Scarica RIASSUNTO DEL MANUALE EDISES [CONCORSO STRAORDINARIO DOCENTI 2024] e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! 1 PARTE 1 “COMPETENZE PEDAGOGICHE E PSICO-PEDAGOGICHE” Capitolo 1 “Lo sviluppo sociale e le relazioni di gruppo” 1.1 PSICOLOGIA SOCIALE La psicologia sociale studia l’attività mentale e il comportamento dei soggetti che, immersi nella vita sociale, si influenzano a vicenda. Si vuole comprendere quindi il modo in cui avviene questa influenza, analizzando i processi mentali che ci sono dietro. Studiando il comportamento nel contesto sociale si può osservare dunque che le risposte agli stimoli presentano regolarità, e questo è dovuto al fatto che hanno un ruolo importante in questo processo sia l’eredità biologica, sia un accordo tacito tra i membri di quella collettività. Al suo interno ci sono infatti rapporti stabili, posizioni e ruoli svolti da soggetti -individuali o collettivi- in quella che viene definita struttura sociale. 1.2 FAMIGLIA, SCUOLA, LAVORO Questi rappresentano i 3 contesti principali in cui è immerso un soggetto nel corso della sua vita. In ciascuno di essi si relazionerà infatti con altri soggetti, e da questi incontri nasceranno relazioni più o meno profonde e durature; profonde o meno, queste relazioni saranno importanti tasselli nella vita del soggetto, perché permetteranno il suo sviluppo. Osservando più nel dettaglio esclusivamente la fase di vita dalla nascita al termine dell’obbligo scolastico, gli agenti più importanti per lo sviluppo dell’individuo sono: ● La famiglia è dove il soggetto stabilisce le prime relazioni, trovando una base sicura (“luogo da cui il bambino parte per esplorare il mondo, ma dove può sempre tornare nei momenti di difficoltà” -John Bowlby). ● La scuola è dove il bambino entra in contatto con i suoi pari e con gli insegnanti, un confronto da cui trae importanti benefici per il proprio sviluppo; capita infatti che il bambino sia iscritto al nido sin dai primi mesi di vita, e questo gli permette di sperimentare da subito la socialità, acquisendo quindi maggior autonomia rispetto gli altri bambini, anticipando alcune tappe che per loro avranno luogo più tardi. ● Il lavoro fa parte della vita del bambino in modo indiretto, tramite la vita dei genitori (ps. questo discorso è da contestualizzare, dato che in alcune culture i minori lavorano sin dalla più tenera età) 2 È importante un’interazione tra questi sistemi: la scuola si adatterà alle esigenze della famiglia (orari di lavoro dei genitori) con un orario scolastico flessibile, e questa sinergia permetterà al soggetto di avere uno sviluppo armonico. Lo sviluppo può essere distinto in 5 età: Età della PRIMA INFANZIA 0-3 anni ; contesto familiare Età PRESCOLARE 3-6 anni ; contesto familiare e scolastico (aumentano le relazioni) Età SCOLARE 6-10 anni maggiore capacità di relazionarsi, scegliendo le proprie amicizie Età della PRE/ADOLESCENZA età della crisi, periodo più delicato (ingresso scuola secondaria, problemi di autostima) Età ADULTA vita lavorativa 1.2.1 FAMIGLIA La famiglia è costituita da norme familiari, ovvero regole di comportamento che i genitori fanno rispettare in diversi modi. Se si utilizzano maniere aggressive, si è visto che i bambini tenderanno ad imitarle, mentre le maniere più gentili avranno effetti più efficaci. Queste norme sociali dipendono inoltre dal confronto sociale, poiché in una collettività più libertina i genitori con troppe regole saranno visti come molto severi e restrittivi. Inoltre, si è visto che eccessive restrizioni porteranno a timidezza del soggetto, mentre poche restrizioni renderanno il soggetto poco rispettoso degli altri e poco motivato. È necessario quindi un discreto controllo, dato che sono ugualmente importanti sia un adeguato livello di autostima, sia la motivazione al successo (i genitori dovranno credere nella capacità dei figli. Inoltre, lasciando abbastanza autonomia al ragazzo lo si potrà indurre in età adulta all’emancipazione dalla famiglia e alla formulazione di giudizi propri, mentre limitandone troppo la libertà lo si renderà fortemente dipendente dalla famiglia. LA NASCITA RELAZIONI FAMILIARI Al concepimento del bambino corrispondono 3 momenti significativi: 5 affrontato. Sarà necessaria dunque l’elaborazione di strategie di prevenzione, l’accrescimento delle capacità degli insegnanti (riconoscimento di comportamenti asociali e devianti) e il miglioramento del contesto educativo (sportelli di ascolto, promozione del benessere psicologico). 1.3 SOCIALIZZAZIONE La socializzazione investe tutti gli aspetti della personalità (cognitivi, affettivi, motivazione, conoscenza) e può essere definita come il processo mediante il quale gli individui acquistano le conoscenze, le abilità, i sentimenti ed i comportamenti che li mettono in grado di partecipare, più o meno attivamente, alla vita sociale. Fino agli anni 60 si pensava alla socializzazione come quelle competenze date dalle influenze culturali; oggi invece è intesa come sviluppo sociale, riferendosi così a come si sia immersi sin dalla nascita in un fitto sistema relazionale, dal quale si trae la consapevolezza del proprio ruolo nella società. Rispetto alla concezione precedente secondo cui l’adulto era visto come modello, ora egli è inteso come facilitatore, poiché facilita l’organizzazione di suddette consapevolezze. Uno dei momenti più significativi della vita è l’oggettivazione del sé, ovvero quando il soggetto prende consapevolezza di se stesso, di essere un individuo separato dagli altri; importante perchè più egli sarà consapevole di essere un individuo che pensa, sente e agisce, più sarà in grado di riconoscere gli stati d’animo altrui, acquisendo quindi tutto quel sistema di norme e valori che gli permetterà di vivere nel proprio sistema sociale. 1.3.1 INTERAZIONI SOCIALI Il gruppo è composto da soggetti interagenti con ruoli interrelati e caratterizzati da un sentimento di appartenenza. Un aspetto negativo del gruppo è che è chiuso, tende a respingere gli estranei; ciò può portare a competizione con altri gruppi soprattutto se vi è conflitto di interessi, e questo conduce ad una minaccia dell’equilibrio sociale. La stereotipizzazione è uno dei fenomeni da cui può essere interessato un gruppo: può accadere infatti che ad un individuo vengano attribuiti caratteri che si ritengono tipici del gruppo a cui appartiene; il fenomeno indica quindi la rappresentazione schematica di gruppi sociali, una generalizzazione che porta ad assegnare agli individui dei tratti che non posseggono. Contemporaneamente, nonostante esponga a rischio di errore, la stereotipizzazione aiuta a comprendere dinamiche sociali e a delineare aspettative e decisioni. 6 L’aggregato, rispetto al gruppo, rappresenta invece un insieme di persone che si trova insieme casualmente nello stesso luogo allo stesso momento, e non è caratterizzato quindi da interazione tra i membri o da alcun senso di appartenenza e partecipazione. La categoria indica invece un numero di persone che senza essersi neanche mai incontrate sono caratterizzate da tratti comuni (età, sesso, ecc…). I gruppi possono essere distinti in: ● gruppi primari → gli individui interagiscono per un periodo lungo in rapporti informali ● gruppi secondari → i soggetti non sono vincolati da legami affettivi; questi gruppi sorgono per il conseguimento di specifiche finalità (es. le associazioni), ma potenzialmente contemplano al loro interno anche l’esistenza di gruppi primari. Una caratteristica importante dei gruppi è la capacità di negoziazione dei suoi membri, senza la quale non ci sarebbe risoluzione ai conflitti che verranno inevitabilmente a formarsi al suo interno. Le relazioni all’interno di un gruppo possono seguire due modelli: ● circolare → ogni membro ha la stessa possibilità di interagire con gli altri ● radiale → c’è un leader che funge da coordinatore Ogni gruppo si compone inoltre di norme, status (la posizione del singolo) e ruoli (la funzione del singolo). Il conformismo è tipico dei gruppi più piccoli, mentre l’ingresso di membri nuovi potrebbe avere effetti disgreganti. Un elemento fondamentale in un gruppo è la leadership, detenuta da soggetti per natura più inclini. Possono esistere 2 tipi di leader in base alla funzione: ● leader strumentale → propone iniziative concrete in vista di determinati fini ● leader espressivo → riduce le conflittualità e crea solidarietà Possono esistere 3 tipi di leader in base allo stile: ● leader autoritario → impartisce ordini ● leader democratico → cerca di ottenere consensi ● leader laissez-faire → non dà direttive e crea disorganizzazione 7 Infine, vediamo che le organizzazioni formali da cui è attualmente dominato il paesaggio sociale possono essere: ● volontarie → i membri possono aderirvi liberamente ● obbligatorie → i membri sono costretti ad aderirvi ● utilitarie → i membri vi aderiscono per motivi pratici 1.3.2 COMUNITÀ DI PRATICA Agli inizi degli anni 90 compare il termine “comunità di pratica” per indicare un sistema auto-organizzato, un gruppo di persone che condividono un interesse; il sistema si sviluppa in 3 dimensioni: 1. campi tematici → accomunano i membri e possono evolversi 2. comunità → elemento che stimola alla condivisione delle idee 3. pratica → conoscenza che viene condivisa e mantenuta Inoltre, un concetto di base della comunità di pratica è il mutuo aiuto; tutto ciò fa capire quindi che tali sistemi non possono essere imposti poiché animati da una motivazione intrinseca. Non esiste una gerarchia ed i ruoli vengono assegnati in base alle competenze. Tra i più importanti teorici delle comunità di pratica c’èMarshall McLuhan, il quale descrive la società come un continuo oscillare tra individualismo e divisione dei ruoli, tra collaborazione e globalizzazione. Le comunità, afferma, condividono interessi e problematiche collaborando sulle questioni che interessano tutti i membri. Questi sistemi possono essere intesi quindi come gruppi sociali, ovvero insiemi di persone che interagiscono in modo ordinato, con ruoli interrelati, e che mirano al miglioramento collettivo. 1.3.3 EDUCAZIONE INTERCULTURALE Quella di oggi è una società multirazziale e multiculturale, e questo ha delle ripercussioni anche in ambito educativo, stimolando la ricerca pedagogica finalizzata all’integrazione. L’educazione interculturale è quindi intesa come l’individuazione di un percorso di interazioni tra soggetti appartenenti a diverse culture, col fine di superare il monoculturalismo, riconoscendo e comprendendo i valori delle diverse culture; sul lato pratico, sarebbero previste quindi attività che alternano lingue e linguaggi. Secondo Portera (2006) l’E.I. ha una finalità di promozione, ma anche di arricchimento reciproco dato dall’incontro con l’altro. Agli inizi del 900, negli States è il paradigma assimilazionista [Robert E. Park, Ernest W. Burgess] quello usato per analizzare come gli stranieri si 10 2.2 CARATTERISTICHE E FUNZIONI DEL LINGUAGGIO Il linguaggio è una delle manifestazioni dell’attitudine umana a rappresentare oggetti, idee ed eventi con suoni, gesti, segni. Un sistema di comunicazione tipico dell’uomo, che si distingue dal linguaggio animale per la complessità della sua struttura: ciascuno dei suoi simboli infatti è analizzabile in unità minori, ricombinabili diversamente per formare nuovi simboli. Affinché l’uomo parlasse è stato fondamentale lo sviluppo dell’apparato fonatorio, ciò che consentisse l’articolazione dei suoni. Ci sono dunque due ipotesi a riguardo: ● evoluzionista → il linguaggio risale alle origini della storia del genere umano ● emergentista → il linguaggio è comparso in tempi “recenti”, al tempo dell’Homo sapiens moderno, grazie allo sviluppo del cervello. L’ipotesi emergentista spiegherebbe inoltre perchè tutte le lingue presentano la stessa architettura, essendo dotate di significato (contenuto semantico), significante (espressione verbale), e il segno linguistico (risultato del connubio di significato e significante). Quando emittente e ricevente attribuiscono alle parole lo stesso significato, ha luogo una comunicazione reciproca: osservando infatti la teoria della relatività linguistica [Benjamin Lee Whorf] sappiamo infatti che affinché la comunicazione possa avvenire, i soggetti di una comunità devono riferire gli stessi simboli agli stessi oggetti, e questa non è altro che una decisione totalmente arbitraria. Il linguaggio verbale ha 4 funzioni fondamentali: ● espressiva → il linguaggio consente l’eliminazione di una tensione interna ● comunicativa → il linguaggio consente la regolazione delle interazioni ● cognitiva → il linguaggio permette la rielaborazione interna delle conoscenze, offrendo supporto ad una varietà di operazioni cognitive ● regolativa → il linguaggio facilità l’autoregolazione del comportamento Román Jakobsòn individua invece 6 funzioni del linguaggio: 1. emotiva → esprime il vissuto 2. fàtica → è legata al canale e ne monitora il funzionamento 3. conativa → cerca di indurre un atteggiamento nel destinatario 4. poetica → il messaggio è incentrato su se stesso 11 5. metalinguistica → una comunicazione sulla comunicazione per la messa a punto del codice 6. referenziale → è legata al contesto della comunicazione 2.3 LA COMUNICAZIONE NON VERBALE E LE SUE FUNZIONI Per comunicazione verbale si intende sia quella parlata che scritta, ed assume caratteristiche differenti in base a chi parla, al fine e al contesto. Per comunicazione non verbale si intendono invece altre forme di comunicazione percepibili inconsciamente dal soggetto tramite l’apparato sensoriale. Inoltre, mentre i sistemi verbali sono in codice digitale (combinazione di segni), quelli non verbali sono in codice analogico (riproducono ciò a cui si riferiscono: EX. maggiore distanza = meno confidenza). La comunicazione non verbale ha 5 funzioni: ● espressiva → si manifestano emozioni e sentimenti ● interpersonale → si segnalano i vari aspetti della relazione tra interlocutori ● regolazione dell’interazione → si tiene sotto controllo lo scambio faccia a faccia ● supporto del linguaggio → si carica di senso l’espressione linguistica ● ideativa → rappresentazione delle conoscenze Nonostante sia un tipo di comunicazione spontanea, quella non verbale può essere talvolta più o meno controllata e manipolata (espressioni del viso facilmente controllabili rispetto al movimento degli arti). La melodia fa parte della comunicazione non verbale, ed è rafforzata da vari elementi: ● forza vocale → intensità della voce modulata a seconda delle circostanze ● intonazione vocale → altezza della voce / frequenza dei suoni ● velocità di eloquio → numero di sillabe pronunciate al secondo (indicatore di ansietà) ● ritmo → distribuzione degli accenti nel tempo ● enfasi →mettere in rilievo una parola La prosodia rientra nella paralinguistica, in quanto è l’insieme di regole che governano la collocazione dell’accento. Con la specializzazione degli studi, il termine “paralinguistica” è stato usato in senso più limitato fino ad indicare esclusivamente i segnali non verbali che attraversano il canale 12 uditivo-vocale, quali brevi interruzioni, esitazioni, lunghe pause, emissioni di suono (EX. sospiri), ecc… Il modo in cui gli individui usano lo spazio per comunicare (EX. la disposizione e i movimenti degli interlocutori nell’ambiente o la distanza interpersonale) è studiato dalla prossemica. Il comportamento prossemico presenta importanti differenze culturali poiché il significato simbolico degli spazi è legato alle tradizioni. La distanza interpersonale è un importante indicatore della relazione sociale; le differenze dell’estensione dello spazio personale dipendono dunque sia dal contesto socioculturale, sia da caratteristiche individuali (sesso, età, carattere). La maggior parte dei processi prossemici avvengono inconsciamente: un segnale importante è ad esempio la postura, la quale segnala status sociale, formalità, attenzione, partecipazione; la mimica facciale invece risente poco delle differenze culturali (EX. il riso o il pianto sono espressioni universali). 2.4 LE ABILITÀ COMUNICATIVE NEL BAMBINO L’acquisizione del linguaggio è uno degli aspetti più significativi dello sviluppo, e un bambino può essere considerato un buon comunicatore anche prima di acquisire questa capacità. Sarà in grado infatti di porre domande o fare commenti attraverso l’uso di risorse non verbali, come il pianto. Nei primi mesi di vita la sua attenzione è rivolta al volto della madre, intorno al 5º mese viene diretta sugli oggetti, mentre al 9º mese riuscirà a portare l’attenzione materna sugli oggetti; sarà solo intorno ai 3 anni che il bambino padroneggerà i codici comunicativi. (Per lo sviluppo delle abilità comunicative meseXmese vedi pag. 28-29) 2.5 L’ACQUISIZIONE DEL LINGUAGGIO Un sistema di comunicazione, per essere definito “linguaggio”, deve possedere le seguenti caratteristiche: ● semanticità → La possibilità di riprodurre simbolicamente tutto ciò che fa riferimento agli oggetti, emozioni o concetti ● dislocazione → La possibilità di distinguere tra i diversi parametri temporali (passato-presente-futuro) ● produttività → La possibilità di produrre una serie infinita di messaggi attraverso la formazione di frasi Il processo di sviluppo è diverso da bambino a bambino; Katherine Nelson distingue ad esempio tra stile referenziale e stile espressivo, indicando con il primo uno sviluppo lessicale più rapido, e con il secondo uno 15 la Grammatica Universale, ovvero la conoscenza delle regole della grammatica, e il language acquisition device (LAD), ovvero il dispositivo che consente di acquisire gli aspetti più complessi della lingua madre. Il ruolo degli adulti sarebbe quindi marginale. ● Karmiloff-Smith (teoria neurocostruttivista) → afferma che durante lo sviluppo ci sia un processo di progressiva specializzazione delle aree emisferiche e delle funzioni da esse veicolate, e sostiene che tale fenomeno sia determinato dall’interazione tra vincoli biologici ed esperienza ● Rogers (comunicazione assertiva) → una comunicazione che riesce ad esprimere le proprie idee rispettando quelle altrui; si tratta dunque di uno stile comunicativo adeguato al contesto relazionale ● Rosenberg → distingue tra “linguaggio giraffa” e “linguaggio sciacallo”: la giraffa possiede il cuore più grande tra i mammiferi terrestri e un collo molto lungo, rappresentando quindi empatia e lungimiranza e di conseguenza una comunicazione che evita i conflitti 2.8 I DISTURBI DELLA COMUNICAZIONE Possono essere: ● fisici → comportano l’impossibilità nel percepire e produrre segnali e segni di comunicazione ● psicologici → comportano difficoltà a stabilire un rapporto efficace nella comunicazione ● sociali → comportano una difficoltà di strutturazione dinamica di comunicazione (soprattutto in gruppo) ● strumentali → comportano l’incapacità o la difficoltà dell’utilizzazione di alcune tecniche comunicative Il rapporto comunicativo può essere ostacolato da: ● distrazione → può dipendere da chi riceve il messaggio o da fattori esterni ● saturazione → può dipendere dall’impossibilità nel ricevente di accogliere ulteriori messaggi (stanchezza) ● mancanza di canali → l’informazione è trasmessa tramite canali difettosi ● codici incompatibili → tipico di chi parla lingue diverse 16 Capitolo 3 “Comunicare con gli adolescenti” 3.1 LE DINAMICHE DEL CAMBIAMENTO IN ADOLESCENZA Esistono ostacoli che rendono più difficile la trasmissione del messaggio. Tali difficoltà aumentano poi nel periodo adolescenziale, quando i ragazzi mettono in discussione i modelli acquisiti e perfino la propria identità, la quale cercheranno “per opposizione” alla famiglia. Quest’ultima, che fino ad ora era fonte di sicurezza, diventa terreno di conflitti; il rapporto con i genitori durante l’adolescenza oscilla tra bisogno di autonomia e timore di dipendenza, mettendone in discussione regole e opinioni. In questo periodo l’adolescente inizia a compiere ragionamenti più astratti, domandandosi insieme ai coetanei del senso della vita, mettendo in discussione tutte le proprie certezze. Ci sono in questo periodo una serie di comportamenti sbagliati - espressioni di disagio - come disordini alimentari, sperimentazione di sostanze, chiusura e isolamento, aggressività, autolesionismo; una fase molto delicata in cui è fondamentale conoscere le modalità di comunicazione. 3.2 IL METODO GORDON Un’atmosfera socio-affettiva favorevole è essenziale, come afferma Thomas Gordon. Con “modello” lo studioso intende un modello educativo incentrato sulla comunicazione e sull’importanza delle relazioni, sottolineando l’importanza di saper comunicare in maniera efficace e di possedere competenze specifiche dal punto di vista relazionale atte a ridurre problemi e conflittualità. Una volta acquisite, queste abilità possono strutturare forme di leadership democratica e di relazioni pacifiche. Inoltre, Gordon sostiene che l’educazione sia un processo autogestito, per cui l’educatore altro non è che un facilitatore che agevola tale processo: l’autore intende quindi l’insegnamento come una relazione di ciascuno con l’altro piuttosto che come un semplice passaggio di informazioni. 3.2.1 IL RUOLO DEL FACILITATORE Il facilitatore deve essere in possesso di tue competenze fondamentali: ● l’ascolto attivo → non è un semplice prestare attenzione, ma consiste nel porsi in ascolto con il cuore e con la mente, lanciando messaggi di accoglienza verbali e non verbali, ponendo domande e cercando di capire quali sono i bisogni dell’altro 17 ● il messaggio io → comunicare all’altro come ci si sente in una determinata circostanza e in che modo il suo comportamento ci causa problemi facendoci stare male 3.2.2 LE BARRIERE DELLA COMUNICAZIONE Nel suo libro Insegnanti Efficaci, Gordon parla di 12 barriere alla comunicazione, nonché atteggiamenti che caratterizzano il “non ascolto”: 1. ORDINARE quando si impartisce un ordine senza tenere in considerazione i sentimenti, rischiando di proporre modelli di comportamento in adatti all’età dell’adolescente; il comando genera inoltre ostilità e rabbia, poiché l’adolescente si sentirà inferiore rispetto all’adulto 2. MINACCIARE l’adolescente che si sente minacciato può reagire o contrattaccando per il gusto di opporsi, o sottomettendosi per paura di perdere un punto di riferimento importante; tuttavia, in entrambi i casi si affievolisce il desiderio di affrontare il problema in modo costruttivo 3. FARE LA MORALE imponendo una morale si generano nell’adolescente sensi di colpa, diminuendo la sua fiducia in se stesso. In effetti, in questo modo l’adulto comunica inconsapevolmente all’adolescente che non crede nelle sue capacità di affrontare la situazione in maniera autonoma 4. DARE SOLUZIONI GIÀ PRONTE le soluzioni già pronte impediscono all’adolescente di riflettere e di escogitare soluzioni proprie; in questo modo si ostacolerà dunque lo sviluppo dell’autonomia, e i ragazzi ne usciranno insicuri e dipendenti dagli adulti 5. CERCARE DI PERSUADERE questa modalità comunicativa può far sentire l’adolescente umiliato; di fronte alle argomentazioni dell’adulto, il ragazzo può reagire inoltre con controargomentazioni, e in questo modo nessuno dei due si metterà nei panni dell’altro 20 4.2 PSICOLOGIA DELL’ETÀ EVOLUTIVA, PSICOLOGIA DEL CICLO DI VITA E PSICOLOGIA DELL’ARCO DELLA VITA Nell’ambito della psicologia dello sviluppo, una prima importante distinzione va fatta tra psicologia dell’età evolutiva (1) e psicologia del ciclo di vita (2). 1. osservazione e studio della fase infantile e adolescenziale, nonché due periodi ricchi di cambiamenti dal punto di vista cognitivo, affettivo, emotivo e fisiologico. L’obiettivo del percorso di crescita è il raggiungimento della maturità. È importante inoltre operare distinzioni per fasce di età perchè ad ogni fascia corrispondono determinati cambiamenti: - l’infanzia va dalla nascita ai 12 anni - l’adolescenza va dai 12 ai 18 anni 2. fondamentale è stato il lavoro di Erik Erikson, il quale studiò il modo in cui le persone si adattano alle diverse tappe della vita, acquisendo gradualmente il calendario biosociale (matrimonio, figli, ecc…), ogni tappa del quale rappresenta una svolta nella costruzione della propria identità. Di fatti quest’ultima viene sviluppata manmano che l’uomo si trova ad affrontare dilemmi sempre nuovi nella propria vita, i quali derivano dallo scontro tra esigenze personali e vincoli sociali; tramite la gestione di questi dilemmi, l’uomo apprende dunque nuove competenze e consapevolezze utili a sviluppare la propria identità. Alla psicologia (1) e (2) si aggiunge poi la psicologia dell’arco di vita, sviluppata a partire da Lev Semënovič Vygotskij. Egli sosteneva che per comprendere lo sviluppo psicologico bisognasse tenere in considerazione i fattori socioculturali; secondo questa teoria, le età dell’uomo non possono essere calcolate cronologicamente, poiché l’età da sola non è sufficiente a spiegare i cambiamenti comportamentali. Vygotskij introduce quindi il concetto di crescita continua. Lo sviluppo umano è un processo dinamico, costituito da una serie di cambiamenti che avvengono in ogni tappa della vita. I concetti di cambiamento e sviluppo sono da inquadrare in una prospettiva interazionista in cui uomo e ambiente sono strettamente connessi: l’individuo conosce infatti la realtà grazie all’interazione con l’ambiente. Il concetto di stadio, introdotto per spiegare lo sviluppo in maniera sequenziale, sarà spiegato tenendo conto quindi dell’influenza ambientale 21 e dell’esperienza personale; questo comporta che all’interno di uno stesso stadio possa esserci dunque grande variabilità tra individui diversi. Le funzioni psicologiche dello sviluppo sono: ● sviluppo fisico-motorio ● sviluppo cognitivo ● sviluppo affettivo-emozionale ● sviluppo sociale e della personalità ● sviluppo morale LA VISIONE AMBIENTALISTA John Locke riteneva che il bambino nascesse come una tabula rasa e che ogni sua caratteristica dipendesse dall’esperienza; egli negava dunque l’esistenza di fattori innati. LA VISIONE NATURALISTA Jacques Rousseau riteneva invece che il bambino nascesse buono per natura, e che non avesse bisogno di una guida morale. LA TEORIA EVOLUZIONISTICA Lo studio scientifico dell’infanzia diventa rigoroso solo nel XIX secolo grazie al lavoro di Charles Darwin. Lo studioso era fortemente convinto di profonde analogie tra animali vertebrati e uomini. Indagò dunque sulle componenti istintuali comuni (EX. istinto materno), mentre le “mutazioni” erano il frutto del processo di adattamento (concetto cardine della sua teoria) dell’uomo all’ambiente. Darwin distingue 2 fasi: 1. fase della casualità → sviluppo di una grande varietà di individui 2. fase della necessità → gli individui sono sottomessi alla selezione naturale; il risultato è che rispetto all’inizio, dopo questo processo di selezione rimarrà un gruppo di individui che risultano essere diversi Gli assunti di base del darwinismo sono: ● metodo dell’osservazione ● esistenza di variazioni tra individui ● analogie uomo-animale ● rapporto tra comportamento e ambiente L’APPROCCIO SOCIOLOGICO Émile Durkheim contrasta l’approccio evoluzionistico darwinista con il filone sociologico e culturale, sostenendo il primato della società nello 22 sviluppo individuale. Vivendo in gruppi sociali, sostiene che gli individui sono fortemente condizionati dalle leggi, e che la loro personalità si formerà inevitabilmente a partire dall’appartenenza al gruppo sociale. Per lo studioso, il sistema educativo mira quindi all’integrazione sociale. 4.2.1 LE PRINCIPALI TEORIE DELLO SVILUPPO Sono 3 i grandi filoni teorici: comportamentista, organismico e psicoanalitico, differenti tra loro per assunti di base, metodi di indagine e focus di indagine. IL COMPORTAMENTISMO L’assunto di base è che il cambiamento dipende dagli stimoli ambientali. I comportamentisti agiscono in maniera scientifica, proponendo come metodologia di indagine la sperimentazione in laboratorio e l’osservazione sistematica. Il focus sarà quindi sui processi di apprendimento. La corrente più radicale sviluppa i concetti di condizionamento classico (1) e condizionamento operante (2). 1. Ivan Pavlov dimostrò tramite l’osservazione dei cani il legame tra stimoli e risposte. Notò infatti l’aumentare della salivazione con l’assunzione di cibo, e sfruttò questo legame stimolo-risposta introducendo uno stimolo neutro (EX. un suono) che ottenesse la stessa salivazione pur eliminando il cibo. Confermò in questo modo l’apprendimento della risposta incondizionatamente per via associativa. STIMOLO INCONDIZIONATO (cibo) - STIMOLO CONDIZIONATO (suono) RISPOSTA INCONDIZIONATA (salivazione) - RISPOSTA CONDIZIONATA (salivazione) 2. Edward Lee Thorndike e Burrhus Skinner sostenevano che l’apprendimento avvenisse tramite “rinforzo”. Osservando infatti un topo chiuso in gabbia, Skinner notò che quando esso premeva casualmente una leva ottenendo del cibo (rinforzo), capiva che questo fosse un modo per ottenerlo sempre, e abbassava quindi ripetutamente la leva. A tal proposito lo studioso parlava quindi di condizionamento operante, avvenuto spontaneamente; si può distinguere però tra comportamenti rinforzati positivamente (tendono a ripetersi) e rinforzati negativamente (tendono ad estinguersi). Un’altra distinzione può essere fatta tra rinforzi primari (soddisfano i bisogni fondamentali come la sete o la fame) e rinforzi secondari. 25 fattori genetici ed ambientali: sarà l’esperienza a stimolare competenze che l’individuo già ha innate. 3. È un cambiamento continuo e graduale o discontinuo e improvviso? Considerando lo sviluppo come processo quantitativo, i comportamentisti credono che il cambiamento sia graduale e continuo; ciò significa che reagendo agli stimoli, ci sarà nell’individuo maturazione e crescita continue. Considerandolo invece un processo qualitativo, i teorici dell’approccio organismico credono nel carattere discontinuo ed improvviso del cambiamento. Anche in questo caso ci sono posizioni intermedie, tra cambiamenti tanto continui quanto discontinui; quest’ultimo potrà ad esempio essere discontinuo tra uno stadio e l’altro (passaggio infanzia-adolescenza) e continuo all’interno di ciascuno stadio (durante l’adolescenza ci saranno graduali cambiamenti tra i 13 ed i 18 anni). 4.3.1 LO SVILUPPO DELL’ABILITÀ DI PERSPECTIVE TAKING O DI ROLE TAKING Il perspective taking è un’attività fondamentale nello sviluppo della propria identità, poiché si esce da una posizione egocentrica per assumere la prospettiva altrui in 3 diverse dimensioni: ● cognitiva → comprendere i pensieri ● emotiva → comprendere gli stati emotivi ● percettiva → comprendere come un dato oggetto si presenti agli altri in una diversa prospettiva Alcuni teorici fanno coincidere il perspective taking con il role taking, come Robert L. Selman che li usa come sinonimi di un’importante abilità socio-cognitiva: considerare allo stesso tempo sia a livello cognitivo che percettivo gli stimoli provenienti da un oggetto, riuscendo così a vedere il mondo ed il sé dal punto di vista di un’altra persona. Secondo lo studioso, sarà proprio in età infantile (tra i 6 e gli 11 anni) che nel contesto scolastico il bambino inizierà ad acquisire questa “prospettiva sociale”, non più focalizzato quindi esclusivamente sul proprio punto di vista. 4.4 LO SVILUPPO DELL’IDENTITÀ Fondamentale per lo sviluppo psicologico è l’idea del sé. Sigmund Freud ne parla ampiamente, affermando che tale percezione è strettamente 26 legata all’identità sessuale. Crescendo, il bambino individua infatti somiglianze e differenze con gli altri, a partire proprio dal genere sessuale: intorno ai 10 mesi inizia la comprensione della differenza tra sesso maschile e femminile. Ci sono due grandi teorie che si sono occupate dello sviluppo dell’identità legandolo alla sessualità: la teoria psicoanalitica (4.5) e la teoria dello sviluppo psicosociale (4.6). 4.5 SIGMUND FREUD E LA PSICOANALISI Sigmund Freud muove dal presupposto che alla base delle relazioni sociali ci sia il rapporto madre-bambino, regolato però da una motivazione secondaria. In effetti, Freud afferma che alla nascita il bambino ha 2 istinti fondamentali: ● libidici → istinti vitali di sopravvivenza (bisogni fisiologici) ● aggressivi → successivamente evolveranno nell’istinto di morte Ora, sosteneva Freud che per un lungo periodo iniziale il bambino fosse narcisista, agendo cioè solo per ottenere la soddisfazione degli istinti vitali (libidici); egli mostrerà quindi affetto perché sa che è la madre ad occuparsi del suo benessere. Questi stessi istinti libidici investiranno poi particolari zone del corpo dette zone erogene, ed è proprio a seconda della zona interessata che Freud distingue 5 stadi “psicosessuali”: 1. STADIO ORALE Corrisponde ai primi 18 mesi di vita, cioè ai primi contatti del bambino col mondo tramite la bocca. In questo stadio istinti aggressivi e libidici si intrecciano, e il tutto terminerà con lo svezzamento, quando il bambino si abituerà ad un’alimentazione diversa e stabilirà un rapporto diverso con la madre. 2. STADIO ANALE In questo stadio, che ha inizio verso i 18 mesi e dura fino ai 36, l’energia libidica è concentrata nella dinamica ritenzione-espulsione delle feci; durante questo periodo i genitori possono diventare ossessivi, pretendendo che il figlio acquisti questa capacità il prima possibile. È per questo che lo stadio anale vede spesso il conflitto tra la volontà dei genitori e l’autonomia del bambino, sviluppando quest’ultimo comportamenti oppositivi e aggressivi. 27 3. STADIO FALLICO Durante lo stadio fallico, che inizia verso i 36 mesi e dura fino ai 5 anni, l’attenzione si sposta sui genitali, scoprendone le differenze. È in questo periodo che Freud colloca il complesso di Edipo, ovvero desideri incestuosi verso il genitore del sesso opposto, e rivalità con il genitore dello stesso sesso; il superamento di tale complesso influenzerà poi in positivo o in negativo il resto dello sviluppo. Per il maschio, tale superamento avviene con il manifestarsi del complesso di castrazione, quando il genitore prima odiato viene elevato a modello: questo processo di identificazione è dovuto al tabù dell’incesto. La femmina invece prova meno angoscia poiché avendo la vagina non proverà il complesso di castrazione come il maschio. Il problema però per lei sarà un altro, ovvero l’invidia del pene. Inoltre, in questo stadio il bambino sviluppa le 3 strutture fondamentali della personalità: ● Es → serbatoio pulsionale presente fin dalla nascita ● Io → si forma nel rapporto di mediazione tra le forze aggressive dell’Es ed il mondo esterno ● Super Io → è il lato morale 4. STADIO DI LATENZA riguarda la fase di vita dai 6 agli 11 anni, quando l’energia libidica si rafforza ma non viene espressa. La fine della conflittualità edipica porterà il bambino ad impegnare le proprie energie nel rapporto coi coetanei. 5. STADIO GENITALE le pulsioni sessuali sono orientate verso un partner per costruire una relazione sessuale. 4.5.1 GUSTAV JUNG E LA PSICOLOGIA ANALITICA Carl Gustav Jung sviluppò la teoria della psicologia analitica; se inizialmente era vicino a Freud, se ne allontanò poi successivamente ampliando la ricerca analitica dalla storia del singolo alla storia della collettività umana. Egli riteneva infatti che oltre ad un inconscio individuale ci fosse anche un inconscio collettivo (espresso negli archetipi), e considerava la vita dell’individuo come un percorso di realizzazione del sé personale basato sul confronto sia con l’inconscio individuale sia con quello collettivo. Egli affermava dunque che la psiche si componesse di una parte inconscia (individuale e collettiva) e di una parte conscia, e che fosse la 30 7. GENERATIVITÀ / STAGNAZIONE il concetto di generatività riguarda il desiderio di mettere al mondo dei figli e di allevarli, ma anche il desiderio di creare qualcosa di utile con il proprio lavoro 8. INTEGRITÀ DELL’IO / DISPERAZIONE è l’ultima fase, in cui bisogna accettare tutto ciò che si è fatto: chi ha costruito un Io forte accetterà il tempo trascorso considerando la propria vita come irripetibile ed insostituibile, mentre chi non ci è riuscito vivrà di rimpianti e disperazione. Il difetto principale della teoria di Erikson è la superficialità nella descrizione di alcuni eventi psichici, mentre l’importante merito è di aver rivalutato la forte interazione tra sviluppo psichico e ambiente sociale. 4.6.1 JAMES MARCIA Anche per James Marcia l’identità di un individuo viene definita attraverso delle crisi, ovvero un periodo in cui l’adolescente si trova a dover fare delle scelte che richiedono grande impegno. Lo studioso non limita però queste crisi al periodo adolescenziale, affermando che possono avvenire anche nei vari ambiti lavorativi e relazionali. 4.6.2 LA TEORIA DEI TRATTI E DELLA PERSONALITÀ DI GORDON ALLPORT Gordon Allport sosteneva che le unità minime analizzabili della personalità, ovvero i tratti, siano innate. Al contempo affermava che nonostante questo innatismo, la personalità e l’identità fossero flessibili, e che seppur innati i tratti fossero il risultato dell’intreccio tra sistema psicofisico e rete sociale: considerava quindi i tratti come strutture soggette a continui cambiamenti condizionati dall’ambiente e dalle esperienze. Allport distingue inoltre tra tratti: ● comuni → in comune con altre persone, descrivibili tramite test della personalità ● individuali → quelli che rendono gli individui unici, individuabili tramite osservazione diretta. Questi sono inoltre distinguibili in tre categorie: 1. tratti cardinali → influenzano la maggior parte delle azioni compiute da un individuo 2. tratti centrali → elementi secondari della personalità che non influenzano in maniera determinante le azioni 31 3. tratti secondari → sono i tratti meno palesi, e riguardano gli atteggiamenti, i gusti e le preferenze 4.7 ERICH S. FROMM Erich Fromm distingue tra istinti e pulsioni: i primi sono bisogni primari legati al mondo animale come i bisogni fisiologici, mentre i secondi sono frutto dell’evoluzione dell’uomo e riguardano quei bisogni secondari a livello psichico e spirituale come la tendenza ad aggregarsi in comunità. Fromm individua otto bisogni psicologici basilari: 1. Relazione 2. Trascendenza 3. Radicamento 4. Identità 5. Orientamento 6. Stimolo 7. Unità 8. Realizzazione La personalità è percepita invece come l’insieme delle qualità psichiche - ereditarie o acquisite - che definiscono il temperamento e il carattere dell’individuo attraverso un processo di adattamento, quest’ultimo inteso come il compromesso tra bisogni interni e richieste esterne. L’uomo instaura poi relazioni positive con il mondo attraverso: ● l’assimilazione → acquisizione dell’ambiente ● la socializzazione → tensione verso l’altro; questa può essere turbata da quattro atteggiamenti: 1. masochismo 2. sadismo 3. distruttività 4. conformismo 4.8 LO SVILUPPO DEL SENSO MORALE Comprendere i meccanismi della formazione della moralità e i fattori che la influenzano può aiutare a comprendere meglio le interazioni tra individui e società, e ad orientare i criteri educativi. Una norma morale contiene un valore affettivo-emotivo: trasgredendola si provano colpa, vergogna e imbarazzo, mentre rispettandola si provano soddisfazione e orgoglio. Lo sviluppo della condotta morale è stato oggetto di molteplici studi: alcuni hanno posto l’accento su fattori esteriori socioculturali, altri su componenti intrinseche individuali; le tre grandi teorie a riguardo sono le teorie 32 psicoanalitica, comportamentista e cognitiva, ognuna concentrata su diversi aspetti dello stesso tema. 4.8.1 LE TEORIE COGNITIVE Jean Piaget e Lawrence Kohlberg sono i due autori che più si sono occupati dell’acquisizione del giudizio morale. Piaget si focalizza principalmente sulla morale nei bambini, studiando il modo in cui giocano per capire il loro concetto di bene e male; in questo modo scoprì che anche la moralità rientra nel processo evolutivo: inizialmente la moralità dei bambini si basa su una stretta aderenza alle regole a causa della convinzione che ad un’azione errata segua una punizione; interagendo poi con altri coetanei, i bambini scoprono che questo eccessivo rispetto delle regole può essere talvolta problematico, sviluppando così uno stadio autonomo di pensiero morale (capacità di interpretare le regole criticamente). Piaget individua dunque diverse fasi dello sviluppo morale: 1. Anomia (fase pre-morale) → fino ai quattro anni vi è una totale assenza di regole 2. Realismo morale → fino ai nove anni vi è un forte egocentrismo, per cui il giudizio morale si basa più sul danno arrecato che sull’intenzionalità dietro l’atto; inoltre la validità della regola dipende da chi la impone, e la gravità di un atto dipenderà dalle sue conseguenze (criterio della responsabilità oggettiva) 3. Relativismo morale → solo in questa fase la regola viene intesa come frutto di un accordo, e quindi discutibile (soggettivismo morale) Dai nove anni in poi la comprensione delle regole e lo sviluppo morale risentono dello sviluppo delle funzioni cognitive: grazie alla maturazione cognitiva il bambino è in grado di comprendere il concetto di giustizia, la quale passa dall’essere legata al danno all’essere funzionale a riportare l’ordine. Anche Kohlberg riteneva fondamentale la maturazione delle strutture cognitive per l’acquisizione della morale, ma egli aggiunge con la sua teoria anche il concetto di convenzione: lo studioso riconosce infatti l’importanza dei fattori socioculturali, ma ritiene che lo sviluppo morale (e cognitivo) dipenda da componenti intrinseche. Egli fonda quindi la sua teoria su studi che compie utilizzando uno strumento che definisce “dilemma morale”: ai soggetti in esame propone quindi storie in cui il protagonista ha diverse decisioni da prendere; in questo modo è emerso dai suoi studi che lo sviluppo avviene su tre livelli, ciascuno dei quali è suddiviso a sua volta in due stadi: 35 contatto con gli altri coetanei scopre che il proprio operato non è indirizzato ad un fine individuale, bensì collettivo. Nella scuola di Hessen non esiste spontaneità ma tutto è regolato dall’esperienza del docente 3. spirituale → stadio dell’autonomia, quando avviene l’uscita dalla scuola; l’autonomia sarà stata acquisita in un percorso progressivo predisposto dall’insegnante (bisogna ampliare gli spazi dedicati alla creatività e al lavoro autonomo degli studenti) Capitolo 5 “I principali contributi pedagogici in tema di sviluppo e apprendimento” La pedagogia è la scienza che si occupa della formazione dell’uomo durante la vita; a seconda dell’oggetto di indagine, la scienza pedagogica si articola in: 1. pedagogia sociale → si occupa di problemi sociali 2. pedagogia speciale → si occupa dei soggetti bes 3. pedagogia sperimentale → si occupa della ricerca scientifica in pedagogia 4. pedagogia comparativa → si occupa dell’analisi delle pratiche educative tra nazioni e culture 5. pedagogia della comunicazione → studia i fenomeni comunicativi da un punto di vista educativo 6. pedagogia interculturale → si occupa di favorire il superamento del monoculturalismo 7. pedagogia degli adulti → si occupa dei problemi specifici degli adulti (rieducazione e formazione continua cd. Lifelong Learning) La pedagogia contemporanea è una scienza autonoma nella quale convivono una dimensione teorica ed una pratica. L’oggetto di indagine è il processo formativo dell’uomo che, calato in un contesto storico-sociale, subisce una crescita; questa formazione implica un cambiamento a tutto tondo, dal lato intellettuale a quello emotivo, e al suo interno rientrano diversi elementi (EX. i soggetti implicati, differenti tra loro per motivi di genere o per caratteristiche fisiche, sociali e linguistiche). Il problema della formazione umana si pone quindi al centro della speculazione pedagogica, e numerosi sono gli approcci per lo studio e l’analisi. 36 5.1 LA PEDAGOGIA DAGLI ALBORI AL 1600 5.1.1 AGOSTINO Dal De Magistro di Agostino (354 d.C. - 430 d.C.) si ricavano interessanti spunti pedagogici. Egli analizza infatti la dinamica tra maestro e discepolo: il maestro spiega a parole sue la natura delle cose, parole che rappresentano quindi il riflesso delle cose e non le cose in sé. Per comprendere le cose è quindi necessario passare dai segni (le parole) ai significati; la comprensione non avviene quindi tramite le parole, ma perché facciamo spazio in noi alla verità. Il discepolo deve tracciare al suo interno la via che porta alla conoscenza, deve fare spazio al proprioMaestro interiore (Cristo) che, tramite l’illuminazione divina, permette la comprensione delle cose: quando il discepolo è pronto a fare spazio al suo Maestro interiore, significa che è pronto a trasformare i segni in significati; quando è predisposto ad ascoltare il Maestro interiore, allora sarà possibile l’apprendimento. In altre parole, l’educatore deve favorire l’apprendimento non solo tramite le parole ma anche in maniera concreta, sul campo; deve favorire inoltre la ricerca interiore e la crescita intellettuale. 5.1.2 COMENIO (‘600) Nella formulazione delle sue teorie pedagogiche, Jan Amos Komensky (1592-1670) - Comenio in italiano - risentì molto dell’epoca in cui viveva; il ‘600 è infatti il secolo del metodo (il metodo di Galilei o il metodo matematico di Cartesio), e propose dunque un metodo con il quale attuare l’insegnamento. LA PANSOFIA La Pansofia è la sintesi unitaria delle diverse forme di sapere, le quali hanno una radice comune: Dio. L’unitarietà del sapere si deve proprio al fatto che esiste un unico creatore per: ● la natura ● la mente umana ● le Sacre Scritture Secondo questa concezione, l’insegnamento e l’apprendimento sono facilitati dal fatto che tutti i saperi hanno una radice comune e, di conseguenza, un metodo comune. Si parla quindi di Pampaedia, ossia un’educazione universale per tutti i saperi e rivolta a tutti; Comenio fu quindi tra i primi a concepire una scuola universale, aperta chiunque, senza distinzione di sesso o ceto sociale. 37 IL METODO E LA CENTRALITÀ DELL’ALUNNO Comenio parla di un metodo per avvicinare gli studenti all’apprendimento, con una didattica che rende l’alunno protagonista senza creare demotivazione; una didattica calibrata sulle reali capacità del fanciullo, in un sistema scolastico così suddiviso: ● schola materna → fino ai 6 anni, momento in cui l’attenzione è rivolta soprattutto ai sensi (modalità di contatto con il mondo circostante) e all’intuizione (primo modo di apprendimento del fanciullo). Una novità di questa scuola è che non bisogna provocare il distacco completo dagli affetti familiari ● schola vernacula → dai 6 ai 12 anni, momento in cui si impara la lingua nazionale e l’insegnante cura gli aspetti intellettivi dello studente ● schola latina → dai 12 ai 18 anni, momento in cui vi è un accesso più dettagliato al sapere (si studiano le lingue classiche, le arti, la fisica e la religione) ● accademia → dai 18 ai 24 anni, momento in cui si approfondiscono campi specifici del sapere; nel periodo finale si ha la possibilità di viaggiare per ampliare le proprie conoscenze + ● schola scholarum → una formazione dedicata alla preparazione dei futuri insegnanti 5.2 IL MODELLO EDUCATIVO ILLUMINISTA (‘700) Il ‘700 è caratterizzato dall’Illuminismo, chiamato così per il riferimento al “lume della ragione” che deve illuminare l’intelletto affinché l’uomo possa raggiungere la sua piena realizzazione. È un secolo di profondi cambiamenti sociali, tra rivoluzione industriale e la nuova classe sociale della borghesia, la quale ha pian piano costruito la propria ricchezza ottenendo il controllo degli Stati europei. Questa classe sociale reclama quindi l’uguaglianza, mirando a privare le classi nobiliari e clericali dei loro privilegi. L’Illuminismo influenza anche il piano culturale educativo, per cui ora l’istruzione deve essere fornita al maggior numero di persone possibili: si parla per la prima volta di istruzione universale (gratuita e obbligatoria). 5.2.1 JOHN LOCKE John Locke è uno dei precursori dell’Illuminismo, affermando infatti nel suo Saggio sull’intelletto umano che la conoscenza proviene 40 dell’educazione (1762) l’autore esprime il proprio ideale educativo, spiegando come procedere nelle varie fasi dell’educazione attraverso il personaggio di Emilio, il quale viene sottratto sin dalla nascita alla civiltà affinché possa avvicinarsi allo stato naturale. Il romanzo è diviso in 5 libri, ciascuno dei quali tratta di una precisa fase della vita del fanciullo: 1. Periodo dalla prima infanzia fino ai 2 anni, quando il bambino inizia a parlare ed esplorare soprattutto grazie alle capacità sensoriali e motorie; in questa fase l’educatore deve assecondare i reali bisogni, tralasciando i capricci 2. Periodo dalla seconda infanzia fino ai 12 anni, quando il linguaggio è pienamente sviluppato e il bambino entra in contatto con gli altri in maniera consapevole. In questo momento il gioco può essere un utile strumento educativo; il bambino deve apprendere attraverso l’esperienza, per cui l’educatore non deve impartire concetti in modo diretto. Quest’ultimo deve inoltre assecondare i tempi di apprendimento poiché al bambino deve sembrare che le attività avvengano in modo naturale 3. Periodo della pubertà dai 13 ai 15 anni, quando lo studio delle discipline avviene sia attraverso una partecipazione attiva, sia attraverso situazioni concrete che fungono da motivazione 4. Periodo dell’adolescenza dai 16 ai 20 anni, quando l’adolescente diventa un essere sociale 5. Periodo dell’età adulta tra i 21 ed i 25 anni, quando Emilio viene introdotto nella società, sposa Sophie e compie un viaggio per completare la sua istruzione (conoscendo popoli e culture diverse) e per scegliere il paese in cui stabilirsi definitivamente L’IMPIANTO PEDAGOGICO DI ROUSSEAU Dal romanzo emergono i concetti fondamentali della pedagogia di Rousseau, a partire dall’educazione naturale, con l’importante contrapposizione tra stato naturale dell’uomo e civiltà. L’educazione non deve tenere conto quindi della società, ma deve essere orientata verso il soggetto, risvegliando in lui facoltà che gli appartenevano ma che la società ha corrotto. Un altro importante concetto introdotto con il romanzo è quello di educazione negativa, che vede l’educatore come strumento di rimozione di quegli elementi dannosi formati nel soggetto con il distaccarsi dal suo stato naturale. Importante è anche il concetto di progressività dell’educazione, poiché se è vero che il fanciullo apprende tramite l’esperienza, è altresì vero che 41 questa deve essere calibrata sulle sue capacità. La scelta dell’esperienza da proporre deve basarsi quindi sui reali interessi del fanciullo, poiché egli dovrà avvertire la necessità ed il bisogno di viverla; al contrario, non ne trarrà alcun beneficio. 5.3 LA PEDAGOGIA NELL’ETÀ ROMANTICA (‘800) Nel XIX secolo ci furono influssi del movimento romantico che si opposero alla razionalità e alla scientificità dell’Illuminismo; vi è anche una nuova predisposizione verso la religione: in quanto essere vivente, l’uomo è parte di un essere vivente più vasto, la natura, ed il contatto con essa è ritenuto costruttivo e benefico. Questa visione differisce dalla prospettiva meccanicistica dell’Illuminismo, secondo cui le rigide leggi studiate dalle scienze naturali descrivono la realtà. 5.3.1 JOHANN HEINRICH PESTALOZZI Johann Heinrich Pestalozzi riprese l’idea dello stato naturale dell’uomo di Rousseau proiettandola in ambito romantico, definendo un metodo educativo originale teso a favorire l’educazione delle classi sociali più deboli. L’ASPETTO MORALE DELL’EDUCAZIONE Per Pestalozzi l’educazione deve risvegliare gli aspetti morali della natura umana; l’uomo morale è infatti colui che si lascia guidare dall’amore anteponendo il prossimo a se stesso. A questa figura si contrappone una natura egoistica e violenta, per cui compito dell’educazione di risvegliare l’uomomorale; l’educazione morale avviene attraverso tre fasi: 1. stato di natura → l’uomo segue l’istinto 2. stato sociale → l’uomo vive in contatto con gli altri (contrasti) 3. stato morale → approdo finale verso il quale bisogna attendere, con il prevalere della moralità Il processo educativo deve far convergere quindi le forze che Pestalozzi suddivide in sentimento, pensiero e volontà, rappresentate simbolicamente da: ● cuore → sentimenti che accompagnano la vita dell’uomo, soprattutto quelli di stampo morale; le altre due forze saranno al servizio della morale ● testa → capacità dell’uomo di operare un giudizio morale ● mano → la forza che spinge l’uomo alle attività 42 IL METODO ELEMENTARE Per Pestalozzi l’educazione deve basarsi su un metodo che favorisca lo sviluppo delle tre suddette forze; a tal proposito sviluppa il metodo elementare, così chiamato perché fondato su una didattica mirata alla comprensione degli elementi costitutivi del sapere. Si tratta di un metodo che coinvolge le tre le forze presenti nel bambino (sentimento, pensiero e volontà) e che si basa su tre principi: 1. necessità meccanica → l’educazione deve produrre moralità e facoltà intellettuali 2. organicità e continuità → bisogna guidare il discente gradualmente, rispettando i suoi tempi di sviluppo 3. vicinanza e lontananza → esplorare la realtà partendo dagli elementi più accessibili, passando da esperienze concrete ad aspetti generali e astratti IL METODO INTUITIVO E LO SVILUPPO COGNITIVO Pestalozzi elabora il metodo intuitivo come primo approccio alla conoscenza, ovvero l’intuizione basata sull’esperienza; l’intuizione conduce poi il bambino ad individuare quei tre concetti fondamentali utili ad ordinare il pensiero: 1. forma → alla base della geometria, la quale permette lo studio della forma della realtà 2. numero → alla base della matematica, utile a quantificare fenomeni, cose e rapporti 3. nome → alla base del linguaggio, il quale serve a descrivere la realtà in modo qualitativo, identificando gli oggetti con termini precisi 5.3.2 FRIEDRICH WILHELM AUGUST FRÖBEL Friedrich Fröbel prende alcune idee da Pestalozzi, arricchendole; egli fondò un istituto scolastico per accogliere i bambini sotto i sei anni delle classi più svantaggiate, coniando il termine kindergarten (“giardino dei bambini”). LE FASI EVOLUTIVE DEL BAMBINO Fröbel traccia le diverse fasi evolutive del bambino: ● lattante → momento di massima apertura verso il mondo esterno esplorato tramite i sensi ● fanciullo → periodo incentrato sul linguaggio utile per i ragionamenti ● scolaro → periodo dell’adolescenza in cui l’istruzione diventa centrale 45 nell’alunno una conoscenza sistematica tramite un insegnamento sintetico 4. Metodo → fase in cui si applica quanto si è appreso 5.4 IL POSITIVISMO Henri de Saint-Simon conia il termine positivismo per indicare un movimento filosofico e culturale nato in Francia nella prima metà dell’Ottocento, caratterizzato dall’esaltazione del progresso scientifico. Si tratta di un pensiero filosofico simile sia all’Illuminismo per la fiducia nella scienza, sia al romanticismo per la concezione della ragione vista alla base del progresso. 5.4.1 AUGUSTE COMTE Auguste Comte fonda il positivismo per creare una politica che avesse come guida la ragione e come elemento essenziale la conoscenza basata sull’esperienza. Le 5 accezioni fondamentali del positivismo sono: 1. positivo designa il reale 2. rappresentazione del contrasto tra utile è inutile 3. rappresentazione del contrasto tra certezza e indecisione 4. rappresentazione del contrasto tra preciso e vago 5. cultura predominante della classe borghese LA FORMAZIONE DELLA CONOSCENZA La conoscenza avviene tramite l’osservazione dei singoli fatti della realtà, i quali si manifestano in relazioni di successione e somiglianza in base alle proprie leggi; scoprire queste leggi significa ricostruire la società su basi scientifiche, e non più religiose. Lo sviluppo individuale avviene attraverso tre stadi che corrispondono a tre età attraverso le quali è passata l’umanità: stadio teologico, stadio metafisico, stadio positivo; egli suggerì dunque di sostituire l’educazione europea (teologica, metafisica, e letteraria) con un’educazione positiva conforme alla nuova epoca, ossia un’educazione che come fondamento avesse la scienza. 5.4.2 ROBERTO ARDIGÒ Roberto Ardigò è considerato uno dei padri della psicologia scientifica; egli si soffermò sul ruolo delle abitudini poiché vedeva l’educazione come l’acquisizione di comportamenti sedimentati; ciò significa il passaggio da una pedagogia astratta ad una pedagogia intesa come scienza 46 dell’educazione. Dal punto di vista didattico, Ardigò predilige l’intuizione e l’insegnamento di poche cose alla volta. 5.5 IL FUNZIONALISMO E L’ATTIVISMO William James, il padre del funzionalismo, affermava che la mente fosse caratterizzata dal cosiddetto flusso di coscienza: un susseguirsi continuo di esperienze che causano incessanti mutamenti alla mente stessa. Per lui era importante chiedersi quale fosse la finalità dei processi psichici e come essi avvenissero; parlava dunque di “funzionalismo” in riferimento allo studio della funzione del pensiero umano. Il funzionalismo si contrappone allo strutturalismo: secondo questa corrente bisogna infatti scomporre l’esperienza in una serie di elementi fondamentali (sensazioni, immagini mentali, stati affettivi), mentre per il funzionalismo è importante una visione olistica, di insieme. Si può affermare inoltre che il funzionalismo attinge all’evoluzionismo di Darwin, poiché quest’ultimo affermava che ogni organismo fa fronte a problemi di adattamento nell’ambiente, e che ci sono determinate facoltà che permettono ad un organismo di adattarsi e sopravvivere; allo stesso modo, il funzionalismo intravede nei processi mentali la finalità di adattare l’organismo all’ambiente, favorendone così la sopravvivenza (per “sopravvivenza” James intende anche la capacità umana di modificare l’ambiente circostante per renderlo più adatto ai propri bisogni). Un aspetto importante di questa corrente è quindi il pragmatismo, proprio per l’importanza rivolta alle funzioni della mente, alla loro utilità pratica per la sopravvivenza. Il funzionalismo trova la sua formulazione completa nella Scuola di Chicago, alla quale è possibile ricondurre il pedagogista americano John Dewey (5.5.7); in Europa invece un esponente di spicco del funzionalismo è lo svizzero Edouard Claparède (5.5.2). 5.5.1 LE SCUOLE NUOVE, LA SCUOLA ATTIVA E L’ATTIVISMO (‘900) Verso la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 si diffondono negli Stati Uniti le new schools (“scuole nuove”), le quali presentavano caratteristiche specifiche in base al paese in cui si sviluppavano, ma anche tratti comuni: erano infatti tutte in rottura con i metodi della scuola tradizionale, conferendo particolare attenzione all’istruzione scientifica, allo studio della lingua e all’esperienza diretta, con attività che potessero stimolare l’interesse dell’alunno; quest’ultimo infatti non deve avere un atteggiamento passivo ma deve apprendere tramite l’esperienza e attività pratiche. L’educazione pone quindi al centro l’allievo poiché il fine ultimo è la formazione di una personalità autonoma. 47 Adolphe Ferrière fondò in Svizzera l’Ufficio Internazionale delle Scuole Nuove, con l’intento di raccogliere le esperienze delle new schools ed integrarle in una visione organica. Pierre Bovet conia invece il termine scuole attive, ripreso poi da Ferrière per delinearne i principi fondamentali: 1. puerocentrismo (in opposizione al magistrocentrismo, perché il fanciullo ora svolge un ruolo attivo nel processo educativo) 2. l’azione educativa tiene presente dei bisogni, degli interessi e della fase di sviluppo del fanciullo 3. l’azione educativa deve favorire la cooperazione tra gli alunni e la coeducazione (presenza nell’ambiente scolastico di alunni di entrambi i sessi) 4. l’ambiente risulta essere un fattore fondamentale di cui il docente deve avere cura, poiché da esso pervengono all’alunno stimoli positivi 5. la libertà deve essere una caratteristica indispensabile nelle attività svolte, poiché essa favorisce i bisogni dell’alunno; il docente deve quindi rinunciare ad un atteggiamento autoritario che limiterebbe la possibilità al fanciullo di esprimersi liberamente 6. la scoperta progressiva è fondamentale, evitando invece l’uso meccanico della memoria Dalle scuole attive nasce il termine attivismo, i cui maggiori esponenti sono Claparède (5.5.2), Decroly (5.5.3), Montessori (5.5.6) e Dewey (5.5.7). 5.5.2 EDOUARD CLAPARÈDE Edouard Claparède è stato uno dei maggiori esponenti del funzionalismo. PEDAGOGIA E FUNZIONALISMO Gli elementi fondamentali del pensiero di Claparède sono: ● funzionalismo psicologico → il cui obiettivo è Indagare le finalità delle attività mentali, e non lo studio dei loro elementi costitutivi ● evoluzionismo darwiniano → Secondo Darwin ciò che ha permesso all’uomo di sopravvivere ed evolversi sono le funzioni della mente, le curiosità ed il bisogno di conoscenza ● metodo scientifico → è con un approccio scientifico che Claparède vuole descrivere le pratiche pedagogiche 50 I BISOGNI Decroly riprende il funzionalismo partendo dai bisogni del fanciullo, ciò che il programma educativo deve riuscire a soddisfare; i bisogni possono essere suddivisi in esigenze soggettivo-psicologiche (legate alle necessità) e oggettivo-sociali (legate alla realtà circostante). Le prime sono inoltre riconducibili a quattro bisogni fondamentali (da ciascuno dei quali può nascere un particolare interesse): 1. Nutrirsi 2. Lottare contro le intemperie 3. Difendersi dai pericoli 4. Lavorare e rilassarsi I CENTRI DI INTERESSE E LE IDEE ASSOCIATE Il centro di interesse è un elemento fondamentale nella didattica di Decroly, poiché come visto poc’anzi da ciascuno dei bisogni può nascere un particolare interesse (bisogno di nutrirsi → interesse per il cibo). Per questo motivo, è importante impostare la didattica attraverso centri di interesse che possano attirare l’attenzione e motivare lo studente; intorno al centro di interesse vengono poi raggruppate le nozioni ad esso pertinenti, evitando la frammentazione artificiale del sapere. L’apprendimento sarà così più naturale e i concetti tra loro collegati, per cui l’alunno non dovrà ricordare meccanicamente concetti astratti. Decroly parla dunque di programma delle idee associate: aggregazione di idee e concetti intorno al centro di interesse per ampliare il sapere in modo naturale. L’AMBIENTE L’ambiente è l’altro elemento essenziale della didattica di Decroly, connesso ai bisogni oggettivo-sociali; il programma mira allo sviluppo sociale del bambino, creando le condizioni di adattamento del fanciullo all’ambiente: il contatto con la natura e la vita in campagna sono preferibili ad un ambiente artificiale, inoltre la natura è un maggiore stimolo agli interessi ed influenza positivamente e atteggiamenti sociali. LE FASI DELL’INSEGNAMENTO 3 tipi di attività che i fanciulli possono svolgere: ● attività di osservazione → gli allievi acquisiscono esperienze e informazioni in modo personale e diretto 51 ● attività di associazione → gli allievi acquisiscono conoscenza in modo indiretto; è una fase in cui si possono esprimere giudizi e valutazioni ● attività di espressione → i fanciulli riproducono quanto appreso I progressi sono monitorati tramite schede di osservazione individuali, le quali permettono di migliorare i percorsi di apprendimento LE FUNZIONI DI GLOBALIZZAZIONE Il centro di interesse è un carattere globale, nel senso che gli oggetti ed i fenomeni si presentano ai fanciulli nella loro complessità e globalità, senza essere decomposti secondo processi analitici; in effetti, secondo Decroly, presentare la conoscenza nelle sue componenti essenziali demotiva, mentre un approccio globale risulta essere più motivante. Solo verso i 7-8 anni l’approccio sincretico diventa capacità analitica (decomporre) e sintetica (ricomporre), e tali abilità analitico-sintetiche sono facilitate dal gioco. 5.5.4 DON BOSCO Con Don Bosco si sviluppa la cosiddetta pedagogia povera, indirizzata ad aiutare i giovani in ambienti disagiati, quelli da lui definiti “traballanti”. Egli sosteneva infatti che fosse necessario fornire a tutti i giovani un’istruzione elementare ed un lavoro per potersi inserire nella società. Come metodo educativo sviluppò dunque quello preventivo, sostenendo l’importanza dell’interesse per la formazione dei giovani col fine di prevenire disagi nella società; l’educazione per Don Bosco ha quindi una funzione civile e preventiva. Questo metodo preventivo si basa su: ● ragione ● religione ● amorevolezza (la parte portante del metodo, gli educatori devono essere amorevoli e comprensivi) 5.5.5 DON MILANI Don Milani sviluppa il metodo della scrittura collettiva. Egli mirava infatti ad un’istruzione inclusiva, un insegnamento personalizzato per alunni che devono essere portati ad un livello minimo di istruzione, garantendo così l’uguaglianza sociale. Don Milani denuncia così il sistema scolastico borghese e classista che favorisce l’istruzione selettiva delle classi più ricche; abolisce inoltre ogni forma di punizione corporale sostituendola con la perdita della benevolenza del maestro. 52 Nella sua scuola egli utilizzò inoltre il metodo del mutuo insegnamento, ossia l’insegnamento reciproco: l’insegnamento del docente non viene impartito simultaneamente a tutti gli allievi, ma solo ad un gruppo di allievi più capaci, i quali a loro volta insegneranno agli altri allievi. 5.5.6 MARIA MONTESSORI Maria Montessori ha ideato approcci pedagogici e metodologie didattiche per bambini diversamente abili, estesi poi a tutti i bambini. Sviluppò inoltre il concetto di mente assorbente per indicare la potenzialità della mente del bambino. ASPETTI PEDAGOGICI GENERALI Montessori trova le radici per le proprie convinzioni: ● nel positivismo → approccio scientifico allo studio del bambino ● nel funzionalismo → assecondare i bisogni del bambino ● in Rousseau e Fröbel → l’atteggiamento del maestro La pedagogista rielaborò poi queste prospettive con aspetti originali, con i seguenti punti salienti: ● il bambino si sviluppa tramite attività stimolanti verso le quali prova interesse; queste attività vanno accompagnate con materiali studiati e calibrate sulle fasi di sviluppo, il tutto in un ambiente stimolante ● puerocentrismo in opposizione all’adultismo; il bambino è costantemente coinvolto senza subire passivamente le attività; queste ultime saranno svolte quindi in prima persona, singolarmente o in collaborazione con altri alunni, i quali non devono tutti avere la stessa età poiché lo scambio di esperienza favorisce l’apprendimento ● Se il bambino svolge una parte attiva, il maestro assume di conseguenza un ruolo diverso, di osservatore del comportamento dei bambini per definire i traguardi da raggiungere METODO MONTESSORI Le sue convinzioni si concretizzano poi nel metodo Montessori, nato inizialmente per ragazzi in difficoltà e dell’infanzia, ed esteso poi a tutti. La studiosa afferma che la scuola dell’infanzia deve preparare i bambini alla scuola elementare, agendo su quattro specifici rami: ● Disegno → per abituare al riconoscimento di forme e colori, così come alla manualità ● Aritmetica → per abituare alla valutazione delle dimensioni, delle quantità e della numerosità degli oggetti 55 IL PENSIERO COSMICO DI MARIA MONTESSORI Secondo la teoria del pensiero cosmico, nonostante ci possa sembrare di vivere nel disordine, in realtà il nostro universo tende sempre all’armonia e all’equilibrio; l’uomo ha infatti due scopi: uno cosciente (ha coscienza dei suoi bisogni) ed uno inconsapevole (deve prendere coscienza della grande responsabilità nell’adempiere un compito cosmico, lavorando con gli altri per il suo ambiente). Per Montessori, l’esistenza di un “piano cosmico” implica che ogni essere vivente ha un compito a cui deve adempiere nella propria vita, e che costituisce la sua ragione di esistere; di fronte all’esistenza di questo piano che unisce tutti in un unico destino, vi è la necessità di educare l’uomo che deve prendere consapevolezza delle sue azioni. Il compito dell’educatore, se durante l’infanzia è di favorire l’assimilazione dell’ambiente, dai 6 anni è quello di favorire l’assimilazione della cultura; secondo Montessori, questo è il momento in cui il bambino nutre un grande interesse per il mondo, e la mente è un terreno fertile pronto a ricevere la suddetta cultura. 5.5.7 JOHN DEWEY John Dewey è il maggior esponente dell’attivismo LA PEDAGOGIA DI DEWEY Dewey declina in 5 articoli la propria idea pedagogica delle scuole nuove: Art. 1 - educazione → permette di giungere alle risorse intellettuali e morali che l’umanità ha conquistato, divenendo il depositario delle conoscenze della civiltà. Il processo educativo è costituito da due aspetti: quello psicologico (permette di determinare i bisogni e gli interessi) e quello sociologico (necessario perché le condizioni sociali influenzano le caratteristiche e le attitudini del discente) Art. 2 - scuola → una comunità in cui tutti i mezzi sono destinati a rendere il fanciullo capace di partecipare attivamente alla vita sociale e di contribuire al progresso Art. 3 - contenuti dell’educazione → l’educazione deve essere attuata tramite l’esperienza, la quale rappresenta sia il mezzo per educare che il fine verso il quale tendere Art. 4 - metodo educativo → bisogna tenere conto della natura del fanciullo, il quale non deve avere un atteggiamento passivo Art. 5 - progresso sociale → garantito dalla scuola e dall’educazione, la quale aiuta a mediare tra attività individuali e vita sociale 56 IL COMPITO DELLA SCUOLA NELLA SOCIETÀ DEMOCRATICA Dewey delinea le caratteristiche della scuola attiva nella società democratica, affermando che per preparare alla vita, la scuola deve essere essa stessa vita; è necessaria quindi una stretta correlazione tra mondo esterno e scuola, quest’ultima contribuendo effettivamente alla crescita sociale. A tal proposito, il contesto scolastico deve riprodurre una piccola comunità, e gli impulsi del discente non vanno repressi bensì canalizzati verso attività educative, le quali vanno svolte con interesse. L’apprendimento deve inoltre partire dall’esperienza, perché è grazie a quest’ultima che si riescono ad attribuire significati a ciò che viene poi conosciuto teoricamente; l’esperienza mostra infatti le vere finalità delle conoscenze e l’utilità dei concetti. Fondamentale è inoltre il lavoro, aspetto fondamentale della scuola attiva, la quale avvicina il giovane a questo mondo per trasmettergli conoscenze, abilità e competenze sociali. L’EDUCAZIONE ALLA BASE DEL SISTEMA DEMOCRATICO La democrazia non è solo una forma di governo ma anche un modo di intendere la vita individuale e sociale, permettendo a ciascun individuo di esprimersi e di realizzarsi in un sistema sociale dinamico, dove ognuno può portare un contributo; nei regimi totalitari vi è invece omologazione e soffocamento, così come nelle società basate su credi religiosi e dogmatici in cui viene soffocata l’indagine conoscitiva dell’uomo. Nei regimi totalitari si parte dal presupposto che bastino pochi individui per far progredire una società, poiché pochi sono coloro i quali posseggono le capacità cognitive adatte per svolgere questo compito; la democrazie afferma invece l’opposto, che necessario è il contributo di tutti, è che tutti hanno le stesse capacità intellettive. Uno degli elementi costitutivi della società democratica è infatti la comunicazione, ciò che permette di scambiarsi esperienze moltiplicando così le proprie conoscenze: è per questo che per Dewey la comunicazione è una forma di educazione. LEARNING BY DOING Anche se i libri sono strumento utile per l’apprendimento, i testi devono essere affiancati all’esperienza. “Imparare facendo” permette di sviluppare infatti la creatività e la motivazione; collegata a questa metodologia vi è poi il project work, ossia una sperimentazione attiva di ciò che si è appreso 57 IL PENSIERO RIFLESSIVO L’esperienza è la vera fonte di conoscenza, e la modalità di pensiero che permette di elaborare la conoscenza è il pensiero riflessivo, le cui caratteristiche principali sono: ● è un flusso controllato di idee poste in modo logico-consequenziale (ogni idea determina quella successiva come logico risultato) ● tale flusso di idee mira ad un obiettivo (EX. risoluzione di un problema o verifica di un’ipotesi) ● Il pensiero riflessivo può essere un’ipotesi che trova o meno conferma nella verifica, pertanto l’ipotesi iniziale può anche essere errata, ma l’obiettivo del pensiero riflessivo è la verifica senza accettare le ipotesi in modo acritico Grazie a queste tre principali caratteristiche, il pensiero riflessivo si distingue da altri tipi di pensiero: ● flusso di coscienza → è un fluire incontrollato di idee non correlate tra loro, un pensiero libero (EX. quando siamo sovrappensiero) che se avviene quando dormiamo è un sogno ● immaginazione → flusso di eventi frutto della fantasia; tale pensiero ha un suo schema logico-consequenziale che essendo inventato non è riscontrabile nella realtà, quindi non ha senso verificarlo. Inoltre, tale attività non ha un obiettivo cognitivo o una precisa finalità, l’unico obiettivo che può avere (anche il flusso di coscienza) è lo svago ● credenza → ha una sua coerenza ma non ci si è mai posto il problema della sua fondatezza, prendendo per vero quanto la maggior parte delle persone ritiene tale; si sviluppa per un bisogno specifico, come ridurre cose ignote a schemi mentali noti. Le credenze si distinguono dal pensiero riflessivo poiché non sono soggetti ad alcuna verifica, ma vengono accettate acriticamente L’INDAGINE E IL PENSIERO RIFLESSIVO Il pensiero riflessivo si genera da un dubbio, il quale fa nascere nell’individuo il bisogno di chiarimento; si mette in moto dunque un’indagine facendo ipotesi e ragionamenti. Il pensiero riflessivo passa dunque attraverso 5 fasi: 1. Suggestione → la suggestione determina un dubbio, il quale si sviluppa perché quando agiamo siamo in dubbio su quale possa essere l’azione migliore; pensiamo infatti ad una possibile azione 60 soggetto avrà imparato a rispondere ad uno stimolo in un determinato modo, pertanto si sarà verificato un apprendimento. 5.6.1 IVAN P. PAVLOV E IL CONDIZIONAMENTO CLASSICO Ivan Petrovič Pavlov è famoso per i suoi studi sullo stimolo e sul riflesso condizionato. Analizzando infatti il comportamento dei cani alla presenza del cibo, notò che gli animali cominciavano a salivare maggiormente: ● cibo = stimolo incondizionato ● bava = risposta incondizionata Tale connessione stimolo-risposta è frutto dell’evoluzione. Un altro esperimento prevedeva la somministrazione del cibo ai cani da parte di un ricercatore con camice bianco; inizialmente non si registrò nessuna risposta particolare, per cui in questa fase: ● camice = stimolo neutro Dopo più volte invece la sola presenza del camice (senza cibo) induceva la produzione di bava: ● camice = stimolo condizionato ● bava = risposta condizionata stimolo e risposta condizionati rappresentano l’apprendimento; tale fenomeno viene conosciuto come riflesso condizionato. Fenomeni specifici sono: ● estinzione → graduale scomparsa della risposta condizionata man mano che lo stimolo condizionato non accompagna più quello incondizionato ● recupero spontaneo → fenomeno opposto, ossia la graduale ricomparsa della risposta condizionata ma mano che lo stimolo condizionato accompagna nuovamente quello incondizionato ● generalizzazione → produrre la risposta condizionata anche quando lo stimolo è prossimo a quello condizionato (EX. i cani che vedono un camice di un colore prossimo al bianco) ● discriminazione → fenomeno opposto, quando il soggetto impara a distinguere in modo sensibile due stimoli simili 5.6.2 JOHN B. WATSON John Broadus Watson è il padre del comportamentismo. La sua visione psicologica prevede un ambiente circostante attivo capace di influenzare 61 un soggetto passivo; egli afferma inoltre l’esistenza di connessioni stimolo-risposta ereditarie e altre generate da processi di condizionamento come quelli operati da Pavlov. È proprio su questi ultimi che Watson si concentrerà, constatando come la presenza dello stesso stimolo possa talvolta generare nel soggetto risposte differenti. Da questo studio scaturiscono due leggi: ● legge della frequenza → la probabilità di una risposta è proporzionale al numero di volte in cui si verifica ● legge della resistenza → la risposta più recente è quella più probabile Per prevedere una risposta ad uno stimolo occorre dunque osservare quante volte e quanto di recente tale risposta sia stata data. Famoso è l’esperimento di Albert, un bambino di 9 mesi che mentre gioca con un topolino bianco viene spaventato da rumori violenti; lo stimolo incondizionato (rumore) provoca una risposta incondizionata (paura), e per associazione Albert finisce per avere paura (risposta condizionata) anche del gioco (stimolo neutro → stimolo condizionato). 5.6.3 EDWARD L. THORNDIKE Edward Lee Thorndike conduce studi sui comportamenti animali, servendosi dello strumento scientifico puzzle box (“gabbia-problema”) per gli esperimenti: un gatto affamato viene rinchiuso in gabbia per osservare del cibo posto esternamente, adottando comportamenti per raggiungerlo, alcuni dei quali senza risultati. All’interno della gabbia vi sono però dispositivi che ne permettono l’apertura, come la pressione di una leva; può succedere quindi che il gatto azioni la leva per aprire la gabbia, raggiungendo il cibo. Thorndike sviluppa così l’ipotesi dell’apprendimento per prove ed errori: al fine di raggiungere un obiettivo si adottano comportamenti l’uno diverso dall’altro, fino a individuare quello soddisfacente. In questo caso, lo stimolo è il cibo, mentre la risposta sono i comportamenti adottati (azionare la leva); il comportamento può essere considerato quindi come un’associazione stimolo-risposta. Per Thorndike è importante formulare leggi che descrivano come avviene l’apprendimento dell’animale: ● Legge dell’effetto → se un’associazione stimolo-risposta porta ad una soddisfazione, tale associazione si verifica sempre più spesso; al contrario verrà progressivamente rimossa ● Legge dell’esercizio → se un’associazione viene ripetuta spesso tende a rinsaldarsi, al contrario tende a scomparire 62 A queste leggi si aggiunge quella della prontezza, cioè un soggetto trova stimolante compiere una certa associazione quando è abbastanza maturo per compierla; al contrario, se non è pronto, proverà disagio. Allo stesso modo, anche essere pronti a svolgere un’associazione ma non essere messi in condizione di farlo provocherà disagio. 5.6.4 BURRHUS F. SKINNER Burrhus Frederic Skinner è il maggior esponente del comportamentismo. IL CONDIZIONAMENTO OPERANTE Skinner delinea due tipologie di comportamento: ● Comportamento rispondente → segue il paradigma stimolo-risposta, è un comportamento indotto da uno stimolo esterno; è un comportamento quindi di natura passiva, poiché è una risposta indotta nel soggetto dall’ambiente esterno ● Comportamento operante → il soggetto, anche senza stimoli dall’esterno, produce un comportamento per ricevere un rinforzo positivo (premio); il rinforzo è uno stimolo a posteriori, che segue l’azione, utile a indurre nel soggetto un comportamento analogo in futuro. In questo caso, si tratta di un comportamento di natura attiva poiché il soggetto di sua iniziativa opera sull’ambiente esterno per ricevere un beneficio. Concetto fondamentale del condizionamento operante è che la probabilità che una certa azione venga ripetuta dipende dalle sue conseguenze. Sulla base di esperimenti condotti su animali Skinner parla di shaping (“modellaggio”), tecnica mediante la quale è possibile ottenere la modificazione di un comportamento; descrive lo shaping con un’analogia: un ceramista modella un pezzo di argilla, per cui il prodotto avrà in futuro una sua forma specifica, ma non sappiamo il momento preciso in cui questa forma apparirà; allo stesso modo, la risposta di un organismo non è qualcosa che appare improvvisamente, ma è il risultato di un processo. Lo shaping può essere quindi definito come il rinforzamento dei comportamenti che pian piano si avvicinano al comportamento target. Il rinforzo negativo si ha nel momento in cui ad esso è legato un comportamento attuato per sottrarsi ad una situazione di disagio. IL COMPORTAMENTISMO RADICALE Il comportamentismo di Skinner viene definito “radicale” perché il suo studio del comportamento è come una scienza naturale, che si avvale di oggettività, riproducibilità dei risultati e rigore (elementi caratteristici di 65 LE MACCHINE PER INSEGNARE L’istruzione programmata, per quanto efficace sia, è difficilmente attuabile per diversi motivi (personalizzazione o cadenza serrata dei rinforzi), ma le moderne tecnologie permettono di trovare una soluzione. La macchina per insegnare non è un elemento di totale novità: intorno al 1920 Sidney Pressey mise a punto uno strumento che automaticamente proponeva test composti da domande accuratamente organizzate; per ciascuna domanda la macchina dava un feedback automatico ed immediato, ed era in grado di assegnare un punteggio al test effettuato. Secondo Skinner, a partire dagli studi di Pressey è possibile progettare macchine per insegnare più elaborate, organizzando le domande in modo da creare sequenze di apprendimento che mirino all’acquisizione di specifiche conoscenze; macchine in grado anche di modificare il loro comportamento in base alle risposte, cambiando la sequenza delle domande in più semplici o più complesse. Lo studente avrà inoltre un rinforzo immediato con un feedback continuo, e anche se si svolge il lavoro in solitudine, l’alunno potrà comunque vivere dei momenti di socializzazione all’interno della classe. Le macchine per insegnare non sminuiscono poi il lavoro degli insegnanti, in quanto essi potranno dedicarsi in modo più efficace alla progettazione di attività didattiche senza occuparsi dei compiti ripetitivi e noiosi. Si parla quindi di Computer Based Training (“allenamento basato sul computer”) e Computer Assisted Instruction (“istruzione assistita dal computer”). 5.7 IL NEOCOMPORTAMENTISMO E LA GENESI DEL COGNITIVISMO Il neocomportamentismo delineato da Tolman e Hull è in discontinuità con quello classico; rappresenta infatti un ponte verso le teorie cognitiviste che si focalizzeranno sulla mente e la conoscenza, quindi sullo stato interno all’individuo più che sui comportamenti esterni osservabili. Tolman conduce infatti lo studio scientifico su aspetti che vanno oltre il comportamento, soffermandosi su concetti nuovi come lo scopo e la memoria, sostituendo il paradigma stimolo-risposta con il nuovo paradigma che prevede il soggetto tra lo stimolo e la risposta (stimolo-organismo-risposta); la risposta allo stimolo è infatti mediata dal soggetto, ossia dalla memoria e dallo scopo. 5.7.1 EDWARD C. TOLMAN Edward Chace Tolman sostiene che il comportamento di un soggetto deve essere osservato nella sua totalità, senza ridurlo ad una serie di stimoli e risposte. Watson e Thorndike esaminavano infatti una serie di 66 connessioni stimolo-risposta proponendo uno studio molecolare del comportamento, mentre Tolman proprio uno studio molare (globale) del comportamento, in riferimento alla mole che contiene un alto numero di molecole. Osservando i ratti che si muovono all’interno di labirinto, non bisogna soffermarsi sulle singole azioni ma sul risultato complessivo in un determinato numero di mosse: nell’esperimento i tre gruppi di topi A B C sono rinchiusi in tre labirinti identici; inizialmente compiono percorsi casuali avanzando per prove ed errori fino a raggiungere l’uscita. Successivamente vengono reinseriti nel labirinto e iniziano a migliorare le prestazioni: il gruppo A all’uscita trova il cibo (rinforzo), imparando quindi velocemente ad uscire dal labirinto; il gruppo B non trova cibo e apprende quindi meno velocemente o apprende di meno, compiendo molti più errori (assenza di rinforzo). Anche il gruppo C non trova cibo, e ha infatti un comportamento analogo al gruppo B fino al 10º giorno; dall’11º giorno in poi trova cibo all’uscita del labirinto, per cui il paradigma stimolo-risposta vorrebbe che questo gruppo cominciasse a comportarsi come il gruppo A nei primi giorni, raggiungendo gli stessi successi nello stesso numero di giorni. Questo però non avviene: solo in un paio di giorni il gruppo C raggiunge il livello del gruppo A, e per questo Tolman sviluppa diverse ipotesi: ● L’apprendimento può venire anche senza rinforzo (il gruppo C hai imparato come uscire dal labirinto durante i primi 10 giorni in cui non ha ricevuto rinforzi) ● L’apprendimento può avvenire anche se non si manifesta alcuna variazione del comportamento → prima dell’esperimento l’idea era che l’apprendimento si manifestasse sotto forma di comportamento; i topi del gruppo C durante i primi 10 giorni non modificano però il loro comportamento, provando l’esistenza del cosiddetto apprendimento latente. L’esperimento mostra che i ratti hanno memoria e che il comportamento viene adottato per ottenere uno scopo, che è un fatto intenzionale, quindi è detto comportamentismo intenzionale. Tolman introduce delle variabili: ● Variabili indipendenti → quelle che lo sperimentatore può manipolare: - Ambientali → relative al tipo di compito da svolgere, agli stimoli forniti per il suo svolgimento e le modalità con le quali verrà svolto 67 - Individuali → fattori individuali di cui lo sperimentatore è a conoscenza e può controllare (EX. età, fattori ereditari, medicine, ecc…) ● Variabili dipendenti → legate al risultato, al livello di apprendimento, e dipendono da quelle indipendenti ● Variabili intervenienti → si frappongono fra quelle indipendenti e quelle dipendenti, influenzando il valore di queste ultime come fanno anche quelle indipendenti; sono variabili specifiche che lo sperimentatore non può controllare ma che può desumere dai risultati (EX. appetito, abilità motoria, forza di volontà, ecc…) 5.7.2 ALBERT BANDURA Albert Bandura è famoso per gli esperimenti sull’apprendimento per imitazione che lo portano a formulare la teoria comportamentista sull’apprendimento sociale. È stato inoltre un’importante figura nel passaggio tra comportamentismo e cognitivismo. ESPERIMENTI CON LA BAMBOLA BOBO Nel 1961 Bandura, Ross e Ross hanno condotto un esperimento su 36 bambini e 36 bambine dai 3 ai 6 anni, dividendoli in tre gruppi e mescolando maschi e femmine: il primo gruppo viene condotto in una stanza con dei giocattoli, e in un angolo vi è un adulto (il modello) che ha a disposizione giocattoli non aggressivi (costruzioni) e aggressivi (martello); tra questi giochi troviamo la bambola BoBo, che se urtata o spinta a terra, si rialza. L’adulto inizia a prendere a pugni la bambola, la lancia, la picchia col martello, usa frasi violente (EX. “picchiala”, “prendila a calci”) e non violente (EX. “è un tipo duro”); tutto questo per verificare il livello di imitazione dei bambini, evitando di compiere azioni aggressive troppo banali che i bambini potrebbero aver visto o appreso in casi precedenti. Il secondo gruppo, in condizioni analoghe, osserva un modello non aggressivo che gioca con le costruzioni. Infine, il terzo gruppo viene lasciato giocare senza alcun modello; l’obiettivo è di verificare se i bambini che hanno assistito al comportamento aggressivo risultano essere più aggressivi (fisicamente e verbalmente) in situazioni che suscitano aggressività: quando i gruppi vengono riportati separatamente in una stanza con dei giochi, ogni bambino si sofferma su un gioco finché non entra un adulto che glielo sottrae sgridandolo (per determinare la condizione di aggressività, poiché l’esperimento non vuole dimostrare che il bambino diventa aggressivo genericamente). Successivamente, i tre gruppi entrano ciascuno in una stanza con giochi non violenti, inclusi però anche la bambola BoBo, un martello e una pistola; 70 attenzione dipende da diversi fattori, come l’interesse o la ricompensa 2. Processi di ritenzione → perché un processo venga ricordato si fa uso o di immagini o di rappresentazioni (codici verbali che descrivono quanto osservato) 3. Processi di esecuzione → anche se il processo è ben ricordato, non è detto che il soggetto sia in grado di eseguirlo senza compiere errori (EX. carenza di abilità motorie, forza insufficiente per svolgerlo, ecc…) 4. Processi di rinforzo (motivazione) → pur avendo prestato attenzione e immagazzinato, si può scegliere di non svolgere un comportamento perché non lo si ritiene corretto o non si è motivati; se per lo svolgimento si prospetta invece un rinforzo positivo, allora il processo può essere svolto IL RUOLO DEL RINFORZO (2) Il paradigma del comportamentismo prevede che uno stimolo causi una risposta, la quale - desiderabile - ottiene un rinforzo come ulteriore stimolo. Il processo di modeling avviene se ha luogo la fase iniziale (attenzione); per garantire l’attenzione si può proporre un rinforzo anticipato (EX. argomentazione sull’importanza di ciò che si va ad osservare), ossia uno stimolo che conduce all’osservazione. Dopo l’osservazione si innescano processi cognitivi (memorizzazione) che determinano o meno la risposta (esecuzione). Per alimentare la motivazione è fondamentale il rinforzo vicario (ottenuto dal modello) che rappresenta per il soggetto osservante l’eventuale rinforzo a posteriori; non è detto però che questo rinforzo vicario garantisca lo svolgimento, l’osservante potrebbe infatti fare delle sue valutazioni in base ad esempio alla propria storia personale, e può capitare talvolta che non si riescano bene a valutare le conseguenze; tuttavia, in entrambi i casi la valutazione determina la successiva eventuale azione. L’auto-rinforzo consiste invece nel determinare per se stessi degli standard di comportamento, i quali - se raggiunti - portano all’autocompiacimento. Si tratta di esperienze di “auto-efficacia” che esercitano effetti notevoli sulla motivazione, e gli aspetti fondamentali sono: ● Ampiezza → quanto si è competenti in un ambito ● Forza → capacità di risollevarsi dopo l’insuccesso ● Generalizzabilità → numero degli ambiti in cui ci si sente competenti IL DETERMINISMO RECIPROCO (3) L’ambiente esterno è determinante per il soggetto, il quale però è anche influenzato dalle sue conoscenze, convinzioni e storia personale. Il suo 71 comportamento può inoltre influenzare l’ambiente circostante, ad esempio facendo in modo che gli altri regolino il loro comportamento. 5.7.3 BENJAMIN S. BLOOM Benjamin Samuel Bloom è importante per la Tassonomia degli obiettivi cognitivi, codificando la procedura di apprendimento denominata Mastery learning (“apprendimento per padronanza”), il cui obiettivo è di condurre la maggioranza degli studenti alla padronanza della disciplina; la sua definizione parte da alcune premesse (1) sul sistema di istruzione e l’osservazione di alcune variabili (2) che influenzano l’apprendimento. LE PREMESSE DELMASTERY LEARNING (1) Bloom afferma che è possibile determinare situazioni di apprendimento in cui quasi la totalità degli studenti può padroneggiare la disciplina: il sistema di istruzione non deve selezionare studenti talentuosi bensì sviluppare talenti, determinando in che modo i ragazzi possano acquisire abilità, concetti e incrementare la capacità di apprendere per non sviluppare un rapporto frustrante con l’apprendimento, ciò che può incidere in futuro negativamente anche sulla vita lavorativa. Bloom individua due problemi legati all’apprendimento e alla valutazione: 1. Tipicamente i docenti ritengono che i risultati debbano essere coerenti all’interno di una classe, ma questo approccio può essere mortificante o falsificatorio. In effetti, in un gruppo classe con numerose prestazioni eccellenti, un ragazzo con una prestazione media verrà collocato tra gli ultimi; al contrario, se lo stesso studente si trovasse in un gruppo con prestazioni mediocri, sarebbe tra i primi: ciò dimostra che il confronto con gli altri non è ideale, e che il successo o il fallimento dovrebbero dipendere dal confronto con uno standard generale piuttosto che con un gruppo di apprendenti. 2. La seconda osservazione è legata alla curva normale (“gaussiana”): 72 Si supponga di descrivere come si distribuiscono i voti in un gruppo classe; sull’asse delle ascisse (orizzontale) si riporta la votazione, mentre su quella delle ordinate (verticale) si riporta il numero di alunni. I docenti si aspettano di osservare alla fine di un ciclo di apprendimento una curva normale della classica forma a campana, con le due code una rivolta verso i voti bassi e l’altra rivolta verso i voti alti; vi è poi un picco centrale in corrispondenza dei voti intermedi: ciò vuol dire che solo una minima parte di studenti può raggiungere risultati eccellenti, con una piena padronanza della disciplina. Inoltre, i docenti credono che i risultati ottenuti rispecchino l’attitudine di partenza dello studente, e che una curva normale di attitudine generale dia una curva normale di risultati; in questo modo, il processo di istruzione avrà semplicemente traslato quell’attitudine verso un voto, per cui è probabile che alunni con attitudine bassa abbiano valutazioni basse. Bloom afferma invece che è possibile portare la maggior parte degli studenti ad una padronanza della disciplina con giuste strategie di insegnamento che forniscano allo studente un feedback costante e personalizzato, come avviene nel Mastery learning; in tal caso, la curva dei risultati non sarebbe più normale, ma avrebbe il picco verso il massimo della valutazione: LE VARIABILI DELMASTERY LEARNING (2) ● L’attitudine è l’ammontare di tempo richiesto allo studente per raggiungere la padronanza; l’attitudine è espressa quindi in termini di tempo necessario per apprendere un contenuto, complesso o basilare che sia, e la padronanza può essere raggiunta se si concedono i tempi adeguati (attitudine minore = bisogno di tempo maggiore). Un problema fondamentale è trovare il modo di ridurre tale quantità di tempo, ad esempio fornendo l’ambiente appropriato o esperienze efficaci. 75 ● Il docente è in grado di giudicare se la sua azione didattica sta avendo ricadute positive sugli studenti o meno ● Lo studente ha un rinforzo costante che genera in lui motivazione La valutazione formativa non deve avere inoltre come esito una votazione, poiché lo scopo è quello di verificare se sia stata raggiunta la padronanza; nel caso in cui ciò non accada, la valutazione deve indicare i punti critici per poter essere intraprese azioni personalizzate. I RISULTATI (3) I risultati delM.L. sono di carattere diverso: ● Risultati cognitivi ● Risultati affettivi Li vedremo meglio in seguito nel paragrafo “La tassonomia degli obiettivi educativi”. L’APPROCCIO COMPORTAMENTISTA Il M.L. è una procedura di apprendimento che può essere inquadrata nell’ambito del comportamentismo per diversi motivi: ● la riduzione dei contenuti in unità elementari riconduce alla pratica comportamentista di scomporre i comportamenti in unità elementari ● Il paradigma comportamentista stimolo-risposta-rinforzo si concretizza nella verifica formativa delM.L. ● Qualora le metodologie di acquisizione della padronanza abbiano esito negativo nella valutazione formativa, vi è la ripetizione dell’unità con metodi alternativi; questo processo ricorda l’apprendimento per prove ed errori teorizzato dai comportamentisti ● tra gli strumenti messi al servizio dell’apprendimento troviamo i software di istruzione programmata, i quali ricordano le macchine per insegnare studiate dai comportamentisti LA TASSONOMIA DEGLI OBIETTIVI EDUCATIVI Le modalità di apprendimento sono suddivise in tre aree, al cui interno vi sono i relativi obiettivi educativi. Bloom propone una tassonomia degli obiettivi educativi (classificazione), approfondendo prima gli obiettivi del dominio cognitivo (conoscenza e sviluppo di abilità intellettive) e successivamente quelli del dominio affettivo (interessi, desideri, attitudini). Il dominio cognitivo riguarda le attività intellettuali e logiche, e gli obiettivi dal più semplice al più complesso sono: 76 ● Conoscenza ● Comprensione ● Applicazione ● Analisi ● Sintesi ● Valutazione Ciascuno di questi è poi articolato in sotto-obiettivi, i quali sono a loro volta articolati in sotto-obiettivi ancora più specifici. Il dominio affettivo è relativo al lato emotivo, agli stati motivazionali che accompagnano l’individuo nel suo percorso di apprendimento; gli obiettivi sono: ● Ricettività ● Risposta ● Valutazione ● Organizzazione ● Caratterizzazione Osserviamo però più nel dettaglio il dominio cognitivo. IL DOMINIO COGNITIVO La tassonomia degli obiettivi educativi del dominio cognitivo rappresenta per Bloom uno strumento di supporto per docenti ed educatori. I compiti della tassonomia sono: ● Descrivere in modo univoco e preciso gli obiettivi per poter discutere la stesura del curricolo e la valutazione con riferimenti oggettivi ● Partire da obiettivi di carattere generale per poi scomporli in categorie più stringenti ● Costruire uno strumento di carattere generale così che la tassonomia possa essere adattata a qualsiasi pratica didattica Gli obiettivi che occorre raggiungere sono espressi in termini di competenze: ● Competenze elementari (EX. conoscenza della terminologia) ● Competenze più complesse (EX. formulazione di un giudizio) E le competenze di livello basilare sono dette Lower Order Thinking Skills (LOTS), quelle più complesse invece Higher Order Thinking Skills (HOTS); il docente dovrà individuare il livello di partenza dell’alunno e fissare un obiettivo da raggiungere, impostando un percorso educativo adeguato. 77 5.8 IL COGNITIVISMO Il neocomportamentismo di Tolman e gli studi di Bandura hanno avuto pian piano accesso alla black box, la mente umana, distanziandosi dal comportamentismo classico. Categorie mentali come lo scopo, la memoria o le variabili interne cominciano ad essere quindi oggetto di studio; sotto il nome di cognitivismo vengono ricondotti movimenti, teorie e studi fondati anche su idee eterogenee, ma accomunati dallo studio della mente. 5.8.1 L’APPRENDIMENTO SECONDO LA PSICOLOGIA DELLA GESTALT LA SENSAZIONE E LA PERCEZIONE Innanzitutto, per comprendere al meglio determinati argomenti è importante chiarire alcuni concetti, a partire dalla differenza tra sensazione e percezione: ● la sensazione è ciò che viene avvertito dagli organi di senso, dotati di strutture in grado di trasformare gli stimoli esterni in impulsi nervosi; questi vengono trasmessi dal sistema nervoso periferico (costituito da nervi) a quello centrale (midollo e cervello). ● la percezione è un processo cognitivo che permette di elaborare le sensazioni; grazie a tale processo l’organismo è in grado di muoversi nell’ambiente circostante L’EMPIRISMO E L’ASSOCIAZIONISMO L’empirismo è una corrente filosofica nata in Inghilterra nella metà del ‘600, ed ha come uno dei maggiori esponenti John Locke; essa si basa sul concetto che la conoscenza avviene tramite l’esperienza: questa produce infatti sensazioni negli esseri viventi, ed essi elaborano idee e organizzano la conoscenza. All’empirismo si può ricondurre in ambito psicologico l’associazionismo, che ha tra i maggiori esponenti Hermann Ebbinghaus: anche secondo questa corrente la conoscenza avviene attraverso l’esperienza, in particolare tramite un’associazione di sensazioni convogliate nella rappresentazione mentale di un determinato oggetto (EX. nella rappresentazione mentale della mela vengono convogliate la sensazione visiva del colore rosso, la sensazione gustativa ed olfattiva del frutto, ecc…). Caratteristica fondamentale dell’associazionismo è la scomposizione della rappresentazione mentale nei suoi elementi elementari, piuttosto che una visione globale della rappresentazione (questo aspetto ricorda il comportamentismo classico che proponeva uno studio molecolare del comportamento). 80 lo compongono). A tal proposito l’autore parla di legge di segmentazione del campo visivo, ossia quei fattori che favoriscono il raggruppamento degli elementi in un insieme unitario. Ciò è determinato dai seguenti fattori: ● Vicinanza → La variabile che garantisce l’emergere di una figura unitaria è la distanza tra gli elementi che la compongono ● Somiglianza → Tendono a unificarsi fra loro elementi che possiedono somiglianze ● Continuità di direzione → Linee rettilinee o curve vengono percepite come unità quando intersecate da altre ● Chiusura → la mente e l’occhio umano vedono come chiuse figure che in realtà non lo sono (EX. se vengono disegnati due semicerchi uno accanto all’altro, l’occhio tenderà a chiudere la figura facendola diventare un cerchio) ● Pregnanza → il sistema percettivo privilegia le soluzioni più stabili ed armoniche Per lo psicologo ha senso un processo che va dall’alto verso il basso, ossia dall’intero alle parti: da qui l’assetto attribuito alla Gestalt “il tutto precede le parti”. L’INSIGHT E IL PENSIERO PRODUTTIVO Secondo lo psicologo l’attività scolastica deve orientare gli studenti nella risoluzione di problemi nuovi piuttosto che riprodurre procedure già apprese in precedenza (come avviene di solito); ritorna dunque il concetto di insight introdotto da Köhler, chiedendosi quali siano i meccanismi cognitivi che permettano di risolvere situazioni mai affrontate prima, oppure che permettano di risolvere in modo più immediato situazioni già vissute in passato. Per pensiero produttivo si intende l’attività mentale che produce nuova conoscenza nell’individuo, e si contrappone al pensiero ri-produttivo che meccanicamente ci porta ad affrontare situazioni nuove o già incontrate, con le stesse vecchie soluzioni senza osservare la problematica in modo originale; in tal caso, si padroneggiano mnemonicamente le regole e si applicano meccanicamente le procedure. 81 5.8.3 JEAN PIAGET Jean Piaget è un cognitivista, ma anche precursore del costruttivismo. L’EPISTEMOLOGIA GENETICA Il punto di partenza del suo approccio teorico è il pensiero di Kant riguardo la conoscenza delle cose, la quale avverrebbe attraverso delle categorie mentali innate (EX. quantità, causa, classificazione): la conoscenza del mondo è quindi influenzata dalla struttura della mente. Gli empiristi (come Locke) ritengono che la conoscenza avvenga invece esclusivamente tramite l’esperienza, rifiutando qualsiasi forma di innatismo: la mente non ha quindi forme di conoscenza che precedono l’esperienza. Kant sosteneva invece che i dati provenienti dall’esperienza fossero poi organizzati nella mente secondo le suddette categorie, che secondo Kant sono immutabili, fisse, e prive di alcune evoluzione durante la vita. Ebbene, Piaget parte dal concetto di categoria di Kant, ma se ne differenzia perché afferma che tali categorie non sono immutabili: lo dimostra infatti riferendosi agli sviluppi delle discipline scientifiche che, dall’epoca di Kant fino al XX secolo, hanno subito radicali trasformazioni. Piaget aggiunge inoltre che la conoscenza va vista come una continua interazione tra ambiente ed organismo: l’ambiente influenza gli organismi e questi ultimi modificano l’ambiente; ci sarebbe dunque un’influenza reciproca, e di conseguenza una relazione molto stretta tra biologia e conoscenza. I concetti che abbiamo appena visto sono alla base della teoria di Piaget, il quale studia come ha origine e come si evolve la conoscenza; la sua è quindi una teoria dell’epistemologia genetica, in quanto il termine “epistemologia” indica lo studio della conoscenza e delle modalità con cui essa si realizza. LA COSTRUZIONE DELLA CONOSCENZA Il concetto di interazione tra soggetto e ambiente ambiente rappresenta il punto di partenza della teoria di Piaget, un’interazione definita trasformazione poiché il processo porta il soggetto ad una conoscenza, e poi quest’ultimo agisce attivamente sull’ambiente si introduce dunque il fondante concetto di azione, che può essere: ● Reale → azione fisica ● Interiorizzata → azione mentale, attraverso la quale si agisce non sugli oggetti ma sulle loro rappresentazioni (EX. catalogare oggetti in quanto appartenenti allo stesso ambiente) 82 Le azioni si devono leggere sia sotto il profilo cognitivo (accesso alla conoscenza), sia sotto il profilo affettivo (volontà di relazionarsi agli altri); esse hanno dunque una doppia dimensione: individuale e sociale. GLI INVARIANTI FUNZIONALI Piaget afferma che esistono degli invarianti funzionali che governano le azioni e che non mutano durante lo sviluppo di una persona. Gli invarianti sono: ● Principio di organizzazione → l’organismo tende ad evolversi in modo che le sue strutture siano in armonia tra loro; nel pensiero si sviluppano delle strutture (modalità di azione o modalità di pensiero che conducono la conoscenza) che si organizzano in modo coerente, e tale organizzazione tende a migliorarsi con il tempo ● Principio di adattamento → il soggetto è in continuo adattamento con l’ambiente, il quale può determinare l’insorgere di un bisogno fisico (EX. mangiare) o intellettivo (EX. conoscere). Tale bisogno determina poi un’azione che incide sull’ambiente esterno, ma che allo stesso tempo è stato determinato dall’ambiente stesso. Questo scambio tra soggetto e ambiente causa una variazione delle strutture del pensiero; l’organizzazione determina dunque la creazione delle strutture, mentre l’adattamento ne comporta una modifica. Questo adattamento avviene tramite due processi: 1. assimilazione → le nuove conoscenze vengono assimilate nelle strutture, quindi il soggetto incorpora nei suoi schemi mentali eventi o oggetti provenienti dall’ambiente esterno 2. accomodamento → si ha quando le nuove conoscenze non possono essere inquadrate in modo coerente nelle strutture, per cui bisogna adeguare tali strutture alle nuove esperienze; ciò comporta dunque la modificazione di uno schema mentale a causa di un apprendimento Questi due processi sono complementari, ciascuno sostiene e implementa la conoscenza; di volta in volta uno dei due può prevalere sull’altro, ma nessuno dei due è mai completamente annullato. L’equilibrio tra i due processi dà luogo all’adattamento, che per il pedagogista è sinonimo di intelligenza (capacità di adattarsi all’ambiente, di entrare in equilibrio con esso). LE STRUTTURE VARIABILI Agli invarianti funzionali si contrappongono le strutture variabili, modificate progressivamente dai primi; si tratta di modalità di pensiero 85 4. Il quarto sotto-stadio va dagli 8 ai 12 mesi ed è caratterizzato dal coordinamento delle reazioni circolari secondarie, secondo schemi sempre più complessi; se rispetto ai riflessi le reazioni circolari hanno un inizio di intenzionalità, in questo sotto-stadio il suddetto coordinamento è caratterizzato da intenzionalità in modo assoluto, poiché le azioni vengono compiute proprio per raggiungere un fine. In questo momento della vita si sviluppa inoltre il concetto di permanenza dell’oggetto: nei primi tre sotto-stadi il bambino concepisce infatti l’esistenza di un oggetto solo se questo è visibile, mentre se scompare allora per il bambino l’oggetto avrà automaticamente cessato di esistere e non verrà quindi più cercato; con il concetto di permanenza dell’oggetto il bambino inizia invece a considerare gli oggetti come permanenti, esistenti anche se scomparsi/non visibili: fino a 8 mesi il bambino rinuncia dunque a cercare un oggetto nascosto poiché non lo vede, mentre dagli 11 mesi lo cerca dove lo ha visto nascondere; ciò significa che se l’oggetto viene poi nascosto in un altro luogo senza che il bambino se ne accorga, quest’ultimo continuerà a cercarlo esclusivamente dove lo ha visto nascondere la prima volta. Dal punto di vista linguistico, in questo sotto-stadio il bambino inizia a pronuncia sequenze di sillabe (EX. “mamama”), le quali non vanno però scambiate per parole. 5. Il quinto sotto-stadio va dai 12 ai 18 mesi ed è caratterizzato da reazioni circolari terziarie, il bambino modifica cioè gradualmente le azioni che ha imparato per osservare l’effetto generato da tali modifiche. Dopo i 12 mesi continua inoltre ad evolversi il concetto di permanenza dell’oggetto, per cui se un oggetto viene spostato in più posti in modo visibile, il bambino lo cercherà nel posto giusto, ossia l’ultimo in cui è stato nascosto. Dal punto di vista linguistico, in questo sotto-stadio si sviluppa il linguaggio olofrastico, ossia il bambino pronuncia solo alcune parole che hanno però il significato di una frase intera (EX. “pappa” significa “voglio la pappa”); le parole vengono inoltre accompagnate da un movimento (EX. “ciao” è accompagnato dal movimento della mano). 6. Il sesto sotto-stadio va dai 18 ai 24 mesi ed è caratterizzato dall’emersione della funzione simbolica, la quale tramite i simboli permette di evocare oggetti e azioni, ma permette anche di creare delle rappresentazioni mentali (immagini mentali) di oggetti e azioni. Le implicazioni di tali creazioni sono: ● l’interiorizzazione delle azioni, cioè la capacità del bambino di eseguire un’azione mentalmente; tale capacità si sviluppa dopo aver 86 sperimentato nella realtà numerose esecuzioni di quell’azione, per cui il bambino la padroneggia a tal punto da riuscire a prefigurarne il risultato senza doverla eseguire realmente ● il bambino realizza rappresentazioni mentali degli oggetti costituite da un’immagine simbolica degli oggetti stessi, ricavate dall’esperienza avuta con essi. Tale capacità porta al completo sviluppo del concetto di permanenza dell’oggetto: il bambino ora è in grado di operare infatti una ricerca dell’oggetto anche se non ho visto dove è stato nascosto ● lo sviluppo del linguaggio, poiché la rappresentazione mentale permette al bambino di creare frasi con cui riferirsi ad azioni passate o ad oggetti non presenti. Il linguaggio viene quindi utilizzato in modo referenziale, poiché la sua funzione non è più limitata alla descrizione di azioni o oggetti presenti La rappresentazione mentale di azioni passate permette due attività: 1. Ripetizione in differita di azioni che il bambino ha visto compiere; tale ripetizione è possibile solo se si ha una rappresentazione mentale di tale azione 2. Gioco di finzione, ossia l’imitazione di azioni che il bambino ha visto compiere agli adulti (EX. il bambino canta la ninna nanna ad una bambola poiché l’ha visto fare ai genitori) La funzione simbolica è anche detta funzione semiotica poiché delinea in modo chiaro la distinzione tra significato e significante: ● il linguaggio è costituito da significanti (le parole) e significati (oggetti o azioni a cui si riferiscono le parole) ● le immagini/rappresentazioni mentali sono dei significanti che si riferiscono a oggetti o azioni (significati). LO STADIO PREOPERATORIO Questo stadio va dai 2 ai 7 anni e si suddivide in due sotto-stadi che evidenziano strutture mentali via via più complesse. Tuttavia, questo stadio è caratterizzato da compiti che il bambino non riesce ancora a svolgere poiché non ancora in grado di fare ragionamenti che coinvolgano operazioni logiche (“preoperatorio”). 1. Il primo sotto-stadio va dai 2 ai 4 anni ed è costituito dalla cosiddetta fase preconcettuale o fase del pensiero simbolico: in questo momento infatti si afferma definitivamente la funzione simbolica, la quale come abbiamo visto consente un notevole 87 sviluppo del linguaggio; inoltre, durante questa fase il pensiero del bambino presenta ancora dei limiti dovuti ai preconcetti: nel preconcetto la distinzione tra concetto generale ed evento individuale non è ancora delineata (EX. con il concetto di “lumaca” si indica la generica classe di lumache, e non una lumaca specifica; eppure, osservando sua figlia, Piaget afferma che la bambina nel vedere l’insetto dice “la lumaca”, utilizzando l’articolo determinativo come se quello non fosse un evento individuale. In effetti, dopo un po’ la figlia vede un’altra lumaca e si esprime nuovamente allo stesso modo, sostenendo che questa fosse la stessa vista in precedenza). 2. Il secondo sotto-stadio va dai 4 ai 7 anni ed è costituito dalla cosiddetta fase del pensiero intuitivo: il bambino in questo momento fa ragionamenti intuitivi basati sulla percezione dei fatti osservati e sulla loro valutazione. Il pensiero intuitivo si sostituisce dunque al pensiero logico caratteristico degli stadi successivi: questa assenza di logica renderà difficile al bambino effettuare sia una classificazione degli oggetti sulla base delle loro caratteristiche, sia una seriazione degli oggetti (ordinarli) sulla base di una data qualità. La seriazione è inoltre importante perché permette l’acquisizione della proprietà transitiva (EX. il bambino confronta il bastoncino A con il bastoncino B, ed osserva che il primo è più lungo; successivamente confronta il bastoncino B con il bastoncino C, ed osserva che il primo è più lungo. Tuttavia, in questo sotto-stadio il bambino non sarà ancora in grado di dedurre logicamente che il bastoncino A è più lungo di C, poiché ancora sprovvisto della proprietà transitiva). A livello linguistico, essendo il bambino in grado di creare molteplici rappresentazioni mentali durante questo stadio, svilupperà ulteriormente il suo linguaggio; suddette rappresentazioni mantengono però ancora due limiti, che vedremo qui di seguito. LIMITE 1 Le azioni interiorizzate mediante rappresentazioni mentali conservano alcune caratteristiche delle azioni reali che il bambino ha svolto o ha visto svolgere; quando osserva poi nuovi eventi, il bambino associa questi ultimi ad azioni di cui conserva le rappresentazioni mentali, e questo fenomeno causa il cosiddetto egocentrismo del pensiero (EX. osservando il sole muoversi nel cielo, il bambino associa tale movimento a quello che egli stesso compie; per il bambino quindi il sole si sforza quando si muove, e si muove perché ha una finalità: l’aspetto egocentrico consiste dunque nell’attribuire al sole una natura analoga alla propria). 90 ● operazioni di classificazione/addizione → il bambino comprende il significato di classe e sottoclasse. Inoltre, se si addizionano due sottoclassi si forma una classe superiore (EX. unendo le sottoclassi di “perle nere” e “perle bianche” si ottiene la classe di “perle di legno”), mentre l’operazione inversa è la sottrazione di classi (EX. se dalla classe delle “perle di legno” si sottraggono le perle bianche, si ottengono le due sottoclassi di “perle bianche” e “perle nere”). Tale operazione rappresenta la conquista della reversibilità del pensiero. ● operazioni di moltiplicazioni di classi → il bambino riesce a costruire una nuova classe intersecando caratteristiche specifiche di due classi diverse; si raggruppano dunque elementi non solo in base ad una loro singola caratteristica, ma basandosi anche su due caratteristiche contemporaneamente (EX. osservando un gruppo di oggetti, il bambino può raggruppare non solo tutte le sfere, ma anche tutte le sfere verdi) ● operazioni di seriazione additiva → il bambino riesce a mettere in ordine un insieme di oggetti secondo una caratteristica specifica (EX. ordina una serie di bastoncini in base alla loro lunghezza in modo crescente). Anche i bambini dello stadio precedente riescono a ordinare, ma solo parzialmente: alla fine dello stadio preoperatorio possono infatti ordinare i bastoncini, ma se viene dato loro un ulteriore bastoncino da collocare all’interno della sequenza dovranno disfare tutto e ricominciare da capo; nel periodo delle operazioni concrete invece, tale problema viene risolto poiché i bambini riconoscono la proprietà transitiva (EX. se A è più grande di B, e B più grande di C, allora A>C; il bambino riuscirà inoltre ad individuare anche la relazione inversa C<A) ● operazioni di seriazione moltiplicativa → il bambino riesce ad ordinare in base a due caratteristiche contemporaneamente (EX. ordina dei recipienti sia in base all’altezza che alla larghezza) Si noti che in ciascuno di questi raggruppamenti è possibile individuare sia l’operazione diretta sia quella inversa. Queste non sono però le uniche operazioni di cui il bambino dispone, ma a queste si aggiungono le operazioni infralogiche, che riguardano le relazioni tra un oggetto e le parti che lo compongono. A ciascun raggruppamento logico corrisponde dunque un raggruppamento infralogico: la classificazione/addizione ha la sua corrispondenza infralogica nell’addizione partitiva, cioè lo scomponimento ed il ricomponimento (azione inversa) di un oggetto nelle sue varie parti. I raggruppamenti logici e infralogici permettono così al bambino di risolvere 91 i problemi di conservazione della quantità, del numero, della sostanza o del peso mediante operazioni di seriazione moltiplicativa o mediante l’addizione partitiva. L’emergere di una di queste due operazioni porta dunque alla risoluzione di tutti quei problemi; tuttavia, alcuni vengono risolti prima di altri per il fenomeno del décalage (“dislivello”), poiché hanno gradi differenti di concretezza, è quest’ultima è uno dei fattori fondamentali per la risoluzione di un problema. Inoltre, con la comparsa del pensiero reversibile vi è la scomparsa dell’egocentrismo (il bambino ora osserva i fenomeni dalla prospettiva altrui), e di conseguenza scompaiono anche animismo, artificialismo e finalismo. LO STADIO DELLE OPERAZIONI FORMALI Questo stadio va dai 12 ai 16 anni, quando il ragazzo sviluppa la capacità di giudizio e comprende la relatività dei punti di vista; un periodo in cui continua a svolgere operazioni di classificazione (additiva o moltiplicativa) e di seriazione (additiva o moltiplicativa) anche per le idee/cose astratte. Piaget osserva che il seguente esperimento non può essere risolto prima degli 11 anni, ovvero prima di questo stadio: “la bambina A è più bionda della bambina B, la quale è più castana della bambina bambina C; chi è la più scura?” Il bambino nello stadio operativo concreto svolge semplici operazioni di seriazione, ordinando in base al colore dei capelli; tuttavia, l’astrazione di termini come “biondo” o “castano” (le tre bambine non sono fisicamente presenti) impedisce al bambino di risolvere correttamente il problema. Nella fase delle operazioni formali invece (dai 12 anni) il bambino riesce ad applicare operazioni di classificazione e seriazione anche su cose più astratte. Durante questo stadio nasce inoltre il pensiero ipotetico deduttivo: il bambino riesce a fare ragionamenti logicamente corretti senza partire da una particolare esperienza e senza dover controllare l’esito del ragionamento nella realtà; si sviluppa dunque la capacità di stabilire relazioni logiche tra leggi generali e fatti particolari. LA CONCEZIONE PEDAGOGICA E DIDATTICA Vediamo infine un ultimo aspetto della pedagogia di Piaget, ossia il legame tra azione e operazione: egli parte da azioni concrete che il bambino svolge e con le quali impara, le quali vengono interiorizzate come rappresentazioni mentali; da queste azioni interiorizzate nascono poi secondo Piaget le operazioni mentali, il pensiero del ragazzo: tra pensiero, apprendimento e attività pratica vi è dunque un forte legame, o in altre parole, vi è un forte legame tra Piaget, le scuole nuove e l’attivismo. 92 Tuttavia, l’approccio suggerito dall’autore è scientifico, poiché la sua teoria psicologica mira ad aiutare l’educatore a proporre al bambino attività consone alla sua fase di sviluppo, iniziando con problemi di classificazione e seriazione concreta per poi passare a problemi più astratti; così facendo l’educatore può avere un feedback sul livello cognitivo raggiunto dall’alunno, verificando se quest’ultimo sia o meno nella media della sua età anagrafica. Per fare ciò, gli insegnanti devono avere un’adeguata formazione di carattere psicologico. 5.8.4 LEV SEMËNOVIČ VYGOTSKIJ Lev Semënovič Vygotskij è il massimo esponente della scuola storico-culturale, secondo cui lo sviluppo delle facoltà psichiche è influenzato tanto da fattori biologici quanto da quelli storici, sociali e culturali. Lo psicologo ha inoltre apportato contributi importanti nello studio del rapporto tra pensiero e linguaggio, affermando che quest’ultimo ha la funzione di regolare il pensiero. Inoltre Vygotskij ha introdotto il concetto di zona di sviluppo prossimale. LA FUNZIONE DEL LINGUAGGIO NELLO SVILUPPO DEL BAMBINO Vygotskij ha affrontato la problematica del linguaggio come strumento di sviluppo cognitivo, come vedremo nei seguenti paragrafi. IL LINGUAGGIO EGOCENTRICO COME FORMA ESTERNA DI LINGUAGGIO INTERIORE Vygotskij parte da esperimenti sull’insight di Köhler, affermando che prima dello sviluppo del linguaggio i bambini fanno un uso degli strumenti simile a quello delle scimmie di Köhler: di fronte ad un compito da svolgere fanno tentativi confusi e caotici, mentre con l’insorgere del linguaggio questi atteggiamenti sembrano svanire; se posto di fronte ad un compito da svolgere mediante degli strumenti, si può notare che il bambino spontaneamente parla mentre li adopera. Si possono notare in particolare due caratteristiche del linguaggio: ● Il parlare sembra una necessità, come se permettesse al bambino di svolgere quel determinato compito; egli descrive infatti le azioni che esegue, e interrompendo il linguaggio si congelano anche le azioni. ● maggiori sono le difficoltà del compito, maggiore sarà la tendenza a parlare Un simile fenomeno viene anche osservato da Piaget, il quale parla infatti di linguaggio egocentrico: egli afferma infatti che il bambino mentre 95 Inoltre, l’introduzione dei segni permette di compiere una vera e propria scelta del tasto da premere piuttosto che un tentativo casuale, manifestando una volontà da parte del bambino e un diverso livello di attenzione verso gli stimoli circostanti. L’utilizzo dei segni ha quindi determinato un comportamento ragionato ed auto-regolato come quello causato dal linguaggio nei precedenti esperimenti: in entrambi i casi infatti sia i segni che il linguaggio fungono da guida dell’azione. L’introduzione dei segni interrompe dunque il comportamento animale dell’uomo, dirigendo quest’ultimo verso un comportamento mediato dalla cultura (i simboli) e verso funzioni psichiche superiori; vi sono infatti due tipi di funzioni psichiche: 1. funzioni psichiche inferiori → tipiche degli animali, caratterizzate dalla fusione di percezione, memoria e abilità motoria; queste funzioni sono il risultato di un’evoluzione biologica e sono stimolate dall’ambiente (EX. permettono di utilizzare un attrezzo con le mani per svolgere un compito) 2. funzioni psichiche superiori → entrano in gioco quando si usano i sistemi simbolici (i segni) o il linguaggio; simboli e linguaggio sono strumenti diversi da quelli fisici (gli attrezzi) poiché permettono di svolgere compiti di livello superiore, e sono un riflesso tanto dell’evoluzione biologica quanto dello sviluppo storico, culturale e sociale. Lo sviluppo dell’uomo è quindi influenzato sia da fattori biologici, sia da fattori storici, culturali e sociali. Un esempio di accesso alle funzioni psichiche superiori è l’accesso alla memoria, che può avvenire tramite stimoli provenienti dall’ambiente; l’uomo può inoltre potenziare la propria memoria tramite strumenti specifici come i simboli. Vediamo a tal proposito un esperimento proposto da Vygotskij: ad alcuni bambini tra i 6 ed i 7 anni vengono mostrate figure colorate, e quando ciascuna figura scompare essi devono indicare i colori visti senza ripetere lo stesso colore e senza nominare i due colori proibiti; il compito coinvolge memoria e attenzione, poiché bisogna memorizzare i colori e prestare attenzione a non ripeterli o a non dire quelli proibiti. Durante la seconda fase vengono fornite ai bambini delle carte colorate con su dei segni/simboli per organizzare più efficacemente le risposte (EX. I bambini possono mettere da parte le carte con i colori proibiti e quelle con i colori già detti); l’introduzione dei simboli ha quindi portato all’uso di funzioni psichiche superiori, permettendo finalmente di svolgere un compito difficile: in altre parole, i simboli (così come il linguaggio) 96 rappresentano strumenti culturali che favoriscono il potenziamento della memoria (e quindi delle funzioni psichiche superiori). LA FORMAZIONE DEI CONCETTI Vygotskij presenta uno studio sulla formazione dei concetti, proponendo un ulteriore esperimento tramite l’utilizzo di oggetti che si legano o differenziano tra loro per una o più caratteristiche. Vi sono una serie di blocchi che vengono raggruppati in insiemi in base a più caratteristiche, e ad ogni insieme viene dato un nome. Il primo insieme Gur raggruppa oggetti piccoli e quadrati (i “blocchi”), e ogni oggetto appartenente a questo gruppo prende il nome del gruppo stesso (lo stesso vale per gli altri gruppi). I nomi dei vari gruppi sono poi scritti sotto i rispettivi blocchi, senza che i bambini possano leggerli (per i bambini che non sono in grado di leggere si utilizzano dei simboli). Lo sperimentatore mischia dunque i blocchi e ne prende uno a caso, mostrandone la scrittura al di sotto e chiedendo al bambino: “questo è un Gur, vuoi trovarmi gli altri Gur?”. Il bambino raggruppa dunque gli oggetti che ritiene appartenenti allo stesso insieme Gur, e lo fa secondo un criterio più o meno fondato (fase del sincretismo/dei mucchi); lo sperimentatore ha due scelte: sollevare uno degli elementi errati selezionati dal bambino oppure prendere uno degli elementi corretti ma non selezionati, in entrambi casi invitando il bambino a riprovare per osservare se e come sia in grado di formare progressivamente il concetto di Gur (fase dei complessi). Si tratta di un esperimento svolto secondo il metodo della doppia stimolazione poiché al bambini vengono forniti due stimoli: la visione dei giocattoli e il nome del gruppo (“Gur”), ossia ciò che dovrebbe aiutarlo ad accedere alle funzioni psichiche superiori. Ebbene, Vygotskij individua in base all’età dei bambini caratteristiche diverse delle soluzioni da loro proposte; la prima fase è definita fase del sincretismo o fase dei mucchi, in cui i bambini collezionano gli oggetti: ● casualmente (per prove ed errori) ● per vicinanza ● secondo preferenze personali La seconda fase è quella dei complessi, ossia aggregazioni di oggetti secondo la logica; si tratta di una fase intermedia verso la formazione del concetto, durante la quale il bambino agisce su due campi: 1. campo analitico → il bambino analizza le proprietà degli oggetti e le separa mettendole in evidenza 97 2. campo sintetico → il bambino raggiunge una sintesi accomunando gli oggetti secondo le varie proprietà messe in evidenza Il bambino approccia dunque il compito sotto due diverse prospettive: 1. operare sulla similarità 2. operare sulla funzione Il bambino procede quindi in vari modi: ● per associazione → sceglie un oggetto che sarà il capogruppo, ossia un oggetto che associa a se stesso tutti gli altri ● per collezione → colleziona oggetti differenti che non hanno nulla in comune ● per catene → sceglie un oggetto A e ad esso lega l’oggetto B per un determinato fattore; associa poi l’oggetto B con l’oggetto C secondo un fattore diverso dal precedente ● per diffusione → collega tra loro oggetti con caratteristiche simili ma, non essendo padrone dell’ambito nel quale ha scelto di raggruppare gli oggetti, commette degli errori Tali modalità di risoluzione di un compito indicano l’associazione della parola fornita (“Gur”) a determinate caratteristiche; il significato della parola comincia quindi a prendere forma in un’unità che non è ancora il “concetto”, bensì il cosiddetto “complesso”. Il punto di arrivo di questa fase è lo pseudo-concetto, quando il bambino associa alla parola data il suo reale significato, ossia quello inteso dallo sperimentatore (periodo dell’adolescenza). Vygotskij parla di “pseudo-concetto” poiché il compito assegnato ha un limitato livello di astrazione, mentre per formarsi il concetto ha bisogno di un livello di astrazione superiore; tuttavia, questa è per il pedagogista la strada che porta il bambino alla formazione di concetti generali. LA RELAZIONE TRA SVILUPPO E APPRENDIMENTO Vygotskij affronta il rapporto tra sviluppo del bambino e apprendimento, delineando le tre maggiori correnti di pensiero della prima parte del XX secolo: 1. approccio di Piaget → apprendimento e sviluppo sono indipendenti; lo sviluppo avviene per tappe biologiche, mentre l’istruzione avviene successivamente poiché il bambino apprende quando è pronto da un punto di vista biologico