Scarica Riassunto di Diritto del lavoro e più Sintesi del corso in PDF di Diritto del Lavoro solo su Docsity! DI ELISA IANNONE Elisa Iannone STORIA DIRITTO DEL LAVORO La storia del diritto del lavoro può essere suddivisa in tre periodi principali: 1. Periodo preindustriale: durante questo periodo, il diritto del lavoro non era ancora formalmente riconosciuto come una disciplina indipendente. Tuttavia, venivano adottate alcune norme per regolare le relazioni tra lavoratori e datori di lavoro. Queste norme erano spesso basate su consuetudini e regole locali. 2. Periodo di industrializzazione: con l'avvento dell'industrializzazione, si è reso necessario un maggior controllo delle relazioni di lavoro. Durante questo periodo, sono state introdotte le prime forme di legislazione del lavoro. Sono nate le prime leggi che regolamentavano l'orario di lavoro, la sicurezza nei luoghi di lavoro e i diritti sindacali. 3. Periodo moderno: nel periodo moderno, si è assistito a un ulteriore sviluppo del diritto del lavoro. Sono state introdotte leggi per garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori, come il diritto alla libertà sindacale, il diritto alla contrattazione collettiva e il diritto alla protezione sociale. In questo periodo, il diritto del lavoro si è evoluto per rispondere alle nuove sfide e alle nuove forme di lavoro, come il lavoro autonomo e il lavoro digitale. La storia del diritto del lavoro è caratterizzata da una progressiva consapevolezza dell'importanza dei diritti dei lavoratori e dalla necessità di regolamentare il rapporto tra lavoratori e datori di lavoro in modo equo e bilanciato. DIRITTO SINDACAL Il diritto sindacale è una branca del diritto del lavoro che si occupa delle norme che regolano le relazioni tra lavoratori e sindacati. È finalizzato a garantire la libertà sindacale, il diritto alla contrattazione collettiva e la tutela degli interessi dei lavoratori. Il diritto sindacale si basa su norme internazionali, come le convenzioni dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), e su leggi nazionali che disciplinano l'organizzazione e l'attività dei sindacati. Tra i principali temi trattati dal diritto sindacale vi sono la rappresentanza dei lavoratori, la negoziazione dei contratti collettivi, lo sciopero e la risoluzione delle controversie tra lavoratori e datori di lavoro. Negli ultimi anni, il diritto sindacale ha affrontato nuove sfide a causa dei cambiamenti nel mondo del lavoro, come l'emergere del lavoro digitale e l'aumento del lavoro precario. In risposta a queste sfide, sono state adottate nuove norme per proteggere i diritti dei lavoratori in questi contesti. Il diritto sindacale svolge un ruolo cruciale nel garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori e promuovere un dialogo costruttivo tra le parti coinvolte nelle relazioni industriali. FONTI E ORGANIZZAZIONE Il diritto sindacale si basa principalmente su norme di natura contrattuale collettiva, con pochi interventi del legislatore per disciplinare la materia: le relazioni tra sindacati e datori di lavoro sono poco regolate dalla legge. Nel nostro ordinamento non esiste un atto normativo che disciplini il sindacato. Tuttavia, la dottrina ha colmato questa lacuna normativa. La struttura sindacale si basa su una linea verticale, che organizza i lavoratori in base al settore produttivo, e una linea orizzontale, che organizza i lavoratori in base al luogo di lavoro. La struttura sindacale si articola su quattro livelli. Le strutture orizzontali si occupano principalmente dei compiti politici, mentre le strutture verticali si occupano degli aspetti economici e contrattuali. I compiti principali del sindacato includono la politica sindacale, gli aspetti economici e la negoziazione contrattuale. Pagina di 1 31 DI ELISA IANNONE Elisa Iannone PLURALISMO SINDACALE - In Italia, i sindacati si compongono di organizzazioni distinte sulla base di concezioni culturali, ideologiche e politiche. - Dopo la seconda guerra mondiale, i lavoratori trovano riconoscimento nelle 3 confederazioni CGIL, CISL e UIL, ma ci sono state tensioni e successivamente si è passati a un processo di unità di azione. - Nel 1972, è stato raggiunto un Patto federativo tra CGIL, CISL e UIL che ha portato allo scioglimento delle federazioni. - Questo ha portato alla formazione di sindacati autonomi nel settore terziario, della scuola e dei trasporti, che si identificano con movimenti o professioni specifiche. ORGANIZZAZIONE DATORIALE - Le associazioni datoriali sono state create come risposta al sindacalismo dei lavoratori. - Le associazioni datoriali si organizzano territorialmente attraverso associazioni provinciali e gerarchicamente attraverso organizzazioni di categoria e confederazioni intercategoriali, come Confindustria. TUTELA COSTITUZIONALE - Il principio di libertà sindacale e pluralismo dei sindacati è garantito dall'articolo 39.1 della Costituzione Italiana. - Questo diritto garantisce ai singoli individui la libertà di costituire un sindacato, aderirvi e fare opera di proselitismo. - La libertà sindacale è rafforzata dalle fonti internazionali, come la Convenzione OIL n. 87/1948, e dalla legislazione nazionale, come gli articoli 14 e 15 dello Statuto dei lavoratori. L'articolo 15 vieta atti discriminatori e ne decreta la nullità. - Libertà sindacale positiva: adesione a un sindacato, svolgimento di attività sindacale e partecipazione a uno sciopero. L'articolo 15 della Costituzione garantisce anche il diritto del lavoratore di non aderire a un sindacato senza subire discriminazioni. - Libertà di organizzazione dei sindacati: l'articolo 39 della Costituzione tutela la libertà di organizzazione dei sindacati, lasciandoli liberi di determinare la propria struttura, disciplina interna, obiettivi e strumenti di attività sindacale. - Diritto di sciopero: l'articolo 40 della Costituzione sancisce il diritto di sciopero come una forma di azione sindacale per tutelare gli interessi collettivi. Tuttavia, il datore di lavoro non è obbligato a negoziare o ad aderire ai contratti collettivi. - Soglia di rappresentatività: il Testo Unico sulla rappresentanza del 2014 stabilisce che solo le associazioni sindacali che raggiungono una determinata soglia di rappresentatività possono partecipare alle trattative. Tuttavia, questa clausola non obbliga il datore di lavoro a trattare con i sindacati rappresentativi. - Autotutela sindacale: l'articolo 39.1 della Costituzione legittima le azioni di autotutela dei sindacati, comprese le forme di lotta sindacale. La libertà sindacale trova espressione sia nel diritto pubblico, garantendo l'immunità dell'organizzazione sindacale rispetto allo Stato e ai pubblici poteri, sia nelle relazioni tra privati, come il lavoratore e il datore di lavoro. - Limiti alla contrattazione: sebbene i pubblici poteri non possano condizionare il sindacato in modo autoritario, possono orientare l'attività contrattuale in situazioni di crisi economica o aziendale, imponendo limiti alla contrattazione. Pagina di 2 31 DI ELISA IANNONE Elisa Iannone i privati. Tuttavia, i limiti imposti dalla legge alla contrattazione sindacale devono essere stabiliti nel rispetto del principio di autonomia sindacale. La CGIL ha deciso di firmare l'accordo interconfederale del 2011 nonostante prevedesse le stesse deroghe peggiorative del precedente accordo del 2009. Ciò perché nel frattempo era stata introdotta una normativa di legge, l'articolo 8 della legge 148 del 2010, che permetteva deroghe peggiorative al contratto aziendale da parte del contratto nazionale in casi eccezionali. Poiché questa possibilità era stabilita da una legge e non da un contratto, la CGIL ha ritenuto necessario firmare l'accordo interconfederale. Le regole della contrattazione sono definite nel Trattato Unico (TU) sulla rappresentanza del 2014, firmato da Confindustria, CGIL, CISL e UIL. Il TU è diviso in quattro parti che coprono vari aspetti del diritto sindacale, come la contrattazione collettiva, l'efficacia soggettiva dei contratti, la rappresentanza sindacale e lo sciopero. Prima del TU, potevano partecipare alle negoziazioni solo le organizzazioni che si riconoscevano reciprocamente. Con il TU, possono partecipare alle negoziazioni le organizzazioni che rispettano il sistema di misurazione della rappresentatività sindacale e i criteri di maggioranza. - I sindacati che partecipano alla contrattazione devono rappresentare almeno il 5% dei lavoratori di quella categoria. - La percentuale di rappresentatività sindacale si calcola considerando il dato associativo e il dato elettorale delle RSU. - La soglia per l'efficacia erga omnes del contratto è rappresentata da sindacati che rappresentano almeno il 50%+1 dei lavoratori. - Se le varie associazioni sindacali superano la soglia del 50%+1 dei lavoratori, il contratto collettivo è applicabile a tutti i lavoratori dell'azienda. LIMITI DEL TU E CCNL - Il testo unico sulla rappresentanza non è completamente operativo, in quanto manca il personale per calcolare quali sindacati possono partecipare alla contrattazione. Inoltre, i sindacati spesso non vogliono dichiarare i propri iscritti, quindi ancora opera il principio di mutuo riconoscimento. - Il contratto collettivo nazionale (CCNL) è il livello prevalente e si applica all'ambito categoriale in base alla contrattazione delle parti. Esso regola tutte le questioni relative al rapporto di lavoro. - Il processo di stipula del CCNL prevede che, prima della scadenza del contratto precedente, i sindacati presentino una piattaforma rivendicativa ai datori di lavoro. Successivamente, si avviano le trattative, eventualmente con dei periodi di raffreddamento. Una volta raggiunto l'accordo, il contratto sostituisce quello precedente. - Il contratto collettivo vale non solo per chi lo ha stipulato, ma anche per i sindacati che non hanno partecipato alle trattative. Questo significa che essi possono sottoscrivere il contratto. - Se il contratto collettivo non viene rinnovato, ai lavoratori viene applicato il contratto precedente fino a quando non viene raggiunto un nuovo accordo. Questo principio, chiamato ultrattività del contratto scaduto, è stabilito dai giudici e non dalla legge. Pagina di 5 31 DI ELISA IANNONE Elisa Iannone EFFICACIA SOGGETTIVA DEL CCNL SECONDO I CANONI PRIVATISTICI NAZIONALI - La legge Vigorelli, dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale nel 1962, prevedeva la possibilità di prendere il contenuto di ogni contratto collettivo e metterlo in un decreto legislativo per renderlo valido per tutti (erga omnes), ma questa modalità non rispettava l'art. 39 della Costituzione che prevede determinati passaggi. - Affinché il contratto collettivo abbia effetti, deve riguardare non solo i sindacati, ma anche i lavoratori iscritti ad essi. Si fa riferimento all'istituto della rappresentanza previsto dall'art. 1388 del codice civile, in cui il contratto collettivo produce i suoi effetti nei confronti dei lavoratori rappresentati dal sindacato. - Il contratto collettivo si applica a tutti i lavoratori di un datore di lavoro affiliato al sindacato firmatario del CCNL, sia che siano iscritti o meno ad un sindacato. - Nel caso in cui il datore di lavoro non sia affiliato all'associazione che ha stipulato il CCNL, è possibile che venga fatto un contratto individuale che preveda l'integrazione del CCNL. Questa integrazione può essere esplicita, tramite un rinvio espresso al CCNL, o tacita, attraverso un comportamento concludente del datore di lavoro che rispetta un determinato contratto collettivo. - Un aspetto importante dell'efficacia del CCNL è relativo ai minimi di retribuzione, che hanno efficacia erga omnes. L'UE ha recentemente approvato una direttiva che prevede la fissazione di salari minimi tramite legge in tutti i paesi membri. I paesi che prevedono salari minimi tramite il CCNL sono obbligati a creare una legge se il CCNL non copre il 70% dei lavoratori. In Italia, il CCNL copre il 90% dei contratti con salario minimo. - Un secondo canale per l'efficacia erga omnes di un contratto è quando viene stabilito esplicitamente che tutti sono vincolati da esso. TU Il Testo Unico prevede che quando il testo unico è applicato ed efficace, avrà valore erga omnes, cioè per tutti. Per quanto riguarda l'efficacia soggettiva del contratto collettivo di diritto comune, questo tipo di contratto appartiene alla categoria dei contratti di diritto comune, ma è necessario individuare un meccanismo che consenta di produrre effetti anche nella sfera giuridica del singolo datore di lavoro e del singolo lavoratore. La giurisprudenza ha utilizzato l'istituto della rappresentanza per risolvere questa problematica, permettendo ai sindacati o alle associazioni datoriali di agire in nome e per conto dei singoli lavoratori o datori di lavoro nell'ambito del rapporto individuale di lavoro. Tuttavia, per i contratti collettivi, vi è un'eccezione al principio della bilateralità perfetta, in cui solo le due parti sono vincolate. Infatti, l'iscrizione del datore di lavoro o dei lavoratori a sindacati o associazioni datoriali non è sufficiente per l'applicazione del contratto collettivo nel loro rapporto di lavoro. È necessaria anche l'iscrizione del datore di lavoro o del lavoratore con cui si sta stipulando il contratto all'associazione sindacale o datoriale stipulante. Tuttavia, la giurisprudenza ha cercato di estendere l'ambito di applicazione della rappresentanza nel corso degli anni, ritenendo che il contratto collettivo possa trovare applicazione nei confronti di quei soggetti che abbiano aderito in modo esplicito o implicito. L'adesione esplicita avviene quando il contratto individuale fa riferimento al contratto collettivo come fonte regolatrice del rapporto di lavoro. In questo caso, il datore di lavoro non può liberarsi unilateralmente dall'applicazione del contratto collettivo una volta che lo ha accettato. L'adesione implicita avviene quando Pagina di 6 31 DI ELISA IANNONE Elisa Iannone il contratto collettivo viene applicato spontaneamente, ad esempio tramite l'applicazione di numerose clausole significative del contratto collettivo. In questo caso, il datore di lavoro è tenuto ad applicare l'intero contratto collettivo. La differenza sostanziale tra questi due modi di adesione al contratto collettivo da parte del datore di lavoro riguarda gli effetti. Nel caso dell'adesione esplicita, il rinvio al contratto collettivo opera nei confronti di tutti i contratti collettivi successivi. Nel caso dell'adesione implicita, il rinvio è limitato al contratto collettivo a cui il datore di lavoro si è riferito. La giurisprudenza ha cercato di estendere l'ambito di applicabilità del contratto collettivo, anche ai lavoratori non iscritti al sindacato stipulante, sostenendo che il datore di lavoro non può discriminare tra lavoratori iscritti e non iscritti e deve applicare il contratto sottoscritto sia ai lavoratori non iscritti ad un sindacato sia ai lavoratori iscritti ad un sindacato. EFFICACIA OGGETTIVA DEL CONTRATTO COLLETTIVO: RAPPORTI TRA IL CCNL E LE ALTRE FONTI. - Se viene stipulato un nuovo contratto collettivo nazionale, si applica il principio cronologico e quello nuovo può modificare quello vecchio, sia in miglioramento che in peggioramento, ma non può toccare i diritti già maturati dal lavoratore. Non ha efficacia retroattiva. - Nella situazione in cui esista un contratto collettivo di livello diverso, come uno nazionale e uno aziendale, possono verificarsi tre ipotesi: 1. se le norme dei contratti non riguardano gli stessi istituti, si applicano entrambi; 2. se le norme riguardano lo stesso istituto ma non sono in contrasto, si applicano entrambe; 3. se le norme riguardano lo stesso istituto ma in maniera contrastante, il giudice decide quale norma applicare. Di solito, la giurisprudenza stabilisce che il contratto aziendale può essere applicato se migliora o peggiora il contratto nazionale. - Il rapporto tra legge e contratto collettivo prevede che il CCNL possa derogare alla legge solo se ha un scopo migliorativo e viceversa. Tuttavia, questa deroga può avvenire solo nell'ambito privato, mentre il CCNL pubblico non può mai derogare alla legge. Ad esempio, se la legge stabilisce un salario minimo di 8 euro, ma SE il CCNL stabilisce 9 euro, si applicherà il CCNL. - Il contratto individuale può solo migliorare la legge e non può derogare al CCNL o alla legge in senso peggiorativo. - Nel rapporto tra contratto collettivo nazionale e contratto individuale, nel settore pubblico vale sempre il contratto collettivo nazionale, sia in senso migliorativo che peggiorativo. Nel settore privato, il contratto individuale può derogare al contratto collettivo nazionale solo in senso migliorativo. Pagina di 7 31 DI ELISA IANNONE Elisa Iannone Inoltre, lo Statuto dei Lavoratori prevede un procedimento speciale chiamato "procedimento di repressione della condotta antisindacale" (art. 28 S.L.) per affrontare comportamenti del datore di lavoro che limitano o impediscono l'esercizio della libertà e attività sindacale o del diritto di sciopero. In caso di violazione, il sindacato locale può attivare questo procedimento presentando una richiesta al giudice del lavoro competente. Il giudice può emettere un decreto con contenuto inibitorio e ripristinatorio per mettere fine al comportamento illegittimo del datore di lavoro. Se le parti non sono d'accordo con il decreto, possono impugnarlo entro 15 giorni. Se il datore di lavoro continua a perseguire comportamenti illegittimi nonostante sia stato condannato dal giudice, può affrontare un procedimento penale per inosservanza di un ordine della pubblica autorità. LO SCIOPERO EVOLUZIONE STORICA: - Reato: inizialmente considerato un reato nel periodo dell'unità d'Italia, sanzionato con pene detentive. Questo perché lo sciopero era visto come un inadempimento contrattuale. - Libertà: successivamente, durante il periodo del codice penale Zanardelli, lo sciopero viene riconosciuto come una libertà sul piano penale, ma ancora considerato un inadempimento contrattuale sul piano civile. - Diritto: con l'entrata in vigore della Costituzione Italiana nel 1948, lo sciopero viene riconosciuto come un diritto sia sul piano penale che civile, non più considerato un inadempimento contrattuale. LA DISCIPLINA DELLO SCIOPERO: - Normativa inadeguata: non esistono leggi specifiche che disciplinano lo sciopero in Italia, ad eccezione della legge 146/1990 che riguarda solo alcuni tipi di sciopero in settori specifici. - Intervento della Corte Costituzionale: la Corte Costituzionale ha negato l'applicabilità del reato di sciopero previsto nel Codice Rocco, dichiarandolo incostituzionale. - Competenza dell'Unione Europea: lo sciopero non rientra tra le competenze dell'Unione Europea, come previsto dal Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE). EFFETTI DELLO SCIOPERO COME DIRITTO: - Nei confronti dello Stato: non può essere previsto alcun provvedimento normativo che sanzioni lo sciopero, in quanto ciò sarebbe contrario alla Costituzione. - Nei confronti dei privati: il datore di lavoro non può limitare o impedire il diritto di sciopero dei lavoratori. In caso di ostacoli al diritto di sciopero, il sindacato può agire in giudizio per condotta antisindacale. - Sospensione delle obbligazioni contrattuali: durante lo sciopero, il lavoratore non è tenuto a eseguire la prestazione lavorativa e il datore di lavoro non è tenuto a retribuire le ore non lavorate. - Crumiraggio interno: il datore di lavoro può sostituire con personale interno i lavoratori in sciopero, ma non può ricorrere ad esternalizzazioni o crumiraggio esterno. Pagina di 10 31 DI ELISA IANNONE Elisa Iannone TITOLARE DEL DIRITTO DI SCIOPERO L'articolo 40 del Testo Unico non specifica chi sia il titolare del diritto di sciopero, utilizzando un formulazione impersonale. Tuttavia, l'interpretazione prevalente esclude che il sindacato sia l'unico titolare di questo diritto, permettendo anche a gruppi di lavoratori spontanei di esercitarlo. Secondo la teoria attuale, il diritto di sciopero è un diritto individuale ad esercizio collettivo. Ciò significa che ogni lavoratore ha il diritto di esercitare lo sciopero, ma non da solo. Lo sciopero presuppone un interesse collettivo, non individuale. Sono considerati titolari del diritto di sciopero non solo i lavoratori subordinati, ma anche i para-subordinati, che pur essendo autonomi effettivamente svolgono un lavoro dipendente, come ad esempio i rider e i lavoratori delle piccole industrie. Tuttavia, ci sono casi in cui l'astensione non può essere qualificata come uno sciopero. Ad esempio, gli avvocati non possono scioperare in quanto non hanno diritto allo sciopero, ma godono di una libertà professionale diversa. ATTUAZIONE DELLO SCIOPERO - Le modalità dello sciopero prevedono un'astensione totale e continuativa del lavoro per un determinato periodo di tempo. - Sono state discusse forme di sciopero anomale, come lo sciopero a scacchiera, lo sciopero a singhiozzo e lo sciopero parziale, che comportano una sospensione parziale o intermittente del lavoro. - Queste forme di sciopero implicano un minor sacrificio in termini di perdite retributive per i lavoratori, ma comportano un costo maggiore per il datore di lavoro in termini di disorganizzazione produttiva. - La giurisprudenza ha stabilito che anche queste forme di sciopero possono essere legittime, a condizione che non causino danni duraturi alla capacità produttiva dell'impresa. NATURA GIURIDICA DELLO SCIOPERO: - Lo sciopero è considerato un fatto giuridico, ossia un evento al quale l'ordinamento giuridico attribuisce effetti giuridici. - Il datore di lavoro ha il diritto di sospendere la retribuzione dello scioperante, comprese le voci accessorie come la tredicesima mensilità. - La quantità della retribuzione sospesa non è proporzionale al suo ammontare, ma viene calcolata anche in base all'utilità che il datore di lavoro ha perso a causa dello sciopero. LIMITI Fino agli anni '80, i giudici definivano lo sciopero attraverso una tecnica definitoria che richiedeva l'astensione concertata dal lavoro per tutelare un interesse professionale collettivo. Questa definizione limitava la legittimità dello sciopero solo se rientrava in tale definizione. Negli anni successivi, sono emersi ulteriori elementi che sono stati considerati nel valutare la legittimità dello sciopero, come l'astensione totale della giornata e la completezza dell'astensione in termini di tempo e lavoratori coinvolti. Questi elementi hanno reso inapplicabile la tutela costituzionale se anche solo uno di essi mancava, poiché non sarebbe rientrato nell'ambito dell'articolo 40 della Costituzione. Pagina di 11 31 DI ELISA IANNONE Elisa Iannone Tuttavia, dopo gli anni '80, con una sentenza della Corte Suprema, è stato dichiarato che la nozione di sciopero può essere desunta solo dalla prassi, superando così la tecnica definitoria e ampliando la definizione dell'articolo 40. La Corte Costituzionale ha stabilito alcuni limiti relativi allo sciopero. Ad esempio, lo sciopero per fini contrattuali è stato considerato incostituzionale poiché lo sciopero dovrebbe riguardare solo miglioramenti contrattuali. Inoltre, lo sciopero politico puro è considerato una libertà e non un diritto, consentendo al datore di sanzionare i lavoratori. Tuttavia, lo sciopero economico-politico, come uno sciopero contro una legge o una politica specifica, è considerato un diritto poiché riguarda lo stato di lavoratore. I limiti derivanti dalla libertà di iniziativa economica includono forme anomale di sciopero che erano considerate illegittime prima della sentenza della Cassazione del 1980. Tuttavia, la sentenza ha introdotto una distinzione tra il danno alla produzione, considerato legittimo, e il danno che danneggia la produttività, considerato illegittimo e contrario all'articolo 41 della Costituzione che garantisce che l'iniziativa economica privata non può recare danno alla salute, all'ambiente, alla sicurezza, alla libertà o alla dignità umana. La Legge 146/1990 disciplina lo sciopero nei servizi pubblici essenziali. In questi casi, sebbene sia possibile esercitare legalmente lo sciopero, si considerano anche i diritti dei terzi coinvolti (ad esempio, pazienti negli ospedali o passeggeri con gli autisti) e la legge cerca di bilanciare l'esercizio del diritto di sciopero con i diritti garantiti anche ai terzi. FINALITÀ DELLO SCIOPERO - Le finalità dello sciopero possono essere diverse: 1. Finalità economico-professionali: mira a ottenere migliori condizioni di lavoro. 2. Sciopero di solidarietà: i lavoratori scioperano in sostegno alla posizione di altri lavoratori. 3. Sciopero politico: mira a influenzare le istituzioni. 4. Sciopero di protesta: diretto contro provvedimenti dei datori di lavoro nei confronti di altri lavoratori. La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l'articolo 502 del codice penale che sanzionava lo sciopero per fini contrattuali e ha stabilito le seguenti definizioni: 1. Lo sciopero di solidarietà è legittimo quando vi è un'effettiva connessione tra gli interessi disciplinati e quelli della categoria in solidarietà. 2. Lo sciopero che sovverte l'ordine costituzionale o ostacola il funzionamento delle istituzioni democratiche è ancora perseguibile penalmente. 3. Lo sciopero politico puro, diretto a contrastare i provvedimenti del governo, è considerato una libertà e non un diritto, con conseguente inadempimento contrattuale. 4. Lo sciopero politico-economico è riconosciuto come un diritto lecito sia penalmente che civilmente. IL LAVORO SUBORDINATO: - La subordinazione determina l'applicazione della normativa protettiva nel diritto del lavoro. - Nel tempo, sono aumentate anche le tutele per i lavoratori autonomi, ma il diritto del lavoro ha seguito una logica di "o tutto o niente" a favore del lavoratore subordinato. - È fondamentale capire chi rientra nella categoria di lavoratore subordinato e quali tutele si applicano a lui. - Nel caso di lavoratore autonomo, è importante determinare quali tutele debbano essere applicate anche a lui. Pagina di 12 31 DI ELISA IANNONE Elisa Iannone La Legge 81/2017, conosciuta come il Jobs Act, ha introdotto ulteriori tutele per i lavoratori autonomi, come la copertura previdenziale in caso di malattia, infortunio e maternità. Lavoratori e committenti devono versare contributi a fini previdenziali al momento della stipula del contratto autonomo. Altre tutele sono previste anche tramite la cassa di categoria o la gestione separata dell'INPS. La Legge 128 del 2019 ha introdotto ulteriori tutele per i lavoratori autonomi che svolgono il lavoro tramite piattaforme digitali, come i rider. Queste tutele prevedono livelli minimi di protezione per i lavoratori che effettuano consegne di beni per conto altrui, come l'uso di biciclette o veicoli a motore. Un esempio significativo dell'evoluzione delle tutele per i lavoratori autonomi è stato il caso dei rider di Deliveroo, che ha portato alla prima sentenza italiana sulla discriminazione algoritmica. Il tribunale ha stabilito che il lavoratore era stato discriminato poiché l'algoritmo utilizzato dalla piattaforma assegnava i turni in modo discriminatorio sulla base di alcune caratteristiche dei lavoratori. Questa sentenza ha contribuito ad ampliare le tutele e i diritti dei lavoratori autonomi. CO.CO.CO Il lavoro parasubordinato è una forma contrattuale che combina caratteristiche sia del lavoro autonomo che del lavoro subordinato. Si riferisce a una prestazione di lavoro autonomo ma con dipendenza economica dal committente, che spesso si traduce in un rapporto di mono-committenza. La norma 409 del Codice di Procedura Civile disciplina le controversie individuali di lavoro e si applica anche a tipi di lavoro diversi da quello subordinato, come i rapporti di collaborazione continuativa e coordinata, pur non essendo a carattere subordinato. Il lavoro parasubordinato presenta alcune caratteristiche principali: 1. Continuità della prestazione: la prestazione di lavoro è diretta a soddisfare un interesse durevole del committente e si protrae nel tempo. 2. Carattere prevalentemente personale: anche se non in modo esclusivo come nel lavoro subordinato, il lavoro parasubordinato richiede un coinvolgimento personale del lavoratore. 3. Coordinamento: il coordinamento riguarda l'individuazione del risultato atteso dalla collaborazione, a differenza dell'etero-direzione che implica anche l'esecuzione dell'attività. L'organizzazione dell'attività lavorativa è svolta autonomamente dal collaboratore, secondo le modalità di coordinamento concordate con il committente. La disciplina del lavoro parasubordinato ha cercato di estendere progressivamente alcune norme protettive riferite al lavoro subordinato. Ad esempio, è stata introdotta un'assicurazione pensionistica obbligatoria presso l'INPS, con una contribuzione a carico sia del committente che del collaboratore. È prevista anche l'iscrizione obbligatoria del collaboratore all'INAIL e l'applicazione delle stesse modalità di corresponsione della retribuzione e di prelievo delle imposte previste per i lavoratori subordinati. Sono state previste indennità per il congedo obbligatorio di maternità e di congedo paternale, nonché un'indennità di disoccupazione a carico dell'INPS. Negli ultimi anni si è verificata una proliferazione di contratti di lavoro parasubordinato, soprattutto nelle amministrazioni pubbliche. Questo fenomeno è stato dovuto al blocco prolungato dei concorsi pubblici e alla necessità di ricorrere a collaborazioni quando non è possibile assumere personale in modo permanente. Pagina di 15 31 DI ELISA IANNONE Elisa Iannone LA COLLABORAZIONE ETERO-ORGANIZZATA È disciplinata dall'articolo 2 del Jobs Act, si differenzia dalla collaborazione etero-diretta. Nella collaborazione etero-organizzata, il committente determina le principali modalità di esecuzione del lavoro senza esercitare un potere direttivo sul collaboratore. Questo significa che il collaboratore ha poco o nessun margine di autonomia organizzativa nell'esecuzione delle proprie attività. La collaborazione etero-organizzata è diversa dal coordinamento, presente ad esempio nei contratti di co.co.co. Nel caso della collaborazione etero-organizzata, il collaboratore ha una maggiore autonomia nella determinazione e gestione delle modalità di prestazione, ma solo dopo che il committente ha specificato il risultato atteso della prestazione stessa. Tuttavia, alle collaborazioni etero-organizzate viene applicata la disciplina del lavoro subordinato, con alcune eccezioni. Queste includono le collaborazioni regolate da contratti collettivi stipulati da sindacati più rappresentativi a livello nazionale, le collaborazioni nel campo delle professioni intellettuali che richiedono l'iscrizione in albi professionali e le attività svolte dai membri di organi di amministrazione e controllo di società e dai partecipanti a collegi e commissioni nel loro esercizio delle funzioni. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1663/2020, ha confermato che i rider di Foodora, pur essendo esclusi dalla qualifica di lavoratori subordinati, devono comunque essere considerati come lavoratori etero-organizzati e, di conseguenza, la disciplina del lavoro subordinato deve essere applicata a tale rapporto di lavoro autonomo. Diversamente, il Tribunale di Palermo nella sentenza n. 3570/2020 ha riconosciuto per la prima volta l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra un rider e l'azienda Glovo. Queste decisioni contribuiscono a delineare la controversa natura delle collaborazioni etero-organizzate e la discussione sulla loro qualificazione giuridica. PROTEZIONE NEL MERCATO Le protezioni nel mercato del lavoro sono strumenti essenziali per garantire la tutela del lavoratore durante il rapporto di lavoro. Queste protezioni sono necessarie per correggere lo squilibrio contrattuale tra le parti coinvolte e sono previste da norme inderogabili. L'obiettivo è garantire i diritti e le condizioni di lavoro del dipendente, nonché la sua sicurezza e salute sul posto di lavoro. Tali protezioni includono la regolamentazione dell'orario di lavoro, la prevenzione di discriminazioni, la tutela della retribuzione e altri diritti correlati. Questo equilibrio normativo contribuisce a creare un ambiente di lavoro giusto e sicuro. Quando si parla di protezioni nel mercato del lavoro, si fa riferimento a tre politiche principali: 1. Politiche attive del lavoro: queste sono iniziative a livello nazionale o locale che mirano a favorire l'occupazione e aiutare i lavoratori a trovare lavoro. Tuttavia, queste politiche non sono sufficienti da sole per garantire la protezione del lavoratore nel mercato del lavoro, quindi vengono affiancate da politiche passive. 2. Politiche di flessibilità: si tratta di strumenti che consentono al datore di lavoro di scegliere tra diverse opzioni contrattuali, in modo da rendere il mercato del lavoro più flessibile. Ciò include la possibilità di stipulare diversi tipi di contratti di lavoro, oltre al contratto a tempo indeterminato, per agevolare l'ingresso e l'uscita dei lavoratori dal mercato. La flessibilità in uscita si riferisce alla semplificazione delle procedure di cessazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro. 3. Politiche di sicurezza: per bilanciare la flessibilità, è necessario garantire la sicurezza dei lavoratori. Ciò viene realizzato attraverso l'istituzione di una rete di sicurezza sociale, nota anche come ammortizzatori sociali, che sostiene i lavoratori in situazioni di disoccupazione o di temporanea mancanza di lavoro. Queste politiche mirano a garantire Pagina di 16 31 DI ELISA IANNONE Elisa Iannone la stabilità economica e sociale dei lavoratori. Queste politiche sono state influenzate dalla tendenza della flexicurity, che cerca di ricercare un equilibrio tra flessibilità e sicurezza nel mercato del lavoro. L'obiettivo è creare un mercato del lavoro in cui sia possibile una maggiore flessibilità nell'ingresso e nell'uscita dal lavoro, mantenendo al contempo una rete di protezioni e ammortizzatori sociali per i lavoratori. Quindi, se questo modello funzionasse, la perdita del lavoro non sarebbe un problema grazie all'aiuto dello Stato. Questo modello è stato mediato dalle istituzioni europee e implementato con successo in Danimarca e Olanda negli anni '90. Tuttavia, ogni paese ha caratteristiche diverse, quindi non è possibile trasferire direttamente questo modello ad altri Stati. La Commissione Europea ha promosso questo modello attraverso il Libro Verde sulla Flexicurity nel 2006, e l'Italia ha cercato di adattarsi a questa prospettiva attraverso il Jobs Act del 2015. È importante valutare i risultati di queste iniziative. Le politiche attive del lavoro cercano di mediare tra domanda e offerta di lavoro. In passato, questa funzione era svolta dai sindacati e dai caporali. Tuttavia, l'attività dei caporali è ora considerata illecita e solo i soggetti autorizzati possono svolgere questa funzione. Secondo le convenzioni dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro, i servizi di collocamento devono essere gratuiti, indipendentemente dal fatto che siano forniti da enti pubblici o privati. In Italia, nel 1949, la legge n. 264 introduceva il Monopolio Statale sul collocamento della mano d'opera, concedendo al governo il controllo dei servizi per far incontrare la domanda e l'offerta di lavoro. Tuttavia, questa legge è stata ampiamente elusa e inefficace nel corso degli anni, poiché i datori di lavoro desideravano assumere i propri dipendenti selezionandoli direttamente. Pertanto, sono state apportate modifiche successive per correggere questa legge. Nel 1991, la legge n. 223 ha introdotto la richiesta nominativa anziché la richiesta numerica, consentendo ai datori di lavoro di scegliere i lavoratori da una lista limitata. Nel 1996, la legge n. 608 ha introdotto il principio dell'Assunzione diretta del lavoratore, senza dover passare necessariamente attraverso gli uffici di collocamento. Tuttavia, il principio del monopolio pubblico è rimasto invariato, con lo Stato come unico mediatore, creando problemi in quanto i privati desideravano entrare nel settore. Pertanto, un avvocato di nome Pietro Echino ha avviato una causa strategica sollevando la questione del monopolio statale davanti alla Corte di Giustizia dell'UE, evidenziando il contrasto con i principi di libera concorrenza dell'Unione Europea. La Corte di Giustizia ha condannato l'Italia, portando alla creazione di un decreto legislativo nel 1997, il numero 469, che ha effettivamente superato il monopolio pubblico del collocamento consentendo ai privati di partecipare come mediatori, se autorizzati dallo Stato. Questo decreto ha trasferito le funzioni di collocamento dalla competenza statale alla competenza condivisa tra Stato e Regioni. Successivamente, il Jobs Act del 2015 ha portato a una riorganizzazione dei servizi per il lavoro, cercando di coordinare meglio le politiche attive del lavoro con quelle passive. Tuttavia, la gestione delle politiche attive è stata complessa a causa di riforme costituzionali e delle differenze operative dei Centri per l'impiego a livello provinciale, considerando anche il progressivo superamento delle province a favore delle Città Metropolitane. Infine, dal 2019 in Italia è stato introdotto il Reddito di Cittadinanza, che ha rappresentato una nuova competenza per i Centri per l'impiego, comportando una maggiore richiesta di risorse da parte di tali uffici. Il Jobs Act ha creato l'ANPAL, agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, per coordinare gli enti e i centri per l'impiego a livello locale. Sono state create anche agenzie per il lavoro, soggetti privati che possono collaborare con la rete pubblica degli Uffici per l'impiego, ma devono avere determinate caratteristiche per operare legalmente. Le politiche passive del lavoro sono strumenti di sostegno al reddito. Le politiche di sostegno alla formazione continua sono fondamentali lungo tutto il percorso lavorativo, soprattutto con i continui progressi tecnologici. Pagina di 17 31 DI ELISA IANNONE Elisa Iannone - Il lavoratore può decidere di non firmare il contratto se è in contrasto con la clausola di patto di prova, ma spesso non c'è possibilità di contrattazione e la scelta è tra accettare il contratto o cercare un'altra opportunità. - Durante il periodo di prova, entrambe le parti possono recedere senza preavviso né giustificazione. - Alla fine del periodo di prova, se nessuna delle due parti recede dal contratto, il contratto diventa definitivo e il servizio prestato viene computato nell'anzianità di lavoro del lavoratore. - Durante il periodo di prova, il lavoratore ha gli stessi diritti dei lavoratori regolari e la prova deve essere condotta secondo i principi di buona fede e correttezza. Le violazioni di tali principi possono includere periodi di prova troppo brevi, mansioni diverse da quelle previste nel contratto o descrizioni di mansioni troppo generiche che non consentono una vera prova delle capacità del lavoratore. OBBLIGHI DEL LAVORATORE SUBORDINATO Gli obblighi del lavoratore subordinato derivano automaticamente dalla stipulazione del lavoro subordinato e sono previsti agli articoli 2104 e 2105 del Codice Civile italiano. I tre principali obblighi del lavoratore sono: 1. Obbligo di diligenza: Il lavoratore deve svolgere la sua prestazione lavorativa con la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall'interesse dell'impresa e dall'interesse superiore della produzione nazionale. La diligenza implica fare bene il proprio lavoro in modo che la prestazione sia corretta. 2. Obbligo di obbedienza: Il lavoratore deve osservare le disposizioni impartite dall'imprenditore e dai collaboratori di quest'ultimo dai quali gerarchicamente dipende. Ciò significa che il lavoratore deve rispettare il potere direttivo del datore di lavoro e conformarsi alle direttive che riguardano l'esecuzione del lavoro. Tuttavia, il datore non può obbligare il lavoratore ad obbedire a richieste che eccedono dalla natura del lavoro. 3. Obbligo di fedeltà: Il lavoratore non deve trattare affari in concorrenza con l'imprenditore né divulgare informazioni riguardanti l'organizzazione e i metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare pregiudizio all'azienda. La fedeltà implica rispettare i principi di correttezza e buona fede presenti nel contratto. Inoltre, la fedeltà si declina in due obblighi: 1. Obbligo di non concorrenza: Il lavoratore, in virtù del contratto, si impegna a non svolgere attività concorrenti nel settore lavorativo del datore di lavoro. Ad esempio, un pizzaiolo che lavora per una pizzeria non può, nei giorni liberi, lavorare per un'altra catena di ristoranti come pizzaiolo, creando concorrenza alla sua pizzeria. 2. Obbligo di riservatezza: È vietato al lavoratore divulgare informazioni riservate o non accessibili al pubblico a cui viene a conoscenza durante il suo lavoro. Ad esempio, se il lavoratore conosce la ricetta segreta della Coca-Cola, ha il divieto di divulgarla. Per prevenire la divulgazione di queste informazioni dopo la fine del contratto, il datore di lavoro può proporre al lavoratore un "patto di non concorrenza". Questo accordo vincola il lavoratore a mantenere la non concorrenza anche dopo la scadenza del contratto, in cambio di una compensazione economica. Gli obblighi sopra citati non sono negoziabili in un contratto individuale, ma sono normati dal codice civile italiano e quindi dalla legge, rendendo l'ignoranza della legge non un'excusante. Pagina di 20 31 DI ELISA IANNONE Elisa Iannone VIZI DEL CONTRATTO I vizi del contratto di lavoro possono includere: 1. Mancato rispetto della forma scritta, se questa è richiesta per validità del contratto. 2. Violazione di norme imperative di legge, che può rendere il contratto nullo. 3. Carenza di capacità o vizio della volontà di uno dei contraenti, che può rendere il contratto annullabile. 4. Nonostante l'invalidità del contratto, esistono disposizioni speciali che proteggono i lavoratori. L'articolo 2126.1 del codice civile stabilisce che la nullità o l'annullamento del contratto di lavoro non produce effetti per il periodo in cui il rapporto di lavoro è stato eseguito. Questo è noto come "prestazione di fatto". 5. Di conseguenza, il lavoratore ha diritto al pagamento della retribuzione e al versamento dei contributi per il periodo in cui il rapporto di lavoro è stato eseguito, nonostante i vizi del contratto. 6. Tuttavia, se il contratto è nullo a causa dell'illiceità dell'oggetto della causa, il lavoratore potrebbe non avere diritto a protezione. Questa eccezione si applica solo se l'illiceità deriva dalla violazione di norme posta a protezione del lavoratore, come stabilito dall'articolo 2126.2 del codice civile. INQUADRAMENTO DEI LAVORATORI: Nel primo modello di inquadramento, ad ogni lavoratore viene attribuita una categoria, una qualifica e una mansione. La categoria indica il livello generale di appartenenza, la qualifica individua il complesso di mansioni che il lavoratore dovrà svolgere, mentre la mansione rappresenta i compiti concreti che il lavoratore deve eseguire. CATEGORIE DI LAVORATORI: Le categorie di lavoratori possono essere di origine legale, definite dall'articolo 2095 del Codice Civile. Queste categorie includono: 1. Operai: La distinzione tra impiegati e operai, basata sullo svolgimento di lavoro prevalentemente manuale, è stata meno rilevante nel tempo. 2. Dirigenti: Sono lavoratori subordinati che possono esercitare alcune prerogative datoriali. 3. Quadri: Sono coloro che svolgono funzioni di sviluppo e attuazione degli obiettivi dell'impresa, definiti dalla Legge 195/1985. 4. Impiegati: La Legge non fornisce una definizione specifica per questa categoria di lavoratori. POTERE DIRETTIVO: L'eterodirezione, definita dall'articolo 2094 del Codice Civile, rappresenta il potere col quale il datore di lavoro specifica la prestazione che il lavoratore deve fornire. Questo potere si attua attraverso l'assegnazione delle mansioni nel contratto di lavoro. Il lavoratore ha l'obbligo di obbedienza rispetto a quanto richiesto dal datore di lavoro, ma questo non si estende a comportamenti privati se non sono rilevanti per la prestazione lavorativa. Il potere direttivo comprende anche il potere di variare i compiti assegnati, sanzionare il lavoratore e controllarlo. Pagina di 21 31 DI ELISA IANNONE Elisa Iannone IUS VARIANDI Le categorie di lavoratori possono essere previste dalla contrattazione collettiva e includono operai, dirigenti, quadri e impiegati. Negli anni '60 è stato introdotto il modello di inquadramento unico, che ha ridotto l'importanza del concetto di "categoria" e ha creato un'unica scala identificatoria con vari livelli. In ogni livello di inquadramento sono previste delle dichiaratorie che descrivono le caratteristiche essenziali per appartenere a quel livello. Dai profili professionali riconducibili alle dichiaratorie derivano il trattamento e la retribuzione economica del lavoratore. Il datore di lavoro ha il potere di modificare le mansioni del lavoratore, ma vi sono limiti imposti dalla normativa per evitare un utilizzo illimitato di questo potere. L'articolo 2103 del Codice Civile regola il potere di ius variandi, stabilendo che il lavoratore può essere adibito alle mansioni per cui è stato assunto, a mansioni equivalenti o a mansioni superiori. L'equivalenza tra due mansioni può essere determinata sia in base al livello di inquadramento contrattuale che in base a criteri soggettivi stabiliti dai giudici. Il lavoratore ha diritto alla retribuzione superiore corrispondente se svolge mansioni superiori per più di tre mesi, tranne nel caso in cui sostituisca un altro lavoratore con diritto alla reintegrazione del posto. Il demanzionamento, ovvero l'assegnazione di mansioni inferiori, è vietato e può comportare la nullità del demanzionamento e la reintegrazione nella mansione originaria. Tuttavia, la giurisprudenza ammetteva la possibilità di accordi di demanzionamento se fossero nel interesse del lavoratore. MUTAMENTO DEL LUOGO DI LAV RO Il contratto di lavoro può determinare il luogo in cui il lavoratore deve svolgere la sua attività, ma il datore di lavoro ha il potere di modificare unilateralmente tale luogo nel corso del rapporto di lavoro, entro certi limiti. 1. Trasferta: quando il lavoratore viene temporaneamente assegnato a una sede diversa da quella abituale per motivi organizzativi dell'azienda. In questo caso, il lavoratore ha diritto a un'indennità di trasferta e al rimborso delle spese sostenute, come previsto dalla contrattazione collettiva. 2. Trasferitismo: si tratta di una situazione in cui il lavoratore ha pattuito fin dall'inizio del rapporto di lavoro di svolgere la propria prestazione in luoghi diversi per il tipo e le caratteristiche dell'impresa in cui è inserito. 3. Trasferimento: avviene quando il lavoratore viene spostato da un'unità produttiva a un'altra per motivi tecnici, organizzativi e produttivi. L'unità produttiva deve essere un'articolazione funzionalmente autonoma dell'impresa nel contesto geografico in cui si svolge la prestazione. 4. Distacco: disciplinato dall'articolo 30 del decreto legislativo 276 del 2003, in questo caso il lavoratore viene temporaneamente assegnato a un diverso soggetto per svolgere una specifica attività lavorativa, per soddisfare un interesse giuridicamente rilevante del datore di lavoro distaccante. Il distacco può durare anche nel tempo, a condizione che vi sia una motivazione valida. Il datore di lavoro distaccante rimane l'unico obbligato agli adempimenti retributivi e contributivi nei confronti del lavoratore. Pagina di 22 31 DI ELISA IANNONE Elisa Iannone POTERE DISCIPLINARE L'oggetto del contratto di lavoro subordinato è la prestazione del lavoro da parte del lavoratore e la corresponsione della retribuzione da parte del datore di lavoro. Affinché il contratto sia valido, la prestazione del lavoro deve essere possibile, determinata o determinabile secondo quanto stabilito nel contratto, e lecita. Il lavoratore diventa sia parte del contratto che oggetto di esso, in quanto la sua prestazione è l'oggetto del contratto ed è resa personalmente da lui. L'ordinamento prevede quindi delle tutele per questo tipo di contratto, considerando che la prestazione di lavoro ha un carattere personale. PROCEDIMENTO DISCIPLINARE NEL LAVORO PRIVATO: Il procedimento disciplinare nel lavoro privato si articola in diverse fasi: 1. Contestazione dell'addebito: Il datore di lavoro deve contestare allavoratore le circostanze contestate attraverso una lettera specifica e chiara, in modo che il lavoratore possa comprendere con precisione cosa gli viene imputato. 2. Difesa del lavoratore: Dopo la contestazione dell'addebito, il datore di lavoro non può irrogare la sanzione prima che siano trascorsi cinque giorni, eccetto per il rimprovero verbale. Durante questo periodo, il lavoratore può avvalersi delle informazioni fornite durante la contestazione per la sua difesa. 3. Irrogazione della sanzione: Una volta avvenuta la difesa del lavoratore, il datore di lavoro deve prendere una decisione sul tipo di sanzione da applicare in un ragionevole arco di tempo. La scelta della sanzione deve essere basata sui contratti collettivi di lavoro e sulle disposizioni normative. È comunque possibile che, dopo la difesa del lavoratore, il datore di lavoro decida di archiviare la contestazione senza applicare alcuna sanzione. 4. Fase eventuale: Impugnazione della sanzione per ragioni sostanziali o procedurali. In caso di disaccordo sulla sanzione irrogata, il lavoratore ha la possibilità di impugnarla presentando un ricorso al giudice del lavoro o ricorrendo alla procedura arbitrale prevista dall'articolo 7. Si preferisce che il lavoratore si rivolga all'arbitro piuttosto che al giudice del lavoro per evitare un eccessivo contenzioso giudiziale. Se il lavoratore sceglie di rivolgersi all'arbitro, la sanzione viene sospesa fino alla decisione di quest'ultimo. In caso di impugnazione, il lavoratore deve presentarsi all'ispettore e richiedere la convocazione di un collegio. Il datore di lavoro, di norma, è tenuto a seguire questa procedura se richiesta dal lavoratore. PROCEDIMENTO DISCIPLINARE NEL LAVORO PUBBLICO Le differenze rispetto al lavoro privato sono le seguenti: 1. Sanzioni previste direttamente dalla legge: Nel lavoro pubblico, alcune fattispecie sanzionatorie sono stabilite direttamente dalla legge e non sono modificabili tramite contratti collettivi. La legge decide in modo diretto quale sanzione applicare in determinati casi. 2. Codici disciplinari pubblicati online: Nel lavoro pubblico, i codici disciplinari sono pubblicati sul sito web dell'amministrazione. Questi codici disciplinari stabiliscono le norme e le sanzioni disciplinari specifiche per il settore pubblico. 3. Obbligo di avviare l'azione disciplinare: Nel lavoro pubblico, il datore di lavoro ha l'obbligo di avviare l'azione disciplinare quando viene riscontrato un inadempimento da parte del lavoratore. In caso di mancata adozione di provvedimenti disciplinari da parte del datore di lavoro, il datore stesso può essere sanzionato per aver causato danni alla pubblica amministrazione. Pagina di 25 31 DI ELISA IANNONE Elisa Iannone Il procedimento disciplinare nel lavoro pubblico si articola nelle seguenti fasi: 1. Contestazione dell'addebito: La contestazione dell'addebito deve essere effettuata per iscritto entro 30 giorni dal ricevimento della notizia dell'infrazione. Questo si applica in particolare per casi come il mancato svolgimento delle mansioni da parte dei lavoratori pubblici. 2. Difesa del lavoratore: Il lavoratore ha diritto ad un preavviso di 20 giorni per potersi difendere dalle contestazioni dell'addebito. 3. Irrogazione della sanzione o atto formale di archiviazione: Il datore di lavoro deve prendere una decisione sulla sanzione da applicare entro tempi ragionevoli. In alternativa, è possibile procedere con un atto formale di archiviazione, che deve essere comunicato al lavoratore entro 120 giorni dalla data di contestazione dell'addebito. 4. Fase eventuale: Impugnazione della sanzione. Nel caso in cui il lavoratore non sia d'accordo con la sanzione irrogata, può rivolgersi solo in sede giudiziale per impugnare la decisione. Non è prevista la possibilità di ricorrere ad un arbitro come nel lavoro privato. Le disposizioni che disciplinano il contratto individuale di lavoro si trovano nel Codice Civile italiano, in particolare tra gli articoli 2094 e 2135. Il contratto individuale di lavoro subordinato è caratterizzato dalla dipendenza del lavoratore nei confronti del datore di lavoro, che detiene il potere di organizzare e di impartire le direttive sul modo in cui il lavoro deve essere svolto. OBBLIGO DI SICUREZZA Il contratto individuale di lavoro può avere una durata a tempo determinato o indeterminato. Nel caso di un contratto a tempo determinato, le parti stabiliscono una scadenza entro la quale il contratto sarà valido, mentre nel caso di un contratto a tempo indeterminato, non è prevista alcuna scadenza. Nella stipulazione del contratto individuale di lavoro, le parti devono tenere conto anche delle disposizioni previste dalla legge e dai contratti collettivi, che rappresentano dei limiti inderogabili che devono essere rispettati. Inoltre, nel contratto individuale di lavoro sono presenti due obbligazioni principali: quella del lavoratore di fornire la propria prestazione lavorativa e quella del datore di lavoro di corrispondere una retribuzione al lavoratore. Infine, l'oggetto del contratto di lavoro sono le due prestazioni: il lavoro fornito dal lavoratore e la retribuzione corrisposta dal datore di lavoro. Per essere valido, il contratto di lavoro deve prevedere prestazioni possibili, determinate nel contratto o determinabili tramite il potere direttivo del datore di lavoro, e lecitamente perseguibili. Il concetto chiave del contratto di lavoro è basato sulla relazione tra il datore di lavoro e il lavoratore. Il datore di lavoro è colui che assume il lavoratore e, quindi, è sia il creditore della prestazione di lavoro che il debitore della retribuzione. Il datore di lavoro ha anche l'obbligo di garantire la sicurezza sul posto di lavoro e ha il potere di supervisionare, dirigere e disciplinare il lavoratore. Può essere un'imprenditore o una persona che svolge un'attività senza fini di lucro, come organizzazioni religiose o scuole cattoliche. La legge può identificare il datore di lavoro in base al numero di dipendenti che ha. Il lavoratore, d'altra parte, è colui che presta la propria opera all'interno dell'organizzazione del datore di lavoro. Esistono diverse caratteristiche che possono identificare un lavoratore, come il genere, l'età, le condizioni di salute o la cittadinanza. Ad esempio, alcune protezioni e contratti si applicano solo a lavoratori con disabilità o a lavoratori di una certa fascia di età. Tuttavia, in alcuni casi, può essere coinvolto un terzo soggetto nel contratto di lavoro. Questo si verifica nel caso di contratto di somministrazione di lavoro, noto come lavoro interinale. In questo caso, il lavoratore viene assunto da un'agenzia di somministrazione che lo invia a lavorare presso un terzo soggetto utilizzatore. L'agenzia di somministrazione è il datore di lavoro formale, ma il destinatario della prestazione lavorativa non coincide con il datore di lavoro. Pagina di 26 31 DI ELISA IANNONE Elisa Iannone Oltre alle figure del datore di lavoro e del lavoratore, esistono anche altre figure coinvolte nel rapporto di lavoro. Ad esempio, i dirigenti, che hanno il compito di supervisionare e dirigere l'attività lavorativa, il preposto, che svolge un ruolo di coordinamento all'interno dell'azienda, e i lavoratori stessi, che hanno l'obbligo di adempiere alle disposizioni di sicurezza sul lavoro. Il testo unico sulla salute la sicurezza prevede un apparato sanzionatorio per il mancato rispetto delle norme sulla sicurezza e stabilisce l'obbligo per il datore di lavoro di garantire la prevenzione e la sorveglianza sanitaria dei lavoratori. Inoltre, nelle aziende con oltre 15 dipendenti, viene eletto un rappresentante sindacale per la sicurezza. SOSPENSIONE DEL LAVORO Ipotesi di sospensione della prestazione di lavoro: la prestazione di lavoro può essere sospesa in determinate situazioni, ma il rapporto di lavoro rimane valido e gli effetti economici restano. Questo è dovuto al fatto che l'ordinamento giuridico ritiene prioritario l'interesse del lavoratore rispetto a quello del datore di lavoro. Alcuni esempi di situazioni di sospensione includono la malattia e il permesso per eseguire un esame. - Malattia e infortunio: in caso di malattia o infortunio temporanei, il lavoratore ha diritto a un periodo di tempo in cui può guarire e ricevere la retribuzione. Questo è garantito sia per la malattia comune che per l'infortunio lavorativo o extra-lavorativo. La disciplina e i dettagli specifici di tali situazioni sono regolati da fonti legali e contrattuali. - Malattia: è uno stato patologico temporaneo che impedisce al lavoratore di espletare normalmente le sue mansioni lavorative. Può essere sia una malattia comune che richiede l'intervento dell'INPS per l'indennizzo, sia una malattia professionale che richiede l'intervento dell'INAIL. - Infortunio: è uno stato patologico temporaneo causato da un evento traumatico che impedisce al lavoratore di svolgere normalmente il suo lavoro. Può essere un infortunio lavorativo, che avviene sul luogo di lavoro e che è competenza dell'INAIL, o un infortunio extra-lavorativo, che avviene al di fuori del luogo di lavoro e che è competenza dell'INPS. In entrambi i casi, è previsto il ritorno al lavoro una volta che la situazione di malattia o infortunio temporaneo sia risolta. - Inidoneità: in caso di malattia o infortunio permanente, il datore di lavoro cerca di trovare un'altra posizione per il lavoratore all'interno dell'azienda o di assegnargli una mansione diversa. Se non è possibile trovare alternative, si può giungere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Il datore di lavoro ha il diritto di verificare l'effettiva inabilità al lavoro del dipendente malato, anche se potrebbe essere possibile svolgere altre attività che non pregiudichino la salute o l'aggravino. LAVORATORE MALATO Il lavoratore malato deve comunicare immediatamente al datore di lavoro il proprio stato di malattia (comune) o infortunio (extra-lavorativo), per consentire al datore di organizzarsi di conseguenza. Il lavoratore deve ottenere una certificazione medica della malattia, tramite il medico, che viene inviata all'INPS, che a sua volta invia la certificazione al datore di lavoro. Il datore riceve solo la prognosi per motivi di privacy. L'INPS riceve sia la diagnosi che la prognosi. Il datore di lavoro può richiedere una visita di controllo a domicilio da parte di un medico fiscale pubblico o dell'ASL, che può essere effettuata solo durante specifici orari di reperibilità. Il lavoratore durante il periodo di malattia ha il diritto di conservare il suo posto di lavoro per tutta la durata del periodo di comporto, che è il periodo massimo in cui un lavoratore può stare in malattia. Pagina di 27 31 DI ELISA IANNONE Elisa Iannone In tutte le altre ipotesi diverse dall'insussistenza del fatto, al lavoratore spetta un'indennità risarcitoria di 12-24 mensilità, ma il rapporto di lavoro si considera comunque risolto e il licenziamento valido. Per determinare se applicare la riforma Fornero o il Jobs Act, il giudice deve considerare la data di assunzione del lavoratore. Se il lavoratore è stato assunto entro il 6 marzo 2015, si applica la riforma Fornero. Se, invece, il lavoratore è stato assunto dal 7 marzo 2015 in poi, si applica il Jobs Act. RECESSO AD NUTUM: Esistono alcune categorie di lavoratori in cui si applicano ancora le regole di licenziamento previste dall'articolo 2118 del codice civile, che prevede la possibilità di recedere senza giustificazione. Queste categorie includono i dirigenti, i lavoratori domestici e i lavoratori che hanno maturato i requisiti per andare in pensione. Inoltre, il licenziamento durante il periodo di prova e il licenziamento alla scadenza dell'apprendistato rientrano anche in questa categoria. JOBS ACT Il Jobs Act, introdotto con il decreto legislativo n. 23 del 2015, ha portato al regime di licenziamento chiamato "contratto a tutele crescenti". A partire dal 7 marzo 2015 è in vigore un doppio regime: la Riforma Fornero e il Jobs Act. Il campo di applicazione del Jobs Act è indicato nell'articolo 1 del decreto. Si applica ai lavoratori assunti a tempo indeterminato dopo il 7 marzo 2015, escludendo i dirigenti che rimangono soggetti alla disciplina Fornero indipendentemente dalla data di assunzione. Ci sono poi due casi specifici di applicazione del Jobs Act. 1. Il primo è la conversione dei contratti a termine: se il contratto a termine viene convertito in contratto a tempo indeterminato dopo il 7 marzo 2015, si applica il Jobs Act. Anche se il lavoratore è stato assunto a tempo indeterminato prima del 7 marzo. 2. Il secondo caso riguarda l'apprendistato che viene convertito in contratto a tempo indeterminato: se il periodo di apprendistato è avvenuto prima del 7 marzo, ma la conversione in contratto a tempo indeterminato avviene dopo tale data, si applica il Jobs Act. È importante sottolineare che il Jobs Act si applica alle aziende con più di 15 dipendenti che sono stati assunti dopo il 7 marzo. Tuttavia, la normativa si estende anche ai dipendenti assunti prima di tale data (effetto trascinamento). REGOLE GENERALI Inoltre, nel corso degli anni sono intervenute diverse leggi che hanno modificato ulteriormente le modalità di inquadramento e l'esercizio del potere direttivo del datore di lavoro. Ad esempio, il Jobs Act del 2014 ha introdotto il concetto di "mansioni superiori in via temporanea", permettendo al datore di lavoro di assegnare al lavoratore mansioni superiori per un periodo di tempo limitato senza necessità di una modifica formale del contratto di lavoro. Tuttavia, è importante sottolineare che anche in questo caso il lavoratore ha diritto a una retribuzione corrispondente alle mansioni eseguite. In conclusione, il modello di inquadramento unico ha ridotto l'utilizzo del concetto di categoria e ha portato all'adozione di una scala identificatoria basata sui livelli di inquadramento. A sua volta, l'inquadramento determina il trattamento e la retribuzione del lavoratore. Tuttavia, il datore di lavoro ha il potere di modificare le mansioni assegnate al lavoratore, ma con certi limiti stabiliti dalla legge al fine di tutelare i diritti e le competenze professionali del lavoratore. Pagina di 30 31 DI ELISA IANNONE Elisa Iannone Pagina di 31 31