Scarica riassunto del libro "Sociologia dei new media" di Stella e più Appunti in PDF di Sociologia Dei Media solo su Docsity! 1) MEDIA “VECCHI”, NEW MEDIA E CULTURA DIGITALE 1.2 I new media sono davvero nuovi? Quelli che vengono chiamati “new media” sono davvero nuovi? E porsi questa domanda è davvero importante? Il web nasce da una lunga gestazione in cui è stato utilizzato da pochi utenti, finché intorno al 2000 la sua diffusione diventa di massa, in parallelo ad altri supporti (telefonino/tablet/pc ecc.) che oggi si sono integrati e sono diventati un unico grande medium. Vi è poi un altro fattore importante: come sostiene McLuhan, ogni nuovo mezzo di comunicazione tende a riassumere in sé molte delle funzioni dei media precedenti. In quest’ottica internet ha inglobato quasi tutti i media, con un’estensione mai vista prima. Tuttavia, non si può sostenere che i nuovi media sostituiscano i vecchi, in quanto “sostituzione” presume la scomparsa degli uni a vantaggio degli altri. Vi sono tre prospettive diverse con cui si può analizzare la “novità” dei new media: i supporti fisici, l’organizzazione di linguaggi e contenuti, e infine gli accessi e la produzione (ossia l’uso che ne fanno gli utenti). Queste prospettive si condizionano vicendevolmente, ma non è detto che al progredire dell’una corrisponda il progredire dell’altra alla stessa velocità. Contiguità tra vecchi e nuovi media Importante è il fatto che supporti, organizzazione dei linguaggi, accessi e produzione spesso riprendono stili e modalità dei “vecchi media”, essendone la continuazione, ma anche perché è il modo con il quale tradizionalmente si risponde alle sfide che vengono dalle innovazioni: si utilizza quanto si conosce allo scopo di far fronte a quello che non si conosce. 1.3 alcune caratteristiche nella novità dei nuovi media La “novità” dei nuovi media non è quindi una sostituzione, ma semmai un affiancamento e a volte una convergenza dei media tradizionali. Es. cinema → tv Il dilettantismo Con i nuovi media, dato che chiunque può partecipare alla produzione di contenuti, il dilettantismo è molto pericoloso, anche più della manipolazione scientifica delle notizie (news management). Questo perché basato proprio sulla buona fede di lettori che si fanno giornalisti (o più genericamente consumatori di testi che ne diventano produttori, secondo la logica del prosumer= producer+consumer). Teorie del complotto Uno degli aspetti che più colpisce nell’uso che gli studenti spesso mostrano del web è la facilità con cui essi credono e si fanno paladini delle “teorie cospiratorie” presenti in rete. infatti, con lo stesso mezzo con cui ci si può rendere paladini della democrazia, mostrando video inediti di avvenimenti e incidenti, si possono invece creare e diffondere documentari e teorie apparentemente credibili, ma che sono congetture e palesemente illogiche alla realtà dei fatti. Spetta quindi all’utente allenarsi a navigare e imparare a riconoscere testi e immagini affidabili, distinguendoli da quelli dubbi o privi di fondamento. Il “nuovo” e il “migliore” In conclusione, nuovo non significa necessariamente migliore, anche perché ciascun medium è lento nel venire riconosciuto per le peculiarità che lo caratterizzano, mentre ci si adatta utilizzandolo come i media tradizionali. Es. il cinema inizialmente imitava il teatro, la fotografia imitava la pittura ecc… 1.4 La cultura di massa Il concetto di “cultura di massa” si può riassumere brevemente in tre questioni: 1- LA NASCITA DELLA SOCIETÀ DI MASSA: concentrazione della popolazione nelle città, produzione in serie, trasformazione dei lavoratori in consumatori→produzione e consumo di massa di beni e servizi, scolarizzazione di massa, partiti politici di massa. I mezzi di comunicazione di massa si sovrappongono a ciascuno di questi mutamenti, dilatandone gli effetti e contribuendo a creare un patrimonio di conoscenze collettive che verrà poi denominato “cultura di massa”. Internet si aggiunge per ultimo a questo processo, consentendo a grandi strati di popolazione di connettersi tra di loro. Le masse, quindi, non esistono più come le si immaginava nel secolo scorso, poiché un repentino processo di disgregazione e sedimentazione le ha sostituite con altre forme di socialità online. A questo proposito, Van Dijk offre alcune distinzioni del termine massa dopo i nuovi media: sostiene che la massa sia sempre più globale, meno anonima, e si identifica meno nella folla. È inoltre sempre meno frazionata definitivamente. 2- IL SIGNIFICATO DELLA CULTURA DI MASSA: la cultura di massa costituisce una “cultura terza” rispetto a quella colta e a quella popolare, scambiandole tra di loro e rendendo difficile collocarle ciascuna al suo posto. (Allodoxia culturale di Bourdieu: un falso giudizio legato allo scambio di un’opera “bassa” per un’opera colta, che non si ferma al travisare un’espressione culturale per un’altra, ma consiste nel non saperne distinguere le differenze. Conoscere vs. riconoscere, ossia riconoscere delle caratteristiche che si rifanno a un modello vs cercare di conoscere quello che ci si trova davanti?). In quest’ottica è importante “sapere ciò che serve”, che diventa un’operazione piuttosto complessa, composta da diverse parti (capire cosa è autentico, vero o attendibile, saper porre la domanda giusta e scegliere la risposta adeguata). Berger e Luckmann definivano “conoscenza normativa” ciò che si deve sapere per perseguire degli scopi pratici nella vita quotidiana, ossia tutta quella serie di conoscenze che il soggetto deve avere per potersi orientare nel mondo. Questo concetto può essere esteso all’uso del web, in cui è necessario avere delle “conoscenze normative” per non cadere vittima della cultura di massa. Lo studio dei medium, quindi, deve porre l’attenzione sulle persone che ne sono fruitrici e destinatarie. È necessario quindi capire a chi il medium fornisce delle opportunità e per chi invece perpetua le disparità sociali. 3- LA DISTINZIONE TRA APOCALITTICI E INTEGRATI Integrati: i media hanno contribuito a democratizzare e distribuire i saperi. Apocalittici: i new media rappresentano una nuova forma di oppressione simbolica che toglieva la libertà di scelta e autonomia alle persone di basso ceto e poco acculturate, fornendo loro risorse stereotipate e semplici. 1.5 La cultura digitale La “cultura digitale” può essere definita come una cultura specifica che comprende l’uso del web, dei cellulari e di quel che li circonda, ossia l’insieme delle trasformazioni che riguardano sia l’agire collettivo (il modo in cui organizzazioni e istituzioni incorporano le nuove tecnologie e vi si adattano), sia l’agire individuale (attraverso il mutare delle relazioni tra persone e il connubio essere umano-macchina). Globalizzazione Tutti questi cambiamenti producono non solo conseguenze culturali, ma anche economiche e politiche di straordinaria rilevanza. Ad esempio, il venir meno della contrapposizione tra Est e Ovest europeo con la nascita di un veloce processo di globalizzazione. Il sistema economico che tende a spostare il proprio centro dalla produzione materiale alla produzione di beni immateriali e servizi. Cultura digitale e cultura tradizionale Il termine “cultura digitale” non comprende solo attività pratiche, o legata a processi di scolarizzazione o di accumulazione di esperienze e conoscenze. Non è nemmeno una cultura “materiale”. La CMC non è quindi meno efficace, ma meno efficiente e più lenta. Può comunque sviluppare relazioni significative, se gli si fornisce il tempo necessario. Hyperpersonal Il modello Hyperpersonal è un approfondimento della SIP. Secondo questo, la CMC fa in modo che l’interazione avvenga in un’ottica di stereotipizzazione sociale degli individui, che mostreranno una versione ottimizzata del proprio sé, avendo modo di controllare le impressioni. Ne deriva un’impressione iperpersonale dell’interlocutore, in cui i meccanismi sociali classici dell’interazione sono esasperati. 2.3 La nascita del web e l’etnografia della rete Con l’arrivo del web si abbandona la ricerca sugli studi della CMC entro ambiti d’uso e comunicativi limitati (studiati soprattutto sperimentalmente in laboratorio) e la si comincia ad affrontare come un’esperienza quotidiana situata. Si riconosce la dimensione sociale situata e coinvolgente di una chat, ma ancora con il presupposto implicito che si tratti di un “rifugio per disadattati”. Dalle ricerche di laboratorio (situazioni artificiali simulate) si passa quindi all’Etnografia della rete (situazioni di vita quotidiana). Grazie agli studi di Luca Giuliano si comprende che i giocatori online sono consapevoli della differenza tra la loro identità digitale e quella reale. 2.4 Sherry Turkle: dal cyberentusiasmo allo scetticismo 1° libro: Life on the screen: Identity in the age of the internet In questo libro la Turkle analizza due macro tematiche: 1- L’intelligenza artificiale: mostra come anche i bambini siano in grado di fare distinzioni vivo-inanimato (intelligente umano - intelligente artificiale) ma considerino comunque i computer come agenti postmoderni, in grado di proporre modalità di interazioni molteplici, ma dotati di un’intelligenza (comunque diversa da quella umana). 2- L’identità: Studia, partecipandovi, i MUD (sono una categoria di videogiochi di ruolo eseguiti su Internet attraverso il computer da più utenti. Si tratta di giochi testuali, dove i giocatori interagiscono con il mondo e gli altri utenti semplicemente digitando dei comandi da tastiera). La comunicazione online è una fucina identitaria, un’esperienza postmoderna in cui il sé non solo è decentrato, ma è moltiplicato oltre ogni limite. Riprendendo il concetto di Moratoria Psicosociale di Eriksen, sottolinea come gli individui possano testare nuove modalità identitarie senza conseguenze nella vita offline. Come l’antropologo che torna a casa dopo l’immersione in un’altra cultura, chi viaggia virtuale può tornare nel mondo reale meglio attrezzato per capirne gli artifici. Internet enthusiast La Turkle può essere inizialmente annoverata tra gli internet enthusiast, in quanto negli anni novanta coloro che si trovavano a studiare il web e la tecnologia finivano inconsciamente per evidenziarne gli elementi positivi. 2°libro: Alone together Rispetto ai MUD, oggi il web 2.0 è ubiquo, mobile, persuasivo. Grazie alla diffusione delle tecnologie portatili, l’interazione digitale è costante e questo limita, fino a impedire, le nostre capacità di riflessione su noi stessi. La connessione online costante (cell) fa perdere la capacità di conversare e di riflettere su di sé, produce una comunicazione frammentata, amicizie fasulle, richiede poco impegno, attenzione e coinvolgimento. 2.5 Manuel Castells: la società delle reti Uno dei maggiori esperti della società dell’informazione è senza dubbio Manuel Castells. Nella sua trilogia “The Information Age: Economy, Society and Culture” egli descrive le conseguenze di tre processi sviluppatisi negli anni 60/70: la rivoluzione tecnologica delle ICT, la crisi del capitalismo e dello statalismo comunista, la nascita di movimenti popolari come il femminismo e l’ambientalismo. Ciò che unisce i tre processi è la “logica a rete”, che crea una network society: il potere è diffuso in reti globali di informazioni, immagini, flussi finanziari che circolano e mutano in continuazione. Questo porta economia, lavoro, capitalismo ecc. ad essere sempre più informazionali, ossia un’organizzazione sociale in cui lo sviluppo, l’elaborazione e la trasmissione delle informazioni diventano fonti basilari di produttività e potere. Vi è quindi una rete di interconnessioni tra mercati finanziari internazionali, aziende e distretti industriali. Anche gli stati nazione creano un’organizzazione statale reticolare: da una parte delegano il potere a forme sovranazionali (NATO, EU ecc.) dall’altra, a livello interno, delegano il potere alle periferie e assegnano le responsabilità che storicamente sono statali ad organizzazioni private (es. trasporti, istruzione ecc.). La società stessa è messa quindi in rete (dalla comunità si passa al network, le società contemporanee guardano a modelli di relazioni non più uniformi). Le società, tuttavia, non sono comunità omogenee. Sono al contrario caratterizzate da conflitti e contraddizioni, pertanto (nonostante internet sia, generalmente, un’opportunità positiva) il problema è il digital divide, ossia l’esclusione e le disuguaglianze che riguardano gli strati di popolazione che vengono esclusi da questa “rete”. 2.6 Jan Van Dijk e le leggi della Network Society Van Dijk ha coniato il termine Network Society, ampliando il concetto di rete e cercando di affrontare gli aspetti sociali rilevanti che si stavano evidenziando attraverso lo sviluppo tecnologico. La network society viene definita come una forma di società che organizza sempre di più le sue relazioni a partire da reti di media destinate gradualmente a integrare le reti sociali della comunicazione faccia a faccia. Si tratta quindi dell’integrazione tra reti di media e di reti sociali fino a produrre modalità organizzative inedite delle strutture sociali. Van Dijk parla di affiancamento ecologico più che di sostituzione, assumendo una posizione più moderata rispetto a Castells. Le sette leggi del web Van Dijk è giunto alla formulazione di sette leggi del web, che concludono la terza edizione del libro “Network Society”. 1- The law of network articulation (la legge dell’articolazione della rete) La struttura a rete sottrae indipendenza alle unità collegate, ma: • La rete non è una necessità naturale, si trova in un rapporto dialettico con gli altri elementi sociali. C’è quindi spazio per l’agency e la scelta individuale. • La rete ha una struttura duale che produce sia estensione che riduzione di scala con creazione di opposizioni: centralizzazione e decentramento, controllo e autonomia, unità e frammentazione, socializzazione e individualizzazione. Questa è considerata dal sociologo una delle principali caratteristiche dei nuovi media. 2- The law of network externality (la legge dell’esternalità della rete) Le reti producono effetti su persone e cose che sono esterni al web, come l’impulso alla connessione (maggiore è la soglia di connessione, più questa accelera) e la spinta alla standardizzazione ed equiparazione dei protocolli (l’utilità della rete è direttamente proporzionale alla raggiungibilità di tutte le persone connesse). 3- The law of network extension (la legge dell’estensione della rete) Si crea la necessità di intermediari e mediatori per processare e semplificare l’accesso alla sterminata quantità di informazione presente in rete. Questo crea però un maggior potere di orientare e manipolare l’informazione da parte degli intermediari. Vi è infatti la concentrazione del potere nelle mani di pochi intermediari: Google, Facebook, Microsoft, Apple; e gli utenti non sanno quanto il loro comportamento sul web sia influenzato dai linguaggi e dalla struttura della intermediazione. 4- The law of small worlds (la legge del mondo piccolo) Le reti, aumentando esponenzialmente le connessioni tra individui, agevolano la diffusione delle informazioni e delle notizie, sia in modo positivo che negativo. La principale conseguenza di ciò è una società instabile, in quanto questo ne amplifica le tensioni. Buone e cattive notizie si spargono molto velocemente influenzando per esempio i mercati azionari e contribuendo alla crisi finanziaria Vi è inoltre imitazione e contagio nelle idee e nei comportamenti: diminuiscono gli 8 gradi di separazione della network theory (teoria sociologica che spiega che tramite la propria rete di relazioni si può raggiungere chiunque in 8 passaggi). 5- The law of the limits to attention on the web (la legge dei limiti dell’attenzione sul web) L’estensione e la riduzione di scala incrementano la concentrazione e la frammentazione delle risorse del web: ➢ Da grandi compagnie a piccole fonti alternative ➢ Da culture massificate a subculture ➢ Da grande coesione sociale a grande dispersione (cyberbalcanizzazione) 6- The power law (la legge del potere) Googlearchy: la costruzione della popolarità dei siti elencati da Google è incrementale; perciò le persone e le organizzazioni meno citate lo sono sempre di meno e le più citate lo sono sempre di più. Questo fenomeno ha come conseguenza l’amplificazione della disuguaglianza. Inoltre, coloro che già possiedono ampie risorse materiali, sociali, culturali e personali possono avere un migliore accesso alle risorse fornite dal web (Teoria degli scarti di conoscenza, ovvero la propria abilità di muoversi nel web dipende dalla propria cultura/conoscenza di base). Seguendo questo meccanismo, le gerarchie sociali ed economiche tendono a riprodursi. 7- The law of new media as trend amplifiers (la legge dei media come amplificatori dei trend) Reti e nuovi media intensificano le tendenze già presenti e rinforzano le relazioni sociali esistenti. Per questo motivo Van Dijk parla di evoluzione piuttosto che rivoluzione. Valori, strutture e bisogni si trasformano, si potenziano o depotenziano, non cambiano improvvisamente grazie alla rete. Capitalismo, patriarcato, problemi ambientali potranno essere influenzati poco o tanto dai nuovi media o rimanere indifferenti. Il capitalismo potrebbe anche esserne rinvigorito in una forma più accelerata, nonostante si debba ricordare che anche instabilità e potenziale critico crescono in maniera egualmente veloce. In conclusione, Van Dijk sostiene che non si possa essere né ottimisti né pessimisti. Utilizza un esempio, che è quasi un ossimoro, per esprimere questo concetto: la network individualization. Gli ambienti di vita diventano progressivamente più piccoli, mentre allo stesso tempo la divisione del lavoro e i rapporti interpersonali si amplificano. 2.7 Henry Jenkins e la cultura convergente Jenkins ha conquistato un ruolo di primo piano riguardo lo studio delle culture partecipative. Egli concentra i suoi studi sulle comunità di fan, che considera i “pionieri delle nuove tecnologie”, in quanto si appropriano dei contenuti e li fanno vivere in altre forme di produzione culturale (es fanzine, film amatoriali, meeting ecc…). Le comunità di fan, infatti, si sono spostate nel tempo dai margini della società al centro della cultura pop. Inoltre Jenkins sostiene che il fandom sia il risultato della fascinazione per un contenuto mediatico e allo stesso tempo la frustrazione che porta il fan a desiderare di rifarlo. Importante tra i casi che Jenkins studia è quello del fandom di Star Wars, che ha avuto numerosissime espressioni di fan culture. Il fandom ha un rapporto ambivalente con le grandi aziende, in quanto le corporazioni incoraggiano le fan fiction se rispettano il copyright e bloccano ciò che lede il diritto d’autore; tuttavia non possono essere troppo severe in quanto hanno bisogno della fan culture per acquisire popolarità. Altra caratteristica della digitalizzazione è l’aumento delle prestazioni, espresso dalla legge di Moore: “le prestazioni dei processori e il numero di transistor collocabili su essi raddoppia ogni 18 mesi”. Per via di limiti fisici ora sta rallentando. 3.2 Ibridazione e convergenza Queste caratteristiche hanno innescato il fenomeno della convergenza multimediale, ossia la fusione di contenuti, supporti e distribuzione. (ibridazione=termine più tecnico e specifico, convergenza=più ampio ma sono usati in modo interscambiabile). La tesi di Pool L’idea di convergenza tra media è stata utilizzata largamente da Pool, che raggruppa i media in 3 aree: 1- I vettori, ossia le reti per il trasporto delle comunicazioni; 2- L’editoria, ossia la produzione dei contenuti; 3- Il broadcasting, che comprende le reti radiotelevisive. Ogni qualvolta appariva un nuovo medium, esso veniva declinato secondo uno di questi tre gruppi, di cui assumeva le caratteristiche giuridiche e sociali. (es. metodo con cui guadagnare tramite quel medium: pubblicità come il broadcasting? Pagamento per il servizio come i vettori?) Questo sistema è stato messo in crisi nel 20° secolo per via dei nuovi media, che si collocano spesso a cavallo tra le tre categorie. La convergenza multimediale, secondo Bettetini, si articola su 3 livelli: 1- La produzione dei media: convergenza di attività e metodi gestionali differenti nelle impese multimediali; 2- Le tecnologie: i diversi media convergono in un unico canale (es. smartphone); 3- I contenuti simbolici: si ibridano tra loro, mescolando codici, contenuti e forme. Definizione di convergenza di Jenkins: è il flusso di contenuti fluido in sistemi mediatici multipli; non è un fattore esclusivamente tecnologico ma un cambiamento culturale che riguarda in primis i consumatori. 3.3 La multimedialità all’epoca del digitale Il termine multimediale definisce apparentemente una comunicazione che utilizza supporti/codici diversi per veicolare un messaggio, ma oggi è il connubio con il digitale che ne specifica il significato. La caratteristica della multimedialità contemporanea è la perfetta integrazione di dati di ogni genere, al punto di far perdere le caratteristiche individuali di ognuno. È inoltre multimediale ciò che consente al fruitore di avere un’esperienza di fusione multisensoriale in cui il messaggio complessivo che riceve è l’insieme di tutti i linguaggi utilizzati. Bisogna poi distinguere tra multimedialità offline (film, cd) e online (internet). La multimedialità interattiva (partecipazione dell’utente alla costruzione della comunicazione) si interseca poi con l’ipermedialità (organizzazione associativa delle informazioni di diversa origine mediale). 3.4 L’ipertestualità Con ipertesto digitale si intende, oggi, un insieme di materiali multimediali che sono connessi tra loro attraverso collegamenti (gli hyperlink) e che consentono all'utente una consultazione non sequenziale e non preordinata. L’idea di ipertesto nasce dall’idea di Bush di creare un macchinario per montare e modificare documenti, e passa poi per il progetto Xanadu di Nelson, che evidenzia la lettura non sequenziale e favorisce la libertà dell’utente. L’ipertesto è la realizzazione delle utopie che vedono nella rete la possibilità di creare una connessione infinita tra intelligenze. Di questa utopia i principali esponenti sono Lévy e Kerckhove. La “metafora dell’ipertesto” è stato il punto di partenza dell’antropologia del cyberspazio di Lèvy, che aggiungeva degli elementi alle idee di Bush e Nelson. Vi aggiungeva alcuni elementi tra cui: il principio di metamorfosi, cioè la continua rinegoziazione di ogni elemento della rete ipertestuale da parte di tutti gli attori coinvolti; l'organizzazione frattale, per cui un nodo può essere costituito a sua volta da una rete e così via; l'esteriorità, ovvero la mancanza di un'unità organica e quindi la sua variabilità dipendente da un esterno indeterminato; la topologia: negli ipertesti tutto funziona secondo il principio di prossimità e vicinanza; la mancanza di centro o meglio la continua mobilità di diversi centri. L’intelligenza collettiva La metafora dell’ipertesto diventa il punto di partenza per lo sviluppo della sua teoria di “intelligenza collettiva”, ossia “un'intelligenza distribuita ovunque, continuamente valorizzata, coordinata in tempo reale, che porta a una mobilitazione effettiva delle competenze”. L’intelligenza collettiva è tale perché aumenta la conoscenza a disposizione di un pubblico e non comporta fissità, in quanto queste conoscenze sono negoziate e reinterpretate. Intelligenza connettiva Kerckhove teorizza invece l’intelligenza connettiva, che tratta di continuità tra menti e macchine, che messi in connessione funzionano in modi sempre più simbiotici. 3.5 L’interattività Jensen definisce interattività la misura della potenziale facoltà dei media di lasciare che l'utente eserciti un'influenza sul contenuto o sulla forma della comunicazione mediata. Individua 3 livelli di interattività: 1- Selettiva: scelta del contenuto da parte dell’utente; 2- Conversazionale: produzione e inserimento di informazioni da parte dell’utente; 3- Registrativa: adattamento del sistema alle informazioni inserite dall’utente. Elementi di un medium interattivo In un tale contesto, gli elementi principali di un medium interattivo sono: - Velocità: tempo di risposta del sistema all’input; - Gamma (tasso di interattività): numero di elementi dell’ambiente mediato che l’utente può manipolare e quanto; - Controllo: modo in cui le azioni umane sono connesse alle azioni nell’ambiente mediato. Può essere arbitrario (premere un tasto) o naturale (trascinare un elemento nel cestino). Più è naturale più è interattivo. 3.6 La personalizzazione La tendenza alla personalizzazione, nonostante non sia solo limitata ai media digitali, viene enfatizzata con la digitalizzazione. Vi sono 3 elementi principali che definiscono il processo di personalizzazione: - Personalizzazione dei contenuti: costruzione soggettiva di un prodotto “su misura” (tecnologia Pull: scelte dell’utente; tecnologia Push: suggerimenti del sistema a misura dei dati raccolti dall’utente); - Personalizzazione di tempo e spazio: consumi svincolati dai tempi e dagli spazi della produzione e circolazione, uso dei media nomadi (tablet, smartphone ecc.) che consentono connessioni ovunque; - Personalizzazione della produzione: diffusione di pratiche di consumo e produzione mediale parallele a quelle delle industrie culturali, che consistono nella manipolazione di prodotti mediali e che spingono all'appropriazione degli elementi (video sharing, prosumer, peer to peer download) La diffusione degli smartphone ha enfatizzato la funzione di prosumer degli utenti. 3.7 dalla crossmedialità al web collaborativo Il web 2.0 ampia l’idea di convergenza multimediale, che viene sempre più definita come crossmedialità. Per crossmedialità si intende la produzione e diffusione di contenuti ovunque ci sia un medium digitale e una connessione a internet. User generated content Lo user generated content è la chiave di molte piattaforme video e fotografiche. Ci sono svariate forme di partecipazione dell’utente: c’è il web social e il web collaborativo, che anche se teniamo distinti nella crossmedialità si compenetrano. Il web collaborativo offre agli utenti continue possibilità di interazione, partecipazione e collaborazione. (es. Rating: Amazon e TripAdvisor; mashup: Google Maps) Ci sono molte app (come Waze) che fanno della collaborazione tra utenti il loro punto di forza, di cui l’emblema è Wikipedia. La centralità dell’utente nella creazione dei contenuti, ritenuta positiva in termini di libertà, è stata però anche criticata, denunciandone l’impoverimento causato dai non esperti e lo sfruttamento degli utenti che “lavorano gratis”. Si è parlato anche di “totalitarismo cibernetico”, condannando l’idea che tutta l’esperienza umana sia digitalizzabile. 3.8 I wiki e Wikipedia I software wiki hanno come caratteristica principale quella di permettere agli utenti di apportare modifiche a materiali pubblicati online senza usare linguaggi di programmazione specifici. I documenti, quindi, possono essere modificati da chiunque. L'idea alla base del wiki è quella della creazione di contenuti da parte degli utenti in modo collaborativo, che a volte può essere fatto in forma anonima (come per Wikileaks). il wiki più famoso in assoluto è Wikipedia, che è gratuita e collaborativa. Queste due caratteristiche sono alla base della cultura hacker, che vede nella conoscenza libera aperta e collettiva i pilastri su cui costruire la società. Vi sono dei valori fondanti di Wikipedia, che sono detti i “5 pilastri”: 1- Wikipedia è un’enciclopedia; 2- Wikipedia ha un punto di vista neutrale; 3- Wikipedia è libera; 4- Wikipedia ha un codice di condotta; 5- Wikipedia non ha regole fisse, tutti gli utenti sono invitati a partecipare alla creazione delle voci. Nonostante sia possibile risalire all'autore delle voci ci sono stati molti episodi di inserimento deliberato di errori nelle voci e di vandalismi. Nonostante ciò, l'attendibilità di Wikipedia è statisticamente identica a quella dell'enciclopedia britannica. Un altro elemento importante è la variabilità delle sue voci. Vi sono, infatti, dei settori sovradimensionati come attualità, Internet, musica e fumetti, mentre altri settori come quello medico e legale sono molto sottodimensionati. Un altro problema è che Wikipedia presenta un punto di vista occidentale e anglo centrico, avendo molte più pagine (e molto più ricche di contenuti) in inglese. 3.9 La libertà: l’etica hacker e l’open source L'etica hacker ha avuto un ruolo molto rilevante nella costruzione della rete così come la conosciamo oggi. Sono infatti stati loro a porre attenzione a questioni come la privacy, l'accessibilità, alla vulnerabilità dei sistemi ma soprattutto all'idea che l'informazione la conoscenza debbano essere pubblici. Una delle colonne portanti della loro etica, infatti, è il free software, ossia un software in cui gli utenti godono delle quattro libertà fondamentali enunciate da Stallman: 0. Libertà di eseguire il programma per qualsiasi scopo; 1. libertà di studiare come funziona il programma e di modificarlo in modo da adattarlo alle proprie necessità; 2. libertà di ridistribuire copie in modo da aiutare il prossimo; 3. libertà di migliorare il programma e distribuirne pubblicamente i miglioramenti apportati. Il prerequisito per realizzare queste libertà e che il codice sorgente sia aperto (open source). Sherry Turkle afferma che con la diffusione di internet gli individui cambiano il modo di relazionarsi, interagendo di meno con coloro che hanno accanto e venendo assorbiti da uno spazio parallelo fatto di relazioni che passano solo dai post di Facebook. A questo si sommerebbero anche le nuove tendenze della robotica, che andrebbe a impoverire le relazioni sociali sostituendole con quelle uomo-macchina. Turkle con la metafora “insieme ma soli” vuol descrivere soggetti che, pur se fisicamente compresenti, si rintanano nei loro mondi privati. Ognuno tenderebbe quindi a escludersi dall’interazione in compresenza e ripiegare in quella mediata attraverso l’uso dello smartphone. A queste posizioni si contrappongono le ricerche empiriche che dagli anni novanta hanno mostrato come coloro che utilizzano internet tendono ad avere reti sociali più ampie e differenziate rispetto a chi non fa uso delle tecnologie digitali. L’utilizzo di internet, secondo autori come Raine e Wellman, si è rivelato un fattore che arricchisce il capitale sociale delle persone. Alla base di questo dibattito vi è una più antica discussione, quella che vede la contrapposizione tra online e offline. Oggi gli individui in rete si connettono mediante i media sociali, all’interno dei quali postano esperienze della loro vita quotidiana. Tutto ciò è amplificato dalle nuove tecnologie portatili (smartphone). La distinzione online-offline torna quindi utile solamente per descrivere analiticamente le interazioni, in quanto esse vengono materializzate giorno dopo giorno nell’ambiente digitale che funge da supporto e da strumento di gestione dei rapporti, piuttosto che da realtà parallela. 4.4 Interazioni e media digitali, alcune letture teoriche Analizziamo come i media digitali possono intervenire all’interno delle interazioni umane. Tonnies distingue due sistemi: uno di regole informali, ma condivise, in cui il gruppo precede l’individuo e le norme sono molto forti, l’altro contraddistinto da un maggiore equilibrio tra autonomia individuale e norme sociali e un senso di identificazione con la collettività meno forte, in cui i livelli di solitudine si possono innalzare. Con la diffusione dei social media e emerge una nuova forma di socialità, che trova un’interessante chiave di lettura nelle prossime 3 teorie. 1. Networked Individualism (Wellman) È un mutamento del legame sociale che in precedenza si basava sulla vicinanza fisica tra le persone. Con i media digitali questo lehame cambia, ponendo come elemento fondante della connessione sociale non più il gruppo ma l’individuo e la sua rete di contatti. Questo mutamento, secondo Wellman, non è una conseguenza diretta della diffusione dell’Internet, ma è connesso alle modifiche che hanno seguito il processo di erosione delle comunità premoderne iniziato con l’industrializzazione. L’individuo viene, da quel momento in poi, maggiormente isolato e alienato. Le relazioni instaurate attraverso internet sono quindi una conseguenza di questi mutamenti, in cui internet e i dispositivi portatili diventano catalizzatori dell’individualismo, che sostituisce tutto ciò che in passato riceveva con la comunità tradizionale con la comunità personale che si costruisce online. La lettura di Wellman mette in risalto la possibilità di creare connessioni indipendentemente dalle interazioni f2f. Le relazioni così definite sono molto permeabili: possono essere costruite e abbandonate molto rapidamente. I tipi di relazioni descritte, infatti, sono composte, per la maggior parte dei casi, da legami deboli. Questi tuttavia giocano ruoli importanti. Trascendono infatti dal fatto che ci si veda frequentemente, e basano invece la solidaretà interna su scopi e valori condivisi. Granovetter dimostra infatti che i legami deboli risultano essere più importanti dei legami forti e radicati per quanto riguarda l’accedere a informazioni e potenziali posizioni lavorative di interesse. 2. Virtual togetherness (Bakardjieva) Vuole superare le accezioi normative che sorreggono l’idea di comunità: la socialità online può assumere altre forme oltre a quella comunitaria, trascendendo il dualismo reale-online. La vera distinzione sta nel tipo di utilizzo del web. Nella virtual togetherness la sociologa descrive diverse tipologie di relazione sociale digitale. 1- Infosumer: chi usa i media digitali esclusivamente per cercare informazioni. Non partecipa alla vita sociale e si comporta quasi sempre da lurker (chi legge le informazioni e i messaggi ma non ne invia di propri); 2- Instrumental relations: internet rimane una fonte di in formazione, ma c’è un maggiore interesse a interagire con gli altri membri della comunità di riferimento. Lo scopo è quello di raccogliere informazioni utili, utilizzando gli altri utenti come fonte. C’è poi chi vi aggiunge lo scambio e il confronto con le idee altrui; 3- Chatter: colui che ha uno stile interazionale socievole, che utilizza il web per condividere qualcosa con gli altri utenti; 4- Communitarian: vede l’uso della rete come una fonte di sostegno sociale. Questo è offerto da una comunità che permette ai singoli di identificarsi con essa ed elaborare un sentimento di appartenenza. Mediante la lettura di Bakardjieva si rendono evidenti delle sfumature tra l’uso strumentale e quello interpersonale di internet che sottolineano la complessità della rete in quanto spazio sociale e non mondo a sé stante. 3. Networked publics (danah boyd) Danah boyd definisce gli utenti dei media digitali e in particolar modo dei social media come pubblici connessi (networked publics), chiedendosi se sia corretto parlare di comunità quando si prendono in considerazione i new media. Afferma che oggi nella rete c’è una crescente disponibilità di User Generated Content (UGC), che assumono quattro specifiche caratteristiche: 1. Persistenza (ciò che si esprime online è automaticamente registrato e archiviato); 2. Replicabilità (i contenuti possono essere facilmente duplicati); 3. Scalabilità (la visibilità potenziale dei contenuti nei pubblici connessi è molto grande); 4. Ricercabilità (nei pubblici connessi si può avere accesso ai contenuti mediante un sistema di ricerca). Dinamiche della socialità in rete Mentre le comunità tendono a durare nel tempo e a conservare gli stessi membri e uscirne può diventare difficoltoso, per i pubblici connessi è differente: essi, infatti, possono risultare più fluidi e transitori. Le proprietà descritte in precedenza danno vita, secondo boyd, a tre dinamiche proprie della socialità in rete 1- Le audience sono invisibili, cioè non tutti i pubblici sono visibili quando un utente crea i suoi contributi online e, allo stesso modo, i pubblici non sono sempre compresenti; 2- La mancanza di confini spaziali, sociali e temporali, che rendono complicato mantenere distinti i contesti sociali (collasso dei contesti); 3- Infine, c’è una certa opacità dei confini tra pubblico e privato, che perdono la loro specificità a favore di una nuova maniera di intendere questi due spazi non più così distinti. 4.5 I social media Tra le novità più interessanti del panorama mediale vi sono i social media, espressione del web 2.0 o web partecipativo. “Social media” enfatizza il ruolo di mediazione piuttosto che quello di tecnologie dedite alla gestione delle informazioni. A questa caratteristica si somma l’orientamento dei media digitali alla partecipazione degli utenti. I blog Oltre ai wiki, il web offre altri servizi, come i blog e i social network site. I blog (web+log, we blog, blog) sono siti internet in cui i contenuti sono gestiti dall’utente e sono formati da post, cioè contenuti che vengono organizzati all’interno della pagina web in ordine cronologico. I lettori di questo sito possono commentare i differenti post aprendo piccoli dibattiti simili a quelli che si possono avere in un forum e che vengono definiti thread. Blood distingue differenti tipi di blog: - Log style: breve diario di vita quotidiana, che pongono al centro avvenimenti personali ed emozioni; - Filter style: pone l’attenzione su problematiche sociali; - Notebook style: mix tra le precedenti, tratta di un tema specifico solitamente ed è in linea con gli interessi del blogger che lo gestisce. Boyd sostiene che si debba evitare questa segmentazione perché basata su regole comunicative superate. Vi sono anche altri modi di catalogare un blog, ad esempio per contenuti, formati, autori e scopi+potenziali pubblici. I blog, in conclusione, ridefiniscono il ruolo dei soggetti all’interno di un panorama comunicativo più complesso e fluido, in cui ciascuno può diventare emittente. Social Network Site (SNS) sono servizi web che hanno una natura e una nomenclatura che possono variare da sito a sito e che permettono agli individui di: creare un profilo pubblico o semipubblico con un sistema che ha i propri vincoli; costruire una lista di altri utenti con cui essi possono condividere le connessioni; andare a scorrere la propria lista di contatti e le loro azioni attraverso la piattaforma. La convergenza dei SNS Con i SNS si può passare da una comunicazione sincrona, come quella premessa dalla chat, a forme di interazione differenti quali la condivisione dei contenuti ecc. L'integrazione di tutti questi servizi, assieme all'ampia diffusione dei social network site, hanno reso questi ultimi competitivi con i motori di ricerca in qualità di gatekeeper rispetto all'accesso ai contenuti della rete, e con i fornitori di servizi e-mail per quel che riguarda la messaggistica. Gli sns sono gestiti da aziende private che guadagnano i loro proventi grazie alle informazioni che gli utenti forniscono al sito e alle pubblicità. Tutto rientra nel meccanismo di profilazione, quel meccanismo con il quale i social network site possono inserire pubblicità compatibili con gli interessi e gli stili di vita dell'utilizzatore e creare i profili degli utenti in base ai loro interessi e ai siti che visitano. Gli utilizzatori dei SNS L’Ofcom, nel 2008, ha fatto una serie di interessanti distinzioni sui tipi di non utilizzatori e utilizzatori dei social network site. I non utilizzatori possono essere suddivisi in: - I preoccupati della sicurezza online (concerned about safety) - Gli inesperti a livello tecnico (technically inexperienced) - Chi rifiuta ideologicamente le utilizzo (intellectual rejecters). Gli utilizzatori, invece, vengono classificati in 5 tipi: 1. Alfa socialized, che usano i siti di social network per flirtare, incontrare, nuove persone e divertirsi; 2. Attention seekers, chi ricerca le attenzioni e i commenti degli altri utenti; 3. Followers, i soggetti che usano i social network size per monitorare le attività dei pari; 4. Faithfuls, che utilizzano i SNS per riprendere contatti con vecchie conoscenze; 5. Functionals; che utilizzano i SNS per scopi ben precisi (es. informazione). La natura relazionale dei sns L'utilizzo dei SNS ruota attorno al profilo utente che permette a ciascuno di gestire la propria identità personale le connessioni con gli amici con i quali condividere i differenti contenuti. Questo crea degli spazi in cui si articolano pratiche di investimento identitario che vanno a ridefinire il confine tra identità online e offline in favore di uno scambio continuo. Le funzioni che i social network site assolvono sono perlopiù di natura relazionale, in particolare legate alla volontà di creare tecnologie che favoriscano lo sviluppo di modelli di socialità non imposti dall'alto. Queste forme partecipative risentono comunque dei limiti imposti dalle architetture delle piattaforme, in cui non possiamo esprimerci se non rispettando i limiti tecnici che il sito ci impone. È anche importante ricordare che l'uso di specifiche piattaforme non è slegato dal background sociale dell'utente stesso. 4.6 Social media e gestione del self Per evitare quella che Goffman definirebbe perdita della faccia (la disgregazione delle maschere che il soggetto costruisce e che può trovare una maggiore risonanza negli ambienti digitali), gli individui devono imparare a governare i social network site attraverso l'esperienza, per evitare di incorrere in esclusione sociale o sanzioni simboliche. La reputazione 3. Accesso alla rete e livelli di scolarizzazione: il livello di istruzione, misurato con la media degli anni di scolarizzazione della popolazione di un paese, si delinea come un fattore chiave in relazione all'accesso a Internet. 4. Spesa nel settore ricerca e sviluppo: gli investimenti che uno stato impiega nel settore della ricerca scientifica e tecnologica. 5. Offerta di nuove tecnologie Il focus dell'analisi del divario digitale si sposta quindi alle variabili sociologiche come status socio economici e legati al genere o alla posizione nel corso della vita. Si conclude ad esempio che le giovani generazioni usano di più il PC, le persone maggiormente scolarizzate si collegano per più tempo e per svolgere attività più varie rispetto ai meno istruiti; le donne sono più escluse degli uomini ecc... Si passa quindi da have e have nots a “che cosa fanno le persone” e “cosa possono fare” quando si connettono. 5.3 le forme del divario sociale Il più grande bacino di have nots si colloca nei paesi in via di sviluppo e nelle nazioni povere, ma molti di essi risiedono nei paesi più industrializzati e ricchi dell'occidente punto È necessario analizzare i fattori socio demografici e culturali determinanti nel favorire o limitare l'accesso e l'utilizzo delle tecnologie. 1- Il reddito: anche se l'accesso alla rete in alcuni paesi è gratuito, a esso si aggiungono i costi per hardware e software, i costi di aggiornamento e di servizio legati all'utilizzo delle tecnologie. Degli studi sugli Stati Uniti hanno mostrato come il reddito sia uno degli indici più importanti per valutare l'accesso alle ICT. 2- L’età: gli anziani sono quelli rispetto ai quali si parla di e-exclusion. Per i giovani si parla invece di “digital natives” in contrapposizione ai digital immigrants che si sono avvicinati ai media in un secondo momento e i tardivi digitali che ancora li guardano con diffidenza. I nativi digitali e la Net generation sono il risultato di quell'effetto di «modellamento cognitivo» indotto dalla diffusione delle nuove tecnologie, che genererebbero nuovi stili di pensiero, di apprendimento e di comunicazione. Questo tipo di etichetta è efficace ma pecca di eccessiva semplificazione per due ragioni: 1. Non è tanto la differenza d'età a determinare i modi di utilizzo e le interpretazioni dei contenuti digitali ma questi dipendono dai fattori di stratificazione e dall'esperienza d'uso e l'incorporazione dei media digitali nella propria vita; 2. L'idea ottimista che i giovani siano naturalmente esperti di Internet conduce alla delegittimazione degli interventi volti educare i giovani a un uso consapevole della rete. Bricoleur high-tech: l'espressione “bricoleur high tech” descrive i giovani come in grado di sfruttare tutte le potenzialità dei media e combinarle non solo tra loro, ma anche con quelle dei vecchi media. Dimostrano così di conoscere i significati simbolici delle tecnologie che utilizzano, scegliendo il mezzo più adatto per veicolare un determinato messaggio. Si può ipotizzare che la variabile età col passare del tempo ridurrà i suoi effetti sugli eccessi media digitali, ma al contrario potrebbe venirsi a creare un nuovo gap generazionale nel caso accadessero nuovi periodi di discontinuità e di evoluzione tecnologica cosi repentina. 3- Il genere: negli ultimi anni vi è stato un annullamento di quello che per molto tempo è stato un vero e proprio digital gender divide, soprattutto in Italia. Nel caso delle generazioni più giovani il divario di genere sparisce per ricomparire però in maniera marcata nelle fasce d'età successive. 4- L'istruzione: non vi sono in realtà differenze significative per ciò che concerne i diversi livelli culturali posseduti tra le nuove generazioni e se ci limitiamo alla distinzione tra haves e have nots la variabile culturale pare non essere tra le più rilevanti. Diverso però se ci si sposta verso gli usi più o meno elaborati che della rete si possono fare. A essere oggetto di riflessione sono le forme d'utilizzo dei media digitali. È ciò che Hargittai chiama “second level digital divide”: più l'accesso a Internet si diffonde maggiore rilevanza assume il tipo di capacità che si ha di sfruttare le potenzialità a disposizione. Su questo livello le differenze sociali possono rinforzarsi. Il digital divide per rimanere valido è da intendersi come un continuum di diversi livelli di disuguaglianze nell'accesso, nell’utilizzo e nei benefici tratti dai nuovi media. 5.4 L’evoluzione del divario: le ipotesi interpretative Se inizialmente la chiave di lettura utilizzata era il “determinismo tecnologico”, ovvero l'idea che sia la tecnologia che ha delle dirette conseguenze sul mutamento sociale, ora si considera la relazione tecnologia-società come un legame di interdipendenza. La diffusione dell’innovazione Vi sono tre premesse: 1- Forme e usi delle tecnologie sono il prodotto dell'attività umana e riflettono pertanto idee e interessi di chi le ha progettate; 2- Progettisti e utenti ripensano, riadattano e modificano continuamente la tecnologia in ragione delle necessità contingenti; 3- Le tecnologie si inseriscono nelle pratiche sociali esistenti, creando quasi interdipendenza tra dispositivo e utente. I processi di adozione di una nuova tecnologia appaiono seguire un preciso percorso di diffusione influenzato da opinion leader e che entra in un network di relazioni cruciale per la velocità di diffusione. Sono infatti i processi emulativi a stimolare l'adozione dell'innovazione: la curva di diffusione ha una tipica forma ad S. Normalizzazione e stratificazione Per spiegare l'evoluzione del divario digitale vengono tradizionalmente presentate due ipotesi: quella della normalizzazione e quella della stratificazione. I due modelli si distinguono nella previsione della diffusione, tra la popolazione, delle tecnologie per la comunicazione: la normalizzazione ritiene naturale l'esistenza nel primo periodo di un divario nel possesso delle tecnologie, che andrà via via normalizzandosi sino ad esaurirsi. La normalizzazione è chiaramente collegata alla scuola liberista che crede nel potere del libero mercato e nella libertà d'impresa. In questa prospettiva il divario digitale viene interpretato come un fenomeno transitorio che si attenuerà nel tempo, autonomamente. La stratificazione considera invece che le disuguaglianze create dai nuovi media si sommino a quelle già esistenti rinforzandosi vicendevolmente. La teoria della stratificazione insiste anche sul l'incapacità di superare le disuguaglianze che dipendono dall'istruzione o dall'abilità di reperire le informazioni, ponendosi sulla scia della teoria degli scarti di conoscenza. Secondo questa teoria, a parità di motivazioni, gli status, il livello di istruzione e le abilità e informazioni già possedute influiscono sulla capacità e velocità di acquisizione delle informazioni, rendendo quasi impossibile il livellamento delle conoscenze delle diverse classi sociali. Si tratta di un circolo virtuoso che privilegia chi già occupa posizioni elevate creando quell'effetto “San Matteo” e sottolinea come i vantaggi iniziali garantiscano ulteriori privilegi secondo la logica del rich get richer. 5.5 I divari nell’uso di Internet Le opportunità che i nuovi media mettono a disposizione degli utenti sono molteplici ma il loro sfruttamento non è scontato e dipende da molte risorse, sia personali sia sociali. Definire il digital divide nei termini di un continuum di disuguaglianze significa che ci si deve concentrare sulle forme di utilizzo dei media digitali: o Frequenza d’uso: lo sviluppo delle capacità tecniche cognitive utili al fine di utilizzare proficuamente la rete dipende dal potervi accedere con frequenza costante, in modo autonomo e indipendente piuttosto che da un luogo pubblico. o Modalità d’uso e attività svolte: vi è un'evidente influenza delle variabili socioculturali e demografiche nell'indirizzare gli utilizzi delle risorse online. Tendenzialmente a un più alto livello di capitale culturale di istruzione corrisponde un più ampio e variegato uso della rete e più basse frequenze di utilizzo della stessa ai soli fini di svago. Inoltre, i giovani sono quelli che hanno un uso ludico e relazionale più elevato. Se analizziamo ad esempio il caso italiano, risulta che le persone più istruite presentano tassi di utilizzo maggiori su tutti i tipi di impiego della rete. 5.6 Competenze e literacy Come sostiene Van Dijk, oltre alle più banali competenze e operazionali basilari occorre capacità di gestione della ricchezza e della sovrabbondanza informativa e relazionale presente in rete: «competenze informazionali» legate alla capacità di cercare, selezionare e processare le informazioni, e le «competenze strategiche» che indicano la capacità di usare le tecnologie della comunicazione più opportune in ragione degli specifici fini che intendiamo perseguire. Anche per quanto riguarda i giovani vi è un problema di deficit delle cosiddette “competenze critiche”, ovvero quell'insieme di capacità necessarie per selezionare e valutare le risorse disponibili. Literacy Il concetto di Digital Literacy (derivandolo già dal noto concetto di media literacy, ossia la capacità di accedere, analizzare, valutare e produrre messaggi in tutti i formati della comunicazione mediale) viene usato per riferirsi a questo insieme di abilità, competenze e risorse necessarie per utilizzare con efficacia le nuove tecnologie. Le competenze richieste per operare efficacemente con le nuove tecnologie secondo Warschauer sono quattro: 1. Computer literacy: competenze minime di hardware e software; 2. Information literacy: competenze funzionali alla gestione delle informazioni ricavate in rete; 3. Multimedia literacy: saper gestire, comprendere e produrre un “ambiente multimediale” in cui i vari codici e linguaggi interagiscono continuamente. 4. Computer mediated comunication (CMC) literacy: capacità necessarie per comunicare efficacemente online, sia negli ambienti informali che in quelli formali. Competenze/incompetenze Hargittai propone una più articolata suddivisione in grado di spiegare le diverse sfumature delle competenze e incompetenze. 1. Elaborazione di modalità sicure ed efficaci di comunicazione con gli altri (riguarda la capacità di produrre comunicazioni adeguate limitando i rischi) 2. Capacità di contribuire alle discussioni di gruppo condividendone i contenuti; 3. Conoscenza e uso di specifici strumenti; 4. Conoscenza di ciò che è disponibile online; 5. Abilità nel trovare contenuti (conoscere le modalità migliori per formulare le richieste); 6. Efficienza nella navigazione (formulare le richieste in maniera efficace); 7. Abilità nell'accesso alle fonti e credibilità dei messaggi (capacità di rilevare autorevolezza e attendibilità delle fonti); 8. Competenze rispetto alla privacy online (capacità di non lasciare tracce nel web che possono mettere a rischio l'utente); 9. Competenze rispetto a questioni di sicurezza; 10. Capacità di richiesta di assistenza; 11. Adattare personalizzare le informazioni (personalizzare la homepage dell'utente in modo da ricevere aggiornamenti informazioni attraverso una sola interfaccia). Social literacy Secondo l'approccio delle social literacy, la discussione sui livelli di alfabetizzazione e competenza posseduta dagli individui non può prescindere dalla considerazione su quale sia il ruolo delle pratiche sociali condivise nella risoluzione di quei problemi che l'individuo deve affrontare. In altre parole, le competenze che ciascuno di noi possiede arrivano dal modo in cui abbiamo dovuto affrontare certe difficoltà e le abbiamo superate. Agli ostacoli, infatti, rispondiamo non come individui isolati, ma come attori sociali inseriti in un preciso punto della struttura sociale. In ogni caso, i media favoriscono la comunicazione orizzontale e la libertà di espressione per individui, gruppi e istituzioni che non hanno precedenti nella storia, favorendo inclusività e universalità. 6.3 La partecipazione politica in rete Negli ultimi decenni è evidente la stanchezza delle istituzioni democratiche occidentali. Le forme di partecipazione politica hanno conosciuto importanti cambiamenti, e vi sono fenomeni come il calo dell'affluenza alle urne, il declino della fiducia nelle istituzioni, la crisi delle identificazioni. Tutti questi fenomeni derivano da quei processi di individualizzazione e frammentazione sociale che negli ultimi decenni hanno posto al centro l'individuo, il quale vede la vita pubblica come funzionale a fini privati e personali. Il mutamento delle forme di partecipazione non è quindi necessariamente antipolitico, ma collegato a forme di associazione e coinvolgimento che nascono da preoccupazioni relative a progetti individuali, indebolendo il ruolo delle classiche agenzie di mediazione. Alle attività politiche convenzionali (votare, interessarsi di politica, cercare di persuadere conoscenti ecc…) si affiancano quelle non convenzionali, che non si collocano all'interno di una cornice istituzionale e possono essere isolate ed estemporanee (prendere parte a una manifestazione, apparire nei media per esprimere le proprie opinioni, partecipare a forum gruppi di discussione in Internet, partecipare a una petizione, boicottare, condurre attività di lobbying, disobbedienza civile ecc…). Questa partecipazione non si esaurisce quindi, per riprendere una teoria di Hirschman, in un'opzione di exit (andarsene) dal mercato politico, di disinteresse e disimpegno, ma di una voice (farsi sentire) privatizzata, alimentata da quelle forme di comunicazione personalizzata che vedono gli elettori diventare attivi e alla ricerca di un modo di farsi sentire e protestare. A cambiare è stato, quindi, soprattutto il concetto di delega politica, che tende a volersi esprimere sempre più tramite la partecipazione in prima persona. La relazione tra internet e partecipazione politica La gran parte delle ricerche empiriche svolte a livello internazionale dimostra come la relazione tra uso di Internet e partecipazione politica sia positiva: ha un più intenso uso dei nuovi media corrisponde una maggiore propensione al coinvolgimento civico. Le interpretazioni date al fenomeno, tuttavia, differiscono tra loro quando l'interrogativo che ci si pone è legato al ruolo proprio di Internet nel fenomeno, cioè se vi sia e quale sia il rapporto causale tra questi. 1- Effetto causale positivo La rete ha degli effetti favorevoli sul comportamento politico; Internet promuove l'empowerment di nuovi soggetti e gruppi. rientrano in questo approccio le teorie della mobilitazione, che sostengono il ruolo dei New media nel mobilitare chi non è attivo in politica, perché abbassa i costi dello scambio delle informazioni. 2- Effetto causale negativo Le nuove tecnologie hanno effetti sfavorevoli sulla partecipazione, in quanto il tempo e le attività compiute in rete riducono lo svolgimento di attività sociali e politiche offline. 3- L'autoselezione Evidenzia come i fattori correlati sia all'uso di Internet sia alla partecipazione spesso coincidano: i cittadini già politicamente attivi si auto selezionano nell'usare Internet. Di conseguenza, anche se la rete ha un effetto sulla forma della politica, non lo ha sul piano della partecipazione individuale. È il sottofondo culturale delle persone, più che i new media, il fattore che si correla alla partecipazione. Come rilevano Stanley e Weare, se da una parte è vero che Internet può essere uno strumento per rafforzare la possibilità a disposizione di chi è già interessato alla politica, è anche così pervasivo nella vita quotidiana delle persone da espandere la conoscenza dei fatti pubblici anche verso coloro che prima non erano interessati invogliandoli a partecipare. Adottare in maniera rigida uno dei modelli di spiegazione e disponibili può quindi non farci vedere la complessità dei fenomeni nella sua interezza. Il problema, pertanto, è quello di pretendere di spiegare la partecipazione attraverso l'analisi della relazione diretta che essa ha con le tecnologie, senza considerare il complesso intreccio che esiste tra le due dimensioni. Nello studio dell'utilizzo della rete per scopi politici e quindi più importante considerare i motivi per cui poi gli individui partecipano o meno alla vita politica, considerando i media digitali come una variabile dipendente. In questo senso, è da problematizzare una delle distinzioni che spesso si usa per discutere degli effetti della rete nell'ambito politico, quella tra online e offline. Sul piano empirico, infatti, questa dicotomia non ha una vera ragion d'essere: le nuove tecnologie mobili della comunicazione, la trasposizione online di forme di partecipazione che già esistono nel l'offline, i nuovi movimenti sociali ecc… dovrebbero bastare a far comprendere come gli individui che intraprendono le azioni online sono influenzati dalla loro esperienza reale e viceversa. 6.4 Gli strumenti della democrazia online L'espressione e-democracy è usata per indicare l'insieme delle opportunità di partecipazione dei cittadini nei processi decisionali per effetto di Internet. Il concetto di e-democracy comprende ambiti e dimensioni differenti: 1. L’inclusione sociale: da intendersi come la riduzione delle disuguaglianze digitali che impediscono la piena appartenenza alla società dell'informazione; 2. L'accesso all’informazione: la possibilità di attingere in maniera diffusa alla comunicazione prodotta dagli attori pubblici; 3. L'accesso alla sfera pubblica: la possibilità per chiunque di produrre, modificare e rendere disponibile l'informazione, partecipando alla formazione delle opinioni attraverso il dialogo e il confronto; 4. La dimensione elettorale: con particolare attenzione ai meccanismi e alle tecniche di voto; 5. L'iniziativa diretta: la possibilità che chiunque possa presentare petizioni, appelli, proposte inerenti a questioni che interessano e coinvolgono la comunità e di sottoporle al dibattito della comunità stessa. Ciascuna fase del ciclo di vita delle politiche pubbliche può essere favorita dai media digitali, producendo effetti complessivi di semplificazione democratizzazione del processo. Si tratta tuttavia di modelli che restano ancora su un piano strettamente teorico di analisi. A partire da un processo complessivo che spinge a una maggiore efficienza amministrativa (e-government, ossia il processo di informatizzazione dell’amministrazione pubblica), possiamo stabilire alcuni livelli di evoluzione del coinvolgimento dei cittadini tramite i new media, e così distinguere anche i tipi diversi di e-democracy. 1- E-democracy amministrativa: l'informatizzazione dei processi amministrativi produce un'iniziale democratizzazione degli enti; 2- E-democracy consultiva: prevede che sia stimolato e favorito il coinvolgimento dei cittadini in determinati momenti decisionali e temi politici. Le consultazioni possono quindi aprirsi a soggetti solitamente esclusi dai processi decisionali. 3- E-democracy partecipativa: pur prevedendo la responsabilità delle scelte finali di competenza delle istituzioni, concepisce i New media come uno stimolo effettivo alla partecipazione attiva: i cittadini si trovano in una condizione di quasi parità con lo stato relativamente alle istanze da porre al centro del dibattito politico. 4- E-democracy deliberativa: i cittadini partecipano a pieno titolo alla vita politica, discutendo e condividendo esperienze, interagendo con le istituzioni, anche muovendosi parallelamente a esse, all'interno dei propri gruppi o delle associazioni di riferimento. secondo questo modello si può realizzare la piena partecipazione sia dei singoli individui sia degli altri attori radicati nei territori e quindi rappresentativi di porzioni più o meno ampie di popolazione. altrimenti si può favorire la costruzione di ambiti di sfera pubblica sovranazionali, che possono muoversi perseguendo scopi e interessi che trovano piena cittadinanza anche nelle azioni politiche locali. È necessario distinguere anche potenzialità e finalità che ciascuno strumento comunicativo offre. Indubbiamente sono importanti le tecnologie prettamente informative, alimentate sia da processi e flussi di tipo top- down (dalla pubblica amministrazione al cittadino) sia del tipo bottom-up (dal cittadino all'istituzione). Vi sono poi quell'insieme di soluzioni tecnologiche che consentono ai facilitano il dialogo (blog, social, forum ecc…), che sono la vera chiave di volta delle iniziative di e-democracy. È nell'uso di questi strumenti che risiede la possibilità del confronto e che, quindi, si realizza un'efficace interazione tra istituzioni e cittadini. I processi partecipativi, oltre al momento elettorale, possono prevedere un momento consultivo, in cui la scelta si esprime tramite un voto. Una soluzione offerta dalle tecnologie dell'informazione e della comunicazione è l’e-vote, utilizzato nei processi elettorali istituzionali, e il voto online, utilizzato per i processi consultivi. Nel caso dell'e-vote le tecnologie utilizzabili possono essere meno affidabili dal punto di vista della tutela della privacy ma consentire con più efficacia l'espressione del diritto alla partecipazione. 6.5 Lo spazio dei movimenti Nuovi movimenti sociali Il concetto di movimento sociale, in particolare quello di Nuovo Movimento Sociale, ben si presta a rappresentare le domande di partecipazione politica diffuse nel “età dell'informazione”. I movimenti sociali sono forme di azione collettiva condotte per la difesa di specifici diritti. nella società contemporanea si concentrano in particolar modo su interessi post materialistici, che pongono cioè l'enfasi sul senso di appartenenza, l'autorealizzazione e le qualità non materiali della vita. Le caratteristiche fondamentali di un movimento sociale contemporaneo sono: - L'abilità di sviluppare interpretazioni e visioni della realtà alternative a quelle dominanti; - L'uso della protesta come mezzo di pressione sulle istituzioni. Ciò che contraddistingue il movimento sociale da altre forme di azione collettiva è l'azione conflittuale diretta: le forme di protesta sono innanzitutto rivolte all'opinione pubblica prima che ai rappresentanti eletti o alle istituzioni. - Sono reti informali che collegano una pluralità di individui e gruppi, più o meno strutturati da un punto di vista organizzativo e debolmente collegati da individui che collaborano per un obiettivo, al contrario dei partiti che sono molto più strutturati e hanno confini organizzativi ben definiti. Ad ogni tipo di società corrisponde un modello di movimento sociale: il movimentismo più recente si oppone alla mondializzazione dell'economia, alle multinazionali e alle politiche neoliberiste, alle quali imputa la responsabilità delle disuguaglianze tra nord e sud del mondo e la globalizzazione culturale che annienta le specificità culturali in nome del nuovo imperialismo occidentale. Temi, obiettivi e metodi I movimenti sociali delle società postindustriali differiscono dai movimenti sociali tradizionali per forme, modalità di protesta, obiettivi e soggetti coinvolti. Essendo superate le preoccupazioni relative al benessere economico e alla sicurezza personale, i movimenti sono più orientati al soddisfacimento di bisogni di tipo espressivo. Una delle caratteristiche principali dei movimenti sociali contemporanei riguarda il modo di azione, che è di tipo espressivo-simbolico più che strumentale. Fanno parte di un processo che è soprattutto identitario, mirante cioè la contestazione dei valori e delle norme vigenti e alla loro sostituzione, secondo principi che sono primariamente quelli dell'affermazione del riconoscimento delle identità (sessuali, di genere, etniche, culturali ecc…). I nuovi media hanno un ruolo determinante nella definizione di un movimento sociale contemporaneo, soprattutto poiché ne trasforma le basi organizzative, ora flessibili e modellate sull'idea del network di connessione tra parti differenti e autonome. Le nuove tecnologie offrono, infatti, minori costi di gestione favorendo una partecipazione occasionale. I media digitali non sono tanto sostitutivi delle forme tradizionali di attivismo, ma sono efficaci nel far viaggiare rapidamente le informazioni utili per la mobilitazione stessa. Queste tipologie di attivismo sono sganciate dalla mediazione politica e dai metodi tradizionali. nell'espansione della comunicazione tecnologica trovano sia lo strumento dell'azione, sfruttandola per la mobilitazione collettiva, sia i propri valori, che si possono ritrovare nei temi connessi alla rete, al copyright e alla censura delle telecomunicazioni. Consumerismo politico