Scarica Riassunto del libro fragilità ed inclusione e più Dispense in PDF di Pedagogia solo su Docsity! Fragilità e Inclusione – nuovi scenari d’intervento psico-educativo a favore delle relazioni di cura Il lavoro di Alessandra lo Piccolo ha come focus riflessivo, l'analisi tesa a scandagliare la fragilità, l'inclusione e le relazioni di cura nei vari contesti di vita del soggetto e nello specifico della scuola. Stampato inoltre, in un momento sociale veramente complesso, ovvero quello della pandemia del COVID-19. Una pandemia che ha avuto ed ha conseguenze sociali molto forti e le cui ripercussioni maggiormente hanno investito i rapporti umani, l'unicità della persona, determinando maggiore vulnerabilità; Vulnerabilità e va ascoltata e che richiede sguardi di cura al fine di identificare tempisticamente quelle situazioni problematiche che creano disfunzionalità ma che sollecitano l'agire educativo. Concetti come il senso di sé, personalità integrata e adeguata autonomia, rappresentano gli indicatori di una nuova visione della pedagogia speciale che si interroga sul cosa e in che modo gestire al meglio le fragilità insite nella persona per supportare il funzionamento globale attraverso la facilitazione del proprio potenziale di sviluppo possibile. Ciò è finalizzato a trovare all'interno dei contesti scolastici, nuove strade ed escogitare nuovi modi per tutelare l'unità epistemologica del soggetto, consegnando all'imperfezione umana quella condizione ontologica di umanità necessaria all'uomo per poter divenire ciò che egli deve divenire. CAPITOLO 1 Per una rivalutazione della fragilità La ricerca in campo educativo didattico sta prendendo atto della diffusione di forme di bisogni e di disagio fisico, psicologico e sociale che influenzano la vita quotidiana dei singoli e della collettività, a cui è necessario rispondere con azioni puntuali e mirate; Lo dimostrano l'aumento degli studi intorno a quella dimensione della vita considerata costitutiva dell'essere umano che è la fragilità. Essa e il sentimento di vulnerabilità che ne deriva divengono le caratteristiche costituenti la soggettività dell'uomo postmoderno, non può esservi più alcuna costruzione dell'identità che non debba completare la fragilità; ma è pur vero che oggi particolari sono le condizioni di fragilità che le donne gli uomini vivono. Quindi in tale prospettiva diventa necessario promuovere la fragilità umana come punto di partenza per la costruzione di un orizzonte di possibilità, di esperienza umana e sociale. Ciò, tuttavia, stride con l'attuale concezione della società odierna in cui non sembra poter esservi spazio per la fragilità, tra una lettura pedagogica di approccio fenomenologico possiamo osservare esperienze ridondanti di rimozione del dolore, della morte e della sofferenza, una rimozione della vita stessa. Anche ai bambini viene chiesta la stessa cosa nella misura in cui viene loro risparmiata l'esperienza del dolore o della perdita come se fosse una realtà dalla quale possono devono fare a meno; moltissimi sono gli esempi di negazione del limite e di mascheramento della fragilità poiché il disagio e la vulnerabilità sono condizioni comuni a tutti gli esseri, di qualsiasi età, malati o sani, che nelle istituzioni come la scuola o luoghi di lavoro sperimentano forme di limitazione della libertà di espressione di quella natura umana che proprio nella fragilità trova la propria autentica espressione. è necessario quindi cercare di raffigurare le opere diverse forme di vulnerabilità sono più facilmente intercettabili, chi, nel panorama dei servizi, degli operatori, delle reti informali potrebbe individuarle e concepire come si potrebbero promuovere i progetti di vita e di empowerment dei soggetti. Si fa spazio quindi una nuova epistemologia nel campo delle relazioni umane e sociali, quella del limite, dell'essere fragili e vulnerabili, con la quale ricentrare i termini chiave della relazione educativa. Una pedagogia basata su questa idea di uomo, che ricostruisce il suo statuto ad un soggetto fragile e vulnerabile, pone l'incertezza al centro dei propri procedimenti, e al contempo tale fragilità sembra poter rappresentare un'occasione per ricomporre il quadro della tradizionale pedagogia. Educare all'impegno e al senso di responsabilità significa rendere l'educandato consapevole del ruolo che svolge all'interno della società e ciò comporta l'assunzione di un impegno nei confronti di sé stesso e degli altri; La via di un esistere pedagogico, in cui ciascuno può ricostruire e riconoscere la propria storia passata e pensare al futuro progettando con consapevolezza e libertà. Incontrare la fragilità, il limite, quindi conoscere la sofferenza e rendersi conto della propria condizione umana è fondamentale durante l'approccio educativo, poiché oggi il principale obiettivo sociale sembra essere quello di rendere insensibili alla sofferenza, invece la riflessione pedagogica individua nella cura di sé e nella formazione un atto di guida, di stimolo, e di sostegno possibile per fronteggiare quella che rimane una connaturata necessità dell'uomo di oggi. Il limite potrà essere vissuto come risorsa e opportunità di crescita e un'attenzione particolare dovrà essere posta anche al concetto di rischio prossimo a quello di limite. Inoltre, Un altro aspetto che costituisce una fragilità e il corpo che abbiamo, la riflessione fenomenologica ci porta a recuperare quella insopprimibile istanza prossima all'io che fa del corpo il cardine essenziale della presenza al mondo e che ci fa intendere la corporeità senza riprodurre il dualismo soggetto- oggetto, come Sartre afferma il mio corpo non è un corpo ma è mio perché tutt'uno con il soggetto che io sono. Nella società odierna a causa anche dei mass media la dimensione corporea della persona viene svuotata del suo senso interiore, ma il corpo è soggettività ed oggettività, espressione dell'esistenza personale in quanto delimita lo spazio, misura la relazione con gli altri corpi e cambia nel tempo. Pensarsi come soggetto psicofisico il cui corpo ci rende parte di un tutto che ci permette di conoscere tempo e spazio è fondamentale per il quadro educativo, nel quale è importante pensare pratiche e teorie pedagogiche come occasione di esplorazione riscoperta del ruolo del corpo all'interno del processo formativo, poiché è importante fare in modo che l'uomo non potendo arrestare il tempo accetti di essere tanti corpi, tutti i corpi che dovrà essere. Quando invece la malattia, la disabilità, il disagio riportano al corpo come limite, come ostacolo, perché riconducono al corpo oggetto, la persona si ritrae sull'incertezza propria dei tratti del corpo costruiti e rappresentati; solo il gesto di cura, la presenza e la vicinanza degli altri corpi possono aiutare a reggere questa concezione e a riaprire le porte ad una nuova abilità del corpo. Riscoprire la fragilità in questo senso potrebbe voler dire concedersi un'altra opportunità, ti riscatto per vivere con consapevolezza e pienezza la propria identità di uomini e di donne. Il progettare implica in qualche modo la predeterminazione di un modello cui conformare il soggetto attraverso regole e programmi e l'approccio educativo tiene sempre in primo piano i due protagonisti dell'educazione, docente e discente, come entrambi caratterizzati da intenzionalità. Non è soltanto colui che educa a possedere una intenzionalità che si traduce in progetto da realizzare, anche l'educando infatti è portatore di un'intenzionalità, poiché ha un progetto ed è consapevole; la progettualità che si genera entro la cornice della cura educativa ha sempre presente il pericolo del prevalere dell'intenzionalità del progetto dell'educatore su quella dell'educando e ciò pone la ridimensione dell'aspetto tecnico- specialistico che connota la progettualità scolastica. Quindi all'interno dei contesti educativi orientati alla consapevolezza del sé e della relativa assunzione del limite come categoria umana, si colloca a pieno titolo la cura quale luogo privilegiato di incontro tra limiti e potenzialità personali, una relazione d'aiuto, estremamente educativa, il cui fine è di favorire un cambiamento nel soggetto nel suo contesto sociale, che gli permetta di valutare e affrontare i problemi in maniera diversa, sperimentando strategie che gli permettano di prevenire la cronicizzazione di un bisogno. CAPITOLO 3 Limiti e fragilità nella relazione educativa: aspetti di comunicazione Prendersi cura di una persona significa innanzitutto rispettare, stimolare e valorizzare lo svolgersi della sua esistenza, secondo la progettualità che essa stessa contiene e che a priori non è conosciuta neanche dal soggetto stesso e ancor meno da chi ne è esterno. Piuttosto che considerare una persona come priva di risorse poiché ha bisogno di cure speciali, l'educatore competente, ne rispetta la personalità e i diritti, e se ne prende cura con l'obiettivo di incoraggiarne l'indipendenza e la crescita. In tale contesto la linea progettuale sarà orientata a potenziare gli aspetti di unicità e di irripetibilità di ogni singola relazione puntualizzando la necessità di progettare di volta in volta interventi specifici che tengano opportunamente conto di tali differenze, le valorizzino e le utilizzino come risorsa per il cambiamento e l'aiuto stesso alla persona. Se da una parte, infatti, si riconosce nella teoria umanistico-esistenziale, approccio che meglio riesce a coniugare alcuni aspetti biologico-comportamentali con quelli umanistici-relazionali, ponendo al centro la persona e non il risultato o il bisogno, dall'altra parte avanza una contestuale lettura sistemico- relazionale del tema che permetta di cogliere anche gli aspetti legati al contesto ambientale e personale in cui la relazione-comunicazione si attua e si consuma e si ripropone di volta in volta. Tale rapporto rappresenta uno spaccato e un aspetto importantissimo e fondamentale in cui la relazione d'aiuto trova la sua massima espressione oggi come ieri nelle diverse culture e nelle diverse epoche, rispecchiando e proponendo valori e significati di volta in volta differenti, accomunati però dalla centralità della persona umana con le sue peculiarità che rende l'incontro una opportunità unica ed irripetibile. Partendo dal valore centrale del processo educativo proprio della cura, pedagogicamente intesa, e cioè il rispetto della persona umana nella sua dignità e libertà, che si traduce in atteggiamenti quali l'accettazione e l'auto-determinazione, si può rilevare come questo aspetto sia sicuramente tutelato. È necessario dare ampio spazio al soggetto e alle sue relazioni, si potenzia la capacità dell'educatore di leggere il bisogno, il particolare bisogno della singola persona, non fermandosi semplicemente a quanto viene richiesto esplicitamente dall'utente. La vera assistenza si basa su un atteggiamento e un comportamento rivolto ad educare e/o aiutare un'altra persona a crescere. Manjeroff, un filosofo che si è particolarmente interessato allo studio della natura dell'assistenza, afferma che assistere un'altra persona, se si vuol dare a questa espressione il suo più profondo significato, vuol dire aiutarla a crescere e a relazionarsi. Piuttosto che considerare una persona come priva di risorse - poiché ha bisogno di assistenza e di cure - l'operatore capace ne rispetta la personalità e i diritti e l'assiste con l'obiettivo di incoraggiarne l'indipendenza e la crescita. Sul piano relazionale, quindi, la centratura dell'aiuto sul bisogno e non sulla persona, nella sua esclusiva dimensione biologica, comporta una profonda svalutazione della dimensione relazionale, una componente fondamentale della competenza dell'educatore, medico o insegnante che sia, sostituendo al soggetto la definizione del suo bisogno speciale e, soprattutto, configura una dinamica relazionale spersonalizzata. È la capacità di prendersi cura di una persona piuttosto che di un problema, cioè di essere aperti a mettere in gioco le proprie emozioni e a leggere quelle dell'altro, a decentrarsi cognitivamente assumendo un atteggiamento aperto e creativo che permetta uno scambio con la cognizione altrui. Seppure tale aspetto si impone all'attenzione dei più anche fra gli esperti in materia, col sopraggiungere di un evento traumatico, improvviso davanti al quale, il racconto dell'evento imprevisto, ossia quella situazione di incertezza a cui la narrazione apre un significato, questa necessità è propria di vissuti educativi anche quelli che si consumano quotidianamente fra le mura scolastiche. Certamente l’irruzione della malattia, di un evento traumatico costituisce sempre una rottura nella misura in cui essa impone non solo modificazioni nell'organizzazione concreta della vita, ma mette anche in causa il senso dell'esistenza degli individui, l'immagine che hanno di sé stessi e le spiegazioni che essi ne danno. «Questa caratteristica evidenzia particolarmente come i soggetti della narrazione nelle situazioni in cui, di volta in volta, si trovano coinvolti, agiscano coerentemente ai loro stessi stati intenzionali, i quali, ovviamente, condizionano, ma non determinano definitivamente il corso degli eventi. In questo complesso rapporto tra identità, narrazione e linguaggio, è possibile, come evidenzia l'autore, individuare degli indizi che, in una narrazione autobiografica, ci rivelano la visione che chi parla ha di sé stesso e degli altri. La biografia narrativa consente ai soggetti di ripercorrere le proprie esperienze e le proprie azioni ricostruendone il senso, portando alla luce le in-tenzioni, le motivazioni, gli aspetti etici e valoriali in essi implicati, immettendole all'interno di una rete di significati culturalmente condivisi e riconoscendo ad esse continuità ed unità narrativa. Come affermano Syed e Azmitia, la narrazione viene dunque pensata quale strumento che consente al soggetto di cogliere in profondità i vissuti emotivo-affettivi connessi con la propria esperienza storica e di riflettere sui nessi causali che collegano e intrecciano gli eventi della trama narrativa personale. In tal senso, l'autobiografia, in un'ottica sociale e culturale si propone come significativo strumento euristico, al fine di comprendere le vicende umane e la persona nella sua particolare, specifica situazione e condizione. L'atto narrativo acquisisce allora valore epistemico, in quanto innesca nei soggetti processi di elaborazione, interpretazione, comprensione e rievocazione di eventi che si cospargono in tal modo di nuove possibili prospettive di sviluppo di senso. La narrazione diviene, allora, strumento con il quale gli stati interiori dei soggetti vengono messi in relazione con la realtà esterna, permettendo di ricollocare situazioni presenti con eventi passati, in vista di un orientamento futuro. Per queste motivazioni, la narrazione si offre come uno strumento privilegiato per una didattica che vuole declinarsi secondo le migliori intensioni della cura educativa. La narrazione di eventi e/o storie, rappresenta per il bambino il tentativo di dare un senso all'esperienza, sebbene attraverso modalità diverse. Esiste uno stretto e importante nesso tra pensiero narrativo, narrazione e costruzione di sé, o del sé, appunto “narrativo”, dinamicamente reinterpretabile e per questo, più flessibilmente e socialmente aperto alle “narrazioni” di cui gli altri sono portatori. La narrazione, intesa in senso ampio, si riferisce al modo in cui i soggetti, quando si relazionano o interagiscono con gli altri, tendono a raccontare storie e racconti. La conoscenza narrativa si basa su una epistemologia costruttivista e interpretativa e la narrazione rappresenta una struttura centrale che contribuisce alla costruzione del senso dell'esperienza di vita del soggetto. La narrazione ci permette di riorientare l'esperienza, risignificandola all'interno di una relazione che la rende visibile a sé stessi e agli altri, la “fa parlare”, la “fa dialogare” con le altre esperienze narrate, la valorizza, e così facendo contribuisce a modificarla e a rivivificarla. Il pensiero narrativo è fluido, attento al passato ma altrettanto aperto alla possibilità di rivisitare e ricomprendere le stratificazioni di senso. Il professionista dell'educazione, che sceglie di essere narrativo è un soggetto capace di riflettere su di sé, sulla propria identità professionale e sulla propria pratica educativa messa in atto quotidianamente, non smette di prendersi cura del senso del lavoro educativo e del suo specifico lavoro educativo, proprio per stare meglio e per lavorare meglio con gli studenti. La fiducia negli allievi genera la fiducia degli allievi nelle proprie capacità di incidere positivamente sulla realtà, sostiene il senso di autoefficacia, genera fiducia in sé stessi e riconoscimento del proprio valore. CAPITOLO 4 La gestione delle fragilità a scuola: per una didattica della cura La pedagogia speciale è una disciplina che riguarda la cura della persona, che si fa specchio dei problemi, delle situazioni difficili, li rielabora per aiutare i soggetti a riscrivere la propria storia, la propria immagine, onde portarli verso nuove traiettorie evolutive. Non a caso da più parti si sostiene che la pedagogia speciale rientra nel novero delle scienze pedagogiche, quale ventaglio di scienze, di tecniche, di approcci interdisciplinari volti alla soluzione di situazioni difficile che richiedono una problematizza-zione di quella particolare diversità e di quel particolare soggetto, con la logica di uscire furori dai protocolli diagnostici e con la tensione proprio di riflettere su una serie combinata di elementi significativi che ci permettono di dare un senso reale a quella congerie di variabili che connotano le La componente creativa, a scuola, quindi, deve essere utilizzata per fare emergere gli stili cognitivi degli alunni e favorire le procedure di didattica differenziata, consentendo all'insegnante di conoscere davvero il proprio alunno e allo studente di avere valorizzate le proprie capacità. La metodologia biografico-narrativa, alla quale le storie di vita appartengono, presenta notevoli vantaggi nell'azione educativa orientata ai soggetti più fragili. Offrire una significativa risposta alle istanze di aiuto vuol dire promuovere consapevolezza, autonomia, capacità di collaborare, parlare e agire in vere di un cambiamento positivo. Tali competenze stanno alla base della possibilità che ognuno ha di impegnarsi costruttivamente e responsabilmente nella vita e nella sua storia di apprendimento. L'educazione personalizzata e tale, pertanto, se si realizza in un soggetto che ha caratteristiche proprie, uniche e che coltiva tali caratteristiche affinché, attraverso le proprie capacità personali, offra sé stesso e il proprio vivere, operando in un contesto sociale per il bene proprio e per quello altrui. In questa prospettiva "la relazione educativa deve essere impegnata a sostenere il soggetto nello sforzo, nelle difficolta, nell'esercizio delle sue capacità di scelta, nell'assunzione delle responsabilità" e il suo impiego deve rivolgersi soprattutto alla promozione dell'educazione. In un contesto così complesso di cambiamenti e nuovi e speciali bisogni, nella ridefinizione del prendersi cura dei più fragili, la scuola deve necessariamente rivedere anche le prassi più consolidate del processo didattico, non ultima la valutazione che, alla luce di quanto finora affermato, necessita di un nuovo vigore e di un ripensamento pedagogico. Se da una parte la valutazione rappresenta un elemento fondamentale del processo didattico, dall'altra va sottolineata l'importanza di ridefinirla in termini contenutistici e metodologici, soprattutto lì dove viene declinata per percorsi didattici differenziati e processi inclusivi rivolti agli allievi più fragili. Essa struttura in modo determinante le modalità con cui gli studenti apprendono e gli apprendimenti stessi. E anche una delle variabili maggiormente influenti sull'esperienza scolastica e su tutto ciò che gli studenti assimilano da tale esperienza. La ragione per cui è importante focalizzare l'attenzione sul miglioramento delle pratiche valutative si riferisce al forte impatto che queste hanno sulla qualità dell'apprendimento. In tal senso si dovrebbe garantire agli studenti, a qualsiasi età e in qualsiasi situazione, l'opportunità di prendere parte attiva ai processi di valutazione, strategia volta a renderli maggiormente autonomi nei processi valutativi. Si tratta, di concepire l'organizzazione didattica strutturata in modo che, valorizzando l'esperienza, l'autonomia, la capacità critica e la responsabilità degli studenti, dia a questi ultimi l'opportunità di valutare, esprimere giudizi ed elaborare commenti scritti sul lavoro dei pari. Tale aspetto risulta ancor più indispensabile nei processi di apprendimento che vedono impegnati i soggetti con disabilità o altri Bisogni Educativi Speciali di natura organica, ambientale, sociale ecc. i quali hanno una struttura del Sé fragile e necessitano di una cura educativa differenziata. Le operazioni tra pari stimolerebbero gli studenti a mettere in atto processi riflessivi e metacognitivi che li indurrebbero a sviluppare capacità di autoregolazione e di auto-valutazione. Infatti, se ormai lo spostamento da modelli trasmissivi a modelli più partecipativi, di matrice socio-costruttivista, ha ampiamente avuto impatti sulle pratiche didattiche inclusive, sembra fare più fatica ad essere accettato dalla ricerca nel campo della valutazione ove si avverte la difficoltà di differenziare la cosa, il come, attraverso quali strumenti e quali parametri per rispondere ai bisogni valutativi di ciascuno e affinché l'atto valutativo si adatti alla persona e non al deficit. Diviene centrale il ruolo dello studente stimolato nella capacità di elaborazione di giudizio critico autonomo, svincolandolo dalla dipendenza dal giudizio del docente. Tutti gli studenti assumono un ruolo attivo e, rivedendo e valutando il lavoro prodotto da uno o più compagni, inevitabilmente riflettono sul proprio lavoro, rinforzando le conoscenze, apprendendo modi diversi di eseguire lo stesso compito, maturando una capacità auto-valutativa. Oltre, quindi, ad avere impatti sull'apprendimento dei contenuti disciplinari, grazie ad un processo di riflessione, rielaborazione e integrazione della conoscenza. L'utilizzo dei compiti autentici, per la loro concretezza, consente di promuove il coinvolgimento attivo degli studenti nell'individuazione dei criteri e nella loro costruzione di senso, guidandone l'interiorizzazione del processo valutativo stesso. Occorre inoltre aggiungere che l'uso di queste risorse costituisce una modalità per attribuire al feedback il valore della sua reale funzione corrispondente alla promozione di un processo di miglioramento e apprendimento consapevole, modificando cosi quelle percezioni giustificate di inutilità che gli studenti troppo spesso avvertono nei riguardi di un certo tipo di feedback. Per poter parlare oggi di una valutazione che sia strumento educativo a tuti gli effetti, si deve acquistare una visione distica del intero processo a apprendimento, partendo dalla consapevolezza che occuparsi di insegnamento non significa adottare un nuovo metodo più efficace rispetto al passato, ma piuttosto far si che sia l’allievo che impara ad imparare, l'apprendimento non deve essere il risultato di acquisizione passiva di contenuti bensì il frutto di un'esperienza cognitiva effettuata tramite tutti i canali possibili di cui è estremamente ricco il mondo intorno a noi. Solo in tal modo lo studente potrà diventare soggetto attivo nella costruzione del suo sapere e della sua identità e acquisire consapevolezza del suo processo di apprendimento. In questi termini anche il concetto di valutazione subisce una riorganizzazione del suo significato. La valutazione, in ambito scolastico ha per oggetto il processo di apprendimento e se quest'ultimo, in termini pedagogici, è un fatto assai complesso, anche il processo di valutazione diventa alquanto articolato. Cosa valutare, come valutare, chi valutare, valutazione soggettiva, valutazione oggettiva, criteri di valutazione, giudizio tutti concetti con cui si scontra e incontra ogni giorno un docente. L’attenzione degli studi pedagogici in ambito di valutazione, sicuramente si è spostata da una valutazione volta al prodotto finale ad una valutazione del processo che ha condotto al prodotto finale. In America, nei primi anni Novanta si fa strada il movimento della "Valutazione Autentica", che ha proposto un'alternativa al sistema valutativo classico. Le caratteristiche della Valutazione Autentica si fonda sulla considerazione che l'apprendimento non è un cumulo di nozioni, ma la capacità di utilizzare ragionamenti più complessi e impegnativi acquisiti in contesti reali. A supporto di questa tesi concorrono le Teorie dell'apprendimento autentico, dell'insegnamento inteso come inculturazione, della cognizione situata, del costruttivismo o del costruttivismo sociale, che dimostrano che gli studenti comprendono e assimilano in misura maggiore quando hanno a che fare con situazioni reali rispetto a quanto apprendono in situazioni decontestualizzate. L'intento della valutazione autentica è quello di coinvolgere gli allievi in compiti che richiedono di applicare le conoscenze nelle esperienze del mondo reale. La valutazione autentica scoraggia tutte quelle prove sconnesse dalle attività di insegnamento e di apprendimento. Nella valutazione autentica, c'è un intento personale, una ragione a impegnarsi, e un ascolto vero al di là delle capacità/doti dell'insegnante. Uno degli obiettivi finali di questo tipo di valutazione è, chiaramente, l'inserimento degli studenti nella vita reale dove non devono portare una quantità di nozioni bensì competenze ed abilità definite e finalizzate. Questo indica come la valutazione di concetti e di fatti isolati non dimostri le reali capacità di soluzione di problemi in situazioni concrete di vita, di ragionamento e di creatività. " Una valutazione che ha come scopo quello di essere maggiormente autentica dovrebbe permettere di esprimere un giudizio più esteso dell'apprendimento e cioè della capacità "di pensiero critico, di soluzione dei problemi. " di metacognizione, di efficienza nelle prove, di lavoro in gruppo, di ragionamento e di apprendimento permanente". In un'azione orientata all'apprendimento, gli alunni si mettono in azione e riflettono sulle loro esperienze in termini di processi di apprendimento prefissata e di sviluppo personale.Ogni studente è un soggetto dotato, ha cioè delle doti da sviluppare, e può anche essere definito 'particolarmente dotato' o 'eccellente, ma solo nel momento in cui i suoi talenti si considerino quantitativamente oltre che qualitativamente. " Per riuscire in tale compito è necessario promuovere un percorso educativo personalizzato, sostenuti dalla pedagogia della differenza, a partire dalla quale, l'insegnante intende fare un invito e creare opportunità significative per ogni singolo studente attraverso l'investimento, la persistenza e la riflessione". La scuola non può limitarsi a ricondurre ogni studente a prestazioni rigidamente standardizzate, né esclusivamente prendere atto delle differenze cognitive di ogni studente per procedere alla sua valutazione fuori da una prospettiva ecologica. La scuola deve porsi quindi l'obiettivo di coltivare l'umanità, ed essere di aiuto allo sviluppo, stimolo alla ricerca in campi inesplorati, assumendo un atteggiamento positivo verso l'alunno, anche nel caso in cui quelli che si ritengono talenti non si presentassero in maniera così evidente. Ne discende che l'insegnante avrà il compito di accompagnare ogni studente verso la sua realizzazione personale, che comporta trovare l'ambiente fertile alla sua eccellenza singolare. Si propone una scuola che si costituisca come un ambiente culturale ad ampio raggio, capace di agire con una didattica personalizzata, di non essere autoreferenziale, di considerare il progetto di vita dello studente in cui rientra anche l'esperienza scolastica. Occorre promuovere la creazione e la sperimentazione di una proposta didattica personalizzata che metta al centro dell'azione lo studente e i suoi bisogni, anche in termini di spendibilità e trasferibilità delle competenze acquisite ma in questo, il ruolo dell'insegnante diventa centrale perché favorisce le condizioni necessarie per dar via ai processi di sviluppo per raggiungere gli obiettivi proposti. Allo stesso tempo sarà necessario porre attenzione alle attività che il docente dovrà introdurre per supportare gli studenti a raggiungere gli obiettivi programmati e rispetto alle modalità più proficue per avvantaggiarli sul controllo dell'apprendimento. Al fine di raggiungere un tale ambizioso traguardo, si parla oggi di competenze chiave, ossia di attributi specifici che costituiscono un'interazione di conoscenze, capacità e abilita, motivazioni e disposizioni affettive.