Scarica riassunto del libro INTRODUZIONE AI MEDIA DIGITALI - Arvidsson; Delfanti e più Dispense in PDF di Teoria E Tecnica Delle Comunicazioni solo su Docsity! 1 GLOSSARIO: HARDWARE: qualsiasi componente fisico di un dispositivo elettronico, a partire per esempio dal processore, dalla scheda madre e dall’hard disk, fino ad arrivare alle periferiche, come schermo, mouse, tastiera, scheda SD. SOFTWARE: qualsiasi programma in grado di funzionare su un dispositivo elettronico e di eseguire operazioni. Il software viene installato e integrato con l’hardware e può interagire e funzionare con altri programmi. I sistemi operativi, come Windows, iOS o Android sono software, ma lo sono anche i programmi che ci girano sopra, come, ad esempio, Word, Photoshop e applicazioni varie. SERVER: Un server può essere un software, quindi un programma, o un hardware (un dispositivo come un computer locale o remoto) che “serve” informazioni, dati, servizi o risorse ad altri software o dispositivi a lui connessi, definiti client. SISTEMA OPERATIVO: è un software di base che gestisce le risorse hardware e software della macchina, fornendo servizi di base ai software applicativi; tra i sistemi operativi per computer desktop si citano Microsoft Windows, MacOS, Chrome OS, mentre per i dispositivi mobili, quali smartphone e tablet, vi sono iOS, Android, Windows Phone. URL: stringa alfanumerica, composta da un numero variabile di caratteri, che identifica in maniera certa e univoca una risorsa all'interno della Rete. CLIENT: programma presente sul nostro computer e che utilizziamo per gestire la nostra posta elettronica, ovvero per scrivere messaggi, inviarli, riceverli, ma anche spostarli e conservarli in contenitori virtuali di nostra scelta (cartelle). come funziona un client di posta elettronica? Immaginiamo che qualcuno ci mandi una e-mail: questa non arriva direttamente al nostro computer, ma viene prima ricevuta da un server di posta elettronica al quale è collegata la nostra casella e-mail. Questo server, volendo fare un paragone concreto, lo possiamo immaginare come l’ufficio postale della nostra città. se il server, come visto, è il nostro ufficio postale di riferimento, allora il nostro indirizzo di posta elettronica è la nostra casella postale, e il client (cioè appunto il programma di posta elettronica che usiamo) è il postino che riceve i messaggi a noi destinati (arrivati all’ufficio postale, cioè al server), legge dove abitiamo (indirizzo di posta elettronica) e ci consegna a domicilio le lettere (ovvero le e-mail). Tutto questo viene svolto in automatico grazie alle funzionalità stesse del programma, cioè appunto del client. Allo stesso modo, quando siamo noi a scrivere una e-mail e a volerla spedire a qualcuno, ci rivolgiamo naturalmente al nostro client, il quale prende la nostra lettera e la porta alla sede postale (il server) da dove, grazie al nome che abbiamo indicato (l’indirizzo e-mail), il messaggio verrà recapitato al corretto destinatario. Es client di posta elettronica= Windows Outlook. I media digitali sono mezzi di comunicazione che iniziano a diffondersi dagli ultimi decenni del Novecento basati su Internet (infrastruttura digitale) e sulle tecnologie digitali (hardware come computer e pc, smartphone, Tablet, wi-fi, fotocamere digitali, console per videogiochi, satelliti per le telecomunicazioni, carte di credito, lettori mp3, televisori, gps e software, piattaforme, social network sites, social media, motori di ricerca, protocolli e linguaggi di rete, nuove forme di socialità => È UN ECOSISTEMA MEDIALE VASTO), caratteristiche comuni che li differenziano dai mcm tradizionali che li hanno preceduti, cartacei o analogici. Erroneamente sono chiamati anche “nuovi media”, ma ogni media è nuovo quando viene introdotto, per poi non esserlo più dopo qualche tempo, e infatti i media digitali non sono più nuovi perché diffusi già da tempo. Inoltre, “nuovo” porta a pensare che i media digitali siano migliori di quelli 2 tradizionali e che sostituiscano questi ultimi, quando invece i media digitali non sostituiscono e non cancellano i media tradizionali (l’introduzione della tv non ha cancellato i giornali e l’introduzione dell’e- book non ha cancellato il libro), ma li integrano e li modificano: questo è un processo di RIMEDIAZIONE (una tecnologia mima o rielabora formati o contenuti di un’altra tecnologia) che comporta competizione ma anche coevoluzione e cooperazione tra media tradizionali e digitali. I nuovi media non nascono dal nulla ma sono l’evoluzione di media preesistenti (= l’evoluzione dei media è un processo continuo). In alcuni casi i media possono essere abbandonati es. grammofono o telegrafo, o dimenticati es. zograscopio (un apparecchio usato nel 1700, che conteneva una lente e che forniva artificialmente profondità a immagini bidimensionali). I media abbandonati possono sopravvivere in nicchie di mercato; tornare parzialmente in auge (e.g. disco in vinile, cassette, fotocamere analogiche e polaroid) oppure possono essere riportati in vita e assumere nuovi significati/funzioni (c.d. zombie media, studiati dall’archeologia dei media), diventando in un certo senso nuovi e.g gameboy, console portatile per videogiochi prodotta dalla Nintendo negli anni 90 usata oggi per produrre musica tecno 8 bit tramite software. Quando vengono introdotti, i media non sono accettati subito come naturali e sono in una crisi d’identità, ovvero all’inizio i loro significati e i loro usi sono incerti e diventano stabili con le abitudini di uso e con i bisogni delle persone. La crisi d’identità finisce quando i media diventano di massa e sono DOMESTICATI (addomesticazione), ovvero quando -sono accettati all’interno della società, i loro usi non causano rifiuto o paura; -entrano nelle case e diventano parte dell’arredo domestico es. per internet questo processo è inizio negli anni 90 e culminato nel 2000 quando persone normali, senza essere degli informatici, hanno cominciato a usare Internet. Fenomeno della mediatizzazione → dagli anni 2000 i media digitali sono ubiqui e pervasivi nelle vite quotidiane (possiamo connetterci a internet ovunque e sempre) in modo così naturale ed efficiente che non percepiamo la loro presenza ma percepiamo la loro mancanza. La diffusione dei nuovi media è cresciuta costantemente dagli anni 80 del 900, ovvero dalla messa in commercio di computer facili da usare e dotati di microprocessori a basso prezzo e leggeri e dalla creazione del WWW negli anni 90, anch’esso facile da usare. I media digitali sono: ➢ Digitali: trasformano dati e informazioni dal formato analogico in formato digitale (e vicerversa), ovvero in una sequenza di cifre binarie, zeri e uno (codice binario), i BIT: es. una fotocamera digitale trasforma il segnale analogico della luce che entra nell’obiettivo in un codice digitale (un file stoccato all’interno della macchina fotografica) o un lettore mp3 che trasforma il codice digitale (il file mp3) in un segnale analogico (la musica che trasmette alle cuffie o ai diffusori). Il codice binario è un sistema di numeri discreto, ovvero finito e che non occupa spazio. Il codice/segnale analogico è continuo, divisibile in parti più piccole e occupa spazio. Una volta digitalizzata l’informazione è più facilmente archiviabile, modificabile (e.g. testo su word), trasmettibile e trasportabile (e.g. su una chiavetta usb o micro-SD). Dati e informazioni riguardano l’esperienza quotidiana (c.d. dataficazione) e tutte le azioni svolte via internet. ② multimediali, coinvolgono diversi canali sensoriali (in termini semiotici, sostanze dell’espressione) e usano diverse modalità espressive: suoni e canzoni, immagini fisse o in movimento, testi scritti. Multimediali lo sono anche il cinema, la tv e le riviste illustrate, ma i nuovi media possono usare liberamente, senza quei limiti tecnici che hanno i media tradizionali, qualsiasi modalità espressiva. ➢ Convergenti: un singolo dispositivo tecnologico (computer, tablet, smartphone) e mezzo di comunicazione (internet) permette di produrre e fruire contenuti diversi (sonori, visivi, scritti) e servizi 5 • nel 1931 Alan Turing dà la prima definizione di computer come lo intendiamo oggi: macchina capace di imitare tutte le altre macchine (macchina da scrivere, lettore dvd, telefono, fotocamera, calcolatrice, console per videogiochi, televisore). Una macchina è intelligente se un essere umano che vi interagisce non si rende conto che si tratta di un’intelligenza artificiale. • nel 1944 in GB, il team di Alan Turing crea il primo computer digitale/elettronico, Colossus che occupava un’intera stanza e decifrava le comunicazioni strategiche militari tedesche cifrate dalla loro macchina Enigma. Con la WWII i computer avevano lo scopo di fare calcoli balistici, cifrare le proprie comunicazioni o decifrare quelle nemiche e calcolare e simulare le reazioni a catena dopo un’esplosione nucleare. • negli anni 50 i computer cominciarono a diffondersi al di fuori delle basi e dei centri di ricerca militari ma erano costosissimi, grandissimi (occupavano un’intera stanza) e difficili da usare a causa della complessità dei primi linguaggi di programmazione e potevano usarli solo informatici e tecnici. • nel 1959 furono vendute 9 copie del primo supercomputer elettronico, l’Ibm Stretch, a clienti appartenenti all’industria militare e all’Ibm stessa. • nel 1965 la Olivetti lancia la Perottina, venduta a medie e grandi imprese e PA, è il primo PC della storia. • nel 1971 Intel inventò e mise in commercio il primo microprocessore, un computer collocato su un chip in silicone, che ridusse il prezzo e le dimensioni dei computer e ne migliorò le prestazioni • nel 1975 venne mise in commercio l’Altair 8800, un pc da assemblare a casa • nel 1977 viene lanciato Apple II, il primo pc per il mercato di massa e il primo pc con un sistema operativo a interfaccia grafica e basato sull’uso del mouse. Nel 1982 vengono venduti 17 mln di computer Commodore 64. I pc cominciavano a entrare negli uffici di piccole imprese, professionisti e artigiani • nel 1983 Motorola lancia il primo telefono portatile • nel 1984 Apple lancia MacOS; nel 1985 Microsoft lancia la prima versione di Windows e nel 1989 lancia Microsoft Office, che diventa il software standard per il lavoro intellettuale. le comunità universitarie di hacker, vicini agli ideali delle controculture degli anni 60 prima e della nuova sinistra californiana degli anni 70 dopo, fecero diventare i computer una macchina a uso popolare perché pretendevano di poter modificare e usare i computer per scopi imprevisti, non solo di ricerca scientifica e militare. Gli hacker crearono i primi videogiochi. ■ Storia delle reti La prima rete telematica (= informatica + telecomunicazione; comunicazione a distanza), ARPANET, venne sviluppata nel 1969 negli Usa durante la Guerra Fredda (quindi in concorrenza tecnologica con l’Urss dopo che questa nel 1957 aveva messo in orbita il 1° satellite artificiale, lo Sputnik e dopo che gli Us avevano scoperto programmi sovietici per realizzare una rete di comunicazione che avrebbe potuto resistere a un attacco nuclerare) dall’Advanced Research Projects Agency del dipartimento della Difesa e collegava tra loro 4 computer/nodi/calcolatori situati in 4 università statunitensi distanti tra loro con l’obiettivo di condividere calcoli ed evitare che in caso di attacchi bellici sovietici i calcoli non andassero persi dato che la rete sarebbe sopravvissuta anche se i nodi fossero stati distrutti. Questo era possibile perché Arpanet -aveva un’architettura policefala e distribuita, non c’era un nodo centrale che fungeva da passaggio obbligato e smistava informazioni a tutti gli altri nodi -si basava sulla tecnologia packet switching che scompone ogni messaggio in un insieme di pacchetti che hanno un proprio percorso nella rete indipendentemente dagli altri -era “ridondante”, due nodi qualsiasi della rete potevano essere messi in comunicazione tra di loro attraverso percorsi diversi. Arpanet era stata pensata in origine come un canale di comunicazione militare, i programmatori della rete che lavoravano nelle università us negli anni 60 e 70 ne influenzarono lo sviluppo. Nel 1970 fu coniato il nome INTERNET (da inter-networking) per evidenziare la capacità delle reti di collegare computer diversi situati in paesi diversi grazie all’uso di un linguaggio comune che tutti i 6 computer connessi a Internet comprendevano e con cui comunicano tra loro, i protocolli liberi Tcp/Ip (1973/74) usati per trasferire informazioni, che sono ora lo standard, insieme all’architettura distribuita e ridondante di Arpanet, di Internet. I protocolli Tcp/Ip sono da sempre protocolli liberi, tutti possono usarlo e modificarlo liberamente, perché i programmatori volevano decentralizzare il controllo delle comunicazioni ai singoli computer, prevenendo che qualcuno controllasse o censurasse le comunicazioni. Nel 1971 fu sviluppato il primo sistema di posta elettronica, con la quale si passò dalle reti “di calcolo” alle reti “di comunicazione”: la rete (e sempre attraverso un computer) non collegava più solo computer ma soprattutto persone. Il termine ciberspazio sottolinea l’evoluzione “sociale” e “comunicativa” delle reti Internet, che svolgono le funzioni di informazione e intrattenimento dei mass media sia quelle di comunicazione dei mezzi di comunicazione interpersonale, come la corrispondenza o il telefono (CONVERGENZA). Le mail vennero da subito usate per creare mailing list su temi di pop culture come la fantascienza o musica rock. Arpanet non era l’unica rete, le Bbs (bulletin board system), nate negli anni 70, erano banche dati di messaggi e info, concernenti temi da seri a mondani, e contenuti in pc individuali cui si poteva accedere mettendosi in comunicazione con il singolo utente tramite le nuove tecnologie Modem. Negli anni 80 le Bbs erano così diffuse che creano una rete alternativa. [i Personal computer nascono negli anni ’80, basati su microprocessori a basso prezzo, con interfaccia grafica di facile uso e pensati per un mercato di massa]. Nel 1986 venne creato Nsfnet (nsf= national science foundation), una rete più grande di Arpanet che collegava molti più nodi (i quali erano sempre tutti università). Oltre a Nsfnet esistevano altre reti, e fino all’inizio degli anni 90 solo esperti in informatica potevano comunicare online a causa della frammentazione di sistemi operativi, hardware e reti. Questa difficoltà sparì quando nel 1991 Tim Berners-Lee, scienziato del Cern di Ginevra creò per un sistema di comunicazione per i fisici del Cern e condivise con il mondo -l’HTML, un linguaggio di comunicazione comune che tutti i semplici utenti, le software house (aziende produttrici di software) e i programmatori condividono e rispettano e che qualsiasi computer può leggere. L’html serve a creare pagine web, ovvero documenti ipertestuali. -il protocollo HTTP per trasmettere le informazioni (come protocolli Tcp/IP) -gli Url (Uniform Resource Locator) sono una stringa alfanumerica, composta da un numero variabile di caratteri, che identifica in maniera certa e univoca un contenuto (risorsa) all'interno della Rete. Gli Url rendono i siti indipendenti dalla collocazione fisica dell’informazione su un det. computer o server. Una pagina web può avere un url italiano (.it) ma essere collocata fisicamente su un server a Varsavia. => Un server può essere un software, quindi un programma, o un hardware (un dispositivo come un computer locale o remoto) che “serve” informazioni, dati, servizi o risorse ad altri software o dispositivi a lui connessi, definiti client. - il WORLD WIDE WEB (“ragnatela grande quanto il mondo”), l’UNICA GRANDE RETE GLOBALE (unificava le varie reti di internet), un unico globale ipertesto multimediale che contiene documenti e risorse identificati attraverso URL e ipertesti pubblicati tramite server e accessibili tramite browser. Nel www non serve sapere su quale server fisico è collocata un’info e la navigazione avviene tramite browser (nel 1993 Netscape, ora Google, Bing, Safari) NB il WWW non coincide con internet, è un PROGRAMMA DI NAVIGAZIONE, è solo un servizio (come lo è la posta elettronica) accessibile attraverso Internet. Il web è semplice da usare, tutti possono consultare le informazioni inserite da altri e inserire i propri contenuti e venne da subito usato in case e imprese us e europee. Negli anni 90 il web divenne un’industria in espansione, soprattutto le dot-com, portali commerciali come Amazon o Ebay. Qualsiasi azienda online con il suffisso “.com” (com=commerciale) attirava investimenti finanziari spropositati rispetto al loro reale valore, e ciò portò alla formazione di una bolla speculativa che scoppiò nel 2000 con il crollo dell’indice Nasdaq e fece fallire gran parte delle aziende della rete. 7 Negli anni 2000 venne creato il Web 2.0 o “web partecipativo”, cioè di software e piattaforme online che permettono agli utenti di produrre e condividere contenuti in prima persona, e quindi di assumere un ruolo attivo nei media. Ma il web 2.0 è anche “web dello scontro”: scontri su copyright, proprietà intellettuale, organizzazione del lavoro, censura. Infine, c’è la creazione delle connessioni a Internet a banda larga (adsl e 4g) e a banda ultra larga (5g) con cui un dispositivo è online in ogni momento e con cui è possibile guardare o creare contenuti multimediali in tempo reale (dirette, blog, social media e social network, network peer to peer dove si può condividere conoscenza e file e.g. Emule). L’ultima evoluzione è l’internet delle cose: internet è onnipresente, pervasivo perché mette in comunicazione elettrodomestici, autoveicoli, dispostivi elettronici indossabili (smartwatch), apparecchiature mediche, telecamere di sorveglianza e altro. Internet è un mezzo di comunicazione e informazione, ed -ha una struttura a rete/policefala e distribuita: non c’è un nodo centrale che funge da passaggio obbligato e smista informazioni a tutti gli altri nodi; le info che lo compongono sono contenute in migliaia di computer e siti web chiamati server, ai quali gli altri computer si collegano per chiedere le info desiderate. Lo spegnimento o distruzione di un server non causa danni alla rete nel suo complesso ma semplicemente diventa inaccessibile l’informazione che contiene. -è una rete ridondante: le info sono scomposte in pacchetti (grazie alla tecnologia packet switching) che viaggiano su percorsi comunicativi diversi, e l’interruzione di un percorso non pregiudica il loro trasferimento. Due nodi qualsiasi della rete possono comunicare tra di loro attraverso percorsi diversi. -è una rete aperta: chiunque abbia accesso a una linea telefonica o di banda larga può accedervi. I linguaggi e i protocolli Tcp/IP usati per trasferire le info nel web sono disponibili per chiunque voglia usarli. Ogni sito web ha un “indirizzo” - un codice alfanumerico che lo identifica chiamato dominio - raggiungibile dagli utenti che possono così collegarsi ai server che contengono le info. I domini sono gestiti e assegnati da una struttura internazionale, l’Icann, ed esistono domini nazionali (.it; .us; .pl) e altri che definiscono il tipo di attività svolta dal sito (.com per le attività commerciali; .org per associazioni e organizzazioni non profit). -si basa sul principio di neutralità della rete: principio giuridico secondo cui I FORNITORI DI RETE/SERVIZI INTERNET (chi ci dà l’accesso a internet) DEVONO FORNIRE QUESTI SERVIZI IN MODO UGUALE, non possono fare discriminazione fra gli utenti e far pagare cifre diverse alle persone in base al contenuto che fruiscono, l’app usata, il sito web usato, il dispositivo usato. I fornitori di contenuti non possono pagare i fornitori di rete per far downloadare i propri contenuti più velocemente; la velocità del download da un sito dipende dal server che sta scaricando. Ma nonostante la sua struttura a distribuita e i protocolli aperti, INTERNET NON È PER SUA NATURA DEMOCRATICO (come pensano gli integrati), i suoi usi e la sua struttura dipendono da opinioni e scopi politici dei programmatori; le gerarchie cambiano ma non scompaiono dato che esistono pochi nodi molto connessi e molti poco o per niente connessi, e i nuovi nodi tendono a connettersi a quelli già molto connessi, dando luogo a un effetto San Matteo: “a chi ha, sarà dato. A chi non ha, sarà tolto quel poco che possiede”. e parti del con la nascita del web 2.0 “partecipativo”, ovvero con i social network, i social media, piattaforme e software COLLABORATIVI*, i software di montaggio e editing facili da usare anche per chi non ha competenze specifiche e hardware a basso costo, gli utenti diventano dei prosumer: -fruiscono e interagiscono con (commentando o votando), valutano (danno un feedback), modificano e migliorano contenuti e informazioni fornite da produttori terzi 10 software liberi hanno un alto livello di omofilia che riduce l’interazione con persone con opinioni diverse, indispensabile per la sfera pubblica e la democrazia. I programmatori non producono solo i software ma anche la politica del software (scrivono le licenze copyleft = sono PUBBLICI RICORSIVI), e ciò rappresenta una forma di attivismo. Un free software è sempre un open source, ma un open source non è necessariamente un free software. Quasi tutti i software open source sono liberi. Free Software Movement: vuole trasmettere un messaggio ideologico a livello sociopolitico: bisogno di libertà per tutti gli utenti, imperativo etico (non sono d’accordo che il mio software debba essere commercializzato da pochi a molti, ma da molti a molti). ≠ Open source Movement: nasce dal bisogno tecnico di migliorare tecnicamente un software e considera il software proprietario non pratico = non ha una base ideologico-politica, considera la questione solo in termini pratici. Ha reso appetibile per le imprese commerciali il software libero (e il copyleft) poiché ha provato come il software libero e open source raggiunge e supera la qualità di un software proprietario commerciale → questo fa sì che Microsoft, Android e altri inizino a usare l’open source per chiedere l’aiuto degli utenti per il debugging e per migliorare il software. L’open source è un modello di produzione e innovazione basato sulla condivisione e libero accesso a/libera circolazione di informazioni iniziato nel campo del software ma allargatosi a quello del design, chimico e biologico, musicale, automobilisco, moda (es. linee di abbigliamento i cui disegni sono liberamente scaricabili dalla rete e modificabili), degli hardware (es. Arduino, scheda elettronica open source, chiunque può scaricare lo schema dei componenti necessari per costruirlo, produrre copie e modificarlo) e degli oggetti materiali (es. stampanti 3D). ESEMPI DI OPEN SOURCE: • SETI@Home (seti at home): lanciato nel 1999, è un supercomputer virtuale/rete di processori formato da migliaia di PC connessi a Internet, in cui è installato il software di SETI@Home, che donano parte della loro potenza di calcolo (sfruttata dal software che usa il processore di un computer per fare calcoli quando l’utente del computer non è attivo) per analizzare i segnali radio dallo spazio allo scopo di individuare segnali da parte di intelligenze extraterrestri. La potenza di calcolo di SETI@Home è in grado di competere con i costosi e supercomputer solitamente usati. • Cloud computing: computer virtuali che usano il potere di calcolo di migliaia processori connessi tra loro ma fisicamente separati e anche molto distanti tra loro. es. “nuvole” di Amazon o Google. • crowdsourcing: imprese aprono (esternalizzano) le fasi di ricerca, innovazione e sviluppo del processo produttivo agli utenti della rete (alla “folla”) che non lavorano all’interno dell’azienda. Permette di risparmiare denaro e soprattutto raccogliere idee e suggerimenti difficilmente sviluppabili in azienda. L’ascesa degli iPhone negli anni 2000 è dovuta in parte all’aver permesso agli utenti di sviluppare applicazioni (videogiochi, screensaver, servizi) da installare sul sistema operativo iOS, ma la vendita e la distribuzione di queste applicazioni sono controllate dalla Apple tramite l’App store. Google ha risposto sviluppando il sistema operativo Android, sul quale possono essere installate app sviluppate dagli utenti. Alla filosofia del movimento open source si ispira il movimento OPEN CONTENT: in questo caso, ad essere liberamente disponibile non è il codice sorgente di un software, ma i contenuti editoriali e la possibilità di modificarli. PIRATERIA digitale ⇨ copiatura e distribuzione non autorizzata, quindi illecita, di contenuti coperti da copyright in ambito commerciale. è illegale perché “depreda l’autore del suo profitto”, ma calcolare il danno effettivo è complicato perché il danno è più ambiguo: se rubo un CD, il negozio di dischi ne avrà uno in meno; se scarico illegalmente un file mp3, non privo nessun altro di quel file. Dagli anni 90 i siti di file sharing hanno semplificato e globalizzato lo scambio e il download di file piratati. Esistono tecnologie anticopia es. Drm inserti nei cd, dvd, ebook e leggi che contrastano la pirateria. 11 I siti/piattaforme di file sharing come eMule, Pirate Bay e i torrent e i siti di streaming hanno reso difficile il controllo della circolazione di contenuti piratati dell’industria culturale come film e musica; l’industria discografica ha visto crollare i guadagni ottenuti tramite la vendita di cd a causa della pirateria ma anche di YT e di siti specializzati in streaming musicale come Spotify. REMIX CULTURE → produzione culturale che “taglie e cuce” /”rimescola” prodotti culturali già esistenti e trasformarlo in qualcosa di nuovo, senza recare danno all’originale e.g. MEME. È possibile grazie al copyleft e anche alla pirateria. Sharing economy o economia della condivisione è basata su imprese che possiedono siti/piattaforme/applicazioni web o mobili tramite cui le persone possono scambiare beni (casa, utensili, macchine), servizi (lavori artigianali o cura degli anziani) o saperi. le imprese mettono in contatto (=fanno da intermediario) tramite algoritmi domanda (clienti) e offerta (persone proprietarie di un bene o disposte a fornire un servizio) e gestiscono il lavoro di migliaia di lavoratori - considerati autonomi e non dipendenti ma che comunque sono controllati dalle imprese - che possiedono i mezzi di produzione. Le imprese traggono profitto trattenendo una percentuale (=una tassa) del costo di ogni transazione fatta tramite il loro sito/app/piattaforma. le imprese scaricano i costi delle spese per contribuiti pensionistici* e assicurazione sanitaria* sui lavoratori stessi. La sharing economy viene vista come possibile soluzione alla crisi economica perché genera nuove imprese, un nuovo tipo di occupazione e posti di lavoro e all’alienazione sociale perché crea nuove forme di solidarietà e nuove reti di relazioni, ma provoca un arretramento dei diritti sociali** e l’aumento di lavori precari. Es. ○ Couchsurfing: sito che permette ai viaggiatori di pernottare gratuitamente sul divano o in una stanza degli ospiti di coloro che offrono ospitalità nella propria casa ○ tool library: per oggetti quotidiani ○ banche del tempo per scambiare favori e servizi ○ le ormai multinazionali Airbnb, Uber o TaskRabbit (per servizi e piccoli lavori). Gli autisti di Uber sono proprietari dell’automobile di cui si assumono costi e rischi, non hanno orari e possono lavorare quando vogliono, ma non stabiliscono il prezzo delle corse, stabilito dagli algoritmi delle imprese. I siti/piattaforme/app di sharing influenzano le relazioni sociali che si creano tra gli utenti: gli autisti e le persone che danno in affitto stanze sono costretti a fornire un servizio positivo così da ottenere dai clienti valutazioni positive per poter continuare a lavorare. Lo sharing si riduce alla condivisione di valutazioni e l’organizzazione del lavoro rimane gerarchica; il loro successo non è dovuto alla nascita di una “cultura della condivisione” quanto più alla mancanza di altre possibilità per lavorare e guadagnare es. Airbnd ha successo in Italia dove è presente un ceto medio impoverito ma munito di una seconda casa da affittare. Le imprese proprietarie di questi siti usano il loro potere di mercato e il loro essere solo degli intermediari tra domanda e offerta per fare concorrenza al ribasso alle cooperative di tassisti o alle catene di alberghi. Internet e i media digitali (hardware, software) sono un settore economico molto rilevante e basato su Internet stesso. Alcune imprese hanno dovuto cambiare i propri modelli di produzione, distribuzione e finanziamento con l’arrivo di Internet (v streaming, sharing, stealing). La CODA LUNGA è un modello economico e commerciale in cui i ricavi sono generati non solo vendendo molte unità di pochi oggetti, ma anche vendendo poche unità di tantissimi oggetti diversi. Amazon invece di vendere solo pochi titoli molto popolari ognuno dei quali viene acquistato da migliaia di persone, i c.d. best seller, vende anche poche copie ciascuno di moltissimi libri poco popolari che 12 rappresentano la “coda” del mercato e non la sua vetta. Ognuno di questi libri ha vendite piuttosto marginali ma insieme costituiscono buona parte del profitto dell’azienda. In quasi tutti i mercati, ci sono più prodotti di nicchia che hit e tutte le nicchie possono potenzialmente sommarsi in un mercato grande quanto quello delle hit. La coda lunga è un successo per i siti di e-commerce perché su Internet è facile scoprire prodotti di nicchia e perché sono negozi virtuali che non necessitano di uno spazio fisico e che hanno solo magazzini giganteschi gestiti per via informatica dove vi sono immagazzinati tantissimi prodotti all’interno, molti di più di quelli che possono stare in un negozio fisico. Amazon svolge il lavoro di centinaia di piccole librerie fisiche che non hanno lo spazio per immagazzinare le migliaia di titoli pubblicati ogni anno e possono quindi vendere solo quelli che vendono più copie. COME NASCE UNA CODA LUNGA? ✓ Democratizzazione degli strumenti produttivi (es. PC, software, etc.), chiunque può produrre senza dover passare da una casa discografica ecc.; ✓ Taglio dei prezzi al consumo, attraverso internet gli oggetti costano meno; ✓ Collegamento diretto tra offerta e domanda (ricerche su Google, raccomandazioni Amazon, etc.) Crowdfunding: raccolta fondi per progetti e associazioni non profit o per imprese start up tramite piattaforme online (gofoundme, kickstarter, patreon, Produzioni dal Basso) che raccolgono tante piccole donazioni fatte dagli utenti. se il progetto, associazione raccoglie o start-up raccoglie la somma di fondi prefissata (c.d. goal), le piattaforme ne trattengono una piccola percentuale Un altro nome dato all’odierna società attuale – oltre a “società postmoderna”, “postfordista”/ ”postindustriale” – è SOCIETÁ IN RETE (network society, Castells) o “società dell’informazione” (termine che compare negli anni 60 ma si diffonde nel dibattito accademico e pubblico negli anni 90) poiché l’informazione, rispetto al passato, è diventata la risorsa/il fattore produttivo primaria/o, al posto delle passate carbone, acciaio e petrolio. Per Castells nella società dell’informazione l’economia è informazionale, globale e a rete e per poter essere produttivi, competitivi e fare profitto si deve produrre, gestire e distribuire informazione e non produrre* beni materiali; ricerca, brand, innovazione, design e marketing diventano risorse primarie dell’impresa. Aziende come Nike o Apple non possiedono le fabbriche in cui vengono prodotte le scarpe o gli smartphone perché l’estrazione di materie prime e la produzione dei beni materiali è appaltata a imprese produttrici esterne (esternalizzazione), spesso in paesi dove la manodopera costa poco ed è meno tutelata (delocalizzazione). le imprese madri >possiedono la proprietà intellettuale (i brevetti su invenzioni, diritti sul marchio), >producono i beni immateriali – brand, innovazione – più remunerativi e >gestiscono le attività più remunerative, la ricerca tecnologica, il marketing, la comunicazione, le reti di fornitori e commerciali. L’informazione è sia fattore produttivo che prodotto finale del processo produttivo (modello di business chiamato capitalismo informazionale, capitalismo digitale o capitalismo immateriale). L’informazione, nella forma di invenzioni o creazioni, è un bene immateriale/intangibile ed è regolato da diritti di proprietà intellettuale che monopolizzano l’uso del bene immateriale, ovvero permettono di escludere soggetti terzi dal suo uso. I diritti di proprietà intellettuale sono; •diritto d’autore (copyright) tutela la proprietà di opere artistiche, letterarie e scientifiche es. canzone, libro, articolo di giornale •brevetti per invenzioni industriali (riproducibili e applicabili industrialmente) es. microchip e scoperte es. sequenze genetiche 15 cognitivo, forma di produzione che, grazie ai media sociali, sfrutta le capacità cognitive degli individui, che insieme formano l’intelligenza collettiva. - nasce la sharing economy - il lavoro passa dall’avere un’organizzazione burocratica e gerarchica (modello fordista), dove ognuno aveva un ufficio e un lavoro ben preciso, a un’organizzazione più “a rete” orizzontale e flessibile (modello toyotista), in team che devono svolgere un compito e che si dissolvono una volta svolto. Il lavoratore diventa flessibile, capace di spostarsi rapidamente da un team all’altro acquisendo nuove competenze e creando nuove relazioni con i colleghi; diventano importanti le competenze sociali e comunicative dei lavoratori (c.d. soft skills). - cambiano il consumo, che avviene sempre più spesso online tramite siti di e-commerce (blu introd. ai nuovi media; nero Paccagnella) I media tradizionali e i media digitali hanno allargato la sfera pubblica, nata nel 700 con la diffusione dei periodici nei caffè e nelle piazze, è il luogo fisico o mediato - oggi si parla di “sfera pubblica in rete” - dove le persone si incontrano per discutere e criticare temi politici in libertà, senza che i poteri governativo e religioso interferiscano. Con Internet, il web 2.0 (principalmente social media) e le tecnologie digitali gli utenti (cittadini) -accedono una pluralità di fonti d’informazione alternative ai mass media tradizionali broadcast e riescono a consultare archivi di dati, informazioni, conoscenze e notizie che in passato solo i professionisti potevano consultare - possono produrre e condividere personalmente informazioni e notizie (mettendo fine alla passività politica che caratterizzava la società dominata dai mass media tradizionali) e quindi sono indipendenti dai passati e tradizionali intermediari di informazione, notizie e conoscenze, i mass media tradizionali broadcast – processo chiamato DISINTERMEDIAZIONE – e assolvono la ①funzione di sorveglianza dell’operato del potere (funzione di quarto potere) tradizionalmente assolto dalla stampa. Nasce il citizen journalism, persone che non sono giornalisti professionisti producono e distribuiscono di notizie attraverso blog o twitter (sito di micro-blogging), ovvero canali di comunicazione alternativi a quelli broadcast tradizionali. Gli utenti online assolvono così anche le funzioni ② di GATEKEEPING, di produzione e selezione di quali notizie e informazioni raggiungono il pubblico e quali no, (utenti e social media =gatekeeper) ③di AGENDA SETTING, di decidere l’agenda del dibattito pubblico selezionando le notizie e i temi più rilevanti di cui parlare. una volta assolte dai media tradizionali broadcast. Questi cambiamenti della sfera pubblica si hanno se la società in cui si verificano li accetta e riesce ad accedere ai media digitali (rif. digital divide); i governi di Corea del Nord e Turchia limitano la diffusione di tecnologie digitali nel paese perché una sfera pubblica in rete è più difficile da controllare; il governo cinese usa il c.d. Great Wall of China, un software che filtra e censura le informazioni e i siti non graditi. Non bisogna dimenticare che anche i paesi democratici possono censurare siti e informazioni, limitando i diritti di libertà d’espressione e d’informazione. NB: la sfera pubblica in rete non perfettamente democratica, orizzontale, diversificata e obiettiva: razzismo e sessismo permangono e regna la polarizzazione e l’omofilia, ed è sfruttata e controllata dalle aziende che creano i siti e le piattaforme su cui si producono e condividono informazioni e notizie. Il web è uno spazio pubblico privatizzato più che una sfera pubblica. Le piattaforme sono i “nuovi intermediari” - processo di RE-INTERMEDIAZIONE - e assumono la funzione di gatekeeping grazie agli algoritmi su cui si basano es. Google ha censurato per gli utenti cinesi info relative alle manifestazioni e alla loro successiva repressione avvenute in Piazza Tienanmen nel 1989. Al potere politico, economico e militare si affianca il 16 POTERE DELLA COMUNICAZIONE (della produzione e condivisione di informazione), già esistente con i media tradizionali ma rafforzatosi con Internet e la sfera pubblica in rete. Il web 2.0 ha permesso anche la creazione di WikiLeaks (2006), piattaforma online che raccoglie e pubblica, previa verifica di autenticità, documenti coperti da segreto di stato o industriale che le persone condividono in forma anonima grazie a sistemi di criptazione, allo scopo di rivelare comportamenti non etici di governi e imprese, controllare il loro operato e aumentare la loro trasparenza. Per diffondere questi documenti collabora con importanti quotidiani es. NY Times, The Guardian, Der Spiegel. Wikileaks ha subito censure e tentativi di boicottaggio e censura, ad es Visa, MasterCard e PayPal hanno bloccato le donazioni verso la piattaforma; alcuni politici statunitensi e di altri nazioni hanno richiesto pubblicamente l’assassinio del fondatore Julian Assange. Ma allo stesso tempo la piattaforma ha ricevuto premi legati alla libertà d’espressione. Le fughe di notizie segretate non nascono con Internet, ma Internet ha ampliato la loro portata perché permette la pubblicazione di milioni di documenti e permette a milioni di utenti di leggerli, analizzarli e copiarli. L’attività politica è influenzata e dipende dai media digitali. I politici analizzano l’elettorato e con strategie di marketing politico confezionano messaggi elettorali mirati. Gli ottimisti vedono internet come mezzo per avere democrazia diretta e soppiantare quella rappresentativa; i pessimisti vedono internet come un rinforzo delle gerarchie di potere esistenti; è corretto affermare che Internet rende possibili NUOVE FORME DI PARTECIPAZIONE politica ↓ La democrazia liquida è una nuova forma di democrazia creata grazie a Internet. "Democrazia liquida" deriva dalla locuzione inglese Liquid Feedback, ossia il sistema attraverso il quale si esprime il proprio parere e il proprio voto all’interno di un movimento o un’organizzazione politica grazie al web. [Liquid Feedback è un software opensource sviluppato nel 2009 dove, attraverso un codice di accesso e un id, ogni iscritto alla piattaforma e quindi all’organizzazione di riferimento può intervenire nelle discussioni per esprimere la propria opinione, formulare proposte, votare le proposte altrui o delegare il proprio voto. Ogni discussione presenta una data di scadenza, entro la quale il programma conteggia il numero dei voti ricevuti e i riscontri e fa sì che emerga una decisione grazie al processo di condivisione. ] Il sistema permette l’utilizzo contemporaneo dei due sistemi di: • democrazia diretta: io scelgo ed esprimo il mio voto • democrazia rappresentativa: delego il voto a chi di fiducia (Rappresentanti dei Membri). Le deleghe si accumulano, ma possono anche essere ritirate se l'azione del delegato non è ritenuta efficace. La «democrazia liquida» è il punto d’incontro fra democrazia diretta e rappresentativa. Con i media digitali i movimenti sociali - che vogliono contrastare il potere politico e agiscono per cambiare la società - si organizzano via internet, attraverso social media e le proprie reti relazionali. I media digitali non sostituiscono le mobilitazioni di piazza, non bastano per creare mobilitazioni di piazza - per quello serve un obiettivo e valori comuni – ma sono utili per organizzare mobilitazioni collettive velocemente e per far girare le informazioni velocemente, in modo virale e in tempo reale; i gruppi di utenti organizzano mobilitazioni tramite dispositivi mobili sono stati definiti SMART MOB, “folle intelligenti” o comunità istantanee. => PRIMAVERA ARABA I movimenti sociali si basano su compresenza sia online che offline, ma esistono anche movimenti la cui attività è esclusivamente online e non organizzano mai mobilitazioni e incontri offline => es. Anonymous (2003) formato da reti di hacker anonimi dagli ideali anarchici e sovversivi, critici del potere politico e finanziario. Le sue attività consistono in attacchi informatici che rendono inagibili i siti che prende di mira. Ha hackerato Paypal, MasterCard e Visa per aver bloccato i fondi a Wikileaks e il governo israeliano per aver occupato la Palestina. I movimenti sociali basati su Internet sono organizzazioni gerarchiche, anche se gli stessi movimenti si percepiscono e definiscono orizzontali e senza leader, con nuove forme di potere: gli admin dei gruppi social dei movimenti hanno capacità politiche e tecniche specifiche che li rendono dei leader. 17 Critici del ruolo dei media hanno sottolineato che la maggior parte degli utenti fa solo slacktivism, attivismo pigro, ovvero svolgono attività poco impegnative e che non portano a un cambiamento sociale né influenzano i processi decisionali della politica: postano commenti o foto a tema politico sui propri profili; firmano petizioni online o aderiscono a gruppi che sostengono una det. causa. LE PIATTAFORME offrono al proprio interno vari servizi (alcuni dei quali geolocalizzati): >MOTORI DI RICERCA (Google, il più importante, Safari, Microsoft Bing), che mitigano l’ipertestualità del web fornendo risultati di ricerca in un determinato ordine che dipende -dalla nostra residenza, dalle nostre opinioni, dalle ricerche fatte in passato, e-mail e foto, quindi dagli altri servizi forniti dalle piattaforme es. per Google, Gmail, Maps, YT -dal software del page ranking: il sito che sta più in alto nei risultati di ricerca è quello più linkato da altri siti, es. se molti link inviano alla pagina Wikipedia dedicata a Napoleone, questa pagina sarà tra i primi risultati dell’utente che ha cercato questa “parola chiave”. Alcuni siti possono essere rimossi dalla loro posizione per motivi politici o commerciali. >messaggistica privata >siti di e-commerce >social network, forum e social media >pubblicità >notizie giornalistiche >cloud (spazi d’archiviazione) e cloud computing. Le piattaforme (le c.d. BIG FIVE: Amazon, Apple, Facebook Google e Microsoft) sono gestite da imprese/società private, talvolta quotate in borsa, che in quanto tali seguono solo una logica di profitto economico; perciò le piattaforme NON SONO NEUTRE ma hanno precise visioni del mondo, valori e interessi, proprio come gli ex-intermediari mass media tradizionali. Il loro modello di business si basa ❖ sul continuo uso dei loro servizi da parte del maggior numero possibile di utenti*, ❖ sui “big” dati, riguardanti gli utenti (età, residenza, gusti, disponibilità economica), i loro comportamenti online (siti visitati, interessi e comunicazioni) e i contenuti che producono, che raccolgono e aggregano con software “di profilazione”, i quali creano i profili degli utenti. le piattaforme fanno profitti vendendo a caro prezzo questi big data a terzi oppure vendendo ad aziende spazi pubblicitari e pubblicità personalizzata (sui motori di ricerca, nei social ecc), ovvero su misura di ogni utente, ma quello che davvero conta è la capacità di raccogliere capitali finanziari/investimenti e il loro valore di mercato. Le big 5 non sono solo fornitrici di servizi ma anche le più grandi agenzie pubblicitarie del mondo. NB Gran parte dei profitti dei siti web gratuiti e dei servizi gratuiti online dipende dalla vendita di spazi pubblicitari, così come i media tradizionali. Inizialmente i siti web pubblicavano annunci il cui costo (per gli inserzionisti) dipendeva dal n° di visitatori del sito, ma grazie ai software di click through il costo degli annunci dipende da quanti visitatori del sito cliccano sulla pubblicità e quindi accedono effettivamente ai suoi contenuti. ma solo pochi siti e servizi (es. quelle delle big 5) riescono a fare profitto solo così; ad es. Linkedin (social per professionisti) chiede agli utenti che vogliono usufruire dei suoi servizi premium di pagare un abbonamento. ❖ sulle valutazioni degli utenti, risorse che gli utenti producono e cedono in cambio dei servizi offerti dalle piattaforme*. *Per alcuni autori, gli utenti che usano i servizi forniti dalle piattaforme per consumare o socializzare – ad es. ogni volta che postano una foto o un commento – forniscono “lavoro gratis”, ma l’uso di questi servizi non viene vissuto dagli utenti come una forma di sfruttamento simile a quello subito dai lavoratori salariati e il profitto generato dalla vendita di spazi pubblicitari “su misura” è circa 100 volte minore rispetto al valore di mercato delle piattaforme (es. FB nel 2015, 2,3 mld in profitti vs valore di mercato di 250mld): lo sfruttamento è minimo rispetto a quello che avviene con il lavoro salariato.