Scarica Relazione di Aiuto in Ambito Educativo: Interazione Docente-Allievo e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia solo su Docsity! La relazione di aiuto in ambito educativo e didattico La relazione di aiuto in ambito educativo e didattico, è una particolare relazione di aiuto riferita all’alunno con disabilità e i suoi bisogni. E’una relazione complessa, che presuppone l’incontro di due persone in cui una si trova in condizioni di sofferenza o di disabilità, e un’altra dotata di un grado superiore di conoscenza, competenze ed abilità, rispetto a quella situazione o problema. Anche la relazione tra docente e discende può essere considerata una relazione di aiuto ,per la presenza di un rapporto di reciprocità tra chi offre aiuto e chi lo accetta, nella quale il docente deve creare le condizioni affinchè l’allievo possa esprimere il suo “poter essere possibile”(Mortari),di modo che il potenziale di ognuno possa essere curato e fatto emergere..La relazione educativa, è spesso un rapporto problematico, aperto ed asimmetrico tra due soggetti, esposta ad incognite impreviste ed imprevedibili, soggetto anche a fallibilità, soprattutto in situazioni di estrema gravità, come le disabilità complesse. Secondo Rogers, la relazione di aiuto,è una relazione in cui almeno un uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell’altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato”.,e caratterizzata da una dimensione di intenzionalità orientata, cioè di superiore padronanza di conoscenze di un soggetto orientata al cambiamento e alla crescita del soggetto in difficoltà, e un aspetto cognitivo, il dare aiuto, non può essere improvvisato, ma presuppone competenze specifiche che non sono di tipo terapeutiche ed assistenziali, ma consapevoli ed intenzionali, richiedendo la capacità di padroneggiare razionalmente abilità che sono un tutt’uno con ciò che si è. La relazione educativa, presuppone una relazione di reciprocità tra i due protagonisti dell’azione di aiuto, in quanto ciò che accade ad uno di loro agirà sull’altro e viceversa, e la cura educativa essendo questa, condizione necessaria affinchè si dischiudano le possibilità dell’essere.Ricevere cura consente al bambino di sviluppare le sue potenzialità, il poter essere possibile presente in ciascun essere umano, anche nelle persone con disabilità. Il prendersi cura, e cosa ben più complessa e profonda della semplice aver cura, in quanto, prevede ed impone un autentico coinvolgimento empatico e fattivo nella costruzione progettuale ed organica della relazione educativa.La cura non ha una funzione ripatoria ma promotiva, nel senso che non si agisce per riparare un danno, ma per promuovere l’essere di ciascuno. Significativo in merito è il ruolo dell’insegnante di sostegno, che nel suo agire deve superare ogni pregiudizio di ineducabilità, ed accogliere la sfida dell’educabilità, guardando all’allievo non in relazione ai suoi limiti, quanto alle sue potenzialità residuali, promuovendo a tal fine interventi didattici compatibili con siffatte potenzialità, ed evitando ogni atteggiamento volto a sostituirsi all’alunno con disabilità, attivandosi per promuovere e guidare l’alunno verso l’acquisizione di una maggiore autonomia, sempre e comunque nel rispetto della specificità e gravità del deficit. Bisogna, altresì ,rispettare la sua libera adesione nella relazione di aiuto potendo lo stesso rifiutarla,e non imporre la presenza altrui a tutti i costi, rispettare i suoi bisogni, lasciarlo libero di fare da se, e non sostituirsii a lui nel soddisfazione dei propri bisogni.All’interno della relazione di aiuto, è possibile andare in corso a delle trappole, in particolare l’educatore non deve avere atteggiamenti di impotenza o di onnipotenza, verso la situazione difficile, non deve avere un’immagine negativa dell’educando relativamente alle sue condizioni invalidanti, non deve alimentare un legame di dipendenza con l’educando , ma lavorare al fine di fargli acquisire autonomia, non deve confondere la propria sensibilità con l’intenzionalità e le finalità espresse dall’aiuto. L’educando, invece, non deve attribuire all’altro, propri pensieri, anche distruttivi, nè alimentare l’inutilità dell’aiuto per la gravità della sua situazione invalidante , né confondere il rapporto con l’educatore come persona o professionista.