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Riassunto del libro VII di Erodoto., Sintesi del corso di Storia Antica

Analisi capitolo per capitolo del settimo libro di Erodoto.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021
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Scarica Riassunto del libro VII di Erodoto. e più Sintesi del corso in PDF di Storia Antica solo su Docsity! ERODOTO VII LIBRO CAPITOLO 1 Dario, dopo la battaglia di Maratona, si adira ancora di più con gli ateniesi e giura vendetta, preparandosi a marciare sulla Gracia. Per far ciò richiede ai singoli sempre più risorse per la guerra e queste pressioni sfociarono in una rivolta in Egitto, alla quale Dario si preparava a rispondere. CAPITOLO 2 Mentre preparava la spedizione, i suoi figli entrarono in conflitto per la successione: i contendenti erano Artabazane, nato dalla prima moglie, prima che Dario divenisse re, e serse, nato dalla figlia di Ciro, quando Dario era diventato re. CAPITOLO 3 Demarato, (re di Sparta in esilio a Susa) saputo della contesa, suggerì a Serse di sfruttare l'argomentazione che egli fosse nato quando Dario era re a suo favore, viene riconosciuto da Dario e lo designò come re (+ commento a favore di Erodoto) = Demarato “saggio consigliere” di Serse CAPITOLO 4 Quando Dario, sistemata la faccenda, si mosse per portare a compimento la spedizione, morì, il regno passò a Serse. CAPITOLO 5 Serse era restio a marciare contro la Grecia, e pensava più a domare l'Egitto, ma suo cugino, Mardonio, lo persuase a ripensarci attraverso un discorso il cui succo era che bisognava punire Atene per ciò che aveva fatto e dimostrare con questa spedizione la grandezza dell'impero persiano e di Serse + per incutere timore a chiunque pensasse di andargli contro. Mardonio, esprime un principio ben attestato nella riflessione storiografica di V sec.: l'impero che rinuncia a espandersi inevitabilmente soccombe ad altri. CAPITOLO 6 Oltre a Mardonio, a persuadere Serse arrivarono prima i messaggeri mandati dagli Alevadi (potente famiglia aristocratica di Larissa, nella Tessaglia meridionale, furono i primi tra i Greci a fare atto di sottomissione a Serse, il quale però ne avrebbe (fra)inteso l'offerta come fatta a nome di tutti i Tessali) + Pisistratidi. Dice poi che avevano portato con se Onomacrito, un ateniese esperto di oracoli di Museo (poeta mitico dal nome parlante («colui che appartiene alle Muse»)), che cercava di persuadere Serse recitando oracoli (uno di questi era che l'Ellespondo doveva essere governato da un persiano, preannunciando la spedizione). CAPITOLO 7 Serse si lasciò convincere, ma prima domò i ribelli d'Egitto e una volta conquistato lo diede al fratello Achemene (fu poi ucciso) CAPITOLO 8 Quando stava per inziare la spedizione contro Atene, Serse convocò una riunione con più eminenti Persiani per discutere le loro idee e per esporre il suo progetto. Il discorso di Serse riprende argomenti già enunciati da Mardonio (5: punizione di Atene, affermazione del prestigio del Gran Re per via militare, qualità della terra d'Europa), ma insiste so- prattutto sul rapporto tra espansionismo achemenide e responsabilità ateniese nell'awio delle ostilità (“loro per primi commisero azioni ingiuste”). Emerge poi la volontà espansionistica (“estenderemo i confini della terra persiana fino al cielo di Zeus”). CAPITOLO 9 Troviamo il discorso di Mardonio (che gioca la parte del cattivo consigliere) : eglirincalza gli argomenti di Serse riconducendo il discorso alla Grecia e insistendo, con enfasi e talora millanteria, sulla divisione interna e sulla debolezza del nemico. È anche implicita una contrapposizione tra quanti combattono per conquistare (Persiani) e quanti lo fanno per risolvere conflitti tra loro stessi (Greci), e nel riferimento alla possibilità di una diversa risoluzione dei conflitti tra i Greci è da leggere un'allusione amara agli scontri tra Greci sotto gli occhi di Erodoto. CAPITOLO 10 Discorso di Artabano (zio di Serse), che gioca il ruolo di buon consigliere, in contrapposizione con Mardonio. Lo zio paterno di Serse assolve alla funzione del saggio consigliere inascoltato: la sua figura è esemplata su quella di Salone nel libro I. Il suo discorso, è indirizzato nella prima parte a Serse, nella seconda, più breve e aggressiva, a Mardonio. Anche Artabano fa riferimento a esperienze personali e oppone all'idea di Mardonio una serie di scacchi militari persiani che correggono il quadro dato finora dell'imbattibilità dell'impero (fa riferimento alla spedizione scita di Dario). Artabano cerca di mettere in guardia Serse (“tu che poi stai per muovere contro uomini più valorosi degli sciti e si dice siano eccellenti per mare e per terra”). In un impero tutto effettivamente dipende da un uomo solo, per cui, in linea con ciò, nelle righe immediatamente seguenti Artabano esorta Serse a sciogliere l'assemblea e a decidere da solo. Successivamente fa un discorso relativo alla divinità che si scaglia contro chi pecca di pensieri ambiziosi (“il dio non permette che altri, al di fuori di lui, nutrano pensieri ambiziosi”), dicendo che vengono abbattute le cose che si innalzano troppo. Il resto del discorso è dedicato a un rimprovero a Mardonio, che secondo Artabano sottovaluta i greci e induce il re a commettere un errore (nel quale, di conseguenza, porta con se una grande quantità di uomini). CAPITOLO 11 Serse, sentito il discorso di Artabano lo rimprovera, accusandolo di codardia (tanto da dirgli di non aver bisogno di lui in battaglia “ti infliggo questo disonore”). Procede con la citazione della genealogia, che esplicita il peso della tradizione ereditata da Serse che non può mostrarsi inferiore. Segue poi il concetto che due potenze non possano convivere quietamente, senza che una delle due non compia una spedizione a danno dell'altra (nel discorso questo concetto è espresso univocamente per gli Ateniesi “se staremo tranquilli noi, non lo saranno loro, ma certamente faranno una spedizione contro la nostra terra, se si deve giudicare dalle imprese precedenti”) = o si agisce, o si subisce. CAPITOLO 12 Serse si corica e nonostante la fermezza iniziale, il parere di Artabano inizia a generare dubbi. Durante la notte sogna (come in Omero, anche qui il sogno è rappresentato come una figura che esiste oggettivamente nello spazio indipendentemente dalla mente del sognatore: entra nella stanza del dormiente, si colloca sopra di esso, comunica il suo messaggio e vola via). Il sogno lo riprende sulla sua instabilità di decisione, e tirando le somme gli dice che la spedizione deve essere fatta e che il sovrano non può cambiare idea da un giorno all'altro, ciò che ha detto deve rimanere tale. CAPITOLO 13 CAPITOLO 40 Descrizione dettagliata dell'esercito (coposto da genti di varie nazioni) durante la sfilata: 1. portatori di bagagli e animali da soma 2. passava metà dell'esercito 3. SPAZIO VUOTO 4. mille cavalieri scelti fra tutti i persiani 5. mille lancieri scelti fra tutti (punta della lancia verso il basso) 6. dieci cavalli sacri (NISEI) 7. carro sacro a di Zeus, trainato da otto cavalli 8. le redini venivano tenute da un auriga che stava a piedi dietro al carro (nessuno poteva salirci) 9. Serse, su un carro trainato da altri cavalli nisei, accostato da un auriga (Patiranfe, figlio di Otane) CAPITOLO 42-43 Avanzata dell'esercito: dalla Lidia, lungo il fiume Caico, fino a Misia; attraverso il territorio di Atarneo fino alla pianura del Tebe dove stanziarono per una notte (ma colpiti da un temporale che a causa dei fulmini fece morire molti uomini). Arriva a Pergamo e vuole visitarla e poi compie dei sacrifici. CAPITOLO 44 Serse arrivato a Abido vuole ammirare il suo esercito, quindi sale su un'altura (dove era stato posto un trono bianco) e inizia a contemplare la vastità dei suoi uomini, in questo momento, indice anche una gara di navi (che viene vinta dai Fenici). CAPITOLO 45-46 La vista di questa potenza fa piangere il sovrano, che viene presto raggiunto dallo zio Artabano e si apre un dialogo tra i due, dai toni meno formali rispetto a quello tenuto a inizio libro. La risposta di Serse è incentrata sui limiti dell'uomo in quanto mortale (non senza una certa ironia tragica giacché, come il pubblico di Erodoto sa, la morte raggiungerà gran parte di quei soldati nel corso della stessa spedizione), Artabano rilancia il dialogo spostando l'attenzione sul tema delle sofferenze nel corso della vita umana e dell'invidia degli dèi, e preparando così il terreno a reintrodurre il tema dei rischi della spedizione. CAPITOLO 47 Serse mostra di ritenere inopportune le considerazioni pessimistiche di Artabano, ma, cogliendo nelle sue parole echi del dibattito iniziale, lo spinge a riprendere temi lì affrontati senza tener conto del sogno (evocato solo per essere accantonato: il piano divino è qui messo da parte). Artabano, ora apparentemente meno fiducioso nel significato della visione notturna , riporta il discorso sui rischi concreti della spedizione parlando di due cose ostili all'imperatore. CAPITOLO 48 Serse domanda esplicitazione di queste due cose ostili e sembra in un primo momento ricollegare una delle due cose alla numerosità dell'esercito/della flotta, temendo che quello greco sia superiore. CAPITOLO 49 Artabano parla dunque delle due questioni: 1. il mare, che non offre abbastanza porti di dimensioni adatte ad accogliere la flotta persiana durante i vari spostamenti 2. la terra, che genererà fame insaziabile (CARESTIA) CAPITOLO 50 È l'intervento più ~pio e complesso, con argomentazioni di tipo sofistico. La discussione gioca ora sulla dialettica paura/coraggio e riflessione/azione. Artabano aveva insistito sull'utilità della «paura», cioè della considerazione delle probabilità negative quando si è ancora in tempo per riflettere, mentre il coraggio è virtù da esercitarsi al momento dell'azione (“L'uomo migliore è quello che nel momento in cui decide è preso da timore, pensando a tutto ciò che dovrà sopportare, ma nel momento di agire è audace”). Serse ribatte in due tempi: (I) in termini generali osserva che paura e riflessione portano all'inazione (“i vantaggi sono soliti venire a coloro che vogliono agire, mentre non raggiungono chi discute su tutto ed è indeciso), ma data l'incertezza insita nei calcoli umani prevedere il peggio può essere altrettanto errato che essere ottimisti; mentre però farsi paralizzare da previsioni negative non produce nulla, osare, anche se una parte dei rischi paventati dovesse realizzarsi, dà la possibilità di «guadagnare», come mostra l'esempio dei precedenti re persiani che crearono un grande impero affrontando grandi azzardi; (2) più specificamente, contrappone alle probabilità negative evocate da Artabano gli elementi che inducono alla fiducia: la bella stagione limiterà il rischio di tempeste e la disponibilità di scorte nonché dei prodotti delle terre conquistate scongiurerà il rischio della fame. CAPITOLO 51 Artabano si arrende alla fermezza di Serse, ma gli chiede di accettare un consiglio e facendo ciò, solleva la questione degli Ioni, dicendo che Ciro assoggettò la Ionia tranne Atene (cruciale nella storia di Erodoto, perchè il rapporto tra ioni e Atene è la sorta di peccato originale delle guerre persiane). Artabane consiglia a Serse di non mettere questi uomini contro Atene (“il loro padre”), perchè se così fosse essi potrebbero agire in due modi: 1. in modo ingiusto, attaccando la loro madrepatria e riducendola in servitù 2. in modo giusto, aiutandola a liberarsi Nel secondo caso potrebbero arrivare ad arrecare danni all'esercito persiano. Artabane finisce il discorso con un richiamo alla figura di Solone, che nel primo libro parlava a Creso dicendo che la felicità degli uomini è da vedere alla fine della loro vita, dal modo in cui le cose finiscono, e qui Artabane dice “all'inizio non si può scoprire come sarà la fine”. CAPITOLO 52 Serse smonta la paura di Artabane per una rivolta degli ioni rievocando la loro fedeltà nella guerra condotta da Dario contro gli sciiti. Affida poi allo zio l'impero in sua assenza (quindi Artabane diventa una sorta di vicere). CAPITOLO 53 Con il congedo di Artabano si è chiusa la fase del colloquio informale e della riflessione: Serse può ora tornare all'ufficialità del ruolo, sancita dalla nomina dello zio paterno a viceré, convocando i dignitari persiani e dando il via definitivo all'azione militare con un discorso che riprende circolarmente lessico e temi (il confronto con le imprese dei predecessori; i Greci come unico significativo ostacolo a un dominio universale; protezione divina all'espansionismo persiano) del suo primo intervento nel dibattito a corte. CAPITOLO 54 Descrizione del rituale compiuto dall'esercito persiano al Sole. CAPITOLO 55 ll passaggio fortemente simbolico dall'Asia all'Europa attraverso l'Ellesponto è anche un'ulteriore occasione di presentazione dell'esercito imperiale: come per l'uscita da Sardi, a cui questi capitoli rinviano con espliciti richiami lessicali, sono in evidenza i reparti persiani d'élite, chiaramente distinti dai contingenti etnici; l'immenso numero di questi ultimi è ora però più chiaramente evidenziato. CAPITOLO 57 Si verificano due prodigi nefasti per la spedizione di Serse: 1. un cavallo partorisce una lepre (=Serse si attinge a compiere una spedizione vittoriosa, ma la sorte sarà diversa e si troverà a fuggire per salvare se stesso) 2. un mulo nasce con doppi genitali (tema del mulo già incontrato in un altro oracolo che era stato interpretato male e aveva portato alla caduta di Creso per mano di Ciro). CAPITOLO 58 La spedizione procede e flotta e esercito prendono due direzioni diverse: la flotta procede lungo la costa fuori dall'Ellesponto in direzione opposta all'esercito di terra, mentre questo procedeva attraverso il Cheroneso attraversandone l'istmo presso Agorà. CAPITOLO 59 A Dorisco, nella pianura della Tracia era stata costruita una fortezza reale da Dario durante la sua spedizione contro gli Sciti: qui Serse radunò l'esercito e fece un censimento, mentre sulla spiaggia vicina venivano portate le navi tratte in secco. CAPITOLO 60 Si procede alla descrizione del modo in cui il censimento si svolge: raccolti in uno stesso luogo 10000 uomini, venne tracciata una linea loro intorno, lungo la quale, tolti gli uomini, venne alzato un muretto. Fatto ciò venivano introdotti nello spazio tutti gli altri e una volta finiti di contare, furono divisi per popoli. CAPITOLO 61 COMINCIA LA PRESENTAZIONE DELLA FANTERIA la presentazione del contingente persiano - la più ampia e sistematica - offre una griglia delle voci (nome, equipaggiamento, comandante persiano, origine del nome/popolo): 1. equipaggiamento: copricapo di feltro chiamato tiara, tuniche con maniche di vario colore, scudi di vimini, dotati di lance corte, arco e frecce, pugnali appesi alla cintura. 2. Comandante: Otane, suocero di Serse. 3. Origine del nome: un tempo chiamate Cefeni dai greci, mentre da loro stessi Artei. CAPITOLO 62 presentazione del contingente dei Medi: 1. equipaggiamento: uguale ai persiani (+ ci dice che in realtà l'equipaggiamento era tipico dei medi, e non nato dai persiani) 2. Comandante: Tigrane (achemenide). 3. Chiamati in origine Arii, quando Medea arrivò dalla Colchide ad Atene presso di loro, essi mutarono il nome . Presentazione dei Cissii 1. equipaggiamento ugaule a quello persiano, ma il copricapo ero un mitre 2. comandante: Anafe, figlio di Otane Presentazione degli Ircani: 1. equipaggiamento uguale ai persiani 2. comandante: Megapano (diventerà governatore di Babilonia) CAPITOLO 63 Presentazione degli Assiri: Cipro, Asia Minore): alla familiarità dei Greci con quest'area, oltre che alla stessa presenza greca nella flotta, corrisponde il tipo di informazione dato da Erodoto: i numeri di ciascun contingente (un dato in ogni caso più facilmente verificabile che per le altre armi; per i problemi posti dalla cifra complessiva, equipaggiamenti spesso comparabili con quello dei Greci (se non proprio greci), tradizioni greche relative alle origini del popolo (tranne che per gli Egiziani) e nomi di alcuni dei più noti esponenti di diverse élites locali presenti nella flotta. Fenici offrono il contingente più numeroso dell'intera flotta e Erodoto ne ricorda anche la migliore maestria nell'uso delle navi nel cap 96 DA 89 A 95, PRESENTAZIONE DELLE VARIA ETNIE, guarda il libro per fare qualche esempio/ paragone. CAPITOLO 96 Si elogiano i Fenici (soprattutto i Sidonii) per la bellezza delle loro navi (“erano le navi che navigavano meglio”). Erodoto annuncia poi di non voler fare il nome dei comandanti indigeni questo perchè non intende menzionare i comandanti indigeni accanto a quelli persiani perché si tratta di una pletora di gente senza effettivo potere. Argomentando ciò egli contrappone all'unicità del comandante persiano per ogni ethnos (talora anche per più popoli), la pluralità dei comandanti indigeni: la salda catena di comando persiana viene contrapposta alla frammentazione del potere locale («tanti erano i capi quante le città»). CAPITOLO 97 Elenco dei comandant della flotta (guarda libro per elenco), che vengono definiti ammiragli nel capitolo successivo CAPITOLO 98 Elenco delle personalità più importanti della flotta dopo i “capi supremi”, sono tutti personaggi non persiani (a differenza di quelli precedenti), ogni nome è preceduto dall'etnia e segue la discendenza paterna. (guarda libro e fai due esempi). CAPITOLO 99 Erodoto decide di nominare un comandante in particolare Artemisia, una donna che partecipò alla spedizione, mirabile esempio di libertà all'interno dell'esercito persiano. Forniva navi che erano seconde di bellezza a quelle dei sidonii e ci dice anche che fra i vari alleati fu lei a dare i migliori consigli al re. Governava le città di Alicarnasso, Cos e Nisiro e Calidna. CAPITOLO 100 Serse, come già qualche capitolo prima, desidera vedere il proprio esercito complessivamente, il desiderio di vedere è una caratteristica costante di Serse. Qui esso si applica all'obiettivo di una presa d'atto concreta e diretta della smisurata e multiforme grandezza dell'esercito, finalmente numerato e schierato per popoli, preparando così il successivo dialogo con Demarato (Io1-4). Serse non si limita però a guardare i suoi uomini, ma passa in rassegno ogni popolo, informandosi su ciascuno di loro, prendendo nota attraverso degli scribi. CAPITOLO 101 Dialogo con Demarato: la presenza di Demarato, subentrato ad Artabano come saggio consigliere del re, imposta una riflessione sulla reazione greca alla spedizione persiana. Serse pone la domanda interessandosi esclusivamente della capacità di resistenza dei Greci, non della vittoria (che era considerata già persiana, scontata); questo aspetto sottolinea l'immagine erodotea dell'arroganza dei sovrani d'oriente. Quindi essenzialmente serse vuole sapere se i greci potrebbero resistere al suo attacco (cosa che secondo lui è impossibile “neppure se tutti i greci e gli altri uomini che abitano l'occidente si riunissero sarebbero in grado di sostenere il mio attacco”). CAPITOLO 102 Demarato risponde: nella sua visione la povertà di partenza dei greci (ovvero la scarsità di risorse contrapposta all'immensa disponibilità di uomini e mezzi del Gran Re) è compensata e superata da fattori culturali e da un'etica attivistica, che mettono al riparo anche dall'asservimento. Il discorso si concentra poi su Sparta, parlando della loro resistenza e della loro bravura in battaglia, dicendo in particolare che il numero per loro è indifferente, pochi o tanti che siano, con o senza l'appoggio delle altre polis, combatteranno. CAPITOLO 103 Serse attribuisce erroneamente a Demarato una visione incentrata sul valore individuale: perché mille Spartani possano contrastare l'esercito di Serse, ciascuno di loro dovrebbe valere quanto dieci avversari; tale possibilità sarebbe però smentita dalla qualità dei Greci che Serse conosce e in questo contesto già sprezzante nei confronti dei Greci viene inserita una frecciata contro Demarato che, in quanto re, dovrebbe valere almeno venti avversari. A questo punto Serse può spostare l'obiettivo - richiamandosi a una maggiore verosimiglianza sul problema della compattezza: indipendentemente dalla quantità, comunque a favore del- le forze complessive dell'impero, gli Spartani mancherebbero di quella vera motivazione a resistere anche di fronte a forze preponderanti che per i Persiani è garantita dal potere costrittivo del re. In definitiva, quindi, Serse non crede alle parole di Demarato, nonostante fosse stato interrogato proprio perchè greco, e lo accusa di non conoscere davvero i greci e di raccotare sciocchezze. CAPITOLO 104 Rispondendo innanzitutto alla provocazione di Serse sul suo conto Demarato rifiuta l'ideologia eroica che privilegia il valore individuale del guerriero e vi contrappone l'ideologia oplitica basata sulla collettività compatta. Tale compattezza, da Serse negata, è garantita dalla legge, che obbligherà i pur liberi Spartani a resistere. CAPITOLO 105-106 Introduzione di uno dei due governatori rimasti fedeli Serse: Mascame , governatore di Dorisco. Nel capitolo successivo ne loda i valori e spiega che proprio per la sua bravura, già ai tempi di Dario e poi avanti, nei suoi successori (artaserse etc), Mascame riceveva dal Gran re, annualmente dei doni, perchè appunto, fu l'unico a non perdere il controllo del regno a seguito della spedizione (a differenza di quelli della Tracia e dell'Ellesponto). CAPITOLO 107 Presentazione del secondo governatore fedele al Gran re: Boge di elione, il quale è degno di nota e ammiratissimo dal re, perchè trovatosi assediato dagli Ateniesi, pur potendo scappare senza problemi in Asia, non volle e resistette fino all'ultimo, per non passare per vile e codardo. Una volta finito il cibo nella fortezza, uccise tutto il corredo di palazzo (moglie, figli, servi, etc), gettò le sue ricchezze in acqua, e successivamente si suicidò. CAPITOLO 108-110 La spedizione prosegue, e come sappiamo, l'impero persiano entrò dalla grecia partendo da nord, incontrando popolazioni che di propria spontanea volontà, non opposero resistenza all'entrata persiana in Grecia. Il percorso di Serse è spiegato nel dettaglio da Erodoto, con il nome delle città incontrate e talvolta anche dei popoli. CAPITOLO 111 Approfondimento, più per il piacere di Erodoto, che per l'utilità della narrazione, della popolazione dei Satri, nominati nel capitolo precedente, durante l'elenco dei popoli traci incontrati da Serse. CAPITOLO 112-113 Proseguimento della camoagna di Serse, che arriva prima accanto alle città fortificate dei Pieri (fiagre e Pergamo), poi oltre il paese die Peoni, dei oberi e dei Popli, dirigendosi verso Occidente, fino a raggiungere Elione, dove si trovava (ancora vivo) Boge. In questa regione, i magi compirono dei sacrifici, ottenendo auspici favorevoli. CAPITOLO 114 Ulteriori sacrifici: in questo caso Erodoto apre anche una digressione sui costumi persiani, spiegando come era d'uso seppellire vive le persone. CAPITOLO 115-116 Serse prosegue la marcia, Erodoto come sempre ne cita in dettaglio i minimi spostamenti, e a un certo punto arriva a acanto, in cui Serse elogia i cittadini vedendoli ben disposti alla guerra e ai lavori di scavo. CAPITOLO 117 Artacaie, colui che presiedeva i lavori di scavo, morì di malattia, e Serse, che lo teneva in molta considerazione, essendo come lui, un achemenide, gli dedicò splendidi funerali e una bellissima sepoltura. CAPITOLO 118-119 Le città greche dovevano accogliere Serse e il suo esercito con un banchetto pronto, e ciò comportava immancabilmente una caduta nella miseria, a causa della quantità di cibo da dover sostenere. A capitolo 119 Erodoto descrive il modo in cui aveniva il banchetto: i cittadini delle città per parecchi mesi preparavano farine di fruemento, grano e orzo; facevano ingrassare gli animali; fabbricavano coppe e crateri in oro e argento. Queste cose erano destinate al re e coloro che banchettavano con lui. Erodoto sottolinea come la fatica maggiore veniva affrontata e sostenuta dagli ospitanti, infatti l'esercito, passata la notte, se ne andavano portando via tutto quello che potevano, CAPITOLO 120- 127 Serse si divide dalla flotta, che prosegue fino a Terme, punto di ritrovo. La fanteria viene divisa in 3 parti dal re: una parte viaggiava lungo la costa seguendo la flotta, una viaggiava nell'entroterra e quello guidato da Serse seguiva stando in mezzo alle due linee. Erodoto prima segue il viaggio della flotta fino a Terme, dove si ferma ad aspettare il resto dell'esercito: durante questa marcia, dalle città costiere che toccava prelevava nuovi uomini per la guerra. Arrivata a Terme, Erodoto riprende l'esercito, compie una digressione su un attacco di leoni avvenuta in una notte di marcia e poi ricongiugne l'esercito a Terme, dove piantano l'accampamento, nel descrivere quest'ultimo, Erodoto preme perchè si capisca l'immensità di uomini che stavano all'interno dell'esercito. CAPITOLO 128-130 condizione: avere il comdando della Grecia contro il barbaro 3. A questa condizione, ovviamente, l'ambasciatore spartano non può non rispondere, come aveva fatto con Argo, ribadendo che il comando dell'esercito spettava a loro. Gelone, se non avesse accettato questo, avrebbe potuto restarsene in disparte. 4. Accettato di non comandare l'esercito, Gelone reclama almeno il comando della flotta 5. A questa rivendicazione si oppone adesso l'ambasciatore ateniese, il quale si fa vanto della sua città e del suo popolo, ribadendo anche la grecità originaria (“noi che siamo il popolo più antico, che non abbiamo cambiato dimora, che fu uno di noi anche Omero etc”). 6. Gelone chiude la serie d discorsi con una citazione metaforica “tornate indietro ad annunciare alla Grecia che le è stata tolta la primavera dall'anno”= la grecia è stata privata dell'alleato più prezioso. 168 Dalla Sicilia ci si sposta in Corcira, dove Erodoto ci dice che gli stessi ambasciatori andati da Gelone, i recarono in Corcira e sollecitarono gli abitanti a unirsi all'alleanza con le stesse parole usate in Sicilia. Sul momento i corciresi si dimostrarono volenterosi di aiutare la patria,ma quando fu il momento di intervenire, equipaggiarono poche navi e si accostarono al peloponneso senza intervenire: infatti non credevano possibile la vittoria su Serse, e in questo modo avrebbero potuto risparmiare la loro terra dalla possibile vendetta persiana, facendo vedere come essi fossero stati in disparte e non avessero preso posizione. Allo stesso tempo, in caso di vittoria greca, avrebbero potuto usare la scusa di una disfatta della flotta in mare a causa di tempesta, e quindi l'impossibilità di non poter intervenire. 169 A questo punto si cerca l'alleanza dei cretesi, i quali decisero di interrogare l'oracolo per scegliere il da farsi: la Pizia sconsiglia la partecipazione alla lega antipersiana, con argomenti che richiamano il periodo mitico della storia dell'isola. 170 Erodoto spiega a questo punto il riferimento dell'oracolo a Minossse, il quale, giunto in Sicilia per cercare Dedalo, l'avrebbe trovato a Camico, dal quale avrebbe ricevuto ospitalità, ma sarebbe stato fatto uccidere. Erodoto prosegue la sua digressione storica, dicendo che alcuni Cretesi assediarono per 5 anni la città di Camico, abitata dagli agrigentini: non riuscendo a espugnarla, fecero marcia indietro, ma una tempesta si abbattè sulle loro navi e le distrusse. Fondarono quindi nel luogo del naufragio la città di Iria, diventando Iapigi Messapii. Da Iria mossero alla conquista di nuove città. 172-174 I tessali all'inizio patteggiavano per i medi, ma saputo che il persiano stava per invadere l'Europa, mandarono ambasciatori all'Istmo, dove si erano riuniti delegati greci, e qui dissero che bsognava prendere delle decisioni di difesa per evitare l'invasione della Tessaglia e quella della Grecia. I greci quindi inviarono via mare un esercito di fanteria in tessaglia per sorvegliare il passo d Tempe. Si trattenneo per qualche giorni, fino a quando dei messaggeri inviati da un macedone, consigliavano loro di allontanarsi, per non essere schiacciati dall'esercito di Serse: i greci obbedirono. La Tessaglia, sentendosi così abbandonata, passarono dalla parte dei Medi. 175 Tornati all'Istmo, i greci discussero su come dare inizio alla guerra e in quali luoghi: l'opinione che prevalse fu quella di difendere il passo delle Termopili, per evitare che il barbaro penetrasse in Grecia, e poi ad Artemisio, per bloccare la flotta. 178 mentre i greci si preparavano nelle postazioni scelte, a delfi i cittaini interrogavano l'oracolo, il quale diede come responso il fatto che i venti sarebbero stati alleati dei greci: appreso ciò si mobilitarono quindi per ingraziarsi i venti, costruirono un tempio in loro favore e praticarono dei sacrifici. 179-183 Erodoto torna a seguire i movimenti paralleli dell'esercito di Serse per terra e per mare, cominciando dalla flotta: si parla inizialmente di 3 navi: 1. La nave di Trezene, che fu catturata dai barbari, erodoto parla anche di un rituale operato dai persiani: essi presero il greco più bello dell'equipaggio e lo sacrificarono per buon auspicio. 2. La nave di Egina, all'interno della quale, nel combattimento tra barbari e greci, si dimostrò valoroso Pitea, il quale proprio per la sua resistenza piacque ai persiani, che lo salvarono dalla morte e lo portarono al loro accampamento, mostrandolo con ammirazione all'esercito. 3. La nave attica, che nella fuga si incagliò nella foce del Peneo: i barbari si impadronirono dello scafo, ma non degli uomini che erano riusciti a fuggire e tornare ad atene. I greci all'artemisio, intanto, erano venuti a conoscenza della disfatta delle 3 navi e fuggirono, gettando le ancore in Calcide. Erodoto ci da anche un'indicazione temporale: Serse partito da Terme, in 11 giorni arriva sulla costa Sapiade. 184-187 Nuov digressione ancora una volta incentrata sulla grandezza dell'esercito di Serse, Erodoto arriva a stimare la cifra di ca 5 milioni di uomini. 188-195 si verifica qui il primo episodio di alleanza coi venti descritta nell'oracolo: l'armata navale barbara, arrivata a Magnesia, si accampò per la notte. Il mattino seguente fece la sua comparsa l?ellespontia, un vento che portò con se una violenta tempesta: alcuni riuscirono a salvarsi, altri vennero sbaragliati per il mare. La tempesat durò 3 giorni, al quarto cessò (per volere suo o per merito dei Magi che sacrificarono e pregarono). Le vedette greche che avevano assistito alla disfatta, riferirono ai greci del naufragio e a questo punto, convinti di non trovare navi all?artemisio, vi tornarono. 196-197 Serse, con la flotta e l'esercito attraversano la Tessaglia e l'Acaia, per raggiungere la Malide: ma nell'avanzata verso la meta, si insteressa della storia dei luoghi che sta attraversando e gli viene raccontata, per esempio, una storia locale riguardante l'Acaia e il santuario di Zeus Lafistio. 198-201 Erodoto si sofferma sulla descrizione del territorio raggiunto da Serse, la Malide, più specificamente si accampa nel territorio della Trachis, mentre i Greci si accampano nel passo delle Termopili. 201-239 La battaglia delle Termopili. La narrazione è sapientemente strutturata e compatta, con pochi cenni digressivi, per lo più a carattere geografico e biografico, sempre ben collegati alla linea narrativa principale (tra i più significativi 205,I: ascesa al trono di Leonida; 2I3,2-214: condanna e morte di Efialte con promessa non mantenuta di illustrarne altrove le circostanze; 215-6: storia e topografia dell'Anopea; 239: Demarato e Sparta). Si possono individuare tre blocchi narrativi principali, ulteriormente articolati alloro interno: 1. 201 -9: le fasi preliminari della battaglia in ambito greco (202-7) e persiano (208-9), precedute dall'indicazione della posizione degli accampamenti (201) concluse dal secondo dialogo tra Serse e Demarato (209); 2. 2I0-33: la battaglia (2I0-25), con distinzione tra i primi due giorni di scontri nei quali i Greci tengono efficacemente testa ai Persiani (2I0-2) e l'ultimo giorno, preceduto dall'aggiramento persiano (2I3-8) e da un ultimo drammatico consiglio di guerra, giorno nel quale prima Leonida e poi gli Spartani e Tespiesi rimasti sono annientati (22 3-5); 3. 234-9: l'epilogo, owero un dialogo tra Serse, Demarato e Achemene che richiama il precedente (209) e l'accanimento di Serse sul corpo di Leonida. 202-203 Presentazione dell'esercito greco, di cui erodoto fa l'elenco dei vari contingenti distinguendoli tra i popoli alleati. 204-205 digressione sulla storia di Leonida (facendone una genealogia che arriva fino a Eracle): diventa re di Sparta dopo che entrambi i suoi fratelli muoiono. 207 Primi ripendamenti: i greci che si trovavano alle termopili, venendo a conoscenza della vicinanza dell'esercito di Serse iniiarono a discutere se fosse il caso di abbanonare il passo, alcuni peloponnesiaci proposero di tornare nel loro territorio e difendere l'Istmo. Ma Focesi e locresi furono infastiditi da queste proposte e allora Leonida decise di rimanere e di chiedere aiuto ad altre città perchè di fatto le forze raccolte non erano sufficienti per far fronte all'esercito barbaro. 208-210 Serse a questo punto manda un osservatore per spiare l'esercito nemico e vedere quanti fossero e cosa stessero facendo: il cavaliere vide nell'accampamento i Lacedemoni con a capo Leonida, impegnati alcuni a fare ginnastica, altri a pettinarsi i capelli, preso nota del loro numero, tornò dal re. Serse, appresa questa notizia, la trovò ridicola, e non colse il vero significato dietro a tali gesti, che invece ci spiega Erodoto: i lacedemonii si preparavano a morire e a combattere con tutte le loro forze. Confuso, il re fece chiamare Demarato che venne nterrogato su ciascuna delle cose per riuscire a comprenderle: il greco rispose a Serse che era usanza degli spartani acconciarsi i capelli quando stanno per esporre a rishio la loro vita; si dilunga poi in una sorta di ceebrazione della potenza di Sparta, arrivando a dire al re, che se mai fosse riuscito a sottomettere Sparta, nessun altro popolo avrebbe osato andare contro di lui e che stava per andare contro al regno più bello che vi sia tra i Greci e contro uomini valorosi. Serse non fu al 100% convinto dalle parole di Demarato e lasciò passare 4 giorni, sperando che lasciassero il passo e si ritirassero. Ma poiché non si muovevano, mandò contro di loro Medi e Cissii: la battaglia che seguì fece cadere molti greci, ma ad essi ne subentravano altri, mostrando così di non arrendersi. In questo modo si dimostrava al re, che si, aveva un esercito grande, ma che era composto da pochi uomini valorosi, e ciò ne diminuiva la temibilità. 211-212 Sconfitti i Medi, Serse mandò contro i Greci gli Immortali, al comando di Idarne, con la convizione che avrebbero avuto successo. Ma la sorte che toccò loro non fu diversa da quella dei precedenti compagni: i Greci, seppur in minor numero resistevano e combattevano memorabilmente. Dal momento che i Persiani non riuscirono a impadronirsi del passo, tornarono indietro. Gli unici greci che non combattevano erano i Focesi, che stavano di guardia del sentiero su un monte.