Scarica Riassunto del volume 1 ''Storia della letteratura greca'' di Albin Lesky e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Greca solo su Docsity! LA TRASMISSIONE DELLA LETTERATURA GRECA DALL’ANTICHITA’ ALLA CONTEMPORANEITA’ -Fino alla tarda antichità, i Greci scrivevano su papiro. I rotoli venivano utilizzati sia per l’abbozzo che per la redazione definitiva dell’opera; altrimenti, per la prima fase si utilizzava un blocco di legno coperta di cera colorata. Questo spiega l’impossibilità di risalire all’originale di un autore antico. -Conosciamo molto della tradizione manoscritta dell’età classica. Gli autori classici scrivevano tutte le parole in maiuscolo, senza staccarle l’una dall’altra; usavano pochissimo la punteggiatura, gli accenti e gli spiriti, distinguevano raramente i discorsi dei personaggi tragici e tendevano a scrivere in prosa le parti liriche. Da ciò derivarono numerosi errori. -E’ difficile datare l’inizio della fruizione pubblica dei libri; si punta ad un periodo tra il sesto ed il quinto secolo avanti cristo. Dati come la presenza di una folta letteratura tecnica, di commedie che presupponevano una vasta conoscenza delle tragedie e della figura del commerciante di libri testimoniano comunque con sicurezza l’esistenza del libro nel quinto secolo avanti cristo. -Il libro più antico che conosciamo sono i Persiani di Timoteo (tuttavia di dubbia derivazione greca) -Nel quarto secolo avanti cristo la diffusione del libro crebbe enormemente. Ciò comportò un incremento di manoscritti errati. Si cercò di rimediare a tale problema conservando una copia dell’originale negli archivi di stato, ma non con totale successo. -Il lavoro degli studiosi alessandrini fu di gran beneficio alla trasmissione dei libri. La biblioteca di Alessandria contò in totale un picco di 700.000 volumi. -La distruzione della biblioteca di Alessandria comportò una grandissima perdita. -Dal primo secolo dopo cristo il materiale tramandato diminuì notevolmente. A questo contribuirono la scolarizzazione del sapere, che necessitava della selezione di materiale ristretto per lo stufio, e l’introduzione del codex, che comportò la perdita di numerosi rotoli papiracei non trascritti. -Il punto più critico fu toccato tra il settimo e l’ottavo secolo dopo cristo. -La letteratura greca sarebbe stata persa per sempre se non fosse stato per il lavoro del patriarca Fozio. Fu corretto il metodo di trascrizione, fu introdotta la minuscola, e furono soprattutto conservati con cura i manoscritti copiati. Essi fungono da base per le nostre conoscenze della letteratura antica. -Questo lavoro fu in gran parte distrutto dalla conquista di Costantinopoli del 1204. -La tradizione manoscritta tuttavia non cessò. Nel tredicesimo secolo dopo cristo i rapporti tra Bisanzio e l’Italia migliorarono notevolmente, e ciò comportò il trasferimento di numerosissimi manoscritti. -Il processo ebbe ufficialmente inizio dopo la caduta di Costantinopoli del 1453; in Italia, da quella data fino al 1600, tutti i manoscritti furono copiati (e poi stampati) con grande cura. -(Nonostante questo i pochi resti di papiri a noi pervenuti hanno comunque un gran valore, sia perché permettono la scoperta di autori mai citati nei manoscritti, sia perché presentano rispetto ad essi delle differenze che possono essere confrontate per rendere ancora più veritiera un’opera. In rari casi, essi presentano più errori dei manoscritti stessi, dimostrando così la gran cura medievale per la trascrizione. Ogni fonte ha la sua specifica importanza.) GLI INIZI -I poemi epici, dopo numerose ricerche, risultano essere il risultato maturo di più di un millennio di storia greca. -Agli inizi del secondo millennio avanti cristo le prime stirpi greche si spinsero dal nord nella parte meridionale della penisola balcanica. Si trattava di un territorio ricco e fertile circondato e racchiuso in vari punti da numerose catene di montagne, e collegato alle sponde dell’Asia minore da ponti di isole distinte. -Il lavoro di Milman Parry ha permesso di determinare il tipico modus operandi di un cantore epico: egli, facendo riferimento ad un vasto repertorio culturale di leggende, miti e storie, alla memoria e a varie tecniche stilistiche, crea di volta in volta il suo canto, escludendo qualsiasi forma scritta. Questo procedimento viene chiamato oral composition. -L’oral composition viene così ricondotta alla trasmissione dei poemi omerici e preomerici. L’esistenza dei poemi preomerici è dimostrata dall’esistenza di una lira rinvenuta in una tomba miceneo e dell’affresco di Pilo; non conosciamo tuttavia né il loro contenuto né la loro forma. 2.MATERIA E STRUTTURA DELL’ILIADE -Rapporto stretto fra natura della materia epica e sfondo storico: la letteratura comparata dimostra che l’epos trae dalla storia avvenimenti simbolici o importanti per moi modificarli liberamente in base a trama, situazioni e personaggi. -Non si è ancora in grado di determinare se e come i poemi omerici abbiano seguito questo tipo di procedimento (posizioni differenti, negazione e affermazione di uno sfondo storico reale e concreto) -A favore dell’affermazione dello sfondo storico nell’epica omerica si presentano le rovine della città di Troia. Alcuni frammenti di terracotta rinvenuti a Micene dimostrano l’esistenza di rapporti commerciali con la città di Troia, non sempre pacifici: il sesto strato rinvenuto rivela segni di distruzione, forse causata da una guerra combattuta dalle due città, da attribuire invece grazie a studi approfonditi ad un terremoto: la Troia omerica dovrebbe quindi coincidere con l’ottavo strato, il cui crollo è invece attribuito a invasioni barbare e non greche (tentativo di far coincidere la Troia omerica col sesto strato da parte di uno studioso) -E’ tuttavia importante tener conto del legame sottile tra storia e leggenda: la sola esistenza di rapporti tra Micene e Troia e la sua successiva distruzione avrebbero da sole potuto dar vita ad un ciclo epico indipendente. -L’Iliade dimostra in vari punti i modi secondo cui si sono sviluppati dei miti e racconti specifici: si traeva spunto da avvenimenti reali (distanti sia nel tempo che nello spazio) per creare immagini indipendenti, lontanamente fedeli alla loro source principale. Ciò viene in parte dimostrato dalle numerose e diverse provenienze degli eroi omerici. -Analisi del ratto di Elena e della presenza assidua di uno ‘’stato degli dei’’ nelle vicende: varie teorie riconducono il primo ad un mito preesistente, la seconda ad un modello basato sulla signoria e sul potere micenei. -I poemi omerici hanno attinto da cicli di leggende diversi: un esempio è la presenza del ciclo tebano, il secondo per importanza, accanto a quello troiano. Grande importanza ha il mito di Meleagro narrato per convincere Achille a tornare in battaglia: esso si basa probabilmente su del materiale tratto da un’epica più antica e precedente ai poemi omerici. Ha valore centrale in questo mito la presenza dell’ira, con cui Omero avrà voluto stabilire un legame tematico. -Di recente si è proposta la teoria di un possibile legame dell’Iliade con un poema chiamato Etiopide, basato sulla storia del principe Memnone; vi sono tuttavia dei contro: l’Etiopide è un’opera più recente rispetto all’Iliade, è quindi più probabile che i numerosi elementi condivisi dai due poemi facciano riferimento ad una stessa matera precedente ad entrambi. -(Riassunto dei 24 canti dell’Iliade) -Discorso di stampo aristotelico: Omero è riuscito a condensare in pochi giorni numerosi avvenimenti sempre ricchi di azione attraverso la descrizione della guerra di Troia, spunto per numerosi motivi (giustificazione di un lasso di tempo breve dovuto ad una guerra che durava già da 9 anni), e l’anticipazione celata di temi legati al finale dell’opera. -Il destino di Achille, Ettore e Patroclo presenta in sé una sfumatura tragica: l’Iliade sembrerebbe infatti un poema d’avanguardia,sia legato alle leggi fisse dell’epica, basate su una narrazione lenta e dettagliata, che distante da esse per i suoi numerosi tratti vivaci e spediti e per i suoi temi intensi ed ‘’eroici’’. 3.LA QUESTIONE OMERICA -l’Iliade presenta numerose contraddizioni a livello logico, spaziale e temporale (un personaggio apparentemente morto che improvvisamente riappare in vita in un altro canto) -L’interpretazione di tali contraddizioni può essere ricondotta a due filoni principali di analisi: l’analitica (che sottolinea l’illogicità degli ‘’errori’’ presenti) e l’unitaria (che cerca di dar loro un senso attraverso un’analisi più ampia e condotta a livello tematico) -Gran parte della questione omerica si è basata su una prevalenza della corrente analitica, opposta a deboli confutazioni della corrente unitaria. Hermann e Lachmann diedero vita alla teoria dell’allargamento, secondo la quale l’Iliade si sarebbe formata con aggiunte diverse e continue nel corso del tempo a partire da un nucleo originario principale (Lachmann, presenza di sedici canti indipendenti a partire dalla canzone dei Nibelunghi). In seguito ad una confutazione basata sulla differenza tra canto ed episodio epico nacque la teoria della compilazione, secondo la quale l’Iliade è composta da più composizioni epiche riunite (Kirchhoff). -Gli strumenti dell’analitica col passare del tempo persero di valore: le contraddizioni logiche, se confrontate con la stesura di opere contemporanee non coerenti dall’inizio alla fine, assumevano un senso; non era nemmeno sufficiente l’appello a discordanze stilistiche, che si basavano su un livello fin troppo soggettivo. -In seguito alla prima guerra mondiale prese vigore la teoria unitaria grazie a Schadewaldt, che analizzò a fondo i numerosissimi nessi e rimandi dell’Iliade associandoli al contesto storico e culturale del periodo di composizione dell’opera. -Alcuni errori della critica sono stati confutati con certezza nel corso del tempo (come l’assenza della scrittura nel ‘’secolo di Omero’’ e una prima redazione del poema compiuta in età pisistratea) Wilamowitz dimostrò la necessità della scrittura per la composizione di un poema tanto ricco di nessi e rimandi. -Formulazione della teoria di Parry, oral composition come mezzo principale di trasmissione dei poemi preomerici. con tecniche come il flashback, ai tempi inesistente: fungerebbero, in sostanza, da motori coordinati dell’azione. -Altro motivo di discussione è l’ira di Poseidone, causa apparente di una ‘’noiosa’’ripetizione degli stessi avvenimenti: in realtà essa costituisce un fulcro dell’azione del tutto secondario, in quanto la maggior parte delle avventure di Odisseo dipendono da cause diverse e varie tra loro. -Di natura diversa rispetto al nucleo originale è la visita di Penelope ai Proci, che solleva alcune discrepanze narrative: è probabile che sia stata aggiunta successivamente, anche se non causa in sé problemi di grande rilievo, ma anzi, raggiunge in parte alti picchi narrativi. -E’ possibile trovare delle illogicità confermate, di natura però sempre poco importante: esse saranno dovute al lavoro di vari rapsodi, causa naturale di interpolazioni e modifiche nel corso del tempo. -E’ ancora argomento centrale il canto 24: nonostante la sua brevità sia stata ormai giustificata, permangono ancora delle problematiche da risolvere. -In conclusione, l’Odissea risulta essere più frammentata dell’Iliade: essa non deriva infatti da una materia prettamente unica, come il ciclo epico, ma da più forme letterarie antiche, i cui confini non sono ancora facilmente determinabili. Nel complesso, risulta essere un’opera ben costruita e strutturata, e non un semplice ‘’collage’’ di racconti diversi. 6.STRATI DI CIVILTA’ NELLA POESIA OMERICA -Numerosi riferimenti culturali nei poemi omerici dimostrano la coesistenza di due orizzonti temporali al loro interno: quello antico, in cui sono ambientate le vicende, e quello contemporaneo al poeta, di età successiva. Omero stesso afferma di fare riferimento ad elementi più antichi di lui. Non si fa mai, a prescindere, riferimento ai ‘’secoli bui’’. -Elemento illuminante è stato la distinzione tra ferro e bronzo: nei poemi il bronzo viene usato come metallo ‘’quotidiano’’, mentre il ferro viene considerato come metallo prezioso; Omero, tuttavia, afferma di conoscere tempi in cui il ferro è molto comune e diffuso, a lui quasi sicuramente contemporanei. -Il rapporto tra il poeta e i secoli antichi in cui sono ambientati i suoi poemi dipende dall’epica stessa, tendente al passato, comune ad una cultura secolare e portatrice di determinate norme e leggi stilistiche da seguire; Omero quindi non arcaicizza, ma facendo riferimento al suo tempo tiene anche conto delle caratteristiche del genere da lui trattato. -Nonostante l’ordinamento sociale descritto nei poemi rispecchi sia il periodo di composizione che il periodo in cui è ambientata la materia narrata, vi è una forte mescolanza di oggetti e situazioni tipici di un solo periodo. La presenza di oggetti micenei in un periodo storico successivo può essere spiegata attraverso l’eredità materiale, ma non in tutti i casi (soprattutto quando l’oggetto tende a deteriorarsi facilmente). -Vi sono due opinioni principali riguardo l’argomento trattato: la prima dà molta importanza all’età micenea come base dell’epica greca e ‘’madre’’ della maggior parte degli oggetti/spunti culturali presenti nei poemi omerici; la seconda si concentra maggiormente sulla differenza tra il periodo di composizione e quello di ambientazione, sottolineando l’importanza dei ‘’secoli bui’’ e individuando in essi l’origine della maggior parte degli oggetti/spunti culturali descritti (oltre che nell’età micenea). L’autrice propende per la seconda ipotesi: sostiene che l’età micenea abbia dato vita all’epica e che le abbia attribuito le sue caratteristiche maggiori, ma che i poemi omerici si siano sviluppati oralmente nei ‘’secoli bui’’. -In conclusione, è bene tenere a mente i vari periodi elencanti in un’unica prospettiva, unendoli dal punto di vista della tradizione e dell’eredità culturale. 7.LINGUA E STILE -Caratteristica fondamentale dei poemi omerici è il verso: l’esametro, in particolare, risulta essere il più antico di tutti, quasi sicuramente usato nell’epica arcaica e probabilmente nato in uno strato pregreco. La monotonia che la regolarità dell’esametro poteva provocare veniva risolta attraverso varie soluzioni: le sostituzioni dei dattili con gli spondei, gli enjambement, le posizioni tattiche delle parole più importanti, e soprattutto, le cesure. E’ tipico l’uso della cesura intermedia, che divide il verso in due parti, una discendente e l’altra ascendente: tali parti possono essere divise a loro volta, creando, per la maggiore, un verso tripartito. -La lingua omerica è caratterizzata dalla mescolanza di numerosi dialetti. La grande presenza dell’attico dipende non dalla formazione dei poemi epici, quanto più dalla loro trasmissione: infatti, gran parte di essa si svolse in Attica. Sono presenti anche molti termini eolici e ionici: inizialmente si ritenne che appartenessero a due periodi di tradizione dei poemi diversi, e che l’uno fosse stato in parte sostituito dall’altro; in realtà, come si scoprì successivamente, essi appartengono ad uno strato unico e sono anche strettamente collegati l’uno all’altro. -La lingua omerica, in quanto mescolanza di termini appartenenti a dialetti ed epoche diversi, è artificiale: non venne infatti mai usata al di fuori della recitazione dei poemi. Ciò dipende non da una scelta voluta, ma da una trasmissione già citata compiuta in epoche e territori differenti per un gran periodo di tempo. E’ impossibile dividere nettamente uno strato linguistico dall’altro, in quanto la loro unione e i loro collegamenti interni sono molto stretti (coesistenza di termini arcaici, moderni, appartenenti a dialetti diversi e di origini varie). -E’ comune nei poemi omerici l’uso di formule di vario tipo (epiteti, legate all’inizio/fine di un discorso o ad una data azione), di breve lunghezza o descrittive di un avvenimento in particolare (banchetti, cerimonie funebri). Considerare la formula come solo strumento tecnico è errato: essa infatti è capace, nelle sue varietà, di creare immagini suggestive e di dare un significato preciso ad una scena apparentemente semplice. La formularità permette una descrizione viva del mondo e della natura: esistono numerosissimi termini legati a sfumatura diverse della sensibilità umana e grandi varietà di similitudini che sottolineano la forza e la bellezza di ciò che esiste. -Ha gran valore nei poemi omerici il discorso diretto, al punto da portare Platone ad affermare che l’epica fosse un misto fra dramma e pura narrazione. Il discorso diretto, così come la narrazione circolare, appartenevano già ai primordi dell’epica. possibile comunque determinare quanto rispettassero i limiti di ogni poema, quanto fossero accurati e quanto avessero semplificato i collegamenti tra più poemi). -I Canti ciprii, in 11 libri, venivano attribuiti a Stasino, Egesia ed Egesino e narravano la ‘’presitoria’’ dell’epica: poiché i punti di incontro coi poemi omerici sono molti, inizialmente furono attribuiti ad Omero (Erodoto contestò molto la cosa). -L’Iliade era seguita dall’Etiopide, in 5 libri composti da Arctino di Mileto: essi narravano le ultime gesta di Achille. -E’ difficile dare una datazione a queste opere: in generale, è possibile datare l’Etiopide e l’intero Ciclo epico intorno al settimo secolo avanti cristo. -Esiste anche un poema sulla Distruzione di Ilo, in 2 libri attribuiti sempre ad Arctino, che narravano del giorno della distruzione di Troia. -L’Etiopide, la Distruzione di Ilo e la Piccola iliade fanno parte dei cosiddetti post- homerica, in quanto narrano vicende successive all’liade. -L’Odissea era parte di una raccolta in 5 libri, i Ritorni, che narrava delle sorti di tutti gli altri eroi epici (già citate nel poema stesso): era attribuita o ad Omero o ad Agia di Trezene. -Di questa raccolta fa parte la Telegonia, assegnata ad Eugammon di Cirene, che narra avvenimenti successivi all’Odissea e la storia di Telegono, figlio di Odisseo e Circe; i numerosi riferimenti fantastici le indicazioni di Eusebio datano Eugammon e la sua opera al sesto secolo avanti cristo. -Sappiamo, grazie ad informazioni contenute nei poemi omerici, che le opere del Ciclo epico erano state concepite fin dall’inizio come integrazioni dell’Iliade e dell’Odissea. -Esistevano numerosissimi poemi legati a questi cicli di cui non sappiamo nulla, se non il titolo: esempi sono la Presa di Ecalia e l’Alcmeonide. GLI INNI OMERICI -I 33 Inni Omerici conosciuti (perlomeno attribuiti ad Omero dalla tradzione) ci sono pervenuti grazie ad una raccolta che conteneva anche quelli di Orfeo, Callimaco e Proclo. E’ impossibile stabilire quando si sia formata la raccolta; riguardo la datazione e l’origine degli inni stessi, le informazioni sono poche e varie: l’inno ad Ares sicuramente ellenico fa supporre che nella raccolta siano confluite opere dalle origini più disparate. -Gli inni testimoniano l’esistenza di una poesia innodica di origini antichissime, composta da canti religiosi scritti in metro lirico o in esametro, alla maniera di Omero. L’Inno religioso apparteneva alla tradizione rapsodica, e veniva solitamente recitato in stile epico davanti ad un vasto pubblico durante le feste religiose, fondamentali eventi sociali dell’età arcaica e classica. Tucidide è uno dei primi a menzionare un inno, nello specifico l’inno ad Apollo, chiamandolo ‘’proemio’’: da questo è possibile dedurre che gli inni fungessero da proemi per le recitazioni di carattere epico. -Gli inni, oltre a trattare di argomenti vari, avevano anche lunghezze diverse. -Serie di Inni: l’Inno a Demetra ci è pervenuto in una sola copia dal manoscritto Mosquensis, e narra delle vicissitudini di Demetra legate alla figlia Persefone: l’opera è di fondamentale importanza per la comprensione dei misteri eleusini e, in quanto legata ai loro inizi, è databile alla fine del settimo secolo avanti cristo. L’Inno ad Apollo narra delle vicissitudini di Apollo, ed è attribuito a Cineto, capo di una scuola rapsodica; si pensa sia l’unione di due inni separati, in quanto c’è un distacco interno tra le materie narrate. L’Inno ad Ermes narra delle vicissitudini del piccolo Ermes ed è databile al sesto secolo avanti cristo. Il suo carattere giocoso e scherzoso e la presenza di espressioni comuni e anche volgari, riconducibili alla Commedia antica, fa supporre che fosse recitato davanti ad un pubblico contadino senza pretese appartenente alla Grecia centrale. L’inno ad Afrodite narra dei suoi amori con Anchise (escogitati da Zeus) e deriva probabilmente dalla regione ionica. -Gli altri inni di spicco, pervenutici non interamente, narrano di episodi legati a Dioniso e Pan; il resto è generalmente legato alla lode di una certà divinità e alla sua storia. ALTRE OPERE ATTRIBUITE A OMERO -Ad Omero venivano attribuite numerosissime opere. -La prima di queste è la Batracomiomachia, parodia scherzosa dell’Iliade basata su una guerra tra rane e topi; è difficile darle una datazione, in quanto si sa pochissimo sulla poesia parodica greca (è importante sapere che in età ellenistica veniva ancora attribuita ad Omero). -Molte delle opere sopra citate appartenevano alla categoria parodica dei poemi omerici, sempre incentrate su guerre animali. -Sia Omero che Pigrite vengono indicati come gli autori di un poemetto scherzoso chiamato Margite, il cui protagonista Margite è uno sciocco figlio di buona famiglia: è possibile che si trattasse di ironia politica. E’ interessante la sua forma, composta da esamentri con vari giambi intercalati. -Varie operette sono attribuite ad Omero da Erodoto: molte di queste, biografiche e in esametri, appartengono probabilmente alla tradizione rapsodica. -Gli alessandrini non attribuivano niente di tutto questo ad Omero. L’ETA’ ARCAICA ESIODO -Nonostante gli antichi amassero unire le figure di Esiodo e Omero, tra i due esistevano numerose differenze. Se di Omero è noto poco più del nome, le informazioni riguardanti Esiodo sono molto più numerose, in quanto tramandate da lui stesso: egli è il primo poeta occidentale a descrivere la sua persona. -La datazione delle opere di Esiodo, risalente al 700 avanti cristo circa, è contemporanea alla redazione dei poemi omerici. Per questo alcuni cercarono, a torto, di far dipendere vari passi dei poemi omerici da Esiodo. -Rispetto alla concezione dei poemi omerici, il destino non appartiene ad una sfera superiore rispetto agli dei, ma risulta essere discendente diretto di Zeus {Zeus come forza divina assoluta, legame parallelo col Dio cristiano?} -La struttura interna della Teogonia è ricca di elementi formali e legami interni: Schwab dichiarò di aver individuato una struttura fondata su dieci esametri in ripetizione, la cui analisi non risulta essere tuttavia semplice; in ogni caso, la musica aveva un ruolo fondamentale per la sua recitazione e comprensione. Non si tratta, come per i poemi omerici, di una oral poetry assoluta. -Anche le Opere presentano al loro interno una struttura così fatta. -La prima parte delle Opere si incentra su due scontri: quello tra Esiodo e il fratello Perse e quello assoluto e ideologico tra le forze oscure e quelle benigne, che rappresenterebbe la concezione cosmica di Esiodo. Nelle Opere, ancor più che nella Teogonia, la figura di Zeus viene molto esaltata, e arricchita inoltre di un tratto che avrà fondamentale importanza nella religione e letteratura greca successiva: la giustizia. -Correggendo il mito riguardante la dea Eris, unica nella Teogonia, sdoppiata in una forma cattiva e in una buona nelle Opere, Esiodo dà fondo alle sue due argomentazioni principali:Perse deve rinunciare alla contesa (discorso sulla giustizia) e impegnarsi per ottenere dei profitti onesti (discorso sul senso della vita e del lavoro). -Esiodo basa la sua concezione di vita sull’idea che le forze oscure del mondo esistano per non permettere agli uomini un guadagno facile, giustificandola con i miti di Prometeo/Pandora e delle cinque età. Il mito delle cinque età, a causa della figura di Crono legata all’età più prospera dell’oro, differisce dalla concezione esiodea espressa nella Teogonia: è quasi del tutto probabile che non fosse opera dell’autore, ma che appartenesse ad una mitologia più antica. -Descrivendo gli orrori dell’età del ferro, in cui i contemporanei di Esiodo vivono, Esiodo esprime un pessimismo di fondo in parte presente anche nella Teogonia: tuttavia, come per la cultura greca successiva, non si tratta di un pessimismo assoluto; nell’oscurità, infatti, esiste il diritto, che permette all’uomo e alle divinità di praticare la giustizia e di riportare l’ordine nelle cose (questa funzione di Dike avrà un valore fondamentale per i Greci successivi). -Esiodo inserisce nel contesto dell’età del ferro la prima favola occidentale: l’usignolo e lo sparviero. -La prima parte della narrazione è seguita da ingiurie ed esortazioni rivolte a Perse e basate su consigli ed esperienze legate al mondo contadino. -Esiodo riesce a descrivere la natura con una forza espressiva addirittura maggiore a quella dei poemi omerici, senza edulcorazioni, ma con grande spirito realista. -Molti dei consigli presenti nell’opera sono in contrasto l’uno col l’altro, a dimostrazione dell’esistenza di interpolazioni successive. -Nel finale della Teogonia è presente un riferimento ad un’opera quasi sempre attribuita ad Esiodo, il Catalogo delle donne o Eoie, tipico della tendenza al catalogo greca e composto da 5 libri. L’opera è ben conosciuta, ma è difficile decidere se attribuirla o meno all’autore: certo è che molti dei suoi racconti non sono di origine esiodea, poiché di molto successivi alla sua epoca. -Come per Omero, anche ad Esiodo vennero attribuite numerose opere di cui non conosciamo nulla se non il titolo, come i Precetti di Chirone o una Melanpodia. EPICA ARCAICA DOPO ESIODO -Esiste numeroso materiale epico non appartenente al Ciclo che funse da base per la letteratura successiva e che purtroppo è andato perduto; di esso conosciamo solo i nomi e in parte gli autori: -Eumelo di Corinto (Korinthiaka, Titanomachia, Europia, Bugonia). (Foronide= origini dell’Argolide). -Carcino di Naupatto (Naupaktika= viaggio degli Argonauti). -Numeroso materiale epico su Teseo ed Eracle. -Focilide di Mileto, continuatore diretto dell’epica didascalica di Esiodo, operante tra il settimo e sesto secolo avanti cristo. Sigillava le sue opere. LIRICA ARCAICA 1.ORIGINI E GENERI -Come per l’epica, esistono fasi anteriori della lirica alle attestazioni in nostro possesso, di cui tuttavia non è rimasto nulla di concreto. -L’epos dà varie notizie sulla poesia lirica arcaica, descrivendo le origini di numerose forme di canto: i canti cultuali in onore di divinità, i canti lavorativi,che accompagnavano quasi tutte le attività del periodo, e i canti popolari, tipici di moltissimi popoli e civiltà. I canti popolari erano molto graditi ai letterati ellenisti e costituirono la base di numerose composizioni di Saffo. -La lirica, in antichità, non costituiva un vero e proprio tipo di poesia, ma indicava i componimenti accompagnati dalla lira, e la sua divisione in corale e monodica non aveva ulteriori approfondimenti. -L’elegia e il giambo quindi non appartenevano propriamente alla lirica, in quanto in essi mancava il canto, sua componente fondamentale. Inoltre, i due generi erano accompagnati da strumenti diversi dalla lira, per la prima il flauto, per il secondo flauto e strumenti a corda. La divisione strumentale non era tuttavia rigida: varie attestazioni dimostrano che canti corali e quindi lirici venivano accompagnati anche dal flauto. -I due strumenti nell’antichità erano in costante competizione sotto numerosi punti di vista: quello cultuale (la lira era associata ad Apollo, il flauto a Dioniso e ai riti orgiastici), quello sociale (il flauto era considerato inferiore rispetto alla lira) (a ciò si collega il tentativo di dare al flauto un’origine più antica della lira) e quello tecnico (il flauto permetteva suoni e toni più numerosi e vari rispetto a quelli della lira). 2.IL GIAMBO -(Pausania, mito di Tellis e Kleoboia, viaggio da Paro a Taso, Paro legata ai culti di Demetra e citata negli Inni Omerici; secondo il mito, Tellis era il bisnonno di Archiloco) La posizione aristocratica è dedotta dal suo nome. -Ipponatte descrisse in modo ironico e scherzoso le sue esperienze da esule povero nella società del suo tempo, dando molti spunti per autori successivi. -Famosa è la sua invettiva contro lo scultore Bupalos, nata a causa di una caricatura o di una donna chiamata Arete; si dice che egli, a causa dei giambi di Ipponatte, si sia tolto la vita. -Di Ipponatte sono giunti numerosi componimenti, ma quasi tutti mutili; un solo componimento intero presenta un crudo e forte erotismo. -L’invettiva contro un certo Sannos rivela le sue caratteristiche formali: Ipponatte usò i coliambi, una forma particolare di epodo composta da trimetri e dimetri giambici e gli esametri, soprattutto in parodia dell’epica. -La maggior differenza che lo allontana da Archiloco è la sua visione della vita: se entrambi prendono spunto da un’esperienza o da un momento per le proprie composizioni, il primo porta sempre una riflessione esistenziale negli ultimi versi, il secondo dimostra umorismo e nulla più, verso il mondo circostante e sé stesso. -Ipponatte fece uso di numerose parole straniere derivate dal territorio lidio (come palmys, ‘’re’’, o bekos, ‘’pane’’. -Ebbe molta fama durante il periodo ellenistico. -E’ spesso citato un altro poeta giambico, Ananio, vicino cronologicamente ad Ipponatte; fece uso del verso zoppo ed introdusse apparentemente per primo la poesia gastronomica. 3.ELEGIA -Orazio e Didimo indicano l’origine dell’elegia nel lamento; purtroppo, non si è in grado di dare una definizione più certa. Nel quinto secolo elegeion serviva ad indicare il pentametro del distico elegiaco. -Didimo, in particolare, riferisce che questo tipo di poesia deriva dal lamento funebre. La sua tradizione risalirebbe quindi alla Lidia e alla Frigia, da cui si prese spunto per la forma e l’uso del flauto. -L’elegia arcaica a noi tramandata ha tuttavia temi alquanto diversi, come dimostra Archiloco, che usò il distico per narrare episodi della sua vita, o Callino e Tirteo, che si concentrano sull’esortazione militare. -Callino di Efeso era un aristocratico contemporaneo di Archiloco, seppur un po’ più vecchio; combatté nelle battaglie contro i barbari Cimmeni. -La sua elegia più lunga pervenutaci è un’esortazione alla guerra rivolta ai giovani soldati, legata ad un episodio specifico della guerra; da essa, è possibile comprendere come essa prenda spunto e forse addirittura derivi dall’epica, da cui trae la forma e l’ideale della gloria legata al combattimento e alla morte. -Tirteo appartiene cronologicamente al periodo delle guerre messeniche legate alla città di Sparta; alla sua figura sono legati molti aneddoti, ma è molto probabile che egli fosse un immigrato stabilitosi a Sparta, che nel settimo secolo era molto più aperta agli stranieri. Questa ipotesi deriva dalla presenza di numerosi dorismi nelle sue composizioni, scritte in dialetto ionico. -Tirteo presenta un forte legame sia con Callino che con l’epica, da un punto di vista formale e tematico. -Tema centrale della poesia di Tirteo è l’esortazione alla morte per la vittoria della città, accompagnata dall’incitamento alla forza e alla resistenza. Non siamo tuttavia in un contesto di singoli, come nell’Iliade, ma di molti appartenenti ad un esercito saldo. -Sono rimaste quattro elegie complete dell’autore, tutte legate all’ambito militare -Se le prime tre sono legate ad un contesto specifico, la quarta risulta essere più teorica e generica; questo suscitò numerose polemiche sulla sua attribuzione all’autore: è probabile tuttavia che appartenga davvero a Tirteo, e che l’autore l’abbia scritta in un momento pacifico raccogliendo più elaboratamente i suoi pensieri. -L’elegia politica di Callino e Tirteo si svilupperà nel corso della democrazia greca e avrà grande successo per i suoi temi nel pensiero greco. -Diverso è Mimnermo di Colofone, che, come Semonide, riprende un passo dell’Iliade per sottolineare il dolore che scaturisce dal passaggio che va dalla giovinezza alla vecchaia, senza speranza o esortazione alcuna. -Mimnermo attinse molto dalla mitologia per i suoi altri componimenti -A lui è attribuita la raccolta denominata Nanno, a guisa di una suonatrice di flauto, che riporta esempi di una prima forma di elegia narrativa. -Da una certa Smirneide è possibile ricavare alcuni suoi versi militari legati ad un combattente valoroso opposto ai Lidi. 4.SOLONE -L’Attica si sviluppò in ritardo rispetto alle altre regioni greche, ma divenne col tempo il centro fondamentale della politica e della cultura: suo rappresentante in questo percorso è Solone, il primo poeta attico. -Solone si ispirò a vario materiale preesistente alla sua opera, composto dal giambo, dall’elegia, dai metri trocaici e dall’eredità esiodea, ma divenne comunque un autore estremamente originale, i cui componimenti rispecchiavano nell’essenza la sua vita. -Solone nacque verso il 640, periodo di lotte sociali, in cui le classi più povere affrontarono strenuamente una nobiltà che si arricchiva giorno per giorno ed era causa di debiti e schiavitù. -Per poter risolvere i conflitti sociali ai tempi ci si appellava a due diverse soluzioni: la scelta di un tiranno e la scelta di un mediatore; l’Atene del periodo propense per la seconda e scelse come mediatore Solone, che governò per un anno dal 594 in poi. -La figura rilevante di Solone derivò dai suoi interventi nella lotta per Salamina, protagonista di una sua elegia chiamata ‘’Salamina’’. -Ai tempi le classi sociali meno abbienti richiedevano due riforme: la cancellazione dei debiti e la distribuzione delle terre: Solone riuscì ad attuare soltanto la prima. -L’elegia di Solone più importante è quella in cui egli espone la sua visione del mondo su cui fondò la sua politica ed etica: in essa l’autore richiede alle Muse i beni della vita, benessere e considerazione, tipici della cultura aristocratica; espone l’impotenza dell’uomo, secondo la linea di pensiero ionica, sottomesso al potere -Visse in un periodo tumultuoso per Lesbo e, in particolare, per Mitilene, centro fondamentale dell’isola: la città inizialmente era guidata dalla monarchia, rovesciata dalla famiglia aristocratica dei Pentilidi; caduta anche quest’ultima per il suo regime violento, seguì un periodo di lotte tra famiglie per l’instaurazione della tirannide. -E’ incerto il ruolo che Alceo ebbe in questo periodo: si sa che egli visse durante il settimo e sesto secolo grazie alla figura di Pittaco, uomo probabilmente aristocratico che rovesciò la tirannide di Melancro insieme ai fratelli di Alceo e governò su Mitilene per un dato periodo di tempo. Alceo non partecipò alla congiura poiché ancora troppo piccolo,come affermò lui stesso. -Alceo combatté con Pittaco per la conquista della città di Sigeo, posseduta da Atena; le sue gesta non furono valorose: perse infatti le armi, prese dagli ateniesi, e narrò dell’evento ad un suo amico con spirito molto archilocheo. Erodoto narrò delle guerre di Sigeo e citò la presenza del figlio di Pisistrato, Egesistrato: questo portò ad una discussione sulla datazione dei vari personaggi, risolta successivamente con la deduzione che lo storico non avesse trattato di un periodo continuo, ma di una serie di avvenimenti distanti tra loro che facevano parte di un insieme tematico. -Pittaco, al contrario di Alceo, si dimostrò valoroso in battaglia; tuttavia, Sigeo restò agli Ateniesi. -Dopo la pace portata da Pittaco l’aristocrazia riprese i conflitti per il controllo di Mitilene. Vinse Mirsilo, che divenne tiranno: contrò di lui congiurò la stessa compagnia che rovesciò Melancro, a cui, questa volta, partecipò anche Alceo, spesso indicato come il capo della congiura. -Scoperta la congiura, per sfuggire alla punizione, la compagnia scappò a Pirra, città nell’entroterra lesbico: a questo periodo appartiene uno dei componimenti più lunghi di Alceo, un canto di battaglia dedicato alla triade lesbica formata da Zeus, Era e Dioniso. -A questo componimento ne va accostato un altro in cui Alceo narra della sua vita solitaria in un santuario non ben precisato, che i canti sacrali delle donne sentiti lì vicino dal poeta indicano come il santuario della triade già descritto in precedenza. -I due componimenti sono importanti per delineare la figura di Alceo come uomo politico, desideroso del comando. -Restano frammenti di un’opera in cui Alceo festeggia selvaggiamente la morte di Mirsilo, ripresa da Orazio per descrivere la fine di Cleopatra. -Dopo la caduta di Mirsilo riprese il potere Pittaco, che fu eletto esimnete (come Solone) e governò con apparente giustizia per dieci anni (fu incluso infatti nel gruppo dei sette sapienti) -Non si sa per certo in che modo Alceo passò quegli anni: è sicura la sua invettiva contro Pittaco, legata a numerosi episodi, e la sua continua e poi esortazione ai cittadini di Mitilene a ribellarsi. -E’ probabile, ma non accertabile, che Alceo viaggiò anche al di fuori della propria patria. -Apparentemente i disguidi tra Pittaco e Alceo finirono con una tregua pacifica proposta dal primo: il poeta potè così tornare a Mitilene, come dimostra un componimento successivo dedicato al fratello. -Nella poesia di Alceo, non ricca di immagini, è presente una allegoria che avrà fondamentale importanza in tutta la letteratura occidentale successiva: la nave in naufragio come simbolo del popolo in rovina, il cui compito è quello di riprendersi per potersi salvare dalla distruzione. -In una poesia singolare Alceo descrive con un particolare affetto l’armeria della sua casa, descrivendo ogni arma e oggetto bellico presente al suo interno. -Luogo prediletto dell’aristocratico partigiano dedito alla politica, oltre all’armeria, è il simposio: numerosi e scenici sono i componimenti in cui l’autore fa riferimento al vino o all’atto del bere. Alcuni temi vengono ripresi da Esiodo, e trattati con grande maestria e inventiva. -L’aristocrazia eolica, in sintesi, riprende l’umanità descritta nei poemi omerici, con una piccola differenza: la morte sembra essere ancora più insuperabile, poiché la fama non ha più lo stesso valore di una volta. -Ciò che ci è rimasto di Alceo è scarno rispetto alle raccolte possedute dagli alessandrini, divise in dieci libri tematici. -Ad Alceo appartengono numerosi inni ricchi di immagini e temi trattati con leggerezza, di cui tuttavia non è rimasto molto. -Dai papiri di Ossirinco derivano anche testi basati sull’epica: è probabile che l’autore traesse da essa piccoli avvenimenti su cui costruiva componimenti graziosi da recitare durante i simposi. -Isolato e particolare è un componimento che riguarda le vicende di Aiace locrese. -Vi è anche un componimento chiamato Il lamento della fanciulla, singolare nella sua forma e nel suo contesto. -Le opere sopracitate dimostrano quanto poco si conosce della varietà tematica e stilistica di Alceo. -Lo stile di Alceo è estremamente semplice: secondo Dioniso di Alicarnasso, senza metrica, le sue poesie risulterebbero essere dei discorsi politici. Manca la pesantezza e il fluire delle parole è sempre chiaro e limpido. -Centrale nella poetica di Alceo è l’immediatezza con cui egli descrive le impressioni del mondo che lo circonda, legate alla sua spontaneità e al suo carattere aperto e diretto e dominate dalla vivacità dei sensi: Dioniso attribuiva ai suoi versi brevità e dolcezza piena di forza. -Saffo fu una contemporanea un po’ più anziana di Alceo: essa apparteneva al suo stesso ceto sociale, fu apparentemente coinvolta negli stessi eventi politici e anche lei mandata in esilio per un certo periodo di tempo. Fu letta per tutta l’antichità e la sua biografia deriva sia dai suoi scritti che dai suoi contemporanei e posteri. -Nacque forse ad Efeso ma visse a Mitilene, scrisse numerosi componimenti dedicati ai fratelli, tra cui spiccano quelli per Larico e ancor di più quelli per Carisso, protagonista di un’aneddotica che riguardava lui e una cortigiana di nome Dorica. -Particolare è la lettere che Saffo scrive a Faone nelle Eroidi di Ovidio: qui avvenimenti reali si mescolano alle leggende più disparate. -Molti furono portati a dubitare dell’esistenza della figlia Cleide; tuttavia, numerosi ritrovamenti dimostrano il contrario: oltre alle varie poesie incentrate sull’affettuoso legame tra la poetessa e la figlia, vi sono dei papiri che riportano una questione giocosa di moda connessa istantaneamente a dei versi legati alla politica del tempo, -La Sparta arcaica, al contrario di quella successiva, era molto più aperta agli scambi e agli stranieri, piena di un’atmosfera più leggera: a questo periodo appartiene la lirica corale che conosciamo. -Da un trattato attribuito a Plutarco, sappiamo che a Sparta si svilupparono due scuole di musica: una nata da Terpandro, l’latra dall’istituzione di una nuova festa dedicata ad Apollo, le gimnopedie. In queste scuole si formarono numerosissimi artisti, di cui non ci è pervenuto nulla se non il nome; certo è che al tempo la lirica corale era diffusissima e aveva un forte legame col culto. La lirica corale si sviluppò in modo tanto radicale a Sparta che il dorico divenne il dialetto caratteristico di questo genere poetico. Della lirica corale si è perso molto, dato il suo legame con la danza e con la musica, di cui non si sa nulla; è certo che venissero usati sia gli strumenti a corsa che il flauto. -Alcmane è il primo poeta lirico corale di cui si ha conoscenza. Visse probabilmente nella seconda metà del sesto secolo avanti cristo e si trasferì a Sparta da Sardi; era un greco ionico che aveva subito numerose influenze dai Lidi, territorialmente molto vicini. -Gli alessandrini raccolsero le sue opere in cinque libri. -La sua opera più conservata pervenutaci (grazie a Mariette) è un partenio di 100 versi, che presenta in sé le caratteristiche principali della lirica corale: il mito, trattato differentemente rispetto all’epica, la sentenziosità generale e passaggi istantanei che portano da un argomento all’altro, tecnica che per i Greci del tempo aveva un senso preciso rispetto che per noi. La struttura sconnessa ha fatto pensare a parti divise tra due cori: si è cercato quindi di scomporre il partenio, ma con scarsi risultati. E’ molto probabile quindi che si trattasse di un canto eseguito da un coro solo. -La struttura è semplice: vi sono strofe di 14 versi ciascuna con ritmi trocaici e dattilici ripetuti. -L’opera è ricca di immagini, presenta una patina omerica inserita tuttavia in un linguaggio originale, trasmette freschezza, fertilità, giovinezza. -Si sono trovati resti di un altro partenio nei papiri di Ossirinco, che presenta le stesse caratteristiche formali e tematiche del primo, tranne per una serie di strofe composte da 9 versi ciascuna. -Altri frammenti dei cinque libri rivelano che Alcmane inseriva spesso dettagli biografici all’interno dei suoi canti. -Singolare è la sua composizione legata alla pace della notte, sia per l’atmosfera in cui è immersa, sia per lo stile che presenta: a differenza delle altre opere in cui la sintassi è breve e l’influenza epica è minore, è più articolato e presenta una forte influenza epica. -Stesicoro è uno dei primi poeti della Grecia coloniale occidentale: nacque probabilmente nell’Italia meridionale, ma operò soprattutto nella costa settentrionale siciliana. -La sua poesia corale, rispetto ai canoni, presenta pochi termini dorici. -Visse tra il settimo secolo e il sesto secolo avanti cristo. -La poesia di Stesicoro ha un elemento mitico molto più forte rispetto a quello di Alcmane: questo è dovuto alla scarsa influenza dell’epica nel suo territorio, che permetteva una poesia molto più narrativa. -Contemporanea all’attività di Stesicoro è quella di Arione. -Delle opere di Stesicoro ci sono giunti numerosi titoli, che ci permettono di ricostruire almeno parzialmente la trama di ogni composizione. -Importanti per la figura del poeta sono l’Elena e la Palinodia, che le conferirono un alone di leggenda. -Stesicoro compose anche poesie legate alla cultura popolare e alla sfera erotica. -Stesicoro ebbe una fama immensa, che sfociò nell’arte figurativa e nella poesia successiva, dando delle basi mitiche solide per la tragedia. Apparentemente l’immagine di Eracle con la pelle di leone e la clava è dovuta a lui. La sua lirica corale viene posta a metà tra l’epica e la tragedia. -Sulla forma e sullo stile delle sue opere non si sa nulla: si tramanda che trasmettesse molta dignità, forse a volte eccessiva; sostituì la composizione monostrofica di Alcmane con la triade epodica. NARRATIVA POPOLARE -Nella Grecia antica esisteva per certo un repertorio vastissimo di canti e racconti popolari, di cui ci è pervenuto pochissimo. -E’ alquanto conosciuta la favola degli animali: i primi a citarla sono Esiodo, Archiloco e Semonide, ed è sicuro che non si trattasse di una loro invenzione, ma che appartenesse ad un patrimonio culturale molto diffusi già in età arcaica. -La favolistica animale greca traeva le sue origini da quella orientale, diffusissima già in India e in Mesopotamia e giunta in territorio greco grazie ai Lidi. -In età arcaica le favole avevano soprattutto come fine la critica sociale: successivamente, i suoi fini si ampliarono di molto, e venne usata per i motivi più vari (pedagogici, scolastici etc). -Il romanzo di Achiqar dimostra come le raccolte, o libri, di favole fossero in genere legate al nome di un personaggio sapiente: ciò accadde per il romanzo di Esiodo, nato probabilmente nel sesto secolo. -Le notizie veritiere riguardanti la vita di Esopo non ci sono pervenute, al contrario di numerose leggende sul suo conto. -Il romanzo di Esopo è probabilmente una delle raccolte di favole più antiche del popolo greco. -Le raccolte di favole avevano solitamente origine arcaica ma redazione di molto successiva. -Le più importanti raccolte in nostro possesso sono la Collectio Augustana, nata forse tra il primo ed il secondo secolo dopo cristo, la Collectio Vindobonensis, che risale al sesto secolo avanti cristo, e la Collectio Accursiana, datata al quindicesimo secolo dopo cristo e nata come rielaborazione delle due raccolte precedenti. -Della trasmissione del romanzo di Esopo si è occupato Parry. -Per la letteratura narrativa greca avevano fondamentale importanza tre elementi: il mito, la favola e la novella. -La filosofia come scienza nacque per la prima volta a Mileto, città ionica dell’Asia Minore, grazie a tre pensatori: Talete, Anassimandro e Anassimene. -Delle presunte opere di questi tre filosofi ci è giunto un solo passo autentico: il resto è composto da testimonianze e riferimenti di filosofi successivi, soprattutto Aristotele. -Rispetto ad una prima concezione che vedeva la prima filosofia slegata da qualsiasi culto religioso o mistico, in tempi più maturi si è sviluppata la concezione secondo la quale essa sia legata in parte al mondo spirituale dell’epoca; si avrebbero quindi due filoni di pensiero: il primo legato ad una tendenza teologica, il secondo all’importanza della mitologia cosmogonica orientale. -Gli scritti di Talete andarono perduti probabilmente molto presto. -La sua teoria dell’acqua come elemento costituente del mondo si rifà all’Iliade, ma soprattutto a concezioni egiziane e babilonesi. -Il secondo filosofo della natura, Anassimandro, individuò l’origine del mondo nell’apeiron. -Il terzo filosofo, Anassimene, era a torto considerato il meno importante dei tre: infatti il suo elemento costitutivo, l’aria, era dedotto da fenomeni comuni alla scienza odierna e quindi fondati su base sensibile e logica. -Come Talete, il suo pensiero aveva basi orientali. -Legato ai tre filosofi per contemporaneità cronologica vi è Pitagora, capostipite della scuola pitagorica, di politica aristocratica e diffusa nell’Italia meridionale del sesto secolo. -I pitagorici si dividevano in due categorie: matematici i membri veri e propri delle comunità, acusmatici i seguaci non membri, a cui è dovuta la diffusione della dottrina in vaste zone. -Della biografia di Pitagora si sa pochissimo per tradizione indiretta. -Il pitagorismo, rispetto ai filosofi di Mileto, contribuì molto di più alla scienza odierna, considerando l’importanza che diede alla matematica e le rivoluzioni che portò nell’ambito musicale teorico. -Sono oggetto di discussione l’appartenenza di tali dottrine ai pitagorici e l’effettivo contributo di Pitagora ad esse: è probabile che del materiale appartenga effettivamente al filosofo, ma studiosi come Frank e Burkert dubitano di questa linea di pensiero. -Pitagora, al tempo famosissimo, fu lodato e biasimato per i ‘’suoi’’ principi; è possibile che abbia creato una sua letteratura, ma forse la sua dottrina fu diffusa perlopiù oralmente. LIRICA DELLA MATURA ETA’ ARCAICA 1.TEOGNIDE -Di Teognide sono pervenuti 1400 versi in metro elegiaco contenuti in una raccolta che pone diversi problemi. -Le composizioni vanno solitamente dai due ai dodici versi e fanno tutte riferimento all’ambito del simposio. -La raccolta è aperta da quattro carmi dedicati a diverse divinità. -Vi sono vari riferimenti all’amore per i giovani fanciulli, ma in piccola parte vi è una presenza anche femminile. -E’ forte la presenza politica, ma non diretta come in Callino e Tirteo: gli eventi sono sempre ricollegati all’ambito del simposio. -Al tempo vi erano dei forti cambiamenti sociali, comparabili a quelli avvenuti nell’epoca di Solone: era in ascesa una pseudo borghesia, parte di un ceto sociale basso in fase di arricchimento e opposta al tradizionalismo e al potere dell’aristocrazia (incentrata in particolare sul concetto delle doti innate). -I problemi relativi alla raccolta teognidea riguardano la molteplicità dei temi, che non fanno pensare ad un insieme unitario, e la diversità dei contenuti e delle posizioni, che tradiscono intermezzi di poeti diversi. -La raccolta teognidea si basa su una fitta letteratura gnomologica famosa nel sesto secolo. -La presenza di composizioni diverse vicine tra loro è dovuta alle scelte di un ordinatore. -Le composizioni, seppur diverse, sono tutte riconducibili al mondo aristocratico del tempo, che reagiva differentemente agli avvenimenti in base al caso favorevole o sfavorevole. -Nonostante vi siano varie difficoltà nel distinguere i componimenti autentici di Teognide da quelli appartenenti ad altri autori, risulta essere fondamentale il suo sigillo, presente soprattutto nelle poesie dedicate a Cirno (nonostante non sia sempre un riferimento sicuro). -Teognide va propriamente datato alle fine del sesto secolo e all’inizio del quinto. -La raccolta teognidea fu probabilmente composta nel corso di più secoli. -Particolare è il fatto che i componimenti di Teognide non siano stati gestiti dagli alessandrini, ma da letterati ‘’secondari’’. -In merito alla raccolta esistono punti di vista differenti:Peretti ritenne che essa fu composta in età bizantina sulla base di una tradizione indiretta; Adrados, forse più realisticamente, suppose che Teognide avesse composto una raccolta originaria coi componimenti per Cirno, ampliata da altri nel quinto secolo e resa come la conosciamo oggi dagli ellenistici; Carriere teorizzò che si trattasse di un connubio tra una raccolta ateniese e una alessandrina. 2.EPIGRAMMA E SCOLIO -L’epigramma è una forma letteraria molto vicina all’elegia. -Il più antico si trova sul cosiddetto vaso del Dipilo ed è una promessa del vaso stesso ad un danzatore scritta in esametri. -La coppa di Ischia, invece, unisce un trimetro giambico a due esametri. -Nel sesto secolo gli epigrammi esametrici erano molto frequenti. -I contenuti tipici di questa forma erano le iscrizioni funebri e le dediche votive. -Similmente all’elegia, l’epigramma nacque nell’Asia minore, per poi svilupparsi maggiormente ad Atene. -Mentre gli epigrammi in esametri si ispiravano all’arte rapsodica, quelli in distici elegiaci riprendevano l’elegia funebre. -Gli epigrammi giambici e trocaici, al contrario, erano molto più rari. -Su Corinna sono giunte più informazioni grazie ad un papiro di Hermupolis:trattò generalmente motivi della cultura beota, sia diffusi che locali. -La poesia di Corinna non contiene solo elementi di lingua beoti, ma anche comuni al tipico linguaggio poetico greco. -La tradizione della poetessa è dubbia: essa cominciò ad avere una certa fama solo in età ellenistica, se non nel terzo secolo avanti cristo, come illustrerebbe una teoria recente. -La metrica di Corinna è estremamente semplice: solitamente le sue liriche sono composte da strofe di cinque o sei versi in dimetri ionici o coriambici. -Sarebbe preferibile assegnare Corinna all’epoca di Pindaro: l’agone poetico tra i due apparterrebbe all’aneddotica, di dubbia veridicità, ma è difficile pensare che si sia basata su una figura vissuta molto tempo prima o dopo. -Corinna fu apparentemente allieva di Mirtide. -Un’altra poetessa conosciuta è Telesilla, vissuta nella prima metà del quinto secolo avanti cristo. -La sua poesia, molto legata al culto (stele ad Argo, santuario di Afrodite, inni a Epidauro, santuario di Asclepio). -Stile ancor più semplice di quello di Corinna, numerosi discorsi diretti, metro telesilleo introdotto dagli alessandrini, linguaggio tipico della lirica del tempo. -Vi sono numerose figure di poetesse vissute in Beozia e nel Peloponneso, ma non nell’Attica: ciò è dovuto ad una posizione più libera della donna in quelle regioni. -L’ultima poetessa di cui si hanno tracce è Prassilla di Sicione, vicino Corinto, contemporanea di Telesilla. -Fu probabilmente un’etera: scrisse ditirambi, esametri, alcuni scolii e canti di tipo conviviale. 5.LIRICA CORALE -Ibico, come Stesicoro, proveniva dall’occidente greco, nell’Italia meridionale (a Reggio). -La sua arte, come quella di Anacreonte, fu un’esperienza unica. -Ibico era un poeta di origini nobili: la prima parte della sua attività la visse nella terra natia, in cui subì numerose influenze dall’arte di Stesicoro, legate specialmente all’ambito mitologico (e alle sue narrazioni estese). -In lui si trova la prima citazione ad Orfeo, comprensibile se si fa riferimento alla fama che i culti orfici avevano nell’italia meridionale del tempo. -Le prime composizioni corali di Ibico assomigliavano tanto a quelle di Stesicoro che gli antichi successivi ebbero vari problemi per la loro attribuzione. Ad esempio, si attribuiva una raccolta di termini poetici rari ad entrambi, nonostante fosse molto poco possibile. -Il trasferimento dal tiranno Policrate di Samo (dove sicuramente incontrò Anacreonte) provocò in lui quel cambiamento poetico che lo portò a comporre una lirica corale di stampo erotico e in generale unico nel suo genere. -A Samo, così come in tutto il territorio ionico, il mito era trascurato rispetto alla famosa lirica lesbica di Saffo e Alceo, che probabilmente ispirò il cambiamento del poeta (nato comunque da una propensione soggettiva). -Nell’immaginario comune, Ibico divenne il poeta dell’amore appassionato. -In due frammenti legati alla figura di Eros si percepisce l’amore come forza irrazionale e ceca, tipica del luogo e dei suoi autori, e il lamento legato alla vecchiaia, che impedisce l’ardore del sentimento erotico. -L’unica differenza tra l’immediata poesia di Saffo e Ibico è la magnificenza del secondo, legata ad un gran numero di aggettivi ed espressioni particolari, che tuttavia non contrastano con la forte espressione del sentimento (ma le danno anzi un rilievo maggiore). -Dubbio è un frammento ritrovato in un papiro, scritto in quattro triadi e legato alle figure degli eroi migliori e più belli della guerra di Troia, a cui segue una dedica ad un certo Policrate. La lista generica iniziale e la frettolosa dedica finale non trovano riscontro nella raffinata arte del poeta, e ciò può avere due spiegazioni: o è opera di altro, o Ibico la scrisse per ordine esterno senza alcuna compartecipazione emotiva. E’ probabile la seconda opzione: secondo una testimonianza antica il Policrate citato sarebbe il figlio del Policrate tiranno, ragazzo nobile dalle numerose doti a cui l’autore avrà dedicato un componimento più ufficiale. -In Ibico, come in Stesicoro, è presente una patina del linguaggio epico, con termini dorici ed eolici. -Ibico visse durante la metà del sesto secolo; non si sa se cadde insieme al suo protettore tiranno, ma la sua fama fece sì che la sua morte venisse ornata da numerose leggende. -Nel periodo arcaico tardo la lirica corale aveva una posizione importante per le sue numerose funzioni, tra l’epica e la tragedia (ambienti aristocratici, religiosi, festivi). -Simonide nacque a Ceo, una delle isole ioniche più vicine all’Attica, e visse nella seconda metà del sesto secolo. -A differenza di Anacreonte ed Ibico, la sua arte non restò legata al suo ambiente, ma si diffuse enormemente e assunse una grande importanza in tutta la Grecia antica. -Ceo, così come Simonide, rifiutava il lusso dell’Asia Minore. -Degli indovinelli in esametri rappresentano le sue prime opere poetiche, che dimostrano anche come l’autore fosse un maestro di cori prima di diventare un vero e proprio lirico corale- -Ottenuta la fama, Simonide divenne un pellegrino: si recò da Ipparco, in Tessaglia, dagli Scopadi, nuovamente ad Atene, dove legò con Temistocle e scrisse apparentemente per compiacenza un componimento contro un suo famoso nemico, Temistocle (tuttavia vi è una tradizione letteraria contro questo personaggio, quindi è una notizia dubbia). -Si recò infine in Sicilia dal tiranno Ierone di Siracusa, dove ottenne una sua devota protezione: morì lì. -Alcuni attribuirono dei peani, canti religiosi in onore di Apollo, a Simonide, tuttavia essi hanno una scarsa importanza nella sua tradizione. -Simonide diede vita all’epinicio, canto corale legato alle feste sportive e prima di allora mai praticato. -Nelle feste sportive di allora lo scopo non era superare dei limiti prestabiliti, ma semplicemente essere il migliore di tutti. l’avvenimento causò lui vari problemi; per questo cercò appoggio dall’isola di Egina, ottenendolo da Lampone. -Il poeta ottenne soprattutto grandi successi in Sicilia: per contrastare l’avanzata cartaginese, le colonie si svilupparono enormemente rispetto alle polis greche. Il potere era detenuto principalmente dai tiranni Ierone di Siracusa e Terone: Pindaro intrattenne ottimi rapporti con entrambi, e scrisse vari epinici per loro. -Incontrò sicuramente in quegli ambienti anche Simonide e Bacchilide, contro cui secondo delle teorie indirizzò dei versi polemici: tuttavia, nelle corti vi erano presenti molti altri poeti, quindi questa possibilità non sembra essere certa. -Tornato dalla Sicilia, Pindaro divenne il primo dei poeti corali del tempo. -Man mano che le richieste crebbero Pindaro perse i legami con la Sicilia: a suo giudizio vi era un poeta suo avversario in quelle corti, tant’è vero che non compose nulla per due importanti vittorie di Ierone. L’ultimo epinicio che compose in suo onore è dedicato alla vittoria col carro a Delfi. -Pindaro e Atene entrarono in contatto in un periodo di crescita e gloria per entrambi: il poeta proclamò soprattutto la libertà ottenuta per merito della città; si dice che Tebe, sua rivale, gli impose un pagamento di mille dracme per averla elogiata, ma Atene a sua volta lo ricompensò con lauti premi. -Ebbe relazioni anche con vincitori di Rodi e di Corinto (che rimandano a un particolare aneddoto legato alla figura di Senofonte). -Alla morte di Ierone, Pindaro legò con i potenti di Cirene, città della Libia. -Di tutte le relazioni che ebbe, quella con Egina fu la più prolifera e duratura. -Su Pindaro pesarono molto sia le polemiche rivolte ai suoi rapporti con la Sicilia e al suo trascurare la regione natala, sia gli scontri successivi tra Atene e Sparta. -Visse durante il dominio di Atene sulla Beozia e anche dopo la sua liberazione; tradizione vuole che morì ad Argo, sulle ginocchia del ragazzo amato. -Durante l’età classica Pindaro, come altri poeti corali, perse molta della sua fama; fu ripreso successivamente dagli alessandrini, in particolare da Aristofane di Bisanzio, che raccolse i suoi componimenti in diciassette libri: undici con le opere cultuali, sei con i generi inventati da Simonide. -Il poco del poeta che ci è pervenuto è dovuto alla scelta scolastica di determinati testi rispetto ad altri, come avvenne anche per la tragedia: Eustazio di Tessalonica affermò che la scelta incentrata soprattutto sugli epinici era dovuta alla loro semplicità maggiore. -Di Pindaro restano molti titoli e citazioni, ma vari papiri hanno permesso un aumento della sua tradizione: grazie ad essi, si sono acquisite numerose informazioni sui peani, alcune sui parteni e meno sui prosodi. -Gli alessandrini ordinarono i quattro libri degli epinici in base alle feste. -Alcuni epinici venivano cantati a solo dopo la festa. -Gli epinici di Pindaro presentano tutti una struttura particolare: descrizione del vincitore, della sua famiglia e delle sue imprese precedenti, breve descrizione della vincita presente; narrazione del mito, il cui spunto può derivare da elementi differenti e che non viene narrato linearmente, ma da cui si traggono parti legate al contesto in cui viene esposto;uso di varie immagini e brani, struttura circolare, numerosi discorsi diretti, cambi repentini di ritmo ed intensità; presenza della sentenziosità legata alla gnome, spesso ispirata dal pensiero soggettivo del poeta. -La struttura frammentaria dei componimenti di Pindaro ha portato ad una discussione energica sulla sua natura: la risposta definitiva è giunta da Frankel, che ha sottolineato come la molteplicità di temi apparentemente molto diversi sia legata di base alla visione del mondo del poeta e al suo sistema di valori, che può far riferimento a tanti elementi del suo quotidiano e della sua cultura. -Il mondo di valori di Pindaro è principalmente quello aristocratico, in particolare esponente dell’ideale del valore come caratteristica innata. -Pindaro accosta spesso al talento del vincitore il suo talento e merito di poeta. -In sintesi, tutto questo dipende sempre dal favore divino, che per il poeta è fondamentale se concesso da Zeus o Apollo. -Gli dei di Pindaro sono meno variopinti di quelli omerici: il loro carattere personificato ed individuale cede infatti alle forze e alle capacità di cui essi sono portatori nel mondo. -La religiosità di Pindaro è legata ad un ideale di positività quasi totale: è per questo che il poeta spesso ‘’censura’’ miti violenti in cui gli dei si macchiani di atti terribili. -Particolare è la concezione, sia del poeta che del periodo, dell’uomo come entità inferiore agli dei ma comunque capace quanto loro di grandi cose. -La lingua di Pindaro è tipica del genere, di stampo epico, dorico, eolico e in piccola parte beota; il suo stile prescinde invece dal genere e si rivela essere molto personale, diverso rispetto ai canoni ed estremamente colorito ed particolare. -Pindaro, come Ibico, rimase un grande isolato nel suo genere. -Suo avversario meno famoso fu Bacchilide, nipote di Simonide ed originario di Ceo; visse tra la seconda metà del sesto secolo e la prima del quinto. -Gli alessandrini lo inserirono nel canone dei nove e divisero le sue opere in nove libri: sei legati al culto, tre legati alla sfera umana. -E’ possibile leggere con chiarezza quattordici suoi epinici. -Intrattenne rapporti con Egina, ma soprattutto con Ierone: battè infatti dopo molto Pindaro e lo sostituì per la composizione di un epinicio. -Cinque epinici sono dedicati a vittorie di suoi concittadini. -La struttura e gli elementi degli epinici sono molto simili a quelli di Pindaro; li separa tuttavia la loro sentenziosità: Bacchilide, infatti, fa sempre riferimento ad una saggezza quotidiana, non legata all’altezza dei valori aristocratici. -Il suo talento risiede nella narrazione, che lo avvicina molto al patrimonio omerico. -Sopravvivono sei ditirambi della raccolta organizzata dagli alessandrini (nonostante contenesse anche peani; per gli eruditi, tuttavia, non vi erano grandi differenze tra le due tipologie poetiche), di cui i più importanti sono i due ispirati alla saga di Teseo. -Le composizioni di Bacchilide sono molto più leggere e graziose di quelle di Pindaro, austero e magnificente: in molte infatti rispecchiano il modello di una ballata. -L’autore fece largo uso del discorso diretto, ispirato dall’evoluta tragedia del tempo. -La sua lingua è quella tipica della lirica corale; la sua sintassi è semplice e scorrevole, molto legata agli aggettivi e ai termini omerici organizzati tuttavia con originalità. -La sua lingua si basava su una continua innovazione delle forme epiche. INIZI DELLE SCIENZE E DELLA STORIOGRAFIA -La prima filosofia ionica era strettamente legata alle scienze singole conosciute oggi. -Le scoperte scientifiche dei primi filosofi erano legate a tradizioni antiche di popoli più antichi e a loro vicini, come gli egizi e i babilonesi, estremamente evoluti negli ambiti della medicina e della matematica: tuttavia il contributo greco risulta esssere fondamentale in quanto stabilì una ricerca della conoscenza basata sulla pura teoria, e non necessaria al solo fine pratico. -Lo stesso ragionamento vale per la nascita della storiografia, intesa come scienza necessaria per analizzare e spiegare il reale. -Tra il sesto e il quinto secolo visse Alcmeone di Crotone, il primo a scrivere un libro, intitolato Sulla natura, incentrato sulla medicina (in dialetto ionico); in quest’opera è esemplare la mescolanza di speculazione teorica e osservazione empirica, che aveva portato a delle conclusioni interessanti e in parte corrette. -Alcmeone, nonostante la sua importanza, non fu l’unico a scrivere di medicina: di trattati simili al tempo ne esistevano sicuramente molti, tuttavia la maggior parte di essi è andata perduta. -La storiografia è stata propriamente inventata dai Greci, e subì uno sviluppo sostanziale da una concezione mitologica della storia ad una critica-razionale; il mito, per quanto frutto dell’immaginario collettivo, non va tuttavia sminuito: esso si basava infatti su elementi storici realmente esistiti e la sua trattazione e tradizione contenevano elementi fondamentali per la metodologia analitica storica propriamente introdotta da Tucidide. Nell’epica si collegavano avvenimenti, si ricercavano cause e genealogie e soprattutto si analizzava l’importanza di un evento singolo all’interno di una cornice molto più vasta. -il termine storia deriva da orao, ‘’vedere’’, e si conforma quindi come ricerca basata sull’osservazione dei fatti. -La prima storiografia era esposta in una prosa decorata e quasi narrativa in dialetto ionico, in quanto i primi testi di questo tipo furono scritti in Ionia; in seguito divenne il dialetto standard del genere. -I soggetti principali delle prime ricerche divennero i viaggi nei paesi stranieri, che portarono ad interessi geografici ed etnologici; essi sfociarono della forma del periplo, un resoconto in prosa in cui i navigatori greci descrivevano le coste e i mari attraversati (insieme ai popoli autoctoni, alle culture). -Ecateo fu un aristocratico e geografo di Mileto (conosceva Anassimandro); in particolare, un gran viaggiatore. -Il suo viaggio più importante si compì in Egitto. -Compilò una Carta della terra, fondata sulle concezioni di Anassimandro. -Scrisse anche quattro libri Genealogie, in cui si impegnò a delineare razionalmente i confini genealogici dei miti greci (smorzando spesso tuttavia il loro splendore e la loro tradizione) (ma introducendo anche un primitivo metodo storiografico) -Erodoto, insieme ad altri precedenti ad Erodoto (lui incluso) venivano definiti logografi. -Ecateo non fu un caso isolato: logografi suoi successori furono Dioniso di Alicarnasso, Carone di Lampsaco, Dioniso di Mileto e Xanto di Sardi. INIZI DEL DRAMMA TRAGEDIA -Mentre in età arcaica nell’Occidente e Oriente greco nascevano numerosi e diversi generi, in Attica si sviluppavano man mano i presupposti per la nascita della tragedia come la intendiamo oggi; la tradizione pervenutaci a riguardo, tuttavia, è molto ristretta, per questo la questione riguardante l’origine della tragedia è al giorno d’oggi una delle più importanti e dibattute. -L’opera principale su cui si fonde tale questione è la Poetica di Aristotele, che in base alle correnti di pensiero può essere ritenuta attendibile o meno. Scettici nei suoi confronti sono gli studiosi che pongono come base della tragedia le danze e i miti dei popoli primitivi. E’ indubbio che questi riti abbiano avuto un’importanza fondamentale nel suo sviluppo, con la trasmissione della maschera e del concetto di invasamento divino, ma essi erano presenti in tanti altri popoli; è importante arrivare quindi ai presupposti che solo in Grecia permisero la nascita di questa forma d’arte. E’ fondamentale tenere in considerazione il fatto che Aristotele fosse molto più vicino all’arte tragica rispetto ai moderni, che avesse molte più informazioni a riguardo e che avesse condotto numerose ricerche e studi per poter scrivere la sua Poetica. -E’ decisivo il riscontro tra le informazioni della Poetica e quelle appartenenti a fonti diverse. -Nel quarto capitolo della Poetica Aristotele indica come punto di partenza della forma tragica i corifei del ditirambo (indicati con un termine presente già in Archiloco); in particolare, dal ‘’rapporto’’ tra essi e il coro dedito al canto, base della struttura dialogica della tragedia. -Il ditirambo era il canto dedicato a Dioniso e centro di numerose evoluzioni che si susseguirono nel corso del tempo. -Aristotele indica anche una seconda origine della tragedia nel satyrikon, scritto in tetrametri trocaici, apparentemente presenti nelle prime forme di tragedia al posto dei trimetri giambici. Gli alessandrini dubitavano molto di questa informazione, in quanto il designato inventore del dramma satiresco era Prassina di Fliunte, successivo a Tespi, supposto creatore della tragedia. -L’informazione va interpretata secondo dei criteri cronologici: il satyrikon rappresenterebbe non il dramma satiresco già compiuto, ma dei primitivi canti satireschi, abbandonati con la nascita della tragedia vera e propria e poi ripresi e perfezionati da Prassina, che li rese canone d’obbligo di chiusura alla tipica trilogia tragica. -Va a favore di questa teoria la testimonianza del Simposio, secondo la quale i tragediografi raramente scrivevano commedie, ma quasi sempre drammi satireschi. -Il punto di incontro tra il ditirambo e il satyrikon è rappresentato, secondo varie testimonianze, da Arione, designato come inventore sia del ditirambo che della tragedia: è improbabile che egli avesse creato queste due forme, ma è certo che egli I concorsi si svolgevano nel giorno delle Antesterie, tra febbraio e marzo. -Le Lenee deriverebbero dal nome delle donne invasate (lènai) piuttosto che dal nome del torchio per l’uva (lènon). -Ciò dimostra che la commedia visse a lungo di improvvisazione, come dimostra Aristotele facendo derivare il suo nome da kòmo, ossia un corteo di invasati del culto di Dioniso. -Lo studio delle origini della commedia è possibile grazie al riscontro di numerosi riti folcloristici simili a quelli greci in altre popolazioni e a trattati su questo genere che spesso contengono informazioni attendibili. -I cori di canti fallici furono descritti da Aristotele e, più nel dettaglio, da Semo di Delo, autore ellenistico; erano divisi in diversi gruppi: i fallofori, in cui un giovane col viso tinto di nerofumo col fallo conduceva un coro decorato con rami e fiori, gli itifalli, decorati con maschere di ubriachi e gli autokabdaloi, di cui non si sa molto. I primi, solitamente, oltre a cantare, beffavano direttamente il pubblico. -Questi riti avevano tutti funzione propiziatoria, legata alla fertilità e alla crescita. -Elemento fondamentale era l’invettiva, presente prima nelle Antesterie e poi nelle Lenee, con funzione apotropaica; si può riscontrare infatti in numerose usanze, come i fescennini matrimoniali e nei ‘’cori’’ sconci che accompagnavano un trionfatore nel suo corteo. -Gli ellenistici idearono una teoria diversa riguardo le origini della commedia: essa, infatti, deriverebbe da un’usanza contadina in cui i braccianti, di notte, intonavano canti osceni davanti alle case dei loro malfattori, ed erano successivamente costretti a ripeterli a teatro con il volto coperto di feccia; il nome della commedia deriverebbe quindi da kòme, ossia villaggio, e sarebbe legato alla trigodia (da trunx, che significa feccia). Nonostante l’assurdità, questa ipotesi contiene uno spunto importante: era uso comune infatti la beffa legata alla giustizia personale, di origine popolare, ed è molto probabile che abbia influenzato lo sviluppo della commedia. -I cori fallici usavano portare con sé numerosi animali. -La struttura primaria della commedia era composta dalla parabasi, elemento primario del coro; ad essa si aggiunse, con l’introduzione degli attori, l’agone comico, strettamente connesso al coro; in seguito vennero introdotti gli episodi scenici, meno legati al coro, le cui origini sono state chiarite grazie a tre testimonianze diverse: quella di Sosibio, che illustra delle deikeliktai spartane in cui con linguaggio popolare si descrivevano scene della vita quotidiana; quella di Senofonte, che descrive una danza mimica detta karpaia, in cui veniva inscenata una contesa tra due contadini con sottofondo musicale; infine quella del vaso corinzio del Louvre, in cui viene rappresentata un scena di furto dell’uva con successivo castigo (il tutto era sempre recitato). -I Dori del Peloponneso rivendicavano il possesso della commedia, in quanto nel loro territorio erano presenti delle forme d’arte ad essa molto simili: la farsa megarese e la farsa fliacica, più rozze ed oscene e sempre legate ad interpretazioni attoriali che riprendevano luoghi comuni e anche scene mitologiche. -Non si può tuttavia dimostrare una loro nascita antecedente a quella della commedia, nonostante ci siano sicuramente stati degli influssi: e più sicuro ritenere che la commedia sia un prodotto principalmente attico. -Una teoria di Korte afferma che al coro attico con maschere animalesche si siano accostati attori dorici con costumi imbottiti e falli finti (che Buschor identifica come attici grazie a raffigurazioni del sesto secolo), legati principalmente alla danza. Il legame è dubbio: non si conosce di preciso il vestiario del coro, si suppone fosse molto variopinto e che all’occasione portasse anch’esso dei falli finti, il che confermerebbe l’origine dorica dei costumi attoriali; ma i dati sono incerti. -In età arcaica la commedia non era composta da episodi conrinui, ma isolati: secondo Aristotele questo sviluppo fu introdotto dai poeti siciliani Epicarmo e Formide. -L’attività di Epicarmo si collocherebbe nel sesto secolo e sarebbe legata alla farsa megarese. Sono giunti trentasette titoli di sue commedie e pochi frammenti, che testimoniano un’attività varia principalmente basata sulla parodia mitologica, soprattutto di Eracle e di Odisseo (con interpretazioni dubbie), ma anche su scene di vita quotidiana. -E’ importante notare che in Epicarmo sono già presenti i personaggi tipici della commedia, come il parassita e il campagnolo zoticone. -L’arte di Epicarmo si basava sulla farsa dorica, sui mimi italici e su una vasta cultura del tempo, sia popolare che erudita. -Epicarmo non usava il triemetro o il tetrametro, ma gli anapesti. Questo porta ad una questione dibattuta, legata al possibile uso del coro accanto al tipico dialogo: l’opzione è possibile. IL PERIODO DELLA POLIS GRECA INIZIO E CULMINE DELL’ETA’ CLASSICA ESCHILO -Il culmine dell’età classica si sviluppò tra due guerre fondamentali: la guerra contro i Persiani e la guerra del Peloponneso. -Eschilo partecipò attivamente alle guerre persiane, sia a Maratona, dove perse il fratello, che a Salamina. -Il tragediografo visse in un periodo di giustizia per gli Atenesi, che divenne centrale nel suo pensiero: fu il culmine di una corrente di pensiero iniziata propriamente da Esiodo. Vicino alla convinzione dei suoi contemporanei, rappresentata da Temistocle, secondo la quale le guerre persiane erano state vinte grazie alla giustizia divina, Eschilo non si compiaceva della vittoria e della sconfitta dei nemici, ma vedeva in esse la conclusione di un destino più alto. -Per Eschilo il diritto era di natura divina. -Eschilo nacque tra il 525 e il 524 ad Eleusi. Non vi sono prove che dimostrino una sua adesione ai misteri eleusini: è probabile, invece, che egli si stato denunciato, ma poi assolto, per aver diffuso dei culti segreti di cui in realtà non era a conoscenza. -Iniziò presto la sua carriera di tragediografo; vinse la sua prima gara nel 484, a cui seguirono altre dodici vittorie. -In maturità si recò da Ierone di Siracusa, probabilmente per la sua diffusa figura di mecenate, dove rappresentò i Persiani per la seconda volta; per lui scrisse anche le Etnee, in onore del suo favore per la città di Etna. In vari papiri sono stati ritrovati la fine di una hyphotesis legata alle Etnee, che descrive il dramma diviso in cinque parti ambientate in luoghi diversi (novità rispetto -I Sette si concludono con l’entrata in scena di Antigone ed Ismene, che anticipano nuovi conflitti. Il finale è certamente spurio: sarà stato introdotto per creare un collegamento con l’Antigone sofoclea; la tragedia si può considerare conclusa a partire dal verso 1005. -Le Supplici fanno parte della trilogia delle Danaidi. -Il concetto di azione umana duplice è incarnato nel re di Argo, la cui decisione legata alle Danaidi potrebbe portare sia alla salvezza delle stesse che al furore divino o alla distruzione della città. -Afferrare il senso di questa tragedia è difficile: le Danaidi infatti rifiuterebbero il matrimonio coi cugini per loro stessa volontà, affermazione ripetuta sia a ll’inizio che alla fine dell’opera, in cui tuttavia sono presenti delle ancelle che ribadiscono le leggi di Afrodite e impongono di sottoporsi al potere divino. -Alle Supplici seguivano gli Egizi e le Danaidi. -Il Prometeo incatenato appartiene probabilmente al secondo soggiorno di Eschilo in Sicilia. -L’opera è caratterizzata da una importante questione detta ‘’di Prometeo’’: essa è nata in seguito al riscontro di uno stile molto semplice e diverso rispetto a quello tipico di Eschilo, oltre che di termini mai visti. In seguito ad una dettagliata ricerca, si è giunti alla conclusione che i temi trattati sono ufficialmente eschilei, e che quindi l’opera fa parte del repertorio dell’autore. -Seconda spinosa questione è quella che riguarda l’immagine di Zeus, luminosa nelle altre opere, oscura in questa: è probabile che essa facesse riferimento alla concezione del mondo come unificazione di forze opposte di Eschilo, e che nelle tragedie successive tra Zeus e Prometeo ci fosse una effettiva riconciliazione pacificatrice. -Secondo una concezione antica, Prometeo nella tragedia era inscenato da un enorme fantoccio: l’opzione è poco probabile. -Vi sono numerosi dubbi sul Pyrphoros e sulla sua posizione nella trilogia tragica. -Il mito argivo fu trattato, prima di Eschilo, da Omero e da numerosi altri poeti. -Triste è la perdita della versione lirico corale di Stesicoro, che sicuramente conteneva numerosi temi ed elementi largamente ripresi e trattai nella tragedia. -Eschilo presentò per la prima volta l’Orestea nel 458: come dimostra la tradizione, egli portò temi nuovi unicamente nelle Eumenidi; il suo enorme contributo risiede nel aver rinnovato e trattato con cura una leggenda di origini antichissime. -Viene per la prima volta utilizzato il terzo attore ed anche la skenè, raffigurante la facciata del palazzo degli argivi. -Nell’inno a Zeus è racchiuso il fulcro del pensiero eschileo, che spiega ciò che era stato non del tutto affermato nei Persiani: Zeus è un essere onnipotente, la cui figura si basa sulle visioni di Omero, Esiodo e secoli di tradizione, garante di un ordine non sempre visibile ma onnipresente; il suo rapporto con l’umanità può essere riassunto con ‘’chi agisce deve soffrire, ma grazie alla sofferenza conosce’’: è per questo che le divinità a volte compartecipano alle colpe umane, per condurli verso un doloroso ma necessario cammino di conoscenza. -Nel canto precedente l’arrivo di Agamennone Eschilo esprime il suo dissenso nei confronti di chi legava le punizioni divine ad un sentimento di gelosia: secondo il tragediografo gli dei agiscono per la sola giustizia, punendo ma portando al tempo stesso conoscenza a chi ha colpa. -Oreste rappresenta in pieno il concetto di azione guidata dalla necessità e dalla volontà; in particolare, dimostra appieno la duplicità di tale concetto: infatti, dopo aver ucciso Clitemnestra, egli è sia il più pio per aver vendicato il padre, ma anche un matricida maledetto per aver ucciso la madre. -Nella scena dell’Aeropago Eschilo inserisce un dibattito politico vivo al suo tempo. -Eschilo esalta il potere del diritto statale, ma al tempo stesso afferma come le sole capacità umane non siano abbastanza per poterlo esercitare: il garante assoluto è sempre la divinità, in questo caso Atena, rappresentante diretta di Zeus. - (questione moderna riguardante il concetto di tragicità, Goethe) -Per Eschilo sono tragiche le situazioni della vita, ma non il corso del mondo: il caos può essere seguito dal solo ordine, protetto da un dio il cui potere è assoluto. -Importanti trilogie ma perdute di Eschilo sono la Licurgia e quella legata alle vicende di Aiace. -Il linguaggio di Eschilo è, nel suo complesso, semplice ma solenne, caratterizzato da: le etimologie, secondo una concezione per la quale i nomi rivelano l’essenza delle cose, la ripetizione di varie parole, che sottolineano l’essenzialità e la profondità di significato di elementi cruciali e le metafore, indistinte rispetto a quelle di Omero e raramente esagerate. -I dialoghi, articolati ed esposti con chiarezza, si oppongono ai canti corali audaci e ricchi di peculiarità; lo stile di Eschilo era, in conclusione, grandioso. SOFOCLE -La tradizione assegna eventi importanti legati ai tre tragediografi alla battaglia di Salamina, concepita come punto maggiore d’incontro: la leggenda è sicuramente aneddotica, ma sottolinea l’importanza che le guerre persiane ebbero nella loro vita e concezione del mondo. Il fatto deriva da un’abitudine greca di creare sincronismi suggestivi nella storiografia, spesso a danno delle date vere e proprie. -Sofocle nacque probabilmente tra il 497 e il 496. -Morì certamente nel 405, come testimoniano le Rane di Aristofane e il canto funebre celebrato da Euripide nel 406. -Sofocle era sempre descritto come un uomo gentile e amabile agli occhi di tutti, carattere opposto alla sua conoscenza smisurata del dolore e della tragicità. -Rispetto agli altri due tragici Sofocle non lasciò mai Atene, ma si dedicò anzi ad impegni di tipo politico per ben due volte. -Ebbe parte importante nel nuovo culto di Asclepio, di cui divenne sacerdote e per cui scrisse un peana nel 420 cantato per molte generazioni. -Sofocle acquistò presto la fama: secondo la tradizione in gioventù egli era un attore, ma poi divenne un tragediografo a causa della sua voce scarsa. -Partecipò al suo primo agone tragico nel 468 e vinse con una trilogia che conteneva molto probabilmente il Trittolemo. -Vinse per un totale di 18 volte, mentre altri ne riportano 20 e 24; non ottenne mai il terzo posto e gli alessandrini possedevano 130 suoi drammi, di cui 7 spuri. -Pensiero centrale in Sofocle è la visione dell’uomo, forte e potente ma spaventoso per il suo desiderio di controllare ogni cosa contro l’ordine divino; due soluzioni gli sono possibili: sottomettersi alla divinità o sprofondare in un baratro di disperazione. -Antigone nel suo ruolo di eroina tragica è una persona semplice, con le sue passioni e convinzioni, inevitabilmente sola e abbandonata dalla sorella e dagli abitanti di Tebe. -Le Trachinie, cronologicamente successive all’Antigone, appartengono ancora alla prima fase poetica di Sofocle, nonostante presentino già vari presupposti per l’Edipo re. -Il prologo fonologico ed il personaggio di Deianira richiamano l’arte euripidea, ma solo parzialmente. -Deianira non presenta la forte passionalità della donna euripidea: è al contrario pacata, ma comunque portatrice di sentimenti e turbamenti del tutto puri ed umani. -Deianira, come Antigone, non ha colpa: il suo desiderio era semplicemente recuperare l’amore del marito, attraverso un mezzo sembratole lecito. -La donna, come Euridice, compreso il suo non voluto sbaglio, si suicida; Eracle, rimasto vivo, innalza un lungo e profondo lamento. Si riconosce la struttura duplice di Sofocle nei due personaggi tragici. -Le Trachinie e l’Edipo condividono la concezione dell’ordine divino come garante dei destini degli uomini che, credendo di poterlo controllare con la sola volontà, si impigliano con forza ancora maggiore nella loro stessa rete. E’ questo il dramma di Sofocle: riconoscere che alla base di tutto vi è la divinità, il cui corso è spesso oscuro e inspiegabile, e accettarla con compassione e saggezza senza spingersi oltre i limiti. -L’Edipo re venne rappresentato probabilmente prima del 425, come dimostrerebbe un riferimento di Aristofane. -Nell’Edipo, così come nell’Elettra, l’eroe tragico occupa una posizione del tutto centrale, onnipresente sia nella trama che nella struttura del componimento stesso. -Edipo è l’epiteto dello scontro tra volontà umana e ordine divino prestabilito. -Caratteristici sono i momenti che dovrebbero portare alla tranquillità, ma sortiscono un effetto totalmente opposto. -[resto dell’analisi da leggere] -[Analisi dell’Elettra, di Filottete e dell’Edipo a Colono da leggere] -Lo stile di Sofocle si divide in un periodo fortemente legato alla magnificenza eschilea ed uno evoluto ed ormai indipendente, semplice ma capace di raggiungere una smisurata solennità.