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Riassunti in capitoli del libro Nomi di persona, Nomi di luogo - introduzione all'onomastica italiana cap. 1-10
Tipologia: Sintesi del corso
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È la scienza che studia i nomi proprio nelle più diverse tipologie. Anche se la prima attestazione del termine di Migliorini nel 1935 si riferisce all’accezione di ‘studio dei nomi di persona’ e per quanto possiamo ancora intenderlo in una accezione limitata, viene oggi usato in riferimento a tutti i nomi proprio di un dato sistema linguistico. Onomastica è una parola che deriva dal greco onomastikḗ (tékhnē) ‘arte del denominare.’ Sono due i principali campi di interesse: la toponomastica - nomi proprio di luogo - e l’antroponomastica - nomi propri di persone – al loro interno possiamo trovare un ricco repertorio terminologico:
- Formazioni con -onimo: antroponimo, pseudonimo, toponimo, geonimo (toponimo che si riferisce alle caratteristiche ambientali), idronimo (nome di un fiume), oronimo (nome di un monte) … -Formazioni con -onimico: patronimico e/o matronimico. -Formazioni con –onimia: toponimia, antroponimia, esonimia (tradizione del nome esterna alla comunità), endonimia (tradizione del nome interna alla comunità)
singolo individuo ‘le Italie sono molte’ oppure per indicare due opere dello stesso autore ‘i Tiziani sono due.’ Mentre l’articolo determinativo si usa generalmente nell’italiano del nord con i nomi maschili, hanno l’articolo i soprannomi o i nomi usati come tali, invece i nomi femminili possono avere l’articolo nel registro famigliare-affettivo; nel toscano l’uso dell’articolo è molto antico si attesta in Dante, precisamente nel purgatorio. Mancano delle regole fisse per l’articolo davanti il cognome tende ad essere presente davanti i nomi di membri della stessa famiglia o di persone illustri ma secondo norma tradizionale dovrebbe essere usato davanti i cognomi femminili. Risulta piuttosto complesso l’uso dell’articolo davanti ai nomi di luogo, generalmente manca davanti ai nomi di paesi e città ma alcuni come L’Aquila o La Spezia, lo richiedono. Si può avere con qualunque toponimo seguito da una determinazione. 1.3 IL SIGNIFICATO NEL NOME PROPRIO. In un certo numero di casi il nome proprio può dirsi trasparente come Monte Bianco , mentre si dirà opaco un nome come Verona che, essendo stato creato in un’epoca diversa ha perso la sua trasparenza. È in discussione il significato del nome proprio che può significare in modo diverso in base alla diversità culturale. Esso è meglio definibile come segno onomastico che ha proprietà di significare il designatum. Anche certi cognomi possono presentare trasparenze od opacità , e per questo riportiamo l’esempio del cognome siciliano Ficarotta (diminutivo della voce dialettale Ficara) che può creare disagio in alcune parti d’Italia, in questo caso può essere considerato valido il mutamento di una o più vocali del cognome. Situazioni di questo genere non mancano e ci mostrano come può mutare il significato in base alle successive interpretazioni paretimologiche. La semantica di un nome proprio è dunque complessa e va esaminata in base a delle prospettive extralinguistiche su base diacronica e sincronica. 1.4 DAL NOME PRORPIO AL NOME COMUNE E VICEVERSA. Un nome proprio può diventare comune e da un nome comune si può avere un nome proprio, si chiama deonomastica che indica lo studio delle forme comuni del lessico che diventano propri. La terminologia odierna prevede deonimia per indicare l’insieme dei nomi derivati mentre i nomi propri a cui risalgono le continuazioni deonimiche sono generalmente dette eponimi. Es: dal nome Radetsky , maresciallo austriaco che era frequentemente oggetto di satira popolare da cui deriva la voce radéschi che nel linguaggio di Pavese, vuol dire ‘striminzito’ mentre in Veneto designa una moneta di basso valore e in milanese vuol dire ‘pedata.’ Il significato di pedata è entrato in circolazione dopo che il maresciallo diede un calcio sul sedere al figlio. Ma da nomi propri possono derivare anche verbi, aggettivi (goldoniano, berlusconiano), avverbi (berluscamente), sostantivi (berlusconite), locuzioni. 1.5 ONOMASTICA LETTERARIA. Tale ambito letterario si è sviluppato verso il 1980 grazie alla figura di Bruno Porcelli, e conta moltissimi studi che si occupano dei nomi di persona e di luoghi in autori, opere e generi letterari. Tra gli autori più studiati della letteratura ci sono: Dante, Pirandello, Manzoni, Boccaccio, Petrarca. La ricerca non si occupa solo di nomi parlanti ma anche della loro funzione all’interno dell’opera; la scelta di un nome è un atto creativo da parte dell’autore che spesso manifesta le caratteristiche principali del personaggio e questo è ancora più evidente nella scelta del soprannome.
Tra i numerosi nomi esotici entrati a far parte del repertorio italiano, è assente l’onomastica cinese nonostante la presenza della sua comunità in Italia sia numerosa e residente da tempo, attraverso un’indagine nelle scuole si è scoperto che i bambini hanno un nome ufficiale in Italiano e uno riservato di uso familiare nella loro lingua. 1.4 ASPETTI TIPOLOGICI Si riprende da De Felice una tipologia di divisione dell’attuale repertorio dei nomi personali italiani, suddiviso in otto categorie:
La catena onomastica: nome + cognome, cognome + nome. In italiano preferiamo la prima forma a causa delle forme ambivalenti presenti nella lingua, perché effettivamente ci sono moltissimi cognomi che traggono origine da un nome. Ma ci sono casistiche come il cognome Garibald i che diventa un nome a causa della sua celebrità. 3.2 ASPETTI STORICI Il sistema nominale latino era formato da tre elementi: praenomen, nomen, cognomen. In qualche caso era presente un quarto elemento chiamato supernomen , una sorta di soprannome. Questo tipo di onomastica si afferma alla fine del VII secolo ed interessa la classe sociale dei liberti. In età imperiale questo sistema entra in crisi e si riduce al nome unicum. In Italia a partire dal XI, risulterebbe dai documenti che si inizia ad introdurre un nome aggiuntivo che in alcuni casi risulta un nome di famiglia o cognome ma si fissa definitivamente con la norma del Concilio di Trento nel 1563 di tenere regolarmente il registro degli atti di battesimo e matrimonio. Specialmente nei piccoli paesi, si notano delle varie designazioni per cui non è così raro trovare membri della stessa famiglia con dei cognomi varianti, per esempio: Girotto – Gerotto. La stabilizzazione del cognome porta alla scomparsa della flessione, vale a dire la formazione di un femminile o l’utilizzo del plurale che è frequentemente utilizzato nella tradizione per designare membri della stessa famiglia. Buona parte dei cognomi italiani uscenti in -i dipendono da un plurale. 3.3 VARIETA’ E DIFFUSIONE DEI COGNOMI Il patrimonio dei cognomi italiani è stimato intorno ai 330.000 forme, attraverso delle analisi statistiche sappiamo che sono 226 i cognomi più utilizzati in Italia e di questi sono 86 hanno una distribuzione panitaliana o quasi; mentre la maggior parte ha un’area limitata di distribuzione. Considerando i dieci più famosi, tre hanno una distribuzione settoriale:
Del soprannome si serve una comunità per distinguere un individuo prendendo spunto dalle sue caratteristiche fisiche e morali. Soprannome è una parola composta che ritorna dal latino s upranomen , che come abbiamo visto designava un elemento aggiuntivo ai tre del sistema onomastico latino. Termine già documentato nell’italiano antico anche a designare le caratteristiche di qualcuno e nell’uso moderno non ha cambiato il suo status. Mentre l’anagrafe ufficiale può avere vari casi di omonimi, l’anagrafe vernacolare, definita così da Angelini, no ed è solamente orale. Ed è con il soprannome che le persone vengono conosciute dalle comunità; non sono rari i casi all’interno di piccole realtà di persone con doppi o tripli soprannomi trasmessi per via paterna o materna, questa è una situazione che Migliorini chiama subcognome. Ma diversamente dal cognome che può perdere la propria trasparenza, il soprannome si caratterizza per la sua chiarezza ed ha caratteristiche proprie come:
-Uccelli. -Pesci. -Arbusti. -Piante ed erbe selvatiche. -Verdure e ortaggi. -Frutta. -Vivande commestibili. …. Distinguendoli in due grandi categorie Ruffino propone di considerare un primo tipo scherzosi, irridenti, affettivi e laudativi mentre per il secondo forme, mestieri, comportamenti e patronimici. Uno pseudonimo è un nome fittizio che una persona sceglie di utilizzare al posto del proprio nome reale, soprattutto in ambito artistico o letterario. Questo nome di fantasia può essere totalmente diverso dal nome anagrafico o una sua variante, come un soprannome o un anagramma. Le ragioni per adottare uno pseudonimo sono molteplici: potrebbe servire a creare un'immagine più accattivante, a separare la vita privata da quella professionale, o a nascondere la propria identità per varie ragioni. Negli pseudonimi italiani contemporanei si rivela una tendenza all’anglicizzazione. CAPITOLO 5. 5.1 TOPONOMASTICA. La studio dei toponimi è un’indagine di tipo linguistico che si avvale di un metodo per individuare l’origine di un nome contando anche elementi extra-linguistici. Dobbiamo fare però una distinzione tra toponimia (la documentazione) e toponomastica (lo studio). Il nome proprio geografico è detto toponimo , ma a seconda del tipo vengono usate delle definizioni più specifiche come: angiotoponimo per indicare un nome che trae origine dal nome di un santo. Mentre con microtoponomastica e microtoponimia si intende il complesso di nomi dei locali minori (boschi, prati, terreni). Considerato l’iniziatore della ricerca toponomastica è Giovanni Flecchia, il suo primo studio intitolato: Di alcune forme de’ nomi locali dell’Italia superiore. Dissertazione linguistica , e a questo primo studio si aggiungono successivamente altre due pubblicazioni. Ma le sue indagini non sono orientate sull’individuazione dell’origine del singolo toponimo ma su una prospettiva tipologica che divide in base ai suffissi. Grazie al Flecchia viene stabilito un metodo scientifico nella ricerca che perfezionando progredisce sempre di più, ma come sappiamo accade anche che alcuni nomi rimangono oscuri e incerti nella loro etimologia. Dalla ricerca spesso viene fuori che per ritrovare il significato di alcuni nomi, bisogna imbattersi nei grandi autori classici, possiamo ricordare il toponimo Mantova : dal latino Mantua, antica città di origine probabilmente etrusca connessa al nome di una delle divinità più importanti Mantu; ma vi è anche una leggenda secondo cui il nome derivi da Manto, un’indovina. Secondo Virgilio, teoria ripresa anche da Dante, la città sarebbe fondata da Ocno, figlio del dio Tevere e di Manto, figlia di Tiresia. 5.2 ARTICOLAZIONI E METODI NELLA RICERCA TOPONOMASTICA.
Accede molto spesso che nella tradizione popolare un nome suoni diverso da quello ufficiale come per esempio: Scigghiù rispetto a Scilla, la forma dialettale è quella che prevale nella microtoponomastica che spesso è trasmessa solo in tradizione orale. La microtoponomastica è l’insieme dei nomi propri minori e molto spesso dipendono da appellativi di uso dialettale ed è un corpus che si può perdere facilmente considerata la rapidità con la quale sta cambiando il rapporto tra l’uomo e ambiente. Talvolta la differenza tra forma dialettale e forma italiana sta in una scorretta italianizzazione: Il Golfo Aranci in Sardegna è un adattamento per il nome locale Gulfu di li ranci ovvero ‘golfo dei granchi’ e tradotto il nome si è trovata una storia, una leggenda da legargli, il naufragio di una nave che traportava arance. La tradizione popolare può riflettere un nome sostituito nella toponomastica ufficiale per esempio Esperia (Frosinone) nella tradizione è la ròcca ed è un nome che risale al 1867. Ma questi casi di cui si conosce una datazione e una motivazione ben precisa sono molto rari, anche se soprattutto nella toponomastica italiana si hanno vari esempi di denominazioni datate dovuti a cambiamenti avvenuti all’indomani dell’Unità d’Italia per evitare omonimie, per riprendere toponimi antichi o semplicemente per evitare delle nominazioni ritenute scomode. Terminus ante quem -> data di prima attestazione che permette di orientarsi relativamente all’epoca di formazione del toponimo. Anche se non sono pochi quei casi in cui questa datazione è piuttosto alta mentre si sospetta che il nome abbia un’origine più antica come per esempio il caso di Cadore documentato a partire dal X secolo ma è certo che il nome abbia una radice celtica. 5.4 LA TOPONOMASTICA COME DOCUMENTAZIONE PER LA GRAMMATICA STORICA. I cambiamenti delle forme toponomastiche solitamente sono più lenti rispetto all’evoluzione linguistica del territorio, un toponimo come Fossò, attestato come Fossato nel 1073 deriva dal latino Fossatum ma nel dialetto presenta la tipica uscita in -ò che nel dialetto più moderno è -à. Mentre i nomi di località minori sono spesso soggetti a influssi latineggianti come Perugia o Gubbio attestate come Peroscia-Perogia e Ogobbio-Aggobio. Notiamo bene che se si tratta di località minori vengono trascritte nelle forme di uso tradizionale orale, in particolar modo quando manca un modello latinizzante. Dai toponimi derivano anche elementi relativi a tratti morfosintattici (i tratti morfosintattici sono le informazioni grammaticali che una parola porta con sé) ad esempio vi sono nomi che continuano il nominativo latino come maggio da maius mentre numeri toponimi continuano nei locativi con nella forma del genitivo singolare come Arimini > Rimini. In vari nomi di luogo si riconosce l’uscita in -ora che è ancora vitale in alcuni diletti meridionali. 5.5 ARCAISMI LESSICALI NELLA TOPONOMASTICA. Molti toponimi italiani derivano dal latino, lingua che un tempo era parlata in tutta la penisola. Parole come castrum (castello), vicus (villaggio), flumen (fiume), casula (casetta o capanna), formosus (bello) per esempio ritorna in Acquaformosa (Cosenza) sono alla base di numerosi nomi di città e paesi. Molti toponimi fanno riferimento a elementi naturali come fiumi, montagne, alberi. Ad esempio, il nome del fiume Arno deriva dal latino arnus , mentre il nome del monte Vesuvio potrebbe derivare dal termine etrusco Vesu che significa "fuoco." I toponimi, ovvero i nomi dei luoghi, sono spesso delle vere e proprie capsule del tempo. Al loro interno possono celarsi parole antiche, ormai cadute in disuso, che ci parlano di epoche passate e di culture diverse. Questi "fossili linguistici" sono proprio gli arcaismi lessicali. 5.6 CAMBIAMENTI DI NOMI E DI LUOGO.
Vi sono diversi esempi di luoghi che hanno subito un cambiamento parziale o totale di nome recentemente o già in epoche passate, come per esempio: Porcile , nel Veronese, nome considerato disdicevole e modificato prima in Belfiore di Porcile e successivamente in Belfiore nel 1867. Come abbiamo già detto gran parte dei cambiamenti avviene dopo l’Unità d’Italia quando sulla base di proposte dei consigli comunali vengono emanate appositi decreti da parte dell’amministrazione centrale dello Stato. Per lo più i casi di omonimia vengono risolti con l’aggiunta di specificazioni varie come per esempio: San Paolo di Civitate (Foggia) già San Paolo fino al 1862. In diversi toponimi si ritrovano motivi celebrativi che ricordano personaggi o vicende storiche; e di frequente si aggiunge la specificazione Terme con la quale si intende sottolineare una specificità del territorio anche per ragioni di richiamo linguistico. In diversi toponimi i ritrovano motivi celebrativi che ricordano personaggi o vicende storiche, molti erano dati in ossequio alla famiglia Savoia, successivamente sostituiti. Per alcuni luoghi il cambiamento di nome è avvenuto perché richiesto dalla comunità stessa che lo riteneva ingiurioso, ben conosciuto è il caso di Schiavi , in provincia di Caserta, toponimo riferito ad antiche condizioni di schiavitù che fu cambiato definitivamente in Liberi nel 1862. Altro caso ben conosciuto è quello di Melm a, in provincia di Treviso, che diventa Sileà nel 1935. Dei cambiamenti hanno interessato toponimi di impronta francoprovenzale in Val d’Aosta per opera del governo fascista; ristabiliti nel 1946 con un ritorno alle forme locali: Chambave > Ciambave; Saint Vincent > San Vincenzo. 5.7 INTEPRETAZIONI PARETIMOLOGICHE. Più volte si è accennato all’interpretazione dell’origine di un toponimo, non attraverso un metodo scientifico ma attraverso l’interpretazione ad orecchio per esempio: Redipuglia (Gorizia) può suggerire un’interpretazione corrispondente a un ‘re di Puglia’ ma invece potrebbe avere origine dallo sloveno ‘rod’ arido e ‘polje’ campagna , alludendo alle caratteristiche del luogo. È dunque molto importante considerare che nello studio della toponomastica bisogna indagare nelle diverse tradizioni linguistiche, non fermandosi solo a quella italiana, per esempio più di un caso che riguarda nomi che iniziano con -San, sembrano e diventano agiotoponimi, pur avendo una matrice completamente diversa riflettendo la forma dialettale sambòvo ‘sambuco’ , non più intesa perché sostituita da sambugàro. 5.8 POLIMORFIA. Diversi nomi per lo stesso oggetto geografico, in altre lingue o dialetti. Un’importante situazione di polimorfia è quella del Trentino Alto Adige dove alla toponomastica di tradizione tedesca è stata affiancata una ‘italianizzante’, queste forme sono contenute nel Prontuario del Tolomei (1916). Il Prontuario è un elenco alfabetico che conta circa ottomila forme sia in tedesco che in italiano contente:
Ai Goti e ai Longobardi sono riconducibili vari toponimi, specie quelli che alludono a etnie e insediamenti del territorio, non è sempre facile distingue tra queste diverse forme. Dai goti derivano forme come: Gòito (Mantova ), Gòdego (Treviso). Mentre tra i toponimi di tipo germanico è frequente il tipo Fara dal longobardo Fara il cui significato deriva da comunità di tribù che viaggia’, si tratta di un appellativo vitale nel dialetto friulano in cui sopravvive nel senso di ‘famiglia immigrata’ e ne derivano diversi toponimi. Un altro appellativo di origine longobarda è Braida ‘campagna, podere’ molto comune nei nomi di luogo. Toponimi di origine slava interessano principalmente l’Italia nordorientale. Nella toponomastica siciliana è rilevante l’apporto dell’adstrato arabo con nomi come: Calafimi, Caltanissetta, Caltabellotta che riflettono qal’a ‘castello, rocca.’ Marsala corrisponde all’arabo marsa’ali ‘porto di Alì’ mentre Favara deriva da fawware ‘getto d’acqua.’ All’origine di Gibellina e Mongibello si riconosce la gabal ‘monte’ , il caso di Mongibello e una tautologia (traduzione letterale + parola straniera) come Punta Raisi. CAPITOLO 7 - TOPONOMASTICA E AMBIENTE NATURALE. 7.1 TOPONIMI DESCRITTIVI. Possiamo catalogare e studiare i nomi di luogo in base alla descrizione del terreno che offrono:
- geotoponomastica: caratteristiche e forme del terreno. In questo settore sono molto diffuse le voci prelatine di incerta identificazione e molti altri sono toponimi che si sono formati da antiche voci dialettali come foiba, vedretta, lido, sono entrati a far parte del lessico italiano. Ad esempio nell’Italia centrale è molto diffuso il toponimo Monna presumibilmente da Mundus ‘pulito’ con una probabile allusione a terreni privi di vegetazione. - fitoponomastica: nomi derivati da piante. -zootoponomastica: nomi derivati da animali. - idronimi: nomi derivati da corsi d’acqua. - oronimi: nomi derivati da montagne. 7.2 FITOTOPONIMI. Per lo più i fitotoponimi sono nascono da una designazione collettiva espressa con dei suffissi, in latino il più diffuso era -etum mentre in italiano troviamo -eto, con diverse varianti dialettali: - e(d)o, -è, -et, -ito, -aro, - one (ricorre raramente). Ben rappresentati sono i fitotoponimi -melo (Mereto di Tomba, Militello), dall’alloro (laurus) derivano nomi come Loreto (Ancona) e Lorèo (Pescara), dal nome del faggio (fagus, fageus) derivano nomi come Faeto (Foggia) e Faedis (Udine), altro molto ricorrente è il fitotoponimo legato al rovere che si ritrova in Roure (Torino) e Ruvore (Trento). Vi sono casi in cui la forma non è ben visibile e di difficile interpretazione perciò si ipotizza la presenza fitonimica in quel preciso territorio e ovviamente vi sono anche i nomi che riflettono delle coltivazioni e non solo piante spontanee. 7.3 ZOOTOPONIMI. I toponimi che derivano da nomi di animali sono assai utili per la conoscenza dell’ambiente attestando la circolazione di animali selvatici in determinate zone, spesso caratterizzati dal suffisso -arius. Ma non
sempre fanno ad indicare la presenza di un animale in un territorio ma potrebbero essere delle variazioni di nomi e soprannomi personali formati a loro volta zoonimi. Numerosi riflessi toponomastici hanno lo zoonimo capra come animale sia allevato che allevato come: Capraia (Livorno); Caprera (Sardegna). Forse anche Capri, citata dagli autori latini come Caprae. 7.4 IDRONIMI. L’assegnazione di un idronimo a un’epoca antica, prelatina poggia anche sull’attestazione di autori latini; l’attribuzione nell’epoca antica era strettamente legata a motivi pratici. I corsi d’acqua sono importanti riferimenti in un territorio come segni di confine e comunicazione. Nomi come Tevere e Po sono assai antichi mentre altri nomi sono stati sostituiti e in qualche caso quello vecchio è stato oggetto di una ripresa come Rubicone del quale resta incerta l’identità. Assai antico è l’idronimo Adda , in latino Addua , che deriverebbe da una radice ad- con suffissazione preindeuropea -ua. L’idronimo Adige , ricordato nelle fonti classiche, è formazione preromana la cui origine non è individuata. 7.5 ORONIMI. Sono detti oronimi i nomi propri dei monti e i rilievi di varia altitudine, anch’essi sono dei nomi molti antichi e di incerta interpretazione. Ne è un esempio l’etimologia di Alpi, dal latino Alpes , che secondo una delle ipotesi sarebbe un riflesso latino _alp-/alb-** con riflesso a ‘monte, pietra* oppure si tratterebbe di una voce gallica **alpis/alpa_** ‘pascolo dei monti.’ Anche il nome Rosa, apparentemente associato al colore, deriva in realtà dall’appellativo di area alpina reuse che significa ‘ghiacciato.’ Mentre per le cime si ha una frequenza di nomi recenti, che si deve al fatto che ai montanari non interessavano le vette ma i pascoli. Non di rado nell’uso popolare la denominazione è genericamente ‘monte’ come nel caso di Colli Euganei. Un’altra caratteristica dell’oronimia è l’avere nomi derivanti da appellativi comuni attraverso metafore, specie di oggetti comuni: dente, becco, serra, corona, catina… CAPITO 8 - TOPONOMASTICA E AMBIENTE ANTROPIZZATO. 8.1 INTRODUZIONE I toponimi possono dipendere da fattori artificiali come l’antropizzazione e la colonizzazione, vengono questi definiti dei fattori artificiali. Tra questi troviamo: -antroponomastica. -angiotoponomastica. -angiotoponomastica 8.2 ANTROPOTOPONIMI. Vengono compresi i nomi di persona in modo suffissato o non, questo tipo di toponimi sono particolarmente frequenti nella microtoponomastica dove alludono solitamente al proprietario o a chi fa uso di un determinato terreno; il ricorso ai nomi dei proprietari permette la creazione di un catasto mnemonico di riferimento all’interno dell’intera comunità e in questo scambio tra antroponimi e toponimi non è sempre chiaro sa dal toponimo si passa all’antroponimo o viceversa. Ed è ancora più difficoltoso se il toponimo prende le mosse da un soprannome perché mancano i repertori di riferimento. 8.3 AGIOTOPONIMI. Il termine si riferisce a un nome che prende il nome di un santo, cioè da un agionimo. Sono formazioni che prendono spunto dalla cultura cristiana e quindi sono di formazione tardo antica, alle quali sono anche
comuni. Nomi di recenti formazioni sono quelli attribuiti a corsi d’acqua risultato di nuove canalizzazioni e sistemazioni idrauliche; fenomeno che interessa la comparsa di nuovi toponimi è sicuramente l’espansione dei centri balneari. 8.7 TOPONOMASTICA DI RIPORTO. Sono i toponimi che vengono replicati in un altro luogo come : Milano Marittima (Ravenna), sono considerati tali anche i nomi di nuovi insediamenti fondanti con l’emigrazione. Ad esempio negli Stati Uniti si ripete più volte il toponimo Verona, mentre gli emigrati settentrionali in zone come il Brasile, hanno fondato Nova Bassano, Nova Trento, Nova Milano anche se in parte ormai questi nomi sono stati sostituiti durante il periodo di brasilizzazione tra il 1930 e il 1949, in alcuni casi sono stati recuperati. CAPITOLO 9 – ETINICI E BLASONI POPOLARI. 9.1 DEFINIZIONE Da un nome di luogo deriva l’etnico, solitamente formatosi attraverso una suffissazione. L’etnico è un aggettivo che può essere usato per esprimere appartenenza ad una determinata etnia, regione o nazione. Il termine risulta già in uso nel XIV secolo con la variante ennico, che nell’italiano antico aveva valore di ‘pagano, gentile’ ed è una parola di origine dotta dal latino Ethnicum e dal greco Ethikòs. Al posto dell’etnico spesso viene usato un patronimico o degli aggettivi geografici e spesso ci sono delle notevoli differenze tra l’etnico ufficiale e il blasone popolare utilizzato, infatti si possono individuare diverse tradizioni: colte, semicolte e popolari sia antiche che moderne: per esempio per Pistoia la forma moderna è Pistoiese ma ritroviamo anche varianti antiche come Pistolese o Pistoiese. Una complessa tradizione di etnici è quella relativa a Lipari il cui etnico in dialetto è liparotu e in italiano lo troviamo come liparese, liparense, liparino, liparitano e sono tutte formule connesse con attestazioni latine. In italiano possiamo sostituire l’etnico con un sintagma preposizionale il mare italiano , e per indicare il popolo italiano o gli abitanti di una determinata regione si può avere una forma sostantivata plurale: gli italiani, i bergamaschi... l’aggettivo etnico al maschile e con l’articolo vale per una lingua o un dialetto e si può omettere se l’etnico è introdotto da verbi come parlare/scrivere: il francese – parlare francese. Un originario aggettivo può essere alla base di un nome di persona: Bergamino > Bergaminus, attestato in numerosi documenti medievali. 9.2 ETNICI NELLA TRADIZIONE COLTA, POPOLARE E DIALETTALE. In entrambe le tradizioni gli etnici si formano tramite suffissazione e con perifrasi. Per diversi luoghi possiamo avere varie e complesse tradizioni che riportano anche più di un solo etnico: Agrigento > agrigentino e girgentano che si collega al vecchio nome della città, cosi come Bologna > Bolognese ma anche Felsineo. Per Caltanissetta l’etnico è Nisseno che si collega all’antico toponimo prearabico Nissa ma esiste anche la variante Caltanissettese. Palermo > Palermitano ma anche Panormitano che riflette il vecchio nome della città Panormus. Alcuni invece hanno una forma piuttosto diversa dal toponimo come: Pantelleria > Pantesco; mentre altri ancora hanno due formule completamente diverse tra la lingua ufficiale e il dialetto: Bormida > Bormidese > Burgna. 9.3 FORMAZIONE DEGLI ETNICI. Come abbiamo già detto, per la formazione di un etnico la forma più diffusa è la suffissazione ed esistono quasi una cinquantina di suffissi ma il più frequente ed il più produttivo è -ese, dal latino -ensis. Lo ritroviamo in area dialettale con la forma -isi o -ise come con il siciliano Trapanisi rispetto a Trapanese. Assi diffusi in tutta italia sia nella lingua ufficiale che nei dialetti sono: -esco o -isco come Tedesco, e l’antico Francesco per indicare un francese.
-asco come bergamasco. -atto molto frequente nei dialetti del Italia settentrionale. -otto tipico delle forme dialettali nell’Italia settentrionale e centrale ma raro in quelle italiane. -ita, -ito tipico delle forme dialettali dell’Italia meridionale. -itano presente principalmente in Sicilia. -oto di origine greca. Mentre tra i suffissi composti rientrano -ensiano, -isano, -eggiano, iggiano. Poi vi sono forme che appartengono a minoranze linguistiche come quelle delle aree tedescofone dove si trova sempre il suffisso -er; in zone albanofone abbiamo il suffisso -òt o -àr. 9.4 BLASONI POPOLARI. Vengono così definiti gli etnici di nome di abitanti, di luogo e di genti spesso caratterizzati da un tono scherzoso e ironico: Milano > Milanese > Ambrogino derivante da Sant’Ambrogio patrono della città. Alcuni traggono spunto da personaggi famosi della città o dal cibo tipico come : Macaroni per dire ‘Italiano’ o altri ancora dal modo di parlare come: Crucco per il tedesco. Ma può essere anch’esso formato da perifrasi o modi di dire. Dietro ad ogni blasone popolare c’è una storia, un aneddoto, una credenza che non sempre è maldicente o con tono sarcastico, alcuni sono forgiati per cogliere la bellezza come: Petto in Venezia, Occhi in Ferrara per parlare della bellezza delle donne di queste città. CAPITOLO 10 – ALTRE FORME ONOMASTICHE. 10.1 INTRODUZIONE. L’onomastica nella sua accezione più ampia si occupa di tutte le forme dei nomi propri e recenti studi hanno iniziato ad interessarsi a nomi di locali pubblici, negozi e quant’altro si possa considerare onomastica. Tuttavia alcuni nomi come quelli dei farmaci occupano uno statuto incerto, intermedio, tra l’appellativo e il nome proprio. Un tecnicismo con cui indicare è crematonimo/ergonimo oppure per indicare un qualcosa relativo all’economia troviamo econimo. Ma la realtà dei nomi commerciali è molto complessa prendiamo in esempio la Barilla (nome aziendale), l’azienda ha un noto marchio di merende che è la Mulino Bianco (marchionimo) e i vari tipi di merende sono conosciute con diversi nomi tipo Baiocchi, Tarallucci... 10.2 TEATRONIMI Si tratta dei nomi propri di luoghi adibiti alla pubblica esecuzione di intrattenimenti ludici Circolo Massimo, Teatro Marcello. Mentre dalla fine del XIX ai teatri si sono affiancati i cinematografi con l’adozione di vecchi teatronimi o nomi di nuovo conio come Cinematografo Lumière. Le forme onomastiche di questo mostrano una strutta binaria di tipo determinato + determinante di cui il primo elemento è generalmente cinema, teatro, sala, o di recente formazione è multisala. Facendo una breve classificazione possiamo raggruppare i teatronimi in tre categorie: