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Riassunto dettagliato del Manuale di letteratura e cultura inglese - Crisafulli, Appunti di Letteratura Inglese

Riassunto dei seguenti capitoli e paragrafi: - il '500 (tutti i paragrafi) - il '600 (tutti i paragrafi) - il '700 (tutti i paragrafi) - Romanticismo (tutti i paragrafi) - dal coloniale al postcoloniale (la letteratura postcoloniale) - la sfera pubblica postcoloniale in Gran Bretagna (parti previste per gli esami di letteratura inglese 1 e 2)

Tipologia: Appunti

2016/2017

In vendita dal 10/02/2017

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Scarica Riassunto dettagliato del Manuale di letteratura e cultura inglese - Crisafulli e più Appunti in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! IL CINQUECENTO INTRODUZIONE Dall’estate del 1499 fino al gennaio 1500, Erasmo da Rotterdam (1466-1536) si trovava in Inghilterra. La sua presenza testimoniava l’esistenza di una cultura umanistica e preludeva a un secolo di riforme religiose, scolastiche e sociali che avrebbero portato il paese al volgere del secolo successivo, alla sua ricchezza culturale e letteraria. Se la cultura umanistica si era radicata così tanto in Inghilterra già alla fine del ‘400 fu merito soprattutto del re Henry VII (1485-1509). La sua corte, ispirandosi consapevolmente ed esplicitamente al modello italiano, fu il punto di riferimento per studiosi e scrittori. Il Rinascimento arrivò tardi in Inghilterra per quanto riguarda le arti visive, la nuova musica e il teatro laico i quali si affermarono pienamente solo verso la fine del Cinquecento. Una fiorente editoria ebbe inizio negli anni 70 del Quattrocento; infatti il primo libro stampato a quell'epoca fu Canterbury Tales (1476) di Chaucer. Il 500 inglese vide cinque regni tre quali quello di Elizabeth (1558-1603). Non tutti i sovrani Tudor manifestarono la stessa dedizione alla cultura: il figlio di Henry VII, Henry VIII (1509-1547) impegnò la maggior parte delle sue energie nelle guerre religiose in Europa anche se continuò a offrire il patronato nei confronti degli studi umanistici, e presso la sua corte si affermarono poeti aristocratici quali sir Thomas Wyatt (1503-1542) e il conte di Surrey Henry Howard (1517-1547). Inoltre, come tutti i Tudor, Henry VIII incoraggiò la diffusione della cultura tramite una politica scolastica piuttosto illuminata. Dopo l'Act of Supremacy del 1534, che diede al monarca sovranità sulla Chiesa e sui suoi beni, le vecchie scuole ecclesiastiche furono sostituite dalle laiche grammar schools aperte anche a figli di famiglie non benestanti. Il maggior numero delle nuove grammar schools si aprirono sotto il regno di Edward VI (1547-1553), con la fondazione di numerose King Edward VI schools in tutto il paese. L'accesso all'istruzione più o meno gratuita creò la possibilità per tutta una generazione di scrittori (oltre a Shakespeare, Christopher Marlowe (1564-1593) e Ben Johnson (1572-1637), di formarsi malgrado le loro origini relativamente. Il periodo maggiormente associato con il Rinascimento inglese è quello elisabettiano. Il regno di Elizabeth video la più grande fioritura letteraria della storia inglese e la più proficua sperimentazione e moltiplicazione dei generi letterari, dalla poesia epica al canzoniere. E, dalla saggistica alla prima narrativa in prosa. Il fenomeno culturale più caratterizzante dell'epoca elisabettiana fu il teatro che nacque ufficialmente nel 1576 con la costruzione del primo teatro pubblico, The Theatre (precursore del più famoso Globe Theatre di memoria shakespeariana). Mentre l'esplosione della drammaturgia letteraria elisabettiana bene verso la fine degli anni 80 grazie soprattutto all'arrivo sulla scena della prima generazione di drammaturghi professionisti, i cosiddetti "University Wits", quali Thomas Kyd (1558-1594), Robert Greene (ca. 1560-1592) e Christopher Marlowe. Il periodo elisabettiano fu anche quello più fertile per le traduzioni che influenzarono in modo determinante la letteratura e il teatro. Il termine "Renaissance" non è appropriato, secondo molti commentatori recenti, al contesto del Cinquecento inglese che poco ha a che fare con l'Italia di Leonardo e Michelangelo. Per questo viene spesso preferita la dicitura più neutrale "early modern", anche se il periodo storico detto early modern viene solitamente esteso anche a tutto il Seicento. I PREDECESSORI DI SHAKESPEARE: MORALITY PLAYS E INTERLUDI 1. II TEATRO DELLA MORALITÀ Nel '400 oltre alle mistery plays nasce un altro tipo di teatro allegorico e didattico, il teatro della moralità. Rispetto ai mystery plays i morality plays sono portatori di molte novità: lo scopo era edificante e I’argomento deriva dal sermone medievale e dalla letteratura devozionale; inoltre le rappresentazioni avvenivano in ogni momento dell'anno e non erano più collegate a particolari festività religiose. Mentre i mistery plays venivano rappresentati dai membri delle corporazioni delle arti e dei mestieri occasionalmente “prestati” al teatro, gli esecutori dei morality plays potevano portare le loro opere in tour ed esibirsi dunque in più località e per periodi di tempo più lunghi: novità di grande importanza sia per la nascita del teatro moderno e tappa fondamentale in direzione della professionalizzazione dell’attività attoriale. I personaggi delle morality sono astrazioni e a venire messa in scena e la psicomachia, cioè il conflitto tra i 7 peccati capitali (i Vizi) e le 7 virtù per il possesso dell'animo umano. II protagonista rappresenta l'intero genere umano, e la scena è allegorica: vengono drammatizzate la tentazione, la caduta e la redenzione dell'anima (in extremis) attraverso la penitenza. La prima moralità pervenuta per intero: The Castle of Perseverance (ca.1425), mentre della più antica, The Pride Of Life, della metà del XIV secolo, non ci rimangono altro che 502 versi. The Castle of Perseverance è un dramma molto lungo e complesso (ci sono ben 35 personaggi). La storia segue la parabola spirituale, dalla nascita al giorno del giudizio, del personaggio Umanità, conteso tra le forze del bene e quelle del male. II nome del manoscritto in cui ci è stato tramandato The Castle of Perseverance è "Macro”. Questo manoscritto conteneva anche una pianta annotata in cui notiamo che il play era messo in scena all'aperto, in uno spazio circolare (il place) circondato da un fossato con al centro un castello, sotto al quale era posto il letto di Umanità. Attorno al place si trovavano altri 5 palchi dedicati a Dio, alla Carne, al Diavolo e all'Avarizia. II Macro conteneva anche altre due moralità: Wisdom e Mankind. Mankind: è diversissima rispetto a The Castle of Perseverance perché e più corta e ha meno personaggi (solo 7) che dunque rendono più facile una rappresentazione in tour. Inoltre c’è una maggior concretezza nel rappresentare i personaggi e cambia anche il tono. Dominano la routine comica messa in atto dai Vizi capeggiati che rappresentano la vita terrena capeggiati da Mischief e aiutati dal diavolo Titivillus. I personaggi sono dei buffoni che si lasciano spesso andare in turpiloqui e in scherzi pesanti. Tuttavia le oscenità di cui il dramma abbonda non entrano in contrasto con I’elemento educativo del dramma perché alla fine si esprime il disperazione del protagonista che si pente e I’epilogo è affidato a Mercy: la volgarità dei Vizi mette in risalto la risibilità del Male e la sua miseria ed impotenza davanti alla misericordia divina. Everyman: il capolavoro di questo genere teatrale, appartiene già all'epoca Tudor, ed è la probabile traduzione di una moralità fiamminga. Il dramma è introdotto da una prefazione che dimostra come il genere abbia tanta autoconsapevolezza. 2. II TEATRO DEL PERIODO TUDOR Gli ultimi anni del Quattrocento videro il graduale affermarsi degli interludi ovvero rappresentazioni drammatiche derivanti dalle morality plays con le quali condividono la finalità edificante. Gli interludi reinventano la psicomachia: sotto l'influsso del pensiero umanistico presentano la lotta tra i vizi e le virtù che diventa la lotta tra il nuovo sapere e l'ignoranza. Mentre nelle morality plays il protagonista rappresentava il genere umano il cui obiettivo era la salvezza, in interludi più politici invece il protagonista è il principe e l'obiettivo da raggiungere è il buongoverno. Negli anni ‘60 e ‘70 gli interludi diventano satira sociale e attaccano il materialismo danzante. Anche il teatro degli interludi e popolato soprattutto da astrazioni ma accanto ad esse cominciano ad apparire dei tipi sociali e dei personaggi storici. Inoltre questi grammi accentuano il carattere ibrido (che era già proprio delle moralità, che tendevano a mescolare elementi seri ed elementi comici). Gli interludi sono infatti dominati dal Vice che, con i suoi collaboratori, è fonte inesauribile di riso. IL VICE Il Vice (Vizio) È il protagonista degli interludi. Egli trova le sue origini nei vizi delle morality plays ma in epoca Tudor subisce una metamorfosi: non fa più parte di una squadra ma un cumolo drammatico autonomo. Il vice è la star del dramma e gli altri vizi sono figure di minore importanza al servizio del loro leader. Così il vice da personaggio morale diventa personaggio teatrale e da colui che era il nemico delle virtù diventa il principale creatore dell'intrigo. Il vice dirige l'azione e annuncia le sue intenzioni al pubblico. Egli attraverso l'azione sconfigge l'impianto morale del dramma diventando la fonte primaria del comico. La contraddizione del dramma Tudor è che il rappresentante delle forze del male e anche il mio beniamino indiscusso del pubblico. Il termine “interludio” copre una grandissima varietà di testi drammatici molto diversi tra loro e generalmente brevi. Gli interludi venivano perlopiù rappresentati nelle sale dei banchetti delle dimore signorili o a corte ma anche nei cortili delle locande, nelle piazze, nelle chiese, nei saloni di monasteri, di scuole, di università, di corporazioni e nelle inns of court (scuole in cui venivano formati i giovani avvocati e amministratori). L'uso indiscriminato del termine interludio fa dedurre che l'espressione fosse sinonimo di rappresentazione drammatica. Sì è soliti perciò indicare convenzionalmente con il termine interludio tutta la produzione drammatica dal 1485 (data in cui il primo sovrano Tudor, Henry VII, sale al trono) al 1576 (data di apertura del primo teatro pubblico a Londra). L'interludio nonostante la grande varietà di tematiche trattate non perde mai il legame con il contesto storico, sociale e culturale. Questi sono gli anni delle grandi controversie religiose e nel interludi si riscontra perciò un alto grado di topicalità. Questa è forse la differenza maggiore rispetto al teatro delle morality plays che era del tutto atemporale. L’interludio è animato da spirito rinascimentale, divulga la nuova concezione del mondo e dell'uomo in un periodo riformista, facendo una vera e propria opera di propaganda oppure elargisce consigli e ammonimenti, più o meno celati, al monarca. Le compagnie che mettevano in scena niente erano di due tipi: itineranti e non in tilt e non itineranti. Quelle non itineranti erano formate da gruppi di persone impegnate in altre attività che occasionalmente si esibivano in rappresentazioni drammatiche. Oltre a questi gruppi amatoriali, nel periodo, troviamo troupe professioniste itineranti. È con l'interludio infatti che comincia la professione attoriale vera e propria. Nel passaggio dall'immoralità l'interludio, si riduce l'impianto spettacolare il quale fece sì che i drammi potessero essere messi in scena da compagnie ridotte, in genere composte da quattro o cinque elementi che facevano ricorso al doubling recitando più parti ciascuno. Gli attori erano generalmente al servizio di un patrono ma dal 1572 gli attori dovevano poter dimostrare di essere a servizio di un nobile per non incorrere in sanzioni. Prima di quell'anno essere legati ad un patrono aiutava gli attori nella loro professione in quanto aumentava il prestigio della compagnia e rendeva più facile in tour farsi ospitare da altri signori o ottenere dalle autorità cibi che l'autorizzazione ad esibirsi nelle città. Alcuni drammi del periodo Tudor: al regno di Henry VIII (1509-1547) appartengono i lavori di John Heywood, musicista e cantore a corte legato da vincoli di parentela a Sir Thomas More di cui aveva sposato la nipote. I suoi 6 drammi sono stati suddivisi in due gruppi: le farse (Johan Johan, The Pardoner and the Frere, The Foure PP) e i dibattiti (Witty and Witless, A Play of Love, The Play of the Wether). IL 'CIRCOLO MORE' Il circolo More è una cerchia di intellettuali e letterati che gravitano intorno a Sir Thomas More (1478-1535), Lord cancelliere Inghilterra dal 1529 al 1532 e tra i maggiori rappresentanti dell'umanesimo inglese. Oltre a John Heywood, troviamo John Rastell, avvocato e cognato di More, che intraprese l'attività di stampatore. A lui si deve la prima pubblicazione di gran parte dei lavori scaturiti dal circolo More compresi vari interludi come: - il primo dramma secolare in inglese ad esserci pervenuto, ovvero Fulgens and Lucres di Henry Medwall stampato probabilmente nel 1515 ma già rappresentato nel 1497; - il suo The Nature of The Four Elements e gli anonimi Calisto and Melebea e Gentless and Nobility (generalmente attribuiti a Rastell). John Rastell nel 1530 si convertì alla fede protestante e si allontanò dal circolo More attività editoriale al servizio della propaganda anticattolica. Il figlio William continua invece a divulgare i lavori del circolo More. Drammi politici molto importanti e diversi tra loro appartenenti ai regni di Mary Tudor (1553-1558) e della sorellastra Elizabeth I (1558-1630): Respublica e Gorboduc. Respublica: attribuito a Nicholas Udall (1505-1556) e messo in scena da una compagnia di ragazzi durante le festività natalizie del 1553. Tutti personaggi sono astrazioni. Si tratta di una moralità politica che celebra l'avvento al trono di Mary Tudor. Gorboduc: è la prima tragedia regolare inglese e la prima opera drammatica ad adottare il blank verse, cioè il penta metro giambico non rimandato destinato a diventare il verso drammatico per eccellenza. Questa tragedia è composta da Thomas Norton (1532-1584) Tomas Sackville (1536-1608) era presentata per l'epifania del 1562 all'Inner Temple e pochi giorni dopo al cospetto della sovrana. Anch'essa È intesa come uno speculum principis in quanto mirava a persuadere la regina a sposarsi e ad assicurare numerose cause civili in cui fu coinvolto. Ma riuscì comunque ad arricchirsi a tal punto da potersi permettere di acquistare una delle case più prestigiose di Stratford. Dunque una delle prime considerazioni del drammaturgo nel comporre le sue opere fu la loro efficacia scenica e il loro appeal per il pubblico. Ma questo non significa che le sue opere fossero progettate come macchine per far soldi. Shakespeare riesce a sposare il fatto che la scena sia accessibile a tutti con la ricchezza intellettuale e retorica del testo. Tale fenomeno è in parte da attribuire ad una cultura del tempo dal momento che il pubblico elisabettiano era abituato ad esempio a seguire lunghi e complessi discorsi orali soprattutto grazie ai sermoni. Anche l'istruzione scolastica presso le grammar schools era incentrata sulla retorica. La straordinaria articolazione poetica delle opere di Shakespeare rappresentava una delle maggiori attrattive perlomeno fra gli uditori istruiti. All'epoca di Shakespeare si usava dire "ascoltare un dramma" anche se l'impresa di Shakespeare accontenta orecchio e occhio insieme facendo vivere la poesia sulla scena, in modo che possa entrare a far parte dell'azione scenica e risultare così non solo visibile al pubblico ma anche indicibile, gestibile e recitabile dall'attore. Le opere di Shakespeare nascono anche grazie a una compagnia di attori che il drammaturgo conosceva bene e di cui si fidava. Tutti i personaggi shakespeariani furono concepiti per specifici attori dei Chamberlain's Men o King's Men. Analogamente e tutte le opere furono composte per uno spazio fisico specifico ovvero il teatro pubblico, all'aperto, appartenente alla compagnia di Shakespeare (The Teatre, poi The Globe). La forma del teatro pubblico elisabettiano incide non solo sugli aspetti esteriori o meccanici dei plays, ma anche sulle ragioni profonde della drammaturgia shakespeariana. Secondo la tesi di Harold Bloom, Shakespeare ha inventato l'uomo moderno in quanto secondo lui Shakespeare avrebbe esplorato la multiforme soggettività umana ponendo il soggetto, il singolo attore-personaggio, al centro della scena. Infatti il teatro elisabettiano era caratterizzato dal dominio dell'attore i cui movimenti e gesti, la cui voce, il cui costume costituivano il motore dinamico di tutto lo spettacolo e per molti versi erano lo spettacolo. Secondo i suoi colleghi attori, Shakespeare creava personaggi in grado di dominare la scena e di creare intorno a sé e il mondo della fiction teatrale: l'attore-personaggio pone in essere il proprio status all'interno di quell'ambiente geografico, storico e sociale, nonché all'interno delle proprie azioni verbali e fisiche alle quali egli stesso dà vita. A sua volta il personaggio viene costruito proprio da quell'ambiente, da quello status e da quelle azioni. (Nel teatro shakespeariano ogni battuta contribuisce alla costruzione della soggettività dell'individuo e del suo mondo, quindi non esiste un prima e un dopo nel rapporto dialettico fra il soggetto e il suo agire). L'attore-personaggio era un portatore di segni: ogni suo aspetto poteva assumere un determinato peso simbolico e informativo ad esempio in mancanza di indicazioni sceniche l'attore, attraverso le sue battute, i suoi gesti e il suo costume e trucco, raffigurava al pubblico luogo, tempo e contesto sociale (come accade nell'incipit di Othello). La centralità dell'attore nel creare la fiction drammatico-teatrale, con l'aiuto di pochi oggetti e pochissima scenografia, all'epoca provocò lo sdegno di critici neoclassici (come Philip Sidney) che lamentavano la mancanza di realismo mimetico in quanto si tratta di un teatro che faceva affidamento alle azioni sceniche dei personaggi e che chiedeva al pubblico un notevole sforzo di immaginazione. Ciò è esattamente quello che Shakespeare richiederà esplicitamente ai suoi spettatori nel prologo di Henry V. Dunque il teatro elisabettiano si basava su questo patto convenzionale tra attori e pubblico, d'accordo nell'interpretare i segni teatrali come finendo che è di una realtà più vasta. 3. LA PROPRIETÀ DEL TEATRO SHAKESPEARIANO: LA SCENA APERTA Ci sono tre proprietà che rendono possibile l'emergere dell'attore-personaggio shakespeariano: la sua apertura, la sua multidimensionalità e la sua fluidità. Apertura dipende dalla forma del palcoscenico e dal rapporto che si instaura tra la scena e l'arena nel teatro pubblico. Si trattava di una scena aggettante (thrust stage), che appunto si "gettava" o proiettava in mezzo al pubblico, quindi il palcoscenico era aperto e privo di ostacoli alla vista come oggetti scenici. Gli unici aspetti fissi della scena erano la frons sceanae (il fondo della scena) e i due pilastri di legno dipinti per assomigliare a colonne romane di marmo che sostenevano il tetto soprastante il palco. Vantaggi che l'apertura della scena pubblica offriva all'attore e dunque al drammaturgo: - addossava quasi esclusivamente all'attore la responsabilità di essere oggetto dell'attenzione del pubblico e fonte di informazioni, di emozioni e di intrattenimento; ciò di conseguenza permetteva alla scena elisabettiana di essere un teatro di azione scenica (centrato sul corpo dell'attore) e un teatro di parola (lasciando ampio spazio e libertà alla scrittura poetica e drammaturgica dell'autore). - in secondo luogo, consentiva agli spettatori un accesso visivo e uditivo privo di barriere. - infine dava anche una presentazione scenica la possibilità di svolgersi in modo rapido e dinamico. Infatti ci sono riferimenti testuali che parlano di una durata della rappresentazione di circa due ore. 4. L’ARTICOLAZIONE SPAZIALE: DIMENSIONE ORIZZONTALE E VERTICALE La seconda caratteristica del teatro shakespeariano è la sua multidimensionalità che riguardava la struttura del palco e la sua articolazione nello spazio. L'ampiezza del palco, oltre a simboleggiare la grandezza del mondo raffigurato e a permettere a tutti gli attori della compagnia di stare contemporaneamente sul palco, offriva la possibilità di moltiplicare l'azione orizzontalmente creando effetti di simultaneità e di contrapposizione. Un ruolo cruciale nell'utilizzo della dimensione orizzontale è svolto dalle due porte di scena collocate nella frons scenae sullo sfondo con la doppia funzione di nascondere il tiring house (spogliatoio degli attori) e di permettere loro l'ingresso e l'uscita. I plays elisabettiani non venivano divisi in atti e scene; ciò che segnava la fine di una scena e l'inizio di un'altra era semplicemente la vicenda degli attori o di gruppi di attori che erano momentaneamente compresenti in scena (la convenzione elisabettiana voleva che i due attori o gruppi in questione fossero invisibili gli uni agli altri). L'utilizzo delle due porte e giocava anche un ruolo simbolico per presentare due realtà spaziotemporali distanti fra di loro. Inoltre, la possibilità di dividere la scena in due o più spazi sul piano orizzontale permetteva di creare effetti di contrapposizione fra parti o schieramenti opposti e di stabilire importanti in essi narrativi fascine trame distinte. Non meno significativa è la dimensione verticale della scena creata grazie all'esistenza di ben tre aree di recitazione: sotto il palco, sopra il palco e sul piano del palco. La presenza di un sottopalco utilizzabile dalla compagnia derivava dall'elevazione del palco di circa 1,5 m dal suolo, permettendo così il maggiore visibilità alla scena. Tale caratteristica era in parte retaggio dei pageants (carri) tardomedievali impiegati per la performance in piazza dei mystery plays e morality plays, nei quali l'utilizzo del sottopalco aveva una finalità strettamente simbolica e ideologica, in quanto area moralmente proibita, abitata da diavoli e spiriti maligni che facevano le loro entrate ed uscite attraverso una botola. Così gli attori elisabettiani continuavano a usare la zona sottostante il palco come hell (inferno). Analogamente, il soffitto sovrastante il palco, il quale presentava dipinti delle costellazioni, veniva chiamato dagli attori heavens. Il teatro di Shakespeare era il luogo destinato alla rappresentazione dell'uomo i cui affari terreni si trovano posti equidistanti fra il cielo e l'inferno. Non a caso il nome del secondo che altro della compagnia di Shakespeare, The Globe, allude alla nozione del theatrum mundi: È un teatro del mondo intero, capace di navigare liberamente nello spazio e nel tempo, in grado di rappresentare tutte le tipologie, i motivi, le azioni e i comportamenti del genere umano. Il teatro (The Theatre, The Globe) diventa la scena privilegiata in cui l'uomo si autorappresenta e si autorispecchia. Collocazione in alto, sopra la scena, vicino al cielo, assume talvolta in Shakespeare un significato simbolico ideologico. I drammi storici di Shakespeare fanno spesso riferimento alla nozione della sacralità della corona richiamando la dottrina medievale del diritto divino dei re al trono, dottrina conservatrice che Franci va a incontestabili ta del potere del sovrano, anche se i drammi storici Shakespeare dimostreranno che nei fatti la corona è tutt'altro che incontestata (dramma Richard II). In altre opere l'antitesi tra stage e upper stage assume connotazioni più sociali e politiche o religiose. 5. FLUIDITÀ, DISTANZA VARIABILE E RAPPRESENTAZIONE DELL’IO La terza caratteristica del teatro elisabettiano e la fluidità che riguarda il rapporto fra attore e spettatore. Il palco era dotato anche di una non indifferente e profondità (8 m) Che permetteva alla compagnia di variare molto le distanze che intercorrevano fra azione e ricezione. L'attore era in grado di stabilire rapporti di notevole vicinanza col pubblico ponendosi all'estremità anteriore della scena in modo da essere al massimo nove, se il metri dagli spettatori più lontani e in contatto quasi fisico con quelli più vicini, i cosiddetti groundlings in piedi intorno al palco. Tale complicità e intimità con il pubblico ha influito sullo sviluppo della drammaturgia shakespeariana. Shakespeare sperimentò la creazione del personaggio-io, dominatore di avanscena e platea nel dramma storico giovanile Richard III (l'ultima opera della prima tetralogia dei drammi storici) che segna una rottura decisa e drammatica già dalle prime battute con l'entrata in scena del protagonista. È il primo dramma shakespeariano a dare ampio spazio al soliloquio già dal discorso di apertura. Invece alle opere precedenti della tetralogia, Henry VI, I, II, III, sono drammi corali, ricchi di azioni militari e basati su una struttura di tipo cronachistico. Il monologo iniziale di Riccardo è basato proprio sulla opposizione io-altro, dunque i pronomi e aggettivi plurali iniziali "our" cedono al pronome singolare "I", e chiama in causa la fluidità del palcoscenico ovvero la discesa del personaggio verso l'avanscena che lo porta direttamente in contatto con il pubblico costringendolo ad entrare in un rapporto di intimità e complicità con lui. Perciò il monologo prende la forma di confessione e ha l'apparente funzione di una prolungata captatio benevolentiae che in realtà maschera a malapena il vanto del personaggio nell'annunciare profeticamente il suo piano scellerato per la conquista del trono. Quello che probabilmente impressionò al pubblico fu l'autopresentazione nel qui ed ora Del tempo scenico è reale di un personaggio storico. Il diritto tardo almeno tre dimensioni temporali e conoscitive: il momento storico in cui il personaggio è collocato; il momento storico della messa in scena; il momento in cui l'attore personaggio si rivolge direttamente al pubblico. Tale convergenza di tempi distinti e distanti costituisce gran parte del fascino del teatro storico di Shakespeare, rendendo il personaggio storico e mitico un "io-qui-ora" tramite la finzione scenica. Riccardo presenta una dimensione soggettiva dell'io in quanto inganno il pubblico e tutti quelli che lo circondano con la sua apparente sincerità confessionale. Il dramma permette a Shakespeare di inventare per la prima volta la messa in scena dell'io nel contesto della storia inglese. Riccardo è il primo personaggio shakespeariano ad accennare ad una dimensione psicanalitica seppure all'insegna dell'inganno. Shakespeare rivisiterà discorso intimo ma ingannevole qualche anno più tardi con un altro celebre personaggio malvagio di nome Iago. L'uso dell'avanscena porta all'esplosione della personalità individuale: il dramma moderno prende il via proprio da queste circostanze. Cosa diversa è invece la soggettività messa in mostra da Amleto, altro grande esponente del soliloquio e del rapporto a tu per tu con l'ascoltatore. Il monologo "To be or not to be" al primo ascolto sembra una auto-interrogazione segreta sulle ragioni più profonde del vivere, ma ad una lettura più attenta si rivela discorso pubblico durato come un intervento in un dibattito sulla questione vita vs morte. James Burbage costruì il primo teatro pubblico, The Theatre, nel 1576. Un altro aspetto della fluidità del teatro elisabettiano è che si trattava di una scena pluriprospettica, che è proprio in assenza di un unico punto di focalizzazione, permetteva l'uso di tutte le aree reciti statica del palco e chiedeva agli attori grande agilità e abilità negli spostamenti e nei posizionamenti in scena. L'attore doveva essere in grado di catturare l'interesse da qualsiasi parte del palcoscenico egli si trovasse. Gli spettatori privilegiati, perché più ricchi e influenti, stavano in posizioni diverse rispetto alla platea moderna, ossia nelle gallerie, specialmente quelle più in alto o dietro il palco nell'upper stage o balcone posto sopra la frons scenae. Anche quando il teatro elisabettiano sfruttava la profondità del palco per creare effetti di strategica lontananza fra azione scenica e platea, non perdeva l'interesse del pubblico. Tale lontananza viene solitamente sfruttata da Shakespeare per dare vita a scene pubbliche e formali dove occorre una visione panoramica e di insieme da parte dello spettatore. 6. DONNE SULL’AVANSCENA Shakespeare è il primo trauma turco inglese a dare spazio alla donna come protagonista dell'azione drammatica mettendo la donna davanti alle dramatis personae (=maschere del dramma / personaggi) maschili. Il teatro elisabettiano escludeva le attrici, per cui i più celebri ruoli femminili dovevano essere recitati da ragazzi o da giovani uomini, i cosiddetti boy actors. L'esempio più clamoroso di un personaggio femminile che riempie la scena è Cleopatra. Cleopatra è l'eroina shakespeariana che maggiormente si mette in mostra e in movimento, sfruttando tutte le aree recitative della scena elisabettiana (non c'è zona del palcoscenico che non sia dominio assoluto della regina egiziana). Altro personaggio femminile che domina la scena è Lady Macbeth, posta sull'avanscena come sonnambula mentre legge la lettera del marito. Anche Lady Macbeth è capace di fare sue le altre aree di recitazione. Nonostante le eroine tragiche di Shakespeare conquistano l'immaginario dello spettatore attraverso la potenza o la prepotenza della loro presenza scenica, il territorio privilegiato per la rappresentazione della soggettività femminile, più che la tragedia, è la commedia shakespeariana. Mentre nelle tragedie la protagonista si presenta come parte di un insieme, di una coppia, nelle commedie la donna assume piena autonomia come soggetto-individuo divenendo artefici indiscussi delle proprie vicende e dei propri destini. L'appartenenza a una coppia non è il punto di partenza della commedia, ma è il punto di arrivo. Le donne della commedia attraversano da sole ostacoli, pericoli e soprusi, che mettono alla prova la loro moralità e il loro ingegno e spesso anche la loro identità di genere. Quasi sempre la donna nella commedia Shakespeariana si dimostra superiore all'uomo socialmente, moralmente e anche intellettualmente. In generale nelle commedie la donna diventa sinonimo di vita, di salvezza, di redenzione. È per questo che in molte commedie di Shakespeare, il vero soggetto protagonista è donna, dotata di una forte interiorità, di uno straordinario eloquio e il senso di iniziativa. A volte accade che le eroine delle commedie Shakespeariane scelgano di recitare parti maschili: il travestitismo diventa una ricorrente trovata drammaturgica all'interno delle trame comiche di Shakespeare. Il travestitismo inoltre funge in queste commedie come un rito di passaggio da una condizione di acerbità adolescenziale alla piena maturità femminile, dando vita ad una Bildung drammatico-teatrale. Tramite la temporanea rinuncia al proprio genere sessuale, le protagoniste scoprono e rafforzano la loro auto consapevolezza come donne. Questo travestitismo shakespeariano ribalta la convenzione teatrale elisabettiana del boy actor travestito per l'esplorazione di una nuova soggettività femminile. In realtà la figura della donna travestita non è un'invenzione Shakespeariana, ma è un modello italiano a cui Shakespeare dà uno spessore del tutto inedito. In Shakespeare inoltre il travestitismo diventa occasione di complicità tra personaggio e spettatore, che è l'unico a conoscenza dell'espediente adottato. La maschera permette al personaggio di nascondersi e allo stesso tempo di svelarsi al pubblico soprattutto tramite l'a parte (aside) femminile, strumento shakespeariano inventato nelle commedie romantiche. Si tratta di un aside intimo, confessionale, sincero tramite cui la donna svela le proprie passioni e i propri disagi chiedendo di sostegno dello spettatore per poi usare il dolore come stimolo alla risoluzione. Il travestitismo raggiunge il suo apice drammaturgico in As You Like It e il culmine psicologico e letterario dello sviluppo dell'eroina travestita in Twelfth Night. L'attore-eroina sofferente che si confida con gli spettatori costituisce una significativa tappa nello sviluppo sia del teatro moderno sia della sensibilità psicologica ed identitaria dell'uomo e soprattutto della donna moderna. LA PUBBLICAZIONE DELLE OPERE DI SHAKESPEARE La maggior parte delle opere di Shakespeare vennero pubblicate per la prima volta nella postuma edizione in folio (First Folio) del 1623. Altre invece erano già state pubblicate nel corso della sua vita. Fra le opere teatrali presenti nell'in folio, 18 erano state precedentemente pubblicate, non sempre in modo autorizzato, in singole edizioni in quarto (quartos), e una, Henry VI, Part 2, in un'edizione in ottavo (1594). Le edizioni in quarto "pirata", i cosiddetti bad quartos, comprendono Henry VI, Part 3 (1595), Romeo and Juliet (1597), Henry V (1600), The Merry Wives of Winfsor (1602) e Hamlet (1603), più l'in ottavo di Henry VI, Part 2. Queste versioni differiscono spesso sostanzialmente da quelle raccolte nell'in folio: la teoria avanzata da W.W. Greg ed altri e largamente condivisa oggi per spiegare tali differenze è quella della memorial reconstruction (ricostruzione mnemonica), Che attribuisce la responsabilità ad attori che in cambio di denaro dettavano le battute a editori poco scrupolosi. Le scene in cui recita avallatore responsabile della ricostruzione mnemonica sono relativamente pulite, mentre altre sono approssimative. Il caso più eclatante è quello del bad quarto di Hamlet (conosciuto come Q1, primo in quarto) dove le scene nelle quali è presente il personaggio Marcello sono vicine alle persone autorizzate, mentre altre scene sono radicalmente diverse e a volte confuse. Esistono delle differenze anche tra le versioni autorizzate dalla compagnia: è il caso della seconda edizione in quarto di Hamlet, il cosiddetto good quarto (Q2) pubblicato nel 1604. Il testo di questa edizione è più lungo e presenta parecchie differenze rispetto a quello dell'in folio. IPOTETICO ORDINE DI COMPOSIZIONE DELLE OPERE DI SHAKESPEARE Non esistono prove sicure né delle date di composizione, né delle prime performances delle opere. esprimere una risposta personale ed individuale ad esse, ma anche sperimentare una varietà infinita di forme metriche, di soluzioni ritmiche, di assonanze, consonanze e rime. La traduzione, più che resa letterale, era più spesso intesa come interpretazione e rielaborazione, come sperimentazione ed espressione personale. Un ruolo importantissimo e Sir Thomas Wyatt (1503-1542), il primo che tradusse alcuni sonetti di Petrarca nella loro propria struttura e forma metrica. Wyatt fu in Italia in missione diplomatica per conto di Henry VIII nel 1527. Wyatt dovette venire in contatto con le discussioni allora in corso in Italia, e ne fece tesoro, importando la forma del sonetto in Inghilterra. Questo significò per i poeti inglesi: - appropriarsi di una forma e di un metro stranieri e adattarli alle esigenze della lingua inglese; - appropriarsi di una tematica obsoleta ed inserirla in un contesto storico-sociale del tutto diverso. Traducendo Petrarca, Wyatt colloca un suo sonetto nell'ambiente della corte di Henry VIII modificandone profondamente la lettera e il senso con un processo di smontaggio, rettifica e rimontaggio che nel risultato finale lascia ben poco del poeta italiano. Wyatt cancella le descrizioni paesaggistiche di Petrarca e la sua staticità conferendogli una certa dinamicità. Inoltre la tensione spirituale di Petrarca lascia il posto ai tormenti e alla frustrazione di una concreta avventura cortigiana. La spinta al divino diviene un gioco crudele retto dalle leggi della corte: in Petrarca Laura, la donna volta a Dio la cui collana di diamanti è simbolo di purezza che la rende intoccabile agli uomini perché è volta al solo Dio; la collana di diamanti della donna di Wyatt invece è un dono di un potente e dunque ella è intoccabile perché appartiene ad un altro uomo dinanzi al quale il cortigiano Wyatt non può far altro che retrocedere. 3. POESIA E CORTE Questo ci porta alla corte, l'ambiente che condizionò e influenzò l'attività poetica del cinquecento, e al rapporto con i due sovrani più importanti della dinastia Tudor, Henry VIII ed Elizabeth I. La sorte dei poeti cortigiani e della loro poesia è legata al monarca. Il cortigiano si trova in uno stato di perenne incertezza ed oscillazione perché è soggetto agli sbalzi d'umore del sovrano e ai rapporti tra le grandi famiglie nobiliari. Tema ricorrente dei poeti e allora la Fortuna, del Caso, dell'instabilità della vita dell'uomo. Dal canzoniere di Petrarca i poeti inglesi trassero a tutto la dimensione della sospensione esistenziale del poeta italiano, il suo descriversi come intimamente diviso tra gioia e disperazione, tra speranza e disillusione trascurandone il dato più spirituale e religioso e affascinati dall'uso dell'ossimoro come trama di lunghi testi (ricordiamo che l'ossimoro è una figura retorica che blocca e immobilizza, Che non risolve e non scioglie i nodi esistenziali che avvincono l'anima del poeta. La voga dei canzonieri di stampo petrarchesco fu iniziata dalla pubblicazione, nel 1591, di "Astrophel and Stella" di Sir Philip Sidney (1554-1586). Esso fu seguito da numerosi altri canzonieri o sonnet sequences la cui dimensione è la terra dove la carne domina sullo spirito. Il culmine di questo percorso di allontanamento dallo spirito di Petrarca sarà raggiunto con i Sonnets di Shakespeare nel 1609, dove l'io poetico è diviso tra due diversi amori (e non è semplicemente sospeso tra la speranza di ottenere l'amore della donna amata e la coscienza disperata di non poterla mai raggiungere) per un "fair youth" e una "dark lady": all'amore per una donna si aggiunge l'amore per un ragazzo. La regina Elizabeth fu cantata con svariati nomi tra cui Astrea che secondo i miti classici fu l'ultima divinità a lasciare la terra prima del trapasso all'età del ferro. Il ritorno di Astrea significa un ritorno all'età dell'oro, perduta col passare dei secoli, un ritorno all'età dell'ordine e dell'armonia. Questo è il nucleo centrale della poesia rinascimentale inglese: la sua tendenza all'ordine, la lotta contro il caos, l'aspirazione a un ricomposto e riconquistato cosmos. La vita di corte è una vita di insicurezza, le nuove scoperte geografiche ampliano la misura conosciuta del mondo, l'esperienza del mondo e del reale è esperienza della molteplicità della frammentarietà, perciò la poesia cerca di dare un ordine a questo disordine, Di unire la frammentarietà, di sospendere il passare del tempo. E lo fa attraverso la metrica e le forme chiuse di sonetti, ordini, stanze epiche, elegie... anche la retorica è importante e strumento perché intesa come mezzo razionale che dà ordine: prima il pensiero, poi alla forma letteraria e di conseguenza al mondo. I poeti prediligono forme fisse e chiuse per ingabbiare e fissare l'esperienza del sensibile. A questo proposito è importante il canzoniere di Edmund Spenser, composto dalla sequenza di sonetti Amoretti e dal poemetto "Epitalamio": È l'unico caso in cui l'amata accetta l'amore del poeta e lo sposa. La celebrazione poetica della cerimonia nuziale è un pretesto per celebrare l'unità dell'amore divino e dell'armonia cosmica in un canto in cui le voci del mondo cantano all'unisono con le voci celesti. 4. POESIA E POETICA I trattati di poetica insistono sul valore conoscitivo, formativo e normativo della poesia. Per Sydney la poesia è superiore alla filosofia e alla storia perché supera il dato particolare per giungere all'universale; E il poeta può dare vita a mondi nuovi, ideali, i quali si pongono come modello da imitare. Lo scopo della poesia è ordinare e insegnare, trasmettere la conoscenza di quest'ordine che poeta, per primo, ha saputo cogliere e al quale ha dato forma. Fondamentale è il concetto di "teaching" implicito in gran parte della poesia rinascimentale. Scopo della poesia è insegnare, invitare l'uomo a pensare a riflettere non solo perché al pensiero e alla riflessione deve seguire l'azione, ma anche per dare un senso a un "mondo senza senso". Però l'utopia poetica che vince il tempo, il sogno di un'armonia cosmica, devono scontrarsi con la realtà del mondo sensibile. Il mondo quindi è raffigurato come un teatro dove l'uomo è un semplice attore, la vita è rappresentata come un palcoscenico dove commedia e tragedia si alternano (come in Amoretti di Spenser o nei Sonnets di Shakespeare). L'io è in crisi, e se in Amoretti, dal caos dell'io si giunge ad un ordine che è esteriore ed interiore, ciò non accade negli altri canzonieri. Le sonnet sequences di Sidney, Daniel e Drayton si chiudono con l'immagine di una separazione definitiva tra amata e amante provocando una perdurante di visione interiore rafforzata dagli ossimori. La più grande opera poetica del secolo è The Faerie Queene di Spencer, un'opera immensa incompiuta e composta da sette libri, con cui l'autore ha voluto dare all'Inghilterra quel poema epico che ancora le mancava ovvero quello che doveva celebrare la dinastia Tudor nella figura di Elizabeth I e la nuova religione anglicana. Nel corso del cinquecento fece la sua comparsa la scrittura femminile. Una figura importante fu Mary Sidney la quale diffuse i propri componimenti poetici tra la nobiltà. La prima donna a pubblicare un testo poetico in Inghilterra fu Isabella Whitney, donna di modesto centro sociale che pubblicò The Copy of a Letter (1567) e A Sweet Nosegay (1573). Ella compie l'atto rivoluzionario di una donna che, anziché dedicarsi alle faccende domestiche, prendi in mano la penna e scrivere. Ma a questa rivoluzione fa da contraltare il tono moralizzante dei suoi versi, la volontà di insegnare alle sorelle il retto comportamento femminile rivelandosi garante dell'ordine costituito. LA TRADUZIONE E LA LINGUA LETTERARIA 1. INTRODUZIONE I traduttori elisabettiani contribuirono allo sviluppo e all'arricchimento della propria lingua mediante la lingua o le lingue straniere con cui erano entrati in contatto. 2. UN SECOLO DI TRADUZIONI Il ‘500 è contrassegnato da un'intensa attività traduttiva in lingua volgare: la traduzione trasporto dal passato e dal presente opere di ogni genere. Nell'epoca elisabettiana (1558-1603) non si può non menzionare alcune traduzioni significative per l'impatto sulla lingua, la cultura e la letteratura di opere passate e coeve come le Metamorfosi di Ovidio, Vite Parallele di Plutarco, i Saggi di Montaigne, la storia di Roma "ab urbe condita libri" di Tito Livio, Le vite dei Cesari di Svetonio, la traduzione dell'Odissea di Omero (1614-1615). 3. “TRANSLATION […] IS LEARNING IT SELF”: LA TRADUZIONE COME MEZZO DI CONOSCENZA Questa frenetica attività traduttiva era alimentata dalla forte istanza divulgatrice dei traduttori e degli stampatori, supportata dai bassi costi della stampa che rendevano il libro un prodotto largamente accessibile ai cosiddetti "unlearned" (illetterati), "unlatined" o "non expert in tongues", coloro cioè che non erano in grado di capire le lingue straniere sia classiche che moderne. Il desiderio di alfabetismo di un pubblico sempre crescente di lettori. Il volgare era d'obbligo nei testi religiosi perché si poteva fare a meno dell'intermediazione degli uomini di chiesa (così come rivendicato dalla Riforma), nei testi laici invece perché era più facile autoistruirsi in una società moderna in cui era sentita la necessità di consultare manuali di ogni genere, di conoscere il mondo dell'antichità con la lettura dei classici da poco riscoperti e il mondo circostante con la lettura di opere contemporanee di paesi culturalmente più avanzati. L'intento didattico e utilitario dei traduttori e degli stampatori a volte viene dichiarato già nei frontespizi, nei paratesti e nelle prefazioni delle traduzioni attraverso parole ricorrenti come "benefit", "profit", "profitable", "useful", "necessary". A volte lo scopo didattico-utilitario della traduzione veniva espresso estesamente dal traduttore. L'istanza democratizzatrice che spingeva a tradurre dagli antichi e dai moderni, per abbattere le barriere culturali tra letterati e il letterati, era accompagnata dalla difesa della traduzione intesa non solo come mezzo per accedere a sapere, ma anche come mezzo di arricchimento della propria lingua. C'era una stretta correlazione tra traduzione, sapere e lingua: la traduzione apriva gli scrigni del sapere, e ne diffondeva le ricchezze, i contenuti e le forme, nella cultura e nella lingua di arrivo, appropriandosene e tramutandoli. 4. VERSO UNA LINGUA ‘ELOQUENTE’ Nella prima metà del secolo era diffusa la convinzione dell'inadeguatezza della lingua volgare rispetto alle lingue lessicalmente più ricche da cui si traduceva. I traduttori erano consapevoli di portare dalla lingua di partenza fatti, idee e parole che non trovavano equivalenti adeguati nella lingua di arrivo ed erano quindi costretti a coniare nuove parole. Ai sostenitori dell'arricchimento della lingua per mezzo dei prestiti (borrowings) dalle lingue classiche, principalmente dal latino, si opponevano i puristi, il cui maggiore rappresentante è il professore di greco di Cambridge John Cheke (1514-1557), in nome della chiarezza e della purezza, note virtù dell'oratore della retorica classica. Alla base dell'opposizione c'era sì l'istanza divulgatrice che propugnava una lingua comune, d'uso, accessibile a tutti, ma c'era anche l'orgoglio nazionalistico che opponeva resistenza all'ammissione di termini stranieri. Alla fine il processo di arricchimento prevalse. La lingua si arricchì di nuovi lessemi e di nuove accezioni semantiche con un incremento medio di 50 nuovi lessemi e accezioni semantiche all'anno intorno al 1500, e di 350 intorno al 1600. La lingua si arricchì anche retoricamente: le traduzioni più riuscite presentano figure retoriche come la sinonimia, l'anafora, il poliptoto, la figura etimologica, l'antitesi e il parallelismo. Il traduttore tenendo in mente il suo pubblico "unlatined" per il quale usava una lingua piatta, comune, obbediva al tempo stesso alla pressione della lingua di partenza antica o moderna, lessicalmente e retoricamente ricca, trasportando parole e figure nella sua lingua. Il traduttore rispondeva così alle due tensioni del volgare: una verso il basso per raggiungere i suoi lettori, uno verso l'altro per conferire "eloquenza" ovvero l'elocutio della retorica classica alla sua lingua. Già verso l'ultimo quarto del secolo, la lingua non era più considerata "barbara" ma "eloquente". LA TRADUZIONE ELISABETTIANA: IERI E OGGI Per decenni la traduzione elisabettiana è stata considerata dal punto di vista della 'resa' dell'originale. Questo punto di vista, caratterizzato da una forte impronta critica personale che portava ad innalzare la traduzione allo stato di arte tramite l’uso di una lingua vigorosa ed audace, è stato ridimensionato e superato. Negli anni 90 gli studi sulla traduzione noti come Translation Studies hanno focalizzato la prospettiva storica secondo cui le traduzioni vengono fatte per rispondere alle esigenze di una cultura e dei vari gruppi di quella cultura. In questa prospettiva bene si colloca la traduzione elisabettiano: si traduceva nella lingua comune per rispondere alle esigenze culturali del proprio tempo e dei propri connazionali di qualsiasi classe essi fossero. IL SEICENTO INTRODUZIONE 1. 1603-1660 Alla morte di Elizabeth I (1533-1603) salì al trono James VI Stuart che, col nome di James I, riunì i regni di Scozia, Irlanda e Inghilterra. Il sovrano eredito una situazione complessa a causa della irrisolta questione religiosa che ti divideva il paese fra anglicani, cattolici e puritani. Egli peggiorò la situazione ribadendo con forza nei suoi scritti e nei discorsi al parlamento il diritto divino del re. I frequenti contrasti fra il re e il Parlamento continuarono, e peggiorarono, con il successore Charles I (1625-1649) sfociando infine in una guerra civile che vide la maggior parte della ricca borghesia cittadina e i proprietari terrieri schierarsi contro il re, sostenuto dall'aristocrazia e dall'alto clero anglicano. Le ostilità non avevano solo motivazioni religiose ma anche economiche e politiche. L'esercito parlamentare sconfisse le forze fedeli al re nel 1646 e nel 1648. Nel 1649 il re fu giustiziato e la sua famiglia fuggì in esilio in Francia. Venne instaurata una Repubblica (Commonwealth) e Cromwell fu nominato Lord protettore nel 1653. Alla sua morte, nel 1658, gli successe il figlio Richard, che non possedeva nessuna delle qualità di leader del padre e che dopo solo un anno fu costretto ad abdicare. Si venne a creare una situazione di caos, perciò l'unica soluzione fu quella di richiamare il figlio del re in esilio, Charles II, e di restaurare la monarchia: era l'anno 1660. La complessità del periodo precedente la restaurazione si rispecchia anche nel panorama letterario e culturale caratterizzato da un forte contrasto tra vecchio e nuovo: tutte le branchie della vecchia scienza erano ormai minacciate dalla nuova enfasi sulla necessità del metodo empirico sostenuta da Francis Bacon, dagli esperimenti di Gabriel Harvey e dalla sua scoperta della circolazione del sangue, dal telescopio di Galileo che forniva ulteriori prove sulla veridicità del sistema copernicano. Sia sotto James I che sotto il suo successore la corte era un luogo importante di attività letterarie e numerose erano le rappresentazioni teatrali: Shakespeare era ancora in attività nei primi anni del secolo e all'apice della fama, e nuovi drammaturghi come John Webster e John Ford raccoglievano grandi successi. A corte erano celebri gli spettacolari masques composti da Ben Johnson nei quali spesso recitavano e danzavano anche membri della corte e della famiglia reale. 2. 1660-1700 La restaurazione della monarchia e il ritorno di Charles II Stuart diede nuova speranza a una nazione esausta è lacerata da 20 anni di guerra civile e la maggioranza della popolazione accolse con entusiasmo il ritorno del re. La corte e la Chiesa anglicana riconquistarono tutti gli onori e i puritani furono perseguitati e sottoposti a dure sanzioni. Anche i cattolici furono emarginati ed esclusi per la maggior parte della vita pubblica come ad esempio il cattolico Alexander Pope (1688-1744) che non poté frequentare l'università nel possedere terreni, nel ricoprire cariche pubbliche. Nonostante ciò i problemi che avevano diviso Charles I e il Parlamento non furono risolti: il nuovo re aveva promesso di governare tramite il parlamento ma ciò che fece in realtà fu consolidare la propria autorità evitando di confrontarsi con il Parlamento (che aveva conquistato il potere durante il periodo puritano), nascondendo le proprie simpatie per la chiesa cattolica. La crisi si palesò quando il re sciolse il parlamento. E, il paese si divise in due ovvero in due nuovi partiti politici: - i Tories sostenevano il re in quanto garante della stabilità sociale politica, erano conservatori e avevano l'appoggio del clero anglicano e dei proprietari terrieri - i Whigs erano più aperti alla tolleranza religiosa e sostenevano il commercio e la libera iniziativa, raccogliendo esponenti di diverse classi: nobili gelosi del potere sempre più forte della corona, mercanti e finanzieri della capitale, vescovi e sacerdoti della low church e i puritani dissenzienti. La sola cosa che univa i due partiti era il fatto che non potevano accettare che alla morte di Charles II governasse il fratello James II, convinto cattolico, il quale, non appena salito al trono nel 1685, Sia proprio il diritto di promulgare le leggi senza consultare il parlamento e comincio a far entrare i cattolici nell'esercito e nel governo. Quando nel 1688 la nascita di un erede maschio al trono rese concreta la prospettiva che una dinastia cattolica si consolidasse in Inghilterra, iniziarono negoziati segreti tra il parlamento e William III d'Orange, Elettore del Palatinato, campione del protestantesimo sul continente e marito di Maria II Stuart, una delle figlie di James II. William III sbarcò con un piccolo esercito e si diresse verso Londra, mentre James fuggiva in Francia in esilio permanente: la 'Glorious Revolution' conclusasi senza spargimento di sangue, portò alla stesura del Bill of Rights del 1689, scritta dal parlamento e sottoscritta dal nuovo sovrano, un documento che limitava i poteri della corona, riaffermava la supremazia del parlamento e garantiva alcuni fondamentali diritti del cittadino. Charles II aveva portato con sé dall'esilio una grande ammirazione per la letteratura e i costumi e scrittori francesi i quali diventarono di moda ed esercitarono la loro influenza sugli scrittori inglesi. La letteratura della restaurazione si esprimeva negli heroic plays scritti da Dryden che esasperava il tema del conflitto fra amore e dovere attinto dalle tragedie francesi. Il teatro della restaurazione è soprattutto legato alla commedia, il genere letterario più significativo e originale dell'intero periodo. Popolari erano le comedies of manners dove si rappresentavano i costumi corrotti delle classi aristocratiche, tramite personaggi che incarnavano i peggiori vizi dell'umanità: falsi, egoisti e sensuali, i libertini protagonisti di queste commedie, il cui unico • Al termine del protettorato questi luoghi teatrali ospitarono i primi drammi musicali di Davenant come “The Siege of Rhodes” (1656) e “The Cruelty of the Spaniards in Peru” (1658). Davenant innestò nei suoi drammi un’innovativa componente musicale (da qui la definizione di operatic dramas), tesa a volgere l’attenzione del censore dall’elemento parlato dello spettacolo, fermamente osteggiato dai puritani, a quello cantato, meno avversato. • Al termine dell’Interregnum repubblicano (1649-1660), durante il quale le attività teatrali erano sospese, il sovrano restaurato Charles II (in carica dal 1660 al 1685) concesse nel 1660 il “privilegio reale” (royal licence) a Davenant e Killigrew. Questa licenza permetteva di fare teatro con l’approvazione diretta del sovrano. Così Davenant e Killigrew diedero vita a due compagnie teatrali collegate direttamente alla corte come è evidente dai loro nomi: rispettivamente la “Duke of York’s Men” e la “King’s Men Company”. 1.2. IL REPERTORIO E LE DONNE La sospensione delle attività teatrali durante l’Interregnum aveva compromesso la composizione di nuovi lavori drammatici, dunque con la riapertura dei teatri il repertorio delle due compagnie risultò formato da una combinazione di lavori elisabettiani e giacobini (principalmente ad opera di Jonson, Beaumont, Fletcher e Shakespeare). A ciascuna delle due truppe fu affidato un repertorio drammatico ben preciso: Killigrew si accaparrò il diritto di da rappresentare i drammi più noti costringendo Davenant invece a rivolgersi alla messinscena spettacolare tesa a compensare un repertorio oggettivamente debole e attori meno esperti. Per la prima volta si segnala la presenza di un certo numero di attrici che ora avevano il compito di calcare le scene (ben presto la presenza femminile divenne evidente anche come un nuovo elemento drammatico determinante a livello formale e tematico nella tragedia e nella commedia). Il sistema delle licenze istituito da Charles II dette dunque vita a un “duopolio teatrale” che perdurò fino al secolo successivo. Uno degli effetti del duopolio fu il consolidamento di un’ideologia drammatica. Il duopolio infatti da un lato comportò implicitamente la limitazione del numero di nuovi lavori, dall’altro pose un considerevole freno allo sviluppo di una produzione teatrale autonoma al femminile che era priva di quella tradizione culturale pregressa e di quel consolidato successo scenico che l’avrebbe resa un buon investimento per Killigrew e Davenant. Il teatro tardo-seicentesco inoltre dipendeva politicamente ed economicamente dal favore reale, infatti c’erano dei vincoli di dipendenza politica ed economica che legavano il sovrano e gli attori. Perciò i drammi storici messi in scena in questi anni venivano riadattati, anche da un punto di vista linguistico, secondo i criteri predeterminati di esaltazione ideologica dell’autorità monarchica e del ritrovato ordine civico. 1.3. DALLA CORTE ALLA CITY: LA NASCITA DI UN NUOVO PUBBLICO Il periodo della Restaurazione è stato convenzionalmente delimitato dagli storici tra la salita al trono di Charles II (1660) e l’ascesa al trono della regina Anne (ultima sovrana Stuart) (1702) che costituisce dunque una simbolica data di chiusura di questa fase tardo-seicentesca della storia del teatro e della letteratura drammatica inglese assai diversificata al suo interno. Il periodo di transizione dalla dinastia Stuart a quella Hannover è segnato da due eventi epocali: l’affermazione della cultura della coffee-house e la nascita del giornalismo. Questa rivoluzionaria democratizzazione della cultura materiale a stampa investì inevitabilmente anche l’universo teatrale. Il passaggio da un secolo all’altro coincise con la testualizzazione di parte del repertorio drammatico, valutato sempre più adesso come testo da leggere in solitudine e non più come testo da guardare a teatro in compagnia. Queste mutazioni sociali testimoniano il tramonto dell’aristocrazia e allo stesso tempo preannunciano l’ascesa della middle class borghese e mercantile, seguita dal trionfo domestico e di vocazione urbana. A sua volta il teatro cominciò ad attrarre un pubblico sempre più vasto e variegato i cui gusti avrebbero modellato il repertorio degli anni a venire. 2. IL REPERTORIO DRAMMATICO 2.1. LA TRAGEDIA Il dramma politico e la tragedia eroica All’interno del genere tragico fu il dramma eroico a cogliere compiutamente il legame tra politica e rappresentazione teatrale. Esso rispecchiava i criteri dell’estetica aristotelica: i personaggi erano eroi ed eroine nobili, appartenenti a epoche e civiltà distanti nello spazio e nel tempo, spesso vittime di un conflitto distruttivo tra invincibili sentimenti personali di amore e dedizione per l’amato e altrettanto forti obblighi di onore e fedeltà nei confronti dello stato. Era un genere artificioso che aveva lo scopo di suscitare l’ammirazione del pubblico, colpito dalla nobiltà d’animo dei protagonisti che costituiscono proiezioni esemplari irraggiungibili dallo spettatore medio. Successivamente si nota come allo sbalordimento del pubblico vada ad affiancarsi e poi a sostituirsi un nuovo sentimento di partecipazione umana ovvero la compassione: l’elemento patetico (commovente, toccante) e la componente privata iniziano ad imporre le proprie ragioni sulle vicende di stato come dimostrano due opere di Drury Lane “All for Love” e “the World Well Lost”. In esse infatti i sentimenti provati diventano di importanza pari se non superiore al dovere di uomo pubblico. I massimi esponenti di questa tradizione drammatica furono Nathaniel Lee e John Dryden. Il dramma tardo barocco La commistione di sentimentale ed eroico rimanda all’affermazione di uno dei sottogeneri del dramma barocco ovvero la tragedia patetica consolidatasi nel decennio 1670-1680. In esse a prendere il posto del sentimento dell’ammirazione sarà la pietà per le sventure private dei protagonisti e ciò si nota già dai titoli delle opere che focalizzano già l’attenzione sulla vittimizzazione della protagonista. I profondi mutamenti del teatro vengono riassunti ne “The Mourning Bride” di William Congreve, esponente della commedia del periodo della Restaurazione. The “she-tragedy” Mentre a livello tematico va affermandosi sempre più l’elemento patetico e sentimentale, a livello formale invece predominano scene di forte impatto emotivo (tableaux) costruite sulle abilità teatrali di grandi primedonne come Elizabeth Barry il cui scopo principale era quello di provocare una reazione affettiva nel pubblico, mosso a compassione e pertanto istruito (secondo la teoria aristotelica della catarsi), proprio attraverso l’impatto emozionale dell’evento rappresentato. Le “she-tragedies” non sono altro che drammi caratterizzati da una forte componente emotiva incentrati su figure di donne perseguitate e costantemente vittime della loro stessa virtù e dunque sempre centrali a livello tematico. Il dramma patetico e la tragedia al femminile tipici del secondo Seicento dimostrano come la focalizzazione sulla dimensione privata implichi una forte mutazione culturale resa evidente attraverso la maggiore corrispondenza tra opera teatrale (il dramma) e la realtà che essa imita, così diversa dall’enfasi sull’elemento politico e pubblico propria del dramma eroico. Dunque pian piano la tragedia abbandona le sfere della ragion di stato o della storia classica e inizia a privilegiare un’ambientazione realistica e domestica. E’ così che si preannuncia la centralità dell’individuo medio, poi destinata a essere celebrata nel secolo successivo. 2.2. LA COMMEDIA Al polo opposto della tragedia eroica troviamo la commedia caratterizzata da ambientazioni, eventi, personaggi e linguaggio realistici facilmente riconoscibili e dunque pienamente condivisibili da parte del pubblico. Questa unione tra spettatore e spettacolo evidenzia la dimensione sociale della produzione leggera della Restaurazione, nota anche con i nomi di satira sociale, commedia di costume, commedia d’intrigo o London comedy nel rispetto di ciò che andavano a privilegiare: le forme, i contenuti, l’ambientazione. I dialoghi adottano quella conversazione basata sul witticism che caratterizzava la vita della corte Stuart. Evidente è l’influenza del teatro francese le cui figure ricorrenti sono dotate di un patronimico che determina già il loro comportamento. Inoltre queste figure ricorrenti sono rappresentate da una triade costantemente in azione: ad una coppia di giovani amanti (gay couple) si affiancavano da un lato il rake (virile) e dall’altro il fop (effemminato) in contrasto alla brutale virilità del rake. 3. DAL TEATRO AL ROMANZO E’ proprio dalla tradizione drammatica della Restaurazione (1660-1702) che ebbe origine la grande tradizione del romanzo inglese-settecentesco. Questo fu possibile grazie all’influsso che la commedia operò sulla narrazione fortemente basata sul dialogo portando con sé l’ambientazione contemporanea, l’uso di personaggi e situazioni realistici in cui il pubblico poteva riconoscersi e immedesimarsi. Dalla tragedia barocca si adottò invece l’interesse per le trame incentrate su vicende private, in particolare di personaggi femminili. Un altro contributo del dramma seicentesco allo sviluppo del romanzo fu dato dalla descrizione delle passioni attraverso quel repertorio scientifico di segni del corpo, gesti e toni della voce che solo pochi anni prima aveva trovato origine sui palcoscenici londinesi. 4. IL TEATRO MUSICALE E L’OPERA Il teatro del secondo Seicento è anche ricordato per numerose produzioni musicali. La più importante fu “The Tempest” di William Shakespeare il cui riadattamento fu a caratterizzarne il più clamoroso e duraturo successo. Esso fu frutto della collaborazione congiunta di Davenant e Dryden che la pubblicò nel 1670 ma fu rappresentata nel 1667. The Tempest dunque rappresenta la versatilità che contraddistingue la produzione degli autori della Restaurazione, epoca in cui per altro non era stata ancora rigidamente stabilita né l’idea dei generi letterari né quella delle autorità e perciò gli autori privilegiavano spesso forme di composizione congiunta, in collaborazione. Nel periodo della Restaurazione l’edificio teatrale era stato immaginato come adatto all’allestimento di due tipologie di spettacoli quelli drammatici e quelli musicali con specifiche necessità di messinscena. Le “semi-opere” della Restaurazione rispecchiano perfettamente questa versatilità di ambientazione. Su questa struttura si innestava la componente teatrale di origine europea. Un esempio anticipatore di questa unione tra dialogo e spettacolo tipica del teatro musicale inglese risale già al 1656 quando venne usato per “The Siege of Rhodes” di Davenant un elaborato scenario mobile il cui autore era l’architetto neoclassico John Webb che negli anni ’30 aveva collaborato col suo maestro alla realizzazione di articolati spettacoli di corte quali masques e balletti. LA PROSA DEL SEICENTO La produzione in prosa del Seicento rispecchia la complessità dell'epoca la quale assiste a radicali trasformazioni in ogni campo del sapere. Fioriscono scritti su argomenti religiosi, filosofici, politici, scientifici e letterari, a cui vanno aggiunti traduzione, diari, biografie, epistolari e narrazione in prosa nei quali si scorge il preludio di nuovi generi letterari come il romanzo e il giornalismo che fiorirono all'inizio del secolo seguente. 1. LA SCRITTURA REGALE Il Seicento inizia con l'ascesa di James I Stuart (1603), uomo di notevole cultura, ma ancora legato a credenze e a ideologie appartenenti al passato, ad una visione estremamente conservatrice dell'uomo e della funzione legale che renderà nota nel trattato politico The True Law of Free Monarchies che uscì anonimo nel 1598 e nel Basilikon Doron, pubblicato l'anno seguente, il sovrano ribadisce il diritto divino dei re. Secondo James I la stregoneria costituiva un problema estremamente serio in Europa: denunce, processi e torture erano all'ordine del giorno e pochi erano i dissenzienti che si sollevavano in difesa delle vittime innocenti destinate ad essere arse vive sui luoghi. Lo scopo del sovrano è convincere anche i più scettici dell'effettiva esistenza di maghi e streghe e della necessità di punirli in quanto strumenti di Satana. 2. EMPIRISMO E SPERIMENTALISMO Fra gli scritti di carattere filosofico-scientifico troviamo le opere di Francis Bacon (1561-1626), dove vengono poste le fondamenta della nuova scienza cioè di un metodo empirico che aiuti lo studioso a comprendere i fenomeni naturali, un metodo che deve fondarsi sullo studio del particolare per giungere ad una verità di carattere universale. Nell'epoca precedente la verità aveva una sola dimensione ovvero quella metafisica vista attraverso la lente della fede. La realtà fisica era sentita come fallace ed illusoria O addirittura demoniaca. In questo atteggiamento, Bacon vide unicamente l'arroganza e l'orgoglio dell'essere umano che teme di essere diminuito dal contatto con le piccole cose. Egli sostiene il diritto dell'uomo a considerare la natura come governata da leggi proprie che l'uomo ha il diritto di studiare in quanto creatura prediletta da Dio. Bacon respinge anche l'idea sostenuta dagli uomini del Medioevo secondo i quali coloro che indagano troppo la realtà fisica dell'universo possono essere indotti all'ateismo. Un empirismo e uno sperimentalismo di stampo baconiano è rintracciabile nelle opere di Thomas Browne (1605-1682), assieme ad un sentimento religioso che manca completamente in Bacon. Di Browne ricordiamo Pseudodaxia Epidemica (o Vulgar Errors) in cui si denunciano le nozioni errate e le superstizioni riguardanti i fenomeni naturali; e Religio Medici una esposizione della fede religiosa dello scrittore da cui emerge la sua convinzione che non può esistere alcun conflitto tra i doveri del medico e dello scienziato e quelli del credente. Tra i filosofi-scienziati occorre ricordare anche Thomas Hobbes (1588-1679) il cui pensiero materialista ed empirico si fonda sulla teoria del movimento che è il principio fondamentale della realtà costituita unicamente dai corpi. Nel Leviathan (1651) ops traccia un quadro spietato della società umana sintetizzata nel concetto "homo homini lupus", Per cui l'idea dello Stato che viene proposta è legata alla necessità di difendere l'uomo da se stesso, dalla violenza e dalla guerra che esso scatena. Nello Stato ideale descritto dal filosofo gli uomini hanno stipulato un patto reciproco con il quale ognuno rinuncio a soddisfare le proprie inclinazioni naturali e un gruppo di individui è chiamato a far rispettare quel contratto. Considerato un ateo e un fautore Dell'assolutismo, Hobbes non esercitò un ruolo decisivo nello sviluppo del pensiero politico inglese. Il grande filosofi del XVIII secolo fu Locke e Newton fu il maggiore scienziato. Il pensiero di John Locke (1632-1704) anticipa le idee fondamentali dell'Illuminismo. La sua opera più famosa fu Essay Concerning Human Understanding (1690) in cui espone le sue teorie sulla conoscenza che non è più basata sulle idee innate, ma sull'esperienza e sul dato sensoriale mai disgiunti da una dimostrazione logica. Nei Two Treaties of Government (1690) egli teorizza uno Stato non basato sul diritto divino, ma sul contratto fra il popolo e l'autorità il cui mandato può essere revocato in caso di inadempienza. Locke è considerato il padre del moderno pensiero liberale. 3. SCIENZA E DONNA: IL CASO DI MARGARET CAVENDISH Fra gli scritti di carattere filosofico-Scientifico vanno ricordati quelli di Margaret Cavendish (1623-1673) duchessa di Newcastle. La Cavendish aveva seguito la regina Henrietta Maria in Francia dopo l'assassinio del re Charles I dove conobbe il futuro marito e il filosofo la cui influenza sugli scritti della duchessa è palese. Margaret fu una delle primissime voci femminili nella cultura e nella letteratura inglese ma la decisione più rivoluzionario fu quella di pubblicare sotto il proprio nome tutte le sue numerose opere: i trattati di filosofia e di scienza, le lettere e i racconti, le poesie e le orazioni, la biografia del marito e la propria autobiografia e il romance The Blazing World, prima utopia fantascientifica scritta da una mano femminile. Ella fu anche la prima donna ad essere invitata dalla Royal Society fondata nel 1660 per assistere ad alcuni esperimenti scientifici. Margaret e scrisse una lettera Philosophical and Physical Opinions (1655) in cui, insofferente alle limitazioni imposte proprio sesso, difese il diritto della donna alla parità culturale con l'uomo. 4. SCIENZA, UTOPIA E ALTRI MONDI: LA LETTERATURA LUNARE Il grande interesse degli intellettuali e degli studiosi per le nuove straordinarie scoperte scientifiche infiammò l'immaginario gli scienziati scrittori dando vita a scritti in cui scienza e fantasia sono strettamente intrecciati. Il creatore della letteratura utopica inglese fu Thomas More (1478-1535), autore della famosa Utopia. Nella prima parte del Seicento possiamo inserire nel filone utopico-scientifico uno scritto di Francis Bacon, New Atlantis. È probabile che l'idea dell'isola di Bensalem gli fosse venuta leggendo le più famose utopia rinascimentale come l'opera di More e forse anche La città del sole di Tommaso Campanella (1623). Ma mentre in More e Campanella il motivo ispiratore è soprattutto morale e sociale, nella New Atlantis il tema centrale è quello del potere che deriva all'uomo dalla scienza fondata sullo studio della natura. Il topos privilegiato dei racconti utopici è l'isola che sta a significare un isolamento che preserva il luogo utopico da ogni possibile contaminazione con il resto del mondo. Se la poesia cinquecentesca è caratterizzata dalla tensione verso l'unità e l'armonia, entrare nel seicento significa fare esperienza di una poesia che privilegia la frammentazione e la dissonanza. Una delle maggiori e più influenti personalità dell'epoca è John Donne (1572-1631) che immette anche nella lirica amorosa più matura toni spregiudicati e irriverenti che gli derivano dai modelli latini. Nella raccolta Songs and Sonnets (pubblicata postuma nel 1633) di Donne si trovano anche composizioni che celebrano l'amore reciproco come esperienza di supremo valore. Anche se il titolo associa il canzoniere di Donne alla tradizione petrarchescamente e alla voga del sonetto, i Songs and Sonnets non si presentano come una raccolta di sonetti, ma come una collezione di poesie scritte in forme e metri diversi. Inoltre, queste composizioni d'amore non sono destinate ad una sola donna, né sono riconducibili a un soggetto unitario. Donne fu un instancabile sperimentatore e l'anticipatore in Inghilterra della corrente 'metafisica' (termine impiegato da John Dryden sinonimo di 'intellettualismo' e 'astruseria' e in tale accezione consacrato da Samuel Johnson). La poesia di Donne propone un modello nuovo di interpretazione del mondo, facendo leva sui contrasti e instaurando un collegamento costante fra gli oggetti dell'esperienza sensibile e il mondo dell'intelletto e della moralità: egli amalgama pensiero e sentimento trasformando l'uno nell'altro e viceversa cioè trascrivendo esperienze di vita e sentimenti nei termini astratti del linguaggio filosofico e teologico o traducendo concetti astratti in immagini emblematiche e oggetti concreti. Un altro tratto distintivo della poesia di Donne E l'immediatezza espressiva prodotta da un linguaggio colloquiale spesso calato in un'implicita la situazione drammatica. La sua poesia infatti è caratterizzata da una forte intensità emotiva e passionale che si combina a un'intelligenza attiva e analitica. Egli è sempre alla ricerca di una verità che scaturisca dall'esperienza, diffida dalle convenzioni sociali e dalle opinioni passivamente condivise affidandosi al wit (l'arguzia e il paradosso intellettuale). Le nuove scoperte in campo astronomico, provoca la crisi dei valori rinascimentali, perciò i rapporti fra gli uomini risultano destabilizzati e viene dimenticata ogni relazione e gerarchia ordinatrice: ciascuno arriva a sentirsi come un'entità a sé stante, indipendente e autonoma rispetto agli altri (viene esaltata la dimensione individuale). Nei componimenti amorosi di Donne (Songs and Sonnets) mancano le consuete celebrazioni della donna amata, mentre ciò che viene resa centrale è l'esperienza dell'amore. A parlare è un io libertino secondo il quale ogni donna è incostante e dunque si proclama a sua volta alla ricerca di tutte reclamando piena libertà d'azione. Nella sua raccolta egli reagisce e supera le convenzioni petrarchesche anche in un altro modo ovvero insistendo sul bisogno di reciprocità in amore. L'amore reciproco viene celebrato come stato di pienezza totale e perfezione assoluta. A differenza del pensiero neoplatonico secondo cui l'amante può ascendere all'amore spirituale solo rinnegando il corpo impuro, secondo Donne l'amore spirituale e trascendente è anche sessuale. Contemporaneo di Donne è Ben Jonson (1572-1637), drammaturgo e autore considerato il maggior poeta dell'età giacomiana. Johnson, a differenza del suo contemporaneo Donne, pratica una poesia ben diversa, infatti si rifà ai criteri di equilibrio, decoro, disciplina. Diversamente da Donne, John sonno si pone sulla scia dei classici latini e in particolare di Orazio, celebrando i valori della mediocritas E quelli connessi alla figura del poeta-vate, di cui aspira a ricoprire il ruolo civile e morale. Un'ulteriore differenza tra i due poeti è che Donne volle che i propri scritti fossero destinati in forma manoscritta a un gruppo ristretto di lettori, mentre il Johnson ne curò personalmente la pubblicazione scegliendo di dare alle stampe i suoi testi drammatici e le sue composizioni in versi. Johnson tratto poco il tema dell'amore preferendo mettere in scena le sue frustrazioni di amante piuttosto che i suoi ardori. Egli privilegio i temi sociali e civili che lo portarono a fare parodia di vizi e malcostumi del suo tempo, ritraendoli in tipi umani (cortigiani, usurai, poetastri e così via) di cui seppe cogliere i tratti salienti con versi lapidari e fulminei. Johnson scrive epigrammi, epistole (The Firest), satire, elegie, epitaffi (On My First Son), odi, tutti i generi che attestano la sua padronanza di un'ampia gamma di forme metriche e tonalità espressive. Si tratta di risultati che contribuiranno a rinnovare il panorama della lirica tardo-cinquecentesca, infatti l'esempio di Johnson diverrà un punto di riferimento decisivo per un numero di poeti di più giovane generazione, i quali, pur senza condividere il rigore etico del maestro, si riconosceranno suoi figli e ne riprenderanno parzialmente i modi e le tematiche. 2. POESIA RELIGIOSA E SECOLARE: GEORGE HERBERT E ROBERT HERRICK Tra il 1605 e il 1617 circa, Donne si cimentò anche in versi di carattere religioso con i miei e sonetti confluiti poi nei Divine Poems (1633 e 1635). Più memorabile e influente nel campo della poesia devozionale risulta la raccolta di George Herbert (1593-1633), The Temple che non presenta un filo narrativo, infatti a strutturarla è il gioco delle giustapposizioni e dei riflessi incrociati fra idee e stati d'animo indicativi a loro volta di un soggetto diviso, eternamente vittima dell'incostanza. Tutti i stati d'animo che Herbert concretizza in oggetti (principalmente arrivi o parti architettoniche della chiesa). Robert Herrick (1591-1674) è il poeta che più da vicino segue il modello jonsoniano. Nella Londra degli anni ‘20, Herrick entrò a far parte del cenacolo di Johnson, la 'Tribe of Ben' allora costituitasi. Herrick privilegiò la stagione primaverile, le gioie dell'amore, di svaghi e feste campestri. Tutti momenti festosi di cui il poeta sette cogliere la fugace gioia in lirica e leggiadre e per lo più brevi. Mentre Jonson è il poeta della satira e dell'encomio idealizzante, Herrick cantore di un edonismo (materialismo) lieve, ma consciamente vissuto. Nella sua celebrazione dei piaceri si è vista la volontà di sanzionare la politica dei re Stuart. Herrick manifesta un continuo bisogno di evadere nella gioia di un giorno di festa o in effimere avventure galanti un po' ovunque nella sua poesia svagata e superficiale. 3. DALL’ETÀ CAROLINA ALL’ETÀ DELLA RIVOLUZIONE (1640-1660): “POETI CAVALIERI” E “POETI RELIGIOSI” Negli anni '40, primo decennio dell'età della Rivoluzione (1640-1660), numerosi poeti passano dalla pratica della circolazione manoscritta alla pubblicazione dei loro versi. Si scelse di dare alle stampe anche testi già circolanti nel decennio precedente perché - erano diffusi solo fra gruppi ristretti di lettori di cui si è ipotizzato il disperdersi di queste stesse élites di lettori e di poeti dovuto ai dissesti della guerra civile; - ha influito l'intenzione di alimentare il grande pubblico il sentimento monarchico e anglicano (in tempi di contestazione prima della guerra civile e di sconfitta dopo) con la divulgazione di scritti di autori legati alla corte o votati alla causa del re e alla religione anglicana. Da ciò nasce l'appellativo di "Cavaliers" usata per indicare i gentiluomini di corte che difesero con le armi la causa della monarchia e che, in ambito letterario, è stata poi genericamente applicata ai poeti di parte monarchica, identificando in loro altrettanti "Sons of Ben": discepoli di colui il cui classicismo avrebbe fatto la loro scuola. A dimostrarlo è la triade dei Cavalier poets Per eccellenza, Thomas Carew (1595-1640), John Suckling (1608-1646), Richard Lovelace (1618-1658), tutti poeti cortigiani sui quali influì molto anche la poesia secolare di Donne, infatti nelle loro opere facevano uso del wit e della galanteria fondendoli. Predominante nella loro produzione è infatti il tema d'amore accostato maggiormente con mondano disinganno: non si lascia spazio al sentimento, si passa dalla frivolezza artificiosa alla ribalderia libertina o al franco erotismo spesso ostentando un materialismo cinico e disilluso che riduce tutto ad un gioco dissacratorio e puro passatempo. L'edonismo disinibito, che per Carew e Suckling non fu solo un tema letterario ma anche uno stile di vita, trova un correttivo severo nel ventennio rivoluzionario testimoniato da Lovelace, il più giovane dei tre Cavalier poets summenzionati, e il solo ad assistere alla caduta della monarchia. Anche nella produzione di Lovelace non mancano composizioni riconducibili al scetticismo. Più significative appaiono le sue più tarde poesie: nelle liriche che risalgono agli anni '40 ritrovano infatti valore i sentimenti dell'amicizia, dell'onore e dell'amore. Nuovi significati acquista anche il tema del 'ritiro campestre' che per i Calavier poets fu un modello di riferimento costante che inizialmente costituiva un luogo di eccessiva abbondanza e generosità per poi tramutarsi in una difensiva 'island mansion' fino a divenire solo uno spazio interiore in segno di devozione per la morte del re. Un altro poeta a risentire della prima guerra civile fu Henry Vaughan (1622-1695) Che abbandona l'attivismo politico e al termine della prima guerra civile (1642-1646) fa ritorno in Galles dove conosce la 'Regeneration' e pubblica l'opera Silex Scintillans (1650, 1655). L'avversione puritana per il rituale religioso aveva provocato la scomparsa letterale degli edifici destinati al culto, e per questo il più tardo poeta converte in tempio la natura e muove alla ricerca di Dio fra le sue creature. Dunque la sconfitta monarchica spinge l'anglicano Vaughan verso un misticismo che muove a ritroso verso un "prima" più vicino a Dio. Questa stessa crisi consegna all'esilio un altro importante coevo poeta religioso, Richard Crashaw (ca.1613-1649) che abbandonò l'Inghilterra nel 1643, e poco dopo anche la religione anglicana di cui era sacerdote, infine nel 1645, si convertì al cattolicesimo. I temi trattati nelle sue opere sono i santi come modelli di possibile eroismo spirituale. Diversamente dalla poesia introspettiva, sofferta ma sempre intellettualmente vigile, di Herbert o di Donne, Crashaw privilegia l'abbandono dinanzi a verità che, scavalcando l'io, non possono che essere registrate nel loro impatto emotivo: è così che troviamo un'esaltazione dei sensi e la musicalità dei versi e che competono con la musica nel produrre effetti di indubbia suggestione. 4. L’INTERREGNUM (1649-1660): ANDREW MARVELL E ABRAHAM COWLEY Il panorama poetico degli anni ’50 (età di Cromwell in Inghilterra e dell’esilio a Parigi della sopravvissuta corte degli Stuart) può essere sintetizzato attraverso due figure predominanti quali Andre Marvell (1621-1678) e il poeta monarchico Abraham Cowley (1618-1667). Marvell fu una personalità poetica di grande rilievo, testimone privilegiato del suo tempo. Conobbe di persona e frequentò i grandi eroi della Rivoluzione come Cromwell e il comandante dell’esercito parlamentare Fairfax. La sua ammirazione verso di loro è evidente nei componimenti, ma traspare anche uno spazio lasciato al partito avverso. A Cromwell, Marvell dedicò 3 odi, la più nota è l'Horatian Ode (1650) che celebra l’uomo e rievoca la memorable hour in cui il consolidamento del potere preso con le armi rese necessaria la decapitazione del re. Circa Lord Fairfax, della cui figlia Marvell fu precettore, è da ricordare almeno Upon Appleton House (1651), una lunga country- house poem che onora l’uomo e il suo casato dipingendone la dimora nello Yorkshire che mette in luce alcuni tratti salienti della scrittura sofisticata del suo autore. C'è in grande risalto il tema della natura, portato in primo piano dalla sensibilità di un poeta che ebbe un senso nuovo e personalissimo dell'ambiente naturale. Fondamentale il gioco del wit che si esercita in velocissimi mutamenti prospettici fino a far sconfinare nel simbolo il conceit. L'immaginazione di Marvell è essenzialmente metamorfica e alla concentrazione sul dettaglio su cui il poeta indugia si accompagna una percezione soggettiva eh rinvia a qualcosa di ulteriore. Nascono immagini che sono materializzazione di un’apprensione che trasfigura gli oggetti del mondo naturale in sostanza del pensiero. Cfr. stanza 47 di Appleton House, o The Garden dove lo stato di grazia che si ottiene dalla contemplazione del verde faccia ritrovare in sé e fuori di sé l'innocenza della condizione originaria. In Marvell confluiscono sia la poesia metafisica che quella classicista, unite da una pratica poetica che anticipa quelle moderne. Abraham Cowley (1618-1667): diversissimo da Marvell, già negli anni '40 scrive The Mistress, raccolta di liriche amorose composte a Parigi presso la corte in esilio di Henrietta Maria e, nel '56 scrive una raccolta di Poems che gli porta fama tra i contemporanei. Anche nelle sue opere c'è l'allusione al tema politico, per esempio nell'incompiuto “Davideis” dove la lotta tra Davide e Saul è metafora di lotte intestine. Con le odi pindariche da lui tradotte e imitate Cowley dà il meglio di sé. Alla forma metrica si rifaranno infatti poeti successivi ed è con tali composizioni che Cowley si afferma il cantore della modernità. La crisi del sapere registrata da Donne negli Anniversaires si trasforma con Cowley in un inno agli eroi del nascente spirito razionale e scientifico. In The History of Royal Society (1667) di Thomas Sprat è inclusa un’ode di Cowley in cui rende omaggio a Hobbes, Bacon e a Sprat, quest'ultimo fondatore dell’istituzione i cui membri promuoveranno la conoscenza scientifica. Di Sprat sono lodati anche il riformismo linguistico e la vocazione a depurare il sapere da antichi preconcetti. 5. JOHN MILTON (1608-1674) John Milton, grande paladino della Rivoluzione, compone Paradise Lost a 50 anni e nell'epoca della Restaurazione, viene subito riconosciuto come capolavoro (1667 e 1674 in versione definitiva). Diventerà capolavoro classico della letteratura nel '700 e Milton passerà dall'essere un fervente repubblicano a poeta ispirato. Inoltre i temi della ribellione e della disobbedienza affrontati nell'opera sono sicuramente ed indirettamente connessi alle vicende storiche che ne costituiscono il retroscena. La matrice culturale è più facile da individuare: appare come il frutto maturo della stagione umanistico-rinascimentale, i cui valori e ideali sono assunti, integrati e superati da quelli cristiani. Le sue fonti ispiratrici: Shakespeare e Spenser, Dante, Ariosto, Tasso, Omero, Virgilio, Ovidio e la Bibbia. Curò la sua formazione con la speranza di emulare quei grandi idoli. Milton crede nella formazione dell'individuo e nella letteratura come agente di formazione di una società. La sua produzione poetica è scandita in 2 periodi separati tra loro da ‘20 anni in cui Milton si attenne per lo più a scritti in prosa in cui commentava gli eventi (rivoluzione). Poems fu il suo volume giovanile, comprende testi di rilievo e anticipatori delle tematiche e tecniche della maturità (vari es. pag. 128). Amore del sapere e la pratica della virtù sorretta dalla fede sono principi- guida del severo itinerario che Milton seguì, all'insegna dell'idea di inscindibilità tra arte e vita. I passi autobiografici che sono presenti nei suoi testi testimoniano l'altissima tensione intellettuale e spirituale che animò Milton. 6. JOHN DRYDEN E L’ETÀ DELLA RESTAURAZIONE (1660-1700) Il panorama poetico dell'età della Restaurazione è dominato dalla figura di John Dryden (1631-1700), autore di composizioni celebrative e satiriche, traduttore e critico oltre che drammaturgo, infatti si assommano meglio le tendenze dominanti di questa età che non conosce la lirica e che mira all'impersonalità sul piano dello stile. Dryden perseguì, realizzò e tramandò l'equilibrio, il decoro e la disciplina artistica. Dryden non fu solo un poeta ma anche il teorico del nascente neo classicismo che nelle prestazioni e dediche che accompagnano i suoi lavori, disciplinò il campo delle lettere. Egli seppe interpretare i propri obblighi morali alla luce delle esigenze espressive del presente, facendo tesoro della ricchezza del passato, di quello classico e di quello nazionale: fu una passionato lettore degli antichi e in particolare dei latini, ma non fu fautore di un classicismo nostalgico, piuttosto rivitalizzò la lezione dei classici prendendoli a modello di quella correttezza e proprietà di linguaggio che sentiva indispensabili all'arte di un poeta moderno. Centrale in Dryden è il concetto di refinement. Egli recuperò e regolarizzò il decoro poetico degli ammirati predecessori (Chaucer, Spenser, Shakespeare e Jonson) il quale, per Dryden, rivestì molta importanza e dunque egli propone e persegue un ideale di separatezza degli stili. Importante per lui fu anche il principio del restraint invocato in difesa dell'heroic couplet (decasillabo a rima baciata), forma metrica di derivazione francese (per Dryden contarono molto anche i modelli offerti dalla contemporanea letteratura francese). Dryden tuttavia non si rappresentò come un innovatore. Gli anni '60 videro Dryden impegnato nella produzione di una poesia d'occasione densa di figure nobilitanti, tesa a celebrare la restaurazione della monarchia e il mutamenti storici e culturali favoriti dal ritorno della legalità. Dryden fu infatti profondamente devoto alla dinastia degli Stuart e intervenne ad interpretare la contemporaneità politica in funzione monarchica, tessendo con tatto abili paralleli fra essa e la storia sia pagana che biblica. Ad esempio: Great Fire È biblicamente letto come il giusto castigo inflitto da Dio a un popolo macchiatosi di ribellione contro l'autorità sovrana. Atto "Poeta Laureato" nel 1668 ma nel decennio successivo, dedito soprattutto al teatro, Dryden si occupò ben poco di poesia fino agli anni 80, periodo che vede l'esecuzione dei suoi capolavori, i componimenti satirici Absalom and Achitophel (1681), MacFlecknoe (1682) e The Medal (1682). Depurato da ogni ridondanza, lo stile aulico dei panegirici degli anni 60 viene ora impiegato per il ridere e punire. Nel primo poema l'autore adombra vicende dell'epoca rispetto a quelle bibliche che pretende di narrare (ciò è dovuto all'influenza esercitata dal Paradise Lost). Inoltre vengono equiparati eventi terreni dell'epoca con eventi riguardanti il paradiso in modo ironico, a conferma della tesi dell'attrazione verso l'antico, propria del neoclassicismo fu anche la consapevolezza della distanza tra la trascorsa età degli eroi e quella moderna. Infatti lo splendore dell'invenzione, l'incisività e la ricchezza del lessico, il ritmo e le rime imposte dall'heroic couplet sono posti a servizio della ricostruzione di una vicenda la cui prosaica anti-eroicità emerge nitidamente dal contrasto e attivando il procedimento inverso, cioè la nobilitazione che tutta la vicenda raccontata intenzionalmente acquista. Il clima razionalistico, le non spente e passioni e animosità politiche, il neoclassicismo letterario, la stessa dissolutezza dei costumi della corte e del re Charles II indirizzano la poesia della Restaurazione soprattutto verso la satira. Ad esempio John Wilmot, conte di Rochester (1647-1680) condivide e accentua il pessimismo di Hobbes, esprimendo il conflitto tra la ragione e la natura istintuale dell'uomo, rendendo quest'ultima ancor più perversa. Di qui l'edonismo nichilista che alimenta la sua poesia mai pubblicata in vita, ma che vide le stampe nell'anno della sua morte. LA POESIA FEMMINILE IN INGHILTERRA TRA ‘500 E ‘600 1. ESISTE UN RINASCIMENTO DELLA POESIA DELLE DONNE? Il modello da perseguire per la donna rinascimentale bien-élevée, era quello del silenzio e dell'obbedienza: nascondere la propria personalità, e abbassare lo sguardo davanti a chiunque. Tuttavia nell'Inghilterra del tardo Cinquecento e del Seicento, la poesia femminile ebbe una sua peculiare fioritura le cui manifestazioni riguardavano sia la sfera sociale dell'alta borghesia e dell'aristocrazia sia le classi medio-basse e, almeno nel periodo elisabettiano, proprio il trono: Elizabeth I (1533-1603) aveva ereditato dal padre un talento per la versificazione oltre a un'eccezionale intelligenza e compose molte poesie in inglese, latino e IL ROMANZO DEL SETTECENTO 1. NARRARE IL QUOTIDIANO La letteratura del Settecento si presenta sotto forma di periodici, lettere, diari, notizie, relazioni di viaggi, autobiografie spirituali ecc. come frutto della coincidenza di fattori socio-economici e culturali. In tutte queste forme di letteratura “minore” è evidente l’interesse per la quotidianità di gente qualsiasi in situazioni riconoscibili come realistiche. Da questo interesse si sviluppa la forma del romanzo attraverso tentativi diversi ma con una caratteristica in comune: la distanza dalle forme di scrittura in prosa, conosciute all’epoca come romance, dominate da personaggi alti, idealizzati o allegorici alle prese con avventure fantastiche destinate ad un pubblico di lettori acculturato e socialmente adeguato. La storia presentata nel novel invece deve essere riconosciuta credibile e plausibile e perciò viene preceduta da un’avvertenza in cui l’autore spiega come è venuto in possesso di un manoscritto e garantisce la veridicità degli eventi che va a raccontare. Con questo escamotage (menzogna tipica della fiction) l’autore previene censure e invita il lettore ad identificarsi nelle situazioni e nei personaggi narrati. Il progressivo allargamento dell’audience tramite l’accesso ai libri di fasce meno colte grazie ai prestiti delle circulating libraries (sistema esistente dagli anni ’40) implica: - un accorpamento dei lettori in comunità ideali capaci di condividere valori e conoscenze - limitare le tematiche letterarie entro i confini di semplice ed interessata ricettività al di fuori della tradizione della cultura alta. Nel romanzo gli autori rappresentano comportamenti e situazioni di adeguamento sociale. Il tema fondante il novel invece è la ricerca della sopravvivenza e di un ruolo appropriato e gradevole nella società da parte dell’eroe. Ciò talvolta implica una quest (ricerca) per individuare la propria origine (famiglia, status) o il matrimonio giusto (i due indicatori sociali essenziali nella modernità). Mentre l’eroe è costretto a percorrere tutta la scala sociale per raggiungere l’agognato status, l’ordine cronologico e casuale del racconto ne mima il progresso con totale coincidenza di intreccio e forma del discorso. La forma prescelta nella prima fase di sviluppo del romanzo è la narrazione in prima persona (Daniel Defoe 1660-1731 e Samuel Richardson 1689-1761). Henry Fielding (1707-1754) introdurrà invece la narrazione in terza persona con narratore onnisciente. REALISMO Il realismo ci dà l’illusione, l’effetto di reale. Lennard Davis afferma che il termine “realism” non fu usato in inglese fino alla metà del 1800, e non c’era nessuna parola simile che potesse descrivere questo concetto prima di quel periodo, però afferma che esisteva un modo di alludere a tale tecnica. Richardson infatti parla in una lettera di “rappresentare la vita reale”. In questo senso il novel nasce con una contraddizione interna che porta Davis a coniare l’espressione di “factual fiction” per definire un testo che cerca di coprire la propria “fictionality” affrontando vicende plausibili, razionali, o fingendo di averle raccolte dai protagonisti stessi. Il genere secondo Davis è caratterizzato da “ansia di veridicità” che ne caratterizza il discorso. Che va inteso nel senso di “social discourse” in quanto la letteratura è un discorso definito e controllato dalle istituzioni sociali, prodotto dalla società e dunque strumento per la formazione e legittimazione delle forze e delle istituzioni economiche. In tal senso Davis vede il sorgere del novel parallelo a quello delle news. I due discorsi si distinguono tra loro solo in base alla necessità di regolamentare la veridicità delle notizie giornalistiche: da un lato abbiamo i facts, dall’altro la fiction che elaborò un modo obliquo di alludere alla realtà per sfuggire alle censure, raffigurandone gli aspetti e i protagonisti in modo fittizio. 2. IL RUOLO DEL LETTORE Nel Settecento emerge lo scrittore di professione , cioè quello che vive della sua penna, dunque il lettore non diviene altro che il compratore. Dai testi inoltre scompaiono le lettere ai mecenati e proliferano le Prefaces e Introductions, ovvero metadiscorsi che chiamano in causa il lettore e se ne accaparrano l’interesse. Nel numero 420 dello Spectator (1712) da alcuni interventi di Joseph Addison (1672-1719) e di Samuel Johnson (1709-1784), che si protraggono da inizio a metà secolo, deduciamo una serie di osservazioni sul genere della novel: • La discussione si svolge dalle pagine di giornali a vasta diffusione • L’assenza del termine novel da entrambi i testi che parlano espressamente del genere • L’attenzione al processo della ricezione del testo, quindi al lettore più che al testo stesso. La verità poetica infatti secondo Addison non è attribuito alle cose ma alla percezione di esse. La seduzione del testo va creata dagli autori in base alle nuove condizioni di fruizione: il pubblico è vasto e diversificato, e fra di loro le donne sono in numero sempre crescente; il modo della letteratura sta cambiando per farsi privato, silenzioso, individuale. Henry Fielding introdurrà la figura del narratore onnisciente. Egli abbandona ogni presunzione di realtà del romanzo e si assume in pieno la responsabilità della storia come invenzione in quanto autore. Neanche egli parla di novel ma di history perché riteneva che il racconto storico fosse in posizione di netta superiorità rispetto al racconto di finzione. 3. ROMANCE/NOVEL Nel Settecento perciò nasce un problema terminologico per quanto riguarda il romance, il novel, e le histories. Il termine novel, oggi in uso, esisteva nella lingua inglese sotto forma di aggettivo (col significato di “nuovo”) e di sostantivo plurale (news “notizia”), anche nell’accezione di “novella italiana” dall’inizio del Seicento. L’area semantica era in ogni caso quella della novità. Richardson e Fielding rappresentano dunque due tradizioni distinte della fiction inglese: • Da Richardson, di estrazione middle-class, deriva il romanzo di introspezione e di scavo psicologico e l’uso dello stile epistolare per una finzione confessionale in grado di giustificare le scelte morali individuali. • Da Fielding, membro della gentry (piccola nobiltà di campagna. Essa era costituita dai grandi e dai piccoli proprietari terrieri e dai piccoli ereditieri, detti gentlemen), magistrato di professione, deriva la tradizione di uno stile arguto e l’ironia della commedia sociale, che lascia la scelta morale ai semplici contrasti tra istinto naturale ed ipocrisia, bontà d’animo e astuzia. La vera genialità di Fielding sta nella gestione del plot. In tutti gli autori si individua la tensione verso una rappresentazione dell’esperienza umana nell’ottica dell’individuo e del suo confrontarsi con il mondo. Ecco dunque: • personaggi credibili e riconoscibili • luoghi e situazioni identificabili o immaginabili • sviluppo secondo un arco temporale che si può testare storicamente L’interesse per il documento e il dettaglio e la dinamica narrativa legata al tempo del racconto avvicinano la scrittura della fiction a quella della storia in senso moderno: • se il romance poteva ancora parlare alla nobiltà e ai suoi modelli comportamentali • il novel apre alla diffusione di idee e comportamenti e valori quanto i saggi periodici del giornalismo. Emarginando il meraviglioso, l’illusione, e l’incredibile in funzione di una messa a fuoco del probabile, il novel incarna anche le implicazioni positive di credibilità e contemporaneità. Clara Reeve (1729-1807), autrice di romanzi gotici, nel 1785 evidenzierà questa contrapposizione nel suo ed unico primo vero trattato sulla fiction in inglese “The Progress of Romance through Times, Countries and Manners”. In esso la Reeve distingue vecchie e nuove forme: • il romance: descrizione fantastica di cose mai successe nella realtà • il novel: rappresentazione del quotidiano e della gente comune. (Col termine “real” sembra che l’autrice voglia enfatizzare “the lower social rank of characters”. Inoltre Reeve ritiene che “il novel” dia un rapporto familiare di queste cose come se passassero ogni giorno sotto i nostri occhi, così come può accadere ai nostri amici o a noi stessi”). La prima metà del ‘600 è caratterizzata da approcci diversificati alla narrativa infatti il genere prende da subito una varietà di forme le cui differenze vengono esplicitate al fine di attrarre il lettore alla lettura. Si va così dalle biografie esemplari di personaggi comuni narrate in forma autobiografica (es: “Robinson Crusoe” di Defoe) o epistolare (“Pamela e Clarissa” di Richardson) a piccanti storie segrete. 4. ROBINSON E LA SUA PROGENIE Robinson viene indicato come il punto iniziale del romanzo moderno. Robinson incarna, così come il suo autore, peculiarità epocali e una complessa dialettica tra realtà e finzione, nonché un’assenza totale dell’amore e della sessualità (che avevano dominato il romance) sostituiti da problematiche di obbedienza e controllo dell’altro e della materialità del mondo. Defoe presenta un personaggio appartenente alla middle-class che usando l’abilità e la cultura e il materiale recuperato dal naufragio trasforma la propria disgrazia in occasione di proficuo progresso, glorificando allo stesso tempo la tecnologia europea. Se il suo isolamento viene presentato come la giusta punizione per la sua arroganza spirituale e inquietudine esistenziale, il suo successo finale (metafora della fase iniziale del colonialismo europeo) gli concede la compagnia di servo/compagno cui impone nome e cultura e la possibilità del ritorno alla civiltà. In Robinson il legame con il mondo materiale è quasi erotico infatti è presente un’ossessiva descrizione degli oggetti. La produzione romanzesca di Defoe costituisce una summa di fantasie di sopravvivenza, di avventure eroiche di mobilità sociale che carica di enorme importanza la figura di eroi middle-class solitari di cui si descrive il milieu e che immette in un mondo di rischi, di avventura ben familiare al pubblico dei lettori, sottolineando la necessità del “fai da te” finanziario ed esistenziale. Il romanzo del Settecento si appropria dell’interazione tra reale ed immaginario e si appropria del viaggio per trasformarlo in spazio avventuroso. L’incrocio dà vita a quello che Davis chiama “factual fiction” (vedi *REALISMO) ovvero ibrido fattuale, ibrido letterario capace di coniugare la realtà con la fantasia, di occultare l’artificiosità sotto la forma della vita vissuta e giustificare così l’invenzione spacciata per realtà. Gran parte della scrittura di fiction del Settecento si fonda sul desiderio/necessità di migliorare a livello personale attraverso prove e di proclamare l’unicità e esemplarità del soggetto. Quando questa unicità del soggetto non è presente Defoe esplora il rapporto del suo secolo col denaro e con le relazioni di gender, anzi Defoe (“Roxana, or the fortunate mistress”) invita a collegare sessualità ed indipendenza economica in un contesto sociale che offre alle donne solo la massima precarietà. La donna è al centro dell’attenzione anche di Richardson (“Pamela”), romanziere e stampatore di professione, che indica il comportamento morale da seguire e la prudenza e il controllo delle passioni con la ragione. La grande novità stilistica di Richardson è la scrittura delle lettere da parte dei personaggi nel momento in cui si svolgono gli avvenimenti della storia che sarà ripresa in Europa da Goethe, Rousseau e contribuirà ad incoraggiare ad una maggiore attenzione ai sentimenti e all’espressione delle emozioni. 5. UOMINI DI SENTIMENTO In Gran Bretagna il sentimento ebbe un grande successo grazie a Richardson e la fortuna di “A Sentimental Journey” (1768) di Laurence Sterne (1713-1768). L’utilizzo del termine “sentimental” nell’accezione attuale venne inaugurato da Sterne proprio con questo libro di viaggio: precedentemente il termine significava l’opposto ovvero l’affermazione di opinione e verità. Poi il suo significato viene accordato alla percezione emotiva anche grazie alla filosofia del “senso morale” di Shaftesbury sviluppata nell’illuminismo degli anni Cinquanta: questa filosofia era basata sulla certezza di un senso morale innato. Questa dottrina grazie alla narrativa riuscì a diffondersi con facilità. Lo dimostrano le pubblicazioni a puntate sul Sentimental Magazine (1773-1777) e una parte importante della scrittura femminilesi deve a: • Sara Fielding (1710-1768) con “The Adventure of David Simple” (1744-1753) • l’introduzione nel mondo del romanzo inglese della figura dell’uomo sensibile che diventerà l’eroe prediletto della fiction degli anni Settanta. La concentrazione sui dolori di una élite apparve come una colpevole messa in ombra dei problemi reali (dei contadini espropriati dalle enclosures, dei lavoratori della nascente industria, degli schiavi deportati). Intorno alla metà del secolo nacquero molti movimenti filantropici accanto alla fondazione delle leghe contro la schiavitù e alla fondazione di istituzioni a difesa dei più infelici costituite attraverso sottoscrizioni pubbliche. 6. L’ASCESA DELLA DONNA SCRITTRICE Solo i recensori degli anni Sessanta del Settecento tendevano a riconoscere il monopolio delle donne nel campo della nuova scrittura. Il tema dell’eroina in formazione fece del testo della Heywood uno dei tre best seller del tempo insieme a “Robinson” e a “Gulliver’s Travels”, prima della pubblicazione di “Pamela”. Incoraggiate dai colleghi uomini (Richardson, Fielding e Johnson) le donne scrittrici erano sostenute da una rete di comunità informali di reciproco supporto che si reggevano sull’intenso scambio epistolare (es: le Bluestocking comunità virtuali e reali di donne). Sara Fielding, Charlotte Lennox (1729/30-1804) e Frances Burney (1752-1840) conquistarono una notevole fetta di mercato. Autrici di “roman a clef” (romanzo a chiave: descrive vita reale nascosta dietro una facciata di finzione) sugli scandali della società del tempo, contribuirono a creare lo stereotipo della donna scrittrice immorale. La fine del mecenatismo contribuì anche a rendere più netta la distinzione tra le dame aristocratiche che si dedicavano alla scrittura come passatempo e le donne che facevano commercio del proprio ingegno. Nel 1929 Virginia Wolf individua un cambiamento epocale avvenuto verso la fine del Seicento: la nascita della donna scrittrice capace di mantenersi da sé. Eppure sino alla metà del XX secolo solo Frances Burney poteva trovare spazio in una trattazione del romanzo inglese del Settecento, ovvero nella forma del “novel of manners” che sta ad indicare il romanzo di costume. La Burney porta al centro della scrittura la necessità dell’educazione alla vita e la formazione del carattere in una sorta di Bildungsroman al femminile. LA STAMPA PERIODICA E ALTRA PROSA I mutamenti economici, politici e sociali e il progressivo miglioramento delle condizioni igieniche generali favoriscono un incremento demografico che giovò all’attuazione di rivoluzioni industriale e agricola. Nel corso del secolo si verificò anche l’alfabetizzazione delle classi emergenti di mercanti, professionisti e gentry (piccola nobiltà), grazie anche alle charity schools, che garantì nuovi potenziali lettori. A questi si aggiunsero un pubblico di donne lettrici che ebbero più tempo libero grazie ai prodotti della nascente industria di massa che semplificarono la gestione quotidiana della casa. IL MERCATO LIBRARIO Con “mercato librario” si indica la nascita del commercio dei libri, la progressiva trasformazione della carta stampa da oggetto di lusso a oggetto di mercato e, soprattutto, la nascita di una print culture che segna la graduale scomparsa della circolazione delle opere scritte a mano e la nascita della figura dello scrittore di professione che scrive e pubblica per vivere. L’espressione “Grub Street” indica il mondo sotterraneo di scrittori prezzolati in balia del mercato , spesso vittime sfruttate. Fino agli anni Ottanta circa, le cooperative dei librai londinesi (London Congers) costruirono una sorta di monopolio che difendeva la proprietà letteraria ma imponeva anche prezzi esorbitanti ai volumi. Perciò dagli anni Quaranta esisteva il sistema delle biblioteche circolanti che serviva a compensare il costo proibitivo della lettura. 1. I GIORNALI L’abrogazione del Licensing Act (1662-1695) segnò l’eliminazione della censura e dunque il vero inizio della libertà di stampa. Tuttavia aumentò la tassa sui giornali istituita nel 1712 che rese i costi molto alti e quindi ridusse la circolazione dei periodici. Nonostante ciò dal n.10 dello “Spectator” di Joseph Addison si ebbe un aumento di lettori per il successo che ebbe negli anni in cui uscì (1711-1712 e 1714) e per l’influsso che esercitò sulla stampa periodica italiana dell’Illuminismo (in particolare sul Negli anni ‘40 questa idea di poesia sublime è capace di mobilitare le energie politiche. Il compito della poesia non può essere solo quello di istruire e di dilettare ma occorre anche che essa agisca ben più in profondità suscitando emozioni. L’opera di maggiore successo anche a livello europeo e che meglio mette in evidenza questa urgenza di cambiamento è il poema di Edward Young (1742-1745) “The Complaint: or Night Thoughts on Life, Death, & Immortality” (1742-1745). Con esso Young, al contrario di Pope, sceglie la dimensione del trascendente e, ancora in polemica con Pope, sceglie il blank verse. Il poema di Young, suddiviso in nove parti intitolate “Notti”, è una lunghissima meditazione sulla morte cristianamente intesa come inizio della vera vita. In questo poema la “notte” non è altro che un simbolo della morte e del lutto del poeta: la tenebra che avvolge l’io poetante intende richiamare un’idea di poesia posta al servizio non dell’imitazione ma della visione che dischiude all’io poetico la dimensione dell’ultraterreno. Nessuno più di Edward Young fu ossessionato dalla psicologia dell’infinito. La nota più caratteristica della poesia di Young è il sublime stupore suscitato da quell’infinitezza con cui si cimenta. Egli ama la vertigine, lo slancio. Anziché il sensibile, Young sceglie l’intangibile, invece del limitato, l’infinito, più del tempo lo spazio in cui si rinascerà a nuova vita. Dinnanzi a questo spazio smisurato, da intendere come proiezione del futuro o più modernamente come territorio interiore, cambia anche l’espressione linguistica che si presenta enfatica, declamatoria e sovraccarica di interiezioni prorompendo incontrollata sotto la spinta di emozioni che necessariamente sopraffanno il dominio della razionalità. Nei “Night Thoughts” si trovano elementi comuni alla poesia di questi anni: • La solitudine del poeta che si dipinge come man apart in dissidio con l’esistente; • La coltivazione di stati d’animo tristi o dolorosi che tuttavia portano con sé i “piaceri” spirituali della malinconia • Il discorso enfatico, inteso a trascrivere il prorompere di emozioni incontenibili suscitate da spettacoli maestosi offerti dalla natura incontaminata, opera e manifestazione di Dio • L’aspirazione ad una visionarietà che spezza gli stretti confini del reale empirico per scoprire o riscoprire territori (dell’io o dell’esistente) ignoti o a lungo ignorati. Ciò che passa in primo piano è l’immaginazione, facoltà produttrice di immagini e dunque di visioni ora non più equiparate ad assurde fantasticherie. L’idea della visione si offre e si sottrae al poeta. Diversamente dall’ode classica o neoclassica l’ode preromantica dà voce ad un’esperienza soggettiva: dà voce alla visione del poeta, al suo sentire, alla sua interiorità, quell’ispirazione che secondo Collins è negata al poeta moderno. Infatti sia Collins che Gray fu tra i primi a subire il fascino delle culture primitive. • Il primitivismo e la concomitante riscoperta del Medioevo, fenomeni culturali che si registrano a partire dagli anni ’50, ebbero importanti influenze sulla poesia. • A partire dagli anni ‘60 si assiste alla produzione di veri o presunti “falsi” (forgeries = falsificazioni), ovvero iniziative che, apparentemente si dedicavano alla riscoperta del passato e dei suoi manoscritti dimenticati, ma che in realtà miravano a reinventare il passato, tenendo conto delle esigenze del presente. Tratto comune di questi lavori di straordinario successo è l’ibridismo cioè il loro essere in bilico tra “riscoperta” e “invenzione”. • A fronte di tanta irrequietezza, il panorama poetico dagli anni ’70 al 1785 presenta un abbassamento di tono che, da solenne o scomposto, diventa umile e familiare: c’è un ritorno alla realtà contemporanea, accompagnato dalla ripresa del tema sociale. Quindi fa ritorno non solo il couplet che però questa volta stempera il rimpianto del poeta e ingentilisce la scena evocata; il villaggio viene spopolato dalla sete di guadagno dei grandi proprietari terrieri e dalla loro indifferenza per la comunità rurale. Dunque per tracciare una real picture of the poor occorre ritrarre stenti, abbruttimenti, copri piegati dal lavoro. William Cowper è il poeta maggiore dell’età preromantica; egli mette a punto un “familiar style” che gli consente di usare il blank verse per parlare il linguaggio della prosa senza essere prosaico (noioso, banale). IL TEATRO DEL SETTECENTO FINO AL 1785 1. PREMESSA Fino alla fine del Settecento l’insegnamento, l’esempio morale risiede con frequenza maggiore nell’espressione dell’emozione a cui si attribuisce un duplice valore – didascalico e intrinseco – e che diventa la base della produzione dell’intero secolo. L’affermazione dell’etica borghese comporta il rifiuto di quei valori aristocratici che avevano caratterizzato il secolo precedente. La trasformazione dialettica delle convenzioni di genere investe la rappresentazione delle relazioni di classe. 2. IL REPERTORIO Una Talia confusa: la commedia morale e la commedia sentimentale A seguito dell’editto parlamentare, il Licensing Act (1737), abbattutosi sulle scene inglesi per volontà del primo ministro Robert Walpole (1676-1745), venne ad imporsi un nuovo tipo di commedia, la commedia morale, commedia apolitica e del tutto priva di allusioni pungenti contro l’autorità costituita oppure le convenzioni morali e sociali dominanti. Questa nuova tipologia del comico si dedicava alla descrizione del sentimento nella sfera delle relazioni umane in cui il vizio viene punito e la virtù trionfa. I personaggi dai costumi distinti e dalla moralità non impeccabile vengono giudicati con occhio critico dal pubblico settecentesco. Esso rimane sempre disposto alla clemenza di fronte alla constatazione che i peccati sono ampiamente compensati da una salda moralità di fondo. La trama economica che caratterizza gran parte della produzione leggera della Restaurazione (1660-1702) è trasformata in un intreccio sentimentale al termine del quale si retribuisce il sincero amore dei giovani amanti, mentre l’avidità e l’ipocrisia dei loro parenti vengono messe alla berlina e punite. Adesso è solo per libera scelta d’amore e non tanto per obbligo filiale che i giovani innamorati si uniscono in matrimonio (commedia sentimentale). Il commediografo dell’epoca georgiana, portavoce di quella riforma di costumi che si era venuta ad imporre nella società inglese fin dall’inizio del secolo, trasporta sulla scena leggera trame costruite intorno ai criteri di serietà, rispettabilità e rigore morale introdotti dalla Society for The Reformation of Manners (attiva a Londra dal 1691). Il suo scopo era quello di far scaturire il sorriso, la commozione educativa e la compartecipazione umana; questo tipo di commedia prende il nome di genteel comedy, dai toni sentimentali e moralistici. Questo processo di moralizzazione del comico ha il risultato di far mutare radicalmente anche i lineamenti della gay couple intorno alla quale ruota la vicenda comico-seriosa: essa è composta da un innamorato e un’eroina e da un secondo intreccio di compensazione, affidato a personaggi secondari a cui viene affidata la vis comica (forza comica). Melpomene si fa borghese: il dramma georgiano – Grazie alla domesticizzazione del dramma storico e politico (frutto dello smantellamento dei valori della tragedia eroica della Restaurazione) si ebbe la nascita della tragedia borghese di ambito domestico (dramma georgiano), i cui personaggi medi e vicende private, capaci di risvegliare l’ammirazione e la pietà del pubblico, anticiparono, (come già preannunciato nel caso del dramma barocco) l’affermazione del romanzo. Importante è il valore interiore dell’individuo, riconosciuto come indipendente dallo status sociale. Questa constatazione, determinata dai precetti della filosofia morale contemporanea, permise l’elevazione del personaggio umile a soggetto delle azioni tragiche di stampo elevato (che la precettistica aristotelica aveva riservato esclusivamente ai nobili e agli eroi). La necessità didattica tipizza i personaggi dei drammi settecenteschi rimandando non soltanto a professioni o condizioni sociali rivalutate nel panorama economico nazionale ma spesso con evidenti implicazioni simboliche anche a qualità morali, virtù e vizi. All’argomento medio e ai personaggi comuni corrisponde un linguaggio efficace e immediato. A livello stilistico la nuova poesia domestica fu accompagnata dall’abbandono del metro poetico (i distici eroici o il verso libero) tipico del dramma barocco, adesso sostituito dalla prosa. Anche la commedia politica assume sempre più i toni della she-tragedy: come già nel dramma borghese, il personaggio nobile viene rappresentato nella sua dimensione di individuo privato. Quando il fulcro tragico è incarnato da una figura femminile, essa viene sacrificata alla ragion di stato, da cui viene schiacciata. 3. LA POETICA DELL’IBRIDISMO Al prezzo di un unico biglietto il pubblico settecentesco poteva fruire di un vero e proprio pacchetto composto da molteplici segmenti di spettacolo conosciuti con i nomi di mainpiece, entr’acte e afterpiece in base alla loro lunghezza che ne decretava la loro posizione in scaletta. Ad essi si andavano ad aggiungere vari numeri di puro intrattenimento musicale o di ballo e canto. Ciascuna delle porzioni del ‘whole show’ era caratterizzata da forte ibridismo e commistioni di genere, da citazioni e interpolazioni, in una combinazione poliforme e continuamente rinnovata paragonabile ad un palinsesto televisivo odierno. 4. IL TEATRO POPOLARE Il teatro del Settecento è caratterizzato da una ricca tradizione di intrattenimento popolare e di strada pubblicata sotto forma di chapbooks e almanacchi a basso costo. All’inizio del secolo l’argomento principale di questa produzione teatrale di margine erano le gesta di criminali, con il passare degli anni crebbe il successo delle trame fantastiche o mitologiche degli spettacoli di pantomima, un genere ibrido di argomento popolare (rappresentazione scenica muta affidata ai gesti e alla danza). I palchi mobili (booths) ospitavano gli spettacoli di marionette, le esibizioni di acrobati e la fisicità incontenibile, dissacrante e spesso violenta delle farse. Questa tipologia di spettacolo di strada venne adottata dai teatri legittimi che la riproposero con forme culturalmente più rispettabili nei popolari afterpieces con cui si concludeva la serata a teatro. 5. L’EVOLUZIONE DELLO SPETTACOLO E LA NASCITA DEL DRAMMA GOTICO La crescente popolarità delle pantomime riflette l’aumento della componente spettacolare della messinscena caratterizzata non solo dall’elaborazione delle scenografie, ma anche da quella della musica, dei costumi, dell’effettistica ecc. D’altra parte le più vaste dimensioni dei teatri necessitavano di uno stile recitativo maggiormente dipendente dal colpo d’occhio e dalla magnificenza scenografica. L’attore adesso non si muoveva davanti ad una scena prospettiva ma nella scena stessa, cioè all’interno di essa. La commistione di fine secolo tra la spettacolarità degli unpatented theatres e i temi e le forme del teatro alto divenne particolarmente evidente nei drammi a carattere storico, che si prestavano a magnifiche rappresentazioni scenografiche ambientate in interni o esterni elaboratissimi. Si diffonde la passione per l’antiquariato, che coniugata con la ricerca dell’effetto scenografico trovò piena attuazione nei popolarissimi spettacoli gotici di fine secolo. Con il dramma gotico la distinzione tra teatro alto della “parola” e quello basso e corporeo del “gesto” divenne sempre più vaga e inconsistente. IL TEATRO AL GUINZAGLIO: DAL PREGIUDIZIO DEI MORALISTI ALLA CENSURA POLITICA. Le motivazioni principali dietro al Licensing Act del 1737 sono due: - nasce dal pregiudizio antiteatrale dei puritani, avversi alle rappresentazioni drammatiche in quanto ostentazione impura e di imitazione della realtà: la commedia della Restaurazione era considerata blasfema nel linguaggio, scandalosa nei temi e sobillatrice al vizio. - legata alla fase storica della vita dell’ufficio di Robert Walpole (1676-1745), primo ministro di George II. Il conflitto ideologico tra i riformisti e i politici sfociò in un editto parlamentare ovvero il Theatratical Licensing Act approvato nel 1737: l’autorizzazione ad andare in scena limitò il numero di teatri a cui era permesso operare sul territorio londinese; venne vietato ogni riferimento a eventi potenzialmente rivoluzionari o a personaggi importanti; vennero banditi volgarità, riferimenti sessuali e rimandi religiosi. Si preferì mettere in scena opere vecchie con un consenso consolidato, piuttosto che lavori nuovi. Il teatro inglese ne risultò soffocato e mutilato quasi fino al 1968, anno in cui la censura teatrale fu definitivamente revocata. IL ROMANTICISMO INTRODUZIONE È più idoneo definire il Romanticismo letterario della Gran Bretagna come un momento di intersezione tra diversi nuovi modi di scrittura e gli elementi ancora vitali della letteratura e delle arti del passato. Storicamente il periodo è caratterizzato da cambiamenti radicali. La Rivoluzione industriale scaturisce dalle scoperte tecnologiche e trae forza dalla rivoluzione agricola e dall’esplosione demografica del Settecento. La stessa Rivoluzione francese del 1789 è percepita e discussa in Gran Bretagna in stretta relazione con la guerra civile inglese (culminata con la decapitazione di Charles I nel 1649) e con la Glorious Revolution (1688-1689) nonché come una filiazione della guerra d’indipendenza delle colonie americane (1775-1783). ▲ A livello letterario sono molte le linee di continuità con il secolo scorso. L’estetica neoclassica raccoglie ancora ampi consensi e molte sono le tracce di questo suo influsso prolungato in campo letterario. Anche il romanzo affonda le radici nel modello settecentesco. Infine il medievalismo di Walter Scott ha le sue radici nelle teorie storiografiche e nelle rivalutazioni storiche dell’Illuminismo scozzese, così come la riscoperta delle letterature antiche o esotiche è il prodotto della curiosità e del cosmopolitismo tipici del pensiero illuminista. Si può dire in definitiva che l’eclettismo è la caratteristica distintiva del Romanticismo in Gran Bretagna, dove alle forme di continuità con il passato, vengono ad aggiungersi elementi di profonda innovazione. ▲ A livello ideologico emerge una nuova concezione dell’identità individuale fondata su un sé autocosciente e autonomo, nonché un’idea complessa di identità nazionale. Nel contempo si fanno sempre più pressanti le istanze liberali (proto- femminismo di fine ‘700, i movimenti di rivendicazione dei diritti dei non anglicani, il riformismo politico ed istituzionale e l’abolizionismo). Il periodo romantico registra importanti conquiste come l’abolizione del commercio di schiavi nel 1807, l’emancipazione dei cattolici nel 1829, la riforma del sistema elettorale (Great Reform Act) nel 1832 e l’abolizione della schiavitù nel 1833. ▲ Nell’ambito della produzione culturale si ha l’ampliamento del mercato dei libri e del pubblico dei lettori così come si assiste all’emergere della figura del letterato di professione indipendente dal mecenatismo privato. La figura dello scrittore tuttavia sempre più un ruolo marginale rispetto ai grandi dibattiti della sfera pubblica. Elementi chiave di questa nuova estetica, sono un ritrovato sperimentalismo poetico, la creazione di nuovi generi o la ricreazione di generi già esistenti come il poema lungo, il verse romance narrativo (cioè la “novella in versi”), il sonetto, il frammento, il romanzo gotico o di maniere e il dramma storico. ▲ A livello tematico si diffondono la descrizione e l’analisi dei sentimenti e degli stati d’animo, un interesse per l’esperienza e la coscienza individuali come sedi di un sentire privilegiato, un’idea della natura e del cosmo come organismi viventi e sensibili, la rappresentazione dei lati oscuri e delle pulsioni inconfessabili dell’essere umano, la riflessione del potere dell’immaginazione, un deciso schieramento della creazione letteraria in senso politico e un’attrazione per i luoghi altri sia in senso temporale che geografico. ROMANTIC, ROMANTICISM L’aggettivo romantic risale al XVII secolo quando inizia a essere usato nel senso di “proprio del romance”, ovvero, meraviglioso e avventuroso. È in questo senso che gli scrittori usano il termine oltre che nel significato più recente di pittoresco o ricco di immaginazione. I termini Romantic e Romanticism sono di derivazione tedesca e diventano di uso comune alla fine dell’Ottocento quando gli storici inglesi iniziarono a parlare di una propria stagione ‘romantica’. LA POESIA DEL ROMANTICISMO 1. ROMANTICISMO E ABOLIZIONISMO L’inizio del Romanticismo inglese si fa risalire al 1798, anno di pubblicazione delle Lyrical Ballads di William Wordsworth (1770-1850) e Samuel Taylor Coleridge (1772-1834). La Preface di Wordsworth è considerata il manifesto del movimento romantico inglese. La Rivoluzione americana (1781) trasformò la garbata conversazione privata dei salotti e dei clubs in acceso dibattito pubblico sui giornali e in Parlamento, creando un’opinione pubblica capace di opporsi alla politica e di ostacolarne le mire espansionistiche. La guerra di indipendenza americana (1775-1783) infatti fu da esempio per due figure di rilievo, William Wilberforce (1759-1833) e Thomas Clarkson (1760-1846), che ufficializzarono il movimento abolizionista negli anni ’80 del Settecento dedicano la loro esistenza alla lotta contro la tratta degli schiavi. A questo movimento parteciparono molti poeti tra cui: • William Blake (1757-1827) con la sua intera poesia in esplicita opposizione alla politica di sfruttamento e disuguaglianza. Un esempio significativo è il poemetto “The Little Black Boy”; • Thomas Campbell (1777-1844) con “On Slavery” • William Wordsworth con varie poesie di denuncia contro la violenza esercitata nei confronti del popolo africano • Le poetesse fecero udire forte e chiara la loro contrarietà e resistenza contro la tratta degli schiavi soprattutto nel periodo più caldo del movimento abolizionista (dagli anni ’80 del ‘700 agli anni ’20 dell’800) perché, in quanto donne, esse stesse si sentivano private dei diritti civili ed economici. I testi “abolizionistici” fanno un grande uso di riferimenti ai legami materni e famigliari che gli schiavisti distruggono separando i coniugi e i genitori dai figli. Ciò che colpisce di più però è la lucidità nel denunciare il nesso causa-effetto alla base del commercio di esseri umani e del colonialismo in generale ovvero la transazione economica. Egli lo tiene con la scarna mano, "C'era una nave", disse. "Smettila! Via la mano, vecchio pazzo!" Subito la mano lo lasciò. Egli lo tiene con l’occhio scintillante, immobile rimane l’ospite alle nozze e ascolta come un bambino di tre anni: la volontà del marinaio lo vince. L’ospite siede su una pietra: non ha scelta, può soltanto ascoltare; e così parlò l’uomo antico, il marinaio dagli occhi chiari. (I, vv. 12-20) Si può intuire che entrambi gli autori hanno la volontà di mescolare sentimento e storia, naturale e spirituale, la soggettività dell’esperienza e il valore universale che questa ha su ogni legge. La capacità poetica di riflettere e far riflettere sull’esperienza vissuta dal soggetto illumina l’io e lo muta in un’eco del divino, in qualcosa di permanente. Nel capitolo XIV della “Biographia Literaria” (1817) Coleridge annota il senso che lui e l’amico Wordsworth avevano inteso dare alla comune impresa poetica: Durante il primo anno che Mr. Wordsworth e io fummo vicini, le nostre conversazioni volsero spesso intorno ai due punti cardinali della poesia, al potere che ha di suscitare il consenso del lettore mediante fedele aderenza alla verità di natura, e all'altro potere di dar l'emozione della novità trasfigurando con i colori dell'immaginazione. […] Questi sono i versi della natura. […] In questo ordine di idee nacque il piano delle Ballate liriche; nel quale fu convenuto che i miei sforzi dovessero essere diretti alle figure e ai caratteri soprannaturali, o almeno fantastici; beninteso in modo da trasferire dalla nostra intima natura un interesse umano e una sembianza di verità bastevoli a produrre, dinanzi a quelle larve dell'immaginazione, quella volontaria e momentanea sospensione dell'incredulità che costituisce la fede poetica. Mr. Wordsworth, d'altro canto, si sarebbe proposto come oggetto di dare il fascino della novità alle cose di ogni giorno e di suscitare sentimenti analoghi al soprannaturale risvegliando l'attenzione della mente dal letargo dell'abitudine e rivolgendola alla vaghezza e alle meraviglie del mondo dinanzi a noi. Le Lyrical Ballads appaiono come “poetry of nature” perché contengono due elementi cardini: il primo è il potere di suscitare la simpatia del lettore, il secondo è il potere di “defamiliarizzare il mondo”. Coleridge spiega il procedimento poetico adottato nelle ballate dai due autori: Coleridge ha scelto personaggi e situazioni soprannaturali ma, impregnandoli di sentimenti ed emozioni del tutto umani, li ha resi verosimili. Wordsworth tratta di fatti naturali e di persone umili in modo da trasformarli in soprannaturali grazie all’incantamento e all’emozione che essi avrebbero trasmesso al meraviglioso mondo della natura che lo sguardo-fanciullo del poeta avrebbe rivelato al lettore. Wordsworth arrivò anche a coniare in “The Prelude” la definizione di “spots of time” che non sono altro che i momenti di incontro tra l’io e il mondo: è allora che la poesia di Wordsworth acquista la dimensione di un magico realismo. In Wordsworth memoria e visione diventano una stessa categoria: attraverso la memoria l’acuta sensibilità del poeta riporta al presente accadimenti e persone incontrati nel passato e li fa rivivere con la stessa intensità percettiva provata la prima volta grazie ai colori caldi dell’immaginazione. Per questo il linguaggio deve essere chiaro, un efficace mezzo di comunicazione e una sorgente di emozioni libero da orpelli retorici. Nella “Preface” alle Lyrical Ballads il poeta osserva: Si è adottata anche la lingua di questi uomini […] poiché questi uomini comunicano costantemente con le cose migliori dalle quali deriva originariamente la parte migliore della lingua; e perché […] soggiacendo in misura minore all’azione della vanità sociale, essi comunicano i propri sentimenti e le proprie idee con espressioni semplici e non elaborate. Una simile lingua […] è dunque una lingua più stabile e di gran lunga più filosofica di quella che viene frequentemente sostituita a essa dai poeti che pensano di attirare tanto più onore a sé stessi e alla propria arte quanto più si alienano le simpatie degli uomini […]. Il sodalizio tra Wordsworth e Coleridge, iniziato a Bristol e continuato nel Lake District, ebbe come testimone Dorothy, la sorella di Wordsworth autrice di straordinarie pagine diaristiche e di poesie sul mondo naturale nelle quali lo sguardo poetico si pone orizzontalmente a ciò che canta. La sua scrittura è criticata per la capacità di stabilire con cose e persone un rapporto paritario: nelle sue opere le cose sembravano vivere in assoluta comunione con l’io poetico. La prospettiva di Dorothy è oggettiva. Dorothy trascorse la sua prima infanzia felice, quando a sei anni morì la madre iniziò una lunga peregrinazione ospite nelle case dei parenti. Dopo la morte del padre anche i quattro fratelli lasciarono la casa per essere affidati ad altre famiglie. Dorothy dunque concepì il sogno di avere una casa per sé e i fratelli. Il ritorno di William dalla Francia rese possibile la riunificazione. Egli aveva soggiornato un anno in Francia e vissuto con entusiasmo lo scoppio della Rivoluzione francese e per questo al suo rientro in patria fu rifiutato dai parenti e dagli amici pieni di sospetto. Dorothy invece lo accolse con gioia stabilendosi con lui in un cottage di Grasmere, nel Lake District. Nell’opera di Dorothy l’immagine della casa è ricorrente. Dorothy iniziò a scrivere diari in cui registrava gli eventi della giornata e le esperienze sensoriali da lei provate. Accanto a questi poeti della natura della prima generazione romantica vale la pena menzionare un poeta della seconda generazione, JOHN CLARE (1793-1864), anche lui era un poeta della natura. 5. MONDO ONIRICO E BELLEZZA IN MARY ROBINSON E JOHN KEATS MARY ROBINSON presenta un’ampia campionatura di generi e modi poetici: nei “Lyrical Tales” (il titolo richiama quello delle Lyrical Ballads dei “poeti dei laghi” Wordsworth e Coleridge, pubblicate un anno prima) si riscontrano temi e melodie che si ispirano al gusto antiquario. Nella poesia “The Savage of Aveyron” usa versi brevi (tetrametri) e una stanza di 12 versi. Il tono è quello nostalgico narrativo proprio delle ballate e la melodia viene enfatizzata da un alternarsi di rime maschili e femminili. Nel poema vi si racconta l’episodio vero di un bambino ritrovato nel 1799 in condizioni selvagge nei boschi della Francia centro-meridionale. Nel poema il bambino non ha l’uso della parola ma la voce poetica se ne fa interprete e racconta la sua storia immaginando la morte della madre per mano di fuorilegge. Aveva i capelli lunghi e neri, e lui dall'infanzia era stato da solo: da quando aveva cinque anni aveva visto che, nessuno ha segnato il suo destino! Nessun orecchio mortale aveva sentito il suo gemito, per lui nessun raggio di speranza aveva brillato: mentre era triste egli sospirò- "da solo, da solo!" Sotto l'albero maledetto. E poi, O! Boschi di Aveyron, O! Deserti di triste solitudine, tra i tuoi spinosi vicoli maleducati io ho pensato a me stesso come un viaggiatore-solitario. Il bambino lamenta tutta la sua incolmabile solitudine per aver perso i suoi cari e invita il lettore a condividere la sua incolmabile malinconia. JOHN KEATS frequentò il circolo che si era formato a Londra negli anni ’20 dell’800 attorno a Leigh Hunt (editore del giornale liberale “The Examiner” a causa del quale finì più volte in prigione). I membri del circolo di Hunt venivano violentemente attaccati dalla critica conservatrice. Keats appartenne alla piccola borghesia londinese e morì di tisi a soli 25 anni e così come gli altri membri del circolo era appassionato di antichità classiche (greche e romane). Inoltre nutriva interesse per il mondo medievale. Il medievalismo keatsiano emerge infatti chiaramente in “La Belle Dame Sans Merci: A Ballad” del 1819 e altri poemetti. In “La Belle Sans Merci” un cavaliere racconta di aver scoperto che la donna da lui amata dalla quale è stato soggiogato è una donna serpente. In questa ballata così come altri poemetti di Keats seguono tutti un percorso che parte dal romanzo medievale fino a giungere al presente attraverso un processo di svelamento e di finale straniamento (compie un rovesciamento rispetto al tradizionale romance). Keats nutriva anche un particolare interesse per la cultura mediterranea, per la Grecia e per l’Italia che condivise con i poeti della seconda generazione romantica. Keats non si concentra sulle azioni di leggendari dame e cavalieri, ma esclusivamente sulle passioni che li consumano e per le quali essi sono pronti a morire. In queste poesie viene contemplata anche la natura, l’unica realtà tangibile a differenza del fantastico e del soprannaturale che nelle poesie restano categorie sospese, irreali. Il poeta per Keats deve mostrare di possedere una negative capability e cioè <<quando un uomo è capace di stare nell’incertezza, nel mistero, nel dubbio senza l’impazienza di correre dietro ai fatti e alla ragione>>. Il mistero, la nostalgia, le incertezze che attraversano la poesia keatsiana sono propri della stessa natura umana, come sono del tutto umani il senso di perdita e le rinunce dei suoi personaggi. Nella sua ode più celebre “Ode on a Grecian Urn” Keats canta le scene di vita quotidiana raffigurate su un’urna greca come fossero congelate per l’eternità dall’arte che li raffigura. Nelle grandi odi Keats supera l'emotività "romanticista", esplorando con densa musicalità il rapporto tra arte e vita, piacere e dolore. Il canto dell'usignolo, la perfetta bellezza delle decorazioni dell'urna, il paesaggio autunnale (uno dei massimi esempi di poesia descrittiva) simboleggiano l'eternità, e la speranza di immortalità. Nei giorni del commercio e del materialismo, l’arte rischia il tramonto e sta al poeta custodirla e celebrarla. In Keats etica ed estetica sembrano sovrapporsi: l’arte, che è un piacere infinito, può lenire l’infinita pena del vivere e trasformare la realtà. 6. PATRIA E PATRIE NELLA SECONDA GENERAZIONE ROMANTICA Tra alcuni poeti della seconda generazione romantica i termini patria e patriota continuarono ad avere un valore tradizionale. È il caso di Thomas Campbell che ne fece i suoi temi più caratteristici. Per altri poeti della seconda generazione romantica patriottismo si coniugò con internazionalismo. Per Byron e Shelley patria e patriota furono il lessico della speranza con la quale ripartire dopo la sfiducia degli anni del Terrore e della Restaurazione Byron e Shelley pur diversi nella loro visione della società (il primo pessimista e scettico e idealista e utopista il secondo) cercarono sempre di promuovere il progresso dei popoli e la libertà delle nazioni. BYRON si divise fra le preoccupazioni delle sorti dell'Inghilterra e l'interesse verso i popoli oppressi ai quali offrì sostegno morale finanziario e persino la vita (morì di febbre nel 1824 a soli 26 anni in Grecia dove si era recato per sostenere la lotta per l'indipendenza dei greci e turchi). • Byron fece il primo lungo un Grand Tour tra la Francia Turchia Spagna Portogallo e Albania tra il 1809 e il 1811. (Al suo ritorno scrisse i primi due canti del "Childe Harold's Pilgrimage" (1812) che lo trasformarono nel rappresentante di una nuova forma di Romanticismo, lontano dal magico realismo di Wordsworth o dal mondo dei fairy-tales medievali di Walter Scott). Dopo il Grand Tour Byron riprese il suo posto nella Camera Alta nel momento storico caratterizzato dall'egemonia del partito Tory. Byron si era iscritto al partito Whig, più aperto e liberale, che era stato posto in minoranza nei due Parlamenti (House of Lords e House of Commons) dalla vittoria elettorale del partito Tory sin dagli anni '80 del 1700. I conservatori restarono al potere durante il regno di George III e la reggenza del Prince of Wales, futuro George IV. L'emarginazione dei Whigs durò fino alla riforma elettorale del Great Reform Act del 1832. • Nel 1816 partì per il suo secondo Grand Tour, questa volta lungo il Reno e poi in Francia e in Svizzera dove trascorse qualche mese a Villa Diodati e dove frequentò assiduamente gli Shelley: Percy Bysshe Shelley, la compagna Mary Wollstonecraft Godwin e la sorellastra di lei con la quale Byron e ebbe una breve relazione. Tra Byron e Shelley si stabilì un'amicizia destinata a durare. Alla fine dell'estate gli Shelley tornarono in Inghilterra (che lasceranno per sempre due anni dopo seguendo Byron in Italia) mentre Byron continuò per l'Italia nel 1817 che divenne suo paese di adozione fino al 1824. L’esilio fu indotto dall’accusa della moglie, di incesto con la sorellastra Augusta e dallo scandalo che ne seguì. Nel 1817 Byron compose un poema drammatico "Manfred" che rinvia a paesaggi alpini svizzeri in cui l'eroe solitario Manfred tormentato da una misteriosa colpa ricorda il Byron reduce dallo scandalo londinese. Sia per Byron che per Shelley l'Italia è un coacervo di contraddizioni: da un lato paradiso dei sensi e dall'altro amara realtà sociale. Nell'ultima parte del terzo canto del “Childe Harold's Pilgrimage” e soprattutto nel quarto canto del poema l’Italia è descritta come terra di struggente bellezza da un lato e di malinconico declino dall'altro. La duplicità della penisola italiana è riassunta nella seguente strofa: <<Italia! Oh Italia! Tu che hai il fatale dono della bellezza, tu che sei diventata un'urna funebre di mali antichi e moderni>>. "The Prophercy of Dante" scritto a Ravenna nel 1819 è un poema di carattere internazionalista in esso infatti si chiede di restituire agli italiani la dignità di popolo in nome di ciò che ancora li tiene uniti e verso cui l'intera Europa nutre ammirazione, la loro lingua e la loro letteratura. In questo poema Byron prende le sembianze di Dante e in un lungo monologo drammatico dà voce all'orgoglio ferito del cittadino perseguitato dal tiranno che deve rinunciare ai suoi diritti civili e abbandonare la patria per la quale conserva amore e rimpianto. Così facendo Byron incita al risveglio delle coscienze troppo a lungo sopite esortando alla libertà e all'unità della nazione mentre profetizza la vittoria contro gli invasori. L'internazionalismo fu l'unico grande valore che Byron non abbandonò mai nonostante il pessimismo sulla natura umana. Nel 1824 Byron partì per la Grecia dove morì. SHELLEY invece, il più utopista dei poeti inglesi, con la sua opera vuole risollevare gli animi dei contemporanei dal pessimismo post-rivoluzionario che aveva pesato sulla prima generazione romantica. Secondo Shelley era necessaria non solo una rivoluzione politica ma soprattutto una rivoluzione morale e spirituale. Ora, dopo la rivoluzione francese, bisognava portare i principi rivoluzionari dagli esiti più violenti eliminando l'odio ed evitando lo spargimento di sangue. Dunque nelle sue opere prevalgono i sentimenti e l'immaginazione a sostegno dell'universo storico. Infatti nel dramma “Prometheus Unbound” (1820) tutte le arti sembrano fondersi in un canto di armonia universale e l'umanità riprende il cammino nella storia purgata dalle sue colpe grazie all'amore e alla libertà ritrovati. Ora il mondo e ciò che è e non più ciò che appare. In Shelley si ha il trionfo della natura rappresentata come libera e inanimata definibile solo per confronti e approssimazioni ovvero facendo ricorso alle figure retoriche della similitudine e della sinestesia e a quegli interrogativi retorici propri dell'ironia romantica. La vitalità e l'armonia che esistono in natura vengono contrapposte al mondo degli uomini. Nel 1818 egli arrivò in Italia dove potenziò la sua immaginazione poetica. Shelley dedicò molti dei suoi versi al popolo italiano che vedeva oppresso dallo straniero e verso il quale provava fraterna amicizia, ad esempio "Ode of Naples". Egli attraverso le sue opere consegnò l'utopia della rivoluzione, rinnovata e purificata, alla storia della modernità. Questi valori si possono trovare anche nella poesia di FELICIA HEMANS la quale in “England and Spain”, or, “Valour and Patrotism” espone le vicende dell’Europa in guerra e invoca gli ideali cavallereschi d’Inghilterra e Spagna per chiedere loro di riportare concordia e sviluppo all’interno continente. LA NARRATIVA NELL’ETÀ DELLE RIVOLUZIONI (1780-1830) 1. IL CONTESTO SOCIALE NEL PERIODO DELLA REGGENZA Il periodo che comprende gli ultimi decenni del Settecento e i primi dell'Ottocento è detto "Età delle rivoluzioni" (con la rivoluzione americana, francese, le guerre napoleoniche, la rivoluzione industriale). Essa appare come un'età di reazione ai profondi mutamenti che investono la società britannica come conseguenza dell'enorme sviluppo economico e politico della middle class. Grazie agli effetti dell'espansione coloniale e del conseguente sviluppo industriale l'upper middle class (ossia l'alta borghesia) diventa upper class legittimandosi come aristocrazia terriera. Questo nuovo tipo di borghesia trasforma tutto in oggetto di sfruttamento e di profitto. Il paesaggio rurale cambia profondamente per effetto dell'improvement (ossia la moda di migliorare le mansion houses della vecchia aristocrazia feudale per celebrare il potere del nuovo proprietario) e per effetto dell'enclosures (ossia la recinzione delle terre comuni da parte del proprietario con il pretesto di un più moderno e proficuo sfruttamento) con il conseguente necessario allontanamento di agricoltori e contadini verso le città industriali a formare il nuovo proletariato urbano. La campagna si svuota così dei suoi abitanti anche perché lo sviluppo della nuova industria tessile ha eliminato la principale delle fonti tradizionali di reddito (filatura, tessitura e cucito) mentre i loro cottages vengono ristrutturati o costruiti di nuovo per essere affittati e nascono così "the English countryside" e il turismo. Nelle città diventa sempre più visibile la differenza tra ricchi e poveri tra il lusso sfrenato dei nuovi ricchi e la mendicità del nuovo proletariato, anche perché il potere legislativo è nelle mani di chi ha potuto comperarsi un titolo con relativo seggio in Parlamento e dunque legiferare a favore dei propri interessi. L'origine di questa ricchezza pesa però sulla coscienza collettiva. L'impatto che ha avuto la Rivoluzione francese in Inghilterra è stato decisivo per l'upper middle class che ora sta prendendo il posto di quella detestata aristocrazia contro la quale insieme ai diggers e ai levellers, di cui ora non vuole ricordarsi, aveva fatto una rivoluzione nel secolo precedente. Chi simpatizza ancora per i vecchi principi radicali di libertà uguaglianza e fraternità è bollato come giacobino e il fronte comune contro questi "pericolosi nemici della nazione" viene identificato nella ruling class. Vengono emanate leggi contro la libertà di stampa, il diritto di associazione, i diritti civili in genere, fino alla sospensione dell'Habeas Corpus (1794, 1801) e al divieto di importare giornali dall'estero (1798). JANE AUSTEN (1775-1817) ci offre una prospettiva molto ampia sulla turbolenta borghesia inglese nel periodo della Reggenza: il padre è un ecclesiastico di campagna senza possedimenti terrieri ma colto. Egli manda i figli maggiori ad Oxford. Dei fratelli uno prenderà il posto del padre, un altro erediterà il titolo di baronetto con seggio in Parlamento, un terzo diventerà avvocato e banchiere a Londra, gli altri due faranno carriera in Marina durante le guerre con la Francia e diventeranno ammiragli. Jane Austen trascorre i primi anni del 1800 a Bath, il luogo di villeggiatura delle classi agiate, ma in condizioni di povertà secondo gli standard della sua classe sociale ovvero la gentry (piccola nobiltà) non disponendo di una dote per poter trovare marito ma solo di una misera rendita di 25 sterline l'anno. Il novel di Jane Austen ha l'importante funzione di rispecchiare le manners e si dimostra l'indispensabile depositario della storia sociale più autentica. 2. LIBRI E LETTORI Austen nella percezione dei mutamenti sociali: le difficoltà economiche della gentry e il benessere dei professionisti della Marina. 7. WALTER SCOTT E IL ROMANZO STORICO Walter Scott ha il titolo di iniziatore del romanzo storico, nuovo genere che coniuga vicende forti e drammatiche e personaggi della psicologia realistica e con un’ambientazione storica precisa e rispettosa delle tradizioni e del folklore. Esso avrà grande successo nell’Ottocento borghese in cui il rapporto di odio-amore con il passato si manifesta in tutta la sua duplicità rendendo visibile il legame con la narrativa gotica. Esso a differenza del romanzo gotico, supera la trasgressiva conflittualità rappresentando una visione di pace, prosperità e progresso per il Regno Unito e l’impero britannico. IL TEATRO ROMANTICO 1. IL PANORAMA CRITICO Il teatro romantico ha attirato la critica per l’invenzione di nuovi generi, l’ingresso delle donne sia come autrici che actor- managers, la nascita di una nuova e autonoma professionalità di attori che portò a una vasta produzione di manuali sulla recitazione, nuove tecnologie teatrali e dell’arte scenica. Anche il pubblico cambia: entrano a far parte del pubblico teatrale i ceti medio-bassi grazie ad una nuova politica dei prezzi e la componente femminile grazie all’ascesa della borghesia e alla presenza delle donne sulla scena letteraria. 2. I TEATRI Con il Theatre Regulation Act del 1847 si pose fine alla limitazione del numero di teatri autorizzati a rappresentare lo spoken drama. Ma fu solo nel 1968 che l’ufficio di censura abbandonò le scene inglesi. Così fu il censore, ovvero il Lord Chamberlain, ad avere un ruolo determinante nella scelta nella scelta dei testi da rappresentare. Nei testi non era ammessa alcuna offesa politica o religiosa. Il successo dei teatri e la grande affluenza popolare sollecitavano i benpensanti a condannare il teatro come luogo di vizio e di prostituzione. La stessa professione di attore ricevette delle accuse infamanti e d’immoralità. Tra ‘700 e ‘800 si assistette ad una radicale trasformazione dello spazio scenico con la costruzione o il riadattamento a Londra e nelle province di numerosi teatri: se la platea si ampliò, il palcoscenico ne seguì la sorte. Il teatro si trasformò rapidamente da salotto dei ceti dirigenti nello spazio di massimo intrattenimento popolare cittadino. I teatri patentati, il Drudy Lane e Covent Garden, furono ristrutturati secondo principi estetici e architettonici rivoluzionari: alle grandi dimensioni del palco e dell’auditorio si aggiunsero sofisticate attrezzature meccaniche, scenografie ricche e spettacolari, elaborati sistemi di illuminazione, nonché nuove tecniche recitative. Nel 1800 i legitimate theatres o licensed theatres erano presenti anche fuori Londra. I molti illegitimate theatres o unlicensed theatres si suddividevano in minor houses e penny graffs (o penny theatres). • Le minor houses erano teatri di medie dimensioni in cui si rappresentavano teatri musicali, danzanti o acrobatici (i generi che andavano in scena: melodrama, burlesque, pantomima, interludio, ballad opera, dramma equestre,dramma nautico). Talvolta questi teatri si specializzavano in un certo tipo di spettacolo. Il loro pubblico apparteneva in maggioranza alle classe media e piccolo borghese. Invece l’alta borghesia e gli aristocratici guardavano con un certo disprezzo le masse popolari che costituivano il pubblico dei nuovi teatri e perciò preferivano andare al King’s Theatre, Haymarket, il teatro dell’opera: genere teatrale e musicale che ottenne grandissimo successo. Tra il 1780 e il 1810 si diffuse nelle dimore degli aristocratici e a corte il fenomeno degli spettacoli privati “private theatricals” di cui troviamo un’eco esplicita in Mansfield Park di Jane Austen. Gli spettacoli nella major e nelle minor houses duravano dalle 5 alle 6 ore ed erano composti da una parte centrale preceduti e seguiti da spettacoli brevi come farse, pantomime o burlette. Per alcuni decenni fu in voga la pratica denominata “half-price system” che consentiva l’ingresso in sala a spettacolo iniziato, pagando solo la metà del biglietto. Alla fine del decennio dell’800, per evitare l’irrompere nelle sale di masse rumorose, si stabilì che l’ingresso a metà prezzo poteva essere consentito esclusivamente nel corso di un intervallo tra uno spettacolo e l’altro. I penny graffs o penny theatres costituivano una miriade di teatri popolari gestiti da singole famiglie o piccoli gruppi di attori. Talvolta i penny gaffs occupavano spazi ampi, il loro pubblico includeva la piccola borghesia, gli artigiani, i venditori ambulanti e più in generale la classe operaia. Gli spettacoli duravano da 1 ora a 1 ora e mezza e offrivano due esibizioni di cui una era una farsa e l’altra una riduzione di una tragedia o un melodramma. Spesso questi spettacoli venivano sostituiti da pantomime ed esibizioni acrobatiche o da performances con animali addestrati. Le compagnie della major houses erano più numerose rispetto a quelle delle minor houses. LEGITIMATE E ILLEGITIMATE THEATRES Il re Charles II riaprì i teatri chiusi dai puritani di Cromwell e nominò due drammaturghi a capo delle compagnie da lui autorizzate ad esercitare la recitazione in pubblico col Royal Licence nel 1660: i King’s Men e i Duke of York’s Men. La prima fu affidata a Thomas Killigrew, la seconda a William Davenant. I teatri dotati delle licenze reali furono il Drury Lane (aperto nel 1674) e il Royal Theatre a Covent Garden (inaugurato nel 1732). Un’eccezione fu rappresentata dal “Little Theatre in the Haymarket”. Fu proprio questo piccolo teatro a offrire il pretesto per l’emanazione del Licensing Act (1737) il cui vero intento era quello di contenere le satire politiche e dei burlesque che imperversavano nei teatri londinesi ma che sul palcoscentico del Little Theatre erano divenuti piuttosto virulenti ad opera di Henry Fielding. La corona inglese e il governo di Sir Robert Walpole li giudicarono talmente offensivi da mettere fine alla carriera di Fielding di drammaturgo e ad imporre un provvedimento legislativo che introducesse un vero e proprio ufficio di censura al cui vaglio sarebbero dovuti passare tutti i testi drammatici. Il Licensing Act sanciva anche una multa di 50 sterline per chiunque avesse messo in scena uno spettacolo teatrale non autorizzato preventivamente dal Lord Chamberlain. Così la legge ratificava e rendeva permanente quello che Charles II aveva avviato in forma provvisoria con la riapertura dei teatri, autorizzando i soli patent theatres o legitimate theatres, dotati di licenza reale, a mettere in scena lo spoken drama o “dramma di parola”. I teatri cosiddetti illegitimate o unlicensed, al contrario dovevano ricorrere a forme di intrattenimento che non si fondassero sulla sola parola recitata: dunque rappresentazioni musicate, cantate, o danzate con una recitazione verbale assente o solo intramezzata. 3. LE TECNICHE Le innovazioni teatrali furono: il progressivo arretramento del palcoscenico rispetto al tradizionale palco aggettante con la conseguente eliminazione delle porte laterali e l’introduzione di accessi al palco dal fondo; il calare del sipario ad ogni atto; un sistema di illuminazione che rese le figure sulla scena sempre più tridimensionali; i macchinari e i congegni che mettevano in moto i vari binari su cui far scivolare le scene e i fondali si presentavano organizzati in un sistema complesso che attraversava in lungo e in largo il palcoscenico. Le scenografie divennero sempre più capaci di sostenere l’illusione drammatica ricorrendo a rapide sostituzioni di sfondi e ambienti e riproducendo rumori, scoppi, fuochi o vapori. L’arte pittorica dei fondali divenne sempre più grandiosa e raffinata. È grazie a David Garrick che il teatro inglese attraversò una grande rivoluzione: per la tecnica utilizzò grandi pittori e lasciò il pubblico al buio illuminando la scena con delle lampade ad olio (spotlights); per la ricerca recitativa favorì lo stile naturale di recitazione e la verosimiglianza storica nei costumi e nelle ambientazioni. In epoca post-Garrik due invenzioni contribuirono ulteriormente a rivoluzionare le scene: la lampada a kerosene (1783) e la lampada Argand (1785). Nel secondo decennio dell’800 poi venne introdotta la lampada a gas. 4. ATTORI, ATTRICI E MANAGER TEATRALI I cambiamenti teatrali favorirono la crescita del fenomeno dello “star system” e l’affermarsi dei grandi “actor-managers”. Nel nuovo spazio scenico era stato introdotto un altrettanto innovativo stile di recitazione che tendeva verso la “naturalezza” e verso la “passionalità”. Tutti i grandi attori e le grandi attrici si cimentavano col teatro shakespeariano. Il culto shakespeariano portò all’indiscusso successo per ben due anni di seguito di un bambino prodigio, l’anglo-irlandese William Henry West Betty (1791-1874) soprannominato “Master Betty”. Alcuni degli interpreti più significativi del teatro fra fine ‘700 inizio ‘800 furono: Richard Brinsley Sheridan, Sarah Siddons, John Philip Kemble, Edmund Kean, William Charles Macready, Dorothy Jordan e Madame Vestris. 5. I MANUALI DI RECITAZIONE E L’ESTETICA DELLE PASSIONI Gli attori e i drammaturghi studiavano la produzione manualistica teorica e metodologica sull’arte della recitazione che circolava nel periodo romantico e che conobbe una straordinaria fioritura dalla metà del XVIII secolo. Degni di menzione sono: • i contributi di Aaron Hill (1685-1750) per il suo “Essay on the Art of Acting” del 1746. Secondo le sue teorie, le qualità migliori per l’attore sono understanding (conoscenza o comprensione, la qualità che permette all’attore di comprendere e fare propria ogni singola battuta del personaggio e di accompagnarla con il gesto appropriato), sensibility (la capacità di sentire il personaggio interiorizzandone i sentimenti ed esprimendone le passioni), fire (temperamento dell’attore e la sua abilità nel coinvolgere il pubblico attraverso la forza interpretativa della sua recitazione). • i contributi di John Hill (ca. 1716-1775) per “The Actor: a Treatise on the Art of Playing” del 1750. Centra il suo discorso sulle passioni e ne individua 10 rappresentabili in scena: gioia, dolore, paura, rabbia, pietà, disprezzo, odio, amore, gelosia e meraviglia. Egli presenta una galleria di ritratti in cui descrive l’atteggiamento che deve seguire a quella determinata passione evocata. Il rapporto tra la teoria delle passioni e la prassi attoriale produce altri interessanti sviluppi: ne fanno fede i contributi di Charles Macklin, David Garrick e Henry Siddons. SYMPATHETIC CURIOSITY È una definizione attribuibile alla drammaturga Joanna Baillie che la pose a fondamento della propria scrittura teatrale. Può essere definita come un processo di simpatia e di identificazione nei confronti dei propri simili e va vista in riferimento alla tradizione del pensiero filosofico di Rousseau (Discorso sopra l’origine e i fondamenti della disuguaglianza fra gli uomini). Secondo Rousseau <<la pietà è un sentimento naturale, che moderando in ogni individuo l’attività dell’amor di se stesso, concorre alla mutua conservazione di tutta la specie. Essa ci porta impulsivamente in aiuto di quelli che vediam soffrire…>>. Dall’altro canto David Hume osserva: <<la simpatia è quel principio che si solleva tanto fuori di noi stessi da provare di fronte al carattere di un altro piacere o una pena come se tendesse al nostro svantaggio o vantaggio […]; non possiamo mai formulare un desiderio che non abbia un riferimento alla società. […] La simpatia è l’anima o il principio animatore; ed essa non avrebbe alcuna forza se facessimo completamente astrazione dai pensieri e dai sentimenti altrui…>>. 6. SHAKESPEARE, IL TRAGICO E IL RICORSO AL GOTICO Se gli attori si cimentarono con successo con i drammi di Shakespeare, l’influenza shakespeariana mise a dura prova il talento dei drammaturghi. I romantici guardavano l’opera shakespeariana come paradigma di un linguaggio squisitamente lirico che iscriveva nella propria sintassi le passioni del personaggio e il corpo dell’attore. Shakespeariano è il ricorso al blank verse a cui si accompagnò un linguaggio attento al gesto, al movimento e alle relazioni interpersonali. Il questo processo di transizione tra mondo antico e mondo moderno la scena inglese della fine del ‘700 si riforma contaminando i generi classici, delineando una nuova categoria di tragico, patetico e sentimentale, volti alla rappresentazione del mondo domestico e privato, delle emozioni e dell’interiorità. In questo nuovo genere di tragedia è proprio il terrore ad assumere un ruolo particolare perché vi si fa ricorso anche al fine di accendere la compassione e con l’intento di alimentare prudenza e carità. L’elemento del terrore viene poi alimentato ulteriormente dall’effetto sorpresa da eventi inaspettati che cambiano il corso dell’intreccio. In questa nuova tragedia, la poetica è quella domestica che produce un nuovo realismo scaturito dall’etica borghese, Il tragico romantico esplora “l’animo umano e anatomizza emozioni e passioni che fanno del genere tragico un dramma della psiche e dell’interiorità. Gesto, espressione corporea, o il cosiddetto “body language”, si uniscono ad un linguaggio che veicola la soggettività. Possiamo dire che il teatro, come tutti gli altri generi del Romanticismo, adombra il momento tragico e destabilizzante della fine della supremazia dell’aristocrazia e il conseguente passaggio al predominio della borghesia. E’ così che si spiegano allora i dubbi e le incertezze che caratterizzano le menti e i linguaggi dei protagonisti del dramma romantico. L’incapacità di definirsi nella piena totalità del proprio ruolo sociale, di affermare una forte o autorevole identità, creò ai drammaturghi agli attori una serie di problemi nella stessa rappresentazione scenica dei personaggi. Ecco dunque che le opere shakespeariane come “Hamlet”, “Macbeth” o “Richard III” divengono paradigmi di cui i romantici non possono liberarsi e ai quali guardano con interesse. L’intreccio tra il genere gotico ed echi shakespeariani domina altri drammi romantici (si pensi a John Keats). Il genere drammatico più strettamente gotico del periodo romantico, trova le proprie radici a metà del ‘700 con l’opera di Horace Walpole (1717-1797) “The Mysterious Mother” (1768). Il dramma gotico è un dramma, come il romanzo gotico, di natura fortemente ibrida: coniuga un’ideologia rivoluzionaria con una conservatrice, il genere tragico con quello melodrammatico, l’ambientazione naturale con quella soprannaturale. 7. IL DRAMMA STORICO Con il Romanticismo il teatro riconquistò la sua antica vocazione politica facendo del palcoscenico il luogo di un dibattito vivace e coinvolgente. La società di fine ‘700 inizio ‘800, minata dalle rivoluzioni e dalle guerre, ricorre al passato per trovare le radici della propria identità. Pertanto il teatro fece ricorso alla storia per proiettarvi e ritrovarvi quello ‘spirit of the age’ che agitava gli animi dei contemporanei. Mentre si stava riscoprendo la storia del passato attraverso documenti e fonti originali, la letteratura e il teatro ne esploravano aspetti privati offrendo ai lettori/spettatori una versione dei fatti più popolare di quella ufficiale, trasformando le figure storiche in personaggi ibridi e fictional, soggetti a reinterpretazioni e revisioni. Il romanticismo diede voce e visibilità a personaggi minori e alla gente comune, tradizionalmente esclusi dalla storia ufficiale: appaiano figure appartenenti alla classe umile, al genere femminile, a ceti marginali o emarginati, piuttosto che della canonica classe aristocratica. Le tematiche dunque riguardavano l’interno, il domestico, piuttosto che l’esterno, l’individuale anziché il collettivo. Tutto ciò favorì l’ingresso delle donne come autrici. La drammaturgia femminile fa della scena teatrale uno spazio di diffusione popolare della nuova coscienza storica e della nuova auto-consapevolezza di classe e di gender. Ma il dramma storico non fu solo una prerogativa delle autrici donne ma vi contribuirono anche alcuni fra i maggiori autori romantici inglesi da Byron a William Wordsworth. Il teatro nazionale inglese rinasce proprio nel Romanticismo e riflette i dibattiti epocali sui processi identitari scaturiti dal formarsi della nazione britannica ma anche la sua necessità di rafforzarsi di fronte alla minaccia repubblicana e internazionalista della Rivoluzione francese. Il teatro romantico si occupò anche delle grandi questioni d’identità e politiche affrontando il tema della libertà degli altri popoli, di popoli oppressi, delle lotte per l’indipendenza italiana, greca o spagnola, della denuncia di brutali tirannie e di poteri arbitrari. 8. LA COMMEDIA L’introduzione del Licensing Act1 lasciò segni indelebili per la successiva produzione di commedie. La commedia tradizionale, sottoposta a varie ibridazioni per aggirare la censura, si trasformò in commedia satirica, farsesca da una parte e in commedia sentimentale, lacrimevole o “pathetic” dall’altra. • La prima continuò il genere “laughing comedy”, ma pian piano si trasformò in brevi afterpieces che accompagnavano l’opera principale delle minor houses trasformandosi in burlette, pantomime, comic operas ecc. Inoltre alla fine del ‘700 venne ripreso il genere della commedy of manners, tanto popolare nel periodo della Restaurazione, però purgato di ogni amoralità per conformarsi alla nuova sensibilità epocale. • La sentimental commedy acquistò i tratti malinconici e moralistici del Pre-romanticismo. La commedia romantica fu anche commedia al femminile, in particolare grazie a due autrici che dominarono la scena inglese di quel periodo: Hanna Cowley e Elizabeth Inchbald (1753-1821). Entrambe osarono trasgredire le convenzioni. Elizabeth Inchbald fu l’autrice di Lovers’ Vows (1798) opera inclusa in Mansfield Park di Jane Austen 9. LO SPETTACOLARE TEATRO ILLEGITTIMO Il teatro illegittimo del periodo romantico animò e rivoluzionò le scene inglesi arricchendole di performances popolari e spettacolari. Teatri patentati e minor houses competevano nel mettere in scena spettacoli musicali e danzanti, acrobatici o equestri, con combattimenti navali o con effetti speciali come quelli che abbondavano ad esempio nei drammi gotici. I generi illegittimi includevano il melodramma, il burlesque e la farsa, la pantomima2, l’interludio3, la ballad opera, il dramma equestre, il dramma nautico e accompagnavano spesso la pièce principale o in apertura o a fine spettacolo. Ma il genere più popolare era il melodramma, forma drammatica basata sulla ricerca del sensazionale e caratterizzata da trame poco plausibili dove la musica serviva solo da sfondo al dialogo o il dialogo s’intervallava alla musica. Nel melodramma si celebravano i buoni 1 Ufficialmente causata dall'opera teatrale A Vision of the Golden Rump, il cui autore è sconosciuto, essa fu in realtà la risposta di Walpole alle pesanti critiche mossegli sia dagli autori di parte Tory, come Henry Fielding, sia dagli esponenti dell'ala Whig radicale: con il Licensing Act si stabiliva che le nuove opere teatrali dovessero essere approvate dall'autorità prima di poter essere messe in scena. 2 Rappresentazione scenica muta, in cui l’azione è affidata unicamente al gesto, all’espressione del volto, ai movimenti del corpo, alla danza, talora anche con accompagnamento musicale 3 Intermezzo, breve serie di fatti che costituisce una parentesi, un’interruzione, un diversivo nel normale andamento delle cose 3. AUSTRALIA E NUOVA ZELANDA A partire dagli anni ‘50 la letteratura australiana cerca di uscire da un "modernismo mancato" percorrendo due strade distinte ma destinate a rispecchiarsi: da un lato quella di un impegno più maturo, distaccato dalla ‘mistica del bush’, fortemente critico nei confronti dell'establishment con una vocazione internazionale e simbolica; e dall'altro, quella della produzione aborigena che, offre un output straordinario per originalità e tragicità. La poesia nel secondo dopoguerra imitava i modelli americani. Il dato certo è rappresentato dal grande numero di scrittori che si misurano con il verso, quelli che la storiografia letteraria corrente ha identificato con la generazione del '68, la generazione del '79, la generazione del '99. 4. AFRICA Con il termine ‘postcoloniale’ si intende l’insieme della teoria e della prassi del processo di decolonizzazione che l’indipendenza dell’India mette in moto, a partire dall’Africa dov’esso è più violento. Si parte dalla formulazione della nozione di dependency complex, quello dei figli nei confronti dei genitori, che viene superato con il raggiungimento dell'età adulta, ma che talvolta può originare un complesso di inferiorità. È proprio questo complesso di inferiorità che ha permesso il realizzarsi del colonialismo e te dal suo superamento che bisogna ripartire per giungere a un'indipendenza politica e culturale. La letteratura è un'attività comune, un'azione sociale che si allarga dall'individuale al collettivo, dal nazionale al mondiale. Il colonialismo è un processo di differenziazione, trasposizione, traduzione che genera una zona intermedia, un "terzo spazio" in cui si realizzano una serie di dislocazioni, dentro e fuori i confini stabiliti. L'intellettuale si identifica con il migrante, colui che è costretto a emigrare, a cercare una negoziazione con la cultura dominante. La nascita della letteratura africana postcoloniale si fa generalmente risalire a un autore, il nigeriano Achebe nato nel 1930 wow che pubblica il suo primo romanzo nel 1958 "Things Fall Apart". La poesia africana in lingua inglese è caratterizzata dalla sperimentazione linguistica e stilistica e dalla contaminazione fra la cultura poetica britannica e la tradizione dei canti africani. I poeti che hanno dato contributi significativi in questo senso vengono in genere classificati come autori della Altair-native tradition africana, dove native si riferisce non solo al recupero del folklore e della lingua nativa, ma anche all'interpretazione tradizionale del ruolo sociale del poeta quale voce e maestro della sua gente, che allarga la propria sfera alla denuncia politica. 5. I CARAIBI La narrativa postcoloniale dei Caraibi nasce, negli anni '50, grazie ad un gruppo di scrittori di provenienza diversa che si ritrovano a Londra per studiare e per iniziare la loro carriera letteraria. Questi scrittori sono accomunati dal tema dell'esilio, dalla ricerca dell'identità e dalla necessità non solo di misurarsi con "la seconda patria" ma di servirsene come di un filtro per riappropriarsi della propria cultura. Nella poesia, la tendenza alla sperimentazione si fa più marcata, sia per la tradizione orale, sia per l'uso degli altri englishes, sia per l'uso ritmico della musica in special modo del calypso o della dub poetry con il testo poetico che sostituisce quello della canzone, sovrapponendosi alla base musicali. 6. INDIA L'India, il luogo che meglio incarna la fase più recente writing back che provoca un vero e proprio terremoto e in termini di immaginario collettivo, restituendoci un ritratto veritiero dell'India liberato dalle sovrastrutture occidentali, in termini linguistici, facendo compiere alla lingua inglese una vera e propria rivoluzione che ce la restituisce paradossalmente più vicina ai modelli della Grande tradizione classica, più agile, più colorita, più incisiva e metaforica, pronta a cogliere e a raccontare i grandi cambiamenti del mondo. Coloro che si occupano del problema della Partition, della separazione, cioè, del Pakistan dall'India (con la lunga sequela di lotte fratricide e massacri che la caratterizzano e lo orrore che esse provocano) vengono portati a mettere in discussione i grandi miti su cui fino ad allora il paese si è retto. In questo periodo emblematico fiorisce la scrittura al femminile che si incentra sulla condizione della donna e, richiamandosi alle dottrine di Gandhi, ne mette in evidenza i limiti, le contraddizioni e la giusta aspirazione alla libertà. Non meno importante è la poesia, alternativa a quella tradizionale in lingua indiana, che si è andata formando nei workshops (seminari) di Calcutta e Dehli e che attraversa tutto lo spettro frammentario indiano riuscendo tuttavia a cogliere il senso di una realtà che si dipana quotidianamente nel contesto urbano, che modella e definisce i contorni dell'anima umana, le sue ansie, le sue passioni, i suoi amori, i suoi dolori, le sue contraddizioni. LA SFERA PUBBLICA POSTCOLONIALE IN GRAN BRETAGNA 1. ORIGINE E SVILUPPO DEL CONCETTO DI SFERA PUBBLICA Il concetto di "sfera pubblica" deve la sua origine all'intellettuale tedesco Jurgen Habermas, il quale nota che "in un tempo in cui l'Illuminismo e la Rivoluzione stavano distruggendole legittimità di regimi e dei regni dinastici, le sfere pubblica e privata diventarono strettamente complementari". Uno degli effetti più visibili di questa "autorità di stato resa impersonale" fu la fuoriuscita, dal campo della sfera privata vera e propria, di una serie di questioni che riguardavano sia le sfere private di numerosi individui che lo stato stesso. Ad esempio le tasse i dazi e altri aspetti amministrativi, con cui ogni cittadino aveva che fare, "diventarono finalmente l'oggetto di una nascente sfera critica" raffigurando i primi segni di quella che oggi viene comunemente definita opinione pubblica. Così comincia a prendere forma questo "confronto politico che era peculiare e senza precedenti: l'uso della ragione da parte del popolo". Habermas definisce questo modello settecentesco e ottocentesco di sfera pubblica come "un forum in cui individui si riunivano per dare forma ad un pubblico e costringevano l'autorità pubblica a legittimarsi e legittimare le proprie decisioni di fronte all'opinione pubblica". Dunque, da questa prospettiva, il termine "pubblico" diventa sinonimo del concetto di individui che analizzano e discutono questioni di interesse comune tramite l'uso critico della ragione. I fora (gli spazi) alla base di questo tipo di sfera pubblica furono inizialmente caffè, piazze, mercati e tutti i luoghi che permettessero la discussione e il libero scambio di opinioni fra chiunque volesse e potesse dibattere questioni di interesse comune. L'idea di forum si arricchì notevolmente rispetto a questa definizione di spazio fisico quando la tecnologia di stampa introdusse il giornale, subito identificato come lo spazio più congeniale. La sfera pubblica comincio a giocare un ruolo fondamentale nell' "assicurare a livello istituzionale il legame tra legge ed opinione pubblica", mettendo a disposizione dei cittadini degli spazi in cui si potessero discutere e contestare pubblicamente le decisioni del governo e proporne possibili alternative. I fora, i veri strumenti di questa sfera pubblica, come i giornali, permettevano al dibattito di raggiungere sezioni consistenti della popolazione, inclusi i mobili cittadini analfabeti che scambiavano regolarmente le proprie opinioni con i molti che già leggevano libri e giornali. La sfera pubblica in uno Stato costituzionale garantiva tre fasce di diritti fondamentali: - la prima si riferiva alla difesa e alla promozione del "pubblico nell'atto del dibattito critico nazionale" (le libertà di stampa, di assemblea e associazione, di pensiero e di parola). - una seconda fascia si riferiva agli "scambi commerciali tra proprietari di beni nella sfera della società pubblica", inclusa la protezione della proprietà privata e l'uguaglianza di tutti cittadini davanti alla legge. - la terza fascia riguardava "il singolo come essere umano libero, all'interno della sfera intima della famiglia coniugale patriarcale" (la libertà personale e l'inviolabilità del domicilio). 2. STRUMENTI DELLA SFERA PUBBLICA IN GRAN BRETAGNA Il ruolo dei giornali si trasformò velocemente e da "pubblicista" è legato ad interessi dello Stato, cominciò a divenire quello di una stampa sempre più indipendente. Dal 1720 al 1730 questa crescente indipendenza dei giornali fu resa possibile dall'opposizione dei Tories ai Whigs che allora erano al potere. Così l'opinione pubblica era guidata dal consolidarsi di un giornalismo indipendente e che sapeva come contrapporsi al governo. Tuttavia secondo Habermas lo spazio per queste forme di partecipazione popolare diretta negli affari di interesse comune non sarebbe durato a lungo. Habermas descrive la caduta della sfera pubblica. Secondo il suo punto di vista, il creare e condizionare l'opinione pubblica divento un affare elitario, legato ad atti manipolativi del pubblico e a slogan propagandistici. "Il cittadino rientrò in uno stato di tutela" sotto la supervisione dei gruppi dominanti nella società. Dunque, già dalla fine del 19° secolo, "la società fu costretta ad abbandonare anche l'idea di simulare vagamente una sfera in cui l'influenza del potere fosse sospesa". La sfera pubblica perse il suo carattere critico razionale a favore di un'opinione pubblica manipolata da interessi privati. È emersa una sfera sociale ri-politicizzata a cui non si poteva più applicare la distinzione fra pubblico e privato. Le possibilità di comunicazione diminuirono, almeno per quanto riguarda gli organi di informazione che attraversarono un processo di privatizzazione dei loro interessi economici, diventando quindi parte di una società di consumo di massa piuttosto che uno strumento critico nelle mani del pubblico. 3. POSTCOLONIALISMI IN AZIONE Nel periodo in cui l'Inghilterra era uno fra i paesi a godere dello sviluppo una sfera pubblica, essa consolidava il suo impero di colonie da un capo all'altro del globo. Mentre milioni di sudditi dell'impero britannico vivevano in condizioni di sottomissione, in molti casi rasentante la schiavitù. All'inizio del 20° secolo, l’impero si estendeva fino a includere circa un quarto della popolazione mondiale. L'enorme volume e i contenuti delle produzioni letterarie che trattano il tema del colonialismo, testimoniano le violenze e le barbarie perpetrate dal governo di Sua maestà per secoli in questi territori. Tutto ciò accadeva mentre si diffondeva l'umanesimo come strumento per ottenere diritti e democratizzare l'Inghilterra. Questo contrasto fra principi di uguaglianza e di democrazia all'interno, da una parte, è un imperialismo spesso spietato all'esterno, dall'altra, era evidente nella maggior parte dei casi occidentali che hanno insistito nel progetto coloniale fino oltre la metà del secolo scorso. Sono molti gli osservatori che sostengono una visione benigna del colonialismo britannico rispetto quello delle altre nazioni. Essa è però anche basata sul concetto di libertà, che secondo molti trova le sue origini negli ambienti anglosassoni. Questa interpretazione sembra alquanto paradossale. Il colonialismo trasformerà il panorama etnico e culturale britannico, mettendo in dubbio il modello tradizionale di "britannicità" e l'insieme di valori su cui si è a lungo basato. Gli studi postcoloniali hanno inteso da una parte analizzare le tematiche dominanti relativi all'identità etniche e culturali e, Dall'altra, criticarle mostrandone la frequente arbitrarietà e la natura spesso artificialmente costruita. Nel saggio di Hall, al termine "postcoloniale" si attribuisce certamente una connotazione temporale (dopo il coloniale) ma viene inteso anche come un vasto bacino di sentimenti, dinamiche ed esperienze. Dunque, la parola "post" indica i modi in cui si affrontano queste problematiche. Non significa abbandonare questo terreno, ma piuttosto usarlo come punto di riferimento. Il termine "post" si riferisce a un continuo interagire con gli aspetti e le implicazioni del termine che lo segue. Il termine "postcoloniale" riguarda questioni relative all'identità, al colonialismo, alla globalizzazione, alla migrazione, all'ibridismo, al concetto di diaspora, a quello di etnicità e alle forme di nuovo razzismo. L'analisi approfondita di quella inerente alle politiche razziali È centrale nel progetto postcoloniale. Secondo Paul Gilroy, ciò significa esempio riconoscere che "le nozioni riduttive del concetto di cultura che alimentano le politiche razziali di oggi sono legate evidentemente a un modo antico di pensare e di parlare di differenze razziali ed etniche che è fortemente radicato nella storia dell'idea di cultura nel mondo occidentale. In questo modo antico ha trovato spazio la teoria del "fardello dell'uomo bianco", secondo cui il suo destino è quello di sollevare dall'inciviltà e dall'ignoranza gli altri gruppi etnici. Nei secoli, oltre a un’ampia giustificazione per le sottomissioni e le violenze, ciò ha giustificato anche il mantenimento di un atteggiamento critico, diffidente e stereotipato verso tutti i gruppi etnici e le culture, tranne per coloro che avevano stabilito le regole: i bianchi. Le nazioni hanno ognuna un quid di stereotipato, caratteristiche essenziali che differenziano i membri di quella nazione da quelli delle altre e che donano quel senso di nazionalità. Ma quest'idea di nazione è come una moneta con "il senso assoluto di differenza etnica" all'esterno, stampato su un lato, e il senso assoluto di affiliazione all'interno sull'altro. Pertanto, in generale, l'idea di "britannicità" È un prodotto del concetto tradizionale e consolidato di nazione. Se questo concetto è messo in discussione, anche l'idea di "britannicità" perde sostanza. 4. LA SFERA PUBBLICA POSTCOLONIALE Le conseguenze sulla contemporaneità sono quelle che riguardano gli aspetti culturali. Da questa prospettiva, in Gran Bretagna l'idea di cultura e spesso il prodotto di "un insieme di strategie retoriche" che sono i pilastri di un ambiente in cui "le idee di nazione, nazionalità/appartenenza nazionale, e il nazionalismo sono le più importanti in assoluto". Ad esempio un "senso assoluto di differenza etnica che viene massimizzato al fine di distinguere le persone l'una dall'altra e, allo stesso tempo, in modo da farlo diventare la priorità incontestabile rispetto tutte le altre dimensioni delle loro esperienze sociali, storiche, culturali e relative all'identità. Questo senso assoluto è il risultato di un pensiero fortemente essenzialista che lega indissolubilmente l'uno all'altro i binomi identità-cultura ed etnia-nazionalità. Per i postcolonialisti, il tentativo di separare identità culturali da altre sulla base di differenze etniche è ormai inaccettabile nella maggioranza delle società occidentali. In esse, la composizione multiculturale non deve essere vista solo in termini di diversi gruppi etnici che compongono la popolazione, bensì deve essere anche intesa individualmente. Per un postcolonialista, il modo più efficace per descrivere questo tipo di società è quello di usare il prefisso "multi" per ogni individuo, sottolineandone l'identità ibrida, sia in termini di origine che di esperienze. In questo senso, il concetto di identità e rivoluzionario passando dall'idea tradizionalista e stereotipizzata di fissità e specificità geografica, a quella di un'identità fluida composta da esperienze, da mescolanze, in continuo movimento e dunque senza un legame specifico e necessario con l'origine etica. Per proteggersi dalla cultura di predominio, esistono spazi di dissenso e di dibattito. I mass media sono strumenti ambigui nella lotta contro la discriminazione etnica e nel tentativo di ridimensionare grafica mente l'importanza dell'origine etnica e dei giudizi stereotipati basati su di essa. Il modello ideale di sfera pubblica di Habermas non può essere accusato di esclusionismo. Il modello di sfera pubblica habermasiano ha intrinseca la capacità di parlare degli esclusi e di dare spazio a coloro fra questi che vogliono esprimere la propria opinione e discuterla razionalmente.