Scarica Riassunto di Sociologia delle comunicazioni di massa di Renato Stella e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Dei Media solo su Docsity! 1.3 La comunicazione senza i media di massa Modello generale della comunicazione Schema grafico ricavato dalla Teoria matematica della comunicazione, sufficientemente generale da poter essere adattato al bisogno di spiegare teorie. Perché questo accada, sono necessari 2 presupposti. Tale modello deve: 1) Poter spiegare la maggior parte delle possibili tipologie di comunicazione; 2) Deve risolvere il problema del significato (obiettivo veicolare senza interferenze il messaggio; il senso di esso è indifferente). Il modello è composto da 2 attori: 1) Emittente (che produce e invia il Messaggio); 2) Destinatario (che riceve e interpreta il Messaggio). I loro ruoli possono essere interscambiabili in determinate circostanze // possono essere ruoli stabiliti una volta per tutte. Altre componenti: - Canale (mezzo fisico attraverso cui passa la comunicazione); - Codice (mezzo simbolico con il quale Emittente e Destinatario mettono in relazione un significante (grafia/ suono di una parola), con un significato (senso di quella grafia/di quel suono). Comunicazione faccia a faccia (es. conversazione tra amici) Si verifica ogni volta che interagiamo con una o più persone in ambito quotidiano, scambiando messaggi verbali o meno. Tipo paritario: i ruoli non sono fissi. Ogni partecipante parla/ascolta seguendo dei turni di conversazione poco regolati. È importante che per produrre il messaggio si usino codici linguistici conosciuti da tutti i partecipanti. Distinzione tra codici verbali e codici non verbali: questi ultimi riguardano tutto ciò che non è emissione di parole ma unicamente linguaggio corporeo. Hanno 2 caratteristiche rilevanti: - sono sempre parte integrante della comunicazione; - li si usa anche non essendone consapevoli (“grammatica nascosta”). È la più potente delle forme di comunicazione per densità di informazioni emesse e ricevute. Presupposti perché accada: condivisione dello stesso tempo/spazio da parte di tutti gli interlocutori. Comporta un’estensione sensoriale impossibile in qualsiasi altra situazione coinvolgimento dei sensi = potenza concentrata e “a corto raggio”, perché interessa poche persone in piccoli ambiti. Altra prospettiva è quella del medium supera i confini di tempo/spazio al prezzo di una perdita di informazioni altrimenti accessibili faccia a faccia. Comunicazione personale mediata (es. telefonata); Cosa accade se per parlare con un amico ricorro a un medium come il telefono? La mediazione produce distorsioni ma offre anche vantaggi. Regola generale: la mediazione semplifica e riduce alcuni aspetti per allargarne e potenziarne altri. Distorsioni: resta invariata la bidirezionalità dei turni di conversazione ma cambia il numero degli interlocutori la comunicazione telefonica limita l’interazione a 2 soli soggetti. Questa particolarità ha conseguenze anche sulla dimensione del controllo del processo comunicativo. attribuzione all’Emittente del potere di selezione. È l’Emittente che decide come avverrà la comunicazione = risultando così “chiusa” dal medium e impostata secondo le modalità di interazione volute dall’Emittente. Maggiori differenze: non vi è più condivisione di uno spazio comune tra Emittente e Destinatario, ma rimane inalterata la condivisione del tempo. La distanza spaziale e le caratteristiche specifiche del telefono creano un effetto di concentrazione sensoriale (la dimensione non verbale scompare, lasciando il posto a un’abilità stilistica costruita intorno al “saper dire” e al “saper ascoltare”), opposto all’estensione sensoriale, tipica della comunicazione faccia a faccia. Vantaggi: comunicare a distanza + selezione del Destinatario e controllo del processo di comunicazione. Svantaggi: concentrazione sensoriale + adattamento alle caratteristiche tecniche del medium. Idea che attraverso la mediazione quanto si guadagna in “potenza” spaziale/temporale, lo si perde in qualità/ quantità d’informazione ripiego delle nostre abilità “naturali” verso le esigenze e le regole di funzionamento proprie del medium. Comunicazione di gruppo (es. lezione) Via di mezzo tra la comunicazione faccia a faccia e la comunicazione di massa. Il Destinatario di una comunicazione di gruppo è un soggetto collettivo, mentre l’Emittente è un soggetto individuale. 3 elementi in comune con la comunicazione faccia a faccia: 1. Compresenza fisica di Emittente e Destinatario nello stesso tempo/spazio; 2. Quasi-estensione sensoriale, nel senso che Emittente e Destinatario usano almeno 2 sensi nella loro interazione. 3. Il ricorso a una vasta gamma di Codici verbali/non verbali durante la comunicazione. A distinguerle ci sono 2 caratteristiche cruciali: 1. Il flusso della comunicazione è monodirezionale e regolamentato. Le condizioni di accesso alle risorse comunicative sono attribuite in forma diseguale all’Emittente e al Destinatario. L’Emittente esercita un esteso potere di controllo sul processo comunicativo, che gli deriva da uno status sociale riconosciuto. La formalizzazione dei flussi comunicativi rappresenta l’elemento caratteristico della comunicazione di gruppo e la distingue dalla libertà di intervento in una comunicazione faccia a faccia di tipo paritario. 2. Presenza di una struttura bidirezionale, visibile se si opera una scissione tra uso dei codici verbali e non verbali. Anche il Destinatario comunica tutto il tempo, ma lo fa attraverso codici non verbali. Adattandosi via via ai “messaggi di ritorno” non verbali che provengono dal pubblico, chi parla può costruire una comunicazione più efficace. L’Emittente usa sia codici verbali, sia codici non verbali nel produrre il suo flusso di comunicazione, mentre il Destinatario collettivo comunica attraverso codici non verbali + contesto di alta regolamentazione dei turni di parola ed entro una disparità nell’uso delle risorse comunicative. Comunicazione essere umano/macchina (es. computer); Cosa succede se un medium non ci pone in relazione con nessuno, mentre noi sperimentiamo la sensazione di essere in interazione proprio con lui? Usare un computer significa comunicare col computer? - La percezione soggettiva di “parlare” con una macchina non è sufficiente a definire il nostro rapporto con essa come una comunicazione, ma è evidente che la catena di eventi attraverso i quali si snoda la mia conversazione con il distributore del caffè sono quanto di più simile si possa immaginare a un processo comunicativo. Allora si comunica con le macchine programmate per darci informazioni o servizi? questo il modo con cui i media selezionano eventi che diventano delle notizie, i quali si dicono notiziabili, rispetto a quelli che non lo diventeranno mai. Sapendo che i mezzi di comunicazione di massa funzionano così, io potrei decidere di appiccare il fuoco alla mia cucina per ottenere l’attenzione dei media. Mi renderei con ciò saliente, selezionabile dai media, per perseguire un qualche obiettivo. Questa dinamica di costruzione degli eventi avvicina i media di massa alla comunicazione personale mediata. Il problema della salienza riguarda però altre questioni più complicate: il terrorismo, servizi segreti mondiali, stati maggiori militari. Il meccanismo di controllo esterno dei processi di comunicazione funziona allora come una variabile indipendente che, a seconda del livello di potere della fonte, può condizionare l’andamento dell’informazione, orientandone l’interesse e attribuendo più o meno importanza ad alcune categorie di eventi. Il termine fonte richiama sia una sorgente di informazione che il medium seleziona allo scopo di procurarsi notizie, sia un soggetto/organizzazione che predispongono azioni/dichiarazioni per conto proprio, allo scopo di rendersi salienti e visibili ai media. È importante rimarcare lo stato di indeterminatezza dell’Emittente, al quale possono fare da pendant una parallela indeterminatezza del Destinatario e, a volte, dello stesso Messaggio. Uno degli esiti dell’indeterminatezza dell’Emittente riguarda la possibilità di scinderne la figura astratta in 2 attori concreti. Un elemento che contribuisce a distinguerli è rappresentato dai capitali di legittimazione e di autorità che essi mettono in gioco nel mercato dei media. Può capitare che un medium acquisti plausibilità grazie alla fonte di cui è veicolo o che una fonte incrementi il suo prestigio perché è riuscita ad avere accesso a uno specifico medium. L’Emittente tende ad approfondire l’asimmetria, nell’accesso e nell’utilizzo delle risorse di controllo del processo comunicativo, a scapito del Destinatario. Al Destinatario rimane un unico potere residuo, quello legato alla fruizione dei messaggi in forma diversa a seconda che usi media flessibili o coercitivi. Media flessibili e media coercitivi Flessibile: medium che consente al Destinatario di controllare i tempi e la logica di fruizione del Messaggio secondo ritmi e modalità proprie. La flessibilità del medium prende forma attraverso la fruizione individuale del Messaggio diamo rilevanza alla specificità dell’uso soggettivo che ne viene fatto. Si legge un libro – ci si interrompe – lo si riprende dal punto interrotto. Si ascolta la radio – ci si interrompe – ci si priva di una porzione di messaggio lunga il tempo che abbiamo impiegato per fare altro – la radio non aspetta. Esistono intere opere impostate sul presupposto di permettere al lettore di muoversi al loro interno secondo un ordine personale = dizionari ed enciclopedie uno stesso Messaggio viene fruito in modo molto diverso da Destinatari diversi, i quali decidono autonomamente come servirsene. Si può dire che ciascun Destinatario ricostruisce fisicamente il messaggio a misura dei propri gusti e delle proprie abilità. Importante differenza tra problemi di accesso al messaggio e problemi di interpretazione del messaggio. Nel primo caso Destinatari diversi hanno a disposizione messaggi fisicamente diversi perché compiono delle scelte autonome. Nel secondo caso fruitori diversi interpretano lo stesso messaggio in forma diversa = medesimi materiali ma idee dissimili. Giornali, cd, dvd il Destinatario può organizzare i propri tempi e la propria logica di fruizione, rispettando o trasgredendo l’impostazione data dall’Emittente al Messaggio. Zapping televisivo: in apparenza genera un effetto simile (consente di smontare e ricomporre i programmi secondo sequenze che dipendono dal Destinatario) ma la frammentazione segue comunque l’ordine temporale del flusso comunicativo, non si può “tornare indietro” e ricostruire quanto si è perduto saltando da un canale all’altro. Esso è piuttosto un riempitivo delle pause tra una trasmissione e l’altra o la strategia con cui evito gli inserti pubblicitari; oppure uno strumento di esplorazione dell’offerta di programmi mi colloco comunque nel quadro di vincoli tecnici che rendono flessibile il medium in una forma più limitata. Notizia di un contagio biologico qual è il medium che dà la notizia? - Se annunciata su un quotidiano, si può leggerlo immediatamente; - Se fa parte dei titoli di un tg, si è costretti ad attendere che lo speaker giunga fino al punto in cui l’Emittente ha deciso di collocare temporalmente la notizia. Quel che perdo o guadagno nell’usare l’uno o l’altro medium è il controllo del contesto entro cui attribuisco significato alla notizia . Una conseguenza dei media coercitivi è di attribuire all’Emittente il potere di produrre una cornice informativa alla quale non posso sottrarmi e che condiziona poco o molto il significato del Messaggio. Ciò deriva dal controllo del tempo e della logica di fruizione che sono presupposti nella struttura tecnica del medium. Se consideriamo la struttura di un giornale o di un tg come un insieme di istruzioni che l’Emittente fornisce al Destinatario allo scopo di guidarlo nella fruizione, possiamo dire che l’opportunità di seguire percorsi di lettura soggettivi rappresenta una risorsa con cui il Destinatario è in grado di riscrivere le istruzioni stesse. 1.8 Significato e ambiguità del termine massa Cosa distingue il telefono dalla televisione? Risposta: un medium di massa può raggiungere un numero molto grande di persone nello stesso momento, convogliando loro lo stesso messaggio, mentre il telefono interessa una persona alla volta con messaggi diversi. Occorre risolvere un’ambiguità linguistica legata al termine massa. Considerando la distribuzione degli apparecchi, il telefono è un mezzo di comunicazione di massa, nel senso che è presente tanto quanto la tv e noi abbiamo imparato a usarlo un numero molto grande di persone può adoperare il telefono nello stesso momento per comunicare tra di loro. Tuttavia la distribuzione di massa di apparecchi e delle competenze per usarli non equivale alla diffusione di massa di una comunicazione. La comunicazione di massa ha come prerogativa quella di abbinare a una distribuzione capillare di apparecchi, un altrettanto capillare trasmissione dell’identico messaggio. I media di massa possono essere solo tali, mentre gli altri sono più flessibili, in grado di divenire anch’essi “di massa.” E il Web? Sì, è un medium di massa, ma troppo duttile perché questa sia una distinzione efficace. McLuhan: ogni nuovo medium ingloba e fa proprie le funzioni del precedente = Internet è radio, tv, cinema, libro, cd, dvd, diario, biblioteca, etc. Risulta più facile tentare di dire cosa non è assume le caratteristiche del medium che “interpreta”, potenziandone le prestazioni. 1.9 La sociologia delle comunicazioni di massa Adozione di una prospettiva di tipo storico che cercherà di spiegare le diverse teorie in rapporto sia al contesto in cui sono state prodotte, sia in relazione alle conseguenze che esse a loro volta hanno creato. La ragione è: di società di massa si parlava molto negli anni Sessanta e Settanta, quando questa, in Italia almeno, era solo agli inizi. La seconda distinzione riguarda la ricchezza e complessità del campo delle teorie che spiegano il funzionamento e il ruolo sociale dei media. Accanto a studiosi che provengono dalle più diverse tradizioni scientifiche, si aggiungono infatti: a) intellettuali che si occupano dei media solo occasionalmente; b) professionisti dei media stessi; c) teorie di senso comune che permeano la società. L’interpretazione sociologica del ruolo dei media è contro-intuitiva e lontana da quel che sembrerebbe “logico.” Dobbiamo aggiungere che tra i livelli di sapere che impegnano competenze e tradizioni diverse ci sono degli scambi reciproci. Lo scambio nei 2 sensi produce, da un lato, l’aziendalizzazione dei saperi accademici, dall’altro la legittimazione dei saperi tecnici basta pensare che le grandi aziende televisive possiedono una vasta e collaudata capacità di produrre da sole sapere intorno a loro stesse. L’aziendalizzazione dei saperi accademici non è un’appropriazione di competenze un tempo affidate agli esperti universitari, ma partecipa di uno scambio, che al capo opposto vede i saperi tecnici fare da stimolo alla ricerca nelle università – quasi ogni disciplina che ha preso forma a partire dalle esigenze organizzative degli Emittenti è ormai insegnata negli atenei di tutto il mondo. Con ciò l’accademia legittima i saperi che hanno origini organizzative. Si verificano effetti benefici da entrambi i lati, così come conseguenze spiacevoli, come l’ammontare dei finanziamenti: esorbitanti per gli uffici studi delle aziende, contenuti per la ricerca accademica. Esiste una relazione tra esposizione ai serial polizieschi e violenza? Tra sfilate di moda e anoressia, etc.? Chi si prende la briga di fornire delle risposte adeguate? Problema: la ricerca aziendale ha finalità connesse alla spendibilità dei risultati che ottiene sui mercati, mentre è indifferente a effetti generali o di lungo periodo che siano privi di ricadute commerciali. Sul fronte dei rapporti tra saperi di senso comune e saperi tecnici, lo scambio avviene sul filo proprio delle rilevazioni che le imprese di comunicazione sono in grado di condurre nei riguardi dei loro utenti. Il sapere di senso comune fornisce risorse preziose per chi deve pensare ai palinsesti reciprocamente, e allo stesso modo, la realizzazione delle aspettative dei pubblici all’interno di trasmissioni di successo, restituisce la conferma di alcuni significati di senso comune e presta delle istruzioni di vita quotidiana che appaiono congruenti con quanto si vive e si pratica questa conformità è garantita dal costante monitoraggio delle risposte che gli spettatori danno. Fra teorie di senso comune e teorie socio-scientifiche invece vi è scarsa circolazione di prestiti e scambi. La distanza tocca questioni che hanno a che fare con la classe sociale/cultura/scolarizzazione, elementi che distinguono il sapere delle persone colte che appartengono a delle élite e le persone comuni che si rifanno a consumi culturali “bassi” e spesso volgari. Il giudizio dei primi sui secondi è netto e l’incomprensione ampia. Grazie alla nascita e alla diffusione della cultura di massa prodotta dai media, questo circolo vizioso si è interrotto proprio i saperi tecnici dei media hanno consentito quel passaggio d’attenzione degli studiosi verso la cultura popolare mediata. La nostra lettura del ruolo dei media si riferisce a “moderni stati nazionali sviluppati, contemporanei, democrazie elettive con economie di mercato integrate…” Ciascuno degli elementi che compongono il modello sono stati indagati empiricamente = sul campo, con ricerche qualitative/quantitative. Cosa si studia? Emittente, Destinatario, Messaggio, Canale, Codice. Come li si studia? Principali ambiti disciplinari che se ne occupano. - Emittente. Può essere studiato in prospettiva economica ed organizzativa. Passaggio dalle società tradizionali alle società moderne uno degli oggetti principali di riflessione della sociologia classica. Tuttavia gli autori classici hanno descritto le trasformazioni che hanno caratterizzato l’evoluzione delle società capitalistiche di stampo liberale, giungendo solo alle soglie della società di massa. Le società occidentali iniziano a diventare di massa quando alcuni importanti cambiamenti toccano gli strati medio-bassi delle loro popolazioni: concentrazione di molti abitanti nelle città grandi masse di contadini si inseriscono nei sistemi produttivi industriali produzione industriale di massa consumo di massa di beni e servizi scolarizzazione di massa nascita dei partiti politici di massa. A ciascuno di tali mutamenti si sovrappongono i mezzi di comunicazione di massa, che ne dilatano gli effetti e contribuiscono a creare un patrimonio di conoscenze collettive che verrà denominato cultura di massa. 2 sono le direzioni principali in cui si sviluppa l’analisi sociologica. 1. Da un lato, la riflessione sui processi di burocratizzazione della società e di progressiva concentrazione dei mezzi economici e politici. Burocratizzazione della società = progressivo estendersi del principio organizzativo proprio della burocrazia a ogni apparato sociale. Conseguenza favoreggiamento di rapporti impersonali tra individui e di rigide gerarchie a scapito dei bisogni personali del soggetto e a vantaggio del conformismo. Uno dei risultati è l’essere in perenne contatto con funzionari e apparati burocratici per svolgere molte attività quotidiane = clima di anonimato, atomizzazione e subalternità. 2. Dall’altro, gli sviluppi della società dei consumi. Primo approccio: Mannheim. Si sviluppa attorno a 4 punti fondamentali: 1. Le società industriali hanno snaturato/distrutto le relazioni sociali comprese nei gruppi primari. Gli individui appaiono isolati processo di atomizzazione che li frammenta e li separa = folla solitaria (essere in molti, ma senza legami di appartenenza di tipo tradizionale). 2. Gli individui si sono trovati a vivere in condizioni di lontananza reciproca, pur partecipando a un’esistenza sociale più ricca e frenetica. 3. I mezzi di comunicazione di massa sono considerati potenti e capaci di manipolare gli individui. Riempiono i “vuoti” lasciati dalle relazioni sociali primarie e influenzano persone sempre più vulnerabili e indifese. 4. Parallelo passaggio dal modello ottocentesco di società liberale “società di massa.” Le masse si costituiscono per un’aggregazione tra molti individui privi di potere e disorganizzati, mentre le élite del potere costituiscono il motore organizzativo delle società burocratiche e accentrate. L’avere accesso alla vita collettiva non significa quasi mai per le masse esercizio delle prerogative tradizionali di cui da sempre godono le élite. Masse = oggetto di manipolazione che siano società totalitarie o dei consumi, in entrambe le masse continuano ad essere controllate ed orientate dalle élite, con strumenti nuovi (media). Duplice interesse per questi meccanismi: I. La società tende a produrre un ambiente organizzativo concentrato per quanto riguarda la gestione delle risorse economiche e di potere. II. Anche il sistema dei media subisce un analogo processo di concentrazione organizzativa. L’individuo atomizzato non possiede più l’autonomia di giudizio che gli era sufficiente quando viveva in un mondo relativamente semplice. La concentrazione in grandi burocrazie delle principali attività economiche e sociali gli sottrae la possibilità di orientarsi da solo e gli offre valori, idee e opinioni esterne a cui affidarsi. Le società di massa conservano questa doppia disposizione: da un lato favoriscono la nascita e la circolazione di idee, dall’altro tendono a costituire controlli centralizzati. I totalitarismi sono una delle risposte moderne a questa contraddizione. Mills = stabilisce un vincolo di contiguità tra società totalitaria e società dei consumi. Per quanto riguarda i media l’autore pone la questione in termini di livelli di “resistenza” dell’individuo nei confronti della loro capacità di influenza. La diversità tra regimi totalitari e società di massa democratiche starebbe nell’opportunità che solo queste ultime offrono di contrastare il problema di manipolazione dei media attraverso strategie soggettive. Mills ne indica 3: I. Concorrenza tra i media: “Fino a che i mezzi di informazione non sono interamente monopolizzati, l’individuo può porli a confronto. Quanto più vi è competizione tra i mezzi, tanto maggiore è la resistenza che l’individuo può opporre.” In antitesi a questo giocano 2 elementi: a) Ciascun fruitore tende ad esporsi al medium più vicino alle proprie opinioni; b) I mezzi di comunicazione sovente non sono in una reale situazione di concorrenza tra di loro. II. Valore dell’esperienza diretta: “L’individuo può confrontare quanto dicono i mezzi di informazione con la propria esperienza individuale.” Sfavorevoli alcuni fattori: a) L’individuo non può fare esperienza di tutti gli eventi di cui i media parlano; b) Un’eventuale esperienza diretta è in realtà un’esperienza sociale già mediata da stereotipi. III. Reti informali di discussione: “Confronto di esperienze ed opinioni.” È a questi processi di discussione nei gruppi primari che Mills attribuisce la maggior utilità contro il potere dei mezzi di comunicazione di massa. Manipolazione: tentativi di neutralizzare o piegare a proprio uso il pubblico, agendo indirettamente, al coperto. - Caratteristica prima delle società di massa democratiche. - Si raggiungono obiettivi propri delle élite politiche o economiche senza palesarlo, assumendo che vi sia “un caloroso appoggio.” l’autonomia della società di massa democratica, nei confronti dei modelli della società di massa totalitaria, sfuma la differenza riguarda i mezzi impiegati piuttosto che le conseguenze la società democratica di massa tende allo stesso risultato attraverso l’industria del divertimento e l’etica del consumo. Di fronte alle attività ricreative, la resistenza attraverso la libera discussione tra gruppi primari sembra essere vanificata costruzione attraverso l’industria dello svago di interi stili di vita, e sulla disponibilità di tempo libero da dedicare ad attività ricreative gestite dalla “produzione in serie di divertimento.” L’idea che le moderne società di massa siano delle organizzazioni fondate sull’industria del tempo libero, costituisce il centro di riflessione di molti teorici, che riconosceranno nei mezzi di comunicazione la cerniera di connessione tra struttura sociale, imperniata sull’etica del consumo, e i singoli individui. liberando tempo dalla produzione, creano anche le condizioni per lo sviluppo di un’industria dello svago e di un’etica del consumo, rispetto alle quali i mezzi di comunicazione assolvono un ruolo centrale e insostituibile esercizio del potere formale che gioca sulla manipolazione. 2.3. Mondo della vita amministrata e industria culturale (Horkheimer, Adorno) [Scuola di Francoforte] Amusement = prolungamento del lavoro nell’epoca del capitalismo cercato da chi vuole sottrarsi al processo lavorativo meccanizzato per essere poi di nuovo in grado di affrontarlo ed esserne all’altezza sequenza automatizzata di operazioni prescritte. L’amusement riempie il tempo libero di grandi masse di individui, che possono goderne maggiormente rispetto al passato. Lo svago rappresenta la prosecuzione del tempo di lavoro con altri mezzi. E ciò per alcuni buoni motivi: a. L’amusement è confezionato dall’industria culturale con gli stessi criteri con cui si fabbrica ogni altro bene di consumo. Il processo industriale ha invaso il tempo libero e sostituito le tradizionali forme di intrattenimento. b. Nel prodotto dell’industria culturale, l’individuo ritrova gli stessi elementi che contraddistinguono il processo di produzione. Nel lavoro è prevista una “sequenza automatizzata di operazioni” così un film/trasmissione/periodico sono costruiti in maniera da riprendere e riproporre sequenze e fasi che per essere fruite richiamano la configurazione di un ciclo lavorativo lo rende accessibile attraverso un’attività di consumo ripetitiva che ricorda le procedure di assemblaggio della lavorazione di una merce. c. Il consumo “smonta” quanto il processo industriale aveva precedentemente “montato.” d. L’attività individuale di produzione e l’attività individuale di fruizione si sovrappongono. Consumare diventa un lavoro, ma i prodotti dell’industria culturale domandano un adattamento a regole prescrittive di decodifica dei loro linguaggi e pongono il consumatore entro una sorta di catena di montaggio interpretativa. Il lavoro di fruizione è “obbligatorio” nella relazione che associa un significante a un significato, secondo le istruzioni stabilite dall’Emittente. Si annulla la possibilità che il pubblico possa elaborare interpretazioni autonome dei prodotti dell’industria culturale. Horkheimer/Adorno: il consumo di prodotti dell’industria culturale stabilisce un’adesione ideologica/ funzionale dell’individuo alla società di massa, che si concretizza su 3 diversi livelli: a. Estingue la differenza tra tempo di lavoro e tempo libero; b. Legittima il sistema economico capitalista; c. Rende plausibile un intero ordine sociale di cui rappresenta l’apologia. 2.4. Integrazione e democratizzazione (Shils, Bell) La reazione critica radicale è frutto di preoccupazione e delusione che parte da 2 presupposti: 1) L’esempio catastrofico e la minaccia che le società totalitarie hanno rappresentato; 2) L’idea che le spinte verso la democratizzazione potessero trasferire le libertà/l’educazione/stili di vita della borghesia alle altre classi sociali. Le società di massa hanno proposto la nascita di una cultura “terza” rispetto a quelle tradizionali (alta cultura e cultura popolare), spiazzando le attese egualitarie e le speranze di diffusione verso il basso del patrimonio dei ceti dominanti liberali. Vocazione democratizzante delle società di massa principali interpreti: Shils e Bell. Shils progressivo avvicinamento della popolazione alle istituzioni ove si esercita il potere e dalle quali essa era esclusa i diversi tipi di società sono caratterizzati dalla presenza di un centro = istituzioni Questo sforzo di studiare la cultura di massa e l’industria culturale per quel che sono, e non per quel che dovrebbero rappresentare nella prospettiva politica/ideologica privilegiata da altri, è il tratto caratteristico di Morin. 2.7 Funzionalismo (Lasswell, Merton, Lazarsfeld, Wright) L’altro approccio che si contrappone alle correnti del pensiero critico è il funzionalismo = considera le funzioni esercitate nei riguardi di individui/comunità. il sistema sociale è un organismo le cui parti collaborano tra loro attivamente al fine di conservare stabile e in equilibrio l’insieme. L’ordine sociale è mantenuto grazie all’interazione tra i diversi sottosistemi, ciascuno dei quali offre la sua prestazione funzionale agli altri e al sistema nel suo complesso. considerare i mezzi di comunicazione da soli non avrebbe senso, poiché quel che essi sono e ciò a cui servono ( le loro funzioni) sono definiti dal rapporto che li collega all’intera società il riferimento alla teoria generale è d’obbligo, almeno per questo aspetto costitutivo dell’idea stessa di funzione . Quali funzioni individuali/collettive/specifiche sono svolte dai mezzi di comunicazione di massa? Lasswell attribuisce 3 funzioni collettive e principali: 1. Controllo dell’ambiente; 2. Correlazione delle parti della società nel reagire all’ambiente; 3. Trasmissione del patrimonio culturale. McQuail formula lo schema che segue: Informazione (controllo dell’ambiente) - Informare sugli avvenimenti e sulle situazioni nella società e nel mondo; - Segnalare i rapporti di potere; - Facilitare l’innovazione, adattamento e progresso. Correlazione (delle parti della società nel reagire all’ambiente) - Spiegare, interpretare e chiosare il significato degli avvenimenti e dell’informazione; - Sostenere l’autorità costituita e le norme vigenti; - Socializzare; - Coordinare attività separate; - Costruire consenso; - Fissare le priorità. Continuità (trasmissione del patrimonio culturale) - Esprimere la cultura dominante e riconoscere le sottoculture e le novità culturali; - Plasmare e conservare una comunanza di valori. Intrattenimento - Procurare divertimento, svago e relax; - Stemperare la tensione sociale. Mobilitazione - Battersi per obiettivi di interesse sociale. Merton/Lazarsfeld: disfunzione = circostanze in cui i mezzi di comunicazione creano degli effetti non voluti o negativi. Il conferimento di status sociale agisce in 2 modi: 1. Attribuito a chi si espone molto ai media ed è quindi “informato” = può affrontare discussioni complesse. 2. Un secondo modo in cui lo status è riconosciuto dai media riguarda chi ne è protagonista. Singole disfunzioni in esame: - Disfunzione da panico individuale. Una delle funzioni collettive principali assolte dai media è l’allertamento della popolazione in caso di emergenze qualora le notizie siano confuse, si ottiene l’effetto opposto: anziché mettere le persone in condizioni di difendersi, le si trascina verso stati di panico. - Disfunzione da ripiegamento sul privato. Un eccesso di informazioni che riguardano argomenti diversi può indurre una sorta di difesa individuale, costituita dal “chiudersi in casa” e dal preferire l’orizzonte rassicurante delle cose che si conoscono. Tv e giornali, raccontando la realtà “là fuori” anziché incuriosire il lettore, lo spaventano. - Disfunzione narcotizzante. Una forma più sottile di “ripiegamento sul privato” si ha quando ci si comporta allo stesso modo, ma con la convinzione di essere invece “impegnati” in faccende politiche/sociali di rilevanza collettiva. La questione è sempre la stessa: che atteggiamento i media mi consentono di assumere verso il mondo “là fuori” e che tipo di distinzione rendono possibile tra fare e conoscere. le disfunzioni assomigliano più a degli intralci che derivano da un sovraccarico del sistema, piuttosto che a dei problemi che incidono nella sua struttura profonda, e in simile veste devono essere compresi e corretti. Qualora ne venga riconosciuta l’origine strutturale, essi non rappresentano il sintomo di un malfunzionamento che rimette in discussione il sistema nel suo complesso nell’ipotesi funzionalista il sistema è capace di trovare un nuovo punto di equilibrio modificandosi quanto basta a raggiungere un tale fine. Ciò che è disfunzionale per il singolo/gruppi non è detto che lo sia anche per la società nel suo insieme, la quale può invece trarne dei benefici. Lazarsfeld/Merton denunciano la “spinta verso il conformismo esercitata dai mezzi di comunicazione di massa.” l’atteggiamento non è benevolo, ma tale tendenza non è interpretata come una forma di controllo o di oppressione delle masse. Si tratta di una modalità di funzionamento del sistema sociale. 2.8 Determinismo tecnologico e democratizzazione tecnica (Innis, McLuhan, Meyrowitz, Benjamin) Determinismo tecnologico la tecnologia determina forma e funzioni della società e con esse le modalità con cui ogni individuo è in grado di orientarsi nel mondo e di interagire con gli altri. McLuhan = 2 presupposti: 1) Ciascuna nuova tecnologia collabora a trasformare la capacità degli individui di interagire tra loro e di costruirsi un’idea del mondo. gli strumenti/tecnologie modificano gli individui e li rendono riconoscibili in relazione al modo in cui sono capaci di usarli. l’importanza della connettività: produce trasformazioni sociali rilevanti nel mobilitare gruppi sociali come i giovani e le persone di colore. Un medium non si limita a raccontare, ma mette in relazione le vite/esperienze/aspettative dei singoli e delle comunità che vi sono connessi. Con ciò un medium diviene un’estensione dei sensi dell’individuo. 2) Indifferenza delle trasformazioni prodotte sui/dai diversi mezzi di comunicazione verso i contenuti che veicolano. Medium caldo: estende un unico senso fino ad “un’alta definizione” (stato in cui si è colmi di dati). Limitata partecipazione. Medium freddo: “a bassa definizione.” Offre poco, esige un grosso contributo. Scarsa quantità di informazioni. Alto grado di partecipazione. Idea di villaggio globale che anticipa il web e la connettività tra media personali consentita dalle nuove tecnologie. L’espressione villaggio globale è efficace perché contiene una contraddizione. L’idea del villaggio rimanda a organizzazioni sociali primitive, e sembra cozzare col mondo ipertecnologico. Tribù esempio paradigmatico di una comunità priva di scrittura, che si contrappone alle società moderne che sono frammentate e individualiste. Gli abitanti del villaggio globale sembrano tenere insieme caratteristiche dell’una e dell’altra. Asserzione di McLuhan: “Il contenuto di un medium è sempre un altro medium. Il contenuto della scrittura è il discorso, la parola scritta è il contenuto della stampa e la stampa quella del telegrafo.” Quando McLuhan parla di “uomo occidentale”, intende chiunque abiti in Europa o nel continente americano, qualsiasi sia il suo genere, la sua età o la condizione sociale. I media producono conseguenze applicabili a molti individui, ma che queste siano uguali per tutti rischia di essere poco credibile. Anche le epoche storiche sono tagliate con l’accetta e altrettanto troppo stilizzati i modelli di società. Il discorso è basato su presupposti vaghi per non dire superficiali. Meyrowitz: determinismo tecnologico + prospettiva microinterazionista. Dall’uno riprende l’idea che i media producono effetti sociali indipendentemente dai loro contenuti, per il semplice fatto di esistere e di mettere in comunicazione persone secondo modalità tecniche che incidono poi sulla loro percezione di sé/altri/ambiente in cui agiscono. Da Goffman riprende il concetto di definizione della situazione e la distinzione tra ribalta e retroscena. la presenza dei media elettronici rende impossibile mantenere la compartimentazione tra “mondi” che nelle società tradizionali sono separati. Uno dei presupposti fondamentali dell’interpretazione di Meyrowitz è che i media elettronici possano creare nuovi luoghi sociali come esito cumulativo della loro esistenza. Anche la segregazione che separa alcuni tipi di pubblico dall’accesso ad alcuni tipi di prodotti mediali viene ampiamente superata. L’esempio principe è la stampa. Leggere un libro vuol dire possedere i codici linguistici adatti a comprenderlo. I codici della scrittura fanno da schermo a interpretazioni improprie o “profane”, elaborate da chi non è compreso dall’autore tra i destinatari naturali del libro (come i bambini). 3 casi esemplari: - rapporti infanzia/età adulta; - relazioni uomo/donna; - sfera pubblica/privata dei leader politici. 1. La mancata/minor conservazione di segreti in situazioni in cui ribalta e retroscena tendono a sovrapporsi sono alla base del mutare dei rapporti tra adulti e bambini. Il mondo adulto “cospira” L’esempio principe è dato dalla fotografia. Il fotografo professionista o il medio borghese che ha velleità artistiche, sanno che una istantanea può essere esteticamente apprezzabile per molti motivi che prescindono da ciò che viene fotografato. “Il naturalismo popolare riconosce la bellezza nell’immagine della cosa bella o nell’immagine bella della cosa bella.” L’immagine “bella” di una cosa brutta non ha alcuna possibilità di essere riconosciuta a sua volta come “bella” perché manca la funzione pratica attribuita alla fotografia e al lavoro del fotografo: occuparsi di raffigurare oggetti o persone esteticamente riconoscibili. Quest’incapacità di separare l’immagine dell’oggetto dall’oggetto dell’immagine si riproduce come tratto caratteristico della sensibilità popolare. Qualunque forma d’arte di cui non si intravvedano gli usi e le utilità è percepita come incomprensibile prima che inutile, perché il bello, l’interessante, il piacevole devono tradursi in qualcosa che è identificabile praticamente. I mezzi di comunicazione influenzano settori sociali differenti in maniera diversa: la cultura di massa non è universale in quanto agli effetti che può produrre e all’attenzione che può destare consumata e utilizzata in modo diverso. La stratificazione delle culture è legata alla riproduzione di rapporti di potere tra classi e alla riproduzione delle pratiche e delle capacità culturali i media hanno un ruolo di rilevanza. Sono i mezzi di comunicazione a divulgare/rendere credibile, appetibile e legittima la cultura di massa. Sono i media a farsi carico di una parte di esercizio del potere simbolico che mantiene vive le diseguaglianze culturali a partire dalla necessità di privilegiare i contenuti più vicini al gusto delle classi medio-basse. 3.2 La svolta dei Cultural Studies (Hall, Fiske) Abbiamo visto l’importanza del concetto di cultura i media non si sono semplicemente aggiunti alle istituzioni tradizionali deputate alla trasmissione/riproduzione della cultura: hanno integrato le istituzioni esistenti, collaborando a creare cultura. È possibile guardare ai prodotti della cultura di massa attribuendo ai suoi fruitori un ruolo attivo e non passivo? prospettiva di ricerca che cerca di porsi dal punto di vista degli utilizzatori di prodotti culturali, prestando attenzione a tutte le differenze che compongono la complessità del nostro mondo. Hall una delle più importanti figure rappresentative dei Cultural Studies; a muoverlo sono le condizioni della sua esistenza in Inghilterra. Ci voleva uno straniero, qualcuno che guardasse dal di fuori certi meccanismi, per capirli la cultura di massa è invisibile ai suoi fruitori; per i ricercatori essa possiede 2 ruoli a seconda della funzione che assume: 1. Prodotto di strategie di marketing elaborate da esperti; 2. Oggetto da indagare nella prospettiva della cultura legittima. Williams/Hoggart (classe operaia), Thompson (origine canonica) è il provenire da una diversità etnica/ sociale rispetto alla cultura legittima, che spinge a porsi delle domande e a cercare metodi di indagine originali. La questione che gli autori che abbiamo citato affrontano sin dagli anni Cinquanta è l’avanzata della cultura commerciale di massa, di provenienza prevalentemente statunitense, che minaccia da un lato la tradizione colta e dall’altro la cultura popolare che si è anch’essa consolidata il tema culturale dei Cultural Studies riguarda sin dall’inizio il tentativo di mettere un argine all’invadenza di quest’ondata di prodotti industriali che si contrappongono alle tradizioni già esistenti. Nell’ambito di definizione della cultura, Williams pone la questione della sua “ordinarietà”: la cultura costituisce un “intero stile di vita” che tocca individui/società nell’ambito quotidiano si libera dalla dimensione scolastica/istituzionale. Thompson studia la classe operaia inglese, soffermandosi sulla coscienza di sé che essa matura in un lasso di tempo. Nello studio prepondera l’idea che la cultura sia “vissuto, somma di pratiche, capacità di stare insieme intorno a un’identità condivisa.” Il secondo aspetto dell’analisi di Thompson riguarda la conflittualità che le culture hanno la cultura esce da una definizione intellettuale/scolastica che vorrebbe essere neutrale, ma che privilegia il punto di vista dominante. Le culture sono più di una, rappresentano ambienti vitali per le persone, e al loro interno si consumano lotte simboliche per l’egemonia che producono conseguenze concrete la cultura di massa si pone al livello delle tradizioni colte che da sempre la interpretano. Hall: “La cultura è intessuta in tutte le pratiche sociali, è la somma della loro interrelazione.” Il ruolo alienante e poco neutro della cultura di massa nei riguardi degli strati sociali meno acculturati ha costituito un oggetto di riflessione per tutti gli autori considerati finora. I Cultural Studies introducono invece 2 novità: 1. Attenzione verso i luoghi sociali dove si esercita egemonia. 2. Con Hall valutare come il conflitto tra culture/appartenenze si traduca in un modo diverso di considerare il funzionamento/effetti della comunicazione. È il modello Encoding/Decoding. Modello generale della comunicazione: un Emittente produce un Messaggio che invia a un Destinatario che lo interpreta sulla base di un Codice, grazie a un Canale. Secondo questa prima impostazione, basta che Emittente e Destinatario abbiano a disposizione gli stessi Codici e che riescano a mettersi in relazione tra loro senza perdere parti di Messaggio perché la comunicazione abbia effetto = una volta che il Destinatario riceva correttamente il messaggio e abbia gli strumenti per decodificarlo, la comunicazione è andata a buon fine. Hall modifica questo modello inserendovi delle variazioni che riguardano le capacità di interpretazione del Destinatario. Encoding/Decoding model = le possibilità di interpretazione del Destinatario sono 3 e questa varianza corrisponde all’insieme di risorse simboliche/relazionali di cui il Destinatario dispone. 1. Cominciamo dalla polisemia del messaggio. I messaggi non hanno un solo significato. Possiedono varie interpretazioni. Questa pluralità è spiegabile sulla base di 3 ragioni principali: usano codici diversi + alcuni media non riescono a ridurre l’ambivalenza dei propri prodotti + i messaggi si rivolgono a Destinatari dotati di culture tra loro, e rispetto all’Emittente, diverse. i messaggi univoci sono rari e poco significativi. 2. La distinzione tra Destinatario implicito e Destinatario empirico del messaggio. Chi comunica si adopererà per costruire il proprio discorso nel modo che ritiene essere più comprensibile per il suo pubblico = “adattarsi al proprio uditorio” prima regola per cercare di essere compresi da tutti. Ciò significa che chi comunica si fa “un’idea” del proprio destinatario, e a tale idea adatterà il discorso. Il Destinatario implicito nella comunicazione è questo: il pubblico che io costruisco nella mia testa e presuppongo nel mio Messaggio non è detto che il Destinatario empirico, cioè le persone reali che mi troverò di fronte, corrisponda a quello che mi immaginavo. Questo ci aiuta a capire cosa Hall intenda con l’attività di Encoding che spetta all’Emittente, e Decoding che spetta al Destinatario. Quando un Emittente istituzionale produce i suoi messaggi, non mette in campo solo un’idea di Destinatario, ma anche un’idea di sé e della cosa di cui parla, collocata all’interno di uno stile di pensiero che presume di condividere con l’audience a cui si rivolge. I professionisti che creano il messaggio si avvalgono di quadri cognitivi che ritengono di spartire coi propri pubblici. I messaggi contengono delle regole di lettura con le quali si suggerisce al ricevente un’interpretazione in linea con le assunzioni ideologiche/sociali/culturali che l’Emittente pensa di condividere con il Destinatario. L’Encoding viene creato a misura del Destinatario, sulla presunzione che il Destinatario lo decodifichi a partire dalle medesime premesse e con le stesse modalità con cui l’Emittente l’ha prodotto. 3. Il Destinatario empirico è fatto di persone tra loro diverse. Più ampio è il mio uditorio, maggiori possono essere le differenze tra coloro che mi ascoltano e quindi anche i significati/interpretazioni che ciascuno singolarmente può attribuire al mio discorso. Unendo queste 3 caratteristiche la speranza che tutti capiscano la stessa cosa e la interpretino nello stesso modo è mal riposta conseguenza: moltiplicazione degli esiti della comunicazione, secondo 3 modalità: lettura dominante, negoziata, oppositiva. Lettura dominante l’intenzione comunicativa dell’Emittente corrisponde all’interpretazione del Destinatario: legge il messaggio come l’Emittente glielo voleva far intendere. Non si tratta di comprendere semplicemente il significato delle parole, ma un ordine sociale che vi sovraintende, quel meccanismo egemonico. Hall distingue tra codice professionale e codice dominante. Codice professionale = quello di autori, registi, ecc. che confezionano un programma rispettando alcune convenzioni sociali ciò che il Destinatario riceve e al quale si adegua nell’interpretazione è un intero ordine del mondo. L’autonomia è limitata dal codice dominante al cui interno esso lavora. Secondo Hall non c’è messaggio che possa essere esterno al controllo dell’egemonia culturale. Lettura negoziata novità del modello Encoding/Decoding il Destinatario può reinterpretare il significato del Messaggio senza seguire per intero le indicazioni dell’Emittente. Emittente e Destinatario possono negoziare il senso del Messaggio, mettendo in campo ciascuno la propria cultura e le proprie pratiche si risolve in un’accettazione parziale dei contenuti: il Destinatario fa proprio lo schema generale del Messaggio, ma ne rifiuta alcune circostanze locali che lo riguardano. Lettura oppositiva il Destinatario non si riconosce per nulla nel Messaggio che l’Emittente gli invia e lo respinge = non riconoscimento rende impossibile qualunque compromesso senza violare la cultura di cui è custode. Non vuol dire che il Destinatario non comprenda i contenuti del messaggio = è proprio perché li capisce che li rifiuta. Ideologia può essere accettata e condivisa come una rappresentazione della realtà, anche quando viola dei diritti propri o altrui; può essere messa in discussione; può essere smascherata per quello che è: un’impostura. L’idea di negoziazione è uno dei punti di forza della posizione di Hall. Quel che è presupposto in questa definizione del ruolo dei mezzi di comunicazione sono 2 premesse: 1. Che la cultura sia il terreno di scontro tra opposte ideologie e posizioni sociali che combattono per guadagnare risorse simboliche/politiche. Verrebbe così meno la funzione esclusiva di spettatore e interprete affidata al pubblico sulla quale i Cultural Studies fondano il significato stesso del rapporto tra mezzi di comunicazione di massa e soggetti sociali. Ciò in un ambiente in cui il mettersi in scena diviene una pratica sociale diffusa che penetra e condiziona la quotidianità di chiunque. Collaborazionisti più che resistenti. È l’audience a divenire estesa: si è sempre spettatori. La resistenza diviene parte dello spettacolo e si traduce nel produrre, o nel partecipare a produrre, lo spettacolo di sé. L’ipotesi originaria attorno a cui ruotano i Cultural Studies si ridimensiona. La distanza tra Emittente e Destinatario si accorcia e i due ruoli tendono a sovrapporsi. Che conseguenza produce alla fine la resistenza? Teoria mediologica del pollo In natura il pollame allo stato selvaggio non esiste più. Tutte le galline che finiscono sulle nostre tavole hanno vissuto negli allevamenti. Alcune nelle aie contadine all’aperto, altre chiuse in gabbia. Periscono tutti allo stesso modo, ma alcuni hanno avuto un’esistenza decisamente diversa. Per comprendere il rapporto tra cultura popolare, media e pubblici non dobbiamo immaginare un mondo in cui sia possibile sottrarsi all’influenza e al potere dei mezzi di comunicazione, poiché essi collaborano a produrre parti consistenti di quello stesso mondo analiticamente difficile separare quel che accade nell’esperienza vissuta da quel che riguarda l’esperienza mediata, perché l’una e l’altra si intrecciano indissolubilmente. Non esiste alcuna soluzione che ci ponga fuori dal sistema dei media; a esso siamo legati. Il destino mediatico è ineluttabile nel suo percorso, ma non altrettanto definita è l’esperienza che possiamo farne individualmente e collettivamente. Resistere, negoziare, dare letture oppositive vuol dire mettere in campo le risorse culturali che si hanno a disposizione per comprendere il significato dei messaggi in rapporto alla propria condizione sociale. Si tratta di stabilire relazioni interpretative che mi aiutino a valutare chi sono, dove mi colloco socialmente e quali immagini di me e delle mie comunità di riferimento vengono date dai media. 3.4 I new media, fine della cultura di massa? (Bordewijk, van Kaam, Van Dijk) Ci concentriamo sulle caratteristiche dei nuovi media che possono mettere in discussione il significato che abbiamo sin qui attribuito alla cultura di massa. 4 modalità diverse di traffico informativo che chiamiamo: allocuzione, conversazione, consultazione, registrazione . Allocuzione Modo tipico di funzionamento dei media tradizionali: un flusso di informazioni monodirezionale parte da un centro e si irradia verso più consumatori individuali periferici i quali, nel riceverlo, hanno poche o nessuna possibilità di rispondere o di manifestare la propria comprensione/accettazione del Messaggio. Si tratta di una comunicazione uno a molti, dove l’uno “parla” e i molti si limitano ad ascoltare. Riguarda anche alcune forme di interazione non mediata come la comunicazione di gruppo. I flussi informativi compresi nell’allocuzione sono controllati dal centro per quanto riguarda le forme con cui avviene la trasmissione. In tal modo esso esercita la sua influenza anche sui significati e gli usi che ne possono essere fatti. Al Destinatario consumatore resta solo una scelta di tipo binario: sì/no. Consultazione Sdoppiamento della direzione del flusso informativo, poiché è prevista la comparsa di una domanda che il consumatore periferico pone al centro allo scopo di ricevere una risposta = novità. Il consumatore periferico controlla tempi/luoghi/contenuti del messaggio che avrà in replica alla sua domanda. Tale controllo dipende dai tempi e dai contenuti della domanda stessa. Es. media flessibili. Il Destinatario può adattare la comunicazione alle proprie esigenze e padroneggiare le circostanze con cui questa avviene. Perde la posizione passiva che è predominante nei media tradizionali ed è chiamato ad assumerne una attiva almeno nelle operazioni di avvio dell’interazione. Registrazione Comprende tutte quelle situazioni in cui il centro trae informazione dal consumatore periferico. Diversi modi: 1. Domande esplicite 2. In forma occulta grazie ai cookie installati nel browser che raccolgono notizie intorno ai gusti e alle preferenze dell’utente, al fine di sottoporgli poi pubblicità personalizzate o di predisporre elenchi di risposta a interrogazioni dei motori di ricerca costruiti a misura delle sue esigenze 3. L’insieme dei 2 metodi consente di raccogliere informazioni “sensibili” che possono aiutare le imprese a raggiungere i propri obiettivi di vendita. Conversazione Aspetto più conosciuto e considerato permette una comunicazione uno a uno del tutto libera da vincoli di controllo che provengono da un centro. Il medium è solo il fornitore di un servizio di connessione che ricade interamente sotto la potestà degli utilizzatori, i quali possono decidere come/dove/quando impiegarlo per la loro comunicazione. 3 tipi di regolazione dei flussi informativi che circolano in ciascuno dei modelli comunicativi che abbiamo descritto: I. Monodirezionale, va dal centro alla periferia e non ammette feedback da parte del consumatore ultimo, il quale ne è investito passivamente. II. Bidirezionale, consente modalità diverse di risposta e di interrogazione da parte dell’utente. III. Concede all’utente di produrre in prima persona i contenuti stessi dei messaggi che poi invierà attraverso la rete. Internet rende accessibile una quantità sterminata di dati che prima erano raggiungibili solo spostandosi fisicamente grazie alle sue funzioni di scambi uno a uno, consente di avviare e mantenere delle reti di relazioni con molte persone contemporaneamente, superando distanze e barriere + possibilità di trasformare l’insieme di conversazioni in aggregazioni stabili che chiamiamo “comunità virtuali.” L’estendersi e l’intersecarsi delle comunità virtuali con le comunità tradizionali organiche può essere letto come una forma costitutiva dei paesi sviluppati contemporanei, al punto da definire il nostro mondo una società delle reti priva di un centro e organizzata intorno a relazioni tra nodi periferici sul modello del web. Conseguenze sociali = differenziazione degli emittenti che forniscono servizi specializzati per inseguire consumatori meno omogenei + individualizzazione dei consumatori + moltiplicazione di prodotti/servizi. a. La novità dei “nuovi media” si traduce in un affiancamento e in una convergenza con i media tradizionali. Si allargano i confini della consultazione che diviene più ricca e plurale; rischio di una ciber-balcanizzazione. b. Parte dei contenuti dei nuovi media presuppone/proviene dai vecchi, perché è ancora la comunicazione di massa a fornire buona parte degli argomenti di cui si discute. Accade anche il contrario = interdipendenza reciproca. I vecchi media tuttavia sono in grado di selezionare e organizzare professionalmente le notizie che poi propongono ai propri utenti; operazione lasciata al singolo nel web. c. Che ne è della cultura di massa coi nuovi media? Non è vicina al collasso e alla possibilità di un mutamento radicale provocato dal web. Al di là del destino tecnico, quel che è diffuso è legato pur sempre a bisogni e piaceri dei soggetti che ne fruiscono. Queste potenziano le possibilità di diffusione della cultura di massa ma non sono in grado di trasformarla in un’altra specie di cultura. Moltiplicarsi delle occasioni di produzione di messaggi da parte di persone comuni che divengono protagonisti attivi e di un processo di comunicazione che resta massificato poiché è consultabile da molti. La cultura popolare di massa è realizzata industrialmente per il popolo l’influenza dei media tradizionali non è facile da superare e il dislivello tra culture è destinato a perpetuarsi. Impressione che di cultura ce ne sia una sola, quella mediata. d. Le masse non spariscono, se ne modificano il ruolo e le forme di attivazione. La cultura di massa è la consapevolezza soggettiva di partecipare a un avvenimento comunitario che si autorappresenta nella sua coralità grazie al medium. La consapevolezza di partecipare a un fatto collettivo planetario si autoalimenta anche attraverso l’emozione sperimentata dentro il medium // la forza di un social network non arriva ancora a tanto. e. Molta informazione non vuol dire buona informazione. Il passaggio non mi rende più acculturato le disuguaglianze sociali tendono a riprodursi. Se non si hanno strumenti, non si riesce nemmeno a riconoscere una cultura diversa dalla propria. Se la cultura di massa si trasferisce nella grande rete, a fare la differenza non è come questa venga tecnicamente interrogata. Si mettono in gioco 3 capacità soggettive: • Saper distinguere la qualità/legittimità della fonte; • Progettare un percorso di consultazione adeguato; • Comprendere i linguaggi in cui si esprime ciascuno dei contenuti trovati. Allodoxia culturale = errori di identificazione + forme di falso riconoscimento in cui si traduce lo scarto tra la conoscenza e il riconoscimento. Due esempi: Il primo riguarda la ciber-balcanizzazione. Dubbio che la massa di risorse a disposizione finisca per creare circuiti autoreferenti in cui ciascuno parla solo con chi è d’accordo con lui e si cercano solo le informazioni che vengono ritenute corrispondenti al proprio modo di pensare = omologazione soggettiva dei contenuti. Il secondo tocca le forme prevalenti di uso del web in relazione al tasso di attività/consumo passivo che essa annovera. YouTube conta in tutto il mondo molti più visitatori che postatori. Il fatto che esista la risorsa non significa che tutti gli utenti la usino al pieno delle sue possibilità e allo stesso modo = effetto cineforum. Trasformarsi da spettatori in protagonisti non è sempre facile. Ragionamento sopra un telegramma (Teoria matematica della comunicazione – Shannon, Weaver) Quali sono le operazioni per spedire un telegramma? Occorre avere qualcosa da dire a qualcuno, formulare questo “qualcosa” in parole con stile da telegramma (sintetizzando molto e usando espressioni che non ricorrono in altre forme di comunicazione). Ci si reca all’ufficio postale, si dà il telegramma all’impiegato che conta le parole, stabilisce il costo e lo porta al telegrafista. Questi tradurrà le parole in segni dell’alfabeto Morse che invierà all’ufficio postale di destinazione. Nell’ufficio ricevente un altro impiegato ritradurrà i segnali Morse in parole, scrivendo le parole su un foglio e provvedendo a recapitare il telegramma al destinatario finale. Fonte di informazione = io che scrivo su un apposito modulo il telegramma = Messaggio. 5. La struttura tecnica del medium condiziona le possibilità d’uso e le forme di fruizione del Messaggio. Le variabili sociali discusse collaborano allo stesso effetto. La mia abilità nel leggere un giornale e la propensione a dividere il mio tempo tra libri, periodici, tv, dischi e cinema dipendono da chi sono, dalla scolarizzazione che possiedo, dagli ambienti sociali che frequento e dal mio stile di vita, tutti elementi che mi suggeriscono una gerarchia di priorità d’impiego del tempo libero e una gerarchia di rilevanza delle fonti, degli accessi e delle risorse d’informazione. 6. Molta comunicazione mediale non ha alcuno scopo informativo, serve a stabilire/riconfermare ritualmente le possibilità di un contatto/le dimensioni routinarie di esistenza della realtà. I tormentoni pubblicitari sono orientati a costruire/mantenere la fedeltà del consumatore, a confezionare un’immagine positiva, a soddisfare bisogni di ordine psicologico e sociale. Molte notizie di un tg/giornale hanno l’obiettivo di creare aspettative verso altre notizie, oppure servono a rassicurare, o sollecitano emozioni. Carey: visione trasmissiva // visione rituale Visione trasmissiva: la più comune nella nostra cultura. Deriva da uno dei più antichi sogni umani: il desiderio di aumentare la velocità e l’effetto dei messaggi mentre viaggiano nello spazio. Visione rituale: diretta verso il mantenimento della società nel tempo . Caso archetipo della visione rituale è la cerimonia sacra che attira le persone insieme in fraternità e comunanza. Carey non si limita a individuare 2 funzioni comunicative , ma due visioni, due paradigmi che interpretano per intero il ruolo che può essere attribuito al sistema dei media. I mezzi di comunicazione fanno tutt’uno con gli altri processi simbolici che costellano la realtà e che prendono forma nelle interazioni di vita quotidiana perché contribuiscono a crearli. • Nuovo fronte di contrapposizione tra visioni trasmissive e culturaliste intorno al ruolo sociale dei media. Modello di Westley e MacLean Inserimento di un ruolo terzo e autonomo per il Medium nei riguardi dell’Emittente e del Destinatario. Scissione dell’Emittente in 2 figure diverse: la Fonte (F) e il Medium (M). Viene resa esplicita un’importante differenza tra attori sociali coinvolti in un processo comunicativo che per oggetto hanno l’informazione. Es. in una conferenza stampa, un primo Messaggio è prodotto da chi l’ha convocata, che è la Fonte e che è lì per parlare di un Evento. Il suo Messaggio è diretto ai giornalisti che ne costituiscono il pubblico. Questi produrranno un secondo Messaggio che il Medium provvederà a diffondere al pubblico nella forma più opportuna: un articolo o un servizio. Si stabiliscono con ciò conseguenze importanti: a. La struttura della mediazione allontana i pubblici ultimi dalla Fonte, così come i Destinatari non sono in grado di provvedere da soli ad accertarsi degli Eventi di cui gli si parla attraverso l’informazione mediata. Chi legge il giornale non può parlare direttamente col politico; il politico a sua volta convoca la conferenza stampa perché non ha altro modo di parlare al pubblico degli elettori. Entrambi si affidano al medium che assume un ruolo centrale nell’informare gli uni e nel fornire un canale di comunicazione agli altri. b. L’interazione principale è tra Fonte e Medium, ciascuno dei quali produce la sua selezione e interpretazione delle notizie. A volte questa è “doppia”: quella compiuta dalla Fonte sugli Eventi e quella compiuta dal Medium sul Messaggio veicolato dalla Fonte. c. Il Medium può “saltare” la Fonte e prestare direttamente attenzione agli Eventi che gli interessano. La relazione Fonte-Medium può non essere necessaria, mentre la mediazione diventa una funzione sociale riconosciuta formalmente E praticamente, perché nel gioco comunicativo i media possiedono sempre un ruolo centrale. Senza di loro il Destinatario rimarrebbe escluso da informazioni che gli vengono trasmesse grazie alla Fonte che parla con stampa e tv o grazie a stampa e tv che attingono da soli all’Evento. Informazione = frutto del lavoro professionale del Medium. Comunicazione = frutto del lavoro professionale della Fonte. Articolo di Eco e Fabbri: propongono due letture “corrette” dello schema generale della comunicazione, costituite dal modello semiotico-informazionale e dal modello semiotico-testuale. L’importanza delle “correzioni” apportate riguarda 3 fattori principali: 1. Comunicazione = trasformazione da un sistema semiotico all’altro grazie all’uso di codici/ sottocodici non sempre coincidenti. Con il telegramma un significato si trasforma in un significante tecnico e poi in un segnale, per essere trasformato poi di nuovo a “rovescio.” Ciò moltiplica le possibilità di errore, e non teneva in conto il fatto che l’intenzione comunicativa dell’Emittente coincidesse con l’interpretazione del Destinatario. Non se ne teneva conto perché l’idea del “pacco postale” postulava che il Messaggio trasmesso dall’Emittente fosse identico a quello ricevuto dal Destinatario. I modelli semiotici mettono in discussione proprio questa eventualità. È raro che il Messaggio emesso corrisponda al Messaggio ricevuto, perché poli ultimi delle trasformazioni necessarie al processo di comunicazione sono Emittente e Destinatario. 2. I contesti sociali/culturali di Emittente e Destinatario entrano in campo attraverso operazioni di produzione del significato che usano sottocodici diversi. L’operazione di codifica/decodifica non è più un automatismo che traduce i contenuti del Messaggio, poiché il Destinatario usa competenze e aspettative che l’Emittente non può sempre prevedere e che il Codice non può sempre comprendere. 3. Il feedback verrà ripreso come negoziazione tra le intenzioni dell’Emittente e le disposizioni interpretative del Destinatario. Modello semiotico-informazionale (Eco, Fabbri) Riprende parte degli elementi presenti nella Teoria matematica dell’informazione aggiungendo la presenza di sottocodici varianti del Codice che possono essere attivate dall’Emittente e dal Destinatario, in rapporto alle loro competenze e alla situazione socio-culturale di riferimento. I sottocodici apportano significati molto spesso esclusivi che si aggiungono a quelli dei “codici di base” e producono fraintendimenti o rifiuti dei contenuti della comunicazione. Distinzione tra messaggio emesso come significante che veicola un certo significato, messaggio ricevuto come significante e messaggio ricevuto come significato. L’Emittente produce il messaggio su 2 piani: il significante (forma e lettere), e il significato (contenuti). Ciò che li congiunge è il Codice. Se i sottocodici dell’Emittente e del Destinatario non sono gli stessi, ne consegue che l’Emittente può immaginare per esso un certo significato, che il Destinatario invece non vi trova. La discordanza tra i sottocodici spiega come sia possibile che un medesimo messaggio ottenga interpretazioni molto o poco diverse tra chi l’ha prodotto e chi lo riceve. Tale fenomeno è chiamato decodifica aberrante (“diverso dal modo in cui l’Emittente sperava che il messaggio fosse decodificato”). Le ipotesi applicative del modello semiotico-informazionale considerate sono 4: Incomprensione (rifiuto) del messaggio per totale carenza del codice. Emittente e Destinatario che usano codici linguistici diversi per comunicare. Nella sua forma più raffinata, comprende l’ipotesi di due significati diversi espressi attraverso il medesimo significante, come accade nei discorsi pubblici di carattere istituzionale. Un significato è comprensibile a tutti, mentre l’altro è destinato solo a chi possiede il relativo sottocodice. Incomprensione del messaggio per disparità di codici. La “disparità di codice” crea fraintendimenti dovuti al diverso significato attribuito allo stesso significante. Il problema non tocca la carenza di un codice comune, mentre è diversa la comprensione della situazione a cui entrambi si riferiscono. La “disparità di codici” può trovare molte applicazioni nell’ambito delle comunicazioni di massa. Incomprensione del messaggio per interferenze circostanziali. Le “interferenze circostanziali” riguardano assunti incontrovertibili che il Destinatario possiede riguardo a situazioni/fatti che non è disposto a smentire nemmeno se una Fonte legittimata gli invia un messaggio. Gli assunti possono essere di ordine cognitivo o legati all’esperienza soggettiva. Assunti correggibili // Assunti incorreggibili “Se ci viene detto che Milano non ha due ma tre milioni di abitanti, se abbiamo fiducia nella fonte siamo disposti a correggerci. Se ci viene detto che la Terra si muove mentre il Sole resta fermo, resistiamo all’affermazione anche se l’autore dell’affermazione fosse un premio Nobel.” Il fraintendimento “circostanziale” ha come risultato un’opposizione rispetto al significato letterale del messaggio e un rafforzamento delle sue convinzioni, per cui il Destinatario tende a usarlo per confermare i suoi assunti, nonostante la comunicazione li smentisca. Es. “Liceo” Accade sovente che quando i giornalisti devono riferirsi agli studenti delle scuole superiori li identifichino tutti genericamente come “liceali.” Questo perché loro stessi sono stati studenti di liceo e immaginano nei riguardi dei loro lettori che non esista altra specie di istituto scolastico superiore e altri alunni. Gli iscritti alle scuole tecniche e professionali potrebbero non riconoscersi, per interferenze circostanziali negative, in un messaggio che parlando di loro li assimili ai liceali e respingere perciò il messaggio stesso. La credenza radicata di “essere altro” rispetto ai Destinatari che la comunicazione nomina potrebbe indurli a pensare che il contenuto dei Messaggi non li riguardi. Rifiuto del messaggio per delegittimazione dell’Emittente Quando una fonte di informazione risulta poco plausibile, la delegittimazione sociale già attribuita all’Emittente svaluta il messaggio, il quale verrà assunto come poco credibile. Un caso esemplare è costituito dalle vicende dell’opuscolo di Lupo Alberto che hanno coinvolto l’allora Ministro della pubblica istruzione Jervolino, in una dura battaglia polemica contro studenti e istituti superiori in Italia. 2 morali: 1. La “repressione”, soprattutto se ideologica, ha le gambe corte nei regimi democratici che ammettono pluralità di punti di vista e stili di vita; 2. La repressione è uno strumento di prevenzione efficacissimo, poiché attrae l’attenzione di molti che altrimenti non si prenderebbero la briga di ascoltare i consigli delle campagne preventive. L’opuscolo di Lupo Alberto ha avuto una grandissima diffusione. Senza la polemica che l’ha accompagnato avrebbe ottenuto certamente un minor successo. La delegittimazione dell’Emittente autore del Messaggio che voleva censurarlo, è valsa allora come iperlegittimazione dell’Emittente che ha prodotto l’opuscolo, il che ha reso ancora più credibili i suoi contenuti. Il processo comunicativo trasforma l’informazione da un sistema di codici e sottocodici all’altro il presupposto di uniformità si spezza necessario distinguere tra Messaggio emesso e Messaggio ricevuto. La rottura dell’unità del Codice apre la strada all’idea che tra Emittente e Destinatario vi sia una negoziazione del senso da attribuire al Messaggio. 5. La suspense funziona solo se facciamo nostra l’impostazione data dall’autore all’interazione tra i simulacri, se accettiamo la decodifica dominante. Ma possiamo assumere almeno 3 differenti posizioni: a. non accettiamo per nulla il contratto comunicativo, non avvertiamo nessuna suspense e rifiutiamo di riconoscerci nello stupidissimo simulacro di Enunciatario. In tal modo diamo una lettura parodistica di tutti gli artifici che dovrebbero impaurirci e ne ridiamo platealmente. b. Siamo esperti e in base alla nostra competenza testuale acquisita cerchiamo di anticipare l’evolversi della vicenda. Ci discostiamo dall’effetto di suspense e ci riconosciamo solo in parte nel simulacro dell’Enunciatario. c. Il film ci piace molto e ci “prende”, la suspense funziona benissimo e noi restiamo appesi al nostro simulacro aspettando che nuove istruzioni ci conducano, un poco alla volta, verso la soluzione finale. Esempio del talk show Qui i simulacri sono delle figure riconoscibili. L’Emittente empirico deve immaginare in via preventiva quel che potrà piacere e interessare il Destinatario. Il pubblico presente in studio e gli ospiti sono selezionati e presentati in modo da permettere agli spettatori di proiettarsi nel simulacro dell’Enunciatario e di vivere emozionalmente il racconto. Se la trasmissione ha scarso successo, vuol dire che la costruzione simulacrale delle caratteristiche del Destinatario, insieme alla conversazione testuale che con esso si è cercato di intavolare, hanno fallito l’obiettivo. Il modello semiotico-enunciazionale rinsalda il ruolo attribuito ai processi testuali nel quadro della comunicazione di massa e ribadisce che il significato del Messaggio è oggetto di una negoziazione tra Emittente e Destinatario. 1. L’Emittente esercita un potere di controllo sulla comunicazione stabilendo delle istruzioni di lettura del proprio messaggio. Nel suo lavoro di produzione l’Emittente affianca un insieme di strategie volte a organizzare le modalità della fruizione e dell’interpretazione del messaggio. 2. Nell’“adeguarsi” o meno alle istruzioni di lettura dell’Emittente, il Destinatario può imboccare strade diverse. Accettando i ruoli simulacrali attribuitigli, oppure rifiutandoli o negoziandoli, egli conquista un’effettiva autonomia rispetto alle intenzioni e agli scopi attribuiti dall’Emittente alla comunicazione. In questo gioco di bilanciamento tra il potere di controllo dell’Emittente e le possibilità attribuite al Destinatario di sottrarsene, diviene rilevante la competenza di quest’ultimo nei confronti dei meccanismi su cui si incentra la comunicazione. Minore è l’abilità soggettiva di riconoscere la dinamica dei simulacri, maggiore è il potere di influenza. Acculturarsi alle pratiche d’uso dei media consente di orientarsi verso la vita del pollo ruspante, sottraendosi al destino dell’allevamento da batteria. I modelli semiotici offrono strumenti operativi utili a confezionare messaggi efficaci. Per essere compresi, e poi perché il Messaggio venga tradotto dal Destinatario in un’azione occorre usare strumenti che consentano di perseguire tali obiettivi praticamente. 5. Premesse allo studio degli effetti dei media Idea che stampa/radio/tv cooperino a riprodurre le disuguaglianze sociali basate sulla diversa distribuzione del capitale culturale. Effetto principale: partecipare alla creazione della realtà quotidiana di milioni di individui. La storia delle ricerche intorno ai media ha avuto un’altra evoluzione: l’attenzione dei ricercatori si è appuntata su una relazione di causa-effetto teoricamente più semplice, ma empiricamente più complessa, che riguardava le conseguenze immediate del Messaggio sulle azioni/opinioni del Destinatario. Un conto è chiederci se esiste una relazione tra immagini di sfilate di moda e anoressia, altro è considerare se una campagna preventiva produce dei risultati. Nel primo caso = effetti non voluti, nel secondo = effetti ricercati. Le ricerche che si occupano di effetti non voluti inseguono conseguenze che si aggiungono a quelle desiderate dall’Emittente e che l’Emittente non si è proposto di produrre consapevolmente. Gli studi che riguardano gli effetti ricercati mirano a stabilire se la struttura del Messaggio e le condizioni della comunicazione sono tali da garantire che l’esito persuasivo vada a buon fine. Televisione/radio/stampa/cinema/internet sono in grado di manipolare/persuadere/influenzare le opinioni/azioni degli individui sottoposti a campagne pubblicitarie/istituzionali/informazionali che li interpellano? Le ricerche che riguardano la misura dell’influenza/persuasione esercitate dai media sono orientate sull’Emittente = mirano a stabilire se e come i suoi sforzi comunicativi giungano a buon fine. Le ricerche sugli effetti hanno per bersaglio i pubblici: li si osserva per stabilire se ricordano, comprendono, traducono in atteggiamento/azione il contenuto dei Messaggi. Il risultato di tali indagini riguarda in realtà l’Emittente, poiché dipende da lui creare Messaggi capaci di indurre nei Destinatari il ricordo, la comprensione, l’azione e l’atteggiamento “giusti” = corrispondenti alle sue intenzioni comunicative. La non coincidenza tra oggetto empirico e obiettivo della ricerca è frequente nell’ambito delle esplorazioni sui media. Committenza La questione della committenza coinvolge i rapporti economici che legano la Fonte ai ricercatori. A sovvenzionare tali interventi però è la Fonte molta ricerca empirica sui media è svolta dai media stessi. Prima osservazione A fare da ponte tra i due livelli saranno gli effetti a lungo termine richiamano processi che poco c’entrano con il calcolo delle conseguenze immediate dei media sui consumi/atteggiamenti. Il marketing costituisce una delle fonti principali della comunicazione di massa. Gli effetti a lungo termine sono prodotti anche dal marketing. Seconda osservazione • Relazione tra committenza e sviluppo storico che hanno avuto le diverse famiglie di teorie e i diversi paradigmi. Stiamo considerando il fatto che ci si ponga il problema. I primi studi hanno affrontato con attenzione soprattutto audience, contenuti ed effetti dei messaggi, costituendo attraverso questi 3 oggetti empirici il mainstream della communication research. Le metodologie sono quantitative e qualitative. La teoria ipodermica Mai stata formalmente enunciata relazione intuitiva, di senso comune, del funzionamento dei media in un periodo, quello tra le due guerre mondiali, che vedeva i regimi totalitari europei utilizzare cinema e radio come strumenti di propaganda capaci di mobilitare milioni di individui. Le teorie socio-scientifiche si scindono nelle loro 2 componenti costitutive: teorie accademiche di stampo scientifico, e teorie politico-sociali. Ipodermico = Messaggio che arriva al Destinatario come farebbe un ago. Il presupposto psicologico si rifà alla prima formulazione della teoria comportamentista secondo la quale a uno stimolo corrisponde una risposta = modello stimolo/risposta. Il presupposto sociologico è quello di Mills/Mannheim riguardo all’atomizzazione e vulnerabilità degli individui che hanno perso le relazioni sociali primarie = aumento della solitudine e dell’isolamento. Il presupposto funzionale è costituito dall’idea trasmissiva per cui, una volta che il Messaggio è prodotto, messo in circolazione e ha raggiunto il suo Destinatario, questi non può sottrarsi agli effetti di influenza e di manipolazione per i quali il Messaggio è stato creato. Effetti a breve termine: le variabili psicologiche Effetti limitati I mezzi di comunicazione sono meno efficaci di quel che si immaginava e il loro potere si limita all’esercizio di influenza, che si produce solo in particolari condizioni. Descriviamo ciascun contributo singolarmente. The people’s choice: il rafforzamento dell’opinione posseduta Prima ricerca condotta da Lazarsfeld, Berelson e Gaudet sulla campagna elettorale presidenziale USA in cui fu rieletto Roosevelt studiare gli effetti di radio/stampa sulle decisioni di voto dei componenti di una comunità dell’Ohio. 53% rafforzamento delle opinioni precedenti. 26% passaggio dall’indecisione alla scelta di un partito / dalla scelta di un partito all’indecisione. 16% impossibile operare una valutazione precisa. 5% effettiva conversione da una scelta di partito a un’altra per effetto delle campagne di propaganda elettorale. Solo il 5% degli elettori mostravano di aver cambiato opinione in conseguenza dell’esposizione ai messaggi, mentre per più della metà i messaggi costituivano un rinforzo delle opinioni già possedute. L’idea del potere di persuasione e mobilitazione presupposta nella Teoria ipodermica viene messa in discussione. I media paiono essere molto poco capaci di indirizzare motivazioni/atteggiamenti/azioni. La loro funzione principale sembra essere quella di rinfrancare e confermare i punti di vista che già si possiedono. Nascita di un nuovo paradigma (quello degli effetti limitati), in opposizione alla Teoria ipodermica. Con esso si persegue l’obiettivo di mostrare che, accanto alla convalida delle idee che già si possiedono, operano altri meccanismi psicologici con cui gli individui, nell’atto di esporsi ai contenuti dei media, esercitano senza avvedersene delle selezioni, scelte di cosa leggere/guardare (esposizione selettiva); cosa/come capire (percezione selettiva) e cosa ricordare (memorizzazione selettiva). Vediamo ciascuna in dettaglio. Pregiudiziale al meccanismo psicologico delle selezioni è l’interesse soggettivo ad acquisire informazioni. Tanto più ci si espone a un Messaggio quanto più si è consapevoli perlomeno della sua rilevanza o quanto più si hanno delle conoscenze preliminari che lo riguardano “più la gente è esposta a un dato argomento più aumenta l’interesse e, a mano a mano che l’interesse aumenta, più la gente è motivata a saperne di più” per lo stesso principio, i refrattari, coloro che non sono interessati, sono i Da queste premesse prende forma il modello della comunicazione a due fasi. Ciò che viene meno è l’idea che lo scambio Emittente-Destinatario si concluda in un rapporto diretto una forma primaria di organizzazione sociale è data dalla presenza di leader d’opinione, che contribuiscono a far circolare i Messaggi veicolati dai mezzi di comunicazione di massa tra i membri del proprio gruppo, stabilendo così un ponte tra i media stessi e le comunità di riferimento. Il grappolo di connessioni che nella Teoria ipodermica collegava l’Emittente a ogni Destinatario, vede adesso una doppia trasmissione: dall’Emittente a un Leader e dal Leader al Destinatario. I Leader assolvono a un tale ruolo di mediazione perché possiedono 3 caratteristiche rilevanti: • Normalmente più informati, coinvolti e interessati ai temi elettorali; • Esercitano influenza personale verso i componenti delle comunità al cui interno esercitano la loro leadership; • Si espongono più degli altri ai Messaggi diffusi dai mezzi di comunicazione. Lewin aveva definito il punto di ancoraggio a cui gli individui si affidano = giudizi prevalenti nel gruppo. Il tentativo di mutare opinione o atteggiamento non può avere successo se il soggetto li condivide con altri, che non sono d’accordo col cambiamento la variazione d’idee è più facile se il gruppo la appoggia. Un leader può assumere su di sé le funzioni di punto di ancoraggio riconoscibile/collettivo a cui i membri sono in grado di richiamarsi. L’insieme di queste caratteristiche stabilisce le modalità con cui funziona la comunicazione a due fasi: il medium colpisce il leader d’opinione, il quale poi filtra l’informazione e ne trasmette i contenuti agli altri membri. Questi ultimi si espongono meno e sono meno interessati. L’oggetto della comunicazione e il coinvolgimento personale possono essere stimolati e indotti dal leader che esercita con ciò la sua influenza. È lui a favorire quegli effetti di rafforzamento dell’opinione posseduta, di passaggio dall’indecisione alla scelta di un partito e di conversione che abbiamo visto costituire le principali conseguenze dell’intervento dei media nella campagna elettorale. Un leader può essere il più informato, colui del quale si ha fiducia e che appare motivato tali caratteristiche svuotano di capacità descrittiva il modello trasmissivo (stimolo/risposta), per sostituirlo con un modello a rete. Merton leader d’opinione locale o leader d’opinione cosmopolita la differenza riguarda il ruolo che si riserva all’interno della comunità, il tipo di contatto che intrattiene con i media e la “specializzazione.” Il Leader d’opinione è entrato a far parte delle strategie persuasive in 2 modi: 1. Il primo lo vede coinvolto come Destinatario principale del Messaggio: se l’Emittente sa come funziona la comunicazione a due fasi, tanto vale che parli direttamente al leader, contando sul fatto che se si riesce a persuaderlo sarà poi lui a influenzare i membri del gruppo. 2. Il secondo è attraverso la figura del testimonial interno a uno spot pubblicitario. Il medium scimmiotta l’influenza personale partendo dal presupposto che i media abbiano stabilito quella che Thompson chiama una quasi-interazione mediata, vale a dire un rapporto di fiducia simile a quello che esiste nella vita di ogni giorno. A forza di vederli abbiamo l’impressione di conoscere i personaggi dello spettacolo come se fossero di famiglia sulla base di questa caratteristica i lettori-spettatori possono intrattenere nei confronti dei loro emittenti “lontani” delle relazioni di affetto, coinvolgimento e amicizia che rientrano nella quasi-interazione mediata e che attribuisce loro la funzione di leader d’opinione collocati “dentro” allo schermo o alla pagina del giornale. Tali leader sono realizzati mediaticamente. Se non esistessero i mezzi di comunicazione non esisterebbero nemmeno loro e non godrebbero della stessa popolarità e della stessa intimità. È la reputazione mediale a legittimarli. Presupposto del modello è infatti la scarsa diffusione dei media. Effetti a breve termine: le variabili testuali (Hovland, Lumsdaine, Sheffield; Weiss; McGuire; Janis e Feshbach; Rogers) Produrre effetti persuasivi = come sono confezionati i messaggi? Per valutare quale fosse la strategia migliore per creare dei messaggi persuasivi, si è tenuto conto delle seguenti variabili: 1. Credibilità della Fonte; 2. Ordine con cui gli argomenti vengono collocati nel Messaggio; 3. Conoscenza che i Destinatari già possiedono circa il tema oggetto del Messaggio; 4. Livello di scolarizzazione dei Destinatari. Credibilità della fonte Il significato del Messaggio dipende dal contesto entro cui avviene la comunicazione e dalla reputazione sociale attribuita all’Emittente. Stesso principio vale per i processi di persuasione che mirano a convincere il Destinatario. L’efficacia di tali interventi è subordinata all’attendibilità riconosciuta alla fonte del Messaggio. Hovland + Weiss Più credibile è la Fonte, maggiore è la probabilità che il pubblico si persuada delle opinioni espresse nel Messaggio. La credibilità della Fonte è una caratteristica che viene attribuita dal Destinatario stesso sulla base di 2 caratteristiche: 1. La competenza (expertise) che l’Emittente mostra di possedere nei riguardi dell’argomento e 2. Il disinteresse con cui esprime il suo punto di vista. Si produce anche qui l’effetto latente per cui, a distanza di tempo, la variabile costituita dalla credibilità della Fonte tende a dissolversi. Disposizione degli argomenti all’interno del messaggio: Presupposto: la loro collocazione influisce sul potere di convinzione. One side, both sides Un messaggio persuasivo può essere unilaterale (one side) o bilaterale (both sides), intendendo con il primo = l’opinione di cui l’Emittente vuole convincere il Destinatario è espressa da sola senza contraddittorio. Col secondo = compresenza, nel Messaggio, di posizioni sia favorevoli sia contrarie all’idea che l’Emittente intende suggerire. Il messaggio bilaterale è più efficace nei confronti della parte del pubblico che aveva un parere opposto a quello contenuto nella comunicazione. Viceversa, il messaggio unilaterale rafforza l’opinione di chi è già d’accordo con i suoi contenuti. La forza di convinzione sta anche nella presenza o nell’assenza di contraddittorio, purché si sappia a chi si sta parlando. Scolarizzazione Secondo fattore con i messaggi both sides riguarda il livello di istruzione dei Destinatari. I più scolarizzati sono infatti maggiormente sensibili alla presentazione di ambedue i punti di vista, rispetto ai quali appaiono più influenzabili; accade il contrario per i meno istruiti. Le più refrattarie agli effetti persuasivi di un messaggio both sides sono le persone meno acculturate e in disaccordo. La persuasione ottenuta con un messaggio bilaterale risulta più resistente, rispetto a quella prodotta con un messaggio unilaterale, a successive comunicazioni di propaganda avversa chi è stato esposto a contenuti both sides si è già familiarizzato sia alle argomentazioni contrarie, sia ad argomenti efficaci per confutarle. La comunicazione one side appare come la più facile da molti punti di vista: minore elaborazione del messaggio + colpisce più facilmente le persone meno acculturate + conferma un’idea che già si possiede proprio per queste caratteristiche, risulta poco duratura. Primacy e recency In che ordine è opportuno collocarli all’interno del messaggio? Quali mettere all’inizio (primacy) e quali per ultimi (recency)? Non pochi individui restano persuasi dagli argomenti che giungono per ultimi. È assodato che una maggiore conoscenza da parte del Destinatario con l’oggetto di cui si parla rende più efficace l’argomento che appare per ultimo, mentre una minor conoscenza mantiene più utile l’effetto standard primacy. Ciò costituisce una sorta di vaccinazione rispetto ai messaggi “avversari.” Esplicitazione delle conclusioni Questione: è più utile lasciare al Destinatario trarre da solo le conclusioni o spetta all’Emittente esplicitarle? Il numero di persone influenzate secondo le intenzioni comunicative dell’Emittente risulta maggiore se le conclusioni erano rese esplicite; si otteneva l’effetto opposto qualora si realizzasse una fra 3 condizioni: a. I Destinatari erano abbastanza intelligenti e perciò soddisfatti dal trarre le conclusioni da soli; b. Le argomentazioni consentivano di ricavare delle conclusioni semplici e alla portata di tutti; c. I Destinatari mostravano di avere conoscenza con l’argomento per cui una conclusione esplicita non conforme alle loro aspettative produceva scarsi effetti di persuasione. Effetto vaccinazione McGuire studia il modo in cui si possano aiutare gli individui a resistere ai messaggi concorrenti. Dopo aver convinto un soggetto di un certo tema, allo scopo di immunizzarlo occorre esporlo a un messaggio in cui si collochino prima alcuni argomenti contrari non troppo polemici, per consentirgli di sviluppare la possibilità di affrontare da solo le questioni contrarie contenute in nuove comunicazioni. Per questo, è necessario procedere in 2 direzioni: incrementare la motivazione a resistere alla persuasione avversa + fornire poi l’individuo dei mezzi per raggiungere tale obiettivo. I mezzi = contro- argomenti sviluppati autonomamente sul presupposto che se la persona impara a opporsi a un piccolo attacco sarà poi in grado di fronteggiare situazioni più aggressive. La vaccinazione protegge aprendo la strada sia al perché, sia al come resistere. Messaggi minacciosi L’ultima domanda riguarda l’efficacia della paura come strumento di influenza nei messaggi persuasivi. • La paura induce a non prendere in considerazione gli argomenti oggetto di persuasione e a rimuovere anche le parti del messaggio non minacciose. La minaccia ha un effetto gaussiano = fino a un certo punto può stimolare maggior attenzione, dopo quel punto crea conseguenze negative che spingono a una fuga difensiva rispetto al messaggio, il quale fa “troppa paura” qualora il messaggio con contenuti minacciosi comprenda anche una proposta di soluzione rassicuratoria alla minaccia, il suo effetto persuasivo aumenta. Rogers teoria della motivazione alla protezione = incornicia la paura in un contesto di efficacia soggettiva quando l’individuo: 1. Considera effettivamente grave il problema di cui parla il messaggio; 2. Si sente esposto personalmente alla minaccia; 3. Pensa che i comportamenti o le azioni raccomandati dal messaggio siano adeguati; 4. Ritiene di essere in grado di fare quel che il messaggio gli suggerisce. Modello della probabilità di elaborazione (ELM) Duale l’effetto di persuasione costituisce l’esito di uno dei due processi interpretativi che agiscono in alternativa tra loro. Presupposto: messa in discussione del fatto che la persuasione si verifichi solo quando il Destinatario elabora cognitivamente in modo appropriato i contenuti del messaggio seconda possibilità: distingue un percorso centrale di considerazione del messaggio da un percorso periferico, contrassegnato da “risparmio cognitivo” = poca elaborazione razionale/attenzione. La novità proposta dal modello è che entrambi i percorsi possono dar vita a effetti di persuasione. Sulla base di quali fattori si segue un percorso piuttosto che l’altro? Non si tratta di una scelta accade probabilisticamente sulla base di 2 variabili principali: • Motivazione: la rilevanza che argomenti e temi contenuti nel messaggio possiedono per il Destinatario. Tutto ciò che attribuisce più o meno valore al messaggio dal punto di vista di chi lo riceve e lo interpreta. • Capacità cognitiva: attitudine a capire il significato del messaggio unita agli strumenti necessari – l’intelligenza e le competenze tecniche. Percorso centrale Quando il destinatario del messaggio è sufficientemente motivato ed è in grado di padroneggiare i contenuti del messaggio egli si collocherà nel percorso centrale di elaborazione cognitiva. Non vuol dire che il messaggio produrrà persuasione ma sarà preso in considerazione. Se gli argomenti sono convincenti, tanto da indurre “pensieri favorevoli”, si otterrà l’esito voluto, altrimenti la comunicazione risulterà inutile o peggio, configurerà un’ipotesi di boomerang. Capire non equivale a convincersi. Percorso periferico Se il destinatario non è motivato o non ha le capacità cognitive necessarie lo può comunque prendere in considerazione entro un percorso periferico. Non terrà conto dell’accuratezza delle argomentazioni, ma del richiamo esercitato da indici secondari che possono produrre un risultato persuasivo. Il cambiamento di atteggiamento che si crea a partire da un percorso centrale risulta più stabile e persistente di quel che si ottiene con il percorso periferico che appare precario e poco capace di resistere a messaggi successivi; la forma “superficiale” in cui viene ottenuto corrisponde alla superficialità del risultato. Modello euristico-sistematico (HSM) Chaiken duale 2 possibili giudizi di validità che il destinatario può pronunciare verso una comunicazione in cui si esprime un’opinione diversa dalla sua o rispetto alla quale il soggetto non ha un’opinione. Il ricevente può procedere a un’elaborazione sistematica oppure può optare per delle “scorciatoie di pensiero” (euristiche) che si affidano a esperienze e conoscenze pregresse, anche in mancanza di dati sufficienti = il destinatario preferisce risparmiare energie cognitive e affidarsi a regole semplici e di immediata reperibilità. Es. di euristiche: • Affermazioni fatte da persone esperte = valide • Affermazioni fatte da persone di fiducia = posizioni oneste • Posizione sostenuta dalla maggioranza = più valida • Posizione sostenuta con molte ragioni = più valida L’elaborazione sistematica è più faticosa e complessa dell’elaborazione euristica, la quale procede per giudizi sommari e senza approfondire il senso e la portata delle argomentazioni. Anche qui contano la motivazione e le capacità cognitive come fattori principali che orientano alla scelta verso l’uno o l’altro percorso. Cumulabilità vs. Esclusività Una differenza che distingue il modello Elm dal modello Hsm è l’esclusività, nel primo caso, opposta alla cumulabilità nel secondo, delle 2 strategie cognitive di risposta al messaggio. Nel modello Elm seguire il percorso centrale significava scartare il percorso periferico e viceversa. Nel modello Hsm l’elaborazione sistematica e l’elaborazione euristica si possono attivare insieme, producendo così un effetto indipendente o un effetto interdipendente sulla valutazione del messaggio quando le due elaborazioni giungono alla stessa conclusione si rafforza il giudizio. Quando all’opposto vi è contraddizione, si può avere un indebolimento della forza cognitiva delle euristiche se a prevalere è l’elaborazione sistematica; oppure si può avere una distorsione nel modo in cui viene condotto il ragionamento sistematico se a prevalere è l’euristica. Questi approcci suggeriscono che ricevente ed emittente non usano nella loro interpretazione/produzione di un messaggio le stesse regole che lo studioso ritiene siano quelle che governano l’intero processo di comunicazione. Emittente e destinatario non usano i codici nella stessa maniera in cui lo fa il funzionario postale dei film western, bensì impiegano in forma specializzata repertori e pratiche testuali. Allo stesso modo, chi riceve un messaggio pubblicitario non lo valuta sempre razionalmente seguendo i percorsi di lettura che l’emittente si aspetta e che un ricercatore ricostruisce. Ci sono strategie diverse che consentono al destinatario di impegnarsi poco e distrattamente nella propria attività di interpretazione. L’efficacia persuasiva di un messaggio è direttamente proporzionale all’interesse che esso suscita nel destinatario. Effetti di “frame” Riguardano le conseguenze persuasive che discendono dall’“inquadramento” del messaggio in modo da fornirgli un significato più comprensibile per il destinatario. Il modo più semplice per dimostrare l’esistenza/funzionamento dei frame è quello di usare 2 messaggi che hanno le stesse finalità, ma costruiti entro cornici diverse. Es. famoso = prevenzione del cancro al seno attraverso l’autopalpazione. Premessa: meccanismo psicologico secondo il quale l’aspettativa di evitare una perdita risulta più convincente dell’aspettativa di acquisire un guadagno. La differenza tra un’affermazione in positivo “se fai l’autopalpazione” e una in negativo “se non fai l’autopalpazione” non è puramente semantica, prospetta 2 cornici interpretative al cui interno un uguale messaggio acquista un valore diverso dire la stessa cosa in un modo piuttosto che in un altro modifica la propensione dei riceventi a essere persuasi. Gli effetti di frame funzionano attraverso un richiamo di conoscenze/esperienze che il destinatario già possiede e che vengono attivate dal messaggio secondo un certo ordine. La cornice possiede questa funzione di “istruzione di lettura”, però non fornisce informazioni nuove. Barker applicazioni alla propaganda politica. Sottopone a un gruppo di simpatizzanti del Partito Repubblicano statunitense le dichiarazioni di un finto candidato. Le dichiarazioni hanno lo stesso contenuto: il candidato si impegna a far arrivare alle famiglie più povere un assegno che consenta loro di mandare i figli alle scuole private. I versione: questo intendimento è giustificato sulla base di valori individualistici sul principio che va difesa la libertà di scegliere a quale scuola mandare i propri figli. II versione: si fa appello a valori egualitari – dare a tutti l’opportunità di avere accesso alle scuole migliori. La maggioranza dei partecipanti all’esperimento esprimono una intenzione di voto per il candidato quando questi assume la prima posizione, quella più coerente con gli ideali classici del partito. Il contenuto del messaggio è lo stesso in entrambe le versioni = la comunicazione persuasiva funziona solo in alcuni casi. Il frame mi convince della sua verità richiamando ciò che io già considero vero/buono/plausibile. Usi e gratificazioni (Katz, Gurevitch, Haas, Blumler) Si colloca all’interno della tradizione funzionalista. • È un approccio che può vantare delle fondamenta sicure; • Teoria “ponte” verso approcci più moderni che riconoscono alle audience un ruolo attivo. Gratificazioni Presupposto: i media producono effetti solo se sono in grado di gratificare i bisogni dei loro pubblici. La fruizione e l’interpretazione del contenuto dei messaggi dipendono dai contesti dei destinatari nel momento in cui essi decidono se e come usare i mezzi di comunicazione di massa il lettore-spettatore inizia ad assumere quel ruolo autonomo e attivo. Le conseguenze che i media inducono sono ancora considerate effetti, ma la relazione Emittente/Destinatario viene riproposta su un piede di maggior parità. Il rovesciamento della domanda si colloca comunque nell’alveo del funzionalismo. Non è più possibile tornare indietro sul principio che occorra tener conto dei destinatari ultimi. Classificazione dei bisogni I bisogni soddisfatti dai media vengono identificati in 5 classi: 1. Bisogni cognitivi: legati al rafforzamento della conoscenza; 2. Bisogni affettivo-estetici: rafforzamento dell’esperienza emozionale; 3. Bisogni integrativi della personalità: rafforzamento dello status; 4. Bisogni integrativi sociali: rafforzamento dei legami sociali con la famiglia/amici/mondo; 5. Bisogni di evasione: fuga/allontanamento da stati di tensione, indebolimento del contatto con il sé. I bisogni integrativi richiamano aspetti che riguardano l’individuo e la rete delle sue relazioni sociali. I media qui funzionano al posto di altre fonti di appagamento di bisogni, allargando così il loro compito. In ragione del soddisfacimento dei bisogni descritti, vengono identificate le modalità con cui il contesto sociale può connettersi al ruolo di volta in volta attribuito ai media: • La situazione sociale produce tensioni = attenuati grazie al consumo dei media; • La situazione sociale crea la consapevolezza di problemi che domandano attenzione = l’informazione che li riguarda può essere cercata nei media; • La situazione sociale offre scarse opportunità reali di soddisfare certi bisogni = diretti verso i media; • La situazione sociale dà origine a certi valori la cui affermazione/rinforzo sono facilitati dal consumo di prodotti mediali; • La situazione sociale fornisce un insieme di aspettative di familiarità con certi prodotti mediali che devono quindi essere seguiti per sostenere l’appartenenza a gruppi sociali di riferimento. Se il processo di comunicazione investe la gratificazione dei bisogni del pubblico, questa prende forma anche in relazione al dove e al come avviene l’esposizione e al tipo di medium che si sceglie. È quasi impossibile stabilire un legame certo fra esposizione a immagini violente e violenza perpetrata quando si tenga in conto che altre importanti variabili entrano in gioco. • Possiamo attribuire al medium televisivo un ruolo catartico. 3 seri ostacoli che non ci consentono di dare una risposta ultimativa alla questione di quale rischio i media rappresentino per i comportamenti violenti: 1. Troppe ricerche appaiono semplificare la complessità del problema sia in termini metodologici, sia proponendo studi condotti in laboratorio = porta a false rappresentazioni e a conclusioni che accontentano una parte dell’opinione pubblica alimentando l’allarme sociale. 2. È difficile riuscire a isolare il ruolo specifico dei media come causa di comportamenti violenti, dagli altri fattori che concorrono a produrre condizioni favorevoli a condotte aggressive. 3. È complicato stabilire l’ordine causale entro cui agisce il rapporto media-violenza. La conclusione non è di assolvere i media, ma di ridimensionarne la capacità di indurre azioni violente. Due sole certezze: ✓ I mezzi di comunicazione esercitano il loro influsso in una forma più debole; ✓ L’allarme sociale che ne deriva si nutre di pregiudizi dilatati grazie agli stessi media. Disturbi alimentari Impossibile assolvere i media, ma è complicato individuare il nesso causa-effetto con la malattia in un contesto in cui i fattori in gioco sono molti e con profondi radici. Il ruolo dei media può essere definito rispetto ad almeno 3 momenti, corrispondenti alle fasi di sviluppo della patologia alimentare, cronicizzazione e superamento: • Sviluppo: i media hanno un ruolo importante come fonte di apprendimento. La ridondanza di messaggi aventi come oggetto il corpo femminile si può tradurre in una pressione sulla percezione corporea che ognuna ha di sé; • Cronicizzazione: i media si offrono come fattori funzionali al mantenimento del disturbo, mettendo a disposizione immagini e modelli utili a soddisfare il bisogno di confronto, immedesimazione e giustificazione delle proprie condotte; • Superamento: quando i soggetti riescono a rielaborare correttamente la propria esperienza e a mettersi in relazione con il disturbo alimentare in modo critico e consapevole, i contenuti proposti dai media contribuiscono alla presa di coscienza della vulnerabilità e allo smascheramento dell’illusione, costituendosi come fattori da cui prendere le distanze, secondo le forme della lettura oppositiva o attraverso la cosciente astensione dalla fruizione. L’erotismo. Tema “caldo” legato all’idea che i mezzi di comunicazione possano produrre effetti dannosi su una parte del pubblico che ne fruisce. Il discorso tecnico si mischia a opinioni che provengono dal senso comune, dai movimenti sociali, organismi laici/confessionali, sino a saturare tutto lo spazio concesso al dibattito pubblico. La conclusione generale riguarda alcuni punti comuni agli esempi di “rischiosità” dei media che abbiamo illustrato: 1. Costituisce un elemento di difficoltà stabilire quale sia l’effettivo contributo dei media al problema che si prende in considerazione. 2. Si conferma l’indeterminatezza dell’ordine causale da attribuire nella relazione tra media e problema. 3. In materie sensibili il peso delle posizioni ideologiche/politiche/religiose si fa sentire, così che a volte gli sforzi di comprensione sono inficiati. 4. Di sicuro un prodotto che nasce in abbondanza dalla relazione tra media e i temi sensibili che abbiamo considerato nel capitolo è costituito dall’allarme sociale. 5. Non si può negare che i media abbiano delle responsabilità; aumenta la probabilità che individui borderline rispetto a comportamenti dannosi vedano attivata e legittimata la propria condotta. La spirale del silenzio (Noelle-Neumann) Noelle-Neumann: si accorse di un fenomeno = last minute swing. Le dichiarazioni di voto che i cittadini esprimono prima delle elezioni in entrambe le consultazioni vengono stravolte all’ultimo minuto. Teoria della spirale del silenzio = nasce dal tentativo di dare una risposta a questo comportamento che vede la contraddizione tra un’opinione e un’azione. Diverse spiegazioni: Prima osservazione Critica alla teoria degli effetti limitati. La diffusione capillare della tv rende meno efficace il meccanismo della percezione selettiva. La crisi risulta radicale e la studiosa lo attribuisce a 2 caratteristiche: 1. La cumulazione nel tempo di più messaggi che mostrano un’attenzione assidua nei confronti di particolari temi; 2. La consonanza che tocca l’uniformità dei contenuti di programmi diversi intorno a certi argomenti che diventa quasi impossibile ignorare. Cumulazione + consonanza = impressione che esista un’opinione diffusa sulla quale molti sono d’accordo. Davanti alla tv lo spettatore, invece di selezionare sulla base di requisiti personali il senso del messaggio, lo produce “accumulando” e “consonando” informazioni e modelli d’azione che il medium gli trasmette con continuità. • I mezzi di comunicazione si impongono al consumatore, non viceversa. Seconda osservazione Idea di opinione pubblica = risultato di una continua opera di allineamento con cui ciascun individuo cerca di adattarsi a quel che ritiene essere il modo di pensare/agire maggioritario all’interno del proprio contesto sociale. Il suo problema è di evitare l’isolamento che conseguirebbe a una presa di posizione diversa da quella che gli sembra essere comune e diffusa all’interno della sua comunità. Il pericolo viene esorcizzato adeguandosi alle pressioni che provengono dall’ambiente che lo circonda. L’opinione pubblica diventa l’opinione dominante. La discrepanza tra intenzioni di voto espresse qualche settimana prima e voto effettivo dell’ultimo momento, corrisponde a una sorta di effetto di “salita sul carro del vincitore” (bandwagon effect) da parte di un certo numero di elettori. Tale capacità soggettiva di captare l’orientamento prevalente è definita una competenza quasi statistica che è a disposizione di ciascuno grazie alle informazioni che provengono dai media. Si pongono le basi per una profezia che si autoadempie: la percezione diventa azione e produce conseguenze politiche reali. Quel che chiamiamo opinione pubblica è un processo che si crea attraverso delle dinamiche interne articolate, tra cui questo rincorrersi di ondate diverse di atteggiamenti che si muovono a spirale crescendo su loro stessi. Si finisce col credere quello che si pensa che gli altri credano e tale effetto è così potente da dare avvio alla spirale. 4 elementi che compongono la spirale del silenzio: 1. Un medium offre informazioni e immagini cumulative e consonanti di alcuni fatti sui quali gli individui sono chiamati a prendere posizione. 2. La comunicazione interpersonale e i rapporti individuali sono fattori che influenzano le azioni e le scelte individuali. 3. Se si rende necessario manifestare le proprie opinioni c’è una tendenza conformista a mantenere sotto silenzio punti di vista in disaccordo con quelli che si suppone siano della maggioranza e a esprimersi in favore di questi ultimi. 4. Grazie ai media e alle interazioni sociali gli individui acquisiscono una capacità quasi statistica nel valutare il “clima di opinione” da cui sono circondati. Di qui nasce la spirale che crescendo su sé stessa stabilisce le condizioni di una profezia che si autoadempie. Scarti di conoscenza (Donohue, Olien, Tichenor) Dai primi decenni dell’Ottocento i riformatori sociali posero la questione dell’istruzione come un elemento centrale per ottenere maggior uguaglianza tra i cittadini. Se il figlio dell’avvocato e del contadino frequentano la stessa scuola, ciò consentirà loro di mostrare le proprie capacità e di far emergere i talenti, fino a ottenere che il figlio del contadino faccia l’avvocato – se lo merita – e che il figlio dell’avvocato diventi un contadino – qualora ne sia meno capace = queste le buone intenzioni, ma si è scoperto che l’utopia dell’uguaglianza si infrangeva contro un’evidenza empirica abbastanza tenace: il figlio del contadino finiva col fare il contadino; e così faceva il figlio dell’avvocato. Il sistema scolastico tendeva a riprodurre, con le dovute eccezioni, le diseguaglianze sociali. Teoria degli scarti di conoscenza I media sono stati visti come dei mezzi di diffusione della cultura e come elementi che potevano generare processi di alfabetizzazione capaci di far superare alcune delle diseguaglianze sociali che dipendono dall’istruzione e dall’abilità di reperire conoscenze. Se tutti hanno a disposizione le stesse fonti di informazione, a lungo andare accumuleranno il medesimo patrimonio. Le ricerche hanno dimostrato invece che un tale effetto non si verifica e che al contrario i media tendono a mantenere le diseguaglianze d’origine. Di qui l’idea degli “scarti” (gap) di conoscenza. Per i consumatori di messaggi mediali chi più sa, più incrementa conoscenze, mentre chi meno sa, meno è capace di acquisire informazioni che lo aiutino a superare la sua condizione iniziale. Elementi che influiscono su questo effetto sono: status socioeconomico, il livello di istruzione, abilità comunicative, informazioni già possedute, tipo e natura del sistema dei media che si ha a disposizione. L’insieme di tali fattori stabilisce le condizioni entro cui i media consentono di migliorare la propria posizione cognitiva di partenza. Il gap non si limita a riprodursi, ma si allarga. Le circostanze che la teoria prende in considerazione per mostrare come il meccanismo si produca sono due: 1. La velocità con cui gli esponenti dell’uno o dell’altro strato sociale conseguono l’informazione fornita dai media via via che questi si diffondono; 2. L’acquisizione di abilità nell’uso di nuovi strumenti tecnici immessi sul mercato. Il gap nasce in conseguenza della diversa rapidità con cui gli appartenenti ai diversi strati sociali si appropriano dei contenuti forniti dai media. Esattamente come accade con la scuola: chi possiede già strumenti culturali adatti trae il maggior beneficio, altri restano indietro. Tale stato di cose ha prodotto una spirale di allarme che ha nutrito le aspettative sia dei giovani, che delle autorità di polizia, generando effetti di rincorsa tra messaggi ed eventi. Siccome i media hanno costruito una reputazione di violenti per Mods e Rockers i primi a crederci sono i ragazzi “arrabbiati” di mezza Inghilterra che si aggregano agli opposti gruppi. Le forze dell’ordine hanno assunto atteggiamenti di reazione dura anche nei riguardi di piccoli episodi trasgressivi, contrastando più l’etichetta costruita dai media che la gravità degli episodi. I media hanno potuto produrre un effetto di amplificazione, dando il via a una classica situazione di profezia che si autoadempie: i ragazzi ingrossano le file di Mods e Rockers perché si aspettano di essere coinvolti in scontri e tafferugli, la polizia osteggia con forza minime provocazioni perché si aspetta scontri e tafferugli, i media scrivono con enfasi di scontri e tafferugli e il fenomeno per un po’ cresce su sé stesso. Teoria dell’etichettamento/amplificazione = controversa. Il modo con cui un effetto a lungo termine come l’etichettamento si produce convogliando paure, allarme sociale e disijnformatia che lievitano progressivamente gli uni sugli altri è così che si creano “climi di opinione” pregiudiziali. Teoria della coltivazione (Gerbner, Gross, Morgan, Signorielli) Si colloca sul lato degli effetti a lungo termine che generano processi di socializzazione nei confronti dei loro pubblici con essa si studia la relazione che intercorre tra tempo di esposizione alla tv e percezione della realtà sociale. Deviazioni sistematiche dalla realtà nei contenuti delle notizie e nella fiction; nell’ambito della cultivation theory si tratta di constatare che essa produce delle conseguenze di lungo periodo piuttosto importanti. Chi si affida alla tv come alla principale fonte di informazione e di intrattenimento, rischia di avere una rappresentazione della realtà distorta. Gerbner Conduce varie ricerche in USA allo scopo di indagare l’influenza culturale effettiva che la tv esercita su differenti gruppi di individui, partendo dal presupposto che maggiore è il consumo di programmi, più grande è l’effetto cumulativo/socializzante che il medium esercita. L’idea di coltivazione: la tv coltiva una parte dei propri pubblici = offre loro le uniche risorse simboliche che hanno a disposizione per interpretare ed orientarsi nella realtà. 3 tipi di spettatori: • Forti consumatori; • Medi consumatori; • Deboli consumatori. Una dieta mediatica varia e moderata comprende “fonti mediate e interpersonali”, preserva dagli effetti peggiori di un’esposizione esclusiva e prolungata alle notizie/”storie” della televisione. Un modo per avvedersene è costituito dal confronto tra forti e deboli consumatori per quanto riguarda la percezione della violenza e dei relativi reati. Tra i due gruppi si creano dei differenziali di coltivazione: i forti consumatori sono convinti che la violenza sia collettivamente più diffusa ed è maggiore anche la loro preoccupazione di poterne essere vittime. Valutazione dell’esistenza di un processo di mainstreaming con il quale le diversità che caratterizzano il modo di pensare e le condotte di ciascuno di noi tendono a essere meno influenti quando i livelli di consumo televisivo raggiungono o superino le 4 ore quotidiane. I forti consumatori si riconoscono in valori/credenze orientate dalla tv verso un corso d’opinione principale che copre e riduce le differenze. • Sembra che la tv standardizzi le reazioni e le credenze dei forti consumatori entro un’unica visuale, la cui principale caratteristica è di essere uniforme agli stili e al tempo di fruizione del medium. • Riconoscimento agli spettatori di fiction una progressiva diminuzione della capacità di selezionare i contenuti e i significati del messaggio a mano a mano che ne aumenta il tempo di esposizione più vulnerabili nei confronti della versione della realtà che la tv fornisce, poiché la comparazione con le proprie esperienze non c’è o si indebolisce di qui l’idea che il mezzo di comunicazione coltivi i propri pubblici attraverso modelli che in parte prescindono/accantonano il peso delle variabili sociali/demografiche tradizionali, riposizionando i propri spettatori nei riguardi di eventi e circostanze sui quali devono esprimere un giudizio. “Conferma per i credenti e indottrinamento per i devianti” = presa di posizione decisa, in linea con alcune tra le idee che attribuiscono al medium un grande potere, non più di persuasione ma di costruzione di un intero universo di percezione della realtà lo si deve alla vasta diffusione del mezzo televisivo che è egemone tra i media almeno fino alla metà degli anni Novanta. Il Cultural Indicators Research Group raffina nel tempo le sue conclusioni introducendo il concetto di risonanza e di amplificazione. La forza del medium viene così in parte ridimensionata. I rapporti sociali reali/esperienze/clima che si vive nel proprio quartiere contribuiscono a produrre un effetto di risonanza che conferma/offre consistenza al messaggio che proviene dalla tv. La teoria della coltivazione ha ricevuto molte critiche. Tra i punti sollevati dagli stessi studiosi che si riconoscono nell’approccio citiamo quelli più importanti. • Le ricerche empiriche condotte al di fuori degli USA non hanno confermato l’impianto che Gerbner e il suo gruppo avevano dato alla teoria. • Altre caratteristiche vengono poste in secondo piano. • La coltivazione potrebbe essere interpretata anche in termini metodologicamente inversi rispetto a quelli proposti dalla teoria il consumo televisivo non farebbe che confermare un posizionamento culturale già posseduto e costruito per altra via. • Manca una considerazione più consapevole del contesto all’interno del quale avviene la fruizione dei messaggi televisivi. Ci paiono assodate alcune assunzioni che trovano conferma nell’ambito generale degli studi sulla comunicazione di massa. A maggior consumo corrisponde maggior condizionamento da parte dei media, così come la relazione contraria: a maggior debolezza culturale corrisponde maggior consumo, per cui il mainstreaming si inscrive nella dipendenza. Su questo la teoria non sbaglia: semplifica troppo l’interpretazione trascurando fattori di contesto rilevanti. Vi è il riconoscimento che le condizioni pratiche soggettive amplificano per risonanza l’effetto dei media, così da fornire validi modelli per interpretare la realtà sociale. È impossibile sostenere che non vi sia alcuna forma di coltivazione da parte dei mezzi di comunicazione nei riguardi di particolari tipi di pubblico: è anche probabile che ciò non accada nel modo radicale previsto. Agenda setting (McCombs, Shaw) Siamo abituati a chiederci in quale modo i mezzi di comunicazione ci suggeriscono come pensare o quali opinioni avere intorno a certi argomenti. L’agenda setting produce il suo spostamento di prospettiva ponendosi altre domande: non più come? Ma a cosa pensiamo in conseguenza dell’esposizione ai messaggi dei media? Quali sono i temi più rilevanti della giornata e in che gerarchia si pongono gli uni nei confronti degli altri? Di cosa parliamo dopo aver esaurito gli argomenti che toccano per l’appunto la nostra quotidianità? Se ci occupiamo “del mondo”, sono i media a suggerirci quali sono le notizie di maggior peso. A meno di non avere parenti o amici nel lontano paese dell’Asia dove si è verificato un terremoto, l’informazione sulla gravità di una circostanza del genere rimarrebbe ignota se non fosse per i titoli di giornali e tg. I media producono un frame entro il quale prendono forma e rilevanza le informazioni e l’interpretazione che si danno del mondo. L’agenda setting riguarda però solo un segmento limitato della vasta produzione di messaggi che provengono dai mezzi di comunicazione, poiché è esclusa la parte di intrattenimento. Fornire alle audience argomenti e materie di discussione certo non le persuade di nulla, ma ne condiziona comunque l’attenzione e ne orienta l’interesse si creano vincoli di dipendenza e di coltivazione, i quali richiedono una valutazione più tecnica del loro funzionamento: “i media forniscono qualcosa di più di un insieme di notizie. Essi provvedono gli spazi in cui lettori e spettatori possono facilmente classificarle in modo ordinato.” 2 principali conseguenze = attribuzione di un “ordine del giorno dei temi” e la “gerarchia di rilevanza tra i temi.” Col primo i media operano una selezione tra tutte le notizie disponibili, mettendo in primo piano una serie di questioni delle quali vale la pena di parlare. Questo processo sottrae un’analoga possibilità di scelta al pubblico. • Gli argomenti che costituiscono il menu del giorno sono quindi disposti in un ordine gerarchico di rilevanza. La dipendenza cognitiva prende forma nell’impossibilità da parte del pubblico di controllare in prima persona gli eventi e le fonti che ne parlano deve aumentare a dismisura il vincolo di fiducia che lega le audience ai propri media; considerazione che l’agenda-setting limita la possibilità per i pubblici di selezionare le notizie. Agenda setting e discussione pubblica Dal punto di vista del singolo l’effetto principale dell’agenda setting è costituito dall’avere a disposizione un insieme di temi di cui si è sicuri di poter parlare in occasioni pubbliche ottenendo interesse da parte degli altri, i quali li riconosceranno rilevanti avendone trovato cenno nei propri giornali/tg. Tale rilevanza non è frutto di un giudizio personale, ma è il riflesso della gerarchia che i mezzi di comunicazione suggeriscono. Ciò definisce l’ambito sempre più vasto di realtà di cui non si fa esperienza diretta, ma che rientra comunque nel quadro del proprio vissuto. Agenda setting e differenti media Diversi media producono esiti di agenda differenti. Difficilmente l’agenda setting oggi può essere attribuito solo alla carta stampata, se non altro perché si legge sempre meno e si guardano televisione/web sempre di più l’effetto è prodotto dall’accordo tra i diversi media che confermano e realizzano un ordine di rilevanza comune. Priming Un’estensione dell’agenda setting che può prestarsi a operazioni di planned communication e di news management è costituita dall’effetto priming = usare la preminenza delle notizie che compaiono nei media come innesco rispetto a giudizi o decisioni relative all’attività politica. Appartenenza/esclusione: riguarda il contatto o l’evitamento “fisici” tra individui rispetto ai quali la tv rappresenta una risorsa o una barriera. Gesti di affettività e intimità possono essere favorite dalla fruizione comune dei programmi. La solidarietà familiare si consolida attraverso una reazione comune agli stessi messaggi. L’effetto “tranquillante” per la pace familiare è fornito dal polo di attrazione che lo schermo esercita su tutti i presenti strategia classica di riduzione della tensione. La tv agisce davvero come sostituto della discussione, a volte persino con esiti terapeutici positivi. La visione di un programma in tv come “fuga” parziale da una realtà che altrimenti sarebbe troppo pesante è esperienza comune, ma ricorre anche il caso contrario in cui la tv agisce da collante. Apprendimento sociale: tocca per prima la funzione informativa che la tv possiede attraverso i propri messaggi; usi parascolastici. Si tratta di risorse di esperienza mediata che precedono o si sostituiscono all’esperienza non ancora o non attualmente vissuta. Competenza/dominio: tocca le relazioni di potere tra i membri della famiglia per il controllo del medium. Prende la sua forma canonica nella sorveglianza che i genitori esercitano sui consumi televisivi dei figli. Un altro modo per esercitare dominio sul medium dimostrando competenza consiste nel criticare a voce alta questo o quel passaggio di una trasmissione. Anche Morley si occupa delle pratiche familiari del guardare la tv nei loro aspetti relazionali, ma con una caratterizzazione diversa: il suo approccio privilegia i rapporti di potere all’interno della famiglia e le relazioni di dominio/subalternità che coinvolgono il medium televisivo soprattutto nei rapporti di genere. Le donne considerano “colpevole” guardare “soltanto” la tv senza fare contemporaneamente qualcos’altro abitudine delle donne a guardare la tv in via esclusiva quando sono sole, mentre allorché sono “in famiglia” accompagnano tale attività con altre, lascia libero spazio agli uomini di marcare il territorio come proprio e di rivendicare per sé anche il diritto di decidere cosa vedere. Tale prerogativa maschile di controllo prende forma soprattutto nell’uso del telecomando e nella sufficienza con cui gli uomini guardano ai prodotti mediali tipicamente femminili. Hobson Studia il rapporto delle casalinghe con la radio assunto che tale medium rivesta le proprie funzioni in ragione del lavoro domestico svolto dalle donne nel corso della giornata. La solitudine e l’isolamento di cui esse soffrono viene riempito dai programmi in modi diversi: “Punteggiatura del tempo” + saturando la noia e la routine con il ricordo e la nostalgia del periodo precedente al matrimonio. La radio struttura la giornata in casa; impegna il tempo del lavoro domestico secondo forme d’evasione consumate in “modi femminili.” Lo sforzo della Hobson non è solo quello di mostrare un’altra maniera attraverso cui i media gratificano i propri pubblici, ma lo specifico di genere entro cui una tale funzione è esercitata. Per quanto riguarda la televisione la Hobson nello stesso articolo incentra l’attenzione sulla divisione di genere dei generi televisivi. La distinzione di programmi “per uomini” e “per donne” assume 2 forme complementari. • Riconosciuta come tale attraverso l’espressione dei gusti; • Le donne accettano e fanno propria una gerarchia di rilevanza tra i due generi di programmi sancita collettivamente a proprio svantaggio. Non sono svalutati solo i programmi, ma anche chi li segue in via quasi esclusiva, tanto che l’autrice parla di “mondi” distinti: quello maschile e quello femminile a cui corrispondono consumi mediali diversi. Ang 2 concetti importanti con cui tocca questi temi: realismo emozionale + immaginazione melodrammatica identificati come specificamente femminili. Perché a molte donne piace Dallas e in cosa consiste questo piacere? nelle lettere viene nominato molto spesso il realismo delle immagini: molte spettatrici trovano le vicende del serial vicine alla loro esperienza quotidiana. Per interpretare i complicatissimi intrecci di Dallas come “realistici” occorre rifarsi a un concetto nuovo e diverso rispetto sia al realismo empirico sia al realismo classico. È così che nasce l’idea di realismo emozionale, per spiegare il quale Ang distingue tra lettura a livello di denotazione e lettura a livello di connotazione di un testo. La prima corrisponde al realismo empirico: le vicende narrate sono credibili e verosimili proprio perché vicine a fatti concreti che si conoscono per esperienza. La seconda: sono vere le emozioni, le reazioni psicologiche, i sentimenti a prescindere dalla concretezza denotativa dei momenti e luoghi in cui avvengono i fatti dai quali quegli stati d’animo prendono forma. Il realismo emozionale tende a mettere in campo sensazioni universali. Serial come Dallas si rivolgono a spettatori capaci di comprendere la “struttura tragica del sentimento” che guida il racconto nelle diverse puntate. Se appare non realistico il turbinio di vicende, è invece realistico l’insieme di emozioni che ciascun episodio suscita in chi guarda. Perché lo slittamento tra il piano denotativo e quello connotativo produca una tale capacità di comprensione del racconto, occorre immaginazione melodrammatica e questo è un attributo femminile riconoscimento che le soap opera sono giudicate molto negativamente dagli uomini perché offrono alle donne delle letture specializzate. Ang esplora più attentamente i meccanismi di proiezione e riconoscimento che spiegano perché maschi e femmine leggono gli stessi testi in maniera così diversa e specializzata. Radway Fenomeno della lettura dei romanzi rosa distingue analiticamente il significato dell’azione del leggere dal significato che giunge dal testo letto. La lettura è un’attività combattiva consente alle donne di rifiutare temporaneamente la posizione subalterna all’interno della famiglia e le richieste costanti di cura che ne provengono allo scopo di fare qualcosa per il proprio piacere personale. È un’attività compensatoria in quanto la lettura risponde ai bisogni femminili non riconosciuti all’interno della famiglia. Il romanzo consente un’evasione dalla realtà complementare all’evasione dagli impegni domestici che stabilisce, come dicevamo, una “doppia fuga.” Se la lettura rappresenta una tacita ricognizione sul fatto che l’attuale posizione della donna all’interno del sistema patriarcale non sia soddisfacente in termini di benessere emotivo è pur vero che essa non fa niente per cambiare tale situazione. La lettura può sviare il bisogno/desiderio di contestare il proprio stato nel mondo reale. Nasce una contraddizione, tra l’impulso oppositivo che le donne esprimono con la “fuga” e l’effetto disarmante che la “fuga” stessa produce sulle loro condizioni di vita che vengono riprodotte. La lettura può supplire vicariamente ai loro bisogni reali, che potrebbero altrimenti essere formulati come istanze e richieste politiche, spingendo per un cambiamento delle relazioni tra i sessi. Si affaccia l’idea che il romanzo rosa possieda quelle funzioni ideologiche che abbiamo visto lungamente commentate dai critici della cultura di massa. Il romanzo rosa continua a giustificare la posizione sociale assegnata alle casalinghe che dà origine a quella insoddisfazione da cui nasce il desiderio di leggere il romanzo stesso circolo vizioso per cui ciò che ti dà parziale sollievo costituisce anche motivo per riprodurre la subalternità di cui sei vittima. In situazioni di squilibrio di potere si possono dare 2 reazioni possibili: o si creano i presupposti per modificare tale squilibrio, oppure si sostituisce il potere mancante con dei surrogati di tipo ideologico o fantastico, “altri mondi” in cui ciò che non va bene qua, si rimette invece a posto là. È questo il ressentiment degli schiavi di cui parla Nietzsche. La Radway si rende conto che un meccanismo del genere è in atto nella lettura che di quella lettura può esser data in chiave femminista. Sostituire le alternative reali con alternative virtuali forse dà sollievo, ma non risolve il problema da cui ne nasce il bisogno, anzi lo riproduce tale e quale. I romanzi rosa ricadono in quella cultura popolare prodotta per il popolo e non dal popolo, di cui abbiamo lungamente discusso nel secondo capitolo. Dalla ricerca sugli effetti all’analisi dell’Emittente Si tratta ora di prendere in considerazione in maniera più precisa tale ruolo, non occupandoci solo del tema dell’intenzionalità comunicativa con cui l’Emittente persegue obiettivi di persuasione, ma valutando in prospettiva sociologica quale influenza esercitino lo status sociale riconosciuto ai giornalisti o le loro aspettative di carriera nei riguardi dei Messaggi che poi producono. Dalla domanda: cosa fanno i media ai pubblici si va alla domanda: chi fa i media? Cioè: chi vi lavora e come? In entrambi i casi le figure astratte e sommarie comprese nel modello generale della comunicazione acquistano una fisionomia sociale concreta, definita dalla ricerca empirica. Grazie alla sociologia dell’Emittente, quest’ultimo si disaggrega nei suoi componenti funzionali, mostrando come dietro a un’etichetta vi sia un’organizzazione composta da diverse persone, soggette ciascuna a molteplici influenze che ne orientano i valori e le capacità operative. L’Emittente entra nel campo di definizione tecnica delle scienze sociali e in tale veste se ne possono vagliare con più appropriatezza responsabilità, limiti e competenze allo scopo di capire in quale modo ciascuna poi partecipi alla produzione dei Messaggi. Compiremo tale percorso mantenendoci su 3 direttrici principali: 1. Breve ricognizione degli aspetti eminentemente economici implicati nell’analisi dell’emittenza; 2. Considerazione di questioni legate al come si producono tecnicamente le notizie di un giornale/tg; 3. Ricaduta dei processi di socializzazione e dei ruoli occupazionali dei giornalisti sull’immagine di loro stessi e della stampa che proiettano. Aspetti economici dell’organizzazione dell’Emittente La prospettiva economica di lettura del ruolo dell’Emittente è legata ad alcuni problemi. A cominciare dai processi di concentrazione della proprietà di giornali, case editrici, emittenti televisive o aziende di produzione e distribuzione cinematografica nelle mani di uno o pochi soggetti, circostanza centrale per valutare la democraticità stessa di un sistema politico e di un sistema comunicativo in quanto tale. Molti paesi prevedono leggi antitrust che hanno l’obiettivo di limitare/impedire simili accumulazioni. La qual cosa depone anche a favore del fatto che da sempre gli stati nazionali hanno considerato la stampa prima, la tv poi e oggi internet, come dei fattori estremamente rilevanti di esercizio del potere, tanto da ritenere necessarie delle regolamentazioni legislative. il gatekeeping consiste sia nel dare alcune notizie e nell’escluderne altre, sia nel riconoscere un diverso rilievo alle informazioni, a seconda che esse appaiano più o meno favorevoli rispetto a una certa posizione politica o culturale. A smussare il significato della “cospirazione” intervengono alcune considerazioni di carattere storico. Transitorietà storica della cospirazione La transitorietà della cospirazione ricolloca la teoria in un ambito meno “critico” e più moderato. Plausibile che le classi dirigenti possano usare stampa/tv ai loro fini in situazioni di “crisi” in cui vedono minacciato il proprio potere, distogliendo o manipolando l’opinione pubblica, ma la teoria della cospirazione appare utile anche per interpretare atteggiamenti abbastanza diffusi tra chi legge il ruolo dei media da un punto di vista critico poco avvertito. Il meccanismo della distorsione volontaria o involontaria delle notizie agisce a questo stesso livello di analisi. La prima presuppone una teoria cospirativa: le informazioni vengono intenzionalmente cambiate o aggiustate, manipolando così l’opinione pubblica. Nella definizione organizzativa del gatekeeping, si riconosce che una distorsione c’è, ma essa si produce involontariamente per effetto delle norme occupazionali e professionali che in parte abbiamo già commentate. Si tratta di obbedire a regole non scritte che riguardano il lavoro del giornalista in quanto tale o che caratterizzano una particolare testata. Routinizzazione L’“azione di filtro” propria del gatekeeping si svolge allora in ragione di fattori esterni e interni che premono per socializzare il giornalista a condotte considerate dai colleghi, dagli editori, dal pubblico e dalle fonti come coerenti a ciò che ci si aspetta da lui. Il pubblico e la valutazione individuale hanno un peso molto limitato nelle scelte operate dal gatekeeper, il quale si basa molto di più sul giudizio implicito delle fonti e dei colleghi e su norme e valori di carattere professionale e organizzativo che rientrano tra le routine produttive. Routinizzazione = garanzia che si sta agendo sulla base di regole impersonali e collettive e non perseguendo scelte soggettive. Si è imparato che “si fa così” perché “tutti fanno così” e si è “sempre fatto così” secondo la tradizione. La distorsione involontaria attraversa tutte le fasi del ciclo di produzione della notizia: dalla raccolta dell’informazione, al confezionamento dell’articolo. Fonti La questione delle fonti è un ambito in cui la struttura e il peso della distorsione vengono meglio alla luce. Le fonti esercitano la loro influenza attraverso un patto di reciproca fiducia che lega il giornalista a chi gli fornisce notizie di prima mano. Tale rapporto è piuttosto delicato, specie se le fonti sono anonime e/o confidenziali. Il giornalista si trova sovente costretto entro un vincolo di dipendenza. Ciò accade quando gli fornisce notizie parziali o tendenziose o quando sceglie dei momenti per lei vantaggiosi di diffonderle. Da qui deriva il potere della fonte. Finisce col distorcere poco o tanto la notizia nel tentativo di barcamenarsi tra doveri e convenienza. Verità e obiettività nel lavoro del giornalista (Cunningham, Lippman, Cohen, Weaver, Wilhoit) Obiettività Non esistono alternative. L’obiettività dell’informazione raggiungerebbe davvero “l’equilibrio” solo se le fonti ufficiali di volta in volta interpellate esprimessero opinioni divergenti su verità condivise e orientate all’esclusivo interesse del pubblico. Le cose non stanno in questi termini e prestar fede ai contenuti di un’intervista o di un comunicato che provengono “dalla Casa Bianca, dal Pentagono e dal Dipartimento di Stato” contribuisce a dare rilievo a versioni dei fatti costruite secondo le loro convenienze e strategie d’immagine. In ciò si sviluppano i contenuti del paradosso. Non si produce “obiettività” semplicemente illustrando opinioni discordanti e tentando di mantenere una posizione bilanciata o “neutra.” In un mondo complesso come il nostro, la stessa idea di “neutralità” perde di significato. Si rischia di dare eccessivo credito a verità ufficiali preconfezionate che influenzano sia l’agenda dei temi, sia i contenuti delle notizie. Effetto boomerang Ciò stabilisce le coordinate per il prodursi di un classico “effetto boomerang”: si cerca l’obiettività e si ottiene un rafforzamento delle posizioni d’influenza di attori e organizzazioni capaci di indirizzare a proprio vantaggio la rappresentazione degli eventi. Fiducia Non possedendo le competenze professionali dei giornalisti, ai lettori-spettatori non rimane che affidarsi all’esperienza e alle capacità dei cronisti il loro compito selettivo principale consiste nello scegliere il reporter e il commentatore a cui riconoscere il maggior credito. Alla fine, la verità e l’obiettività dei fatti raccontati divengono allora un’aspettativa di adeguatezza delle abilità personali e lavorative del giornalista, dal quale ci si attendono tutti i controlli che è impossibile fare individualmente. Il giornalismo è una professione fluida, dai confini incerti, a qualificarlo contribuiscono attori diversi. Cronista neutrale e partecipativo Cohen distingue tra 2 ruoli che i giornalisti attribuiscono a loro stessi, chiamandoli ruolo del cronista “neutrale” e ruolo del cronista “partecipativo.” La neutralità è intesa nei termini dell’obiettività di cui si parlava poco sopra, come equidistanza tra le diverse posizioni. La partecipazione si rifà all’idea del giornalismo militante che ha funzione di “cane da guardia” delle istituzioni = si assume il compito di vigilare il comportamento del governo e degli enti amministrativi, schierandosi dalla parte del pubblico. Weaver + Wilhoit propongono una tripartizione che ne ricomprende e allarga il significato. Si riferiscono allora ai ruoli di interprete, divulgatore e antagonista. Ruolo di interprete “Il ruolo di interprete comprende gli stessi indicatori del concetto di ‘impegno’: analizzare e interpretare questioni complesse, controllare le dichiarazioni del governo e discutere sulle scelte politiche nazionali.” Ruolo partecipativo blando, non militante, legato all’idea che i giornalisti abbiano il compito di esercitare controllo nei confronti delle funzioni pubbliche, pur senza stare dalla parte di nessuno. Ruolo di divulgatore “Il secondo ruolo = informare tempestivamente il pubblico.” È la versione più neutra idea del giornalista come disseminatore di notizie, la cui principale attività è quella di fare in modo che nessuno rimanga all’oscuro delle vicende importanti che accadono nel mondo. Ruolo di antagonista “Il terzo ruolo appare molto più debole che in passato ma ancora ritenuto valido da una maggioranza di giornalisti.” È il giornalista impegnato a opporsi e contrastare le posizioni ufficiali, quasi un contraltare alle versioni dei fatti fornite dalle fonti istituzionali. • Giornalismo d’inchiesta che attribuiva al cronista la funzione di “cane da guardia” (dogwatching) delle amministrazioni pubbliche. Possiamo distinguere 6 diverse “posizioni” a seconda che l’atteggiamento da parte dell’Emittente- giornalista sia di tipo empatico, neutro o oppositivo. Empatia L’empatia produce una non-distinzione tra emittente, fonte e audience, poiché il primo tende a identificarsi con le seconde nei riguardi della fonte il giornale/network “empatici” diventano poco meno che delle casse di risonanza. L’empatia tra emittente e audience avvicina la confezione delle notizie al sentire e ai bisogni di comprensione del pubblico, per cui il giornale lo interpella da pari a pari. Neutralità Stabilisce i requisiti per una distinzione netta tra emittente e gli altri attori, ciascuno interpreta le sue funzioni il più possibile autonomamente dall’altro limitarsi a riportare i punti di vista di tutte. Nei rapporti con l’audience la neutralità si traduce in allocuzione, che rimarca una reciproca competenza di ruolo. Opposizione Rimette in campo una distinzione di tipo conflittuale tra emittente e fonte e tra emittente e audience. Nel primo caso la critica nei riguardi di istituzioni e organizzazioni con i loro portavoce rientra nel ruolo di dogwatching. Nel secondo caso il biasimo nei confronti delle proprie stesse audience può interessare una contrapposizione tra i gusti, i comportamenti, gli atteggiamenti del pubblico e ciò che l’emittente considera giusto o adeguato. Ruoli occupazionali e carriere (Johnstone, Slawski, Bowman, Gans, Nies, Pedersini) Provenienza sociale Lo status sociale di un giornalista non è dato solo dalla posizione che egli possiede all’interno della sua organizzazione o dal prestigio. Anche la provenienza sociale propriamente intesa contribuiscono a fornirgli dei valori di riferimento che poi collaborano a elaborare la sua ideologia professionale. “Le caratteristiche personali dei responsabili della produzione mediale influenzino significativamente il contenuto dei media.” Quali sono le variabili che condizionano il lavoro del giornalista, spingendolo a scegliere una notizia piuttosto che un’altra, a dare più rilevanza a un fatto, a confezionare in maniera particolare una storia? Appartenenza al ceto medio Primo punto: appartenenza dei giornalisti al ceto medio in termini sia economici, che culturali livello di reddito e posizione “garantiti” rimandano a valori condivisi con diversi gruppi sociali anche se generalmente altre professioni godono di una condizione di reddito migliore. L’appartenenza al ceto medio garantisce la lealtà ai valori fondamentali del sistema sociale, soprattutto in USA, poiché i giornalisti tendono a condividere con le élite del potere economico e politico idee e modelli di rappresentazione della realtà. L’affinità sociale diventa una forma di tutela ideologica nei riguardi delle narrazioni e delle selezioni dei fatti riportati poi sulla stampa e in tv. • La concorrenza tende ad uniformare per qualità e contenuti i prodotti informativi rendendo più difficile la ricerca di notizie al di fuori degli standard ritenuti comuni. Ciò produce: l’impossibilità di arrivare per primi su una notizia, si punta su interviste esclusive, piccoli scoop. • Aspettative reciproche sulla notiziabilità di un evento: si pubblica la notizia perché ci si aspetta che anche gli altri giornali lo facciano. • Omogeneizzazione e conformità dei valori-notizia per cui si scoraggia la ricerca di nuovi criteri di notiziabilità. • La costruzione di modelli “nobili” di riferimento a cui ispirarsi. Analisi del contenuto dei messaggi (Berelson, Lasswell, Propp, Greimas, Van Dijk) Ma come si fa a studiare i messaggi? Siamo in grado di comprendere in maniera più tecnica i testi dei media? 2 grandi famiglie di metodi = approcci quantitativi e approcci qualitativi di indagine empirica. Analisi del contenuto classica Content analysis “Tecnica di ricerca per la descrizione obiettiva, sistematica e quantitativa del contenuto manifesto della comunicazione.” “Un insieme di metodi che sono orientati al controllo di determinate ipotesi su fatti di comunicazione e che a tale scopo utilizzano procedure di scomposizione analitica e di classificazione, normalmente a destinazione statistica, di testi e di altri insiemi simbolici.” Le valutazioni sugli effetti si fanno senza scorciatoie, sondando le audience nella loro interazione coi Messaggi, non considerando il contenuto dei Messaggi da solo. Le analisi quantitative con “procedure di tipo statistico” sono particolarmente utili quando si devono esaminare molti testi per lunghi periodi. In tali circostanze è possibile campionare i testi, estrarne una parte rappresentativa, elaborare una scheda di rilevazione e poi procedere con l’indagine. Oggi i computer rendono tutto molto più facile. Analisi quantitativa e qualitativa La scissione tra quantitativo e qualitativo è presente sin dagli inizi della storia della content analysis. Contenuto latente Anche con questa seconda versione dei protocolli qualitativi si può procedere per campionamento qualora il numero dei testi da studiare sia elevato, ma si ottengono delle mappe: non il contenuto manifesto della comunicazione, ma quello latente. Ciò presuppone che il testo comprenda più livelli di significato e che l’analisi miri a mettere ordine non solo tra ciò che appare in superficie, ma anche fra le strutture più profonde che l’Emittente non ha creato intenzionalmente, ma che “parlano di lui” e svelano alcune delle strategie comunicative a cui si affida. È questa la principale novità dell’approccio qualitativo di tipo testuale all’analisi del contenuto. Morfologia della fiaba L’impostazione di Greimas e quella di Van Dijk sono state scelte perché partono dalle intuizioni originali di Vladimir Propp, il quale studiando la struttura della fiaba russa tradizionale arriva a definirne gli sviluppi narrativi entro uno schema generale che comprende 31 “funzioni.” Ciò costituisce la vera novità dell’approccio, quella che porterà poi Greimas a distinguere tra Attante (= ruolo astratto del personaggio) e Attore (= personaggio concreto che nel racconto interpreta un particolare ruolo attanziale). Le 31 funzioni rimandano a 8 Attanti che sono i seguenti: • Eroe: protagonista della storia che alla fine vincerà tutte le prove; • Antagonista: si oppone all’eroe e gli crea ostacoli; • Antieroe: cerca di sostituirsi all’eroe vero per ricavarne dei vantaggi; • Mandante: spinge l’eroe a iniziare la sua missione; • Aiutante: assiste l’eroe nel portare a termine l’impresa affidatagli dal mandante; • Principessa: premio dato all’eroe al compimento della missione; • Re: padre della principessa che smaschera l’anti-eroe e celebra il matrimonio di sua figlia con l’eroe; • Donatore: fornisce l’eroe di un dono magico per aiutarlo nella sua missione e che lo prepara per affrontarla. Greimas trae un modello generale semplificato che comprende solo 6 Attanti. 1. Destinante 2. Oggetto 3. Destinatario 4. Adiuvante 5. Soggetto 6. Opponente Uso del modello di Greimas Il Destinante di Greimas riassume in sé le figure del mandante e del re di Propp; l’Adiuvante quelle dell’aiutante e del donatore e così via. Lo schema non riguarda più solo l’intero impianto di una narrazione, ma anche singoli segmenti del testo entro i quali uno stesso personaggio può assumere ruoli attanziali diversi. Questa struttura che dal macro si avvicina al micro offre insomma strumenti potenti per “smontare” la macchina del racconto e comprenderne le componenti più profonde con risultati di grande raffinatezza. Propp mette in campo anche uno schema generale della fiaba, il quale annovera 4 stadi compresi entro lo stesso sviluppo narrativo: • Situazione di equilibrio iniziale; • Rottura dell’equilibrio attraverso delle azioni; • Peripezie dell’eroe; • Ristabilimento dell’equilibrio che conduce a una conclusione del racconto. Formation rules Van Dijk riprende questo schema a 4 termini per studiare le notizie televisive e della carta stampata entro quelle che chiama formation rules: • Ambiente; • Occorrenza; • Reazioni all’occorrenza; • Risoluzione. L’oggetto di analisi non è il testo nella sua interezza ma le parti minori o maggiori di una singola notizia, che di volta in volta definiscono: • L’ambiente = situazione iniziale. • L’occorrenza = quel che accade. • Le reazioni all’occorrenza = il governo polacco boicotta la rappresentazione televisiva delle masse che assistono alle cerimonie in cui è presente il papa. • La risoluzione = ritorno all’ordine. Alla fine l’idea è che qualunque testo possa essere interpretato attraverso una combinazione dei ruoli attanziali indicati da Greimas e qualsiasi notizia attraverso le formation rules di Van Dijk. Ragionare di un testo calcolando la frequenza e la contingenza di parole e frasi, come nella content analysis classica, oppure cercare la correlazione di personaggi e ruoli attanziali, sono due operazioni alquanto diverse. Un’analisi puntuale e complessa quale quella proposta da Propp, Greimas e Van Dijk non può essere portata a termine su molte centinaia o su migliaia di testi. Dunque, un primo elemento di distinzione certa nella scelta tra procedure quantitative e qualitative è data dall’ampiezza del campione di materiali da studiare. In situazioni intermedie, vale il principio di combinare assieme criteri quantitativi e qualitativi. Bricolage del metodo Dovrebbe sommare i vantaggi di una e dell’altra prospettiva. Adattarsi alle esigenze della ricerca significa approntare lo strumento più idoneo per raggiungere gli obiettivi che ci si prefigge. L’idea di bricolage richiama la necessità di non trascurare i problemi e i limiti che l’analisi del contenuto porta con sé. Uno dei vantaggi/pericoli della content analysis classica, ad esempio, è che si ottiene sempre un risultato, ma non sempre si tratta di un risultato utile. Altra questione importante è costituita dalla variabilità dei risultati in rapporto alle scelte e all’abilità del ricercatore. Discrepanza tra l’interpretazione che del testo può dare un “lettore/spettatore comune” e il ricercatore.