Scarica Riassunto del Manuale "Sociologia delle disuguaglianze: teoria, metodi e ambiti" e più Dispense in PDF di Sociologia solo su Docsity! RIASSUNTO DEL MANUALE “SOCIOLOGIA DELLE DISUGUAGLIANZE: Teorie, metodi, ambiti” A cura di Orazio Giancola e Luca Salmieri Capitolo 1: LE DIFFERENZE SOCIALI Le DIFFERENZE SOCIALI sono costitutive di tutte le società umane, per questo la società può essere definita come un sistema di differenze. Per differenze sociali intendiamo tutte quelle caratteristiche degli individui e dei gruppi che li distinguono gli uni dagli altri e che sono socialmente rilevanti. Vi sono due principali tipi di differenze sociali: - DIFFERENZE ASCRITTE, ereditate per nascita e che risultano dall’insieme di vantaggi e svantaggi che conseguono dal nascere femmina o maschio, nell’ambito di un determinato sistema sociale ecc ecc; - DIFFERENZE ACQUISITE, che dipendono dalle scelte e dalle azioni che compiamo nel corso della nostra esistenza, in particolare dalle performances che connotano il nostro percorso formativo e professionale. Le teorie della modernizzazione contribuiscono a ridimensionare l’importanza delle identificazioni ascritte, che sarebbero state sostituite da quelle acquisite. Tale convinzione nella società americana si è incarnata nel mito del self-made man, secondo cui l’uomo, partendo da umili origini, può raggiungere il successo affidandosi alle proprie capacità, alleggerendo il peso delle differenze ascritte. In tutte le società democratiche, a partire da quelle europee, si è mirato a ridurre il peso delle disuguaglianze d’origine, imponendo i principi del merito e del bisogno come criteri d’accesso alle risorse e alle opportunità. TUTTAVIA, perfino nelle società più democratiche e aperte, lo status ascritto mantiene un’indiscutibile rilevanza perché: - determina la dotazione iniziale di risorse a disposizione di un individuo; - influisce sulla quantità e qualità delle opportunità di vita degli individui. Altra distinzione è tra DIFFERENZE NATURALI (proprietà e attributi inerenti al genere, all’età, alla generazione d’appartenenza, ai tratti somatici, al territorio, all’ambiente naturale) e DIFFERENZE SOCIALI (proprietà e attributi inerenti alla lingua, alla religione, il costume, il lavoro, l’educazione). Queste concorrono al processo di differenziazione sociale, processo tramite il quale le parti di una collettività acquisiscono identità sociali distinte in termini di funzione, attività, cultura. Esso dà inoltre vita alla struttura sociale. Le differenze sociali sono in relazione con le disuguaglianze sociali. - DIFFERENZE: indicano delle caratteristiche degli individui. Richiamano i concetti di alterità ed eterogeneità, ponendosi all’opposto della somiglianza e dell’assimilazione. - DISUGUAGLIANZE: accesso e/o possesso differenziato di talune risorse e opportunità (es: guadagnare di più rispetto ad altri). Le disuguaglianze sono collegate alle differenze sociali perché alcuni gruppi, identificabili in base a qualche loro specifica caratteristica ascritta o acquisita, risultano sistematicamente avvantaggiati o svantaggiati. Capitolo 2: LO SVILUPPO DELLE TEORIE SULLE DISUGUAGLIANZE È possibile considerare tre diverse modalità con cui è stato trattato il tema a partire dal secondo dopoguerra: 1. Le classi come base e fondamento delle disuguaglianze strutturate, cioè derivate dal possesso delle risorse economiche e del potere. 2. Le classi come gruppi distinti per prestigio, status, reputazione, stile di vita. 3. Le classi viste come reali o potenziali attori sociali e politici. Nell’accezione che più ci preme indagare, le cassi sono gruppi relativamente omogenei che si differenziano in base alla quantità di risorse materiali e simboliche che riescono ad assicurarsi nella competizione che si svolge all’interno della società capitalistica. PARSONS E LA STRATIFICAZIONE SOCIALE NEL FUNZIONALISMO La sociologia americana del secondo dopoguerra, soprattutto la versione struttural-funzionalista, si sforzò di ridurre le disuguaglianze sociali ad una mera questione di stratificazione sociale: ogni CARATTERISTICA UMANA, dunque, doveva essere inserita in un sistema di divisione gerarchico su scale che riguardavano il reddito, lo status, l’istruzione o la professione, il prestigio, il benessere, la salute o l’intelligenza ecc. La posizione dell’individuo secondo ciascuna di queste dimensioni e le eventuali forme di mobilità che ne potevano conseguire erano concepite come prove dei processi di UGUAGLIANZA DELLE OPPORTUNITÀ, secondo una rappresentazione che poneva tutti i soggetti uguali ai blocchi di partenza, ma ciascuno in una differente posizione di classifica una volta che la vita sociale l’avrebbe calato nei regimi di competizione. Nella sociologia di Parsons, la STRUTTURA SOCIALE è l’ambiente in cui i soggetti interagiscono, ma è al contempo anche l’esito delle interazioni funzionali degli attori. (wikipedia: le relazioni che intercorrono tra le parti della società sono di tipo funzionale, ovvero ogni elemento svolge un particolare compito che, unito a tutti gli altri, concorre a creare e mantenere l'equilibrio e l'ordine sociale. Esiste dunque, per il funzionalismo, uno STATO DI EQUILIBRIO nella società che si ha quando ogni parte svolge correttamente il proprio compito). L’aggregazione dei diversi status/ruoli degli individui è alla base della FORMAZIONE DELLE CLASSI che producono diversi strati sociali, ciascuno di questi connotati da valori e obiettivi desiderabili. **Definizione di STATUS: Lo status sociale identifica la posizione che un individuo occupa, in una prospettiva spazio-temporale, nei confronti di altri soggetti all'interno di una data comunità organizzata. Lo status è una delle componenti principali della stratificazione sociale, il modo in cui le persone sono collocate gerarchicamente in una società. I membri di un gruppo con status simile interagiscono principalmente all'interno del proprio gruppo e in misura minore con quelli di status superiore o inferiore in un sistema riconosciuto di stratificazione sociale. Parsons poi distingue tra: - STATUS ASCRITTO: questo è assegnato in base alle proprie caratteristiche naturali, fisiche o psichiche, quali l'età, il sesso, la salute fisica e il genere. - STATUS ACQUISITO: una condizione sociale che si acquisisce e si può modificare nel corso della vita attraverso opportunità, capacità e volontà personali, come quando, ad esempio, una persona acquisisce un certo titolo di studio oppure consegue determinati risultati o riesca a ritagliarsi un ruolo importante nel mondo del lavoro. Il need for achievement è l’orientamento all’autorealizzazione che, nei processi di selezioni, l’individuo persegue spinto dal desiderio di superare le posizioni ascritte, tipico delle società industriali, moderne e democratiche e che definisce impegni e capacità premiate da un sistema meritocratico. Il dibattito sulla stratificazione sociale da parte dei teorici funzionalisti ha avuto inizio nel 1945, con la pubblicazione dell'articolo di K. Davis e W.E. Moore. La loro tesi di fondo è che "la principale necessità funzionale che spiega la presenza universale della stratificazione è precisamente l'esigenza sentita da ogni società di collocare e motivare gli individui nella struttura sociale". Ciò significa che l'esistenza della stratificazione sociale, delle disuguaglianze sociali giustificate dal merito, è per i funzionalisti un fatto non solo inevitabile, ma anche necessario al buon funzionamento della società stessa, poiché questa svolge delle "funzioni vitali", indispensabili alla sopravvivenza del sistema sociale. Nell’analisi del concetto di SISTEMA SOCIALE, il fine di Parsons era quello di spiegare le singole parti attraverso la collocazione all’interno di un sistema più vasto e cioè di collocare la sfera economica, politica, culturale, psicologica all’interno del sistema sociale. Ogni sistema dev'essere in grado di svolgere almeno QUATTRO FUNZIONI. Parsons produsse una teoria generale per l’analisi della società, combinando azione sociale e struttura in un’unica teoria. La TEORIA GENERALE DELL’AZIONE si fonda sul presupposto dell’esistenza di un sistema come un insieme di parti che è capace di autoregolazione e in cui ogni parte svolge una funzione necessaria alla riproduzione dell'intero sistema. Tale schema prevede 4 ambiti analitici: - Funzione di adattamento: garantisce al sistema sociale il suo mantenimento rispetto all’ambiente materiale (svolta dal sottosistema economica); - Funzione di raggiungimento dello scopo: si riferisce al fatto che il sistema sociale tende a perseguire determinati scopi in relazione all’ambiente materiale (svolta dal sottosistema politico); - Funzione di integrazione: assolve alla necessità che le varie parti del sistema tendano ad una coerenza generale (svolta dal sottosistema giuridico); - Funzione di conservazione del modello latente: si riferisce alle informazioni di livello simbolico che circolano nel sistema affinchè questo resti aderente ai valori condivisi dagli attori sociali. (svolta dal sottosistema culturale e psicologico). Capiamo bene che la concezione di Parsons è quella di un sistema chiuso e autoriproducentesi, rispetto al quale alcune variabili esterne, provenienti dall’ambiente materiale, intervengono ad alterare i meccanismi altrimenti statici di riproduzione sociale. Vi sono, però, anche cause di mutamento che hanno una radice interna al sistema e sono: - DEVIANZA: derivante da una socializzazione imperfetta. Esempio: quando i genitori non riescono ad educare adeguatamente il bambino o si rifiutano di farlo. - INNOVAZIONE SOCIALE: si produce per effetto di interpretazioni di ruolo diverse da quelle istituzionalizzate dalla prassi oppure per effetto di minoranze che aderiscono a nuovi valori. Sebbene la tendenza predominante sia verso l’integrazione, la conformità, l’equilibrio, Parsons ammette la possibilità che il sistema si trasformi. All'interno di ogni società esistono, quindi, alcune mansioni che richiedono speciali capacità e che hanno una maggiore "importanza funzionale" di altre, perché appunto contribuiscono più di altre all'equilibrio e al funzionamento del sistema sociale nel suo insieme. Secondo questa prospettiva la stratificazione si struttura come un'offerta differenziale di varie posizioni, ciascuna dotata di una propria misura di prestigio, la quale fa sì che gli individui, a seconda della posizione in cui si collocano, diventino socialmente diseguali. La DISUGUAGLIANZA MERITOCRATICA è giustificata dal fatto che il contributo dei vari gruppi professionali alla società industriale è differente e per questo motivo è necessario che le posizioni sociali siano distinte e ricompensate con livelli di reddito e prestigio (ricompense "materiali" e "morali") adeguati al contributo che arrecano alla società: occorre cioè fare in modo che le posizioni che queste persone occuperanno godano di un livello di reddito e di prestigio maggiore rispetto alle altre. Il paradigma sociologico, inteso come FUNZIONALISMO NORMATIVO dominante negli USA nel secondo dopoguerra, si fondava su assunti che giustificavano le disuguaglianze materiali in una società di individui politicamente e giuridicamente uguali. - Le ricompense disuguali forniscono una struttura di incentivi che garantisce che gli individui dotati di maggior talento si impegnino a lavorare e innovare, contribuendo così al miglioramento degli standard materiali della società nel suo complesso. - Nella società esiste consenso intorno alla legittimità delle loro ricompense superiori, in quanto gli innovatori sono funzionalmente più importanti. - Il prestigio attribuito alle diverse occupazioni corrisponde alla quantità di ricompense materiali e potere che caratterizza le occupazioni stesse, facendo sì che le disuguaglianze economiche sono considerate legittime dalla maggior parte della popolazione. - Le somiglianze nella stratificazione occupazionale di diversi paesi dell’Occidente avanzato riflettono l’esistenza di una logica: tutte le società industriali e moderne richiedono una divisione del lavoro simile e dunque anche simili strutture di prestigio occupazionale e di classe. Nel corso dei decenni in cui il funzionalismo sociologico divenne dominante la sociologia americana e quella europea hanno proposto metodi alternativi per spiegare le DINAMICHE DI CONSENSO per la stratificazione socioeconomica del capitalismo. Una prima analisi di questo tipo fu condotta negli Stati Uniti nel pieno della Seconda guerra mondiale da Warner e Lunt: i risultati mostrarono che le percezioni, le definizioni e le reputazioni che le persone sviluppano circa le differenze di classe sono importanti almeno quanto lo sono i dati oggettivi relativi alle ricchezze ai redditi e alle professioni. **TEORIA REPUTAZIONALE: il posto che una persona occupa nella gerarchia sociale non è determinato da fattori economici, ma dal giudizio espresso da membri della comunità di appartenenza. La visione funzionalista delle disuguaglianze sociali scommetteva sulla possibilità per i paesi occidentali di eliminare queste disuguaglianze fino alla struttura meritocratica, eliminando quelle dovute a discriminazioni, ingiustizie e valori del passato. A suo avviso, i PRINCIPI DELLA MERITOCRAZIA e DELL’UGUAGLIANZE DELLE OPPORTUNITÀ erano quasi a pieno regime nella società USA del secondo dopoguerra. Tali valori comprendevano: pertanto fortemente limitata: essi, per sopravvivere, sono costretti a scambiare sul mercato le risorse meno significative di cui sono in possesso, spesso la sola forza lavoro, in condizioni di inferiorità e subordinazione. Nel mercato, le classi più elevate si differenziano dalle classi più basse sulla base del capitale di cui dispongono. Nella prospettiva neoweberiana, quindi, le relazioni sociali mediate dal mercato, la disposizione al possesso materiale, distribuita tra gli uomini in maniera diversificata, determina, dunque, diverse possibilità di esistenza, a seconda di ciò che l’individuo è capace di portare nel mercato. A differenza di Marx, secondo W. le disuguaglianze nelle opportunità di vita non strutturano automaticamente schemi di sfruttamento e di dominio, ma determinano i redditi, le carriere e le opportunità di benessere delle persone che partecipano agli scambi. Dunque se il modello marxista vede due nessi causali generati sempre dalla relazione di classe, cioè una società in cui una classe possiede del capitale e l'altra no, il modello weberiano si basa solo unico nesso causale calato nella SFERA DEGLI SCAMBI.; infatti estende le relazioni di scambio ben oltre la produzione in senso stretto includendo gli ambiti del consumo, del credito e del potere politico. Tuttavia la logica sociale del capitalismo riguarda sempre e comunque lo scambio economico. **Ai non possidenti è preclusa la possibilità di acquistare beni di un certo pregio, mentre i possidenti si ritrovano in una condizione di monopolio relativa all’acquisto. I non possidenti possono offrire soltanto le loro prestazioni di lavoro, in natura o sotto forma di prodotti realizzati con il loro stesso lavoro e poi venduti, al fine di trarre le risorse per la sopravvivenza. I possidenti possono, invece, impiegare i loro possessi in investimenti al fine di trarne del profitto. Le situazioni di classe si differenziano in base alle differenze qualitative e quantitative delle risorse possedute, differenze che incidono, appunto, sulle opportunità di vita. Le quattro classi risultanti sono i gruppi imprenditoriali e proletari, la piccola borghesia, lavoratori con credenziali formali (classe media) e coloro che come unica risorsa hanno la forza lavoro (classe operaia). APPROCCIO DURKEMINANO: Sorensen Durkheim aveva sostenuto che le ASSOCIAZIONI DEI LAVORATORI sarebbero potute diventare le principali forme di organizzazione con un ruolo interposto tra lo Stato e gli individui: il vantaggio che i gruppi professionali offrono è di abbracciare tutti coloro che sono dediti ad un settore produttivo, integrando le diverse componenti sociali. Gli approcci neo D. si sono concentrati sui processi sociali in base ai quali l'appartenenza ad una determinata classe è ristretta coloro i quali ne hanno le caratteristiche di esigibilità. Prendendo spunto dalla soluzione a due classi, controllori delle risorse economiche e subordinati, i modelli ND la ampliano ed enfatizzano il ruolo di associazioni e organizzazioni: nella maggior parte dei casi i meccanismi di chiusura di tali categorie non rispondono a specifici interessi di classe, ma più precisamente garantiscono l'entrata in termini di qualità e caratteristiche professionali definite. Se per neo marxisti i meccanismi di chiusura sociale sono uno strumento per le rendite di posizione delle classi elevate, per D costituiscono invece un veicolo per perseguire i legittimi interessi di contesto. Tuttavia anche se non in termini aggregati la chiusura professionale costituisce un moltiplicatore delle disuguaglianze economiche e sociali quando le opportunità di mobilità sono limitate, con gruppi professionali che erigono barriere che di fatto impediscono ad altri soggetti di puntare impieghi di maggiore prestigio: si verifica allo sfruttamento di vere e proprie rendite di posizione, come ad esempio la retribuzione relativa dei medici la può essere intesa come una conseguenza derivante da restrizioni artificiali rispetto all'offerta di formazione delle scuole di medicina. La struttura occupazionale dunque un'arma a doppio taglio che allo stesso tempo crea chiusura sociale e rendite di posizione da un lato, e legittimazione giustificazione dall'altro. Il versante della LEGITTIMAZIONE risiede nel fatto che finiamo per giustificare ritenere equa che le professioni più prestigiosi e importanti e necessarie se non ricoperti da lavoratori meglio qualificati oppure diamo per scontato che esista un meccanismo perfetto da parte di un mercato in equilibrio che premia le professioni più rare con remunerazioni più elevate o ancora che lavori molto difficili che richiedono competenze elevate debbono essere pagati profumatamente. PIERRE BORDIEU Nella sua analisi delle classi B. è contrario alla separazione tra teoria e ricerca al punto che le sue innovazioni teoriche nascono da ricerche empiriche molto solide. L'ambito dal quale B. deriva LE CLASSI non si limita al mondo della produzione, ma abbraccia l'intera gamma delle relazioni sociali: questo allargamento implica che le posizioni nella divisione del lavoro siano articolate, differenziate e correlate. Il suo mix di ricerca e teoria non rileva solo una serie di posizioni eterogenee della classe media, ma descrive accuratamente quelle posizioni marginali negli schemi analitici di classe: gli impieghi nella pubblica amministrazione, i professionisti, gli intellettuali, artisti. Le classi emergono non solo dei diseguali rapporti dei gruppi rispetto ai metodi di produzione, bensì dei differenti sistemi di disposizioni sociali (HABITUS) e dalle diseguali dotazioni di potere e CAPITALE. CAPITALE : qualunque tipo di risorsa che conferisce dei vantaggi a chi la possiede (internet), come l'insieme delle risorse e dei poteri effettivamente utilizzabili (libro). Bourdieu si distacca dalla teoria economica neoclassica e marxiana e si rifà alla distinzione fra CLASSE E STATUS (una collettività definita da una certa uniformità di stile di vita) ad opera di Weber, riconoscendo che il capitale non è unicamente economico e che gli individui cercano di accumulare diversi tipi di risorse. Bourdieu costruisce le sue forme di capitale: capitale economico, capitale culturale, capitale simbolico e capitale sociale. - Il CAPITALE CULTURALE: pertiene alla sfera della conoscenza e delle competenze (disposizioni mentali durevoli, titoli ufficiali di studio, libri); - Il CAPITALE SOCIALE: pertiene alla sfera delle relazioni e dei rapporti informali, delle reti di conoscenze in cui siamo calati; - il CAPITALE SIMBOLICO: è legato all’atto di riconoscimento, da parte delle altre persone; sia quelle appartenenti allo stesso gruppo, inteso come classe sociale o genere, che quelle al di fuori del gruppo. L'analisi delle classi, dunque, non può ridursi alla misurazione delle relazioni economiche né tantomeno al solo discorso simbolico: tutte le dimensioni economiche, simboliche e relazionali concorrono a plasmare la realtà dei rapporti tra i vari gruppi sociali secondo una stratificazione i cui confini tendono a mutare. Sulla base dei dati raccolti nella Francia degli anni 60 e 70, traccia il quadro complessivo da cui diversi gruppi sociali emergono secondo una combinazione dei vari tipi di capitali e status: sebbene riconosca alle categorie occupazionali una funzione efficiente come indicatori di posizione nello spazio sociale, B. e non ritiene che le occupazioni siano a determinare la vera posizione sociale delle persone. HABITUS : “un sistema di disposizioni socialmente costituite che orienta pensieri percezioni espressioni e azioni”. Per habitus, intende la chiave della riproduzione culturale, essendo strettamente collegato alla struttura di gruppo sociale (classe, fede religiosa, etnia, livello di istruzione, professione, e via dicendo), è in grado di generare comportamenti regolari che condizionano la vita sociale. È agire pratico che al contempo è STRUTTURATA e STRUTTURANTE. - STRUTTURATO, perché è trasferita dalle famiglie e dall'ambiente sociale ai figli come un insieme di schemi culturali tra loro correlati al punto da porsi come struttura. - STRUTTURANTE poiché tali schemi strutturano il pensiero e l'agire che l'individuo affronta nel corso delle esperienze di vita offrendo i termini delle classificazioni dei giudizi, degli spazi di imitazione, le preferenze i gusti. Per lui, l'Habitus è il principio generatore e unificatore che ritraduce le caratteristiche intrinseche e relazionali di una posizione, in uno STILE DI VITA unitario, ossia un insieme unitario di persone, beni e pratiche. Lo stile, quel particolare stampo che marchia tutti i prodotti dello stesso habitus, sia nel comportamento sia nel lavoro, non è nulla di più di una deviazione rispetto allo stile di un determinato periodo o di una classe. **ESEMPIO INTERNET: Ad esempio, oggi sono ancora poche le donne che si iscrivono in corsi di tipo ingegneristico, mentre sono molte le donne che prediligono corsi universitari di tipo umanistico. Le donne non sono costrette da regole e divieti formali a scegliere percorsi umanistici, eppure possiamo chiaramente osservare questa regolarità nel corso del tempo. L’idea è che i condizionamenti sociali a cui siamo sottoposti, ad esempio tramite la socializzazione quando siamo bambini, vengono incorporati dall’habitus, in questo caso il genere, che ci porta ad escludere scelte che sarebbero “troppo atipiche”. Gli Habitus sono differenziati, ma anche differenzianti: sono, dunque, anche operatori di distinzione, attraverso un meccanismo di “rappresentanza e divisione”: una tendenza generale a classificare le cose, le persone in una determinata maniera. Ciò conferisce all’habitus su una certa tendenza all'inerzia, cioè riproduzione continua di azioni pratiche. Ciascuno di noi tende a riprodurre nella propria quotidianità queste strutture classificatorie sviluppatesi dalle prime esperienze. Come? Attraverso gusti, o il modo pensare, sentire, fare. A causa del rapporto tra esperienze passate e presenti. Al contempo è improbabile che le strutture classificatorie siano perpetue all'infinito come schemi sempre identici a se stessi, questo perché il fatto che lo spazio sociale sia fortemente differenziato garantisce l'esistenza di sistemi multipli di classificazione. Dunque in circostanze tipiche l'agire può procedere su una base peririflessiva di routine, ovvero senza ricorrere a un ragionamento, generando pratiche altamente spontanee e inventive, ma può anche generare azioni totalmente spontanee e inventive (per questo non bisogna confondere l’habitus con l’abitudine), qualcosa dunque che preesiste l'azione stessa e che è estraneo agli schematismi del calcolo razionale. Il processo attraverso cui si costituisce l'habitus è situato solo marginalmente nell'ambito dei sistemi di produzione, sebbene il sistema occupazionale comprende il nucleo istituzionale della struttura di classe piuttosto ogni posizione nello spazio sociale corrisponde un particolare insieme di condizioni di vita che B. definisce CONDIZIONI DI CLASSE. Lo studio della stratificazione sociale è direttamente collegato a quello della mobilità sociale (la stratificazione presume forme di mobilità sociale): rappresenta un ambito di interpretazione delle società molto utile per capire i processi sociali di cambiamento. Per STRATIFICAZIONE SOCIALE si intende “il sistema delle disuguaglianze strutturali di una società, nei suoi due principali aspetti: quello DISTRIBUTIVO, riguardante l’ammontare delle ricompense materiali e simboliche ottenute dagli individui e dai gruppi di una società e quello RELAZIONALE, che invece ha a che fare con i rapporti di potere esistenti tra essi”. Il termine stratificazione si riferisce infatti alla disposizione verticale dei gruppi sociali in modo da formare una serie di strati sovrapposti. Uno STRATO SOCIALE è un gruppo di individui che dispone della stessa quantità di risorse economiche o di prestigio o che occupa una posizione simile nelle relazioni sociali di potere. La stratificazione sociale è un tratto universale delle società umane: variano i criteri in base ai quali si creano disuguaglianze fra le persone così come sono variabili il numero degli strati esistenti e i privilegi che persone appartenenti a diversi livelli hanno. Secondo questa definizione quindi, in qualsiasi tipo di società, anche in quelle più semplici, esistono disuguaglianze strutturali anche se con gradazioni differenti. - la SCHIAVITÙ: una forma estrema di disuguaglianza in cui gli individui sono proprietà di altri e quindi trattati come oggetti e non come soggetti; - la CASTA: nelle quali si è inseriti per nascita e delle quali non si può uscire per alcun motivo; - il CETO: si tratta dello dell'ordine gerarchico basato sui titoli nobiliari feudali in cui i gruppi feudali erano formati da strati, ciascuno con gruppi con propri doveri e diritti; - la CLASSE: il concetto riguarda il gruppo di individui che condividono lo stesso ammontare di risorse economiche e di potere che influiscono sulle condizioni di vita. A differenza delle altre forme di stratificazione sociale, quelle basate sulle classi, oltre a fondarsi su differenze retributive, sulle proprietà e sul controllo delle risorse materiali, sono meno rigide con confini e barriere più fluide infatti la collocazione è ACQUISITA, a differenza delle altre in cui è ASCRITTA. Si può affermare che in generale più le società diventano complesse, più la propensione alla classificazione sociale aumenta. In base alla ricostruzione storica del sociologo Gherard Lansky, le disuguaglianze in termini di ricchezza e potere erano poco marcate nelle società basate sulla caccia e la raccolta e maggiormente marcate nelle società orticole e in quelle agricole. La DISUGUAGLIANZA MATERIALE sarebbe invece diminuita con lo sviluppo delle società industriali, grazie alle rivoluzioni politiche che hanno portato allo sviluppo delle democrazie moderne in cui i poteri le risorse sono ridistribuiti tra le fasce più ampie della popolazione. La conclusione di Lensky è che le società industriali mostrano un grado di disuguaglianza maggiore di quelle basate sulla caccia e sulla raccolta ma certamente minore rispetto a quelle orticole agricole. SCHEMI DI CLASSE E DISUGUAGLIANZE Considerando diversi sviluppi che l'analisi della stratificazione sociale ha seguito nel corso della seconda metà del 900 possiamo individuare SEI TIPI GENERALI E ASTRATTI DI SCHEMA DI CLASSE, ciascuno con uno specifico modello di misurazione e ciascuno con una propria unità di analisi privilegiata in termini di livello di aggregazione. - tra le proposte di AGGREGAZIONE OCCUPAZIONALE DI TIPO CATEGORIALE troviamo i classici schemi basati su macro-raggruppamenti di occupazioni, prima definendo le categorie di classe e poi misurando la loro composizione in termine di singoli individui o aggregati domestici associati ad un Capo famiglia WRIGHT. - tra le proposte di LUNGO UN CONTINUUM DI POSIZIONE ritroviamo le analisi di stratificazione sociale con scale di misurazione che vengono elaborate tenendo conto del prestigio, della reputazione e desiderabilità delle varie occupazioni. Nel campo delle misurazioni con una base categoriale, una prospettiva scientificamente rilevante è quella di Wright che propone una rilettura delle classi sociali contemporanee basate sulle diseguaglianze derivante dai diversi livelli di controllo dei mezzi di produzione. Wright traccia il suo schema delle classi a partire da una teoria sociologica del capitalismo moderno: CONTROLLO E SFRUTTAMENTO all'interno delle relazioni sociali di produzione occupano un posto di rilievo nella sua analisi e scompone tali relazioni in tre dimensioni: - il controllo degli investimenti (capitale monetario) ovvero le relazioni sociali di controllo sul capitale finanziario; - il controllo dei mezzi fisici di produzione (terreni, fabbriche, uffici, tecnologie di produzione) produzione ovvero le relazioni sociali di controllo sul capitale fisico; - il controllo della forza lavoro ovvero le relazioni sociali di autorità e disciplina nell'ambito dei processi lavorativi. A partire da tali fattori W. definisce le classi che sostanziano la stratificazione nelle società industriali avanzate: le CLASSE CAPITALISTICA (che detiene una posizione dominante in tutte e tre le dimensioni di controllo), la CLASSE OPERAIA (non controlla né le risorse economiche né quelle materiali nell'uso della forza lavoro) e le CLASSI CONTRADDITTORIE (controllano alcuni fattori ma non altri). Dato che coloro che sono costretti a offrire la forza lavoro in cambio di un salario costituiscono una quota molto ampia ed eterogenea W. applica anche altri due criteri importanti di stratificazione: - il rapporto con l'autorità: i lavoratori intermedi della classe impiegatizia che possono intrattenere un rapporto privilegiato e quindi più prossimo con il gruppo di controllo dei mezzi di produzione - il processo di specializzazioni tecniche che consentono un rapporto più stretto con determinate tecnologie di produzione Ne deriva così uno schema di classe a sei categorie: (1) borghesia: caratterizzata dalla proprietà economica e dal controllo dei mezzi di produzione e della forza lavoro fornita da altri individui; (2) un proletariato che non possiede proprietà e controlla solo in minima parte la propria forza lavoro; (3) una piccola borghesia proprietaria che controlla alcuni mezzi di produzione materiale senza tuttavia controllare del tutto la forza lavoro degli altri; A questi tre classi fondamentali si aggiungono le collocazioni di CLASSE CONTRADDITTORIE: (4) i dirigenti e supervisori che, sebbene non possiedano legalmente i mezzi di produzione controllano de facto tanto i mezzi materiali di produzione quanto la forza lavoro; (5) i lavoratori dipendenti semiautonomi che sebbene non possiedano ne controllino i mezzi materiali di produzioni, controllano almeno la propria forza lavoro; (6) i piccoli imprenditori. L'approccio di Goldthorpe è importante: le occupazioni vengono incluse in determinate categorie di classe, non solo per la loro posizione rispetto ai mezzi di produzione, all'autonomia e al controllo, ma anche per la collocazione nel mercato di lavoro. Lo scopo principale è considerare la multidimensionalità delle classi sociali che non riduce le disuguaglianze sociali alla sola dimensione economica. Diversi anni prima che G. elaborasse il suo schema di classe, Blau e Duncan avevano inaugurato il filone degli studi neow. sulle disuguaglianze sociali con l'obiettivo di misurare il cosiddetto status attainment ovvero ciò che l'individuo raggiunge in termini di risorse materiali e simboliche. I primi modelli di ricerca sullo status concepivano le posizioni raggiunte dagli individui come conseguenza di precedenti posizioni. L'idea è che le possibilità di raggiungere uno specifico status è determinata da: - dall'origine sociale (dallo status socio-economico dei genitori); - dalla formazione scolastica ; - da altri fattori come il livello del primo impiego. Nel 1979 G. in collaborazione con Ericson propose un nuovo schema di classe poi divenuto uno dei più utilizzati al mondo con la sigla EGP: lo schema di classe in questione si basa su un MODELLO CATEGORIALE ovvero predefinisce lo schema di stratificazione per poi lasciare alla ricerca empirica la funzione di riempire ciascuna categoria. Si tratta di uno schema costituito da TRE CLASSI per quanto riguarda il controllo del capitale: gli imprenditori, i lavoratori autonomi e i lavoratori dipendenti. Ma passa a 7 classi se si considera anche la situazione di mercato: grandi imprenditori e professionisti, professionisti e dirigenti di livello inferiore, impiegati di livello superiore e inferiore, la piccola borghesia urbana agricola, tecnici di livello basso e supervisori, operai specializzati, operai non qualificati. Nel corso degli anni Wright si è reso conto che c'era bisogno di una mappa delle classi occupazionali che considerasse in maniera più precisa l'organizzazione dei sistemi di produzione: le classi passano da sei a 12. Questa versione si avvicina ai principi della stratificazione di tipo neoweberiano perché i vari gruppi sociali sono ora identificati anche in relazione al tipo di servizi che possono offrire sul mercato del lavoro e relativo impatto per le opportunità di vita. Secondo Grunsky e Weeden esistono quattro importanti meccanismi attraverso cui i gruppi istituzionalizzati si sviluppano in termini di omogeneità interna dei lavoratori: 1. molti tipi di lavoro vengono organizzati e rappresentati sulla scorta di stereotipi preesistenti che riguardano le abilità, le inclinazioni, comportamenti che le aziende si attendono dai soggetti che dovranno scegliere tali lavori; 2. i soggetti selezionati sono spesso sottoposti a formazione esplicita sotto forma di programmi professionali apprendistati scuole professionali che generano omogeneità della figura professionale da ricoprire 3. l'interazione sociale all'interno dei confini di uno specifico gruppo professionale rafforzano stili di vita e visioni del mondo tipiche di quel gruppo 4. poiché il datore di lavoro di aziende e imprese diverse tendono a definire le figure di professionale di cui hanno bisogno finisce per esserci molta coerenza interna a tali gruppi e una istituzionalizzazione delle condizioni di vita. L'approccio la disaggregazione non presume dunque una destrutturazione delle classi sociali ma un maggiore realismo empirico con cui individuare i numerosi gruppi professionali intesi come micro classi Volgiamo l'attenzione alle disuguaglianze sociali la cui misurazione avviene con uno schema continuo di posizioni. Nelle SCALE DI REPUTAZIONE la valutazione della posizione sociale è affidata ai rispondenti e, sebbene l'occupazione costituisca uno degli oggetti principali della valutazione, questa non rientra in un posto a priori nella scala, ma varia appunto in funzione della reputazione, del prestigio e del potere che vi associano i rispondenti. L'insieme di vantaggi sociali che derivano dalle percezioni e dalle convinzioni sociali circa le diverse occupazioni viene ricondotto a una rappresentazione su un continuum unidimensionale. Dunque, a differenza degli approcci precedenti, nel caso delle scale reputazionali risulta cruciale chiarire che cosa rappresenti questa sintesi operata dai rispondenti, stabilire cioè quale sia, il CRITERIO DI ORDINAMENTO. Gli approcci che fanno riferimento alle impostazioni neomarxiste hanno prodotto soltanto raramente analisi in cui le classi sono disposte su scale continue che misurano i differenti tipi di posizione sociale, privilegiando invece i modelli basati su categorie e grandi aggregati occupazionali. August Hollingshead nel 1958 in collaborazione con lo psichiatra Frederick Redlich, condusse un'indagine pionieristica negli Stati Uniti da cui emerse una significativa correlazione tra classe sociale e malattie mentali: le persone degli strati inferiori mostravano un'incidenza molto elevata di forme gravi di malattie mentali e ricevevano solitamente i trattamenti non adeguati al controllo delle persone degli strati superiori tra cui l'incidenza delle patologie era meno diffuse le cure più efficaci. I due studiosi elaborarono nel quadro della stratificazione sociale del New Heaven individuando: - una divisione verticale degli strati sociali basata su caratteristiche razziali, etniche e religiose e quindi di tipo CULTURALISTA; - divisione orizzontale frutto delle variabili di occupazione, istruzioni e luogo di residenza quindi di tipo STRUTTURALISTA elaborarono una scala occupazionale che teneva conto tanto della posizione sociale che delle professioni. Partirono da 2 assunti: (1) lo status delle persone è influenzato da un ristretto insieme di caratteristiche culturali; (2) gli elementi simbolici dello status possono essere classificate combinate grazie a procedure statistiche In tal modo elaborarono un INDICE DI POSIZIONAMENTO SOCIALE le cui variabili erano: il luogo di residenza, la professione del capofamiglia e gli anni di istruzione completati dal capofamiglia. Per la residenza i punteggi variano da uno a sei, mentre per la professione e l'educazione da uno a 7 L'indagine incluse anche la misurazione dell'autopercezione di appartenenza di classe con una domanda che offriva 8 possibili risposte: classe superiore, medio alta, media, medio bassa, classe lavoratrici, bassa, non so e non credo nelle classi. Ciascun aggregato domestico fu poi posizionato lungo un continuum poi suddiviso in classi. La mappa delle classi fu l’esito di una misurazione di punteggio attribuito a determinate variabili e non l'applicazione di uno schema di classe precostituito. Infine tra le scale di misurazione che collocano le individui e i gruppi lungo un continuo di posizione vanno ricordate le soluzioni con un elevato livello di segregazione: tra queste Robert Houser e Warren i quali hanno sviluppato una scala di misurazione delle disuguaglianze basata su una serie di indici socio economici delle famiglie molte professioni comune e in particolare con le coperte dalle donne sembravano discostarsi dal tipico legame triadico livello di istruzione reddito prestigio occupazionale. Capitolo 4: QUESTIONI DI METODO E PROBLEMI DI ANALISI TITOLI DI STUDIO OCCUPAZIONI E REDDITO Per lo studio empirico delle disuguaglianze fondamentali sono tre macro dimensioni: i titoli di studio, le occupazioni e i redditi. L'ISTRUZIONE è la principale chiave d'accesso alle occupazioni di maggior prestigio tanto che molte delle posizioni lavorative più prestigiose sono remunerate meglio in termini di reddito e quindi l'istruzione ha anche un effetto sui redditi degli individui. Come è possibile confrontarne efficacia, efficienza ed equità dei diversi sistemi educativi? Per trovare una risposta simile a tale interrogativo si è tentato di sfruttare INDICATORI STANDARD per la classificazione dei titoli di studio della popolazione: l'elemento di misurazione e confronto più immediato è il LIVELLO DI ALFABETIZZAZIONE, cioè il grado di sviluppo delle capacità individuali di lettura e scrittura con riferimento al gruppo culturale o sociale di provenienza. Tale misura è la base per la comparazione nel tempo (anche su lunghi periodi) e nello spazio (tra contesti molto diversi). In seguito, si è passati agli esami di dati più dettagliati in grado di misurare l'efficacia e l'equità dei sistemi educativi in termini di CARRIERA SCOLASTICA, ovvero in termini di quote della popolazione che conseguono un determinato titolo di studio. L’UNESCO per esempio ha definito uno standard comune tra paesi che funziona da sistema internazionale di classificazione dei corsi di studio e dei relativi titoli. La classificazione ISCED (International standard Classification of Education) è divenuto il parametro comparativo internazionale. Nel 97 e poi è stato aggiornato e comprende due variabili classificatorie: - il livello - il campo di istruzione Un problema analogo si è posto nel campo della misurazione e classificazione delle occupazioni poiché nel tempo sono cambiate o si sono arricchite di specificazioni tecniche, mentre altre sono sorte come nuove. Anche in questo caso è stato un organismo sovranazionale a mettere ordine l'ILO (International Labour Organization) che ha definito gli standard ISCO (International standard classification of occupation). In risposta al disco l'Istat fornisce una propria applicazione per ricondurre tutte le professioni del mercato del lavoro all'interno di un numero limitato di raggruppamenti professionali: la PROFESSIONE intesa come un complesso di attività lavorative concrete e unitarie rispetto all'individuo che le svolge, che richiama a vari livelli, conoscenze, competenze identità e sistema di relazioni proprie. La logica utilizzata per aggregare professioni diverse all'interno di un medesimo raggruppamento si basa sul concetto di COMPETENZA, visto nella sua duplice dimensione: - LIVELLO: è definito in funzione dell'estensione dei compiti svolti, del livello di responsabilità e di autonomia decisionale che caratterizza la professione. - CAMPO DEI COMPITI: coglie invece le differenze negli ambiti disciplinari, delle conoscenze applicate, nel tipo di bene prodotto o servizio erogato. Il criterio della competenza delinea un sistema classificatorio articolato su 5 livelli di aggregazione gerarchici. LA POVERTÀ La POVERTÀ può essere definita in termini di reddito e nella sua accezione più comune come una condizione di mancanza di quelle risorse necessarie a raggiungere e mantenere il livello di vita reputato decente, civile, tollerabile a lungo da un individuo, una famiglia, una comunità locale, un determinato segmento della popolazione. Come per la mobilità sociale anche per la povertà viene utilizzata una distinzione in relazione ai mutamenti sociali. esiste pertanto una POVERTÀ ASSOLUTA e una POVERTÀ MINIMA. Entrambi i concetti si basano su una soglia minima di reddito disponibile al di sotto del quale le famiglie sono considerate povere, ossia non in grado di soddisfare i fabbisogni ritenuti basilari. Secondo i parametri sociali di contesto per la povertà assoluta la soglia è fissata in corrispondenza del reddito al di sotto della quale si ritiene che l'individuo o il nucleo familiare non sia in grado di provvedere al minimo necessario per la sopravvivenza; ci si riferisce a una condizione di mancanza di risorse indispensabili alla sopravvivenza (alimentazione, abitazione, vestiario, mantenersi in salute ecc); per la povertà relativa, la soglia varia invece in funzione del reddito o della spesa media del paese di riferimento: il tenore di vita di una famiglia è inferiore a una certa soglia, calcolata in rapporto alle condizioni medie di vita in una collettività. È povera una famiglia il cui reddito (o spesa per i consumi) non supera il reddito medio/spesa media pro capite del paese in cui vive. Ad esempio a partire dagli anni 80, la Commissione Europea ha adottato l'International standard of poverty line una soglia calcolata su parametri relativi alla situazione interna di ciascuno Stato membro. Il famoso COEFFICIENTE DI GINI, pur essendo una misura della disuguaglianza nella distribuzione di risorse economiche tra famiglie in un dato aggregato collettivo, costituisce uno strumento utile per valutare l'ampiezza della povertà: si tratta di un numero compreso tra 0 e 1. - i valori del coefficiente prossimi allo zero indicano una distribuzione abbastanza omogenea ed egualitaria della ricchezza e di conseguenza una scarsa presenza di povertà economica - al contrario valori elevati del coefficiente implicano una situazione di forte disuguaglianza. Alcuni ricercatori hanno suggerito di aggiungere agli indicatori monetari anche quelli di tipo non monetario affiancando quindi a misure di tipo oggettivo una serie di stime basate su VALUTAZIONI SOGGETTIVE dei rispondenti. Una prospettiva determinante per una concezione non monetaria della povertà è quella del capability approach proposta da Martha Nussbaum e Amartya sen. Sen ha definito e studiato la povertà come un fenomeno non solo economico ma a più dimensioni. Il nucleo principale delle sue argomentazioni è che, mentre il reddito costituisce uno dei mezzi per mantenere un buon livello di vita, vi sono altri fattori non immediatamente traducibili in termini economici che incidono sulla qualità della vita delle persone. La sua riflessione è basata sui concetti di capabilities e functioning. Nella terminologia di Sen un “funzionamento” è ciò che un individuo sceglie di fare o di essere. Sebbene il funzionamento sia centrale nella nozione di benessere umano, non sono solo i funzionamenti raggiunti che contano, ma la libertà che una persona ha nello scegliere dall'insieme dei funzionamenti fattibili al fine di raggiungere determinati scopi, che viene definita "capability" della persona. La povertà è dunque una condizione di non funzionamento oppure di capability deprivation: nel primo caso, le persone posseggono capacità adeguate ma risorse insufficienti ad attivare i funzionamenti; nel secondo, le capacità disponibili sono adeguate ma la persona non possiede le capacità di convertirle in funzionamenti efficaci. La povertà diventa estrema quando si verificano insieme le condizioni di non funzionamento e di non capacitazione. Le capabilities implicano non solo la possibilità di esercitare sostanzialmente un diritto, ma anche la possibilità di farlo avendo più di una modalità a disposizione: in questo senso l'agency ovvero la capacità possibilità di influire sull'ambiente circostante su se stessi, migliorando le condizioni la qualità di vita. L'ANALISI MULTIDIMENSIONALE DELLA POVERTÀ si concentra su tentativi di aggregare più indicatori di deprivazione per ottenere un unico indice cardinale di povertà. In tal caso si usano tecniche statistiche specifiche per ottenere una misura aggregata come ad esempio lo Human development Index: concentra la deprivazione in alcune dimensioni della vita umana, le medesime utilizzate per la costruzione dell'indice di sviluppo umano (longevità, istruzione scolastica, competenze, tenore di vita). L’HDI è un esempio operativo importante di come il capability approach abbia spostato il concetto e la misurazione di povertà da un piano economico monetario ad uno multidimensionale e sociale. - ONU, 2010: Inequality Adjusted Human Development Index, Human Poverty Index (strumento basato sulla misurazione della povertà come insieme di deprivazioni che impediscono un’esistenza sana e longeva). - ISTAT 2018: la graduazione della povertà distingue tra famiglie sicuramente povere, famiglie appena povere e famiglie a rischio di povertà. La differenza tra le tre categorie dipende dalla distanza rispetto alla linea della soglia di povertà. Con il concetto RISCHIO DI POVERTÀ si intende individuare soggetti e famiglie le cui condizioni occupazionali ed economiche non sono stabili e le cui condizioni sociali culturali e di salute implicano il rischio di cadere nella condizione di povertà e subire dinamiche di ESCLUSIONE SOCIALE. Per esclusione sociale si intende la mancanza di integrazione sociale dell'individuo che potrebbe generare condizioni di povertà. Sempre l'Istat ha condotto un'analisi ad hoc basata su indicatori di benessere equo e sostenibile: sono stati individuati 12 domini fondamentali per la misura del benessere: la salute, l'istruzione e la formazione del lavoro, la conciliazione con i tempi di vita e il benessere economico, le relazioni sociali, la politica, le istituzioni, la sicurezza e il benessere soggettivo, il paesaggio e il patrimonio culturale, l'ambiente, l'innovazione, la ricerca e la creatività, la qualità dei servizi. Capitolo 5: EDUCAZIONE, ISTRUZIONE E DISUGUAGLIANZE Lo sviluppo dell'istruzione registratosi nel ‘900 non è dovuto tanto all'aumento della domanda di qualificazione tecnica proveniente dall’economia, quanto piuttosto alle azioni, strategie e decisioni messe in atto dai ceti sociali superiori per mantenere migliorare le proprie posizioni e dai ceti medi e inferiori nel tentativo graduale di assicurare ai propri figli condizioni di vita migliori. Sono tali azioni che alimentano il fenomeno del CREDENZIALISMO una dinamica che vede nei titoli di studio i beni posizionali e strumentali nella competizione per acquisire le posizioni lavorative di maggior prestigio e remunerazione. Parsons sottolinea che alcune capacità e talenti sono più rilevanti di altri per l'equilibrio e il funzionamento del sistema sociale, poiché il numero delle persone che ne impossesso è limitato o scarso. Dal suo punto di vista la scuola è l'agenzia di socializzazione e formazione che opera in maniera oggettiva, ma è anche un'istituzione di selezione e mobilità sociale organizzata per garantire nel modo più scientifico e neutro possibile l'allocazione delle mansioni lavorative alle persone competenti e l'orientamento positivo all'assunzione degli impegni specifici di ogni specifico ruolo. Un'istituzione dunque per Parsons allena e converte le capacità in competenze utili al sistema tecnico specialistico della società industriale. Nella visione ottimista di Parsons la selezione che il sistema di istruzione assicura nei vari gradi scolastici conduce a superare le posizioni ascritte nella società e le disuguaglianze di partenza, premiando il need for achievement. Dunque, in questo schema i meccanismi di riproduzione delle disuguaglianze non trovano posto, poiché la selezione è supposta essere MERITOCRATICA. Il sistema scolastico e universitario si specializzano per formare una forza lavora produttiva, qualificata e specializzata affinché i datori di lavoro possano selezionare sulla base delle abilità il capitale umano e impiegare in virtù delle specifiche credenziali educative di ciascun soggetto. La differenziazione dei percorsi e delle abilità certificate dei sistemi di istruzione e formazione si ripercuoterà nel tempo. La stratificazione e la differenziazione interne ai sistemi scolastici sono distinguibili in base ai seguenti aspetti: - GRADO DI ISTRUZIONE: cioè gli anni di permanenza nel tronco comune della scuola dopo i quali inizia la suddivisione in eventuali indirizzi - presenza o meno di PUNTI DI BIFORCAZIONE nelle carriere scolastiche a livello dell'istruzione secondaria - profondità delle DIFFERENZE TRA GLI INDIRIZZI DI STUDIO in termini di diversità curricolari, ma soprattutto in funzione di eventuali effetti di segregazione scolastica intendendo il livello di omogeneità sociale entro le singole scuole e la disomogeneità tra le scuole. Pertanto, un sistema scolastico è stratificato al massimo grado se è differenziato in rami e indirizzi di carattere accademico e professionalizzante, se esistono discontinuità tra gli insegnamenti degli indirizzi accademici e quelli dei rami professionalizzanti e se la differenziazione si presenta al momento della scuola secondaria inferiore. A fronte della visione ottimistica o esclusivamente positiva ispirata dal funzionalismo di Parsons o dei i teorici del capitale umano, alcune ricerche empiriche hanno invece evidenziato importanti discrepanze facendo venire meno la fiducia nelle capacità dei sistemi di istruzione di allocare le risorse umane nei mercati del lavoro in maniera scientifica e meritocratica. In particolare il lavoro di Blue and Duncan e l'analisi di Bowles e Gintis hanno mostrato che le origini sociali e le variabili Capitolo 6: LAVORO E DISUGUAGLIANZE Il MERCATO è per l'individuo di una fondamentale arena di approvvigionamento e scambio di risorse. In primo luogo, agendo nel mercato del lavoro, l'individuo consegue posizioni occupazionali che definiscono la loro classe sociale di appartenenza: mutamenti nel tempo del mercato del lavoro (retribuzioni associate alle diverse occupazioni presenti in una nazione e le disuguaglianze reddituali), contribuiscono a definire le possibilità di mobilità sociale dei membri di una società. Vanno considerati anche i fenomeni di esclusione da un impiego: le condizioni di inattività e di disoccupazione, che possono accompagnarsi e deprivazioni di maggiore intensità quali povertà ed esclusione sociale. In Italia è un fattore che è illustra il legame tra sistema economico e diseguaglianza è quello TERRITORIALE in quanto a diverse aree del paese corrispondono non solo modelli differenti produttivi e mercato del lavoro, ma anche dotazioni differenziati di risorse non strettamente economiche quali capitali sociali e civicness. L'OCCUPAZIONE è cruciale per lo studio delle disuguaglianze perché definisce le posizioni di classe sociale degli individui, ma anche la collocazione nella rete di relazioni che hanno luogo all'interno delle organizzazioni in cui il lavoro viene erogato (ma si possono diramare anche in altri contesti sociali). Da tali relazioni derivano rapporti di potere e di subordinazione tra individui con occupazioni diverse. Sono quindi le posizioni organizzative esito della divisione del lavoro, in quanto portano agli individui diverse quantità di potere, reddito e prestigio. Dalla combinazione differenziata delle risorse a cui accedono i membri di ciascuna classe sociale derivano infatti molteplici conseguenze: - all'interno del mercato del lavoro si parla di disuguaglianze in termini di reddito e rischio di disoccupazione; - a livello relazionale nell'accesso a network sociale differenziati a dotazioni diseguali di capitale sociale; - a più lunga distanza, nelle aspirazioni occupazionali per i propri figli, sulle scelte di istruzione e quindi sulla riproduzione intergenerazionale delle classi. Nel mercato del lavoro non si originano riproducono solo le posizioni di classe ma vengono anche distribuiti molteplici rischi di eventi negativi sul piano economico non nei quali gli individui possono incorrere nel corso della loro esistenza. Un primo rischio originato nel mercato del lavoro è quello di assenza di un'occupazione che può avere diverse forme: DISOCCUPAZIONE (perdere il lavoro e non riuscire a trovarne un altro per un periodo più o meno lungo) INOCCUPAZIONE (non riuscire a trovare un primo impiego) INATTIVITÀ (non cercare un lavoro). L'utilità di queste categorie concettuali sta nel fatto che consentono di interpretare la forma che assume il rischio di non avere un lavoro per diversi gruppi sociali. Dipende da: genere, età, coorte di nascita, contesto geografico, background migratorio e alla fase del ciclo di vita. Sappiamo ad esempio che il nostro paese si caratterizza per le l'elevato rischio di inoccupazione di lunga durata per i giovani soprattutto nelle regioni del Sud, che si traduce in scoraggiamento dei giovani in cerca del primo impiego, quindi rinuncia alla ricerca attiva e infine in uno stato di inattività. Volendo impiegare un'etichetta affermatasi negli ultimi anni si trova una popolazione di giovani NEET (Not in Education, Employment or Training) di dimensioni molto maggiori in Italia rispetto agli altri paesi a economia avanzata per i quali l’inattività sul fronte lavorativo ed educativo si configura come sintomo di difficoltà a proiettarsi nel futuro. Al contempo si deve considerare che il rischio stesso di essere nella condizione di NEET è fortemente diseguale in base al livello di istruzione, le risorse familiari su cui possono contare i giovani. Guardando invece al rischio di perdere il lavoro, forma diversa di esclusione dal mercato, sono anche le altre fonti di disuguaglianza che diventano centrali (condizioni del ciclo economico e della crisi iniziata nel 2007, della pandemia). Ci sono anche le caratteristiche individuali che espongono maggiormente al rischio di perdere il lavoro ad esempio il fatto di partire da una condizione contrattuale instabile. il basso livello di competenze da offrire sul mercato e il vivere in aree economicamente depresse e per le donne il carico familiare (SVANTAGGIO FEMMINILE: le madri con figli piccoli e quindi in età che richiede cura faticano a rientrare nel mercato del lavoro dopo esserne uscite). Un rischio più subdolo nel mercato del lavoro consiste nel non vedere valorizzate le proprie competenze nelle organizzazioni e nel non rivestire quindi un ruolo occupazionale adeguato. Si pensi ad esempio alle donne che rientrano dalla maternità: corre il duplice rischio di non essere allocata alla posizione organizzativa che aveva prima della gravidanza è quello di non poter fare carriera al pari di un collega uomo. Tale rischio è anche legato alla SOVRAISTRUZIONE, fenomeno più diffuso tra i giovani altamente istruiti soprattutto quando provengono da ambiti disciplinari di laurea per i quali l'offerta supera la domanda. In Italia è frequente che non si faccia carriera e si resti a lungo nella posizione occupazionale in cui si era inizialmente entrati nel mondo lavorativo, senza avanzamenti che riducano le disuguaglianze di origine. Un'altra categoria di soggetti colpiti da tale rischio è quella degli stranieri spesso costrette ad accettare occupazioni a bassa qualifica anche quando ne svolgevano un altamente qualificata nel paese di provenienza a dispetto del loro di livello d'istruzione. Un altro rischio diffuso negli ultimi decenni è quello dell'essere esposti a forme contrattuali poco tutelanti: elevata instabilità che si traduce nell’avere e proprie penalizzazioni salari e in percorsi frammentati e discontinui dentro e fuori al mondo del lavoro. Un ultimo fattore di rischio sul quale ci si sofferma è relativo al fatto che vi sono individui che trovano un modo di partecipare al mercato del lavoro sono in forme fortemente prive di tutela in quanto ai margini della legalità. Ci si riferisce a quanti trovano impiego in settori informali e spesso nelle contigue attività criminali come individui con basse qualifiche personali in condizioni socioeconomiche svantaggiate. È la disuguale distribuzione di questi rischi tra gruppi sociali a rendere il mercato del lavoro, della classe sociale su base occupazionale fonti di diseguaglianza a più ampio spettro. Capitolo 7: WELFARE E RISCHI SOCIALI Il concetto di WELFARE STATE rimanda l'idea di uno stato del benessere, ma in questo stesso richiamo rinvia alle difficoltà di definire in maniera oggettiva che cosa sia il “ben essere”, dovendo considerare la diversità nelle preferenze, nei gusti e nei desideri degli esseri umani. Il termine welfare state è stato tradotto in italiano con status sociale che è fondato sull'idea che tutti sono sottoposti alla legge in modo uguale senza distinzioni di ceto, razza, sesso o di qualsiasi altra caratteristica che possa essere motivo di discriminazione. Il welfare state quindi ha l'obiettivo di ridurre l'effetto delle stabili disuguaglianze che si producono nel corso dell'esistenza e che possono essere distinte nelle due categorie delle: - DISUGUAGLIANZE DI ORIGINE NATURALE: possono essere frutto di eventi naturali o iscrizioni sociali non modificabili, come disabilità e abilità congenite, estrazione economica e appartenenza di genere o etnica. - di ORIGINE SOCIALE cioè gli eventi sociali modificabili nel tempo (scelte di studio e professionali, scelte di vita). Il dibattito si è incentrato sulla liceità o meno di un'azione volontaria da parte dello Stato volta a correggere le disuguaglianze naturali E/O sociali che favoriscono la scalata di alcuni soggetti ai vertici della società premiandoli, mentre pongono altri margini della stessa collettività escludendoli. L'esigenza di intervento si fonda sulla considerazione che la società sia un'impresa cooperativa per il reciproco vantaggio all'interno della quale si danno sia un'identità, sia un conflitto di interessi. Vi è UN'IDENTITÀ DI INTERESSI, perché la cooperazione sociale rende possibili per tutta una vita migliore di quella che si vivrebbe contando solamente su se stessi. C'è un CONFLITTO DI INTERESSI per il fatto che gli uomini hanno interesse a comprendere come vengono ripartiti con i maggiori benefici prodotti dalla loro collaborazione e preferiscono riceverne una quota maggiore piuttosto che una minore. È necessario dunque stabilire i principi di giustizia a cui ispirarsi per scegliere come realizzare tale distribuzione. Le teorie sono varie: - la prima include coloro che ritengono che le disuguaglianze naturali siano il frutto del caso, nè meritate nè immeritate, ma sono un evento fortunato o sfortunato a seconda delle circostanze. Quando non sono il frutto di discriminazioni, tali disuguaglianze vanno attribuite alla responsabilità dell’individuo. Questa posizione rimanda alla concezione liberale classica: non c'è necessità di uno stato che intervenga nell'arena sociale ed economica, se lasciati liberi di agire gli attori individuali e collettivi sono in grado di raggiungere un punto di equilibrio dinamico, grazie all'azione di una “mano invisibile” come dice Smith, cioè il mercato, capace di allocare le risorse economiche sociali nella giusta direzione. - Supposizioni ancora più estreme al punto da negare la necessità di uno stato più che minimo si colloca Robert Nozick per il quale la tassazione dei guadagni da lavoro sullo sta sullo stesso piano del lavoro forzato. - la posizione opposta a quella che possiamo dire solidarista e raccoglie un ampio spettro di POSIZIONI LIBERALI E COLLETTIVISTE. Tali autori ritengono che gli individui, se lasciati al loro destino nell'arena sociale accentueranno le disuguaglianze perché queste sono in fondo sempre sociali a causa dei meccanismi di esclusione che rafforzano le differenze naturali tra gli individui. Compito dello Stato quindi sarebbe proprio quello di agire con Capitolo 8: GENERAZIONI E CORSO DI VITA Nel dibattito sociologico sulle disuguaglianze è possibile identificare un ambito di riflessione fondata su tre concetti: età, generazione e corso di vita. L'ETÀ è quel dato biologico, uno status ascritto e fattore di organizzazione e controllo sociale che porta con sé un articolato sistema di aspettative e norme attraverso il quale una società indica che cosa l'individuo, a quella determinata età, può o deve fare e che cosa non può o non deve fare. Tutte le culture definiscono un insieme di norme formali e informali attraverso le quali attribuire agli individui che appartengono allo stesso strato di età specifici diritti e doveri. I ruoli connessi all'età non rimangono stabili, ma sono potenzialmente aperti a continue trasformazioni: gli individui nati nello stesso periodo, man mano che invecchiano, percorrono assieme una sequenza socialmente strutturata dei ruoli. Indichiamo tale aggregato con il termine COORTE (gruppo di individui portatori di una caratteristica comune). Il concetto di GENERAZIONE muove dall'assunto secondo cui il riferimento alla dimensione anagrafica e cronologica non è di per sé sufficiente per comprendere i processi di mutamento. Secondo Mahneim è necessario considerare la possibilità che un insieme di individui nati nello stesso arco temporale sia esposto a influenze comuni: ogni specifica collocazione generazionale può così favorire la formazione di nuovi modi di sentire pensare e agire. Queste considerazioni ci introducono al terzo concetto quello di CORSO DI VITA. Il corso di vita richiama l'attenzione sulla continuità e l’interdipendenza tra le esperienze che un individuo attraversa lungo l'arco della vita. Assumere la prospettiva del corso di vita significa porre alla base del ragionamento l'idea che le traiettorie e le transizioni sono come l'esito di un processo più ampio di un'intera generazione e delle esperienze accumulate. A partire dalla seconda metà degli anni 80 la sociologia ha focalizzato l'attenzione sul processo di TRANSIZIONE ALLA VITA ADULTA analizzando nello specifico CINQUE SOGLIE: l'uscita dal sistema scolastico, l'ingresso nel nuovo mondo del lavoro, l'uscita dalla casa dei genitori, la costruzione di una nuova famiglia, la nascita di un figlio. Sulla base di questo modello il sociologo francese GALLAND ha evidenziato come, tra la fine della seconda guerra mondiale i primi anni 80, in Europa la transizione della vita adulta si realizzasse lungo un modello sincronico, ovvero secondo un ordine pressoché generalizzato fondato su due assi: - quello SCOLASTICO-PROFESSIONALE - quello FAMILIARE-MATRIMONIALE A questo corrispondono due soglie di uscita e due soglie di entrata: la fine degli studi e l'uscita dalla casa dei genitori, l'ingresso nella vita professionale e la costituzione di un nuovo nucleo familiare. A partire da questo modello di base Galland sottolinea due varianti specifiche: la prima relativa alla dimensione di genere, laddove le donne manifestano una spiccata precocità del calendario familiare e una minore rilevanza della tappa relativa all'ingresso della vita professionale; la seconda relativa alla collocazione lungo la stratificazione sociale, laddove per gli appartenenti agli strati più bassi della popolazione l'intervallo di tempo necessario per superare le soglie successive risultano più brevi di quelli rilevati per gli appartenenti alle fasce medio alte. Le ricerche condotte a partire dagli anni 80 hanno evidenziato il delinearsi di tre fenomeni tra loro correlati che portano al superamento del modello appena descritto. Il primo è lo slittamento in avanti dell'età alle quali mediamente si superano le differenti soglie: per fermarsi al CASO ITALIANO, si allungano progressivamente i tempi medi in cui i giovani escono dai circuiti formativi ed entrano nel mercato del lavoro. Allo stesso modo cresce l'età media alla quale i giovani lasciano la casa dei genitori, costituiscono una nuova famiglia in un processo che infine vede innalzarsi l'età media al primo figlio. Il secondo fenomeno e la progressiva desincronizzazione della transizione sull’asse scolastico- professionale e su quello familiare-matrimoniale. Infine secondo un modello già verificato nel periodo precedente la prima guerra mondiale si registra un allungamento generalizzato dell'ampiezza della transizione alla vita adulta, ovvero del tempo che intercorre tra il superamento della prima e dell'ultima tappa quindi fine degli studi e nascita di un figlio. Le differenze le disuguaglianze tra generazioni possono essere spiegate secondo un campo di studi interdisciplinari che fa riferimento alla prospettiva del corso di vita, ovvero il susseguirsi di eventi e ruoli che l'individuo compie nel tempo. La prospettiva del corso di vita ha sviluppato alcuni concetti chiave tra gli attori: traiettoria, fase, transizione ed evento legati alla rilevazione delle disuguaglianze di genere e generazionali. Esempio emblematico, in termini di differenza e disuguaglianza tra giovani, adulti e anziani è il tema della salute intesa in senso fisico e mentale e viene rapportata a fattori quali lo status economico, il livello di istruzione, il reddito, il tipo di occupazione e il rispettivo gruppo etnico. La struttura della popolazione nei paesi europei è notevolmente mutata nell'ultimo decennio: l'aumento degli anziani ha modificato il profilo della popolazione. Definire una persona anziana oggi è piuttosto complesso. I PROCESSI DI IDENTITÀ differiscono in base al retroterra storico, culturale, sociale e lavorativo di genere di una persona e in base agli eventi della sua vita. Il cambiamento di identità sono stati analizzati da diverse teorie: 1. il PARADIGMA FUNZIONALISTA. La TEORIA DEL DISIMPEGNO fu sviluppata nel 61 dei sociologi funzionalisti Cumming ed Henry che illustrarono il modo in cui le anziane iniziano a prendere le distanze dai ruoli lavorativi preparandosi di più per la loro morte. Tale processo era naturale e inevitabile. Pertanto, il disimpegno, il ritiro dalla società consiste nella riduzione dei ruoli sociali svolti da un individuo, nella diminuzione delle interazioni sociali che nel tempo tendono a privilegiare l'affetto piuttosto che la solidarietà funzionale. Il processo di disimpegno ha quattro caratteristiche: reciprocità le tra le persone anziane e la società; funzionalità nel senso che il mercato del lavoro è liberato da una forza lavoro poco produttiva; reversibilità, il disimpegno non è soggetto a cicli e l'universalità ovvero l'intuizione che il disimpegno si trova in tutte le società contemporanee.. 2. La TEORIA DELLE ATTIVITÀ evidenza che gli anziani hanno gli stessi bisogni psicologici e sociali dei giovani e che il processo di disimpegno non è naturale, ma determina disuguaglianze nell'accesso anche alle solite reti relazionali. 3. la TEORIA DELLA CONTINUITÀ. Maddox sostiene che lo sviluppo di un individuo è un processo costante e complesso. Continuità della personalità significa che i cambiamenti possono essere incorporati nei tratti della propria individualità, mentre un'attività continua consente di prevenire e minimizzare gli effetti dell'invecchiamento. 4. L’INTERAZIONISMO SIMBOLICO suggerisce che i ruoli associati allo status di una persona anziana sono costituiti da simboli che rappresentano l'invecchiamento dell'interazione sociale indipendentemente dalla collocazione della persona in un certo strato di età come credono i funzionalisti. Occorrente nel conto di come le disuguaglianze abbiano avuto e abbiano ancora oggi un carattere intersezionale: sono il prodotto dell'interazione tra fattori diversi che incidono sulle opportunità e le scelte degli individui, una lunga serie di scelte sistemiche e di politiche pubbliche che però hanno moltiplicato le linee di frattura all'interno delle generazioni. Capitolo 10: MIGRAZIONI, DIFFERENZE E DISUGUAGLIANZE L'immigrazioni internazionali si sviluppano come movimenti di persone che in maniera temporanea o permanente, volontario o forzata, vanno alla ricerca di condizioni economiche sociali o politiche migliori rispetto a quelle delle disponibili nel proprio contesto di vita. Koser ad esempio distingue tra: - MIGRAZIONI VOLONTARIE che avvengono per motivi di lavoro di famiglia di studio e - MIGRAZIONI FORZATE causate da conflitti bellici persecuzioni disastri ambientali fame esercita il migrante Attraverso la mobilità territoriale il migrante persegue la mobilità sociale per sé e per le successive generazioni della sua famiglia, che cresceranno nei paesi di arrivo. La migrazione può essere provocata da diversi tipi di fattori: - pull factors riguardano l'attrazione esercitata dalle opportunità offerte dai paesi di immigrazione, in termini di qualità della vita, opportunità di lavoro e di reddito, sicurezza chance di formazione; - push factors sono invece fattori di spinta e pressione a lasciare il paese di origine a causa di condizioni di vita problematiche. Alle diseguali opportunità alla partenza si sommano poi ulteriori svantaggi che emergono all'arrivo del paese dell'accoglienza. A livello internazionale, l'analisi dei principali dati e indicatori di integrazione evidenziano le minori opportunità dei migranti rispetto ai nativi di partecipare alle diverse sfere della società di accoglienza. I migranti si ritrovano ad occupare posizioni socialmente marginali, sono concentrati in occupazioni poco qualificate, hanno scarse possibilità di mobilità soci economica. Le differenze sociali che caratterizzano ad esempio i gruppi di mie di migranti possono essere di tipo: ASCRITTO (come l'essere nato in un'altra nazione, ricco o povero, da genitori istruiti o analfabeti) ma anche ACQUISITE (dipendono dalla scelta di migrare, di continuare gli studi, di investire in un determinato lavoro, di sposarsi e avere dei figli) Tali differenze si esprimono nelle diversità etniche o razziali: se per etnia si intende un sistema di classificazione dei gruppi che attribuisce individui una discendenza comune sulla base della percezione di somiglianze culturali, la diversità razziale classifica e gruppi considerando somiglianze fisiche considerate innate. Diversità e differenze si trasformano in DISUGUAGLIZANE ENTICHEe le amplificano attraverso alcuni processi che si sviluppano nella convivenza interetnica e intervengono nelle interazioni fra gruppi, quali il pregiudizio, il razzismo e la discriminazione. - Il PREGIUDIZIO è un giudizio sui membri di un determinato gruppo etnico, formulato a prescindere dalla conoscenza diretta e si traduce in atteggiamenti negativi ed etnocentrici che influiscono sulle relazioni con le persone identificate come appartenenti a tali gruppi. È il frutto di un procedimento sociale e cognitivo che porta identificare le persone attraverso stereotipi. - I pregiudizi si connettono alla DISCRIMINAZIONE in quanto possono fornire legittimazione a comportamenti discriminatori verso gruppi minoritari in maniera diretta con una differenza di trattamento a motivo di una caratteristica specifica (colore della pelle cognome) che limita accesso ad alcune risorse e opportunità sociali, ma anche con una modalità indiretta quando una disposizione o un criterio neutrale si ripercuotono su una persona in virtù della sua appartenenza etnica culturale o religiosa. - Ulteriore conseguenza del radicamento dei pregiudizi etnici è quella di contribuire la creazione di un terreno fertile alla diffusione di ideologie xenofobe e razziste. Il RAZZISMO infatti è un'ideologia che gerarchizza l'umanità sulla base di un supposto fondamento biologico in gruppi superiori, considerati umani legittimi proprietari i cittadini a pieno titolo detentori di diritti e gruppi inferiori, ritenuti sub umani o non umani dico bene ci si può appropriare i corpi possono essere schiavizzati. Due campi sociali specifici quello DELL'ISTRUZIONE a quello del LAVORO risultano particolarmente significativi nei processi di integrazione degli immigrati perché paiono condensare gli effetti negativi delle disuguaglianze etniche. Per quanto riguarda la fruizione dell’istruzione, come rilevato dall’UNESCO, gli immigrati, i richiedenti asilo e i rifugiati affrontano rispetto a nativi maggiori ostacoli nell'accesso e nella fruizione all'istruzione obbligatoria. ESEMPIO: l’EUROSTAT, nel 2019, ha rilevato che la quota degli Early School Leavers nati all’estero era molto elevata in Italia, rispetto a quanto lo fosse per gli altri paesi dell’UE. L’Italia ha assistito ad una riduzione significativa delle disuguaglianze nel passaggio tra la prima e la seconda generazione di immigrati e ad un’inclusione altamente positiva nella scuola primaria, ciò che invece non è ancora avvenuto nella scuola secondaria. Analizzando le disuguaglianze degli immigrati sul versante del mercato di lavoro, anche in questo caso, nello scenario europeo, così come in Italia, emergono esperienze oscillanti tutela e garanzie dei diritti e discriminazione nei confronti dei soggetti con background migratorio: l'inserimento lavorativo avviene sulla base della complementarietà a fra lavoro immigrato e lavoro dei nativi, in cui gli immigrati rispondono alla pressante domanda di occupazioni povere pesanti e precarie, accettando lavoro che i nativi non intendono più svolgere. Ambrosini nel 2001 individua i principali modelli di impiego: - il MODELLO METROPOLITANO diffuso nelle grandi città che fa emergere una domanda di lavoro flessibile e regolare. Esempi tipici di questo inserimento sono quelli delle colf e assistenti familiari che lavorano presso le abitazioni di anziani autosufficienti e non, già discriminate dall'etichetta di badanti che esprime una visione riduttiva e svalorizzante di chi assume il ruolo di cure di e chi ha bisogno di cura. - Un altro impiego relativamente nuovo è quello dei riders che lavorano per multinazionali come Glovo, Deliveroo, Justeat. Per la natura di questo lavoro in poco tempo fra i raiders milanesi la percentuale di italiani è crollata mentre è aumentata quella di giovani di origine africana e asiatica - un ultimo punto di attenzione relativo alla discriminazione e disuguaglianza degli immigrati nei contesti lavorativi emerge dal modello delle attività stagionali nel sud e nel nord del paese, riguardano in particolare il lavoro agricolo, settore importante in Italia è particolarmente esposto alla tratta internazionale allo sfruttamento. Capitolo 11: DISUGUAGLIANZE DIGITALI I primi studi si concentrano sul concetto di digital divide inteso come disuguaglianza nelle possibilità di accesso alla tecnologia dell'informazione e delle comunicazioni (TIC) e a Internet. Il focus è sulla dicotomia tra connessi e non connessi alla rete, nell'accesso sia all'interno dei paesi, tra segmenti della società, (divario digitale interno), sia tra i paesi (divario digitale globale). In seguito il concetto di disuguaglianza digitale andava a cogliere la multidimensionalità del rapporto fra media digitale e disuguaglianze sociali in termini di differenze tra gli individui sia sulla base di diverse risorse culturali e sociali. Si tratta del digital divide di secondo livello rispetto a quello di primo livello, riferito al mero accesso alla rete, l'attenzione si sposta sulle capacità digitali dei soggetti con background socioeconomico e sulle modalità di utilizzo. Prevalgono due ipotesi sulle possibili influenze dell'uso dei media digitali sul sistema delle disuguaglianze sociali: - la prima della normalizzazione: ritiene che le differenze nell'accesso alle TIC scompariranno per effetto dei processi socioeconomici. - la seconda ipotesi della stratificazione sostiene invece che le disuguaglianze legate al digitale si sommino a quelle preesistenti rinforzandosi in un processo circolare e cumulativo, determinando una riconfigurazione della stratificazione sociale dove chi ha più risorse e più incluso nel mondo digitale radicalizzando lo svantaggio sociale dei gruppi con minori risorse socio economiche. Con il terzo livello di digital divide si considera un'ulteriore variabile agente nella struttura delle disuguaglianze digitali: la capacità di migliorare la propria condizione sociale usando le TIC. Questo rimanda alla capacità di trasformare l'accesso e il diverso uso delle tecnologie, in vantaggi sociali. È centrare il capitale digitale, ovvero l'insieme di competenze che permette all'individuo da una parte di sfruttare online il proprio bagaglio socioculturale e dall'altra di trasferire offline le conoscenze e le informazioni ottenuto in rete, trasformandole in vantaggi sociali. Tale capitale si sta dimostrando altrettanto determinante nell'attuale fase storica di contenimento della pandemia: i divari nell'accesso alla rete e ai devices tra studenti, lavoratori e famiglie di diverse estrazioni socioeconomica e collocazione geografica, le differenze strutturali tra i lavoratori in relazionali diseguali possibilità di agire o meno in modalità smart working. Al di là della durata storica della pandemia un ritorno alle condizioni precedenti sembra a breve improbabile Nella realtà giovanile si distinguono due tipi di divario digitale: - il primo quello “relativo” è strettamente condizionato da variabili strutturali quali lo status di origine, l'istruzione dei giovani, per cui ad esempio più alto livello culturale suo e del padre più è frequente e complesso l'uso delle TIC. - il secondo tipo di divario “assoluto” non è direttamente condizionato dalle differenziazioni strutturali classiche e si esprime in uso non appropriato, discontinuo e superficiale delle TIC. Un'ulteriore per l'analisi delle disuguaglianze digitali è quella del GENERE: il gender digital divide indica un disequilibrio tra uomini e donne sia nell'accesso alle TIC, sia nelle modalità d'uso. Il divario è marcato in relazione a competenze informatiche avanzate, occupazione e ruoli decisionali nel settore dove le donne sono sottorappresentate. Rischiano inoltre di incrementare