ritiene che sia stato pubblicato anche dopo la sua morte, anche perché l’opera finisce in sospeso l’esito della guerra di Alessandria. Cesare ricorre anche alla tecnica della satira-stilistica contro gli oppositori per svelare le basse ambizioni e meschini intrighi. In modo particolare di Pompeo il cui carattere imbelle è sottolineato in varie occasioni. La rappresentazione satirica per eccellenza la troviamo nella rappresentazione di Farsalo: sicuri della sconfitta di Cesare si contendono le cariche politiche, arrivando anche ad acchiapparsi. Per il De Bello Civili si ritiene che sia stato composto tra il 47 e il 46. Si divide in tre libri, i primi due narrano le vicende del 49, mentre il terzo quelle del 48. Cesare in quest’opera aspira soprattutto a difendersi dalle accuse degli avversari che lo presentano come rivoluzionario alle stregua dei Gracchi o di Catilina. Egli vuole dimostrare di essersi sempre mantenuto nelle leggi e di averle difese contro i nemici. Loda e dà valore ai soldati per ricambiare l’effetto delle sue truppe e per promuovere socialmente la categoria. Lo stile è molto scarno, rifiuta gli abbellimenti tipici dell’historia vera e propria. La forte riduzione del linguaggio valutativo contribuiscono moltissimo al tono apparente oggettivo e impassibile della narrazione. Il tono distaccato è rafforzato dall’utilizzo della terza persona per parlare di sé stesso. Omette, anticipa o posticipa i fatti per sminuire i suoi insuccessi. Mette in mostra la Gallia come una guerra difensiva per giustificare l’imperialismo romano. Si mostra moderato nella guerra civile per conquistare l’opinione pubblico. Riduce alcuni eventi alla fortuna per spiegare gli improvvisi cambiamenti di situazione. Utilizza molto i discorsi diretti e drammatizza alcuni episodi. Evita le forme arcaiche e dei colloquialismi e dei grecismi. Come si è detto il corpus cesariano comprende anche delle opere spurie, un esempio potrebbe essere VIII libro del De bello Gallico composto da Aulo Irzio. Altre opere come: il Bellum Africanum e il Bellum Hispaniense. Sallustio FRANCESCA DE GAETANIS frammenti, si tratta di discorsi e lettere come quelli di Mitridate, soldato orientale che combatté lungamente contro i romani. Lucrezio Sulla vita di Lucrezio abbiamo molte notizie dubbie e i riferimenti sono alle fonti di Girolamo e di Elio Donato, sulla base delle quali possiamo dire che visse all’incirca tra il 98 e il 55 a.C. Da alcune fonti sappiamo che quando Virgilio compì 17 anni, sotto i medesimi consoli in cui era nato, Lucrezio morì. E siccome i consoli sarebbero Crasso e Pompeo e vennero eletti nel 53 aC. Forse la sua morte va posizionata intorno al 50. Secondo alcune notizie, trapelate sono a partire da Girolamo, Lucrezio sarebbe impazzito a causa di una pozione d’amore e avrebbe scritto il suo poema negli intervalli di lucidità, ma è probabile che con questa notizia l’autore cristiano abbia voluto screditare Lucrezio in quanto sostenitore dell’epicureismo, la filosofia materialistica e anti provvidenziale. Non ne parla Lattanzio, essendo anche lui cristiano, sarebbe stato utile anche da parte sua parlarne. Quindi questo non dà la veridicità del fatto. Comunque il poema di Lucrezio non ebbe l’ultima revisione e fu oggetto delle cure editoriali di Cicerone, che ne apprezzava le sue doti poetiche. L’opera su cui si occuperà Lucrezio è il De Rerum Natura, un’esposizione in versi della filosofia epicurea, di cui il poeta auspica la diffusione della società romana. Il poema è diviso in sei libri riuniti in tre gruppi da due libri (diadi) che trattano rispettivamente argomenti che riguardano la materia e glia atomi, il mondo umano e i fenomeni cosmici. Il poema è dedicato a Memmio, personaggio in vista nella società romana: Lucrezio vuole propagandare l’epicureismo presso la classe aristocratica, tendenzialmente ostile a questa filosofia (che predicava l’astensione della politica e negava la religione tradizionale) e più incline allo stoicismo (che esaltava il senso del dovere e l’impegno in politica). Lucrezio sottolinea che l’epicureismo è l’unica filosofia in grado di liberare gli uomini da delle idee di pensare errate, rispondendo in questo modo: gli dei non devono essere temuti, non bisogna aver paura della morte (quando lei c’è, noi non ci siamo e quando non ci sei lei non c’è. Con riferimento alla teoria atomistica di Democrito), il piacere è facile a procurarsi e il dolore è facile da sopportare. Bisogna quindi seguire i dettami già dati da Epicuro, bisogna seguire i piaceri necessari e naturali, come il mangiare, il dormire, poiché portano all’autosufficienza (autarkeia), stare attenti ai piaceri naturali e non necessari come il sesso, e eliminarli quelli non necessari e non naturali come il dolore. Il De Rerum natura è un poema didascalico di argomento filosofico, come indica il titolo stesso che si ispira soprattutto alle opere in esametri di Empedocle e Parmenide. Epicuro condannava ogni tipo di poesia, Lucrezio la riprende perché solo in quel modo può arrivare un argomento considerato non importanti all’alta classe romana. Così come si mette il miele sul bordo per dare l’assenzio amaro ai bambini per curali, la poesia ha lo stesso ruolo per fare arrivare questi nuovi argomenti. Da qui infatti la FRANCESCA DE GAETANIS scelta di cominciare con un Inno a Venere, nonostante per la filosofia epicurea gli dei sono considerati così perfetti da non curarsi degli uomini. Attraverso la descrizione atomistica di Lucrezio descrive che l’anima è fatta di atomi, e come tale è mortale. Descrive anche il significato di religio, la quale non è religione ma superstizione. Anche i fenomeni fisici possono essere spiegati tramite la fisica e non per volere degli dei. Spesso Lucrezio mostra grande ottimismo apostolico ed è fiducioso che l’umanità sarà rinnovata dall’Epicureismo, non ha paura di polemizzare contro i valori tradizionali romani, e, soprattutto di schierarsi contro l’impegno politico attraverso l’epicureismo. Altre volte invece prevale il pessimismo e il poeta prende atto della stoltezza del genere umano. Lucrezio analizza infatti le tappe del progresso umano, afferma infatti che ci sono molti elementi positivi che hanno fatto progredire il genere umano, come la scoperta del fuoco o anche l’agricoltura. Altre invece che sono negative a cui l’uomo spesso vi è giunto casualmente come la guerra. Quindi sicuramente il progresso ha migliorato la vita, ma l’ha anche resa crudele e precaria. Perciò il poeta deve allontanarsi dalle sciocchezze e dalla ricchezza secondo il consiglio di Epicuro: lathe biosas (vivi in disparte), l’unica vera ricchezza è lo studio della natura con gli amici più fidati. Lo stile di Lucrezio è ricco di arcaismi – con cui vuole richiamare la solennità degli antichi filosofi greci ma anche lo stile arcaico di Ennio- e di poetismi. Catullo Originario di Verona, della Gallia Cisalpina, dove nasce attorno all’84 a.C., Catullo frequenta i personaggi più in vista dell’ambiente politico e culturale romano. Massimo presentatore della nuova poesia, ha tra i suoi amici più stretti i poeti neoterici Licinio Calvo e Elvio Cinna. L’evento centrale della sua vita è la storia d’amore con Clodia, cantata dal poeta sotto lo pseudonimo di Lesbia, sorella del tribuno Clodio Pulcro e moglie di Metello, console nel 60. Probabilmente fa un viaggio in Bitinia al seguito del governatore Memmio. Mori dopo il 55 a.C. Le nuovi grandi conquiste del II secolo a.C. che avevano aperto alla potenza romana lo scenario dell’area orientale del Mediterraneo e messo a contatto l’arcaica società di contadini-soldati con le popolazioni abituate a forme di vita più raffinate, portano una trasformazione di modi di vita della società romana. Anche la letteratura cambia. E per indicare questi nuovi poeti Cicerone dà l’appellativo negativo di neoteroi ‘poeti moderni’. Preludio è la comparsa nell’èlite romana di un genere di poesia dal tono leggero e di dimensioni ridotte ‘nugae’. Coltivata nella cerchia intellettuale che faceva capo all’aristocratico Catulo, che si dedicava a queste poesie solo nel momento dell’otium. I neoteroi invece metteranno per sempre da parte il negotium FRANCESCA DE GAETANIS per dedicarsi unicamente all’otium, sintomo anche della diffusione dell’epicureismo. Tema centrale erano sicuramente le poesie d’amore il quale è fulcro della ragione essenziale. Si lascia spazio quindi a una poesia breve, ma con grande attenzione alla raffinatezza. Con riferimento alla poesia callimachea. Di Catullo è giunto a noi un Liber di 116 carmi divisi in tre sezioni: i polimetri detti anche nugae componimenti scritti in vari metri; i carmina docta dal 61 al 68 caratterizzati da una maggiore estensione e da un impegno stilistico, e poi ultimi sono gli epigrammi, carmi brevi in distici elegiaci. Questo ordinamento non risale però a Catullo, ma ad un’edizione postuma. Infatti nella proemio delle Nugae Catullo dedica a Cornelio Nepote un libellus dicendo che contiene nugae, quindi molto probabilmente si trattava di testi a sé stanti. La dimensione ridotta dei carmi brevi si coniuga con la modestia dei contenuti, che inscrivono in un mondo di sentimenti privati (affetti, amicizie, passioni) e favorisce d’altra parte la ricerca della perfezione formale. Poesia d’occasione che ricerca la spontaneità come effetto programmato, la poesia dei carmi brevi rivela un alto tasso di letterarietà, frutto di un ricco patrimonio di dottrina; si rivolge a un pubblico di intenditori, gli amici della cerchia neoterica. Lepos, voluptas, urbanitas (grazia, eleganza, umorismo raffinato) sono le parole chiave di un codice estetico condiviso, che governa i comportamenti e il gusto artistico all’interno della cerchia di amici poeti. Sull’universo dei carmi domina la storia d’amore con Lesbia e per Lesbia. Gioie, tradimenti, disinganni di questo amore sono tutti vissuti dal poeta come esperienza totalizzante della vita. Nei carmi dotti Catullo si cimenta con il genere dell’epillio, caratterizzato da raffinata elaborazione stilistica e dottrina preziosa, e compone un modello esemplare di poesia latina: 1. Cc. 61-62 sono degli epitalami, usati da Saffo e adattati al mondo latino 2. Cc. 63 è un epillio: evirazione di Attis per farsi sacerdote di Cibele 3. Cc. 64 epillio: narra le storie di Peleo e Teti e sul lenzuolo è raccontata la storia di Arianna abbandonata da Teseo. 4. Cc. 65 biglietto di dedica a Calvo del c.66 5. Cc. 66 traduzione della Chioma di Berenice di Callimaco 6. Cc. 67 una porta racconta che cosa è successo nella casa 7. Cc. 68 mito di Protesilao e Ladomia con all’interno la storia di Catullo e Lesbia Per lo stile utilizza il sermo familiaris, con l’uso di diminutivi sempre nel rispetto del lepos. Virgilio FRANCESCA DE GAETANIS Al più tardi nel 33 a.C. Orazio pubblicò il I libro delle Satire, cui seguì un II libro assieme agli Epodi. Gli Epodi rappresentano il lato più mordace e irridente di Orazio, sebbene con rivelanti divergenze di tono e di genere letterario. Il titolo Epodi rimanda alla metrica e al verso usato chiamato iambo. Formato da una breve e una lunga. I due aspetti principali sono: aggressività e la polimetria. Gran parte dell’aggressività è sicuramente dovuta all’imitazione dei modelli greci, che sono soprattutto Archiloco, Ipponatte e per quanto riguarda la struttura dei metri a Callimaco. Sicuramente il contesto in cui operava Archiloco era diverso dal suo. Nel caso del primo si tratta di un aristocratico greco. Orazio scriveva nella Roma dominata dai triumviri e sarebbe entrato nell’entourage di Ottaviano e per questo non poteva permettersi di scagliarsi contro dei personaggi politici importanti. Quindi i suoi bersagli erano dei personaggi minori, oppure fittizi. Le Satire, libro dedicato a Mecenate, fu pubblicato entro il 33. Cimentandosi nel genere satirico, che a differenza di quello giambico aveva una tradizione interamente romana, Orazio diede vita a una poesia di tono discorsivo e di argomento morale. Tuttavia in questa raccolta il poeta non si erge a giudice severo o a maestro, e preferisce affrontare la tematica morale con un tono non aggressivo ma benevolmente ironico. Comincia a seguire l’io lirico riflessivo, realistico e moderato che poi ritroviamo con profondità ancora maggiore nelle Odi e nelle Epistole. Lucilio era colui che aveva fissato due tratti fondamentali della poesia satirica, la scelta dell’esametro e l’uso della satira come strumento di aggressione personale. Ma Lucilio oltre alla polemica personale lascia spazio anche a discussioni letterarie e filosofiche, lettere e conversazioni. Gli obiettivi principali della ricerca oraziana sono l’autarkeia e la metriotes (la moderazione). Questi concetti accomunano diverse scuole filosofiche, impegnate a proteggere l’individuo dalla schiavitù e dei beni esterni e dai contraccolpi. Un altro elemento importante è la philia cioè l’amicizia, la solidarietà del gruppo verso il mondo esterno, in una comunanza di condotta e di ideali. E anche il buon senso che si apprende dalla vita quotidiana. Tra le Satire troviamo argomenti di tipo letterario-programmatico, argomenti morali, mini dialoghi, argomenti gastronomici ecc…Nella libro delle Satira II il ruolo principale è dato dagli interlocutori, ognuno con delle proprie verità che sono considerate equivalenti, la satira quindi non può più essere il luogo della ricerca. Il poeta si ritira quindi nella sua villa sabina. Nel 23 a.C. furono pubblicati i libri I-III delle Odi, seguiti da un quarto libro attorno al 13 a.C. Nelle Odi, Orazio porta la lirica latina ai massimi vertici, sia per l’eleganza artistica e metrica, sia per il contenuto, perfettamente equilibrato tra modelli greci e contributo personale. Il personaggio-poeta oscilla tra malinconia per la caducità dell’esistenza, invito al godimento dell’oggi, esaltazione del sentimento dell’amicizia, FRANCESCA DE GAETANIS visione ironica del gioco dell’amore, ricerca della serenità. Non poche odi mostrano l’adesione del poeta alla propaganda augustea, soprattutto nel libro 3 e 4. I modelli a cui si rifà sono Alceo, Saffo, Pindaro e gli alessandrini. Non si tratta di imitazione ma di originalità gli argomenti che analizza sono: la brevità della vita, il carpe diem (bisogna vivere la giornata come se fosse l’ultima, senza rivolgersi verso il passato. Non è solo invito al godimento, ma significa tenere sempre presenti la felicità già vissuta e i beni già goduti), la serenità del saggio e ricerca della saggezza come lotta continua gli affetti come l’amicizia e amore, il locus amoenus e l’angulus, il luogo dopo persino l’idea della morte fa meno paura. I generi spaziano dalla poesia conviviale, agli inni e alla contaminazione di generi alla maniera alessandrina. E i metri variano e sono di varia lunghezza. L’ultima opera sono le Epistole, pubblicate tra il 20 a.c. E IL 13 a.c. Nel primo libro Orazio ritorna ai temi e allo stile delle Satire, mentre nel secondo prevalgono le questioni di carattere letterario. Con il secondo libro viene solitamente pubblicata l’Ars poetica, una lunga epistola di teoria letteraria in realtà destinata a una circolazione autonoma. Nel primo libro si nota ormai come la vecchiaia ormai prossima abbia fatto venire meno la fiducia nelle regole della saggezza che Orazio aveva espresso nelle Satire e nelle Odi. Il secondo libro è invece dedicato a questioni letterarie, che culminano nella riflessione dell’Ars poetica, in cui Orazio espone i principi della composizione poetica: coerenza, equilibrio, misura, rispetto delle regole del genere letterario. Elegia Con il termine elegia si indicava inizialmente qualunque componimento in distici elegiaci. In Grecia l’elegia era seguita solitamente dal simposio, e si caratterizzava per la ricchezza di temi (guerra, politica, amore). L’elegia ellenistica invece ebbe un carattere inizialmente narrativo e oggettivo, talvolta collegando la storia d’amore del poeta a episodi del mito. Rispetto all’elegia greca, quella latina si caratterizza per l’impostazione soggettiva e autobiografica, che ha solo pochissimi precedenti nei poeti elegiaci ellenistici. Si concentra quasi esclusivamente su tematiche amorose e con caratteristiche ben precise (servitium amoris che è il rapporto di schiavitù che lega il poeta-amante alla sua domania, e la nequitia cioè la vita di degradazione del poeta-amante, che trascura i valori propri del civis per dedicarsi esclusivamente all’amore), inquadrandole tuttavia in forme e situazioni tipiche e attraverso topoi sempre presenti. Tibullo Nasce probabilmente fra il 55 e il 50 nel Lazio rurale, e morì poco dopo Viriglio. Il punto di riferimento centrale della sua biografia è il rapporto di amicizia con Massala FRANCESCA DE GAETANIS Corvino, nobile uomo politico repubblicano attorno al quale si era riunita una cerchia di poeti e di letterati. Al suo seguito Tibullo partecipa ad alcune spedizioni militari. Sotto il nome di Tibullo l’antichità ci ha trasmesso il cosiddetto Corpus Tibullianum in quattro libri, dei quali solo i primi due vengono attribuiti a loro. Suoi dovrebbero essere inoltre alcuni componimenti del IV libro. Il primo libro è dominato dalla figura di Delia, descritta secondo le convenzioni del genere elegiaco come volubile e amante di piaceri mondani: la sua relazione con il poeta è tormentata, sempre più insidiata dai rischi del tradimento. Significativa è l’elegia di chiusura,10, che celebra la pace e la vita campestre. La campagna tibullina è un luogo idillico e di felicità, di vita semplice e serena che risponde ai ritmi della natura e pervasa da un senso di rustica religiosità ancestrale. Rivela il suo carattere italico, con il patrimonio di antichi valori agresti celebrati dall’ideologia arcaizzante del principato. Nel II libro emerge invece la figura di un’altra donna. Nemesi, cortigiana avida e spregiudicata. Delle rimanenti una donna, Neera che descrive le celebrazioni di una festa agricola e l’altra celebra la nomina del figlio di Massala sacerdote. Properzio Sesto Properzio nasce in Umbria fra il 49 e il 47 a.C. trasferitosi a Roma, invece di dedicarsi alla formazione retorica frequenta i circoli mondano-letterari della capitale e si lega a una donna elegante e spregiudicata, cantata con il nome di Cinzia. Accanto alla relazione con Cinzia l’altro evento importante della biografia di Properzio è il contrasto con Mecenate e il suo famoso circolo. Properzio frequenta assiduamente gli altri poeti del circolo, stringendo forte amicizia con Ovidio. Muore probabilmente introno al 16 a.C. Di Properzio possediamo quattro libri di elegie. Il primo libro è dedicato interamente alla relazione con Cinzia. Il secondo libro reca una traccia vistosa, nella prima elegia, dall’incontro con l’ambiente ufficiale di Mecenate, con il rifiuto (recusatio) della poesia epica celebrativa. Cinzia, con il suo umore volubile e i suoi tradimenti è ancora la protagonista, anche se la relazione si fa burrascosa e più fragile, e incombe su di essa la minaccia del discidium. Nel terzo libro, accanto al tema dell’amore elegiaco, cominciano a comparire altri motivi legati all’ideologia del regime augusteo. Con il quarto e ultimo libro, la poesia properziana si allontana dalle tematiche amorose per dedicarsi alle celebrazione della storia di Roma: Properzio, seguendo il modello degli Aitia (le cause) di Callimaco, illustra miti e riti della tradizione romana e italica. Cinzia è presente solo in due elegie, in una delle quali ritorna come fantasma per rimproverare il poeta. Ovidio FRANCESCA DE GAETANIS Epistulae ex Ponto, in cui il poeta affida ai versi il dramma della propria viva esperienza umana, facendo così della poesia una dimensione quasi esclusiva di esistenza. Caduto in disgrazia nel periodo dell’esilio Ovidio deva anche difendersi dagli attacchi dei suoi nemici: a tale scopo risponde un poemetto in distico elegiaco, intitolato Ibis e interamente costituito da criptiche invettive. Tito Livio Nasce a Padova nel 59 a.C. Giunto a Roma, pur non partecipando direttamente alla vita politica, entra in relazione con augusto. Dopo aver nutrito interessi filosofici si dedica completamente alla composizione della sua opera monumentale, gli Ab urbe condida libri. Muore a Padova nel 17 d.C. Ab urbe condita libri è il titolo tramandato per l’opera storica di Livio: vi si narra della fondazione di Roma in 142 libri della fondazione fino all’epoca contemporanea. L’opera non ci è pervenuta integra: si sono conservati soltanto i libri 1-10 e 21-45 e scarsi frammenti degli altri libri. Dei libri conservati i primi dieci sono dedicati agli avvenimenti più antichi della storia romana, fino alla terza guerra sannitica; i libri 21- 45 trattano degli avvenimenti della seconda guerra punica fino al termine della guerra contro la Macedonia, nel 167 a.C. Dei libri perduti si sono conservate le cosiddette Periochae, brevi riassunti composti probabilmente tra il III e il IV secolo d.C. Gli Ab Urbe condita libri tendono a una rappresentazione patetica e drammatica. Questo stile è infatti funzionale all’intento moralistico e didascalico assegnato dall’autore alla propria opera: attraverso la rassegna degli uomini e delle virtù fornire ai lettori un repertorio di exempla morali da seguire in un periodo di crisi come quella vissuta da Roma. La narrazione avvincente serve dunque a coinvolgere il lettore e a farlo identificare nei personaggi. A quanto pare il regime augusteo non operò nei confronti della storiografia, un tentativo di egemonia paragonabile a quello attuato nei confronti della poesia. Livio non si collocava correttamente all’opposizione, ma neppure svolgeva una propaganda di sostegno acritico. Sappiamo che da una testimonianza di Tacito, Augusto, soprattutto dopo la riforma costituzionale del 27, era più desideroso di presentarsi come il restauratore della repubblica come erede di Cesare; di conseguenza tollerava, ed egli stesso utilizzava il culto dei martiri della res publica. Nella Prefatio racchiude l’intento di Livio: pedagogico e moralistico. Livio riconosce che la corruzione e la decadenza dei costumi si sono fatte strada anche in Roma, ma più tardi anche in qualche altro stato, e nel complesso nessun altro popolo può offrire esempi più insigni di grandezza morale e di integrità dei costumi. L’impero di Roma, secondo Livio, è stato edificato secondo la fortuna (quasi una provvidenza divina) e la virtus del popolo romano stesso. Grazie a questi due fattori, nessun altro popolo o condottiero ha potuto opporsi a Roma. Mostra una reverenza quasi sacra davanti a tanto spazio di tempo o di fatti. Gli eroi, le battaglie, le frasi e gli aneddoti più celebri FRANCESCA DE GAETANIS da lui ricordati agiscono come modelli di comportamento sociale ed individuale, sono inviti alla virtù o avvenimenti contro le atrocità: il grandioso passato indica la via della salvezza a chi dovrà rinnovare nel presente il prezioso esempio. L’utilità della storia non consiste nella precisione ricostruttiva degli eventi e nell’analisi oggettiva dell’accaduto, quanto piuttosto la capacità di descrivere efficacemente i fatti in modo da suscitare emozioni da parte del lettore. La historia rientra dunque nella letteratura e della retorica. Livio si avvicinò a uno stile ciceroniano, criticando tutti gli scrittori dediti alla ricerca della brevitas. Quintiliano parlò di candor e di lectea ubertas, cioè uno stile ampio e luminoso senza artifici, che evita ogni asperitas e dove i periodi scorrono con facilità.