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Riassunto del manuale di Letteratura latina di G.B. Conte, Sintesi del corso di Letteratura latina

Riassunti degli autori dell'età imperiale. Da Seneca a Cassiodoro

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 22/04/2020

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Scarica Riassunto del manuale di Letteratura latina di G.B. Conte e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! FRANCESCA DE GAETANIS Letteratura latina 2 Seneca Lucio Anneo Seneca è uno dei pochi personaggi che abbia potuto realizzare, almeno per qualche tempo, l’utopia platonica dei filosofi al potere. Nasce in Spagna a Cordova, da una ricca famiglia provinciale di regno equestre, probabilmente nel 4 a.C. Venne a Roma dove fu educato alla scuola di retorica in vista della carriera politica e scuole filosofiche. Dopo un decennio di successi forensi e politici, nel 41 viene esiliato da Claudio in Corsica per un suo coinvolgimento in uno scandalo di corte. Resta nell’isola fino al 49, quando Agrippina riesce ad ottenere da Claudio il suo ritorno dall’esilio e lo sceglie come educatore di Nerone, affiancato da Afranio Burro, prefetto del pretorio. In questa veste Seneca è di fatto al governo, ma, dopo la fine del ‘quinquennio felice (59)’ e a seguito della morte di Burro, si ritira a vita privata. Coinvolto nella congiura di Pisone, nell’aprile del 65, e condannato a morte da Nerone, Seneca si suicida. Le opere I Dialogi, si tratta di trattati per lo più brevi, per lo più su questioni etiche e psicologiche. La composizione si colloca tutto l’arco della sua vita, sono delle trattazioni autonome di problemi particolari dell’etica e dello stoicismo, che costituisce la scuola di riferimento di Seneca. All’interno dei Dialogi si trovano le tre consolationes: 1. Ad Marciam: è indirizzata alla figlia dello storico Cremuzio Cordo per consolarla della morte del figlio. 2. Ad Helvetiam matrem: cerca di tranquillizzare la madre circa la sua condizione in esilio in Corsica, esultando gli aspetti positivi come quelli dell’otium. 3. Ad Polybium: un potente liberto di Claudio per consolarlo della perdita di un fratello, si rivela in realtà un tentativo di adulare indirettamente l’imperatore per ottenere il ritorno a Roma. Insieme a i tre libri del De ira, pubblicati dopo la morte di Caligola sulle origine delle passioni e su come dominarle. Dedicato al fratello Novato. Anche il De vita beata è dedicata al fratello, affronta il problema della felicità e del ruolo che nel suo proseguimento possono svolgere le ricchezze. Posto che l’essenza della felicità è nella virtù e non nella ricchezza, Seneca legittima tuttavia l’uso della ricchezza se questa si rivela funzionale alla ricerca della virtù. Se è vero che il saggio sa vivere secondo natura, saggezza e ricchezza non sono necessariamente antitetiche. Chi aspira alla sapientia dovrà sopportare gli agi e il benessere che le circostanze della vita gli hanno procurato senza lasciarsene invischiare. Il distacco tra il saggio con le contingenze terrene è il tema unificante della trilogia dedicata all’amico Sereno: De Constantia sapientis, De otio, De tranquillitate animi. Il primo esalta proprio l’imperturbabilità del saggio stoico, forte della sua interiore fermezza. De tranquillitate animi tratta della partecipazione del saggio alla vita politica. L’obiettivo FRANCESCA DE GAETANIS è raggiungere la serenità di un’anima capace di giovare gli altri, se non con l’impegno pubblico, almeno con l’esempio e con la parola. Nel De otio è più chiara la scelta di una vita appartata, di cui esaltano i pregi, qualora la situazione politica sia compromessa. Il problema del tempo è invece affrontato nel De brevitate vitae. La tesi di fondo è che la vita ci sembra breve perché non ne sappiamo afferrare l’essenza, ma disperdiamo in tante occupazioni futili (dedicata all’amico Paolino). L’ultima è il De Providentia, dedicata al Lucilio delle Epistulae, tratta dell’apparente contraddizione fra la provvidenza divina e la sorte umana, che spesso favorisce i malvagi e colpisce i meritevoli. Seneca dedica gran parte della sua riflessione a temi pubblici. Due opere importanti sono: De beneficiis e il De clementia. Quest’ultimo è dedicato a Nerone ancora giovane, come ideale programma politico ispirato a equità e moderazione. Il problema è quello di avere un buon sovrano. Solo la sua unica coscienza lo dovrà trattenere dal governare in modo tirannico. La clemenza è quindi la virtù che dovrà informare i suoi rapporti con i sudditi, non incutendo terrore il principe potrà ottenere da loro il consenso e dedizione. All’interno di questo progetto alla filosofia spetta un ruolo assolutamente preminente: quello di promuovere la formazione morale del sovrano e dell’élite politica. Ma la rapida degenerazione del governo neroniano, mette a nudo i limiti di quel disegno, vanificandolo. Il De beneficiis, in sette libri, tratta della natura e delle modalità degli atti di beneficienza, del legame che istituiscono fra benefattore e beneficato e dei doveri di gratitudine che li regolano. Fa quindi appello ai doveri di filantropia e della liberalità si configura come una proposta alternativa al fallimento di quel progetto. Le Epistulae ad Lucilium Seneca si mostra pienamente consapevole, non senza orgoglio, di introdurre nella cultura latina un genere nuovo. Il modello di riferimento è Epicuro. Le sue lettere vogliono essere uno strumento di crescita morale, un diario delle conquiste dello spirito nel lungo itinerario della sapientia. Seneca insiste sul fatto che lo scambio epistolare permette di istituire il colloquium con l’amico, di creare un’intimità quotidiana, che sul piano pedagogico si rivela più efficace di un insegnamento dottrinale. Nei primi tre libri ogni lettera è conclusa con una sententia, un aforisma offerto in regalo a Lucilio affinché lo mediti. Seneca utilizza l’epistola soprattutto nella prima fase della direzione spirituale, fondata sull’acquisizione di alcuni principi basilari, man mano che il discepolo si perfeziona, notiamo che le singole lettere tendono ad assimilarsi al trattato filosofico per dimensioni e complessità. Hanno la propensione a invitare al bene. Gli argomenti seguono la tradizione della diatriba: Seneca propone l’ideale di una vita indirizzata al raccoglimento e alla meditazione, al perfezionamento interiore mediante un’attenta riflessione sulle debolezze e sui vizi propri e altrui. Molto importante è la riflessione sugli schiavi, pone accenti di intensa FRANCESCA DE GAETANIS sottomette più alla volontà del destino e decide di impegnarsi nella guerra civile, con piena consapevolezza della sconfitta alla quale va incontro, e con la conseguente necessità di darsi la morte, l’unico modo che gli resta per continuare ad affermare il diritto e la libertà. L’impostazione positiva dei primi tre libri del poema e la successiva conversione verso il pessimismo totale presenterebbero analogie con quanto accade a Seneca, che dapprima, nel De Clementia e nella Apokolokyntosis considerava ancora possibile la lconciliazione del principato e della libertà con un ritorno alla politica filosenatoria di Augusto, mentre dopo gli sviluppi della politica neroniana smentirono questa illusione inclinò verso un profondo pessimismo. Stile Il linguaggio epico, nato per dare forma solenne ai valori e agli ideali culturali della società romana, è inadeguato alla crisi della società contemporanea. Lucano cerca una compensazione nella passione ideologica che alimenta lo stile e pervade il linguaggio riducendolo a retorica; nell’esasperazione del pathos e nell’attenzione per il concettismo, che hanno fatto parlare di ‘barocco’. L’io del poeta è praticamente onnipresente per giudicare, e spesso, per condannare in modo indignato. Di qui la straordinaria frequenza, nella Pharsalia, delle apostrofi, delle sententiae, e in generale degli interventi personali del poeta a commento degli eventi che sta narrando. Petronio Secondo l’identificazione con il Petronio ritratto da Tacito negli Annales, l’autore del Satyricon è un membro dell’entourage di Nerone, eletto dell’imperatore a giudice della raffinatezza, il suo elegantiae arbiter, console nel 62 e suicida per intrighi di palazzo nel 66 d.C. L’opera Il titolo tramandato dai codici, Satyricon, è un grecismo formato da Satyri ‘satiri’, le grottesche creature della mitologia, più il suffisso di derivazione greca –icus che caratterizza i titoli di molti romanzi greci. Per quanto riguarda la datazione, l’opera deve essere stata composta intorno al II secolo d.C., perché a quell’epoca risalgono le più antiche citazioni del Satyricon da parte del grammatico Terenziano Mauro. Ci è rimasto un lunghissimo frammento narrativo in prosa, con sezioni in versi. Secondo la tradizione manoscritta, la parte che abbiamo comprende stralci dei libri XIV e XVI e tutto il XV, che probabilmente coincideva con il lungo frammento chiamato Cena di Trimalchione, una celebre descrizione di un banchetto offerto da un liberto arricchito a molti commensali, tra cui i protagonisti. Non possiamo però stabilire lo sviluppo esatto della trama, né per quanto riguarda l’antefatto, né per quanto riguarda la parte conservataci. La storia è narrata in prima persona da FRANCESCA DE GAETANIS protagonista Encolpio, un giovane di buona cultura che compare in tutti gli episodi della storia. Da principio ha a che fare con un maestro di retorica Agamennone, e discute con lui circa il problema della decadenza dell’oratoria. Encolpio viaggi in compagnia di un altro avventuriero burrascoso, Ascilto, e di un giovanotto Gitone. Entra in scena una matrona di nome Quartilla, che coinvolge i tre in un rito in onore del dio Piapro. Dopo questa storia subentra la cena di Trimalchione. La rivalità omosessuale tra i due, gelosi dell’amore di Gitone, hanno un violento litigio e Ascilto si porta via il ragazzo. Encolpio incontra un nuovo personaggio Eumolpo, anziano insaziabile. Ma poi riesce a recuperare Gitone e a liberarsi di Ascilto; ma Eumolpo si rivela un aspirante altrettanto pericoloso alle grazie di Gitone. I tre si imbarcano, in incognito, su una nave mercantile. Il padrone della nave rivela di essere il peggior nemico di Encolpio: è un mercante di nome Lica che vuole vendicarsi di qualche avventura a noi ignota. Encolpio è ormai è in balia della vendetta di Lica: Eumolpo tenta di sedare la rissa raccontando la novella della Matrona di Efeso. Successivamente i tre scoprono di essere nei paraggi della città di Crotone, in cui incontrano i cacciatori d’eredità. Eumolpo ha un’illuminazione: recitare la parte del vecchio facoltoso e senza eredi, e Encolpio e Gitone e impersoneranno i suoi schiavi. Encolpio ha un’avventura con una donna di nome Circe, ma improvvisamente diventa impotente: ritenendosi perseguitato dal dio Priapo, si sottopone a umilianti pratiche magiche, ma senza successo, poi si colpo acquista la virilità. I Crotoniati stanno per scoprire tutto il raggiro. Ma non sappiamo come si andrà a concludere la vicenda. Non è possibile stabilire a quale genere letterario faccia parte il Satyricon. La parte superstite si presenta come una libera successione di scene collegate da un complesso gioco di richiami narrativi. La prosa è interrotta, con apprezzabile frequenza da inserti poetici. La presenza stessa di un’azione continua narrata da una protagonista pone il Satyricon nella tradizione del romanzo antico. A questo genere, che gli antichi chiamano genericamente historia o fabula, i critici moderni ascrivono una serie di testi greci databili fra il I e il IV secolo d.C. e due testi latini, appunto il Satyricon e le metamorfosi di Apuleio. I romanzi greci hanno una trama quasi inevitabile: un giovane e una giovane ragazza, vengono separati dalle avversità e prima di unirsi devono superare numerose avventure, il tono è sempre serio, l’amore è trattato con pudicizia e serietà. In Petronio l’amore non è più idealizzato; il sesso è trattato esplicitamente ed è visto come una continua fonte di situazioni comiche. Può essere in qualche modo considerato come una parodia del romanzo greco. Ma sicuramente il romanzo greco d’amore e di avventura non è sicuramente l’unico genere narrativo a cui Petronio poteva riferirsi. A partire dal I secolo a.C. ebbero grande fortuna delle novelle caratterizzate da situazioni comiche realistiche, che gli antichi chiamano Fabulae Milesiae. I temi tipici di questa produzione erano nettamente contrapposti all’idealizzazione della realtà visibile nel romanzo greco, e forse essa è andata quasi FRANCESCA DE GAETANIS completamente perduta proprio per l’immortalità dei suoi contenuti. Tuttavia il genere era molto diffuso e amato nel I secolo d.C. Il genere letterario più vicino sembra essere l’Apokolokyntosis di Seneca. Quest’ultima però è una satira molto breve, ed è impossibile paragonarla allo sviluppo del Satyricon. Nella satira di Seneca è presente un vero e proprio attacco personale, in Petronio non è presente nessun intento del genere. Si tratta di una vera e propria contaminazione di generi letterari  pastiches. Lo stile Forza antagonistica del ‘sublime’ letterario è il realismo: ai modelli alti che Encolpio, ‘narratore mitomane’, e i suoi compagni, personaggi screditati, si illudono di poter rivivere, si contrappone la forza materiale delle cose, la fisicità del corpo con i suoi istinti più bassi: cibo, sesso e denaro. La ‘mitomania’ porta spesso Encolpio a richiamarsi alla grande epica in particolare all’Odissea, come è naturale in relazione alla struttura di ‘viaggio’ del romanzo. Si è pensato come una parodia dell’Odissea. Ma l’allusione a Omero non è una chiave interpretativa sufficiente a spiegare il complesso gioco della parodia nel Satyricon. La Satira Le satire di Lucilio e di Orazio assumevano come riferimento la cerchia degli amici, mentre quelle di Persio e di Giovenale sono diretta a un pubblico generico di lettori- ascoltatori, di fronte ai quali il poeta si atteggia a censore del vizio e dei costumi; ora l’ascoltatore è lontano e il poeta satirico si pone su di un piano di comunicazione diverso, distaccato e più in alto. Il modo confidenziale e garbato, il sorriso autoironico, l’indulgente comprensione per le comuni debolezze umane che caratterizzavano la satira oraziana scompaiono per far posto a un’invettiva, a una denuncia impietosa che abbassa e distrugge il bersaglio della critica. Il poeta si erge a castigare gli uomini e fa sue quelle forme di moralismo arcigno di stampo cinico- stoico che Orazio aveva rifiutato come un eccesso da cui guardarsi. Accanto a questo mutamento di posizione e di ruolo del poeta satirico, si notano nella poesia di Persio e di Giovenale i segni di un nuovo gusto letterario: al classicismo dell’età augustea si contrappone un manierismo che fa ricorso ai procedimenti più appariscenti della retorica per far colpo sull’auditorio. Sono infatti cambiate la modalità di fruizione e del genere satirico: la satira di Giovenale e di Persio è dedicata all’esecuzione orale attraverso la recitazione del pubblico. Persio Nasce a Volterra nel 34 d.C. Si trasferisce presto a Roma, dove conosce il filosofo stoico Anneo Cornuto, che lo introduce negli ambienti dell’opposizione senatoria al regime neroniano. Muore giovanissimo nel 62. Persio è autore di sei satire di vario argomento, la cui pubblicazione avvenne postuma. FRANCESCA DE GAETANIS vari, e anche un perduto libretto per pantomimo, l’Agave, che riscosse un grande successo. Silvae: il titolo allude alla natura occasionale e miscellanea della raccolta, perché dovrebbe significare ‘schizzi’, quasi a voler indicare l’improvvisazione dei componimenti. I temi sono piuttosto eterogenei: ci sono poemetti di ringraziamento o di lode rivolti a patroni e benefattori del poeta, carmi nuziali o di compleanno. Il maestro si mostra perfettamente inserito in una società gerarchica che ha il suo centro immobile nel principe divinizzato. A queste figure di alto rango Stazio presenta i suoi servigi poetici, celebrandone fasti e onori di vario genere. Emergono bene i lavori che guidano questo sistema sociale: da un lato il ripiegamento sulla vita privata, dall’altro l’ideologia del ‘pubblico servizio’ inserito nelle strutture del potere imperiale. Le Silvae risultano lontane dal nostro gusto per il loro carattere tradizionale e per l’impronta cortigiana e conformistica. Le Silvae contengono infatti alcuni fra i momenti migliori di tutta la poesia lirica di età imperiale. Tebaide: il tema di Stazio sono le ‘battaglia tra fratelli’. Sceglie un tema mitologico: la guerra che Polinice, figlio di Edipo, mosse a suo fratello Eteocle, re di Tebe, con altri sei alleati. Stazio dichiara di avere un modello altissimo: l’Eneide, che la Tebaide dovrà ‘seguire a stanza’ con religioso e umile rispetto. Il piano dell’opera è in 12 libri, divisi in due esadi. La seconda, che racconta lo scontro presso le mura di Tebe fra gli opposti eserciti di Eteocle e Polinice, è tutta una storia di guerra, come la ‘metà iliadica’ dell’Eneide; la prima più variata, dedicata al racconto del viaggio di Polinice e die suoi verso Tebe, ha funzione di lunga preparazione, e insieme contiene tratti ‘odissiaci’ come la prima metà dell’Eneide. Ricorre al modello virgiliano, introduce di nuovo le divinità. Le figure umane risultano prive di sfumature psicologiche: Eteocle è il tiranno, Tideo l’incarnazione dell’ira, Capaneo un bestemmiatore. L’assenza di riferimenti diretti all’attualità romana non implica che Stazio ignori le inquietudini della sua epoca: guerre fra i tiranni, degenerazioni delle famiglie ecc… Achilleide: il poema sulla vita di Achille ha avuto un destino stentato. Qualsiasi giudizio è difficile, perché il testo che abbiamo (interrotto a causa della morte dell’autore) tratta solo delle vicende del giovane Achille a Sciro, dove l’eroe era stato nascosto dalla madre Teti perché i Greci non lo conducessero a Troia. Il progetto di narrare tutta la vita dell’eroe rivela comunque ambizioni letterarie grandiose. Valerio Flacco La vita del poeta è del tutto ignota; da un accenno di Quintiliano, si ricava che morì poco prima del 92 d.C. Opera FRANCESCA DE GAETANIS Gli Argonautica: sono un poema epico di cui restano sette libri e una parte dell’ottavo. Narra i motivi della spedizione di Giasone in cerca del vello d’oro. Pur ispirandosi ad Apollonio Rodio, si tratta di una scrittura in gran parte autonoma. Ma oltre ad Apollonio, Valerio Flacco recupera al suo testo anche i necessari antecedenti di Omero e Virgilio. Adotta un tema mitologico con un apparato divino onnipresente e un’impostazione morale del racconto edificante. Mentre Apollonio aveva fatto di Giasone un eroe problematico, Valerio riporta il suo protagonista ad uno stato di elevatezza epica. Tutti i suoi personaggi sono caratterizzati da una profonda psicologia. Valerio pur rivelandosi elegante e raffinato nel particolare, nel dettaglio descrittivo, tuttavia fallisce spesso nella creazione dei strutture narrative complesse. Nel complesso, ne risulta un testo narrativo assai difficile, spesso oscuro, che presuppone un pubblico molto colto: in qualche caso il lettore nel testo non trova nemmeno tutte le informazioni essenziali per la comprensione della vicenda, ma per capire situazioni e linea narrativa deve già essere a conoscenza degli avvenimenti e aver letto il testo di riferimento, ovvero Apollonio Rodio. Silio Italico Nato intorno al 26 d.C. fu un importante uomo politico: consolo nel 68 sotto Nerone e poi proconsole d’Asia sotto Vespasiano, ritirarsi a vita privata, dedicò gli ultimi anni al suo ampio poema storico, i Punica. Opera I Punica sono il più lungo epos storico latino a noi giunto. In diciassette libri l’opera racconta la seconda guerra punica, dalla spedizione di Annibale in Spagna al trionfo di Scipione dopo Zama. La linea annalistica testimonia la sua volontà di collegarsi alla terza decade di Tito Livio, di cui ne recupera perfino la cornice narrativa. L’impulso fondamentale viene dall’Eneide. Un’epistola di Plinio il Giovane descrive il suo culto museografico di Virgilio: Silio Italico amava infatti i cimeli del poeta augusteo e ne aveva addirittura comprato il sepolcro. La guerra di Annibale e la guerra di Annibale è presentata come una diretta continuazione di Viriglio: è originata dalla maledizione di Didone contro Enea e i suoi discendenti. Restaura inoltre tutto l’apparato mitologico, Giunone continua ad avversare i discendenti dei Troiani e al tempo stesso mantiene di fatto il suo ruolo di protettrice di Cartagine e asseconda le iniziative di Annibale. Solo alle decisioni di Giove deve cessare di alimentare propositi di rivincita contro i Romani. Crea quindi delle vicende di verosimiglianza. L’opera aggiunge poco alla storia della poesia epica romana, ed è interessante di contorno. Di importanza risultano gli excursus spesso suscitano più interesse rispetto a tutta la trama, riflettono sull’oscillazione dell’epica di questo periodo tra la via omerica e il gusto esiodeo-ellenistico per la verità. Plinio il Vecchio FRANCESCA DE GAETANIS Nasce a Como intorno al 23 d.C. Destinato a una brillante carriera in qualità di cavaliere al servizio al servizio della corte imperiale, prestò servizio militare in Germania tra il 48 e il 58 d.C., conoscendo molti generali importanti tra cui il giovanissimo Tito, che sarà l’imperatore molti anni dopo. Muore nel 79 d.C. travolto dall’eruzione vesuviana che aveva voluto osservarlo da vicino. Il racconto della sua fine è presente all’interno di una famosa lettera scritta dal nipote Plinio il Giovane. Occorre precisare che Plinio si espose al pericolo non tanto per ansia di conoscere quanto per il nobilissimo intento di recare soccorso ad alcuni cittadini minacciati dall’eruzione. Opera Scrisse opere di vario genere, per noi perdute: trattati militari, storie, studi linguistici e retorici. Verso il 77-78 Plinio concluse anche la colossale fatica delle Naturalis historia e presentò l’opera al nuovo imperatore Tito. Si tratta di un testo a carattere enciclopedico che costituisce una summa delle conoscenze antiche sui più svariati argomenti e che ha garantito all’autore la fama fino ai nostri giorni. Si tratta di 37 libri. La vicinanza di Plinio a certe posizioni dello stoicismo aiuta a comprendere diversi aspetti della sua opera gigantesca. La concezione dell’universo come macchina cosmica retta da una provvidenza divina e che l’uomo deve conoscere per rispecchiare dentro di sé le virtù, era un’idea atta a guidare un progetto di enciclopedia, che comincia con i moti astrali e finisce con le creazioni artistiche dell’uomo, passando per la vita dei piccoli animali. Una certa adesione allo stoicismo è evidente nella cosmologia, la parte più impegnata della trattazione pliniana, e nella descrizione della condizione umana che introduce l’antropologia. Resta il fatto che la mentalità enciclopedica è infatti per Plinio un accomodante eclettismo; una scelta filosofica troppo precisa avrebbe finito per ridurre eccessivamente la quantità dei materiali da registrare e classificare nella Naturalis historia. Stile Da alcuni Plinio è considerato il peggiore tra gli scrittori latini. La stessa ampiezza del lavoro non era compatibile con un processo di regolare elaborazione stilistica; e in un’opera di compilazione di quelle dimensioni era inevitabile risentire dello stile delle proprie fonti; inoltre, la tradizione enciclopedia romana non comportava un particolare sforzo di bello scrivere. A volte è presente l’aridità delle descrizioni a volte si tratta di elogi della scienza, della natura, della terra italica; condanne moralistiche del lusso e dello sfruttamento della natura; polemica contro l’incompetenza dei medici. Marziale Marco Valerio Marziale nasce a Bilbilis, in Spagna, tra il 38 e il 42 d.C. Giunge a Roma nel 64 appoggiandosi alla famiglia degli Annei, che l’anno successivo viene FRANCESCA DE GAETANIS ciceroniano per la vastità della formazione culturale richiesta. In questa formazione generale, la filosofia ha perduto terreno rispetto alla retorica e alla cultura letteraria, di cui Quintiliano rivendica il primato; perciò il programma di letture tracciato dal libro X mette in primo piano la scelta degli scrittori latini e greci. Quintiliano dà prova di equilibrio notevole soprattutto là dove prende posizione nella disputa sulla superiorità degli scrittori antichi e dei moderni: negli arcaici vede manchevolezze, ma sa distinguere fra ciò che deve essere attribuito specificatamente al poeta, e quanto invece all’età in cui visse. Il libro è per noi prezioso soprattutto perché la lunga rassegna degli scrittori proposti alla lettura contiene giudizi critici, che ci informano sulla recezione dei testi. Il libro XII è molto importante poiché tratta dei requisiti culturali e morali che si richiedono all’oratore e accenna al problema dei rapporti tra oratore e principe. Un buon oratore dovrebbe seguire l’antico modello catoniano: vir bonus dicendi peritus, guida al senato e al popolo romano, è un’illusione del tutto infondata, quasi una negazione fatta alla realtà storica dell’impero. Stile Non è armoniosamente ampio e simmetrico come quello di Cicerone; in qualche modo, esso pare aver subito il condizionamento esercitato dalla prosa di Seneca. Ma egli stesso rappresenta il miglior esempio delle virtù che egli stesso raccomanda: ricerca al massimo la perspicuità ed evita gli eccessi dell’ostentazione espressiva. Flessibile e antidogmatico, mostra equilibrio nella scelta dei modelli cui adeguare il discorso. Plinio il Giovane Gaio Cecilio Secondo nacque a Como nel 61 o nel 62 d.C.; alla morte del padre venne adottato da Plinio, zio materno, di cui assume il nome. A Roma studiò retorica sotto la guida di Quintiliano. Incomincia presto la carriera forense e il cursus honorum. Il passaggio dal principato di Domiziano a quelli di Nerva e Traiano fu dunque del tutto indolore ai fine della carriera forense e politica di Plinio, che nel 111, proprio Traiano nominò suo legato in Bitinia. Plinio morì non molto tempo dopo, probabilmente nel 113. Opere Epistulae: raccolta di lettere divise in 10 libri. Nella lettera proemiale dell’epistolario Plinio afferma di non aver seguito alcun criterio preciso nel raggruppare le proprie lettere. È probabile che l’ordinamento segua soprattutto un criterio di alternanza di argomenti. Le lettere infatti hanno ciascuna un tema differente. Le lettere di Plinio sono in realtà una serie di brevi saggi di cronaca sulla vita mondana, intellettuale e civile. L’autore intrattiene spesso i suoi interlocutori sulle proprie attività e sui propri periodi di riposo, informandoli delle preoccupazioni che aveva in qualità di grande proprietario terriero. Molto importante è il ruolo del paesaggio naturale, che Plinio FRANCESCA DE GAETANIS dipinge con toni di maniera, come panorama goduto attraverso le finestre delle proprie ville o dell’eruzione del Vesuvio. I destinatari a cui Plinio si rivolge, ogni volta con estrema cerimoniosità, spesso coincidono con le massime figure del tempo, dall’imperatore Traiano a Tacito e a Svetonio. Il modello prediletto è Cicerone, da cui riprende l’architettura armoniosa dei periodi anche se sono brevi. Panegyricus: consiste in una versione ampliata del discorso di ringraziamento a Traiano che Plinio tenne in senato in occasione della sua nomina a console, nel 100 d.C. Il termine indicava inizialmente i discorsi tenuti nelle solennità panelleniche, con il I secolo d.C. passò infatti a indicare l’encomio del monarca. Il testo che ci è pervenuto è una rielaborazione ampliata e riveduta sul piano retorico-stilistico del discorso ufficiale di ringraziamento pronunciato in senato da Plinio in occasione della sua entrata in carica come console. Si sforza a creare un modello di comportamento per i principi futuri: un modello fondato ovviamente sulla concordia fra imperatore e ceto aristocratico e sulla stretta intesa politica fra aristocratici e ceto equestre. È chiaro che Plinio idealizza tanto il ruolo del vecchio ceto aristocratico quanto la figura dell’imperatore. Tacito Publio (o Gaio) Cornelio Tacito nasce intorno al 55 d.C. Studia a Roma, e nel 78 sposa la figlia di Agricola, comandante militare; anche grazie all’aiuto di quest’ultimo, inizia la carriera politica sotto Vespasiano e la prosegue sotto Tito e Domiziano. Nel 97, sotto il regno di Nerva, è consul suffectus. Sotto il principato di Traiano sostiene insieme al suo amico Plinio il Giovane l’accusa dei provinciali d’America contro l’ex governatore Marco Prisco. In seguito, è proconsole in Asia nel 112 o 113. Muore probabilmente intoro al 117. Opere Dialogus de oratoribus: scritto dopo il 100 d.C. Il dialogo si riallaccia alla tradizione dei dialoghi ciceroniani, riferisce una discussione fra Curiazio Materno, retore e tragediografo, Marco Apro ecc…alla quale Tacito dice di avere assistito personalmente in gioventù. Si inizia a parlare della decadenza dell’oratoria. Massala indica le cause di questo fenomeno nel deterioramento dell’educazione familiare e scolastica non più accurata come nei tempi antichi. Il dialogo si conclude con un discorso di Materno, evidentemente portavoce di Tacito, il quale sostiene che una grande oratoria era possibile solo con la libertà che regnava al tempo della repubblica, mentre diviene anacronistica e impraticabile in una società ordinata come quella conseguente all’istaurazione dell’impero. La pace che esso garantisce deve essere accettata senza eccessivi rimpianti per un passato che pure forniva un terreno più favorevole al rigoglio delle lettere e alla fioritura delle grandi personalità. L’opinione attribuita a Materno rispecchia una costante del pensiero di Tacito: il FRANCESCA DE GAETANIS principato restringe lo spazio per l’oratore e l’uomo politico, ma al principato non esistono alternative. Agricola: verso gli inizi del regno di Traiano, Tacito approfittò del ripristino dell’atmosfera di libertà dopo la tirannide domizianea per pubblicare il suo primo opuscolo storico, che tramanda ai posteri la memoria del suocero Giulio Agricola, leale funzionario imperiale e principale artefice della conquista di parte della Britannia sotto il regno di Domiziano. Richiama il genere della laudatio funebris, lasciando anche ampio spazio alle digressioni geografiche ed etnografiche. Proprio a causa di queste digressioni, l’argomento dell’Agricola è sembrato talora eccedere i limiti di una semplice biografia. Tacito mette in rilievo come il suocero avesse saputo servire lo stato con fedeltà, onestà e competenza anche sotto un pessimo principe come Domiziano. Agricola diede prova di realtà allo stato: tuttavia, non essendo disposto a macchiarsi di servilismo, cadde in disgrazia presso Domiziano. Sulle reali cause della sua morte, Tacito stende un velo d’ombra; ma la sua morte è silenziosa è migliore del martirio ostentato, di quella ambitiosa mors che Tacito condanna in quanto di nessuna utilità alla res publica. Con quest’opera crea un elogia della classe dirigente ‘sana’ che aveva collaborato con i principi della casa flavia. La Germania: gli interessi etnografici, già largamente presenti nell’Agricola, sono al centro della Germania, un’opera dedicata interamente alla descrizione del territorio della Germania, e dei suoi abitanti, che rappresentavano una costante minaccia per l’impero romano. Le notizie etnografiche contenute nella Germania non derivano da osservazione diretta, ma esclusivamente da fonti scritte, tra le quali probabilmente perditi Bella Germaniae di Plinio il Vecchio. Gli intenti di Tacito sono stati a lungo oggetto di discussione fra gli studiosi. Alcuni sostengono le plausibile ipotesi che vede nell’opuscolo l’esaltazione di una civiltà ingenua e primordiale, non ancora corrotta dei vizi raffinati di una civiltà decadente come quella romana. Ma forse Tacito ha voluto solo sottolineare la loro pericolosità per l’impero, che la debolezza e la frivolezza della società romana non sarebbero state in grado di fronteggiarle. Non stupisce tuttavia che Tacito si addentri anche in una lunga enumerazione dei difetti di un popolo che gli appare come essenzialmente barbarico: l’indolenza, la passione per il gioco, la tendenza all’ubriachezza e alle risse, l’innata crudeltà. Historiae: si narrano in forma annalistica gli avvenimenti a partire dal primo gennaio 69: l’ascesa al potere di Galba, la sua morte e l’elezione di Otone, mentre in Germania le legioni acclamano Vitelio. Nel secondo e nel terzo si narra la lotta tra Otone e Vitelio e quella successiva fra Vitelio e Vespasiano, che lascia in Oriente il figlio Tito ad affrontare i Giudei, e giunto a Roma cattura e uccide Vitelio. Nel quarto libro tratta del sacco di Roma l’ultimo libro ha un excursus sulla Giudea, dove si trova Tito; i primi segni di stanchezza mostrati dai ribelli in Germania. Il libro è mutilo e si ferma al 26. Con il discorso fatto pronunciare a Galba nel libro I lo storico FRANCESCA DE GAETANIS la nascita e i luoghi in cui il personaggio ha vissuto l’andamento cronologico sparisce per descrivere la personalità. Il ritorno dell’elemento cronologico ritorna con la morte. In un passo della vita di Augusto (De Vita Caesarum, raccolta di 12 biografie in otto libri) il criterio non è per tempora, ma per species, secondo una serie di categorie, di rubriche che trattano rispettivamente i vari aspetti della personalità del principe, analizzando i tratti del personaggio e le sue virtutes e i suoi vitia. La biografia è quindi vista come un’‘alternativa’ alla storiografia, in quanto è più adatta a fungere da criterio di periodizzazione per la storia dell’impero. Malgrado la biografia sia un prodotto greco-ellenistico, Svetonio vi immette le strutture e l’ordinamento di una tradizione tipicamente romana, quella degli elogia e delle laudationes funebres che elencavano le imprese civili e militari. Questa decisione di raccontare ogni cosa della vita dei personaggi è stata vista dagli studiosi come un semplice gusto al pettegolezzo. Oggi invece si pensa che sia una semplice trattazione della personalità di un personaggio senza fini encomiastici. Ne risulta una ‘storiografia minore’ e che ha come destinatario l’ordine equestre al quale lo stesso Svetonio apparteneva. Stile Si tratta di un linguaggio sobrio e asciutto, alieno alle ricchezze arcaizzanti e dai preziosismi moderni, aperto ai modi colloquiali, ma senza rinunciare al decoro: una scrittura agile e spedita. Apuleio Apuleio nasce intorno al 125 d.C. a Madaura, nell’odierna Algeria. Compie gli studi di buon livello a Cartagine e ad Atene e viaggia molto. Diviene conferenziere di notevole successo. Intorno al 155 d.C. è a Oea, dove si sposa con una vedova, Pudentilla: l’evento è capitale nella vita di Apuleio, che infatti, qualche tempo dopo, verrà trascinato in tribunale dai parenti della moglie e processato con l’accusa di magia (per difendersi in questo processo scrive l’Apologia). Trascorre l’ultima parte della sua vita a Cartagine. Non si hanno più notizie di lui dopo il 170 d.C. Opere Apuleio era conosciuto come ‘filosofo platonico’, intesa come vasta curiosità che spinse l’autore verso le più disparate esperienze culturali: la curiosità per il mondo della natura, la tensione verso l’occulto, l’iniziazione ai culti misterici e infine la pratica brillante della Seconda Sofistica. Tra le sue opere filosofiche troviamo certamente il De mundo: un trattatello di scienza naturale sulle forze che governano l’universo. I due libri del De Platone et eius dogmate sono invece una sintesi della fisica e dell’etica di Platone. Il più importante è il De deo Socratis: trattazione più sistematica a noi giunta dall’antichità della dottrina dei demoni, esseri intermedi tra gli dei e gli uomini che garantiscono il compiersi di un progetto provvidenziale della FRANCESCA DE GAETANIS storia del mondo; la conclusione parla del celebre dèmone di Socrate, la voce interiore che costringeva il filosofo a cercare il vero. I Florida: raccolta di 23 brani oratori su temi diversi. Esempio di virtuosismo retorico, si affrontano discorsi politici ufficiali, panegirici religiosi, orazioni erudite, morali, filosofici e storie avvincenti. Apologia: lunga orazione giudiziaria, non quella effettivamente pronunciata nel processo. Il processo sembra essere stato originato da ragioni di tipo economico: poco dopo il matrimonio di Apuleio con Pudentilla, Erennio Rufino, suocero di Ponziano (amico dei due), cercò di indurre Poziano a impedire ad Apuleio l’accesso all’eredità della donna, e ad Apuleio fu contestato il reato di magia. L’oratore dapprima cerca di smontare gli argomenti dell’accusa facendo uso del suo sapere, mettendo subito i suoi avversari in una posizione di inferiorità culturale, poi ribatte l’accusa di essere mago con l’orgogliosa affermazione della sua attività di filosofo. L’ultima sezione è dedicata agli avvenimenti seguiti dopo il suo arrivo ad Oea. Apuleio vuole sottolineare la differenza tra magia nera e magia bianca, quest’ultima infatti si identificava con la scienza e con la filosofia. Tuttavia Apuleio si dichiara, un eclettico vicino a esperienze di magia non soltanto bianca. Nel complesso, non si può non ammirare la disinvoltura con cui l’oratore mette in ridicolo le ragioni dell’accusa: infatti parla sempre dell’alto della sua cultura enciclopedica, che ostenta di continuo. Lo stile è intessuto di giochi di parole, invettive, ironia e sarcasmo. Mentre il lessico è fitto di volgarismi, neologismi, arcaismi, poetismi. Metamorfosi: insieme al Satyricon di Petronio è l’unica testimonianza di romanzo latino. Oltre al titolo Metamorphoseon libri, per il romanzo di Apuleio circolava anche quello di Asinus aureus, l’asino d’oro, dove è incerto se ‘d’oro’ vada riferito alla bellezza del testo o al colore fulvo dell’animale. L’opera si compone di 11 libri, dei quali solo i primi tre sono occupati dalle avvenute del protagonista, il giovane Lucio, prima e dopo il suo arrivo in Tessaglia. Il giovane manifesta subito un suo tratto fondamentale, quello della Curiositas. Ospite del ricco Milone e della sua sposa Panfila, in odore di magia, convince la serva a farlo assistere di nascosto alla trasformazione in gufo in cui si sottopone la padrona con un unguento. Lucio supplica la serva di far provare lo stesso incantesimo anche a lui, ma la ragazza sbaglia unguento e si trasforma in un asino. La seconda parte comincia con Lucio- asino che viene catturato da un gruppo di briganti, che lo portano in una grotta dove tengono prigioniera la giovane Carite. I due vengono liberi, ma in questa sezione si assiste al racconto da parte della vecchia sorvegliante della ragazza di Amore e Psiche. I libri successivi ripercorrono le peripezie dell’asino. Nell’ultimo libro avviene la purificazione rituale, la dea Iside, apparendogli in sonno, predice a Lucio che il giorno seguente potrà recuperare la forma umana mangiando le rose di una corona portata da un sacerdote di Iside in una processione in onore della dea; e così FRANCESCA DE GAETANIS avviene. Nella parte conclusiva assistiamo a Lucio che diventa devoto di Osiride, e per volere dello stesso dio, si mette a esercitare a Roma la professione di avvocato. Il genere letterario delle Metamorfosi varia: bisogna considerare il rapporto con le fabulae Milesiae, a cui lo stesso autore riconduce la sostanza dell’opera. Si riallaccia anche alle insertae fabulae cioè delle storie innestate all’interno di un racconto principale che fa da cornice. L’intera vicenda assume i caratteri del racconto esemplare: la curiositas conduce Lucio alla rovinosa trasformazione dalla quale sarà liberato solo in seguito. Importante è la favola di Amore e Psiche, che grazie al rilievo derivante dalla posizione centrale e dalla lunga estensione assume valore fondamentale nei confronti del destino di Lucio: dall’interpretazione di questo testo deriva l’interpretazione di tutto il romanzo. Questa infatti riproduce come un modello in scala ridotta l’intero percorso narrativo del romanzo: senza di questo leggeremmo le Metamorfosi solamente come un romanzo di avventura e di situazioni meravigliose e non come un romanzo mistagogico. Nella favola è raffigurata l’epifania della dea Iside. Le altre digressioni inserite nell’intreccio principale sono costituite da vecchie vicende di vario tipo, dove il magico, si alterna con l’epico, col tragico, col comico, in una continua sperimentazione di generi diversi. Ma i numerosi generi letterari di origine diversa si ordinano in un disegno denso di significato: le cupe novelle di adulterio degli ultimi libri evidenziano l’intervento della Fortuna caeca, fortuna cieca e spietata in netto contrasto con la Fortuna videns, il disegno provvidenziale e divino che indica all’uomo la liberazione nella luce e nella moralità. Lo stile Mostra una grande padronanza nei mezzi retorici e linguistici che ad alcuni ha ricordato lo stile di certe orazioni ciceroniane. Egli riesce a elaborare uno stile particolare e personalissimo, fatto di una mescolanza sapiente di arcaismi, volgarismi, neologismi, poetismi e tecnicismi: è questo uno dei tratti più caratteristici della produzione letteraria apuleiana che si manifesta con forza sia nell’Apologia sia, con un livello di elaborazione ancora più complesso nelle Metamorfosi. Il movimento arcaizzante: Frontone e Gellio A Roma lo studio filologico e critico dei testi latini giunge a piena maturazione nel periodo tra i Flavi e gli Antonini. Verso la fine del I e l’inizio del II secolo d.C. l’attenzione e la cura per gli autori del passato sono favorite dall’affermarsi di un movimento arcaizzante, che spinge verso la letteratura dei tempi più antichi. La reazione al modernismo linguistico e stilistico si manifesta già con Quintiliano; la generazione successiva porta quindi la reazione ancora più indietro nel tempo. FRANCESCA DE GAETANIS idololatria, che considera quasi tutte le attività quotidiane intrise di paganesimo, e perciò inaccettabili per il buon cristiano. La contrapposizione e il rifiuto dello stato romano diventa in Tertulliano fanatica rinuncia ed esasperato isolamento, facendo di lui una figura intransigente e tragica, priva di pace e tranquillità in questa vita, incapace di amare l’umanità e di intervenire per modificare la realtà. Lo stile Ci sono parole tecniche del gergo avvocatizio e di termini letterari. Il periodo è volutamente irregolare, spezzato, con interrogazioni ed esclamazioni che interrompono frequentemente l’andamento del discorso, con brevi battute a effetto, con metafore spinte all’estremo. Minucio Felice: un poeta fra mondo classico e cristianesimo Anche lui avvocato ed esercita la sua attività a Roma, dove godeva di condizioni di buona agiatezza economica Opere De facto, che non ci è pervenuto, e il dialogo Octavius. Questo dialogo si svolge a Ostia, fra tre personaggi: il pagano Cecilio, il cristiano Ottavio e Minucio stesso. Ottavio rimprovera Cecilio per un gesto di adorazione a una statua del dio Serapide e Cecilio propone di esporre le reciproche ragioni e di nominare Minucio giudice della controversia; ma dopo le due orazioni, quella di Cecilio contro il cristianesimo e quella di Ottavio a suo favore, non c’è bisogno di giudizio, perché Cecilio ammette di essere stato sconfitto. Gli argomenti e i temi trattati: il monoteismo è preferibile, anche razionalmente al politeismo, i cristiani non sono consapevoli dei misfatti che vengono loro imputati, anzi spesso non sono i loro accusatori a essere macchiati di tale colpe; se i pagani comprendessero le istanze di pace e di amore del cristianesimo non lo avverserebbero, anzi si convertirebbero subito. Stile È uno scrittore molto fine e delicato e rifugge dalle grossolanità che Tertulliano invece ama; fonda la sua argomentazione sulla logica e sul ragionamento pacato, mentre Tertulliano cerca di emozionare e di colpire i sentimenti. Minucio si rivolge ai pagani colti, per convbertitli, e cita quindi con abbondanza gli scrittori classici, astenendosi dai riferimenti alla Bibbia. La grande attenzione che Minucio riserva all’aspetto letterario gli ha procurato talvolta accuse di debolezza della fede, ma chiunque abbia buon gusto non può non apprezzare la serenità e la dignità della discussione. Cicerone è per Minucio un modello sempre presente non solo nella forma letteraria, ma anche nella costruzione del periodo. FRANCESCA DE GAETANIS Commodiano, il primo poeta cristiano Egli non mostra profonda competenze retoriche, né particolare raffinatezza stilistica, la sua poesia si rivolge ai più semplici con un linguaggio elementare e toni apocalittici. Le notizie circa la sua nascita, lo si colloca nel III secolo, da un suo passo si ricava che è originario di Gaza, in Palestina, da dove però deve essere partito per dirigersi in Occidente, particolarmente in Africa. Opere Le Istructiones: si tratta di due libri di varia lunghezza; il primo libro comprende i carmi contro i pagani e quelli contro gli Ebrei, il secondo libro sulle composizioni per i cristiani, rimproverati per i loro peccati. I carmi sono acrostici: le prime lettere dei singoli versi, lette tutte di seguito, formano il titolo del carme stesso. Il Carmen apologeticum, in 1060 esametri, è una storia del mondo, quella dell’antico testamento e quella di Roma, vista come uno scontro tra Dio e il diavolo, fino alla distruzione dell’impero, all’apocalisse e al giudizio universale. È interessato alle fasce meno alte della società, e nelle sue opere rappresenta le credenze e le aspirazioni dei diseredati, le loro passioni forti e senza sfumature, avvalendosi di un latino che risente degli sviluppi del parlato e di una metrica priva ormai di continuità con quella dei classici. È convinto che la fine del mondo sarà preceduta da un’età felice sulla terra, in cui saranno rovesciati gli stati che si fondano sulle ingiustizie e sullo sfruttamento dei deboli, e verrà un regno terreno di Dio, in cui i poveri, i derelitti, i maltratti vedranno esaudite le loro speranze e riconosciuti i loro diritti. Stile Il lessico è elementare è ripetitivo, con una sintassi semplificata ai limiti del possibile con una logica sommaria e a volte assurda. I suoi esametri mostrano una prosodia completamente diversa da quella classica, non più una successione di sillabe brevi e sillabe lunghe, ma versi composti di un certo numero di sillabe e basati sugli accenti tonici delle parole. L’oratoria Si tratta di un preciso genere letterario, non nuovo, ma canonizzato da poco da retori greci: quello dei panegyrici. Di queste particolari orazioni ci è pervenuta una particolare raccolta che va sotto il nome di Panegirici Latini, dodici discorsi rivolti a vari imperatori di un periodo tra la fine del III secolo e l’inizio del IV, eccezion fatta per il Panegirico di Plinio il Giovane a Traiano. Il lettore moderno può rimanere infastidito dinnanzi a elogi eccessivi e ingiustificati dei potenti, ma tenuto presente FRANCESCA DE GAETANIS che il discorso scritto era, per il mondo antico, l’unico mezzo di comunicazione di massa e il veicolo di diffusione di propaganda dei programmi politici. Da qui l’interesse dei panegirici, che forniscono ampie nozioni sulle linee politiche dei diversi imperatori, sulle condizioni di vita o su specifici avvenimenti del periodo. Simmaco Il più famoso tra gli oratori è Simmaco. Non proviene dall’ambiente scolastico, ma dall’aristocrazia senatoria romana. Ebbe una carriera politica molto importante che culminò con la prefettura di Roma, console. Opere Di molte opere che scrisse ci sono pervenute otto orazioni e le Lettere, un epistolario in dieci libri contenente oltre novecento missive scritte in stile gradevole e sintetico e popolate dai personaggi più importanti dell’epoca. Le relationes infine consistono in una cinquantina di lettere ufficiali inviate agli imperatori nel periodo in cui Simmaco fu prefetto di Roma e riguardanti questioni amministrative di cui il prefetto di Roma doveva informare la corte per ricevere poi istruzioni. Famosa è la Relatio III, quella sulla disputa sull’altare della Vittoria, che vide scontrarsi su opposte posizioni Simmaco e Ambrogio, ed è stata sempre presa a simbolo dell’ultimo scontro fra pagani e cristiani, con il definitivo prevalere di questi ultimi. L’altare della Vittoria era stato collocato nella sede del senato di Augusto e vi era rimasto senza problemi fino a Costanzo, il quale l’aveva fatto togliere in quanto simbolo della vecchia religione; ricollocato al suo posto da Giuliano, fu nuovamente rimosso per volontà di Graziano nel 382. L’anno dopo Graziano fu ucciso dal suo usurpatore Massimo, e si ebbe una forte ripresa del gruppo pagano con la nomina di Pretestato a perfetto del pretorio e di Simmaco a prefetto di Roma. In questa Relatio III si chiede di consentire ai pagani di venerare le loro divinità. La Storiografia La produzione storiografica in questo periodo è particolarmente vasta e in questo genere letterario si impegnarono anche i principali esponenti della vita politica. Aurelio Vittore fu autore di un Liber de Caesaribus con le biografie degli imperatori da Augusto a Costanzo. Mentre Eutropio compose un manuale di storia in dieci libri a uso delle persone colte intitolato Breviarum ab urbe condita e scritto per invito dell’imperatore Valente. Risalgono a questo periodo le Periochae dell’opera di Tito Livio, riassunti in principio premessi ai singoli libri, ma che poi finirono per sostituire l’originale, per noi preziosi in quanto ci trasmettono il contenuto dei libri perduti dell’opera liviana. All’indirizzo biografico appartiene l’Historia Augustea, una raccolta di biografie degli imperatori da Nerva agli immediati predecessori di Diocleziano. Il modello principale sono le Vitae di Svetonio, che le biografie FRANCESCA DE GAETANIS Il suo esametro è costruito in accordo con la migliore tradizione latina- Il trionfo del cristianesimo L’età costantiniana segna per il cristianesimo una fase di cambiamenti importanti, che vanno anche al di là del riconoscimento ufficiale contenuto nell’editto di Milano nel 313, con cui si sanciva la liceità della nuova religione. Arnobio Adversus nationes. I principali tratti del nuovo atteggiamento degli autori cristiani sono evidenti in quest’opera apologetica. L’apologetica di Arnobio risente molto della violenza che caratterizza i primi scrittori cristiani della terra d’Africa; ma Arnobio era un neofita e anche per questo avverte più forte l’esigenza di polemizzare contro le cose in cui aveva creduto da giovane. La sua conversione mostra però in qualche caso una certa approssimazione teologica: l’anima umana non è creata da Dio ma da una specie di demiurgo capace solo di creazioni imperfette che rendono l’anima mortale; il Cristo è inferiore al Padre e ha solo una funzione di insegnamento; l’Antico Testamento è solo una favola giudaica. Lattanzio Nato in Africa verso il III secolo, fu maestro di retorica e fu scelto da Costantino come precettore per il figlio, Crispo; morì nel 324. Opere Tra le opere ricordiamo sicuramente il De opificio Dei, sulla perfetta armonia della natura e sull’immortalità dell’anima; il De ira Dei sulla necessità che Dio si adiri verso i malvagi; il De mortibus persecutorum, che ricorda le drammatiche morti di quanti hanno perseguitato i cristiani; e infine il carme De ave phoenice, un’elegia sulla fenice, simbolo di Cristo. Ma il capolavoro sono le Divinae institutiones, in sette libri, dedicate a Costantino, che vogliono essere un’esposizione sistematica della dottrina cristiana. Stile È un pensatore assai equilibrato, lontano dagli eccessi di Arnobio. Tradizionalmente paragonato a Cicerone, Lattanzio procede con periodi ampi e ben articolati e si affida a un ragionamento coinvolgente e pacato. È anche un attento filologo. Il cristianesimo diventa quasi il frutto naturale della sapientia classica: non deve perciò incutere paura, perché conferma gli antichi valori alla luce della nuova fede e offre una prospettiva di salvezza che passa attraverso un fine del mondo non più catastrofica, ma descritta con i colori dell’età dell’oro. La poesia cristiana FRANCESCA DE GAETANIS I generi praticati dalla poesia cristiana sono diversi ma tutti accomunati dall’intenzione di propagandare la nuova fede. Si continuano a scrivere inni, iscrizioni funebri e centoni. Ma soprattutto emergono figure di poeti cristiani che recuperano la tradizione della poesia classica saldando così la frattura che si era determinata fra cristianesimo e tradizione classica. Quando i poeti cristiani scelgono come loro fonti principali Virgilio oppure Orazio, da un lato favoriscono la vittoria della linea sostenuta dal cristianesimo più conciliante, dall’altro rendono accettabili i poeti pagani al gusto cristiano, favorendo così, almeno in parte, la loro conservazione attraverso il Medioevo. Prudenzio Nato a Calagurris nel 348, in Spagna, è il più importante e prolifico tra i poeti cristiani. Opere Le sue opere furono riunite dallo stesso autore nel 405 in un’unica raccolta, introdotta da una Prefatio e chiusa da un Epilogus in versi, possono essere divise in tre gruppi: gli inni, le poesie didascaliche, un componimento di carattere apologetico. Cathemerinon liber: all’interno di questo sono raccolti tutti gli inni. Compre sei canti da eseguire quotidianamente in determinati momenti della giornata, a cui se ne aggiungono sei altri per particolari festività o ricorrenze cristiane, e nel Peristephanon, che comprende 14 inni in onore di santi che avevano subito il martirio, con uno spiccato gusto per il macabro e l’orrido che talvolta sconfina nel ridicolo involontario. Queste due raccolte mostrano come la nuova poetica cristiana si confronti con quella antica senza timori reverenziali, conscia che l’eccellenza degli argomenti e l’aiuto di Dio compensano ampiamente i limiti dei poeti. I poemetti didascalici: si tratta di quattro poemetti. L’Apotheosis tratta i misteri della Trinità e della Passione del Cristo in chiave antiereticale. Il più riuscito è la Psychomachia: rappresenta un combattimento allegorico fra i vizi e le virtù dell’anima umana. Gli scontri sono descritti con tutti gli strumenti della tecnica epica, e le personificazioni delle virtù e dei vizi si comportano come gli eroi omerici o virgiliani, mostrando una crudeltà macabra. Ai duelli si alternano i discorsi, descrizioni dettagliate. Il poema apologetico: Contra Symmachum, tratta la vecchia disputa fra Ambrogio e Simmarco sull’altare della Vittoria. Pur facendo sue le tesi di Ambrogio contro l’idolatria pagana e ribadendo l’assurdità del politeismo classico e l’utilità della sua eliminazione, Prudenzio insiste sulla necessità di non contrapporre il cristianesimo alla civiltà romana. Paolino FRANCESCA DE GAETANIS Nato a Burdigala nel 353 e vescovo di Nola dal 409 alla morte avvenuto nel 432 Opere Ci restano una cinquantina di Epistole, i cui destinatari sono in molti casi personaggi di primo piano come Girolamo, Agostino, Ausonio e Sulpicio Severo, alcune lettere in versi al suo maestro Ausonio, e alcune poesie di occasione. La sua opera principale è però la raccolta di Carmina, per metà dedicati a San Felice, il protettore di Nola, celebrato con una composizione ogni anno, in occasione del giorno del suo martirio. A volte sono semplici preghiere, altre volte esposizioni sulla vita del martire e i suoi miracoli. Stile Lo stile è sostenuto e la lingua è epicheggiante. I padri della Chiesa Ambrogio Nato a Treviri intorno al 339-340 da una potente famiglia, verso il 370 divine governatore dell’Italia settentrionale; il suo buon governo gli merita la nomina a vescovo nel 374, sebbene non sia ancora battezzato. Ha un grandissima influenza sulla famiglia imperiale, e contribuisce alla sconfitta dell’arianesimo e del paganesimo. Ha un ruolo importante nella conversione di Agostino e muore nel 397. Opere Durante l’occupazione insieme ai fedeli di una chiesa destinata al culto dell’arianesimo, Ambrogio compone gli Inni, la sua opera più fortunata, la cui fresca ispirazione dà risalto ai semplici concetti espressi. Assai interessante è anche l’epistolario, che alterna lettere familiari a lettere ufficiali, espressioni di tenero affetto per il gregge di fedeli e severe minacce di punizioni divine. Dimostra sempre una raffinata eleganza nel raccontare e una brillante capacità di presentare tutte le questioni sempre nella luce a lui più favorevole. Tra i temi c’è un naturale scontro tra gli ariani e risuona l’eco dell’ultima battaglia contro il paganesimo. Ai doveri degli ecclesiastici Ambrogio era particolarmente attento fino a dedicare loro un’opera: il De officiis ministrorum, rielaborazione di alcuni discorsi tenuti ai sacerdoti della diocesi che nel titolo e nel numero dei libri rinvia al ciceroniano De officiis. Nel confronto fra le idee classiche e quelle moderne non c’è soltanto una cristianizzazione del pensiero antico, ma anche in senso inverso, una ‘classicizzazione’ del cristianesimo, peraltro del tutto coerente con il progetto di integrazione fra Chiesa e impero di cui Ambrogio era il principale sostenitore. Tra i vari temi spicca quello della ricchezza e della proprietà privata, che Ambrogia condanna qualora essa comporti inammissibili differenze tra ricchi e poveri. FRANCESCA DE GAETANIS quotidiano e del comico. Fino al libro 9 possiamo dunque affermare che si tratti del genere letterario dell’autobiografia, poiché sono narrate le vicende di Agostino dalla nascita alla morte della madre. Il libro 10 può essere definito come un trattato filosofico, fa da cerniera tra la parte autobiografica e quella di commento allegorico della Genesi e tratta il tema della memoria. I libri 11-12-13 sono un trattato filosofico. Nell’undicesimo si affronta il problema del tempo, per Agostino non è una categoria assoluta, ma esiste solo in rapporto ai singoli soggetti che di questa categoria si servono: il passato in quanto tale, non è più; il futuro non è ancora; il presente è il fugace momento di passaggio fra questi due non deve essere di un’aspettativa presente del futuro, ma di una consapevolezza presente del presente. Il libro 12 tratta del rapporto tra materia e spirito, il libro 13 è una lettura allegorica della narrazione biblica della creazione. De Civitate dei: nato come risposta ai pagani che dopo il sacco di Roma del 410, accusavano i cristiani di aver provocato lo sfaldamento e la caduta dell’impero romano. Il libro è diviso in due parti. Dall’uno al dieci analizza la pars destruens: Agostino risponde alle accuse dei pagani mostrando che il politeismo è incapace di garantire la serenità all’uomo sia nella vita terrena sia nell’aldilà, e per farlo elenca nel dettaglio gli errori e gli orrori degli imperi pagani. E dal libro undicesimo al ventiduesimo analizza la pars costruens: Agostino dimostra che il cristianesimo è l’unica religione capace di garantire la salvezza, teorizzando l’esistenza di due città: la città terrena, cioè quella del diavolo e la città celeste cioè quella di Dio con la Chiesa. Gli stati, espressione della città terrena, sono destinati a morire e anche la Chiesa, in quanto terrena, può sbagliare. Le due città sono invece una dimensione spirituale, presente all’interno di ogni singolo uomo, e la città di Dio è eterna. Il bisogno di salvare la propria identità di cittadino del Cielo, è pertanto, il centro di gravità della concezione agostiniana, del suo modo concreto di intendere i rapporti tra la città di Dio e la città del mondo. Nell’ordinaria società umana c’è un gruppo di uomini consapevoli di essere ‘stranieri in patria’. Ogni peregrinus dovrà compiere il suo viaggio per uscire dal mondo e raggiungere la città di Dio: egli è appunto uno straniero che temporaneamente risiede nel mondo perché non può rifiutare una dipendenza della vita che lo circonda. Il De civitate dei è un ardente invito a vivere il mondo, ma allo stesso tempo distaccati dal mondo. Scrive anche altre opere che spaziano da temi filosofici, dogmatici, polemiche contro i manichei, i donasti e i pelagiani, opere morali tra cui spicca il De doctrina Christiana, opere esegetiche, sermoni, lettere e poesie. Stile La sua scrittura si articola in frasi composte di brevi elementi, musicalmente disposti all’interno del periodo secondo precise corrispondenze di durata, rime e assonanze: insomma, uno stile che presuppone una lettura a voce alta, come quella degli antichi, FRANCESCA DE GAETANIS e perde molto della sua efficacia con la nostra lettura silenziosa. Non può comunque sfuggire l’eleganza della costruzione a volte fin troppo artificiosa; in particolare nelle Confessiones le numerosissime citazioni bibliche, che potrebbero risultare pedanti, sono inglobate in un discorso continuo che non fa avvertire sgradevoli salti di tono e che sa mescolare al pathos un linguaggio lirico forte di coloriture poetiche. La fine dell’impero e gli albori del Medioevo Dopo la caduta dell’impero si continuò a scrivere latino, ma la rottura dell’unità politca ebbe varie conseguenze anche sulla letteratura La poesia Rutilio Namaziano: il malinconico viaggio verso la Gallia Nel V secolo la produzione letteraria mostra ancora qualche guizzo di vitalità soprattutto per la poesia. Rutilio, di origine gallica, ebbe una brillante carriera politica a Roma e nel 417 tornò in patria per sorvegliare personalmente le sue proprietà. È un poeta pagano legato agli ambienti intellettuali napoletani. Per lui l’unico rifugio da una realtà in rovina consiste nel passato, da esaltare acriticamente e da confrontare con il presente. L’esaltazione dell’eternità di Roma contrasta con le descrizioni delle località viste durante il viaggio: città devastate, campagne abbandonate, desolazione e povertà che regnano in ogni luogo. Ha parole assai dure prima di tutto per i cristiani e in particolare per i monaci che privano lo stato di forze che sarebbero utili in un momento di difficoltà; accusa anche i Germani e infine gli Ebrei. Opere Il De reditu suo, Namaziano racconta il viaggio per mare da Ostia fino alla parte settentrionale della Toscana. Sidonio Apollinare, il poeta della fine dell’impero Visse gli ultimi momenti dell’impero e seppe dimostrare un onorevole impegno e un’ammirevole capacità organizzativa. Nato a Lione intorno al 431 sposò la figlia dell’imperatore Avito; improvvisamente lasciò una brillante carriera politica per dedicarsi a quella ecclesiastica. Divine vescovo e organizzò resistenza contro i Visigoti, vincendo. Dopo la vittoria fu il rappresentate delle comunità dei romani presso i nuovi signori germani fino alla sua morte, 486. Opere 24 Carmina, panegirici in esametri agli imperatori e poesie di occasione. I più importanti sono i nove libri delle lettere. Rappresenta le fasce più benestanti della nobiltà gallica, la loro posizione all’interno della Chiesa, il loro atteggiamento nei FRANCESCA DE GAETANIS confronti dei Barbari. In lui convivono insieme la tradizione classica e il cristianesimo. La storiografia Paolo Orosio: l’impero voluto dalla provvidenza Sacerdote spagnolo costretto a fuggire per l’invasione dei Vandali, entrò in contatto in Africa con Agostino e in Palestina con Girolamo. Opere Le Historiae sollecitate da Agostino come raccolta di materiale da utilizzare poi per il De civitate dei, narrano la storia dell’umanità dalle origini al 417. Come storico, Onorio segue schemi tradizionali e si rifà per la massima parte alle fonti più consuete, non senza gravi fraintendimenti. Per lui è la Provvidenza divina che ha voluto l’impero romano e la missione dell’impero è quello di facilitare la diffusione del cristianesimo e migliorare progressivamente le condizioni dell’umanità. Ne consegue un’evidente sottovalutazione del problema germanico e delle invasioni e l’elaborazione di un sistema fondato sulla sacralità dello stato e sulla funzione provvidenziale, che condizionerà molto il Medioevo. Salviano Di poco posteriore a Orosio. Sotto l’angosciosa minaccia delle invasioni che sconvolgevano l’impero scrisse il De gubernatione intorno al 450. Opera È una risposta da parte di Salviano ai problemi storici e morali sollevati dalla conquista dei Germani. La contrapposizione tra romani e barbari andava eliminata come categoria storiografica, in favore della nuova antinomia tra città terrena e città celeste. Salviano non nega la drammaticità degli eventi contemporanei, ma la attribuisce a un disegno divino che tende a punire i cristiani per le loro colpe: per lui i barbari sono uno strumento divino e questo comporta una netta rivalutazione degli invasori, considerati più onesti, più morali, meno degenerati e crudeli dei Romani. Gregorio di Tours e l’Historia Francorum Nel VI secolo, un fenomeno interessante fu la comparsa di monografie storiche incentrate sui nuovi popoli conquistatori. Gregorio, vescovo di Tours, è noto soprattutto come storico per essere stato autore della Historia Francorum, in dieci libri, tratta della storia del mondo dalla creazione alla cristianizzazione della Gallia. Sono presenti episodi di battaglie, misfatti, crudeltà e della guerra cosmica tra bene e male. Beda il Venerabile l’Historia ecclesiastica gentis Anglorum