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Riassunto del Manuale A. Kenny: Nuova storia della Filosofia Occidentale: Filosofia Moderna, dell'esame di Storia della Filosofia, Sintesi del corso di Storia Della Filosofia

Riassunto del manuale A. Kenny: Nuova storia della filosofia occidentale: Filosofia Moderna, dell'esame di Storia della Filosofia. Dal 1500 fino al 1800, comprendente: Giordano Bruno, Galieleo, Bacone, Descartes, Hobbes, I platonici di Cambridge, Locke, Pascal, Malebranche, Spinoza, Leibniz, Berkeley, Hume, Smith e Reid, L'Illuminismo, Rousseau, Wolff e Lessing, Kant, Fichte e Schelling ed Hegel; con le rispettive parti di: Conoscenza, Metafisica, Mente e anima, Etica e Dio.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 19/11/2020

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Scarica Riassunto del Manuale A. Kenny: Nuova storia della Filosofia Occidentale: Filosofia Moderna, dell'esame di Storia della Filosofia e più Sintesi del corso in PDF di Storia Della Filosofia solo su Docsity! KENNY STORIA DELLA FILOSOFIA MODERNA: La filosofia nel XVI e XVII secolo Umanesimo e Riforma Machiavelli, Erasmo da Rotterdam, Moro diffondono in Europa le idee dell’Umanesimo: riscoperta dei classici greci e latini anche grazie alla stampa, recupero delle arti e delle scienze, retorica grammatica e filologia>filosofia in senso specialistico (Medioevo), Platone>Aristotele. 1516 Moro pubblica Utopia, descrizione di una nazione immaginaria sul modello della Repubblica Platonica (Erasmo invece in Elogio della Follia aveva criticato l’idea dei governanti filosofi). Erasmo guarda con ammirazione a San Girolamo e nel 1516 pubblica una sua traduzione in latino del Nuovo Testamento con annesso il testo greco. Lutero (monaco agostiniano come Erasmo) dallo studio della Lettera ai Romani trae spunto per una serie di critiche al cattolicesimo Rinascimentale (1es vendita delle indulgenze e sistema dei sacramenti 517 tesi di Wittenberg). La fede è condizione necessaria e sufficiente alla salvezza (scomunica da parte di Leone X, Enrico VIII “difensore della fede”). Adriano VI esorta Erasmo a impegnarsi contro Lutero. Peccato, grazia, libertà Lutero: “Il libero arbitrio (scegliere il bene o il male) è una finzione (etichetta)” Erasmo: “No, se così fosse, tutte le esortazione/ordini ecc. delle Scritture perderebbero di significato. Se la prescienza divina sia contingente o necessaria è vana curiositas” Lutero: “Tutto accade per necessità (salvezza e dannazione, predestinazione).” (tesi estrema, avversità per le sottigliezze della scolastica). Moro: “problema: se tutto è destino, tutto è scusabile” (carattere pugnace del dibattito umanistico, spaccatura tra posizioni estreme durante la Riforma) Autorità e coscienza Ostilità di Lutero verso la pretesa che la ragione possa cogliere da sola la verità di Dio e dei comandamenti (atteggiamento scettico condiviso da Erasmo ma col contrappeso dell’autorità della Chiesa come guida dell’opinione). Nella riforma luterana viene a mancare questo contrappeso: le Scritture hanno un valore indubitabile, ma l’esame e l’interpretazione di esse devono essere personali (fede non più sottoposta alla ragione, illuminazione interiore vs argomentazione razionale) Inghilterra: cattolicesimo scismatico Enrico VIII (Moro fu giustiziato), Calvinismo di Edoardo VI, cattolicesimo controriformato di Maria, compromesso anglicano di Elisabetta (martiri cattolici e protestanti). 1555 concordato di Augusta, cuius regio eius religio nel Sacro Romano Impero. Paolo III promuove la controriforma e convoca il concilio di Trento (1545-63, condanna della giustificazione per sola fede e della predestinazione, riaffermazione del libero arbitrio, della transustanziazione e dei sacramenti). (È interessante notare come questioni teologico che già erano state dibattute nel Medioevo solo nel XVI sec condussero a scissioni settarie e guerre di religione. Più facile da comprendere è la questione dell’autorità della Chiesa: già Ockham aveva proposto che la Chiesa operasse in modo costituzionale, seguendo deliberazioni di concili generali, così da evitare conflitti radicali in materia di fede) Il declino della logica Disinteresse/insofferenza degli umanisti verso la logica: perdita dei progressi stoici e medioevali, semplificazione popolare di Aristotele. In Francia Pietro Ramo sostiene che tutto ciò che Aristotele ha insegnato è falso: la sua Dialettica (1555) è divisa in invenzione (come trovare argomentazioni per la propria tesi in base ai topici di causa, effetto ecc.) e giudizio (analisi dei vari tipi dei sillogismi ripresa in buona parte da Aristotele). Fu martire calvinista (ciò accrebbe la sua fama →lungo periodo di impoverimento della logica) Scetticismo sacro, scetticismo profano Sebastiano Castellione, Se gli eretici debbano essere perseguiti (tolleranza) e L’arte di dubitare (difficoltà di stabilire la verità delle diverse opinioni sulle Scritture). Michel De Montaigne, Apologia di Raimondo di Sebonde (riscoperta di Sesto Empirico, dubbi riguardo alla superiorità della natura umana, difesa delle virtù degli animali, scetticismo verso la filosofia). Pur essendo scettico e criticando la pretesa dell’intelletto umano di raggiungere la verità, difende la fede cattolica come libero dono di Dio (“comandamento estraneo”) La filosofia della Controriforma Fiducia nella possibilità dell’intelletto umano di cogliere alcune verità religiose (ragione come sostegno alla fede). Compagnia di Gesù fondata da Ignazio di Loyola (Paolo III approva 1540): povertà, castità, obbedienza e lealtà incondizionata al Papa. Promozione di una nuova forma di insegnamento nelle università non più basata sul commento ad altre fonti (es Aristotele) ad opera di Francisco Suarez, professore e grande filosofo (seppur prolisso e non così innovativo, fu una fonte per lo sviluppo della metafisica e della filosofia politica). Insieme a Luis De Molina definì il libero arbitrio (a detta di altri cattolici esaltandolo eccessivamente) come possibilità alla presenza di tutte le condizioni necessarie all’azione di agire o astenervisi (la prescienza diventa quindi prescienza di tutte le possibili azioni in ogni mondo possibile). Giordano Bruno (1548-1600), frate domenicano espulso per eresia, trasferitosi a Ginevra e poi a Tolosa e Parigi (insegnante) col favore di Enrico III. Le ombre delle idee (sistema metafisico neoplatonico). 1584 Cena de le ceneri (serie di dialoghi in cui la natura, organismo dotato di anima, è infinita seppur con delle parti, a differenza di Dio che è infinito e presente interamente in ogni parte del mondo; Dio natura naturans e universo natura naturata). Bruno sostiene la tesi copernicana, la molteplicità degli universi e dei sistemi solari come il nostro nello spazio infinito (la Terra non gode di alcun privilegio, negazione della divinità di Gesù Albero del sapere: -radici-metafisica 1641 “Meditazioni metafisiche”: elaborazione del sistema del Discorso, opera peer-reviewed, accusata di ateismo, e di eresia pelagiana, ma viene salvata grazie ad amicizie influenti, come la principessa Elisabetta, con cui intratterrà un carteggio, rispondendo e non rispondendo alle sue domande e ad alcune critiche da lei fatte, le quali aiuteranno Descartes a rifletterci meglio, soprattutto sulla distinzione tra mente e corpo. - tronco-fisica 1644 “I principi della filosofia” (movimento, calore, luce, sistema eliocentrico “immaginario” - frutti-scienze pratiche (praxis) 1649 “Le passioni dell’anima” (sistema etico di tipo stoico) Immensa fiducia nel proprio metodo: concezione individualistica della produzione di un sistema filosofico, presentazione del proprio pensiero come innovazione totale (vs. esegesi medioevale). Quando mise tutto in dubbio, non riconobbe però che il significato delle parole è tratto dalla comunità, da una certa atmosfera intellettuale. Filosofia di Descartes come collo della clessidra: alcune idee già medioevali, condensate e tramandate alla modernità, cioè siccome Descartes è dentro a un sistema storico sociale, è influenzato da questo, anche se lui afferma il contrario. La filosofia di Descartes ha influenzato molto i filosofi a venire, fino ad oggi. La conoscenza La risposta di Descartes I Meditazione: inganno dei sensi (argomento del sogno), quindi necessità del dubbio metodico. Ma alcune verità sono tali sia nella veglia che nel sogno: verità matematiche→ argomento genio maligno, quindi il dubbio è esteso anche alle verità matematiche→ dubbio iperbolico. II Meditazione: Ciò di cui non si può dubitare è la propria esistenza, dimostrata dal cogito, la quale è l’unica certezza. (L’unico problema secondo i critici di “Penso dunque sono” è l’Io che vi è sottinteso e che non è affatto deducibile dal cogito = Io cammino. Descartes si sarebbe dovuto limitare a “C’è un pensiero, dunque l’esistere accade”.) Dal cogito si dimostra poi la propria essenza, l’esistenza di Dio, il criterio di verità. Vuole condurci fuori dallo scetticismo. La coscienza cartesiana “Pensiero” in Cartesio ha un significato molto ampio: non solo riflessione intellettuale ma anche emozione, dolore, piacere, fantasia, sensazione (ogni tipo di esperienza cosciente). Pensare è tutto ciò di cui abbiamo immediatamente coscienza. Tra i pensieri nella terza meditazione si hanno le “idee”, che sono oggetto del pensiero: idea non si riferisce più alle forme platoniche, ma alle immagini mentali. Vi sono idee innate (cose, verità, pensiero), idee avventizie, cioè venute dal mondo esterno (idee di sensazione), idee fattizie, cioè inventate da noi stessi (ippogrifo, sirena). Delle idee venute dal di fuori non si può ancora dimostrare che provengano effettivamente da oggetti esterni esistenti. Ma l’idea di Dio possiede attributi tali (perfezione, eternità ecc.), che non possono provenire da noi stessi (creature limitate), né possono essere finzioni. C’è dunque una fonte esterna che imprime in noi dalla nascita quest’idea, cioè l’idea di Dio. Dio è perfetto, quindi non è ingannatore→ tutto ciò che percepiamo in maniera chiara e distinta è vero (scienze a priori). Sesta meditazione: distinzione tra immaginazione e intelletto: immaginazione come aggiunta opzionale all’intelletto; l’intelletto opera quando la mente si rivolge a se stessa, l’immaginazione opera quando la mente si rivolge al corpo. Vi è una facoltà passiva deputata alla percezione, quindi vi deve essere una facoltà attiva che le corrisponda. La natura, creata da Dio, mi insegna che ho un corpo che deve essere nutrito quando ho fame, curato quando ho dolore, e che ci sono altri corpi da ricercare e altri da fuggire (anche se non tutto ciò che mi insegna la natura è sicuramente vero, solo ciò che mi appare chiaro e distinto, su cui si può basare la fisica: infatti l’uomo si inganna solo quando si avventa in giudizi prima di avere un’idea chiara e distinta). L’errore è opera mia quando con la volontà giudico qualcosa che va oltre le idee chiare e distinte dell’intelletto, cioè quando do un giudizio avventato prima di avere una percezione chiara e distinta su una determinata cosa. Antoine Arnauld, “circolo cartesiano”: Dio garante della verità delle cose chiare e distinte→ ne dimostro l’esistenza, perché ne ho una percezione chiara e distinta→ ... Risposta di Descartes: non si può dubitare delle cose percepite come chiare e distinte nel momento in cui abbiamo percezione; l’esistenza di Dio serve solo a dimostrare il principio generale secondo cui ciò che percepiamo in maniera chiara e distinta è vero. La metafisica Descartes: le verità eterne La dottrina delle verità eterne viene resa nota con chiarezza solo con la pubblicazione postuma della corrispondenza con la Principessa Elisabetta. Le verità della logica e della matematica dipendono dalla volontà di Dio (se volesse potrebbe falsificarle). Dipendono però dall’essenza divina, non dalla sua volontà. Non hanno il loro essere né nel mondo materiale, né nella mente di qualcuno divino o no. Sono indipendenti dalla materialità e dalla mente umana, siccome vengono prima di qualsiasi mente umana. Dipendono dalla mente di Dio, ma son distinte da essa; stanno in una dimensione a loro peculiare, in un terzo regno simile al mondo delle idee di Platone→ platonismo moderno. Descartes rifiuta le nozioni aristoteliche di essenza e di forma. A garantire uniformità nei fenomeni sono invece le verità eterne, (logica, matematica, fisica), la volontà di Dio. Le verità eterne non comprendono solo i principi di logica e matematica, ma anche leggi di fisica, come la legge di inerzia e/o la legge del moto, che appunto costituiscono i principi della fisica meccanicistica. Ma chi ci dice che tali verità non possano quindi cambiare? Dio non è un ingannatore. Tre nozioni di sostanza Per Descartes le sostanze non sono più gli enti individuali e non ci sono le forme sostanziali (uomo, cavallo); le sostanze sono solo due: la mente, il cui attributo essenziale è il pensiero, e il corpo, il cui attributo essenziale è l’estensione. Le sostanze non si percepiscono, se ne deduce l’esistenza intellettualmente. La sostanza non ha bisogno che di se stessa per esistere. Mente e anima Descartes: la mente Per gli aristotelici le facoltà fondamentali della mente erano l’intelletto e la volontà. La sensazione è impossibile senza un corpo materiale. Descartes sposta questo confine: tutto ciò che è accessibile tramite l’introspezione è un contenuto mentale. L’uomo non è definito dalla razionalità, ma dalla coscienza (animali=macchine). Seconda meditazione: esisto, ma che cosa sono? Sono propriamente una cosa che pensa (Res cogitans). Tra le attività della res cogitans ci sono l’intelletto (concepire, comprendere) e la volontà (esprimere giudizi, affermare e negare, dubitare). Ma una percezione chiara e distinta dell’intelletto obbliga la volontà ad un certo giudizio. Riguardo alla libertà: la libertà di indifferenza (capacità di scegliere tra due alternative) è eliminata dalla percezione chiara e distinta, cioè quando la volontà giudica, andando al di là dei limiti dell’intelletto, perciò questo implica l’errore; la libertà di spontaneità (capacità di seguire i propri desideri), cioè quando la volontà rimane nei limiti dell’intelletto e giudica solo ciò che quest’ultimo percepisce in modo chiaro e distinto. Vi sono poi immaginazione e sensazione. Per gli aristotelici la sensazione era impossibile senza un corpo. Per Descartes invece il sentire è quel “mi sembra di vedere una luce, di sentire un calore”, di cui non si può dubitare (tale esperienza si può avere anche nel sogno e a prescindere dal corpo; solo quando verrà dimostrata l’esistenza di un Dio buono si ammetteranno i corpi e la componente meccanica della sensazione). Gli animali non provano veramente le sensazioni, hanno semplicemente delle componenti meccaniche che fanno sì che essi reagiscono in un certo modo. Il dualismo e i suoi aspetti insoddisfacenti Sesta meditazione: dato che alla mia essenza non appartiene altro che al pensiero, e che posso quindi avere una percezione chiara e distinta della mia mente senza il corpo, la mia mente è distinta dal corpo e può esistere senza di esso = dualismo metafisico. Ma come si realizza dunque l’unione tra mente e corpo? Come comunicano? → ghiandola pineale o epifisi. Attraverso la ghiandola pineale ad es. l’anima vede le immagini nel cervello (fallacia dell’homunculus). L’anima infatti è unita al corpo, ma questa unione deve avvenire in un punto preciso del corpo, cioè in un punto del cervello in cui risiede il senso comune, ovvero la facoltà che unifica tutte le sensazioni per trasmetterla all’anima. L’organo in cui risiede il senso comune è la ghiandola pineale, che è la sola parte del cervello a non essere doppia, e può quindi unificare le sensazioni. Le sensazioni ricevute dagli organi di senso vengono trasmesse alla ghiandola pineale tramite i nervi, in cui risiedono gli spiriti animali, cioè le forze meccaniche che agiscono nel corpo. I movimenti provenienti dai nervi si sommano, Fondatore dell’empirismo britannico. Leviatano, capitolo sul senso: non vi è nulla nella mente che non derivi interamente o per parti dalla sensazione; qualsiasi pensiero è un’immagine mentale riferita a qualche proprietà di un corpo fuori di noi. L’errore degli empiristi è quello di aver fatto della sensazione qualcosa di completamente passivo, si tratta dell’occorrere di un'immagine o una fantasia nella mente; c'è un elemento attivo che consiste nel proiettare sul mondo reale, fantasie che sono illusorie, mentre gli aristotelici ne avevano sottolineato la componente attiva. Hobbes e Descartes convengono sul considerare le sensazioni come calore, colore ecc. come puramente soggettive, non differiscono dalle fantasie, dal sogno. A differenza di Descartes però, Hobbes non distingue adeguatamente tra intelletto e immaginazione, ma chiama tutto immaginazione (l’intelletto diventa una serie di immagini di nomi). C’è confusione tra soggettività e relatività. Tutto è generato dagli organi di senso e le altre operazioni della mente, come la memoria virgola e l'immaginazione e il ragionamento, dipendono interamente dalla sensazione. Ci sono due tipi di conoscenza: - conoscenza di un fatto: ci viene fornita dal senso o dalla memoria appunto il ragionamento non può mai portare a una conoscenza assoluta - conoscenza di conseguenza: conoscenza di che cosa segue a che cosa Mente e anima Hobbes, aspro critico del dualismo, invece di accentuarla, minimizza la differenza tra uomo e animale: Sia l’uomo, che l’animale sono mossi meccanicamente dai loro desideri, e sono in grado di esercitare la volontà nel perseguirli: la differenza sta nel fatto che l’uomo ha un repertorio più vasto di volizioni e quando immagina una cosa è in grado di chiedersi cosa se ne può fare. Compatibilismo: la tesi secondo cui libertà e determinismo sono tra loro compatibili. Hobbes vede compatibilità tra libertà e necessità: le azioni umane sono libere in quanto discendono da una volontà, ma necessarie in quanto procedono da una serie di cause in serie continua. La versione Hobbesiana è legata a un modello lineare di causazione, intesa come una serie di eventi che si susseguono in sequenza, ognuno legato al successivo da una relazione di causa ed effetto, perciò la mia azione è preceduta e causata dal volere, ma è necessitata, perché giunge al termine di una serie, i cui elementi sono ciascuno conseguenza necessaria del precedente (c’è continuità tra le serie causali del mondo fisico e quelle degli stati mentali, poiché questi ultimi sono piccoli movimenti del cervello). La causazione prima è Dio. Platonici di Cambridge: Ralph Cadworth e Henry More (= esponenti maggiori) (Metà XVI sec) Gruppo di ammiratori di Platone e neoplatonici, laureati a Cambridge ma ostili al puritanesimo della città (sostenevano invece libero arbitrio e tolleranza). Rifiuto per le dottrine calviniste della predestinazione. Libertà umana e tolleranza religiosa. Avversione per Hobbes (materialismo=ateismo, “Niente spirito, niente Dio”). In comune con Descartes: dimostrazione esistenza a partire dall’idea di Dio, idee innate (compresa quella di giustizia VS contrattualismo hobbesiano). Distanza da Descartes: le verità eterne e morali dipendono dalla volontà di Dio (la giustizia non è buona perché Dio la vuole, ma Dio la vuole perché è buona in sé), teleologia nel mondo fisico (vi sono cause immateriali intermediarie tra Dio e il mondo, il movimento meccanico non spiega tutto). Non si possono spiegare i fenomeni in termini di movimento e materia: principio immateriale che agiva in maniera regolare e teleologica. John Locke Opere - 1667: “Saggio sulla tolleranza” - 1681: “Due trattati sul governo” - 1690: “Saggio sull’intelletto umano” Nato nel 1632. Studiò alla Westminster School e poi al Christ Church College di Oxford. Insegnò all’università, poi divenne medico e consigliere politico di Cooper (membro gabinetto Carlo II), poi diventato conte di Shaftersbury e leader dei Whigs e coinvolto in un complotto contro il re e il fratello cattolico. Locke, il cui nome era associato a Shaftesbury andò in esilio in Olanda, per contrasti con Carlo II, dove scrisse i Due trattati sul governo (contro il diritto divino e a sostegno di un contratto sociale al fine di proteggere la proprietà individuale) e il Saggio sull’intelletto umano, pubblicati dopo il ritorno in patria in seguito alla Gloriosa rivoluzione (esecuzione Giacomo II, insediamento Guglielmo d’Orange). - libro I: negazione idee innate, tutte sono tratte dall’esperienza, distinzione idee semplici (qualità primarie e secondarie) e complesse, di sensazione e di riflessione (es idea di percezione), distinte e confuse - libro II: riflessioni su spazio, tempo, causa, e numero. Stretta relazione tra idee astratte e termini generali (per parlare di conoscenza è dunque necessario analizzare il linguaggio) - libro III: le idee generali, le definizioni non rivelano le essenze reali degli oggetti, ma solo quelle “nominali”, l’unica idea che abbiamo di sostanza è “qualcosa che non sappiamo cosa sia cui ineriscono delle proprietà” - libro IV: problema dedicato alla teoria della conoscenza. Le essenze reali ci sono sconosciute, non possiamo avere un’autentica scienza del mondo materiale ma solo una credenza (conoscenza certa solo della nostra esistenza e di quella di Dio) Durante l’esilio scrisse anche (in seguito alla revoca dell’editto di Nantes di Luigi XIV) la Lettera sulla tolleranza. Trascorse gli ultimi anni nel castello di Oates nell’Essex. Muore nel 1704. La conoscenza Le idee di Locke Formulazione più nota e apprezzata dell’empirismo rispetto a Hobbes. Analogie e differenze con Descartes riguardo pensieri e idee: Locke utilizza il termine “idea” parallelamente al “pensiero” di Descartes; come lui non chiarisce se si tratti di un oggetto o di un atto della mente, non chiarisce se siano innate o provengano dall’esperienza. Anche riguardo alle idee innate conviene con Descartes: vi sono verità a cui diamo l’assenso indipendentemente da qualsiasi esperienza (matematica, principio di non contraddizione), tuttavia, il consenso universale non è sufficiente a dimostrare l’innatezza di un’idea. Locke distingue le idee che entrano nella nostra mente per mezzo di un unico senso (qualità secondarie), da quelle che entrano per mezzo di più sensi (qualità primarie), come figura, estensione, movimento e quiete; alcune rimangono, come queste ultime, ma altre come il suono, il gusto, l’odore non rimangono. Locke, preceduto da Descartes (pietra o cera), nega l’oggettività delle qualità secondarie: soltanto l’estensione è essenziale nei corpi (chicco di grano) → ma dimostrare che le qualità secondarie sono relative non implica che non siano oggettive (stessa confusione che c’è in Descartes e Hobbes). Lo stesso termine “qualità”, che indica un potere dell’oggetto, è problematico. Locke nega che ad es. il colore sia negli oggetti, perché non c’è alcuna somiglianza tra l’idea del colore e le qualità dell’oggetto, ma ciò deriva solo dall’ambiguità riportata sopra del termine idea. La metafisica Distinzione tra sostanza particolare e sostanza generale. Per Locke l’idea di sostanza è composta da idee semplici con l’aggiunta dell’idea di un qualche sostrato incognito. Le essenze invece sono di due tipi: quelle reali (generalmente sconosciute) e quelle nominali (composte di idee semplici, che fanno sì che una cosa possa essere chiamata con un certo nome, quindi inventate dal linguaggio umano). La sostanza di per sé è indescrivibile, perché priva di proprietà. Le idee sortali sono idee semplice + qualcosa di incognito. Mente e anima Per Locke la libertà richiede la volizione d’agire e il potere di compiere una certa cosa o di astenervisi. Ma la volontà è libera? Domanda impropria per Locke, la volontà è una facoltà e non un agente. Dice però che la volontà è condizionata da altri stati mentali, come il disagio per una certa situazione. Ci si può fermare e valutare i pro e i contro per capire cosa vogliamo, ma una volta fatto questo non ci si può opporre al desiderio. Locke: l’identità personale L’identità di un essere umano consiste nella partecipazione alla stessa vita continua di particelle di materia unite allo stesso corpo organizzato in una successione vitale. Identità umana è diversa dall’identità personale. Uomo è diverso da persona. La persona è contraddistinta dall’autocoscienza. L’identità della persona si estende fin dove si può estendere la coscienza, cioè fin dove è possibile ricordare le proprie esperienze. Le pene e le ricompense vanno attribuite alla persona, dunque non posso essere punito per qualcosa essere appunto generali (nel tempo). Dio agisce per leggi generali non per atti di provvidenza particolari→ irritazione dei teologi, condanna nel 1683 da parte del vescovo Bousset. Per spiegare tutti i fenomeni fisici bastano due leggi del moto: - i corpi in movimento proseguono il loro moto in linea retta - quando due corpi si urtano il loro moto si ripartisce tra quei due corpi proporzionalmente alla loro grandezza La metafisica L’unica causa autentica, per Malebranche, è Dio. Crede nell’esistenza di spiriti finiti, che godono di un certo grado di libertà. Dice: Io non sono la causa naturale, ma solo la causa occasionale dei movimenti. C’è contingenza, ma deriva da Dio e quindi non c’è nient’altro al di fuori di lui, cioè non ci sono altri agenti causali a introdurre la contingenza. Spinoza Nato ad Amsterdam nel 1632, di origine portoghese e famiglia ebraica. Il padre (ricco mercante) insiste per fargli studiare la Bibbia e il Talmud, ma una volta adulto egli abbandona l’ebraismo (scomunica dalla sinagoga). Impara a fabbricare lenti e durante il tempo libero si dedica alla riflessione filosofica e scientifica. Nel 1660 si trasferisce vicino Leida. Nel 1663 pubblica una esposizione in forma geometrica (metodo dimostrativo da assiomi) de “I principi della filosofia”. Riprende poi altri assiomi di Descartes e dimostra 58 proposizioni. 1670 “Trattato teologico-politico” (inizialmente apologia del suo abbandono dell’ebraismo): la Bibbia ebraica è una raccolta di testi compilata non prima del V secolo d.C., la Bibbia va interpretata, contestualizzata, non insegna la scienza, Dio è il suo autore solo nel senso del suo messaggio fondamentale (ama Dio e il tuo prossimo) → proteste (ebrei, calvinisti), ma anche fama, offerta della cattedra di Heidelberg nel 1673 (declinata). 1675 conclude l’”Etica dimostrata secondo l’ordine geometrico” (non pubblicata per paura di persecuzioni come ateo). Nel 1677 muore di tisi, e vi è la pubblicazione del volume di opere postume tra cui “Etica”, “Trattato politico”, “Emendazione dell’intelletto” (il suo primo libro, sul modello del Discorso sul metodo), che viene bandito dall’Olanda. Nell’Etica espone il suo sistema (“Dio”, “Natura e origine della mente”, “Origine e natura degli affetti”, “La schiavitù umana, ossia le forze degli affetti”, “La potenza dell’intelletto ossia la libertà umana”) sulla base del metodo geometrico euclideo (assiomi→ dimostrazioni→ proposizioni), anche se le dimostrazioni non consentono una completa comprensione delle proposizioni dimostrate, si tratta più di una serie di rimandi ipertestuali ad altri passi dell’Etica (il risultato non è puramente euclideo, ma è importante capirne l’intento). - Libro I: non ci sono due sostanze (cogitans e extensa) ma solo una, “Dio” o “Natura”, che possiede sia il pensiero che l’estensione. - Libro II: la mente è l’uomo considerato secondo il pensiero, il corpo è l’uomo considerato secondo l’estensione. - Libro III: l’uomo è dominato dall’impulso di cupidità (perseverare nel proprio essere e respingere ciò che può distruggerci), che può portare a letizia o tristezza. - Libro IV e V: comprensione intellettuale delle passioni come mezzo per la libertà. Liberazione=sostituzione delle emozioni passive (provenienti da forze esterne, per es. paura, rabbia) con emozioni attive (comprensione, idea chiara e distinta delle emozioni passive) = comprensione della necessità delle cose (assumere la prospettiva di Dio). Malebranche: Dio è l’unico agente. Spinoza: Dio è l’unica sostanza (“Dio o Natura” → panteismo o ateismo?) VS scolasticismo aristotelico: crollano i distinguo come potenza e atto, forma e materia, causa formale e causa finale. Con Aristotele: amore intellettuale di Dio come attività umana più elevata. Arcirazionalista = ordine e connessione delle idee identici a ordine e connessione delle cose. Tuttavia, influenza il romanticismo (Dio = Natura Wordsworth, Coleridge) La conoscenza Spinoza: i gradi della conoscenza Emendazione dell’intelletto, quattro gradi di conoscenza: - per sentito dire, - per esperienza vaga (di tipo induttivo), - quel genere ove “l’essenza di una cosa si inferisce per mezzo di un’altra ma non adeguatamente” (es. il sole è più grande di quanto appaia), - la conoscenza adeguata esente dall’errore. Nell’Etica i livelli di conoscenza sono 3: - immaginazione (sentito dire e esperienza vaga), - ragione (3) - intuizione (4). Anche Spinoza parla di “idea di X”. Ma il genitivo è soggettivo o oggettivo? (es. la mente umana è l’idea del corpo). I filosofi si chiedono come distinguere credenza, da autentica conoscenza: per Spinoza la questione va presa dall’altra parte, cioè prima si deve conoscere, e in quel momento sapremo anche di conoscere (se so una cosa so di saperla). Ai diversi gradi della conoscenza corrispondono idee con differenti proprietà: - immaginazione/idee vere ma confuse e non sistematiche; - idee adeguate (esprimono verità auto evidenti) /ragione; - idee adeguate dell’essenza, delle forme/intuizione. L’errore si dà solo nella prima forma di conoscenza e non ha niente di positivo (si tratta solo dell’assenza di certe idee). Quando uno sospende il giudizio, egli non ha percezione adeguata della cosa in questione. La metafisica Una sostanza unica e necessaria Spinoza intende per sostanza “ciò che è in sé e per sé si concepisce: vale a dire ciò il cui concetto non ha bisogno del concetto di un’altra cosa da cui esso debba essere formato”, cioè attributo + modo. Modi diversi non possono distinguere sostanze, perché queste ultime vengono prima. Le sostanze dovrebbero distinguersi per i loro attributi, ma non devono avere un attributo in comune, sennò non si distinguono. Dio è una sostanza infinita. Alla natura della sostanza appartiene di esistere: una sostanza non può essere prodotta da altro, dunque sarà causa di sé, dunque la sua essenza implica l’esistenza. Facciamo tutti parte di un tutto. La mente e la materia non sono sostanze: se lo fossero, limiterebbero l’infinitezza di Dio. Pensiero ed estensione sono attributi di Dio stesso. Il rapporto tra Dio e le sue creature è quello di soggetto/predicato. Non dovremmo riferirci ad esse come nomi, ma come aggettivi. Tutta la natura è un solo individuo le cui parti possono mutare senza che muti l’organismo totale. Se l’universo è una totalità organica e contiene in sé la propria spiegazione, allora tutto ciò che accade è già determinato e non potrebbe accadere diversamente. Non c’è causa ed effetto, ma solo conseguenza. Mente e anima L’anima come idea del corpo in Spinoza L’anima è l’idea del corpo, quindi, per comprendere l’anima, dobbiamo prima comprendere il corpo. Gli esseri umani sono corpi: tali corpi sono modi dell’attributo di Dio dell’estensione. Per ognuno di questi vi è un’idea corrispettiva nell’attributo di Dio del pensiero. Quest’idea è la mente umana. La mente umana è parte dell’intelletto infinito divino. Questa corrispondenza consiste in un’identità: corpo e anima sono la medesima cosa presa da due punti di vista. L’anima è immortale? Spinoza afferma che attribuiamo alla mente una durata finché dura il corpo, ma dice anche che l’anima è eterna e non può essere distrutta insieme al corpo, ma questo può significare semplicemente che l’idea divina di un certo individuo esiste nell’eternità in quanto appunto idea di Dio (è diverso dalla sopravvivenza individuale). La mente percepisce tutto ciò che accade nel corpo, e (matematica) e Altdorf (diritto). Entra a servizio dell’arcivescovo di Magonza (elettore). 1672 missione a Parigi (convincere Luigi XIV crociata in Egitto), dove conosce Arnauld e Malbebranche, legge Descartes e Gassendi. Anno successivo a Londra conosce Boyle e diventa membro della Royal Society (progetto macchina calcolatrice). 1676 inventa calcolo infinitesimale (ignaro scoperte di Newton). Visita Spinoza a Dam e legge l’Etica. Da lì in poi a servizio governanti di Hannover. Riprende progetto ecumenico iniziato a Magonza, 1677 libro in cui gli afferma che gli stati cristiani d’Europa formano un’unica comunità con l’Imperatore, capo temporale, e Papa, capo spirituale. 1685 Discorso di metafisica inteso come prima formulazione del suo pensiero: viviamo nel migliore dei mondi possibili, in cui Dio agisce sempre secondo ragione; non solo Dio ma anche gli individui sono sostanze, definite dalla totalità dei predicati assunti durante la vita; gli uomini agiscono contingentemente in base al libero arbitrio; le sostanze create non agiscono le une sulle altre, ma Dio ha disposto le cose in modo che ciò che accade ad una sostanza corrisponda a ciò che accade alle altre. Ogni idea è un prodotto interiore della sola mente; la mente contiene in modo innato tutte le idee; mente e corpo non interagiscono, ma sono legati dall’amorevole provvidenza di Dio. Gli spiriti vivono per sempre in piena autocoscienza. Felicità eterna per chi ama Dio. Tentò di realizzare un progetto di confederazione stati cristiani (prima con Luigi XIV, poi con Pietro il Grande), fallendo. 1705: “Nuovo saggio sull’intelletto umano” (critica a Locke). 1710 Saggio di teodicea (difesa giustizia divina; viviamo nel migliore dei mondi possibili. 1714 Monadologia (versione elaborata del sistema del Discorso: tutto è composto da sostanze semplici, quindi inestese, poiché altrimenti sarebbero suddivisibili, e dunque immateriali, perché ciò che è materiale è esteso; queste sostanze semplici sono le monadi, simili ad anime, che non possono subire causalmente le azioni di altre entità; ogni monade rispecchia il mondo non in quanto subisce cause esterne, ma perché Dio ha programmato che essa cambiasse in sincronia col mondo. Tutto ciò che è complesso è formato dal semplice, e tutto ciò che è semplice è formato da monadi. Grande quantità di scritti non pubblicati tra cui progetto enciclopedia di tutto lo scibile umano (avrebbero dovuto collaborare gesuiti, benedettini, Royal Society, Accademia delle scienze di Parigi, ecc.). La conoscenza La teoria leibniziana della conoscenza Nella teoria delle monadi, mente e corpi non possono interagire, perciò idee e movimenti non interagiscono, ma sono connesse dall’armonia prestabilita da Dio. Tra mente e mondo non c’è transazione, ogni idea è prodotto della sola mente. Tuttavia, nei Nuovi saggi sull’intelletto umano, in cui risponde a Locke punto per punto, ammette “per esigenze espositive” questa interazione; in realtà è difficile far corrispondere il contenuto dei Nuovi saggi con la sua metafisica. Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu: tranne l’intelletto stesso, aggiunge Leibniz (la tabula rasa presuppone la tabula), una sostanza sede di certe idee acquisibili attraverso la riflessione dell’anima su se stessa, e che non si possono acquisire tramite i sensi (innate): ente, sostanza, principi della logica e della matematica. Come si spiegano le verità che giungono dai sensi? Le percezioni sono idee delle monadi inferiori (organi di senso), e sembrano provenire da fuori solo perché sono confuse (l’esperienza è costituita da una moltitudine di minuscole percezioni confuse a cui la monade dominante porta chiarezza). Le percezioni delle monadi inferiori vengono messe a fuoco dall’appercezione: autocoscienza consapevole della monade dominante. L’anima umana è una monade dominante rispetto a monadi inferiori, come per es. il corpo. Leibniz rifiuta la distinzione tra qualità primarie come oggettive e qualità secondarie come soggettive: per lui sono tutte soggettive (idea che verrà ripresa da Berkeley). La metafisica Distinzione tra verità di ragione e verità di fatto: - Verità di ragione: sono necessarie e il loro opposto è impossibile, vengono scoperte attraverso l’analisi logica, il fondamento ultimo è il principio di non contraddizione. - Verità di fatto: sono contingenti e il loro opposto è sempre possibile, si basano sul principio secondo cui nulla accade senza che vi sia una ragione sufficiente affinché sia così e non in un altro modo. Dà grande importanza al principio di ragion sufficiente. Ha una nuova concezione della contingenza → minimalista. Le verità necessarie come quelle della geometria e dell’aritmetica sono analitiche. Leibniz formula 2 teoremi: - Se A=B→ tutto ciò che è vero di A, è vero anche di B; e tutto ciò che è vero di B, è vero anche di A (Legge di Leibniz): si serve del principio di ragion sufficiente. - Se tutto ciò che è vero di A, è vero anche di B e viceversa → A è identico a B: principio di identità degli indiscernibili. Qui non vi sono due individui tali da avere in comune tutte le loro proprietà, si possono pensare, ma non esistono. Questo è un rimarchevole paradosso nel “Discorso di Metafisica”. Fare spazio alla contingenza Spinoza e Malebranche identificano la relazione causa effetto con una connessione logica, concettuale. Ciò rende difficile identificare un rapporto causale tra un corpo e il suo movimento, tra un movimento e un altro movimento, poiché non hanno alcuna relazione logica → l’unica causa è Dio. Anche se a differenza di Spinoza, Malebranche ammette un certo grado di libertà degli spiriti finiti (che tuttavia non hanno un effetto diretto sul mondo materiale; occasionalismo). Leibniz vuole fare ulteriore spazio alla contingenza distinguendo verità di ragione (logica, principio di non contraddizione) dalle verità di fatto (contingenti, principio di ragione sufficiente). L’accordo tra contingenza e ragione sufficiente si ottiene con una concezione minimalista della contingenza: sia le verità di ragione che le verità di fatto sono dimostrabili, analitiche. La differenza è che le prime sono dimostrabili con una serie finita di passaggi, le seconde con una infinita (solo Dio può farlo). La dimostrazione delle verità di fatto si basa inoltre sulla libera volontà di Dio di aver predisposto una certa serie di eventi: Dio sceglie sempre le cose più perfette, e dunque da questo punto di vista sono necessarie; ma è una scelta che si basa sulla sua volontà (buona), e quindi in una certa misura contingente. La contingenza è quindi molto esile: tutti gli attributi di un individuo, la sua storia, sono necessari (perché voluti da Dio) → identità degli indiscernibili. (Se due individui fossero indiscernibili, Dio non avrebbe ragione sufficiente per trattarli diversamente) Mente e anima La monadologia di Leibniz Leibniz si oppone alla teoria cartesiana, secondo cui la materia è estensione: primo, se fosse solo estensione, i corpi si muoverebbero l’un l’altro senza opporre resistenza; secondo, l’estensione non ci permette di individuare un singolo corpo, poiché divisibile all’infinito. Per questo riammette le forme sostanziali (entelechie). Negli esseri umani però non vi è una sola forma, ma tante forme quanto gli organi con funzioni diverse. Le monadi o entelechie sono puramente mentali. I corpi, la materia, sono solo fenomeni, non sono sostanze. Le monadi sono indivisibili e indipendenti. I loro cambiamenti consistono solo nel cambiamento di stati mentali. Vi è un accordo tra mutamenti nelle monadi e mutamenti nel mondo naturale sono in virtù della volontà di Dio, che ha programmato questo impulso. Le monadi sono ovunque, nella più piccola parte di qualunque essere, vivente o meno. I corpi organici si differenziano da quelli inorganici, perché posseggono una monade dominante autocosciente; tuttavia essa non agisce come causa efficiente: le uniche cause nel sistema di Leibniz sono le cause finali (che Descartes aveva eliminato dalla scienza). Che dire della libertà? Le monadi di Leibniz sono indipendenti e autodeterminate, non subiscono cause esterne, e tuttavia non possono sottrarsi al disegno di Dio. La libertà di indifferenza, seppur ammessa da Leibniz, non sembra essere possibile in questo sistema. Dio L’ottimismo di Leibniz Dio è causa prima dell’Universo. Leibniz espone la prova cosmologica dell’esistenza di Dio in questo modo: un elemento di una causa di serie finite è contingente e non ha in se stesso ragione sufficiente per la sua esistenza: va quindi postulato un ente necessario, Dio. Adduce altre due prove. La prima: le verità logiche e matematiche vengono prima delle menti umane, dunque devono stare in un’altra mente eterna (quella di Dio). La seconda: l’armonia tra sostanze che non possono comunicare tra loro si spiega solo con l’esistenza di Dio. In quanto agente razionale, Dio sceglie di creare il migliore dei mondi possibili (altrimenti non sarebbe buono). Nel nostro mondo esiste il male perché il mondo è sempre un mondo di compossibili: ad es. non si può avere libero arbitrio senza peccato.l’esistenza del male nel mondo non ci offre alcun argomento contro la bontà di Dio. È un’illusione il mondo senza male: un bene minore è un tipo di male, e un male minore è un tipo di bene. Se non ci fosse stato un mondo migliore di questo, di non lo avrebbe creato. (problema: la nozione di migliore dei mondi possibili è coerente?). essere né sostrato, perché non essendo percepibile non ha estensione, né causa delle idee (non pensa), né occasione per la volontà di Dio (non c’è alcuna ragione per porre un elemento non vivo come occasione). Gli uomini conoscono solo le idee: impresse ai sensi, ottenute dalla riflessione, dall’immaginazione o dalla memoria. (Ma il pensiero di un albero è diverso dal pensiero dell’idea di albero! Quando vedo una giraffa, non vedo l’idea di giraffa! Confusione tra atti mentali e oggetti mentali) Hylas distingue oggetto percepito e atto del percepire; Philonous risponde che l’oggetto è una parte della percezione. Possiamo conoscere solo le idee→ le idee devono trovarsi in una mente finita o infinita → tutto ciò che possiamo conoscere si trova nella mente di Dio. Come si concilia questo idealismo con il senso comune, con la scienza naturale? Le “sostanze materiali” non sono altro che una congerie di idee sensibili che trattiamo come unità perché abituati a trovarle sempre insieme. Le leggi non enunciano relazioni tra cose, ma tra fenomeni→ fenomenismo. Apparenza e realtà = confronto tra idee più o meno vivide. Non c’è una realtà nascosta, tutto è apparenza. Le idee Non sono infinitamente divisibili, dal momento che la capacità della mente di discriminare per mezzo dei sensi ha un limite finito. Mente e anima Berkeley: gli spiriti Berkeley distingue spirito (attivo, indivisibile) dalle idee. A differenza di quanto fa per i corpi (congerie di idee) sembra ammettere, per la percezione, un sostrato che è appunto lo spirito (mente). Come si comprende l’esistenza di altri spiriti? Per Berkeley lo si fa attraverso la ragione, osservando che ci sono degli agenti che concorrono alla produzione delle mie idee. Ma tutto ciò a cui io posso accedere sono le mie idee: come faccio a dire che qualcun altro concorre alla loro produzione? Non posso accedere a idee altrui né tantomeno ad altri spiriti (solipsismo). Dio Il Dio di Berkeley Berkeley rifiuta l’argomento ontologico, e ne propone uno basato sul fatto che le cose sensibili non possono esistere al di fuori di una mente o di uno spirito: ma poiché sembrano esistere indipendentemente dal fatto di essere percepite da me, ci deve essere una qualche mente infinita nella quale esistono tutte le cose. Problema: non potrebbero esistere in una serie di menti finite? No, occorre una mente infinita che percepisca le cose mantenendole in un’esistenza continuativa. Ma quindi Dio ha un’esperienza sensibile? Dio ha idee ma non gli vengono trasmesse dai sensi. Nel terzo dialogo Hylas afferma che se Dio percepisce, patisce il dolore, che è un’imperfezione. Philonous risponde che Dio ha tali idee (dolore, sapore ecc.) ma non ne prova le relative sensazioni. (Ma allora a noi non basta avere delle idee per sentire, come dice Berkeley!). Dio esiste perché tutte le cose sensibili devono essere percepite da lui. L'esistenza è garantita solo se c'è una mente infinita, onnipresente e onnitemporale, sennò le cose che esistono solo nelle menti finite avrebbero un’esistenza irregolare e intermittente. Allora nella mente divina devono esserci dei di tutte le cose percepibili. I pensatori cristiani avevano negato che Dio avesse un’esperienza sensibile. Per gli aristotelici era chiaro che Dio non avesse né sensi né esperienza sensibile. Da Hume a Hegel Hume Opere: - 1739: “Trattato sulla natura umana” - 1741-42: “Saggi morali e politici” - 1751: “Ricerca sull’intelletto umano” - 1751: “Inchiesta sui principi della morale” - 1777: una breve autobiografia pubblicata postuma dall’economista Adam Smith - 1779: “Dialoghi sulla religione naturale” Nasce nel 1711, ed è il più giovane di una madre diventata presto vedova. Si fece strada da solo. Studia letteratura e filosofia presso Università di Edimburgo, e si appassionò molto a queste due discipline. Decise di avviarsi alla professione legale, ma non fece per lui. Tentò la carriera nel commercio, ma non era fatto per la vita nel mondo degli affari, così si trasferisce poi in Francia vivendo frugalmente della propria piccola eredità. Dal 1734 al 37 vive a La Fleche, dove scrive il “Trattato sulla natura umana”, che non ebbe fortuna se non dopo la sua morte (“tentativo di introdurre il metodo sperimentale del ragionamento negli argomenti morali”). Nel 1745 era condannato all’Università di Edimburgo, non ebbe successo, ma ottenne un incarico come tutore a un giovane marchese. In seguito, entrò a far parte dell’entourage di un cugino. Fu al servizio di una spedizione navale in Bretagna. Divenne responsabile della biblioteca forense di Edimburgo e si stabilì lì insieme alla sorella. Il “trattato sulla natura umana” si compone di 3 libri: - Libro I: definizione delle percezioni e distinzione tra impressioni (più forti e vivide, sensazioni ed emozioni) e idee (illanguidite e meno vivide, memoria e immaginazione, e la loro associazione); tutto ciò che non conosciamo attraverso la sensazione, lo conosciamo tramite il concetto di causalità; il nostro credere in una connessione necessaria tra due oggetti (causa ed effetto) non è questione di ragionamento, ma di abitudine (non possiamo dimostrarla, il contrario di un fatto è sempre possibile). L'idea di causalità non può provenire da nessuna qualità intrinseca di un oggetto, ma dalla relazione tra oggetti. cause ed effetti devono avere contiguità e le cause devono precedere gli effetti, e che si trovino in congiunzione fra di loro. - Libro II: Dedicato alla disamina delle passioni o emozioni. Le passioni sono un tipo speciale di impressioni: distinzione tra impressioni originarie, cioè impressioni dei sensi (dolori e piaceri fisici) e impressioni secondarie (passioni). Ogni azione volontaria deriva da una passione, una passione non può essere sconfitta dalla ragione, ma solo da un’altra passione; la ragione non determina il nostro agire quindi i giudizi morali non possono essere un suo prodotto, poiché guidano il nostro comportamento. La ragione determina solo se ciò che le passioni desiderano, e se è fattibile e quale sia il modo migliore per ottenerlo. Da un “essere” non può mai derivare un “dover essere”. conclude nell’esaminare la giustizia e l’ingiustizia. - Libro III: tratta altre virtù, come la benevolenza e la magnanimità. La giustizia viene approvata in quanto tende al bene comune, ma il bene comune ci interessa solo in virtù della simpatia che proviamo per gli altri. Conclude che la principale fonte delle distinzioni morali è il sentimento di simpatia verso gli altri; quindi la felicità altrui, degli estranei, ci tocca solo per simpatia. Hume vedeva se stesso intento a fare nell’ambito della psicologia, ciò che Newton aveva fatto nell’ambito della fisica. Si era prefisso di dare una spiegazione delle relazioni di idee che facesse da corrispettivo a quello che era fra i corpi l’attrazione gravitazionale. Non ebbe grande successo quando lo pubblicò, ma divenne comunque un risultato eccezionale, perché quando lo scrisse non aveva nemmeno 30aa, quindi poi venne apprezzato dopo la sua morte. Visto lo scarso successo, nel 1748 pubblica “Ricerche sull’intelletto umano” (versione divulgativa del I libro), in cui ometteva la precedente analisi dello spazio e del tempo, ma includeva un capitolo sui miracoli, contenente un grande attacco a chi si atteneva alla ortodossia letterale del testo biblico; e nel 1751 “Inchiesta sui principi della morale” (III libro). Poi al servizio del generale St. Clair. Le sue opere cominciarono a vendere. Nel 1763 divenne segretario presso l’ambasciata inglese a Parigi (conosce Diderot, D’Alembert, Rousseau). Alla morte lascia una breve autobiografia pubblicata dall’economista e suo grande amico Adam Smith. La conoscenza Hume: idee e impressioni Distinzione impressioni e idee. Anche Hume tratta le idee come immagini mentali. Le idee derivano dalle impressioni. Distinzione tra idee della memoria (più vivide, ordinate spazio temporalmente) e idee dell’immaginazione (più illanguidite, non ordinate). Quali sono però i criteri per distinguerli effettivamente? Come si distingue la credenza dalla fantasia? “Un’idea a cui si dà l’assenso si sente con più forza, stabilità di una mera finzione (ammette che si sente, non si giudica. Il piacere in un giudizio morale dovrebbe essere disinteressato e comportare approvazione. Le virtù più importanti sono benevolenza e giustizia. La benevolenza è naturale (gratitudine, amicizia, sono qualcosa di autentico, non sono una forma mascherata di amore di sé) e si estende solo a chi ci è prossimo; la giustizia è artificiale, convenzione stipulata dalla società, che ha come fine l’utilità. Le virtù naturali sorgono dalla simpatia. Il bene sorge da ogni atto di benevolenza, la felicità solo dal sistema della giustizia. Dio Hume: la religione In “Ricerche sull’intelletto umano”, Hume si scaglia contro i miracoli: un miracolo è la violazione delle leggi di natura; per provarlo, quindi, la possibilità che chi lo testimonia stia mentendo o sbagliandosi dev’essere più improbabile fatto che sia avvenuto un miracolo, ma ciò non accade mai. Quattro argomenti che non sono mai stati provati: - attestati da testimonianza attendibile - credulità del genere umano - le storie sui miracoli ci sono solo tra popoli barbari e ignoranti - ausilio delle varie religioni che si contraddicono Non si può in alcun modo provare un miracolo. Nei Dialoghi sulla religione naturale affronta l’argomento del progetto intelligente. Presupponiamo che effetti simili abbiano cause simili: parallelamente alla mente umana che concepisce un progetto, ci sarà una mente divina infinitamente più potente che abbia concepito la natura. Si può dare un assenso filosofico a questa proposizione, tuttavia non si può dire null’altro su questa causa della natura. Dopo aver concepito qualcosa, se poi lo concepiamo come esistente non stiamo aggiungendo nulla alla pura idea. Niente è dimostrabile all'infuori di ciò il cui contrario implica contraddizione. Tutto ciò che concepiamo come esistente, lo possiamo concepire anche come non esistente: non c'è dunque un essere la cui non esistenza implichi contraddizione. Hume non era ateo, ma agnostico Smith e Reid: esponenti più importanti dell’illuminismo scozzese Smith ebbe una cattedra di logica e filosofia morale a Glasgow e nel 1759 “Teoria dei sentimenti morali”: riprende il ruolo della simpatia nei giudizi morali, in Hume, che poteva nascere dalla condivisione di qualsiasi passione→ dato il ruolo della simpatia nel giudizio di un’azione morale, il movente conta più dell’esito: l’utile è il criterio dell’economia, ma non della morale. l’utilità non è criterio ultimo della moralità. Il giudizio morale è un’impresa sociale, abbiamo bisogno dello specchio della società per giudicare i nostri sentimenti (due punti di vista: guardarsi da fuori (agente), spettatore imparziale). Il suo successore a Glasgow fu Thomas Reid, feroce critico di Hume, mette in dubbio i principi fondamentali che accomunano empiristi britannici e cartesiani continentali. L’errore di fondo di Descartes e Locke riguardo alla parola “idea” è stato storpiarne il significato da atto della mente a oggetto del pensiero. Le idee come enti intermedi tra mente e mondo sono mere finzioni. La conoscenza non è costruita a partire da concetti semplici (Locke), anzi, questi concetti semplici sono logicamente posteriori alle proposizioni, da cui si deducono. La conoscenza è costituita a partire da “giudizi naturali e originari”, che costituiscono il senso comune dell’umanità = principi auto evidenti (quando vedo un oggetto non ho in mente delle idee separate ma una serie di giudizi). Contro Berkeley nega l’immaterialismo. Contro Locke afferma che le qualità secondarie appartengono realmente ai corpi e sono causa della mia sensazione. Contro Hume ribadisce che ogni ente deve avere una causa. La colpa dei filosofi è l’abuso del linguaggio e la distorsione indebita di termini che nel senso comune hanno un altro significato (stabilire il significato delle parole spetta all’uomo della strada). Illuminismo La Francia è la dimora, per eccellenza, dell’illuminismo, anni ’50 del ‘700, con la Encyclopedie, curata da Diderot e D’Alambert. Pierre Bayle: l’insegnamento dell’etica va separato dall’educazione religiosa. Charles-Louis de Secondat barone di Montesquieu: “Lo spirito delle leggi” (1748): teoria sulla natura dello stato. Passione anglofila (Bacone, Locke, Newton) condivisa con gli illuministi più tardi. Voltaire, 1734 “Lettere filosofiche”: entusiasmo per la libertà e tolleranza inglesi, riconosce a Locke la prima concezione sobria dell’anima umana. Dall’Inghilterra arriva anche la prima enciclopedia con Chambers 1728 (“Cyclopaedia or Universal Dictionary of Arts and Sciences”. Apice dell’illuminismo francese, anni Cinquanta e Sessanta, con i 17 volumi dell’Encyclopédie (o dizionario ragionato delle scienze delle arti e dei mestieri) di Diderot e D’Alembert collaborazione di Montesquieu, Voltaire, accomunati da una fede nell’inevitabilità del progresso scientifico e dall’anticlericalismo, ma non tutti atei. Voltaire sostiene che Newton ha dimostrato l’esistenza di Dio ai saggi, e che se non esistesse bisognerebbe inventarlo (ateismo= no legge morale). Dio però non crea liberamente il mondo, altrimenti sarebbe responsabile dei mali: mondo come conseguenza necessaria dell’esistenza di Dio (si definisce “teista” ma meglio dire “deista”). Non erano necessariamente radicali e democratici: Caterina la Grande di Russia mecenate di Diderot, Voltaire ciambellano di Federico II di Prussia: la libertà più importante è quella di espressione. Rousseau (1712-1778) Nato a Ginevra, contribuisce all’Enciclopedia su argomenti musicali. Nato calvinista, girovago si converte al cattolicesimo a Torino. Maestro di canto e precettore. 1743 a Parigi conosce Diderot, D’Alembert e Voltaire. Sconvolge i Philospohes col “Discorso sulle scienze e sulle arti” 1750 e col “Discorso sulla diseguaglianza” (nobile selvaggio vs fede nel progresso della civiltà). Cinque figli da una lavandaia tutti abbandonati. 1754 torna a Ginevra e diventa calvinista. 1761 “Lettere morali”, dopo una rottura definitiva coi Philospohes. 1761 “La nuova Eloisa” 1762 “Emilio o l’educazione e Il contratto sociale” (condannati a Parigi e bruciati a Ginevra, Rousseau trova rifugio in Inghilterra grazie a Hume ma litiga anche con lui). Ultimi anni a Parigi, scritti anticristiani. Muore a Parigi lo stesso anno di Voltaire (sepolti a fianco nel Pantheon). Wolff e Lessing Illuminismo tedesco, forma meno minacciosa per l’ordine costituito, patrocinato da Federico II di Prussia. Christian Wolff (1679-1754) accademico, sistematico, razionalismo all’opposto del sentimentalismo di Rousseau. Professore di matematica a Halle. Attirò su di sé l’ostilità dei luterani. Sistema vasto ed eclettico: elementi aristotelismo, razionalismo cartesiano, metafisica leibniziana (esistenza di Dio con argomenti tradizionali ontologico e cosmologico, viviamo nel migliore dei mondi possibili). Distingue teologia naturale e metafisica generale, e fisica (leggi naturali contingenti di questo mondo) e cosmologia (studio a priori di ogni possibile mondo materiale). Relazione anima e corpo di tipo leibniziano (predisposta). Sistema etico basato sul concetto di perfezione (perfezionamento di sé come movente fondamentale). In Germania il suo sistema diviene il paradigma di metafisica razionalista (bersaglio di critica da parte di Kant). Più vicino all’Illuminismo francese è Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781) figlio di un pastore luterano, abbandona la teologia e diventa bibliotecario per duca di Brunswick. Insieme a Mendelssohn Pope, un metafisico. Netta separazione tra filosofia e poesia. “Laocoonte” separazione poesia e arti visive. Riprende da Spinoza la concezione di un mondo come sistema unitario necessario, le cui componenti erano identiche a idee presenti nella mente di Dio. “L’educazione del genere umano” (1780): parallelismo tra fasi dell’educazione in un individuo e nel genere umano; infanzia/ricompense fisiche = epoca dell’Antico Testamento; giovinezza/premi spirituali = Epoca del cristianesimo. Il cristianesimo è solo una fase dell’educazione del genere umano, la sua origine divina non è dimostrabile (fatto contingente). Età adulta: perseguire i valori morali di fratellanza per se stessi, non in vista di una ricompensa. “Nathan il saggio” (1779) tolleranza: il valore di un uomo non sta nella verità delle sue credenze, ma negli sforzi che egli compie per raggiungerla. Kant Opere: - 1785: “Fondazione metafisica dei costumi” esempio quello secondo cui ogni esperienza ha un’estensione nello spazio o nel tempo (geometria) o quello secondo cui ogni percezione ha una quantità intensiva. La metafisica La risposta di Kant Kant risponde a Hume nella Critica, sezione “Analogie dell’esperienza”. Prima analogia: poiché io non percepisca una mera successione di impressioni slegate, ma un autentico mutamento delle “cose”, occorre che ci sia un sostrato oggettivo (che non può provenire dalla mia esperienza sempre mutevole) che possiamo chiamare “sostanza”. Seconda analogia: cosa distingue una serie di prospettive soggettive (vari scorci di una casa) da una serie di autentici mutamenti di un oggetto (barca che si sposta)? Se non avessi una nozione di relazione causale non potrei operare questa distinzione. La nozione di causa non deriva dall’osservazione di una successione temporale; al contrario, senza il concetto di causalità non potrei stabilire una successione temporale. (e comunque quando causa ed effetto sono simultanei, non posso stabilire tale relazione in virtù di una successione temporale). Terza analogia: posso dire che due oggetti esistono simultaneamente se posso volgere la mia percezione prima uno e poi all’altro indifferentemente, cioè se coesistono nello spazio, vale a dire se formano un sistema di interazione reciproca. Mente e anima Kant: l’anatomia della mente Kant distingue facoltà del conoscere, facoltà del sentimento di piacere o dispiacere e facoltà di desiderare. Le facoltà del conoscere si dividono ulteriormente in intelletto, ragione, giudizio. Nella prima Critica l’intelletto è ciò che permette l’ordinamento e la concettualizzazione dell’esperienza, mentre la ragione è l’uso improprio delle facoltà intellettuali al di fuori del campo dell’esperienza possibile. Nella seconda critica la ragione è arbitro del comportamento etico. Nella terza critica, il giudizio (estetico) ha come oggetto il bello e il sublime. Le operazioni delle facoltà superiori sono sempre accompagnate dall’autocoscienza: l’Io non può essere dedotto dall’esperienza, che di per sè è sempre variegata, differenziata. L’unità dell’Io è data a priori nell’intelletto, ed è condizione di possibilità dell’esperienza. “L’Io penso deve poter accompagnare tutte le mie rappresentazioni”. Tuttavia, Kant critica le conclusioni di Descartes riguardo al cogito. I paralogismi della psicologia razionale sono: “Necessariamente il soggetto pensante è un soggetto→ il soggetto pensante è un soggetto necessario”; “Suddividere l’Io non ha senso→ l’Io è una sostanza indivisibile”; “Ogni volta che sono cosciente, è l’Io stesso che è cosciente→ ogni volta che sono cosciente sono cosciente dell’Io stesso”; “Sono in grado di pensarmi senza il mio corpo→ senza il mio corpo sono in grado di pensarmi” l’immortalità dell’anima non si può dimostrare, è un inganno; ma è palese che se ne debba ammettere una credenza per dare fondamento alla ragione pratica (la virtù non è ricompensata nella vita terrena). La terza antinomia della cosmologia razionale tratta di libertà contro necessità. Entrambe le tesi possono essere vere. Le azioni umane sono sempre causate da una serie di sentimenti ecc., oggetti che stanno nel tempo e che dunque dovranno essere a loro volta causati e così via. Tuttavia, se poniamo la volontà umana come appartenente al noumeno e quindi non causata nel tempo, essa sarà libera. In Hegel, le azioni umane particolari sono determinate dallo spirito del mondo: la necessità nell’uomo deriva dunque dalla libertà dello spirito (“astuzia della ragione”) L’etica Kant: la morale, il dovere e la legge Neanche per Kant la felicità può costituire il fine ultimo della morale: se lo scopo della natura umana fosse la propria conservazione, questo compito sarebbe stato eseguito molto più efficacemente dall’istinto che dalla ragione. La funzione della ragione in campo etico non è dunque quella di scegliere i mezzi per un certo fine, ma di dar luogo ad una volontà che sia buona in sé. La buona volontà (cioè mossa dal dovere) è l’unica cosa buona in sé; le altre virtù possono essere utilizzate per scopi malvagi. I veri segni della virtù sono la sofferenza e lo sforzo spesi per agire bene. La felicità, se c’è, è sono un effetto collaterale. (Seguire il dovere per il dovere stesso). Per capire se la nostra azione è mossa dal dovere→ imperativo categorico: la massima del mio agire è tale che io possa volere che sia estesa a principio universale? Un’altra formulazione è: agisci in modo da trattare sempre l’essere umano anche come un fine, mai solo come un mezzo→ esclude ad es. il suicidio, la schiavitù, le guerre d’aggressione. Ogni essere umano è membro di un regno di fini, in cui esseri ragionevoli dotati di una volontà morale che dà a se stessa le proprie leggi danno come risultato un sistema unitario di leggi comuni. Ogni membro di tale regno è legislatore e suddito, tranne Dio che ne è solo legislatore. Dio La dialettica teologica di Kant Nel capitolo “L’ideale della ragion pura” della dialettica trascendentale Kant affronta i tipi principali di dimostrazioni dell’esistenza di Dio. L’argomento ontologico presuppone la nozione di Dio come ente assolutamente necessario. Tuttavia, tale nozione è insensata: la necessità appartiene alla logica, alle proposizioni, non agli enti (non possiamo togliere i tre angoli dal triangolo ma possiamo togliere il triangolo insieme con i tre angoli). Inoltre, dire Dio esiste non è attribuire un certo predicato a Dio: se penso una cosa, e poi aggiungo che tale cosa è, non aggiungo nulla a quel concetto, altrimenti ad esistere non sarebbe più quella cosa bensì una cosa diversa. Dunque, tentare di includere l’esistenza tra gli attributi di un concetto è una mossa illegittima. L’esistenza di Dio non può far parte del concetto di Dio. Riguardo all’argomento cosmologico, Kant individua un dilemma: una serie di cause contingenti può essere completata solo da una causa necessaria; ma tale causa, se fa parte della serie, ha a sua volta bisogno di una spiegazione; se è estranea alla serie, come può spiegare i nessi tra le cause contingenti? Argomento fisico-teologico: nel mondo osserviamo un ordine e una regolarità che sembrano parte di un progetto intelligente; un ordinamento talmente estraneo agli enti del mondo, che deve essere causato da qualcosa di più alto. Kant accetta questa prova ma ci esorta a contenerne la portata: esiste un architetto del mondo, ma non è dimostrata l’esistenza di un creatore. Nella Critica della ragion pratica, l’esistenza di Dio è una necessità morale volta a garantire la possibilità che al perseguimento del dovere possa corrispondere una ricompensa nella vita ultraterrena (questa postulazione è un atto di fede, non una speculazione della ragione; anzi, è proprio il dogmatismo della metafisica e la presunzione della ragione ad ostacolare la fede). Fichte e Schelling Gottlieb Fichte nasce nel 1762 a Jena, povero, ma aiutato da un filantropo, studia teologia a Jena e diventa ammiratore di Lessing, Kant e Spinoza (1792 “Saggio di una critica di ogni rivelazione”, in cui ricalca molto lo stile di Kant, dato che era suo maestro). 1794-1799 professore a Jena, 1810 professore della facoltà di filosofia a Berlino. 1808 “Discorsi alla nazione tedesca”: esortazione all’orgoglio e all’unità dopo sconfitta di Jena contro Napoleone. Nel 1812 serve nell’esercito contro i francesi, e nel 1814 muore di tifo. A partire dal 1794, fece un progetto della “Dottrina della scienza”: spiegazione trascendentale delle possibilità dell’esperienza, che doveva cominciare dalla pura oggettività (la cosa in sé) o dalla libera soggettività (l’io). Se si parte dalla pura oggettività→ dogmatismo. Se si parte dalla libera soggettività→ idealismo. Fichte rifiuta la nozione di cosa in sé e si premette di derivare la conoscenza, nei contenuti e nella forma, dalla libera esperienza del soggetto pensante→ iniziatore idealismo tedesco. A creare il mondo però non è il sé finito, ma Dio (intende un’entità divina di tipo panteista). Era più panteista che teista. Ha ripreso molto da Kant e da Spinoza. Friedrich Schelling diventa nel 1798 collega di Fichte a Jena, e vede la filosofia di quest’ultimo come la versione critica di Spinoza (che era dogmatico). Nella filosofia della natura di Schelling, un Assoluto, posto all’inizio, dà origine a due principi di pari statuto: la coscienza spirituale e la natura fisica (ripreso da Spinoza). Natura naturans = l’Assoluto originario, Natura naturata = il sistema della natura materiale. Ha un’influenza su S.T. Coleridge. Schelling è ricco, ma difficile ed è ritenuto importante solo come una sorta di ponte tra l’idealismo di Fichte e l’idealismo di Hegel. La conoscenza La teoria della conoscenza nell’idealismo Fichte riscontra nella Critica la contraddizione di aver applicato il concetto di causa alle cose in sé dicendo che queste appunto causano i fenomeni→ si deve accettare l’idealismo, la derivazione dell’Universo dal soggetto pensante. Hegel L’assoluto di Hegel Qual è il rapporto tra l’assoluto di Hegel e il Dio cristiano? Dio è immutabile ed eterno, indipendente dalla storia del mondo; l’assoluto di Hegel invece vive attraverso la vita degli esseri umani, attraverso la vita del mondo, e la consapevolezza che ha di sé giunge solo con la filosofia, e attraverso la riflessione dei filosofi sulla quotidianità mondana.lo Spirito non è riconducibile solo al pensiero umano. L’Assoluto ha degli scopi. Il disegno dello spirito non è qualcosa imposto dall'esterno, da un creatore trascendente, ma da una sorta di evoluzione che opera dall’interno, dettata da una sorta di analogo cosmico del DNA. Hegel riformula l’argomento ontologico: se Dio è la totale concretezza del mondo, sarebbe alquanto strano che questa totalità non fosse così ricca da non includere una determinazione così povera e astratta come l’esistenza. La conoscenza Lo scetticismo di Montaigne XVI secolo riscoperta di Sesto Empirico, incontro con culture diverse. Montaigne, Apologia di Raimondo di Sebonde, scetticismo pirroniano. Argomenti stoici per mostrare la fallibilità dei sensi, argomenti epicurei per mostrare l’impossibilità di una conoscenza non empirica. I sensi possono offuscare la ragione, la ragione (le passioni) possono alterare i sensi. Non possiamo distinguere, quando due credenze sono in conflitto tra loro, quale sia vera. I nostri cinque sensi sono solo una prospettiva parziale (alcuni animali possono averne di più affinati o di diversi). Realismo vs idealismo Cosa possiamo dire degli oggetti extra-sensibili, extra-fenomenici? Kant vuole distanziarsi dall’idealismo di Berkeley: le apparenze, i fenomeni, sono sempre apparenze di qualcosa, un X inconoscibile di cui non possiamo sapere niente, poiché non possiamo applicarvi le categorie→ idealismo trascendentale. Esiste qualcosa che soggiace alle apparenze fenomeniche, ma su di esso non si può dire nulla, non è conoscibile. La metafisica La metafisica di Suarez Con le “Disputationes metaphysicae” Suarez trasmette alla modernità le dottrine metafisiche medioevali. Metafisica=studio dell’ente in quanto ente (Aristotele). Divisione enti infiniti ed enti finiti. Enti finiti distinti in sostanza e accidente (Aristotele). Sostanze viventi e non viventi, viventi animali e vegetali ecc... (non tutti gli enti esistono nella realtà; entia rationis: negazioni, relazioni, finzioni.) Esiste un unico concetto di ente applicabile a tutti? Sì (Scoto), ma non ci dice niente di nuovo sull’oggetto a cui lo applichiamo (Tommaso). C’è differenza fra essenza ed esse? Per essenza Suarez intende essenza individuale, e per esse intende essere un ente. Per lui non c’è differenza tra dire “Pietro è Pietro” o “Pietro è”. Il problema è se l’essenza di Pietro è essere Pietro. Per Tommaso l’essenza è essere uomo, e il principio di individuazione è dato dalla materia. Per Scoto a permettere l’individuazione è ecceità, ciò che lo rende “questa cosa qui”. Suarez aggiunge un ulteriore elemento, la sussistenza, che aggiunge ad un’essenza individuata un modo. L’etica La casuistica Col decreto di Trento (obbligo della confessione con una certa frequenza) nasce la casuistica: analisi di quei casi di coscienza, dilemmi morali in cui diversi principi sembrano in contrasto. Viene insegnata e diffusa specialmente dai gesuiti, molto richiesti come confessori. La casuistica ebbe a che fare con la questione dell’indigeni americani: era legittimo ridurli in schiavitù? (1550 Carlo V convoca i teologi a Valladolid). Da un punto di vista Aristotelico, i rozzi americani erano per natura adatti alla schiavitù. Francisco de Vitoria ribattè che essi formavano una società politica e non potevano essere privati della loro proprietà. I casuisti ebbero un ruolo importante anche sulla questione dell’usura e del prestito. Misticismo e stoicismo San Giovanni della Croce (1542-1591) dice che l’estasi, l’unione con Dio è un rapimento incomprensibile, ma per giungervi si deve percorrere un cammino di sofferenza e autodisciplina. Si deve entrare prima nella notte dei sensi e poi nella notte dell’anima. Dio Molina: onniscienza e libertà Problema: conciliare libertà umana e prescienza divina. Alla fine del XVI secolo il gesuita Luis de Molina afferma che Dio conosce cosa farebbe una creatura libera di un certo tipo in determinate condizioni, e sa anche quali condizioni e quali creature creerà. Questa conoscenza è detta conoscenza intermedia, e dato che viene prima della creazione, la libertà dell’uomo è salva.